L´istituto dell´impeachment sudcoreano: una configurazione giuridico-costituzionale nel panorama democratico asiatico
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Miriam Foti

Il presente studio si propone di esaminare l´istituto dell´impeachment nell´ambito dell´ordinamento costituzionale della Repubblica di Corea, con specifico riferimento alla sua evoluzione storico-giuridica ed alla sua integrazione nell'attuale sistema di pesi e contrappesi. L'analisi si concentra sulla singolare struttura del procedimento, contraddistinta da una notevole giurisdizionalizzazione che la differenzia in modo sostanziale dai modelli occidentali, nonché sul ruolo fondamentale assunto dalla Corte Costituzionale coreana quale organo decisionale di ultima istanza. Mediante un'indagine comparativa ed un'analisi della giurisprudenza costituzionale pertinente, si intende evidenziare come tale configurazione rappresenti un elemento distintivo del costituzionalismo contemporaneo.

The South Korean institution of impeachment: a legal-constitutional configuration in the Asian democratic landscape.
This study aims to examine the institution of impeachment within the constitutional system of the Republic of Korea, with specific reference to its historical-legal evolution and its integration into the current system of checks and balances. The analysis focuses on the unique structure of the procedure, characterised by a considerable jurisdictionalisation that differentiates it significantly from Western models, as well as on the fundamental role played by the Korean Constitutional Court as the final decision-making body. Through a comparative approach and an analysis of relevant constitutional jurisprudence, the study seeks to highlight how this configuration represents a distinctive feature of contemporary constitutionalism.Sommario: 1. Introduzione: l'impeachment come strumento di controllo costituzionale; 2. Genesi ed evoluzione storica dell'istituto: il recente caso di Yoon Suk-yeol; 3. Osservazioni comparatistiche tra Stati Uniti d'America e Repubblica di Corea.
1. Introduzione: l'impeachment come strumento di controllo costituzionale
L'impeachment, quale strumento di controllo costituzionale sull'operato dei più alti funzionari dello Stato, rappresenta un meccanismo fondamentale nei moderni sistemi democratici, poiché garantisce il principio della responsabilità giuridica e politica. Nella Repubblica di Corea (대한민국, Daehan Minguk), detto istituto ha assunto caratteristiche tali da distinguerlo dai modelli occidentali tradizionali, tanto da configurarsi come elemento cardine del processo di consolidamento, avviato con la promulgazione della Costituzione del 1987, ossia mediante quell’atto normativo che ha segnato la definitiva transizione del Paese verso un sistema pienamente democratico, dopo decenni di autoritarismo.
Nella sua accezione moderna, l'impeachment, rappresenta l’istituzionalizzazione giuridica del principio fondamentale per cui potestas non sine responsabilitate (il potere non può esistere senza responsabilità).
La sua particolarità risiede, principalmente, nel ruolo centrale attribuito alla Corte Costituzionale durante l’iter procedurale, circostanza - questa - che ha contribuito a giuridicizzare un istituto tradizionalmente connotato da una forte dimensione politica. Per comprenderne l'attuale configurazione è necessaria una preliminare disamina dell'evoluzione storico-legislativa nel contesto del paese asiatico. Sebbene la tradizione giuridica coreana, storicamente influenzata dal sistema confuciano e dal modello giuridico cinese (法制, beop-je), non abbia previsto meccanismi assimilabili all'impeachment occidentale, esistevano forme di responsabilità dei funzionari imperiali nei confronti del sovrano. La concezione coreana della responsabilità pubblica è stata fortemente influenzata dal principio confuciano del 정명 (jeongmyeong, rettificazione dei nomi), secondo il quale ogni individuo deve agire in conformità al proprio ruolo sociale.
Già durante il periodo della dinastia Joseon (1392–1910)[1], infatti, l'ordinamento coreano prevedeva forme di controllo istituzionale sull'operato dei funzionari pubblici; ciò si configurava come un sistema di monitoraggio e di riequilibrio del potere pre-moderno.
In questo contesto, fu particolarmente importante il c.d. 삼사 (samsa), ossia l'apparato costituito da tre organi autonomi e parzialmente indipendenti dall'esecutivo monarchico: il 사헌부 (Sahonbu, Ufficio di ispezione), il 사간원 (Saganwon, Ufficio dei censori) ed il 홍문관 (Hongmungwan, Ufficio del Consiglio Accademico Reale). Questi istituti, pur inseriti nella rigida gerarchia dello Stato confuciano, esercitavano una funzione di vigilanza morale ed amministrativa, nonché di remonstratio nei confronti del sovrano e dei suoi ministri. Il samsa si radicava in una concezione etico-politica del potere, nella quale il funzionario (官, gwan) era considerato moralmente responsabile nei confronti del benessere collettivo e dell’ordine cosmico.
Ciò va oltre l'idea di impeachment in senso moderno, inteso quale procedimento giuridico-formale volto alla destituzione del titolare di una carica pubblica. Di conseguenza, il samsa aveva una funzione che non si limitava alla censura giuridica, quanto bensì alla creazione di un ethos istituzionale basato sui concetti di 충 (chung, lealtà) ed 의 (ui, giustizia morale), elementi cardine della tradizione confuciana.
L’eredità di una simile struttura ha lasciato tracce durevoli nella coscienza giuridica coreana contemporanea, soprattutto nella sensibilità verso la responsabilità pubblica e nella valorizzazione del ruolo dei corpi di controllo costituzionale nei procedimenti di scrutinio dell’esecutivo, come la Corte Costituzionale e l’Assemblea Nazionale. Storicamente, l'istituto dell'impeachment trova il suo fondamento nella Costituzione del 1948, adottata all'indomani dell'indipendenza dalla colonizzazione giapponese e della divisione della penisola, sebbene abbia conosciuto una sostanziale evoluzione con le successive revisioni costituzionali.
La sua introduzione nell'ordinamento costituzionale sudcoreano rappresenta una soluzione funzionale intimamente connessa al vissuto collettivo di una nazione che ha conosciuto, nel profondo, le ferite dell'autoritarismo. La sua genesi deve essere compresa congiuntamente al trauma storico che ha segnato l'identità nazionale coreana, avvilita prima della colonizzazione giapponese (1910-1945) e poi dalla lacerazione della penisola, sino ai decenni di governo autoritario che hanno caratterizzato la "Prima Repubblica" e le successive esperienze presidenziali. Le presidenze di Syngman Rhee (1948-1960), Park Chung-hee (1961-1979) e Chun Doo-hwan (1980-1988), pur avendo contribuito alla modernizzazione economica del paese, erano regimi caratterizzati da un forte accentramento del potere nell'esecutivo, che condusse a un'erosione sistematica dei principi democratici, quasi portandoli al collasso.
Particolarmente traumatica nella memoria storica sudcoreana fu l’instaurazione del regime di Yushin. Il 17 ottobre 1972 rappresenta una cesura fondamentale nella sua storia costituzionale. Fu in tale data che il Presidente Park Chung-hee, attraverso una misura di emergenza priva di legittimazione costituzionale, inaugurò una fase di profonda trasformazione dell'assetto istituzionale del paese.
Questo evento fu la c.d. Sipal Yusin (십팔 유신, Restaurazione d'Ottobre), la quale si configurò come un colpo di stato costituzionale mascherato da riforma, giustificato con l'esigenza di una "indigenizzazione della democrazia coreana" (Han'guk-jeok minjujuui, 한국적 민주주의).
La Restaurazione d'Ottobre si concretizzò nella promulgazione della Yusin Heonbeop (유신 헌법, Costituzione della Rivitalizzazione), un testo costituzionale che, pur mantenendo formalmente alcuni elementi democratici, introduceva meccanismi che minavano sostanzialmente i principi fondamentali dello stato di diritto: la nuova costituzione conferiva al Presidente poteri straordinari, tra cui la facoltà di nominare un terzo dei membri dell'Assemblea Nazionale, la possibilità di governare tramite decreti d'emergenza e l'estensione del mandato presidenziale, eliminando di fatto ogni limite alla rieleggibilità. Questo processo determinò un grave arretramento della democrazia, generando un sistema che incarnava un vero e proprio costituzionalismo autoritario, nel quale gli strumenti della democrazia liberale venivano sistematicamente distorti e piegati al fine di legittimare un potere personale sempre più pervasivo e incontrastato.
L'istituto dell'impeachment nella Repubblica di Corea non può essere considerato mera trasposizione di un modello giuridico straniero, bensì rappresenta l'incarnazione costituzionale di una coscienza collettiva plasmata dalle cicatrici dell'autoritarismo. Le intense mobilitazioni popolari degli anni '80, culminate nel movimento democratico del giugno 1987, hanno tradotto in un concreto rinnovamento istituzionale quella che era ormai divenuta un'esigenza imprescindibile della società civile sudcoreana: la costruzione di solidi presidi costituzionali capaci di impedire il ripetersi di quella captatio potestatis che aveva ripetutamente compromesso e ostacolato il percorso democratico nazionale.
Dunque, la centralità dell'impeachment deriva dalla consapevolezza storica che il démos necessita di strumenti concreti per prevenire l'abuso di potere. Il sistema presidenziale coreano, caratterizzato da una significativa concentrazione di autorità nell'esecutivo – retaggio della tradizione confuciana di centralizzazione del potere statale – richiedeva un meccanismo correttivo che potesse essere attivato in circostanze eccezionali. La necessità storica di introdurre un simile strumento è ulteriormente evidenziata dagli eventi che hanno condotto alla sua prima applicazione significativa nel 2017, con la destituzione della Presidente Park Geun-hye.
Formalmente previsto fin dall’origine dell’ordinamento repubblicano, esso rimase essenzialmente uno strumento in potentia, ossia una lex dormiens mai concretamente utilizzata a causa della concentrazione del potere nelle mani dell'esecutivo e dell'assenza di un effettivo pluralismo politico durante i decenni della cosiddetta "Prima Repubblica" e dei successivi regimi militari. In particolare, durante la "Quarta Repubblica" (1972-1981), che è stata caratterizzata dal regime autoritario di Park e dalla suddetta Costituzione Yushin, l'impeachment è stato svuotato della sua efficacia quale strumento di controllo costituzionale ed è stato ridotto ad un mero istituto formale privo di concreta applicabilità. Come osserva Kim, durante questi periodi, «l'impeachment esisteva "de jure" ma non "de facto", vittima della sindrome autoritaria che pervadeva l'intero sistema costituzionale[2]».
Si trattava di una forma di presidenzialismo autoritario (권위주의적 대통령제, gwonwijuuijeok daetongnyeongje) in cui la separazione dei poteri (권력분립, gwollyeok bunrip) riduceva i controlli istituzionali a meri simulacri.
È solo con la Costituzione democratica del 1987 che l'impeachment assume la sua attuale configurazione. Questa nuova carta fondamentale, tuttora in vigore, rafforza gli organi di garanzia ed introduce una più ampia divisione dei poteri dello Stato. In particolare, essa delinea una struttura di impeachment bicefalo basata sulla separazione funzionale tra l'Assemblea Nazionale (국회, Gukhoe), titolare della potestà di iniziativa e deliberazione della messa in stato d'accusa, e la Corte Costituzionale (헌법재판소, Heonbeop Jaepanso), investita del giudizio definitivo sulla rimozione del pubblico ufficiale, ivi incluso il Presidente della Repubblica[3].
L'avvio della procedura richiede il sostegno di una maggioranza dei membri dell'Assemblea Nazionale per la presentazione della mozione iniziale. In Parlamento, la proposta di una mozione di impeachment deve essere sostenuta da più della metà dei membri dell’Assemblea Nazionale. Tale soglia, evidentemente significativa, è volta a scoraggiare l’uso arbitrario o strumentale della procedura per finalità meramente partitiche o demagogiche, riflettendo il principio fiat iustitia, ne pereat res publica (si faccia giustizia, affinché non perisca la Repubblica). Il requisito costituisce la prima barriera istituzionale (institutionalis repagula) predisposta dal sistema per prevenire utilizzi pretestuosi dell'istituto.
La mozione, una volta presentata, può essere sottoposta al vaglio preliminare del Comitato Giudiziario (법제사법위원회, Beopjesabeopiinhoae), ai sensi della Legge sull'Ispezione e l'Indagine degli Affari di Stato (국정감사 및 조사에 관한 법률, Gukjeong Gamsa Mit Josa-e Gwanhan Beomnyul)[4], che opera una prima valutazione tecnico-giuridica dei presupposti dell'accusa. Per il prosieguo della procedura, il sistema coreano richiede un aumento significativo del quorum deliberativo. Ciò è dovuto alla Costituzione, che richiede l'approvazione dei due terzi dei membri dell'Assemblea Nazionale affinché la mozione possa essere trasmessa alla Corte Costituzionale (헌법재판소, Hunbeob Jaepanso).
Questa maggioranza qualificata è una seconda barriera procedurale che impone una convergenza politica ampia e trasversale rispetto alla dialettica maggioranza-opposizione. Una volta che la questione è sottoposta alla Corte Costituzionale, i nove giudici del collegio hanno a disposizione un termine massimo di 180 giorni per la deliberazione[5]. La Legge sulla Corte Costituzionale (헌법재판소법, Hunbeob Jaepansobeob) prescrive l'applicazione della procedura penale (형사소송법, Hyeongsa Sosongbeob) in sede di giudizio, con significative implicazioni in termini di garanzie procedurali e standard probatorio[6]. Dunque, per la destituzione del Presidente è necessaria una maggioranza qualificata di almeno sei giudici favorevoli su nove membri del collegio. Ciò crea un ulteriore ostacolo che protegge la stabilità istituzionale. La Costituzione impone l'indizione di nuove elezioni presidenziali entro sessanta giorni dalla decisione[7], garantendo così la continuità istituzionale nel caso in cui il tribunale decida di procedere all'impeachment.
Durante la pendenza del procedimento, il funzionario sottoposto ad impeachment è temporaneamente sospeso dalle sue funzioni, secondo il principio di status quo ante (현상 유지, hyeonsang yuji), fino alla decisione definitiva della Corte. Essa è custode ultimo dell'ordine democratico, poiché investita di quella che potremmo definire una potestas extraordinaria di rimozione del vertice dell'esecutivo. Si tratta, de facto, di un potere che assume rilevanza simbolica in un paese la cui tradizione politica è stata storicamente caratterizzata da un presidenzialismo forte, talvolta sfociato in personalizzazione del potere.
L’istituto dell’impeachment presidenziale, nell’ordinamento sudcoreano, si configura come un remedium ultimum, ovvero quale extrema ratio cui ricorrere solo in presenza di condotte di particolare gravità da parte del capo dello Stato. Si tratta di una procedura intenzionalmente rigorosa, caratterizzata da numerosi ostacoli formali ed istituzionali da superare al fine di evitare errori imprevisti o strumentalizzazioni politiche o faziose.
Di conseguenza, l'impeachment è considerato uno strumento eccezionale che non può essere utilizzato in modo disinvolto o improprio. La procedura è suddivisa in due fasi distinte e complementari, riflettendo la consueta divisione tra le funzioni legislative e giurisdizionali. Nella fase iniziale, l'Assemblea Nazionale svolge un ruolo esclusivamente accusatorio, rappresentando il controllo parlamentare sull'esecutivo. È responsabilità dei partiti politici e dei singoli membri del parlamento valutare la presenza di elementi giuridici e politici sufficienti per avviare il processo di destituzione del Presidente. In questa fase iniziale, il dibattito politico diventa essenziale perché il consenso necessario per sostenere l'impeachment richiede un confronto approfondito tra le forze parlamentari, basato su un'attenta valutazione dei fatti contestati e delle circostanze.
Nel caso in cui la proposta venga trasmessa alla commissione giudiziaria competente, l'intera Assemblea è responsabile di esaminare la questione in modo imparziale e puntuale prima di decidere se è opportuno passare alla deliberazione plenaria. Almeno in linea teorica, questo meccanismo consente di risolvere le controversie politiche all'interno del Parlamento, limitando l'accesso alla fase giurisdizionale ai soli casi in cui l’effettiva gravità delle violazioni contestate lo renda imprescindibile.
La Corte Costituzionale ha il compito di concludere la richiesta di destituzione nella seconda fase. Anche se non è completamente immune dai vincoli politici, l'organo giudicante è tenuto a seguire i principi dell'interpretazione costituzionale, tra cui il criterio di proporzionalità. Pertanto, i giudici sono chiamati a determinare se l'infrazione commessa dal Presidente abbia causato un danno così grave alla Costituzione da richiedere la sua rimozione, in assenza di altre opzioni disponibili per ripristinare la legalità violata. La Corte Costituzionale sudcoreana «manifesta un atteggiamento giudiziario reattivo ma cauto» e «raramente ha emesso decisioni in contrasto con le preferenze o i sentimenti della maggioranza politica[8]», secondo la dottrina. In altri termini, l'opinione pubblica o i sentimenti popolari possono influenzare la Corte, ma non in modo sistematico o determinante.
Si tratta di una configurazione che rappresenta un ibrido tra il modello statunitense, incentrato sul ruolo del legislativo, e quello europeo-continentale, che tende a valorizzare il ruolo delle corti costituzionali. Nonostante ciò, è necessario condurre un'analisi dei requisiti utilizzati per istituire questo meccanismo di protezione come rimedio ultimo. Le ragioni per la destituzione del Presidente in Corea del Sud sono chiaramente definite: il Capo dello Stato può essere sottoposto a procedura di impeachment qualora violi la Costituzione o altre leggi nell'esercizio delle proprie funzioni ufficiali.
Questa definizione, volutamente ampia, rende necessaria un’attenta valutazione di come la Corte Costituzionale interpreti tali clausole. Gli articoli 65 e 111 della Costituzione dell’87 disciplinano rispettivamente la procedura di impeachment ed il ruolo della Corte Costituzionale nella definizione del giudizio. Secondo l'articolo 65:
(1) Qualora il Presidente, il Primo ministro, i membri del Consiglio di Stato, i capi dei ministeri esecutivi, i giudici della Corte costituzionale, i giudici, i membri della Commissione elettorale nazionale, il presidente ed i membri della Commissione di revisione e ispezione ed altri funzionari pubblici designati dalla legge abbiano violato la Costituzione o altre leggi nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali, l'Assemblea nazionale può presentare una mozione di impeachment.
(2) La mozione di impeachment di cui al paragrafo (1) può essere proposta da un terzo o più dei membri totali dell'Assemblea nazionale e richiede il voto concorde della maggioranza dei membri totali dell'Assemblea nazionale per essere approvata: a condizione che la mozione di impeachment del Presidente sia proposta dalla maggioranza dei membri dell'Assemblea nazionale e approvata da almeno due terzi dei membri dell'Assemblea nazionale.
(3) La persona contro la quale è stata approvata una mozione di impeachment sarà sospesa dall'esercizio del suo potere fino alla decisione sull'impeachment.
(4) La decisione sull'impeachment non può andare oltre la rimozione dai pubblici uffici: A condizione che non esoneri la persona accusata dalla responsabilità civile o penale"(제65조, Costituzione della Repubblica di Corea)[9].
Una delle questioni più delicate nell'ambito della giustizia costituzionale è la definizione dei presupposti sostanziali dell'impeachment, ponendosi al crocevia tra diritto e politica. L'articolo 65 della Costituzione utilizza la frase "violazione della Costituzione o delle leggi" per chiarire i confini di un sistema che ha un impatto significativo sull'equilibrio dei poteri dello Stato. L'interpretazione dei presupposti dell'impeachment costituisce un esempio della tensione tra ius scriptum e ius non scriptum nel diritto costituzionale contemporaneo, richiedendo un'opera di costante adattamento del dato normativo alle esigenze di effettività della tutela costituzionale. Tale tensione è stata evidente nell'evoluzione della giurisprudenza costituzionale coreana in merito. Essa è stata caratterizzata da un progressivo affinamento dei criteri interpretativi attraverso il confronto dialettico tra la maggioranza e le minoranze all'interno della Corte.
Nel 1994, la Corte Costituzionale coreana dovette affrontare una questione relativa all’interruzione delle indette elezioni presidenziali e governative, nonostante una specifica disposizione legislativa imponesse lo svolgimento di tali elezioni entro il 1992. La controversia si inseriva in un più ampio contesto di decentramento amministrativo, che ebbe inizio negli anni '90 e costituì una parte essenziale del consolidamento della democrazia[10] post-autoritaria. L'inerzia presidenziale, motivata da considerazioni di opportunità politica, sollevava interrogativi di fondo sui limiti della discrezionalità del capo dello Stato nell'attuazione delle leggi e, più in generale, sul fatto che l'omissione potesse essere interpretata come presupposto dell' impeachment.
La questione investiva direttamente il principio di separazione dei poteri ed il delicato equilibrio tra legislativo ed esecutivo nel sistema costituzionale. Nell'ambito della decisione della Corte, venne formulata un'opinione dissenziente di particolare interesse teorico, secondo cui ricorrono le condizioni per l'impeachment quando il Presidente omette, intenzionalmente, di adempiere ai doveri imposti dalla legge, violando così la norma in questione ed i diritti fondamentali dei cittadini, oltre ad abusare del potere governativo in violazione della Costituzione. Suddetta posizione minoritaria rappresentava un tentativo di ampliare l'ambito applicativo dell'impeachment oltre le ipotesi di violazione attiva della Costituzione, includendovi anche le omissioni qualificate, caratterizzate dall'intenzionalità e dall'impatto sui diritti fondamentali. L'approccio dei giudici dissenzienti si fondava, infatti, su una concezione sostanziale della responsabilità presidenziale, attenta alle conseguenze materiali dell'inerzia del capo dello Stato piuttosto che alla mera forma dell'illecito costituzionale.
Il riferimento all'abuso del potere governativo come elemento qualificante dell'illecito costituzionale è particolarmente importante. Il concetto di derivazione francese "détournement de pouvoir" evoca l'idea che l'esercizio del potere pubblico può essere illegittimo non solo quando viola apertamente una regola specifica, ma anche quando, pur seguendo le procedure formali, persegue finalità diverse da quelle per cui il potere è stato concesso. Il 1994 fu un annus importante per la giurisprudenza coreana in quanto l'opinione dissenziente aprì un dibattito teorico sulla configurabilità dell'omissione presidenziale come base per l'impeachment.
Dunque, una peculiarità del sistema giuridico coreano risiede nella facoltà di ricorrere all'impeachment in caso di inadempienza da parte del Presidente, configurando una forma di responsabilità qualificata per omissione. L'approccio teorico suggerito dai giudici in disaccordo si rivela particolarmente rilevante, poiché introduce elementi che sarebbero poi diventati fondamentali nella successiva evoluzione giurisprudenziale, quali l'intenzionalità della violazione, le ripercussioni sui diritti fondamentali e l'abuso di potere inteso come criterio di qualificazione dell'illecito costituzionale.
Tale prospettiva riflette una concezione sostanziale dello stato di diritto (법치국가, beopchigukga), che pone l'attenzione non solo sulla legalità formale, ma anche sull'effettiva protezione dei diritti e sul rispetto dei valori costituzionali essenziali. Nella motivazione della sentenza, la Corte Costituzionale ha espresso un principio di rilevanza primaria, statuendo che la destituzione del Presidente dalla sua carica si configura come giustificata laddove si ravvisi l'impossibilità di consentire la prosecuzione della funzione presidenziale in ragione della salvaguardia dell'ordinamento costituzionale, ovvero qualora il Presidente abbia perso i requisiti necessari all'amministrazione degli affari statali, avendo tradito la fiducia popolare. La Corte, inoltre, ha chiarito la nozione di "violazione della Costituzione" ai fini della procedura di impeachment, definendola come "l'infrazione dell'ordinamento democratico e liberale fondamentale".
Tale formulazione, di origine tedesca (freiheitliche demokratische Grundordnung), include, secondo la Corte, i principi dello Stato di diritto, quali i diritti umani fondamentali, la separazione dei poteri, l'indipendenza della magistratura, nonché i principi democratici come il parlamentarismo, il pluralismo dei partiti d il sistema elettorale. La violazione di uno qualsiasi di questi principi costituisce una lesione dell'ordinamento democratico fondamentale e, di conseguenza, rappresenta un potenziale motivo per la destituzione dall'incarico.
Un ulteriore aspetto di interessante rilevanza concerne il "tradimento della fiducia popolare" (국민의 신임을 배반한 행위, kungmin-ŭi sinim-ŭl paebanhan haengwi), definito quale presupposto alternativo alla violazione dell'ordinamento democratico fondamentale. La Corte ha precisato che tale categoria include "atti di corruzione, pregiudizio agli interessi statali, ingerenze con altri poteri, lesione dei diritti fondamentali dei cittadini (quali atti di oppressione perpetrati tramite gli apparati statali), nonché violazioni della normativa elettorale". Si tratta, manifestamente, di una formulazione estesa, che comprende condotte eterogenee accomunate dalla loro capacità di compromettere il rapporto fiduciario tra il Presidente e la comunità politica.
Da notare, il riferimento alla corruzione (부패, bupae) quale ipotesi rappresentativa di tradimento della fiducia popolare, la cui centralità riflette l'importanza che la cultura giuridica coreana attribuisce all'integrità morale dei governanti, considerata requisito essenziale per il legittimo esercizio dell'autorità. Da ciò si evince la singolare condizione della Corea del Sud: una nazione che ha saputo elaborare un costituzionalismo di origine interna, capace di conciliare molteplici influssi nel contesto di un'effettiva transizione democratica.
2. Genesi ed evoluzione storica dell'istituto: il recente caso di Yoon Suk-yeol
Ab initio rei publicae, la Repubblica di Corea ha subito una lunga egemonia delle forze conservatrici di destra, le quali hanno consolidato il loro potere attraverso una sistematica politica metus (politica del timore). Questo predominio - interrotto solo dal breve interludio della "Seconda Repubblica" (1960-61) -, ha rappresentato una costante nella vita politica ed istituzionale del paese, tanto da marcarne, profondamente, il volto stesso dello Stato. Fu, infatti, verso la fine degli anni '80 che iniziò quel potenziale punto di svolta nella storia politica sudcoreana: il successo del movimento di democratizzazione (민주화 운동, minjuhwa undong) sancì una sorta di "alternanza" governativa. Nondimeno, la frammentazione dello schieramento liberal-democratico durante le elezioni presidenziali del 1987, originata dalla concorrenza tra Kim Dae-jung e Kim Young-sam, entrambi aspiranti alla massima carica dello Stato, determinò una dispersione del consenso elettorale, che culminò con l'elezione del candidato Roh Tae-woo.
Quest'ultimo, oltre ad essere il successore designato del Presidente Chun Doo-hwan (asceso al potere a seguito di un coup d'état successivo all'assassinio del dittatore Park Chung-hee nel 1979), era altresì implicato nel massacro di Kwangju (광주 민주화 운동, "Movimento democratico di Gwangju") del 1980.
In tale scenario, una peculiare configurazione istituzionale emerse dalle elezioni parlamentari dell'aprile 1988, in cui i partiti di opposizione liberali, il Minju Pyeonghwa Dang (민주평화당) di Kim Dae-jung ed il Tongil Minjudang (통일민주당, Democratic Unification Party) di Kim Young-sam, conquistarono 129 seggi, superando di cinque unità il Minjujeonguedang (민주정의당, Democratic Justice Party), guidato da Roh. In questo quadro di "governo diviso" (divisum imperium), i membri del Parlamento appartenenti all'opposizione minacciarono di avviare una procedura di impeachment nei confronti di Roh, motivando tale iniziativa con l'asserita inadeguatezza dell'azione penale in relazione alle malversazioni commesse durante la "Quinta Repubblica" (1980-1988). Invero, però, la prima applicazione concreta della procedura di impeachment presidenziale nella storia costituzionale coreana si verificò nel 2004, quando l'Assemblea Nazionale deliberò la messa in stato d'accusa del Presidente Roh Moo-hyun per presunte violazioni della legge elettorale ed altre infrazioni nell'esercizio delle sue funzioni.
Tale procedimento, che si concluse con il rigetto dell'impeachment da parte della Corte Costituzionale, rappresentò un momentum iuris per lo sviluppo di una dottrina completa in materia. L'autenticità di questo assetto costituzionale, fondato sull'esperienza nazionale, è corroborata dalla sua efficace applicazione durante tre cruciali crisi politiche: il tentativo di destituzione di Roh Moo-hyun nel 2004 (rigettato dalla Corte Costituzionale)[11], la rimozione di Park Geun-hye nel 2017, e l’impeachment di Yoon Suk-yeol nel 2025. Tali eventi hanno dimostrato come la struttura costituzionale sudcoreana abbia sviluppato le necessarie difese per reagire a diverse forme di minaccia all'ordinamento democratico: dal tentativo di utilizzo politico della procedura (caso Roh), alla corruzione e all'abuso di potere (caso Park), sino alla violazione diretta dei principi costituzionali mediante l'uso illegittimo della legge marziale (caso Yoon).
In quest’ultimo caso, di particolare rilievo è stata la capacità della società civile sudcoreana di mobilitarsi a tutela dell'ordine costituzionale, testimoniando una maturità democratica che supera il semplice meccanismo istituzionale per radicarsi nella coscienza collettiva.
Dunque, la procedura di impeachment presidenziale costituisce, negli ordinamenti democratici contemporanei, l'extrema ratio dei meccanismi di responsabilizzazione del vertice dell'esecutivo. Nel sistema costituzionale della Repubblica di Corea, esso assume connotazioni peculiari che meritano un'analisi approfondita, soprattutto alla luce della sua concreta applicazione nei recenti sviluppi della vita politico-istituzionale del paese.
La notte del 3 dicembre 2024 ha segnato un momento di profonda cesura nella narrazione democratica sudcoreana quando il Presidente Yoon Suk-yeol[12], attraverso una notturna trasmissione in diretta televisiva "straordinaria", ha proclamato l'imposizione dello status iuris militaris (legge marziale). Si è trattato della prima dichiarazione di legge marziale dai tempi della sua ultima imposizione, avvenuta nel maggio 1980 durante la Rivolta di Gwangju (Minjuhwa Undong, Movimento per la Democratizzazione di Gwangju). Si potrebbe definire un momentum historicum, che ha risvegliato nella popolazione la memoria passionis del periodo autoritario. L'incidente, ampiamente impopolare, è stato per molti cittadini un forte richiamo alla loro turbolenta storia politica di oltre 40 anni prima, tant’è che essi, pervasi da un senso di han (한, sentimento profondo di ingiustizia e dolore storico), hanno dato vita a manifestazioni spontanee di dissenso, culminate in una marcia collettiva verso il Gukhoe (국회, Assemblea Nazionale). Contemporaneamente, i parlamentari dell'opposizione, in un atto di contra imperium, hanno oltrepassato barriere fisiche per accedere all'emiciclo parlamentare, tentando un vero e proprio actio democraticus, attraverso una votazione d'emergenza.
Nel contesto della crisi costituzionale del dicembre 2024, l’azione di impeachment contro il Presidente ha seguito un percorso a due fasi di significativa rilevanza giuridico-costituzionale. Il primo tentamen del 7 dicembre si è concluso con un impasse institutionem a causa dell'ostruzionismo parlamentare orchestrato dal Gungminui Him (국민의힘, Partito del Potere Popolare), la cui assenza strategica ha impedito il raggiungimento del quorum deliberativum dei due terzi richiesto dall'articolo 65 della Costituzione. La secunda actio, attuata il 14 dicembre, ha prodotto un esito affermativo con 204 vota pro e 85 contra, segnando una frattura interna al partito presidenziale testimoniata dalla defezione di 12 parlamentari del PPP che hanno votato in favore della remotio ab officio.
Si tratta di un chiaro segnale di manifestazione del dissenso interno, il cui obiettivo è stato quello di determinare la sospensione della potestatis del Presidente, con conseguente traslazione temporanea delle funzioni presidenziali al Primo Ministro Han Duck-soo, secondo il principio di continuitas gubernationis. Contestualmente, la Corte Costituzionale è stata investito del suo ruolo, ovvero svolgere la funzione di arbiter constitutionalitatis, entro il termine perentorio di 180 giorni, secondo quanto previsto dall'articolo 111 della Carta. Data la conferma dell’atto d’impeachment, si procederà alla destituzione definitiva del Presidente ed all'indizione di electiones extraordinariae entro 60 giorni, secondo quanto stabilito dalla Legge Elettorale Presidenziale (대통령선거법률, Daetongnyeong Seongeobeopryul).
A rilevare la gravità della condotta presidenziale è, certamente, l’accusa di seditio (반헌행위, banheon haengwi). Essa ha comportato l’imposizione del divieto di lasciare il territorio nazionale, primo caso - questo - nella storia democratica sudcoreana di un Presidente sotto indagine per crimen maiestatis. Data la conferma della Corte Costituzionale, Yoon è divenuto il secondo Presidente, dopo Park Geun-hye (casus del 2017), ad essere formalmente destituito tramite il meccanismo di imperitia constitutionalis, contemplando così un precedente di estrema rilevanza giuridica e di straordinaria portata per l'evoluzione del ius publicum coreano e, di riflesso, per l'affermazione del principio di aequilibrium potestatum all'interno dell'assetto costituzionale della Repubblica.
La vacillante actio politica presidenziale ha innescato un "cataclisma politico" all’interno del Partito del Potere Popolare (국민의힘, Gungminui Him), il cui risultato è stato l’abdicatio collettiva del Consiglio Supremo del partito. Nel dibattito giuridico-costituzionale, la vox populi si è unita attorno all'interpretazione dell'Articolo 77 della Costituzione, la quale circoscrive la dichiarazione della legge marziale ai casi di "tempo di guerra, conflitto armato o simile emergenza nazionale". L'assenza manifesta di tali presupposti ha configurato la condotta presidenziale come una palese violatio constitutionis, rafforzando la legittimità dell'impeachment. Tuttavia, la maggioranza parlamentare del Partito del Potere Popolare (PPP), con solo 12 membri su 108 pro impeachmentum, ha creato una spaccatura politica tale da portare ad una scissione interna tra la posizione ufficiale del partito stesso ed il sentire della civitas.
Questa peculiare condizione tra resistenza parlamentare e percezione pubblica di un crimen constitutionis, ha reso le fondamenta del PPP precarie poiché ha alimentato un c.d. dibattito nazionale sulla fides democratica e sull'auctoritas dei rappresentanti eletti in rapporto alla sovranità popolare. Il 4 aprile 2025, la Corte Costituzionale ha confermato l'impeachment del Presidente, rimuovendolo dall'incarico per l' imposizione della legge marziale. Il verdetto, letto dal capo della corte ad interim Moon Hyung-bae e trasmesso in diretta televisiva, è entrato in vigore immediatamente, imponendo al Paese di indire un'elezione presidenziale lampo per scegliere il successore di Yoon entro 60 giorni. Il verdetto si è concluso affermando che «gli atti incostituzionali e illegali dell'intervistato costituiscono una grave violazione della legge che non può essere tollerata dal punto di vista della tutela costituzionale, in quanto rappresentano un tradimento della fiducia pubblica[13]».
La Corte ha esercitato la propria funzione di supremo garante dell'ordine costituzionale con efficace ponderazione: il collegio giudicante, consapevole delle profonde implicazioni che il proprio verdetto avrebbe avuto sul tessuto democratico sudcoreano, ha dedicato 38 giorni di riflessione dalla conclusione dell'ultima udienza – un intervallo significativamente più esteso rispetto agli 11 giorni impiegati nel 2017 per il caso della Presidente Park. Sebbene questo lungo periodo di deliberazione abbia temporaneamente aumentato l'incertezza politica del paese, ha permesso ai magistrati di raggiungere un'unanimità su una decisione simbolica di grande importanza, evitando una frammentazione del consesso giudicante che avrebbe potuto minare l'autorità del verdetto in un momento di fragilità istituzionale.
L'indagine giuridica si è articolata intorno ai cinque capi d'accusa formulati nella mozione parlamentare del 14 dicembre: la proclamazione dello gyeongbi gyeongbi (계엄 계비, stato di legge marziale) in assenza dei presupposti costituzionali; il mancato rispetto dei processi deliberativi governativi necessari per l'esecuzione del decreto di legge marziale; lo spiegamento delle forze armate che circondano il Gukhoe (국회, Assemblea Nazionale), in palese violazione del principio di separazione dei poteri; l'invio di contingenti militari presso la Commissione Elettorale Nazionale, un organismo indipendente e super partes, ed infine, il tentativo di ridurre la portata dei diritti politici essenziali.
La Corte ha formulato un giudizio di censura inequivocabile su ciascuno di questi punti, riconoscendo non solo la presenza delle violazioni contestate, ma anche il loro livello di gravità tale da consentire la rimozione del Presidente.
Nella motivazione della sentenza, la Corte ha esaminato l'Articolo 77 della Costituzione della Repubblica di Corea, secondo cui le circostanze di competizione politica (정치적 경쟁, gukga-wigijeok sangwhang) e stallo istituzionale (제도 마침, jedo machim) invocate da Yoon come giustificazione per la dichiarazione della legge marziale non potevano in alcun modo equipararsi alle circostanze di emergenza nazionale contemplate dal dettame legislativo. In aggiunta, la Corte ha rilevato gravi anomalie procedurali nel processo di adozione del decreto, ritenendo che l'assenza di una deliberazione governativa regolare configurasse un'ulteriore violazione del principio di legalità dell'azione amministrativa.
Nel ponderare la stabilità istituzionale derivante dalla continuità della carica presidenziale e l'inderogabile necessità di tutelare l'integrità dell'ordinamento costituzionale, la Corte ha stabilito che i vantaggi derivanti dalla salvaguardia della Costituzione mediante la rimozione dell'imputato superano in modo significativo i pregiudizi arrecati alla nazione dalla destituzione del Presidente. Tale valutazione, fondata sulla concezione della Costituzione quale estremo baluardo contro l'arbitrio del potere esecutivo, rappresenta una tappa fondamentale nell'evoluzione della giurisprudenza costituzionale sudcoreana, riaffermando il ruolo centrale del principio di heonbeop juoe (헌법 주외, supremazia della Costituzione) nell'assetto istituzionale della Repubblica.
La sentenza unanime della Corte Costituzionale, che ha ratificato la rimozione di Yoon dalla carica presidenziale, non solo conclude una crisi politico-istituzionale senza precedenti nell'era democratica sudcoreana, ma costituisce altresì un severo ammonimento per i futuri detentori del potere esecutivo, consolidando nella memoria collettiva e nella prassi giuridica il principio secondo cui nessuna autorità politica, per quanto legittimata dal consenso popolare, può porsi al di sopra dell'ordinamento costituzionale. In seguito alla sospensione del Presidente dalle sue funzioni, il Primo Ministro Han Duk-soo ha assunto, in conformità alla Costituzione, le funzioni di Presidente ad interim, in ottemperanza al principio di continuità istituzionale. È difficoltoso preservare la funzionalità del governo in un contesto instabile e politicamente teso, esacerbato da un'economia in fase di decelerazione.
Sebbene egli rimarrà in carica fino alle prossime elezioni presidenziali, programmate per il 3 giugno 2025, la sua autorità temporanea si estende su diverse aree operative, che vanno dalla ricostituzione della credibilità del sistema democratico sudcoreano in ambito internazionale, al contenimento delle instabilità dei mercati finanziari, fino alla gestione delle profonde divisioni all'interno della società nazionale. La crisi costituzionale sudcoreana, nelle sue svariate sfaccettature, rappresenta, quindi, un momento critico nella storia democratica del Paese, ridefinendo i limiti tra potere esecutivo e controllo parlamentare, riaffermando il principio della supremazia costituzionale e rimodellando i delicati equilibri geopolitici nell'intera regione dell'Asia orientale.
Il recente caso riguardante il Presidente Yoon Suk-yeol[14] ha ribadito la rilevanza dell'istituto all'interno del sistema costituzionale. L'emanazione di una dichiarazione di legge marziale in assenza dei requisiti prescritti dall'Articolo 77 della Costituzione, unitamente ad altre gravi infrazioni all'ordinamento democratico, ha concretizzato la tipologia di minaccia sistemica che i costituenti del 1987 intendevano scongiurare mediante l'introduzione di tale strumento. L'inclusione dell'impeachment nella Costituzione non costituisce meramente l'adozione di un meccanismo giuridico astratto, bensì una risposta strutturale alle specifiche vulnerabilità storiche del sistema politico nazionale. Tale istituto incarna la determinazione collettiva della società di tutelare le proprie conquiste democratiche mediante strumenti costituzionali efficaci, in grado di intervenire qualora la leadership politica dovesse tradire il patto fondamentale con i cittadini. La salvaguardia democratica riflette, pertanto, la consapevolezza che la democrazia richiede una vigilanza costante e meccanismi correttivi adeguati per preservare la propria integrità di fronte alle inevitabili tensioni generate dall'esercizio del potere politico.
3. Osservazioni comparatistiche tra Stati Uniti d'America e Repubblica di Corea
Un postulato importante del principio di responsabilità, fundamentum iustitiae nei sistemi democratici contemporanei, riguarda che tutti gli attori statali, ivi inclusi i detentori del potere esecutivo, siano soggetti al dominio della legge. Espressione del concetto romano di lex superior, esso rappresenta la quintessenza dello stato di diritto nelle democrazie costituzionali moderne. L'impeachment dell’ex Presidente Yoon Suk-yeol, in carica sino al 4 aprile 2025, rappresenta un exemplum in concreto dell'effettiva applicabilità del principio di responsabilità costituzionale. La sua rimozione ha ben dimostrato che il principio di imperium legis non è meramente una costruzione teorica, bensì un precetto costituzionale suscettibile di effettiva applicazione in un ordinamento democratico.
A seguito delle recenti vicissitudini politiche, culminate con la proclamazione della legge marziale il 3 dicembre 2024, l’attesa pronuncia della Corte Costituzionale coreana ha incarnato un punctum saliens nell'affermazione del principio secondo cui anche un Capo di Stato - democraticamente eletto - è soggetto al vaglio giurisdizionale e può essere ritenuto responsabile per violazioni dell'ordinamento giuridico.
La peculiarità del sistema coreano, fattore determinante nel successo della procedura di impeachment, risiede nell'attribuzione della competenza decisionale ad un organo giurisdizionale indipendente. Operando in una dimensione di tertium super partes, al di fuori della sfera politica, i giudici della Corte Costituzionale sono i garanti dell'ordinamento costituzionale. Ciò permette che il giudizio di impeachment si fondi esclusivamente sul parametro della conformità alla legge (secundum legem) e non su considerazioni di opportunità politica (ratio politica). Differentemente dal modello coreano, il sistema di impeachment statunitense presenta alcuni aspetti critici e strutturali che ne compromettono l'efficacia.
Il punctum dolens del sistema statunitense risiede nella natura politica dell'organo giudicante, poiché sebbene il principio di responsabilità sia formalmente sancito nell'ordinamento giuridico americano e nessun cittadino sia teoricamente sottratto all'impero della legge - compreso, dunque, il Presidente ,- l'analisi empirica dei procedimenti di impeachment rivela l'assenza di effettive condanne[15]. Negli Stati Uniti il giudizio è demandato al Senato (Costituzione degli Stati Uniti, art. 1(3)), organo, per sua natura, politico. Questa configurazione è giustificata - tradizionalmente - dal principio della separazione dei poteri (separatio potestatum), al fine di prevenire ingerenze giudiziarie nella sfera politica.
Tuttavia, l'analisi dei procedimenti di impeachment rivela come le decisioni siano fortemente condizionate dalla composizione politica della camera.
I due Paesi presentano sistemi parlamentari differenti (unicameralismo e bicameralismo). La struttura bipartitica del sistema politico degli Stati Uniti d'America implica che gli esiti delle votazioni tendano a riflettere la ripartizione dei seggi tra i partiti Democratico e Repubblicano, manifestando un chiaro favor partis nelle decisioni dei senatori. Pertanto, la maggioranza qualificata dei due terzi, necessaria per la condanna e la rimozione del Presidente, si configura come un quorum difficile da conseguire in mancanza di una maggioranza preminente del partito di opposizione o di una defezione significativa di senatori appartenenti al partito del Presidente. Entrambi gli ordinamenti prevedono, de iure condito, meccanismi costituzionali volti a garantire la responsabilità presidenziale, ma la loro efficacia in concreto diverge significativamente.
Inoltre, il principio di equità giudiziaria assicura che la giustizia sia imparziale e rappresentativa delle collettività a cui i magistrati sono preposti (OCSE, 2013). Si argomenta che l'iter ed il risultato della procedura di impeachment nella Repubblica di Corea garantiscano il principio di equità giudiziaria in modo più efficace rispetto agli Stati Uniti, in particolare in relazione alla rispondenza alle comunità servite. Effettuando un confronto dell'intera procedura, si evince che il concetto di democrazia rappresentativa è meglio incorporato nella procedura sudcoreana rispetto a quella statunitense. Negli Stati Uniti, un singolo membro della Camera dei Rappresentanti può presentare una risoluzione di impeachment (Costituzione degli Stati Uniti, articolo 1, sezione 2), mentre nella Repubblica di Corea una mozione di impeachment presidenziale deve essere appoggiata dalla maggioranza assoluta dell'Assemblea Nazionale (Costituzione, articolo 65, sezione 2).
In aggiunta, il Presidente degli Stati Uniti è soggetto ad impeachment qualora la maggioranza semplice della Camera dei Rappresentanti voti a favore dell'atto stesso, una soglia meno rappresentativa rispetto ai due terzi richiesti nell'Assemblea Nazionale sudcoreana.
Per quanto riguarda il processo, negli Stati Uniti i Presidenti messi in stato d’accusa vengono giudicati da senatori eletti direttamente dal popolo di ciascuno Stato (Costituzione degli Stati Uniti, art. 1(3), 17º emendamento), rendendo altamente improbabile la condanna e la rimozione del Presidente a causa della forte polarizzazione politica del Senato[16]. Nella Repubblica di Corea, nel 2017, il Presidente è stato effettivamente sottoposto all’impeachment e, dunque, rimosso dall'incarico.
Benché alcuni possano argomentare che tale decisione non sia pienamente rappresentativa, in quanto emessa da un organo giudiziario indipendente, è opportuno notare che i giudici della Corte Costituzionale sudcoreana sono nominati dal Presidente (potere esecutivo), selezionati dall'Assemblea Nazionale (potere legislativo) e dal Presidente della Corte Suprema (potere giudiziario)[17], diversamente dai giudici della Corte Suprema statunitense, i quali sono nominati direttamente dal Presidente[18]. Di conseguenza, le decisioni della Corte Costituzionale, pur emanate da un organo indipendente, presentano un carattere di rappresentatività indiretta.
Nello Stato di diritto, il principio di giustizia assicura che le leggi siano trasparenti, rese pubbliche, imparziali, stabili ed applicate in maniera coerente. L'articolo 2(4) della Costituzione statunitense indica, quali motivi di impeachment, il tradimento, la corruzione o altri crimini e delitti di rilevanza (high crimes and misdemeanours)[19]. Ciononostante, non viene fornita alcuna precisazione in merito a cosa rientri in quest'ultima categoria. Analogamente, l'articolo 65(1) della Costituzione coreana definisce come motivi di impeachment la violazione della Costituzione stessa o di altre leggi nell'esercizio delle funzioni ufficiali, senza fornire ulteriori specificazioni[20].
L'ampiezza di tali termini ammette diverse interpretazioni in merito al loro significato ed a quali azioni presidenziali possano essere ritenute motivo di impeachment[21]. Concretamente, dunque, una breve quanto essenziale analisi comparativa dei processi e dei risultati relativi alla procedura di impeachment presidenziale negli Stati Uniti d'America[22] e nella Repubblica ha l'obiettivo primario di esaminare la questione del summenzionato istituto.
La conclusione derivante dall'analisi effettuata è la seguente: complessivamente, il processo e gli esiti dell'impeachment presidenziale nella Repubblica di Corea dimostrano una maggiore aderenza ai principi dello stato di diritto rispetto a quelli degli USA. L'affidamento di tale procedura ad una camera politicamente polarizzata composta da politici (il Senato), diminuisce la probabilità che i Presidenti siano effettivamente ritenuti responsabili delle proprie azioni, in contrapposizione all'affidamento ad un organo indipendente costituito da giudici, preposti a valutare sulla base del diritto. Nella Repubblica di Corea, la procedura pone in maggiore risalto la neutralità e la rappresentanza democratica, richiedendo quorum di voto più elevato ed il coinvolgimento di tutti e tre i poteri dello Stato nella composizione della Corte Costituzionale.
Al contrario, negli Stati Uniti, l'intera procedura è di competenza esclusiva del potere legislativo e prevede quorum di voto inferiore. L'esame dell'impeachment nell'ordinamento costituzionale coreano offre l'opportunità di una più ampia disamina sulla funzione e sulla legittimazione di tale meccanismo negli Stati costituzionali contemporanei. In una prospettiva più estesa, esso può essere interpretato quale espressione del principio secondo cui salus rei publicae suprema lex esto (la salvezza della repubblica deve essere la legge suprema). Tale massima ciceroniana esprime l'idea che la preservazione dell'ordinamento costituzionale rappresenti un valore prioritario, in grado di giustificare anche la rimozione di un soggetto democraticamente legittimato qualora la sua permanenza in carica minacci l'integrità del sistema.
La giurisprudenza costituzionale ha recepito esplicitamente tale principio, elaborando il criterio del bilanciamento tra "vantaggi e svantaggi per la Costituzione e per la nazione" quale parametro ultimo di valutazione.
In conclusione, la procedura sudcoreana di impeachment costituisce una chiara espressione della costituzionalizzazione del potere, tratto distintivo degli ordinamenti democratici contemporanei. La sua esistenza comprova il definitivo superamento della concezione assolutistica dell'auctoritas e l'affermazione del principio in base al quale ogni potere, per quanto elevato, rimane soggetto alla Costituzione e risponde delle proprie violazioni.
Si potrebbe ben dire che oggi esso incarni la fondamentale intuizione del costituzionalismo[23] moderno secondo cui la legittimazione del potere risiede non soltanto nella sua origine democratica, bensì anche nel suo esercizio conforme ai principi ed ai valori costituzionali. Ciò si manifesta altresì nel brocardo potestas legibus alligata - il potere è vincolato dalle leggi -, in cui si rappresenta la premessa teorica dell'istituto ed il fondamento della sua persistente validità negli ordinamenti vigenti.
L'esperienza sudcoreana, caratterizzata da una sofisticata elaborazione giurisprudenziale e da un'efficace applicazione pratica, dimostra che l'impeachment, lungi dall'essere un retaggio storico destinato all'obsolescenza, rappresenta un meccanismo essenziale per la tutela dell'integrità costituzionale, capace di adattarsi ai mutamenti del contesto politico-istituzionale senza perdere la propria funzione fondamentale di garanzia della legittimità costituzionale. Zagrebelsky[24] (1992) ha definito il diritto costituzionale come caratterizzato da "mitezza", intendendo con ciò la sua idoneità a circoscrivere il potere entro confini che rispettino la dignità individuale ed i principi cardine della convivenza democratica.
[1] Vd. PALAIS J.B., Confucian Statecraft and Korean Institutions: Yu Hyongwon and the Late Choson Dynasty, Seattle: University of Washington Press, 1996.
[2] KIM S., Constitutional Democracy in South Korea, Cambridge: Cambridge University Press, 2020, 87.
[3] Sul punto, vd. KIM, op. cit., 87.
[4] Legge sull'Assemblea nazionale, artt. 130 e 131.
[5] Di particolare rilievo, ai fini della comprensione dell’assetto istituzionale sudcoreano, è la peculiare modalità di composizione del collegio giudicante della Corte Costituzionale della Repubblica di Corea. Essa si discosta sensibilmente tanto dal modello statunitense, quanto da quello tedesco, riflettendo piuttosto, sotto vari profili, un’impostazione affine alla struttura austriaca. Nel sistema statunitense, la nomina dei giudici della Corte Suprema è prerogativa del Presidente della Repubblica, il quale procede alla designazione con il successivo consenso del Senato, in ossequio al principio di checks and balances. In Germania, al contrario, l’equilibrio istituzionale viene garantito mediante una bipartizione simmetrica delle competenze tra il Bundestag (camera bassa) ed il Bundesrat (camera alta), che provvedono ciascuno alla nomina di metà dei giudici del Bundesverfassungsgericht, assicurando, così, una rappresentanza bilanciata tra i due rami del Parlamento. La Repubblica di Corea, invece, adotta un meccanismo di selezione giudiziaria che si avvicina, mutatis mutandis, a quello vigente in Austria, configurandosi come una forma ibrida ed articolata di equilibrio interistituzionale. In base all’articolo 111 della 헌법 (Costituzione sudcoreana), il collegio della Corte Costituzionale è composto da nove giudici, nominati secondo una tripartizione delle competenze: tre membri sono designati direttamente dal Presidente della Repubblica, tre dal Presidente della Corte Suprema e tre dall’Assemblea Nazionale. Questa struttura compositiva non solo garantisce una pluralità di fonti di legittimazione ed una distribuzione bilanciata del potere di nomina tra potere esecutivo, giudiziario e legislativo, ma risponde altresì al principio di rappresentatività istituzionale e di prevenzione della concentrazione del potere (ne varietur). Essa riflette, in definitiva, una visione coreana dell’equilibrio costituzionale – al tempo stesso cauta e sofisticata – tesa a preservare l’indipendenza del giudice costituzionale ed a contenere derive iperpresidenzialiste o eccessive ingerenze parlamentari.
[6] Legge sulla Corte costituzionale, art. 40. Il testo completo della legge sulla Corte costituzionale, in lingua inglese, è disponibile al seguente link: Legge sulla Corte costituzionale.
[7] Costituzione, art. 60.
[8] YEH J.R. e CHANG W.C., The Emergence of East Asian Constitutionalism: Features in Comparison, in Am. J. Comp. Law, 59, 2011, 827. Il documento è presente al seguente link: Jiunn-Rong Yeh and Wen-Chen ChangThe Emergence of East Asia Constitutionalism: Features in Comparison.
[9] Il testo completo della costituzione sudcoreana, in lingua inglese, è disponibile al seguente link: Costituzione della repubblica di Corea.
[10] Sul punto, vd. KIHL Y., Transforming Korean Politics: Democracy, Reform and Culture, New York, M. E. Sharpe, 2005.
[11] Vd. per un maggiore approfondimento sul tema: CHO H.-S., A Study of Presidential Impeachment: The Case of President Rho Moo-Hyun’s Impeachment in Korea [in coreano], in Korean J. Polit. Sci. , 13(3), 2006, 97-119.
[12] Per un approfondimento sul tema, si veda: KIM H. e PARK J., Political Polarization in South Korea: The Case of Yoon Seok-yeol's Presidency, in coreano, J. Polit. Sci. , 48(2), 2023, 123-138.
[13] PARK J.H., Full text: South Korea top court upholds Yoon Suk-Yeol’s impeachment, in Korea Pro, 4 aprile 2025, disponibile al seguente link: la corte suprema della Corea del Sud conferma l'impeachment di Yoon Suk-yeol.
[14] Sull’argomento, cfr. anche: RAHMADANI S. e YUADI I., Understanding Political Narratives: Word Cloud Analysis of Yoon Seok-Yeol’s Impeachment, in J. Law, Polit. Human. , 5(4), 2025, 2687-95.
[15] Vd. EHRLICH W., Presidential Impeachment: An American Dilemma, Saint Charles (MO), Forum Press, 1974.
[16] Sul punto, vd. BAUMGARTNER J.C., Checking Executive Power: Presidential Impeachment in Comparative Perspective, Greenwood Publishing Group, 2003.
[17] Costituzione della Repubblica di Corea, art. 111(4)(3), (4).
[18] Costituzione degli Stati Uniti, art. 2(2).
[19] Art. 2, sez. 4, Cost. USA: «il Presidente, il Vicepresidente e tutti i funzionari civili degli Stati Uniti saranno rimossi dalla carica a seguito di impeachment e condanna per tradimento, corruzione o altri gravi crimini e delitti minori».
[20] Art. 65(1), Cost.: «nel caso in cui il Presidente, il Primo Ministro, i membri del Consiglio di Stato, i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i giudici ordinari o altri funzionari pubblici abbiano violato la Costituzione o altre leggi nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, l’Assemblea Nazionale può approvare una mozione di impeachment».
[21] Vd. BARKER S.S., Panoramica sull'impeachment presidenziale, in Colorado Lawyer, agosto/settembre 2018, 31–36. Disponibile al seguente link (vers. eng.): An Overview of Presidential Impeachment.
[22] BERGER R., Impeachment: The Constitutional Problems, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1973.
[23] Per ulteriori riflessioni in merito, si rinvia a: PARK M.-L., Constitution, Constitutionalism, and Democracy in South Korea [in coreano], in Korean Political Science Review, 39(1), 2005, 253-276.
[24] ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, Einaudi, 1992.
Bibliografia
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BERGER R., Impeachment: The Constitutional Problems, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1973.
CHO H.-S., A Study of Presidential Impeachment: The Case of President Rho Moo-Hyun’s Impeachment in Korea [in coreano], in Korean J. Polit. Sci., 13(3), 2006, 97-119.
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ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, Einaudi, 1992.
Per un maggiore approfondimento sul tema, si consiglia:
JEONG M. e HAN S., The Role of Political Elites in Media Framing During Impeachment Processes: A Comparative Study, in Political Communication Quarterly, 18(3), 2021, 215-231.
MILLER A. e CLARK D., Media Framing of U.S. Presidential Impeachments: A Historical Perspective, in Media Politics Journal, 22(1), 2020, 67-83.
PERKINS W.B., The Political Nature of Presidential Impeachment in the United States, in: Checking Executive Power: Presidential Impeachment in Comparative Perspective, a cura di J.C. Baumgartner e N. Kada, Westport (CT), Praeger, 2003.