Pubbl. Mar, 9 Feb 2016
Forme di lavoro flessibili: il Job on call
Modifica paginaDisciplina e aspetti applicativi del Job on call (o contratto di lavoro intermittente o a chiamata), alla luce del D.lgs. 15 Giugno 2015 n. 81 sul riordino dei contratti di lavoro.
Con l’intento di assecondare i mutamenti socio-economici, incrementare i livelli di produttività e contrastare la disoccupazione, soprattutto tra le fasce deboli del mercato (donne, giovani e anziani), il legislatore italiano ha introdotto, nei primi anni del decennio passato, alcune forme contrattuali flessibili.
Il job on call (o contratto di lavoro intermittente o a chiamata) nasce con la Legge Biagi (d.lgs. n. 276/2003), sulla falsariga dell’esperienza anglosassone e con l’obiettivo precipuo di contrastare le crescenti preoccupazioni occupazionali.
Servendosi di questo particolare strumento contrattuale, infatti, il datore di lavoro può rivolgersi al lavoratore ed esigerne la prestazione “all’occorrenza”, modulando la richiesta in base alle proprie esigenze.
Che il contratto in esame abbia natura subordinata, si evince dal fatto che l’organizzazione e la direzione della prestazione lavorativa rientrano nella piena disponibilità del datore.
Non solo. La Giurisprudenza di legittimità ha ricordato, in svariate occasioni, che i caratteri di discontinuità, saltuarietà ed occasionalità della prestazione non escludono la natura subordinata della stessa quando connessi allo svolgimento di mansioni per le quali rileva il coordinamento con gli altri dipendenti e l’assoggettamento del lavoratore alle direttive specifiche del datore di lavoro (Cassazione Civile sent. n. 58/2009), come avviene, difatti, nel lavoro a chiamata.
La legge prevede due distinte forme di lavoro intermittente.
Può, infatti, aversi un contratto tra le parti con obbligo di disponibilità, in base al quale, mediante l’apposizione di una clausola accessoria, il lavoratore è obbligato a restare a disposizione del datore di lavoro se e quando quest’ultimo lo richiede; in tali casi è riconosciuta al lavoratore una indennità mensile di disponibilità.
Qualora, invece, si opti per un contratto a chiamata senza obbligo di disponibilità, il lavoratore non ha il dovere di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, essendo libero di rifiutare la prestazione offerta.
L’attuale disciplina del job on call si rinviene negli artt. 13 – 18 del Decreto Legislativo n. 81/2015 attuativo del Jobs Act, il quale ha confermato integralmente quanto disposto in materia dalla Legge Biagi.
Invero, il decreto legislativo suddetto reca la disciplina organica di riordino dei contratti di lavoro e, mantiene inalterato, nel caso che ci occupa, l’impianto originario del lavoro intermittente, introducendo ben poche modifiche significative.
L’art. 13 definisce il contratto di lavoro intermittente come “il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell´arco della settimana, del mese o dell´anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.”
Il contratto in esame può essere stipulato per l’utilizzo con giovani di età inferiore a 24 anni, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, ovvero con lavoratori con più di 55 anni.
Ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi, dello spettacolo e della moda (settori in cui, peraltro, è più frequente il ricorso a questa tipologia contrattuale) il contratto di lavoro intermittente e´ ammesso, per ciascun lavoratore con lo stesso datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell´arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. Solo in quest’ultimo caso, al lavoratore spetta l´indennità di disponibilità di cui all´articolo 16 dello stesso decreto.
Il job on call non è utilizzabile per i lavoratori alle dipendenze della P.A. ed è, altresì, vietato il ricorso allo stesso, in alcune ipotesi espressamente previste dall’art. 14 del decreto, ossia:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si e´ proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell´orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
- ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Per quanto attiene ai requisiti formali, il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta solo ai fini della prova di alcuni elementi quali:
- durata ed ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell´articolo 13;
- luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore ad un giorno lavorativo;
- trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
- forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l´esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;
- tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
- misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Fatte salve le previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro e´ tenuto a informare con cadenza annuale le RSA e le RSU sull´andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
Quanto invece all’indennità mensile di disponibilità - che trova un riferimento normativo nell’art. 16 del D.lgs de quo -, la misura della stessa, divisibile in quote orarie, e´ determinata dai contratti collettivi e non e´ comunque inferiore all´importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Resta chiaro che in caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata il lavoratore e´ tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell´impedimento, durante il quale non matura il diritto all´indennità di disponibilità.
Qualora non provveda alla comunicazione immediata, il lavoratore perde il diritto all´indennità per un periodo di quindici giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.
L’indennità di disponibilità non rileva ai fini del calcolo per il TFR, né per la determinazione della tredicesima o degli altri emolumenti assimilati.
La Suprema Corte di Cassazione, circa la disponibilità del lavoratore, ha chiarito, con un recente arresto, che “a fronte del potere unilaterale del datore di lavoro di fissare le modalità temporali della prestazione pattuita, la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, pur non potendosi equiparare a lavoro effettivo, deve, comunque, trovare adeguato compenso, tenendo conto di un complesso di circostanze a tal fine significative, quali l´incidenza sulla possibilità di attendere ad altre attività, il tempo di preavviso previsto o di fatto osservato per la richiesta di lavoro "a comando", l´eventuale quantità di lavoro predeterminata in misura fissa, la convenienza dello stesso lavoratore a concordare di volta in volta le modalità della prestazione. (Cassazione civile, sez. lav., 05/11/2014, n. 23600)
Come avviene per le altre forme di lavoro flessibile, anche in questa ipotesi il legislatore ribadisce il principio di non discriminazione, nella variante di "riproporzionamento" in relazione al trattamento economico e normativo.
Il lavoratore intermittente, infatti, non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l´importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale.
Infine, per concludere l’analisi sugli aspetti tecnici del job on call, il datore di lavoro deve effettuare, oltre alla comunicazione obbligatoria pre-assuntiva, anche una comunicazione amministrativa prima di ogni chiamata del lavoratore. Sulla scorta di quanto disposto dal Decreto ministeriale D.M.27/03/2013 entrato in vigore in data 3.7.2013), infatti, prima dell´inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata mediante il nuovo modello “UNI-Intermittente” da compilarsi esclusivamente tramite strumenti informatici.
In concreto, il modello in questione può essere trasmesso:
- via e-mail all´indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) appositamente creato;
- tramite il servizio informatico reso disponibile sul portale www.cliclavoro.gov.it;
- con un SMS contenente almeno il codice fiscale del lavoratore: tale modalità, tuttavia, è utilizzabile solamente in caso di prestazione da rendersi entro le 12 ore dalla comunicazione;
- tramite FAX indirizzato alla DTL competente ma solamente in caso di malfunzionamento dei sistemi informatici; in tal caso il datore o il suo consulente devono conservare, ai fini della prova, la comunicazione di malfunzionamento del sistema. La comunicazione a mezzo fax è valida alle condizioni sopra descritte, anche qualora la ricezione non sia stata possibile per cause imputabili alla DTL (previa esibizione della relativa ricevuta di trasmissione).