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La fissazione del thema decidendum e del thema probandum
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Pubbl. Ven, 11 Apr 2025

La fissazione del thema decidendum e del thema probandum

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Giovanni Margherita
Giudice ecclesiasticoPontifica Università Lateranense - Roma



La fissazione del thema decidendum e del thema probandum rappresenta un passaggio essenziale nel processo civile, poiché permette di delimitare con precisione l’oggetto della controversia e i fatti da dimostrare. Questa fase garantisce la regolarità del contraddittorio e orienta l’istruttoria probatoria, evitando incertezze e dispersioni. Nel diritto canonico, la litis contestatio svolge una funzione analoga, stabilendo i termini della causa e vincolando le parti e il giudice alla successiva decisione. Sebbene il processo civile abbia integrato strumenti tecnologici per migliorare l’efficienza, il diritto canonico conserva un’impostazione più tradizionale.


ENG

The establishment of the thema decidendum and thema probandum

The establishment of the thema decidendum and thema probandum is a crucial step in civil proceedings, as it precisely defines the subject of the dispute and the facts to be proven. This phase ensures the proper conduct of the adversarial process and guides the evidentiary investigation, preventing uncertainties and inefficiencies. In canon law, litis contestatio serves a similar function by establishing the terms of the case and binding the parties and the judge to the subsequent decision. While civil proceedings have integrated technological tools to enhance efficiency, canon law maintains a more traditional framework.

Sommario: 1. Premessa; 2. L’udienza ex art. 183 c.p.c.; 2.1 Le possibili questioni di rito; 2.2 La trattazione della causa; 3. La litis contestatio; 3. 1 Definizione; 3.2 Normativa; 4. Confronto simultaneo tra le diverse modalità di trattazione della causa; 5. Conclusione.

1. Premessa

Nel panorama del processo civile, la determinazione del thema decidendum e del thema probandum costituisce un momento di fondamentale importanza, in quanto segna il passaggio dall’impostazione iniziale della controversia alla sua trattazione nel merito. Questa fase, che si inserisce all’interno dell’udienza ex art. 183 c.p.c., assume un ruolo essenziale per garantire un dibattito processuale ordinato e ben definito, evitando dispersioni e permettendo alle parti di articolare le proprie ragioni in modo chiaro e coerente. In questa sede, infatti, vengono stabiliti non solo gli aspetti giuridici rilevanti della causa (thema decidendum), ovvero le questioni su cui il giudice sarà chiamato a pronunciarsi, ma anche gli elementi probatori che dovranno essere oggetto di verifica (thema probandum).

Il Legislatore ha sempre attribuito grande rilievo a questa fase, riconoscendole la funzione di filtro per evitare che nel corso del giudizio emergano questioni nuove e impreviste che potrebbero compromettere la regolarità del contraddittorio e l’efficacia dell’intero procedimento. In questa prospettiva, la recente riforma “Cartabia”, introdotta con il d.lgs. n. 149/2022, ha apportato significative modifiche mirate a rendere il processo più celere ed efficiente, eliminando inutili formalismi e razionalizzando le fasi della trattazione. Tra le principali novità vi è l’obbligo per le parti di comparire personalmente, con la possibilità che la mancata comparizione venga valutata dal giudice ai fini della decisione, secondo il disposto dell’art. 116 c.p.c.

Parallelamente, nel diritto canonico, il momento della litis contestatio riveste un’analoga funzione di delimitazione del contendere, seppur con caratteristiche peculiari legate alla natura del processo ecclesiastico. Nel sistema giuridico canonico, la litis contestatio rappresenta la fase in cui le parti e il giudice definiscono i termini della controversia e stabiliscono il quadro giuridico entro cui si svilupperà il giudizio. Questo istituto ha origini storiche profonde e ha subìto una notevole evoluzione nel passaggio dal codice piano-benedettino al codice giovanneo-paolino, trasformandosi da un semplice momento di confronto tra le parti a un vero e proprio atto giuridico con effetti vincolanti.

Il confronto tra il processo civile e il processo canonico evidenzia somiglianze e divergenze significative. Da un lato, entrambi gli ordinamenti pongono al centro l’esigenza di chiarezza e prevedibilità nella conduzione del giudizio, al fine di evitare incertezze che possano pregiudicare il diritto di difesa. Dall’altro, mentre nel processo civile la trattazione è fortemente influenzata dall’evoluzione tecnologica e dall’introduzione del processo telematico, nel diritto canonico permangono procedure più tradizionali, pur con la possibilità di future aperture verso una maggiore digitalizzazione. L’analisi comparata di questi due modelli processuali consente di cogliere le peculiarità di ciascun sistema e di riflettere su possibili miglioramenti, soprattutto in termini di efficienza e rapidità della giustizia.

2. L’udienza ex art. 183 c.p.c.

L’udienza di comparizione delle parti e la trattazione della causa risultano essere conditio sine qua non per il proseguo del rito ordinario di cognizione. L’udienza si configura come quell’”attività” in cui si concentrano una serie di verifiche da parte del giudice, all’individuazione delle questioni di rito e di merito e non per ultimo alla fissazione del thema decidendum e del thema probandum. Tali attività, che possono comprendere le tre memorie come menzionato al sesto comma dell’art. 183 c.p.c., così come all’introduzione di nova rispetto agli atti introduttivi o ad una emendatio, hanno luogo «nell’ottica di un razionale svolgimento del processo, solo se non vi siano questioni “assorbenti” di cui doversi occupare»[1], così come articolato nell’art. 183, primo comma, c.p.c.:

All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167, secondo e terzo comma, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma.

Dinanzi alla varietà di questioni da trattare è raro che nella prima udienza si svolga e si esaurisca la trattazione della causa essendo invece più frequente che si svolgano almeno due o tre udienze secondo quanto stabilito al sesto comma dell’articolo summenzionato.

In questa sede, soprattutto in ordine all’argomento in oggetto, risulta necessaria una menzione alla riforma “Cartabia” riguardo alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 149/2022[2] entrato in vigore il 1° gennaio 2023 (alcune di queste modifiche entreranno in vigore il 30 giugno 2023); tale riforma è prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.) ed è principalmente finalizzata alla riduzione dell’arretrato pendente dinanzi ai Tribunali ordinari e alla Corte d’Appello e così alla riduzione dei tempi del giudizio.

L’articolo menzionato, che esplicita l’udienza di prima comparizione delle parti e la trattazione della causa, viene a modificarsi soprattutto nell’espressione in cui si menziona che «le parti devono comparire personalmente» e che la mancata comparizione senza giustificato motivo potrà costituire un comportamento valutabile secondo quanto disposto all’art. 116 c.p.c. al comma secondo.

2.1 Le possibili questioni di rito

Spostando l’attenzione rispetto a quanto menzionato sopra, in merito alla mancata costituzione di tutte le parti entro il termine fissato per la prima udienza che porta alla quiescenza di tre mesi, riguardo alla vera e propria trattazione della causa, il giudice secondo quanto disposto all’art. 183, co. 1 c.p.c., deve verificare la regolarità del contraddittorio e pronunciare i provvedimenti di cui agli artt. 102, co. 2 c.p.c. (integrazione del contraddittorio); 164, co. 2, 3 e 5 c.p.c. (rinnovazione o integrazione della citazione); 167, co. 2, 3 c.p.c. (integrazione della comparsa di risposta a seguito della nullità nella formulazione della domanda riconvenzionale); 182 (provvedimenti in relazione alla costituzione delle parti) e 291, co. 1 c.p.c. (rinnovazione della notificazione della citazione).

Per ciò che riguarda la verifica sul regolare instaurarsi del contraddittorio, nel caso in cui uno o più convenuti non risultino ancora costituiti il giorno fissato per l’udienza, è possibile che l’attore produca nella stessa la relativa documentazione su supporto cartaceo.[3] A tal proposito è interessante distinguere i casi in cui la costituzione avvenga in formato cartaceo, secondo la tradizionale consegna in cancelleria, oppure in modalità telematica.

Nel primo caso, in cui si produca documentazione in formato cartaceo, visto che i documenti che attestano la notifica completano l’originale dell’atto già depositato in atti, gli stessi potrebbero essere depositati in formato cartaceo. È infatti opportuno che l’attore esibisca in udienza, con l’autorizzazione del giudice, la documentazione cartacea facendola così acquisire nel fascicolo cartaceo e successivamente lasciare al cancelliere l’onere di estrarne copia informatica ai fini dell’inserimento nell’apposito fascicolo informatico, come stabilito dall’art. 12 del d.P.R. n. 123/2001.

Nel secondo caso, in cui vi sia obbligo di deposito telematico e in tutti i casi in cui vi sia costituzione telematica, si potrebbe prospettare l’ipotesi secondo cui il difensore della parte già costituita, esibendo in udienza la documentazione cartacea chieda al giudice la fissazione di un termine per il deposito telematico della copia informatica che attesti la conformità all’originale; il deposito telematico potrebbe essere compiuto anche nel corso della stessa udienza. Lo stesso difensore potrebbe presentare, sempre su autorizzazione del giudice, copia informatica della suddetta documentazione su supporto informatico[4]; tale modalità è ben distinta dalla precedente in quanto in questo caso viene presentata in udienza la documentazione su un supporto che contiene la digitalizzazione dei documenti, come ad esempio smartphone, tablet, personal computer.

Il giudice, dopo aver verificato le suddette ritualità rispettivamente per la citazione e sua notificazione e per la costituzione delle parti[5], potrebbe disporre la cancellazione della causa dal ruolo in caso di tardiva costituzione di tutte le parti oppure di costituzione tardiva di una parte e mancata costituzione dell’altra.

Continuando l’analisi dell’art. 183, co. 1 c.p.c., bisogna osservare che il rinvio effettuato all’art. 182 c.p.c. dovrà intendersi come riferito al primo comma del suddetto articolo così da lasciar trasparire quale sia il potere del giudice e cioè quello di invitare le parti a completare o regolare gli atti e i documenti che egli riconosce come difettosi. In virtù di tali verifiche, tutte le volte in cui il giudice dispone il compimento, entro un termine perentorio, di un’attività, riguardo all’eliminazione di un vizio, la parte dovrà provvedere al deposito soltanto per via telematica, in quanto si tratta del deposito di un documento di una parte già costituita.

In tutti i casi summenzionati che riguardano il primo comma dell’art. 183 c.p.c., cioè nel caso in cui bisognerà provvedere alla regolarizzazione degli atti, alla sanatoria di vizi o alla chiamata in giudizio ad opera del giudice, il processo non potrà proseguire nella stessa udienza ma, secondo quanto stabilito al secondo comma del suddetto articolo, in una nuova udienza per la trattazione della causa in quanto le parti andranno a compiere quanto ordinato dallo stesso giudice.

Nell’esposizione si è fatto cenno ai provvedimenti che il giudice emana in virtù di alcuni vizi o questioni che riguardano le parti nella loro costituzione in udienza ma non si è mai posta l’attenzione sul relativo verbale che lo stesso giudice provvedere a sottoscrivere.

Nella presente trattazione si è avuto modo di sottolineare come sia per i provvedimenti del giudice, sia per i verbali di causa non vi è una norma che imponga la loro formazione quale documento informatico; per cui gli uni e gli altri possono essere redatti su supporto cartaceo o informatico.[6] Nel caso in cui si parli di verbale sottoscritto in modalità telematica, lo stesso, viene redatto direttamente dal giudice e da lui soltanto sottoscritto digitalmente attraverso la cosiddetta consolle del magistrato, «un programma multimediale che consente a questi di accedere ad una serie di funzionalità del processo civile telematico»[7] in cui vi trova un modello precompilato con tutti i dati che concernono il procedimento inseriti automaticamente dal sistema. Il modus procedendi appena illustrato vale nella condizione in cui il verbale venga redatto con modalità digitale e così trasmesso al fascicolo informatico per la sua successiva consultabilità.

Nel caso in cui il verbale sia sottoscritto in modalità cartacea e così conservato nel fascicolo corrispondente, esso sarà disponibile per la consultazione soltanto nel momento in cui il cancelliere estrarrà copia informatica dello stesso verbale inserendolo nel fascicolo apposito.[8] È bene ribadire che non vi è una disposizione che sancisca l’obbligo in capo al cancelliere di estrarre copia informatica dell’originale cartaceo ma tale attività sarà comunque compiuta ogniqualvolta essa contenga un provvedimento dato dal giudice in udienza.

In ultima istanza è possibile che il giudice emani un provvedimento successivamente all’udienza; in questo caso l’ordinanza non verrà pronunciata in udienza ma secondo quanto disposto dal primo comma dell’art. 134 c.p.c. e cioè verrà «scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, [...], del presidente». Anche in questo caso cade sul cancelliere l’obbligo di inserire tale provvedimento nel fascicolo informatico o di estrarne copia informatica se sottoscritto in modalità cartacea. La comunicazione alle parti sarà disposta esclusivamente per via telematica a meno che non sia possibile procedere per tale via per cause non imputabili al soggetto o perché sprovvisto di indirizzo PEC.

2.2 La trattazione della causa

Nell’ipotesi in cui non ci si debba necessariamente occupare di questioni di rito o se esse siano risolte così da non causare la prosecuzione del giudizio, ha luogo la trattazione e l’eventuale istruzione della causa. Ciò potrebbe avvenire sia nella prima udienza oppure in quella derivante dal rinvio secondo quanto stabilito al secondo comma dell’art. 183 c.p.c. e cioè «quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione».

In conseguenza della l. n. 80/2005[9] all’udienza è venuto meno l’obbligo della comparizione personale delle parti riguardo all’interrogatorio libero e di un possibile tentativo di conciliazione, mentre rimane la possibilità in capo al giudice istruttore di disporre che le parti compaiano personalmente in apposita udienza fissata a tale scopo, «al fine di interrogarle liberamente». Tale udienza, per l’interrogatorio libero, può essere fissata: 1) ogniqualvolta le parti ne facciano richiesta congiunta nella prima udienza o anche oltre[10], così come disposto dal combinato degli artt. 183, co. 3 e 185 c.p.c., il giudice fissa una nuova udienza nella quale «si procede all’interrogatorio libero delle parti ed al tentativo di conciliazione»[11]; 2) ogniqualvolta il giudice la ordina ex officio con provvedimento nella prima udienza o successivamente a tale momento.

Nel caso in cui si incorra nelle specificazioni appena compiute riguardo alla possibilità di comparizione personale in apposita udienza, le parti debbono essere presenti personalmente o per mezzo del loro procuratore, speciale o generale, che sia nel caso specifico a conoscenza dei fatti. A tal riguardo si ricordi che l’art. 185 c.p.c. precisa che:

La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte.

L’articolato oggi dovrà essere interpretato alla luce delle novità scaturite dalla disciplina del PCT che impone l’acquisizione degli atti endoprocessuali e dei documenti in modalità telematica.

Nel caso in cui la procura venga rilasciata su supporto cartaceo, è plausibile che: 1) la parte possa esibire in udienza la procura speciale chiedendo al giudice un termine perentorio per il successivo deposito telematico della copia informatica;[12] 2) la parte potrebbe esibire in udienza la procura e, con l’autorizzazione del giudice, depositarla nel corrispondente fascicolo cartaceo.[13] Sarà cura del cancelliere estrarre copia informatica ai fini dell’inserimento nel fascicolo informatico; 3) la parte provveda anticipatamente, prima dell’udienza, ad effettuare il deposito telematico con successiva richiesta di convalida da parte del giudice.

Va ricordato che la procura può essere consegnata anche in originale su supporto informatico; in quest’ultimo caso varranno le stesse modalità della procura rilasciata su supporto cartaceo con la variante che «ad essere depositato sarà il file .pdf nativo e che in udienza potrà essere esibita una copia analogica di cortesia dell’originale informatico»[14] da consegnare per la sua eventuale consultazione.

In virtù delle specificazioni fin d’ora evidenziate, risulta doveroso un ultimo riferimento riguardo la redazione del verbale in conseguenza dell’espletamento dell’interrogatorio libero richiesto congiuntamente dalle parti o ex officio dal giudice. Anche in questo caso, il verbale sarà redatto dal giudice tramite la consolle del magistrato; a seguito di alcune modificazioni degli articoli che riguardano il provvedimento in oggetto, il testo novellato, l’art. 126, co. 2 c.p.c., non menziona e non richiede più la sottoscrizione del verbale da parte di tutti i soggetti coinvolti ed intervenuti in udienza ma stabilisce che il cancelliere «dà loro lettura del processo verbale». Tale innovazione è riconducibile a quanto disciplinato dal PCT ovverosia che il verbale, redatto in formato di documento informatico, risulta essere sottoscritto unicamente dal giudice non potendo essere lo stesso sottoscritto dagli altri.[15]

3. La litis contestatio

In seguito alla trattazione del citato art. 183 c.p.c. riguardo l’udienza di comparizione delle parti (anche in riferimento alla recente riforma “Cartabia”) e alla sua incidenza all’interno del processo civile telematico, si rende necessaria la specificazione e la disamina dell’ultimo momento all’interno della fase introduttoria che, nell’ordinamento canonico, in seguito alla legittima presentazione del libello per parte attorea e la citazione e risposta della parte convenuta per comparire dinanzi all’organo giudiziale, vede la presenza dei tre protagonisti principali della stessa nel determinare gli estremi dell’intera attività processuale; tale momento viene definito come litis contestatio che, come si avrà modo di specificare, nella normativa attuale si configura in maniera diversa rispetto a quanto definito nella normativa del codice piano-benedettino.

L’importanza di tale attività, al decreto che formula i termini della controversia, risiede nel fatto che esso dovrà essere posto in maniera chiara in quanto ad esso il giudice dovrà rispondere per formulare la sentenza che andrà a chiudere l’intero iter processuale.[16]

3.1 Definizione

Prima di procedere all’analisi della normativa che riguarda il decreto in oggetto, è bene chiarire la sua definizione cercando di comprendere i risvolti avvenuti tra il primo Codice di Diritto Canonico e quello vigente.

Ab origine, la dottrina classica distingueva gli istituti della litis contestatio e della concordanza del dubbio; in quanto il primo istituto veniva considerato come una situazione di fatto in cui si trovava al centro la risposta del convenuto[17], mentre la concordanza del dubbio veniva riferita alla solennità dell’udienza con la quale si giungeva alla situazione di fatto soltanto nelle cause di maggiore rilievo. Tutto ciò, in effetti, rimaneva coerente con le disposizioni normative del codice piano-benedettino di cui ai cann. 1726-1728:

L’oggetto del giudizio è determinato dalla contestazione della lite, ossia opposizione del reo alla richiesta dell’attore fatta davanti al giudice per agire.

Senza alcuna solennità basta porre davanti al giudice o delegato, e inserire negli atti la richiesta e la opposizione, fissando i termini della controversia.

Nelle cause più complicate il giudice invita le parti alla determinazione degli articoli controversi per concordarne i dubbi.

A differenza di quanto detto sopra, nel nuovo codice giovanneo-paolino, i due istituti, risultano essere equivalenti in quanto nella normativa si richiama l’obbligatorietà dell’osservanza della solennità in qualsiasi causa, di minore o maggiore entità, in quanto con il decreto giudiziale si giunge a formulare i termini della controversia.[18] Altro motivo, non meno rilevante, risiede nel fatto che, sia per l’emanazione del decreto ex officio[19] sia a conclusione dell’udienza per la formulazione del dubbio, lo stesso decreto si presenta come una sorta di cooperazione tra le parti coinvolte e il giudice; questo risulta lampante nel momento in cui il giudice procede a formulare l’oggetto della controversia e lo fa dopo un’attenta analisi delle petizioni e risposte delle parti.[20]

Di seguito si porranno all’attenzione alcuni requisiti cardini che incidono nella formulazione dei termini della controversia, tra cui: la coerenza della formula del dubbio rispetto alla decisione del giudice; la cooperazione dello stesso con le parti in causa; e la definitività della formula che è contenuta nel decreto.

Il decreto con cui viene formulato il dubbio esige che esso risponda alla necessità di definire con chiarezza «i titoli giuridici che fondano la petizione e la loro coerente distinzione»[21]; ciò produce una elevata riflessione su ciò che riguardano le richieste di parte attrice e le risposte della parte convenuta. Sarà premura del giudice trovare la formula giuridicamente corretta e coerente sulla quale fondare l’intero iter processuale. È possibile che vi si trovi un cumulo di azioni e in questo la formula del dubbio determinata dovrà evitare l’incompatibilità tra esse in quanto due azioni incompatibili potranno essere formulate soltanto in forma subordinata, mentre le azioni compatibili possono ammettere la coordinazione.[22]

La coerenza, fin qui richiamata, dovrà proporsi quale garanzia di fusione tra le posizioni opposte delle parti; infatti, nelle cause più difficili «le parti devono essere convocate per concordare il dubbio o i dubbi, a cui si dovrà rispondere nella sentenza»[23] e così stabilire i termini della controversia, mentre nelle cause di nullità matrimoniale «la formula del dubbio deve determinare per quale capo o per quali capi è impugnata la validità delle nozze»[24] specificando in questo modo i vari capitoli su cui, per l’appunto, impugnare la validità del matrimonio.[25]

Si è accennato poco sopra ad un altro requisito essenziale che incide inevitabilmente nella formulazione del dubbio: la cooperazione. Essa sarà necessaria all’interno del rapporto processuale instauratosi tra giudice e parti nella causa. La cooperazione non consisterà soltanto nel porre a conoscenza del giudice la propria posizione sulla controversia ma anche nella possibilità di richiesta di una nuova formula rispetto a quella già fissata dal giudice.

Conseguenza di ciò è la notificazione del decreto da parte del giudice, concedendo alle parti il termine perentorio di dieci giorni per impugnarlo, a meno che, entrambi non si trovino d’accordo sulla formula del dubbio eventualmente espressa nell’udienza, così come normato nel can. 1513 §3 secondo cui:

Il decreto del giudice deve essere notificato alle parti, le quali, salvo che non si siano già dichiarate consenzienti, possono ricorrere entro dieci giorni al giudice perché sia mutato; la questione deve poi essere definita con decreto del giudice stesso con la massima celerità.

L’ultimo elemento sulla quale basare l’intera attività nella formulazione del dubbio è la sua definitività, in quanto esso rappresenta punctum pruriens sulla quale installare la decisione finale del giudice. Ciò implicherebbe che il decreto andrà delineandosi secondo un duplice effetto, processuale e sostanziale, e che in questa sede si prova così a sintetizzare.

Tra gli effetti processuali bisognerà ricordare che i termini della controversia stabiliti all’interno del decreto, secondo quanto stabilito nel can. 1514[26], non possono essere validamente mutati, «se non con un nuovo decreto, per causa grave, ad istanza di parte dopo aver udito le altre parti ed averne soppesato le ragioni».[27] Se ciò avviene senza i requisiti summenzionati a proposito del canone di riferimento, la sentenza sarà nulla di nullità insanabile. In questo momento processuale si apre il periodo per proporre o completare la proposizione delle prove dopo che il giudice abbia stabilito un termine di tempo adeguato[28], che potrà, discrezionalmente, essere prorogato se interviene una giusta causa e soltanto dopo aver udito le parti o la loro richiesta[29]; mentre per ciò che riguarda le cause matrimoniali si stabilisce il termine di quindici giorni così come previsto dal nuovo can. 1676n §1 in seguito alla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio “Mitis Iudex Dominus Iesus[30]. Tra gli effetti processuali è bene ricordare che in questo momento, come ultimo passaggio, inizia la decorrenza dei trenta giorni per la proposizione dell’azione riconvenzionale[31] e di sei mesi per la perenzione dall’istanza[32].

Passando agli effetti cosiddetti sostanziali, cioè quelli che si considerano prodotti al momento della proposizione della domanda, nel can. 1515 si norma che «contestata la lite il possessore di un bene altrui cessa di essere in buona fede; pertanto se è condannato a restituire la cosa, deve rendere anche i frutti dal giorno della contestazione della lite e risarcire i danni»; per cui, per tutta la durata del processo il possesso diventa illegittimo.

In ultimo, la sentenza dipenderà dal dubbio formulato all’interno del decreto del giudice, al quale dovrà porre congrua risposta.[33] Nel caso in cui la causa venga appellata[34], anche in grado di appello il dubbio dovrà essere formulato alla luce della parte dispositiva della sentenza, quindi in riferimento alla prima istanza, secondo quanto previsto dal can. 1639 §1[35].

3.2 Normativa

Dopo aver definito in maniera sistematica la nozione di litis contestatio, nell’evoluzione della dottrina e nel passaggio dal “vecchio” al “nuovo” Codice con i suoi effetti processuali e sostanziali, è bene specificare nel proseguo della trattazione la normativa che sottostà a tale attività.

La litis contestatio, quale momento in cui definire i termini della controversia relativi alla formulazione del dubbio, risulta essere necessaria per ogni tipo di cause, che siano esse contenziose[36] o penali[37], e viene richiesta in qualunque grado di giudizio[38] in cui la causa pende. La sua necessità deriva dalla stessa finalità dell’atto e cioè quella di fissare ciò che costituirà l’oggetto dell’istruttoria, del dibattimento e della decisione del giudice.[39]

Per avere un quadro completo delle norme riguardanti il decreto che definisce la formula del dubbio e che determina la litis contestatio, è necessario distinguere e analizzare le diverse ipotesi previste dai cann. 1513 e 1676n in riferimento al decreto emanato ex officio dal giudice e il decreto emanato nell’udienza per la concordanza del dubbio alla presenza delle parti.[40]

Il giudice può procedere ex officio ad emanare il decreto contenente la formula del dubbio nel caso in cui i termini della controversia siano deducibili dalle dichiarazioni delle parti; per emanare questo decreto non vi è un termine garantito ma la dottrina è propensa nell’affermare che trattandosi di cause più semplici, il giudice possa emanarlo appena abbia ricevuto le risposte del convenuto o nel successivo momento in cui scada il termine concesso al convenuto per far giungere le proprie risposte.[41] Se non viene definito nulla normativamente riguardo ai termini con cui emanare il decreto, diversamente si indicano le modalità con cui esso dovrà essere notificato all’interno del disposto del can. 1509, secondo cui:

§1 La notificazione di citazioni, decreti, sentenze, ed altri atti giudiziari deve essere fatta tramite i servizi postali o in altro modo assolutamente sicuro, osservate le norme stabilite per legge particolare. §2. Del fatto della notificazione e del modo in cui essa fu fatta deve constare agli atti.

Premesso che il canone menzionato non riporta altre modalità di notificazione del decreto emesso dal giudice se non tramite i servizi postali, la clausola «o in altro modo assolutamente sicuro» potrebbe, de iure condendo, aprire a differenti interpretazioni sulla possibilità di rendere edotte le parti sull’emissione del decreto. Nell’ipotesi appena menzionata del can. 1509, la dottrina non ravvisa la possibilità di applicare quanto disposto dal can. 1513 §1 e cioè dispensare dal notificare il decreto quando le parti siano consenzienti; resta conveniente procedere alla trasmissione della notifica informando così le parti della possibilità di ricorrere presso lo stesso giudice entro i dieci giorni utili dall’emissione del decreto. Nel caso in cui le parti stabiliscano di procedere al ricorso, il giudice dovrà procedere expeditissime, divenendo perciò inappellabile secondo quanto stabilito dal can. 1629, 5[42].

Questa stessa procedura veniva utilizzata allo stesso modo per le cause di nullità matrimoniale ma, dopo l’entrata in vigore della lettera apostolica “Mitis Iudex Dominus Iesus” sulla riforma del processo riguardanti le nullità matrimoniali, il Vicario giudiziale, dopo aver ricevuto il libello, lo ammette e ordina che venga notificato alle parti dando loro il termine perentorio di quindici giorni per esprimere la loro posizione processuale, secondo quanto disposto dal can. 1676n §1. Trascorso tale termine, «dopo aver nuovamente ammonito, se e in quanto lo ritenga opportuno, l’altra parte a manifestare la sua posizione», lo stesso Vicario con proprio decreto procede a determinare la formula del dubbio e stabilisce se la causa debba proseguire con il processo ordinario o con il processo brevior; tale decreto sarà successivamente notificato alle parti e al difensore del vincolo. Se la causa dovesse proseguire secondo le regole del processus brevior, il Vicario nello stesso decreto con cui formula il dubbio, nomina «l’istruttore e l’assessore e citi per la sessione, da celebrarsi a norma del can. 1686 non oltre trenta giorni, tutti coloro che devono parteciparvi» secondo quanto stabilito dal can. 1685n.[43]

Spostando l’attenzione sull’udienza per la concordanza del dubbio[44], nelle cause che necessitano di maggiore attenzione, il giudice è tenuto a convocare le parti e così giungere all’udienza per la litis contestatio che sarà stabilita in forma di dubbio; ciò accade specie quando dalle manifestazioni delle parti si evince una particolare complessità nell’individuazione dei termini della controversia. Anche in questo caso la normativa non indica un termine per la celebrazione dell’udienza per la concordanza ma la dottrina è unanime nell’affermare che essa debba celebrarsi con la massima celerità. Si ricorda che la concordanza del dubbio riguarda la determinazione e la fissazione dei motivi giuridici per la quale si chiede la nullità e sui quali bisognerà indagare; infatti, la formula del dubbio determinerà «la materia che deve essere oggetto d’indagine»[45] e sulla quale successivamente si andrà a redigere la sentenza. Il giudice, nell’udienza cercherà di trovare un accordo tra le parti sulla formulazione del dubbio, secondo il disposto del can. 1513, e che dichiarerà esso stesso con decreto a conclusione dell’udienza; nel caso in cui non si giunga ad una convergenza per la formulazione, il giudice dovrà comunque stabilire la formula emettendo apposito decreto.

Nelle ipotesi di cui sopra, in cui cioè si sia proceduto con l’udienza per la concordanza della formula del dubbio, il decreto del giudice dovrà essere notificato alle parti «salvo che non si siano già dichiarate consenzienti»[46]; esso sarà notificato anche quando nell’udienza una parte, nonostante la legittima convocazione, non si sia presentata per la sessione. Le parti potranno «ricorrere entro dieci giorni al giudice perché sia mutato»[47] e la questione sarà definita con decreto dello stesso giudice expeditissime.

In ultima istanza è utile confermare quanto la dottrina già innumerevoli volte ha potuto lucidamente esporre circa l’utilità della concordanza del dubbio. In effetti essa si pone come un tassello utile in quanto «manifestazione definitiva della volontà contenziosa delle parti»[48] specie quando il libello non venga notificato alla parte convenuta insieme al decreto di citazione; l’udienza per la concordanza risulterà quindi primo momento in cui si porteranno a conoscenza della parte convenuta i fatti che andranno a costituire materia del processo così da renderla edotta sul proprio esercizio del diritto e dovere di collaborazione con l’amministrazione della giustizia.

4. Confronto simultaneo tra le diverse modalità di trattazione della causa

Dovendo delineare un confronto simultaneo tra le diverse modalità di trattazione della causa tra il processo civile e il processo canonico si ricordi che, per entrambi gli ordinamenti, la suddetta trattazione, diviene condicio sine qua non per il corretto proseguo del processo al fine di giungere a quella che sarà la decisione del giudice sulla controversia.

Andando ad analizzare i diversi momenti che compongono la trattazione in funzione comparativa, ci si accorge delle incongruenze che sono relative ad una specifica attività del giudice: i provvedimenti, il verbale per parte civile, il decreto per parte canonica.

All’interno del processo civile, specie dopo l’avvento del processo telematico non si ravvisa nessuna norma a favore o che imponga al giudice la formazione del verbale d’udienza come documento informatico, come invece succede per i già menzionati atti endoprocessuali; nonostante questa prima specifica, il giudice è assistito dalla cosiddetta consolle del magistrato, cioè «un programma multimediale che consente a questi di accedere ad una serie di funzionalità del processo civile telematico»[49] in cui vi trova un modello precompilato con tutti i dati che concernono il procedimento inseriti automaticamente dal sistema. Tale programma “coadiuva” il giudice nella compilazione di quello che sarà il verbale di udienza e che successivamente andrà inserito nel fascicolo informatico; oltre a ciò, si sottolinea che lo stesso giudice potrà, a sua discrezione, compilare il verbale in modalità cartacea, seguendo in questo senso il doppio binario informatico/cartaceo, ma a ciò corrisponderà il dovere esclusivo ed imprescindibile del cancelliere di estrarre copia informatica dello stesso per il suo deposito nell’apposito fascicolo.

Riguardo a quanto detto sul processo civile telematico, non si ravvisa invece per i decreti emanati dal giudice nell’ordinamento canonico in quanto oltre a non essere menzionato normativamente l’uso di altri apparecchi per la sua redazione se non la consueta modalità cartacea, quale focus per l’intero ordinamento, non esiste in dottrina nessun riferimento ad altre modalità.

A ciò si deve aggiungere quanto normato all’interno del can. 1509 §1 riguardo al modo con cui vengono notificati tutti gli atti alle parti; la norma di riferimento specifica che «la notificazione di citazioni, decreti, sentenze, ed altri atti giudiziari deve essere fatta tramite i servizi postali o in altro modo assolutamente sicuro, osservate le norme stabilite per legge particolare».

Tale norma, all’apparenza, secondo il giudizio di chi scrive, rifiuta qualsiasi altra modalità se non quella dei «servizi postali»; ma a ben vedere oltre alle «norme stabilite per legge particolare», che esulano da quello che è considerato diritto universale, lo stesso canone menziona un’espressione carica di modernità e che, de iure condendo, potrebbe aprire a numerose interpretazioni circa la possibilità, in primis per la dottrina e più in generale per l’intero ordinamento canonico, di porre in essere l’utilizzo di altre modalità, oltre a quelle cartacee, che sono già di ausilio al processo civile e che in questa sede si è cercato di portare a conoscenza.

Tale espressione, «o in altro modo assolutamente sicuro», potrebbe configurarsi come strumento concreto in cui instillare nelle coscienze dei tribunali, e dei giuristi in generale, l’animus del cambiamento o meglio di un possibile riallineamento con le linee guida già messe in opera dalla comunità civile.[50]

5. Conclusione

La fissazione del thema decidendum e del thema probandum si configura come un passaggio imprescindibile per il corretto svolgimento del processo civile, rappresentando il punto di riferimento per l’intera attività istruttoria e decisionale del giudice. Attraverso questa fase, il contenzioso viene delineato in modo preciso, evitando che il giudizio si trasformi in un percorso incerto e privo di una direzione ben definita. L’evoluzione normativa e l’introduzione del processo civile telematico hanno contribuito a rendere più strutturato e razionale questo momento, anche se permangono margini di discrezionalità che consentono al giudice e alle parti di adattare il procedimento alle specifiche esigenze del caso concreto.

La recente riforma “Cartabia” si inserisce in questo quadro con l’obiettivo di snellire le tempistiche processuali e ridurre l’arretrato giudiziario, introducendo misure volte a responsabilizzare maggiormente le parti e a incentivare la risoluzione anticipata delle controversie. In questo contesto, la previsione di memorie integrative e la possibilità di introdurre nova in fase di trattazione consentono una maggiore flessibilità, sebbene con limiti ben definiti per evitare abusi e rallentamenti nel procedimento.

D’altra parte, nel diritto canonico, la litis contestatio conserva la sua centralità come momento di cristallizzazione della controversia e di definizione del quadro giuridico entro cui si svilupperà il processo. L’attenzione posta sulla coerenza della formula del dubbio e sulla necessità di una stretta collaborazione tra le parti e il giudice testimonia la volontà di garantire un processo equo e fondato su una rigorosa analisi dei presupposti giuridici. Tuttavia, a differenza del processo civile, il sistema canonico mantiene una struttura più rigida e meno influenzata dalle innovazioni tecnologiche, sebbene alcuni spazi per l’uso di strumenti digitali inizino a emergere.

Nel confronto tra questi due ordinamenti, emerge chiaramente la necessità di bilanciare formalismo e flessibilità, al fine di garantire un processo che sia al contempo rispettoso delle regole procedurali e capace di adattarsi alle esigenze di efficienza e rapidità della giustizia moderna. La sfida per il futuro sarà quella di trovare un equilibrio tra queste due esigenze, sfruttando le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica senza compromettere le garanzie fondamentali del diritto di difesa. Solo attraverso un costante aggiornamento normativo e una visione lungimirante sarà possibile costruire un sistema processuale capace di rispondere efficacemente alle necessità di una società in continua evoluzione. 


Note e riferimenti bibliografici

[1] V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 635.

[2] REPUBBLICA ITALIANA, Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, XXXVIII (2022), 243, del 17 ottobre 2022.

[3] «Basti pensare al caso in cui la notificazione dell’atto di citazione sia stata richiesta nelle forme tradizionali oppure nei confronti di convenuto non residente né domiciliato in Italia. In questi casi può accadere, ad esempio, che l’attore (se costituitosi in forma cartacea con la c.d. velina) abbia interesse a far acquisire in giudizio l’originale dell’atto notificato con le unite relate o a depositare gli avvisi di ricevimento di cui all’art. 149 c.p.c.» in una Nota di V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 636.

[4] Riguardo al deposito in udienza su supporto cartaceo si veda M. GRADI, Le prove, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 493 in cui si specifica che il deposito telematico «è da ritenersi una soluzione preferibile rispetto al deposito cartaceo, in considerazione dei successivi adempimenti del cancelliere, il quale è tenuto ad inserire nel fascicolo informatico una copia digitale dei documenti analogici prodotti e che vedrebbe agevolato il suo compito».

[5] Cfr. V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 633-634.

[6] Cfr. A. BUONAFEDE, Il fascicolo informatico, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 196-201; cfr. E. MANZO, Gli atti processuali, in IVI, 170-174.

[7] V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 638-639.

[8] «Contenendo il verbale un provvedimento del magistrato, la copia per immagine in formato .pdf deve essere sottoscritta digitalmente dal cancelliere ai sensi dell’art. 16, comma 3, provvedimento DGSIA 16 aprile 2014 salva comunque la possibilità di ritenere la copia conforme all’originale anche se priva della sottoscrizione del cancelliere» in una Nota di V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 639.

[9] REPUBBLICA ITALIANA, Legge 14 maggio 2005, n. 80, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Supplemento ordinario, CXI (2005), 91, del 14 maggio 2005.

[10] Così come sostenuto in G. BALENA, G. COSTANTINO, La riforma (della riforma) del processo civile. Note a prima lettura sulla l. 28 dicembre 2005, n. 263, in Il Foro italiano, CXXIX (2006), 2, 59-70.

[11] V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 642.

[12] Sulla richiesta di autorizzazione in udienza con successivo deposito telematico si veda M. GRADI, Le prove, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 491-492 in cui sussiste «la possibilità di mostrare al giudice in udienza una copia cartacea del documento che si intende depositare e chiedere al magistrato la fissazione di un termine per il deposito autorizzato di uno o più documenti, che potranno essere inviati telematicamente alla cancelleria con una autonoma nota autorizzata di deposito».

[13] Sul deposito cartaceo in udienza previa autorizzazione del giudice si veda M. GRADI, Le prove, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 492-493 in cui si precisa che il documento cartaceo «sarà dunque acquisito al fascicolo cartaceo, mentre il cancelliere avrà cura di realizzare copia informatica per immagine del medesimo, da inserire nel fascicolo informatico ai sensi dell’art. 14 delle regole tecniche e dell’art. 15 delle specifiche tecniche. [...] questa possibilità sarebbe ammessa soltanto quando il documento serva allo svolgimento di un’attività che il giudice deve necessariamente svolgere in udienza».

[14] V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 643.

[15] Sui verbali di causa si veda A. BUONAFEDE, Il fascicolo informatico, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 196-201 in cui rispetto alla citata consolle del magistrato e alla sua non sottoscrizione da parte di tutti i soggetti, «la previsione in esame, [...] dispone che ove vi siano altri intervenuti, il cancelliere si limiti a dare loro lettura del verbale, innovazione che ha una portata generale, non essendo circoscritta unicamente al verbale digitale, ma estendendosi anche alle ipotesi in cui esso sia redatto su supporto cartaceo».

[16] Per una riflessione più ampia si veda R. COLANTONIO, La litis contestatio, in P. A. BONNET, C. GULLO (curr.), Il processo matrimoniale canonico. Nuova edizione riveduta e ampliata, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994, 491-538.

[17] La dottrina antecedente al Codice del 1917 ribadiva che «nell’ordinario processo canonico, l’“obiectum seu materia iudicii” risulta stabilito in modo definitivo allorché il convenuto risponde all’attore, avanti al giudice, “animo litigandi” (can. 1726 c.i.c.), sicché, inserendo agli atti di causa la domanda dell’attore e la risposta del convenuto, “constet qua de re agatur seu quinam sint controversiae termini” (can. 1727 c.i.c.). Il momento della litis contestatio assume particolare importanza quando la domanda attrice non sia chiara, né semplice, o la risposta del convenuto sia piena di difficoltà, onde il giudice cita le parti allo scopo di “concordare il dubbio”, ossia “ad rite definiendos controversiae articulos” (can. 1728 c.i.c.)» in F. FINOCCHIARO, Litispendenza (dir. can.), in Enciclopedia del diritto, XXIV, 899-900.

[18] «La formula con cui il giudice fissa il dubbio rappresenta, il criterio cui deve indefettibilmente orientarsi l’attività giudiziale nel suo insieme. Tuttavia l’attività istruttoria deve essere condotta con riferimento esclusivo ai “termini della controversia” cos’ intesi, e proprio ad essi, e soltanto ad essi, il giudice deve dare risposta nella sentenza. [...] Bisogna dunque asserire che il principio ben noto in forza del quale deve esservi esatta corrispondenza tra il “chiesto” e il “pronunciato”, trova il suo equivalente formale nella necessaria esatta corrispondenza tra il dubbio formulato all’inizio della causa e la risposta che il giudice gli dà nell’atto conclusivo della causa stessa» in J. LLOBELL, Ancora sulla modifica “ex officio” del decreto di concordanza del dubbio, in Ius Ecclesiae, XVII (2005), 3, 752.

[19] Cfr. M. J. ARROBA CONDE, C. IZZI, Pastorale giudiziaria e prassi processuale nelle cause di nullità del matrimonio. Dopo la riforma operata con il Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, 98-99.

[20] Cfr. M. J. ARROBA CONDE, Diritto processuale canonico, Ediurcla, Roma 2020, 419-420.

[21] Ivi, 420.

[22] Cfr. G. MARGHERITA, Il processo telematico nell’ordinamento canonico. Prospettive comparatistiche degli atti introduttivi con il processo civile telematico e i possibili riscontri nello ius canonicum, Marcianum Press, Venezia 2024.

[23] Can. 1513 §2 CIC ‘83.

[24] Can. 1676 §5 CIC ‘83.

[25] Sul punto si veda G. ERLEBACH, Il “capo di nullità” secondo la giurisprudenza della Rota Romana, in Quaderni dello Studio Rotale, XIX (2009), 131-162.

[26] Sul punto si veda G. P. MONTINI, Alcune questioni in merito al can. 1514, in Periodica de re canonica, XCII (2003), 2, 305-358.

[27] «La formula del dubbio può bensì essere variata durante il corso del giudizio, come ammette il can. 1514, norma che trova il suo equivalente nell’art. 136 della DC; ma ciò deve farsi, ove occorra, mediante la pronuncia di un nuovo decreto di concordanza del dubbio, integrativo o eventualmente sostitutivo di quello originario, oltre che ex gravi causa, ad instantiam partis et auditis reliquis partibus earumque rationibus perpensis. Per fissare correttamente il dubbio il giudice deve attenersi alla domanda, contenuta nel libello, che la parte attrice gli ha rivolto» in J. LLOBELL, Ancora sulla modifica “ex officio” del decreto di concordanza del dubbio, in Ius Ecclesiae, XVII (2005), 3, 752.

[28] Can. 1516 CIC ’83 - Contestata la lite, il giudice stabilisca alle parti un congruo spazio di tempo per proporre e completare le prove.

[29] Can. 1465 CIC ’83 - §2 I termini giudiziari e convenzionali invece, prima della loro decadenza, possono essere prorogati dal giudice intervenendo una giusta causa, udite le parti o a loro richiesta, ma non possono essere mai validamente ridotti, senza il consenso delle parti.

[30] Can. 1676n CIC ’83 - §1 Ricevuto il libello, il Vicario giudiziale, se ritiene che esso goda di qualche fondamento, lo ammetta e, con decreto apposto in calce allo stesso libello, ordini che una copia venga notificata al difensore del vincolo e, se il libello non è stato sottoscritto da entrambe le parti, alla parte convenuta, dandole il termine di quindici giorni per esprimere la sua posizione riguardo alla domanda. Cfr. M. J. ARROBA CONDE, C. IZZI, Pastorale giudiziaria e prassi processuale nelle cause di nullità del matrimonio. Dopo la riforma operata con il Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, 99.

[31] Can. 1463 CIC ’83 - §1 Le azioni riconvenzionali non possono essere validamente poste, se non entro trenta giorni dalla avvenuta contestazione della lite. §2 Le medesime siano poi giudicate insieme all’azione convenzionale, cioè in pari grado con essa, a meno che non sia necessario giudicarle separatamente o il giudice lo abbia ritenuto più opportuno.

[32] Can. 1520 CIC ’83 - Se nessun atto processuale sia posto dalle parti per sei mesi, senza che vi si opponga alcun impedimento, l’istanza va in perenzione. La legge particolare può stabilire altri termini per la perenzione.

[33] Can. 1611 CIC ’83 - La sentenza deve: 1) definire la controversia discussa avanti al tribunale, dando una congrua risposta ai singoli dubbi; [...].

[34] In riferimento alla concordanza del dubbio nel secondo grado di appello si veda G. MARAGNOLI, Alcune note su: cumulo di capi di domanda, “assorbimento” di un capo in un altro e concordanza del dubbio nel secondo grado di giudizio delle cause di nullità del matrimonio, in Ius Ecclesiae, XIX (2997), 1, 191-202.

[35] «Nel grado di appello non può essere ammessa una nuova causa petendi, neppure sotto forma di cumulazione per ragioni di utilità; pertanto la contestazione della lite può riferirsi esclusivamente alla conferma o alla riforma della prima sentenza in tutto o in parte».

[36] Cfr. cann. 1513, 1661, 1693, 1710 CIC ’83.

[37] Cfr. cann. 1723, 1728 CIC ’83.

[38] Can. 1640 CIC ’83 - Nel grado d’appello si deve procedere allo stesso modo che in prima istanza, con gli opportuni adattamenti; ma, se non si debbano eventualmente completare le prove, si addivenga alla discussione e alla sentenza immediatamente dopo la contestazione della lite fatta a norma dei cann. 1513, §1 e 1639, §1.

[39] Cfr. M. J. ARROBA CONDE, Diritto processuale canonico, Ediurcla, Roma 2020, 423.

[40] «Con l’avvenuta contestazione della lite o concordanza del dubbio la domanda giudiziale è passata ad un duplice vaglio del giudice: l’ammissione del libello introduttorio della lite (c. 1505) e l’acquisizione della posizione dell’altra parte (cc. 1507-1508). In tal modo la domanda giudiziale cessa di avere la precarietà di una mera richiesta di parte per assumere un’ufficialità [...], che è dovuta al processo cui è sottoposta» in G. P. MONTINI, Alcune questioni in merito al can. 1514, in Periodica de re canonica, XCII (2003), 2, 308.

[41] In riferimento alla modifica ex officio del decreto di concordanza del dubbio si veda Coram SERRANO RUIZ, decisio diei 23 Ianuarii 2004, Reg. Insubris seu Mediolanen.

[42] «Non si dà luogo all’appello: 5) contro una sentenza o un decreto in una causa nella quale il diritto stabilisce si debba definire la questione con la massima celerità».

[43] Cfr. M. J. ARROBA CONDE, C. IZZI, Pastorale giudiziaria e prassi processuale nelle cause di nullità del matrimonio. Dopo la riforma operata con il Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, 98-99.

[44] Per uno sguardo d’insieme si veda P. MONETA, La determinazione della formula del dubbio e la conformità della sentenza nell’istr. “Dignitas connubii, in Ius Ecclesiae, XVIII (2006), 2, 418 in cui si specifica l’opportunità «di tenere un’apposita udienza per concordare (come può in tal caso propriamente dirsi) il dubbio può emergere anche dalle risposte che le parti facciano pervenire al tribunale dopo la notificazione del primo decreto (in cui il preside, già propone una formula dubii): in tal caso il giudice, anziché determinare d’ufficio il dubbio, convoca con decreto le parti ad intervenire ad un’udienza fissata a questo scopo. Il decreto di determinazione del dubbio emesso a conclusione dell’udienza deve essere notificato alle parti non intervenute. Anche contro di esso è ammesso ricorso al collegio giudicante nel termine di dieci giorni, purché le parti, nel corso dell’udienza stessa, non abbiano espresso il loro consenso alla formula fissata».

[45] Art. 160 DC.

[46] Can. 1513 §3 CIC ’83.

[47] Ibidem.

[48] M. J. ARROBA CONDE, Diritto processuale canonico, Ediurcla, Roma 2020, 426.

[49] V. BERTOLDI, I processi di cognizione di primo grado, in G. RUFFINI (cur.), Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Giuffrè, Milano 2019, 638-639.

[50] La Corte dei Conti ha evidenziato come «la forte implementazione dell’informatica giudiziaria a fronte dell’emergenza sanitaria che ha colpito il Paese nei primi mesi del 2020, abbia avuto ricadute positive anche per tutti quei giudizi caratterizzati da intrinseca urgenza e quindi ritenuti non sospendibili. Infatti, il rinvio d’ufficio delle udienze e la sospensione dei termini processuali disposti sin dall’inizio dell’emergenza dal d.l. n. 11/2020 e replicati a più riprese dai successivi decreti-legge dell’emergenza, si sono affiancati alla necessità della trattazione delle cause urgenti o per le quali la ritardata trattazione può arrecare pregiudizio alle parti, nonché l’esigenza di ridurre e regolamentare l’accesso ai Tribunali, anche consentendo depositi di atti in via telematica o udienze da remoto» ed in questo si ravvisa come la società civile tenga ad implementare una più ferrea regolamentazione all’interno dei tribunali stessi cercando in questo modo di ridurre gli stessi tempi giudiziari. CORTE DEI CONTI. Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, Obiettivi di efficientamento e risultati conseguiti dall’introduzione del processo civile telematico (2016-2020), Deliberazione 22 dicembre 2022, n. 53/2022/G, in URL: < https://www.corteconti.it/Download?id=7e5e4f7f-91ab-429f-b0cb-2380d74e94c6 >.

 

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Coram SERRANO RUIZ, decisio diei 23 Ianuarii 2004, Reg. Insubris seu Mediolanen.