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Pubbl. Dom, 7 Feb 2016

Anche la moglie straniera può mantenere il cognome del marito dopo il divorzio

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Giovanni Mascolo


La Prima Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha precisato, nella sentenza n. 23291/2015, il principio secondo cui la moglie, conseguentemente al divorzio, può continuare ad utilizzare il cognome del marito, anche se straniera. Del resto, le situazioni da cui dipendono i cognomi e i nomi devono essere considerati secondo la Convenzione di Monaco, ratificata dall´Italia, la quale è suscettibile di applicazione anche in seno agli Stati non contraenti.


Nel caso specifico a cui la sentenza in epigrafe fa riferimento, un cittadino italiano impugnava la sentenza pronunciata della Corte d'Appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva consentito oltre all'aumento dell'assegno divorzile anche alla ex moglie ( di nazionalità svedese) di poter mantenere il cognome dell'ex coniuge, poichè l'art. 156 bis c.c. è conferita al giudice la sola possibilità di vietare alla moglie l'uso del cognome del marito, e non già quindi un obbligo. 
 
La Corte di Cassazione ha stabilito, di talché, che le norme cui fare riferimento per la fattispecie dedotta in giudizio, non sono solo quelle degli artt. 143 bis c.c. e l’art. 5, commi 2, 3, 4, della l. n. 898/1970, ma anche quelle contenute nella Convenzione di Monaco, resa esecutiva dall’Italia con la L. 950/1984. Ricordando la regola che il diritto internazionale prevale sul diritto interno risulta evidente, allora, l'applicazione dell'art.1 della Convenzione summenzionata. Detto articolo enuncia: "i cognomi e i nomi di una persona vadano determinati dalla legge dello Stato di cui il titolare è cittadino anche laddove costui appartenga ad uno Stato non contraente”. Sempre secondo il dettato della Convenzione, “le cd. questioni preliminari, cioè i rapporti da cui dipende l’attribuzione del nome e del cognome, sono soggette alla stessa legge che regola l’attribuzione del nome”. 
 
Da quanto sopra riportato ne consegue che, se un determinato nome viene fatto proprio per ragioni familiari come nella fattispecie oggetto della pronuncia, la legge che deve essere applicata è sempre quella dello Stato di cui il soggetto è cittadino, ossia la Svezia, non essendo stata contestata la cittadinanza dell’ex moglie in nessun grado di giudizio. In questo caso non assume importanza il fatto che la conclusione del rapporto sia stata dichiarata e regolata dalle legge italiana vista la convenzione indirizza all'ordinamento svedese. Inoltre, i giudici mettono in evidenza che la legge svedese consente al coniuge divorziato la facoltà unilaterale di mantenere il cognome del marito poichè sostituito con il matrimonio al proprio nativo assumendo un carattere distintivo dell'identità personale. Precisano, altresì, che si tratta di qualcosa che è compatibile con i principi del nostro ordinamento (anche se nell'ordinamento italiano il cognome del marito integra ma non sostituisce quello della moglie, pertanto solitamente la sua eliminazione non determina alcuna necessità di continuità in ordine alla prevalenza dei segni distintivi che compongono il nome) e che rappresenta anche la soluzione che più si uniforma ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia UE. 
Si può, quindi, concludere affermando che la moglie straniera può conservare il cognome del coniuge italiano anche dopo il divorzio.