RCD


Attendere prego, caricamento pagina...
L´autonomia del diritto nucleare e i suoi principi distintivi nel panorama internazionale ed europeo
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 17 Apr 2025

L´autonomia del diritto nucleare e i suoi principi distintivi nel panorama internazionale ed europeo

Modifica pagina

Italo Guagliano
AvvocatoUniversità degli Studi della Calabria



La recente riapertura italiana all’energia nucleare pone sfide giuridiche rilevanti e rilancia il dibattito sull’autonomia del diritto nucleare. Il contributo analizza storicamente e criticamente l’evoluzione dottrinale che ha condotto al riconoscimento di questa autonomia, approfondendo il ruolo centrale dei principi giuridici elaborati in sede internazionale ed europea per la gestione sicura e sostenibile delle tecnologie nucleari.


ENG

The autonomy of nuclear law and its distinctive principles in the international and european context

Italy’s recent return to nuclear energy raises significant legal challenges and renews the debate on the autonomy of nuclear law. This paper historically and critically analyses the doctrinal evolution leading to the recognition of such autonomy, examining the central role of international and European legal principles in ensuring the safe and sustainable management of nuclear technologies.

Sommario: 1. Evoluzione storica e dibattito dottrinale sull’autonomia del diritto dell’energia nucleare; 2. La dimensione internazionale e comunitaria del diritto nucleare; 3. Profili critici e posizione dottrinale sull’autonomia del diritto nucleare; 4. I principi del diritto dell’energia nucleare: premessa introduttiva; 4.1, Il principio di safety; 4.2. Il principio di security; 4.3. Il principio di responsabilità; 4.4. Il principio di autorizzazione; 4.5. Il principio di compensazione; 4.6. Il principio dello sviluppo sostenibile; 4.7. Il principio di indipendenza; 4.8. Il principio di cooperazione internazionale; 4.9. Il principio di trasparenza; 5. Conclusioni.

1. Evoluzione storica e dibattito dottrinale sull’autonomia del diritto dell’energia nucleare.

La recente approvazione della cosiddetta "mozione nucleare" da parte della Camera dei Deputati nel maggio 2023[1] rappresenta una significativa inversione di tendenza nel panorama energetico italiano, segnando un chiaro riavvicinamento del Paese all'energia nucleare. Tale scelta si inserisce coerentemente nel percorso già tracciato dall'Unione Europea con l'inclusione del nucleare nella tassonomia verde e il suo riconoscimento nel quadro del Net-Zero Industry Act (NZIA). Il documento parlamentare, infatti, impegna il governo italiano a esplorare le potenzialità dell'energia nucleare di ultima generazione come fonte pulita e sicura, contribuendo così a raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei e internazionali di neutralità climatica entro il 2050. Tuttavia, questa rinnovata apertura pone numerose sfide dal punto di vista giuridico, che spaziano dalla ripartizione delle competenze istituzionali agli iter autorizzativi, dalla gestione della sicurezza nucleare alla necessità di un'efficace partecipazione pubblica. In questo complesso scenario, il diritto dell'energia nucleare assume un ruolo centrale, essendo chiamato a definire il quadro normativo entro il quale dovranno muoversi le istituzioni e i diversi attori coinvolti.

La crescente attenzione verso la possibile reintroduzione dell’energia nucleare nel mix energetico italiano, infatti, solleva interrogativi significativi non solo riguardo agli aspetti ambientali, ma anche in relazione all’adeguatezza del quadro normativo volto a disciplinare questo settore. In un contesto in cui le scelte energetiche rivestono un ruolo cruciale per la sostenibilità e la sicurezza nazionale, il diritto dell’energia nucleare emerge come una disciplina di crescente interesse, incaricata di regolamentare i processi, gli iter autorizzativi e le regole comportamentali da osservare nello svolgimento delle attività nucleari, nonché determinare il livello di partecipazione pubblica nelle decisioni relative alla sua adozione[2].

Le radici storiche del diritto nucleare risalgono alla fine del XIX secolo, con la scoperta delle reazioni nucleari da parte di Henri Becquerel, seguita dalle fondamentali ricerche di Pierre e Marie Curie e di Ernest Rutherford, che hanno rivelato le caratteristiche della radioattività e dei nuclei atomici[3]. Queste scoperte non solo hanno aperto nuove prospettive scientifiche, ma hanno anche portato alla necessità di affrontare i rischi intrinseci associati alla manipolazione dei materiali radioattivi.

L’emergere dell’energia nucleare come risorsa sia civile che militare, con le prime applicazioni pratiche durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha ulteriormente evidenziato l'urgenza di sviluppare un quadro normativo adeguato per gestire i potenziali pericoli e le implicazioni etiche e sociali. In dottrina è stato evidenziato come, d’altronde, l’introduzione del diritto nucleare sia stata motivata proprio dalla necessità di bilanciare i benefici derivanti dall’utilizzo delle tecnologie nucleari con la prevenzione dei loro effetti nocivi[4]. La nascita di un corpus normativo specifico, a partire dalle prime regolamentazioni internazionali degli anni '50 e '60, rappresentò una risposta diretta a tali sfide. Queste normative gettarono le basi per un sistema giuridico finalizzato non solo a regolare la costruzione e l’esercizio delle installazioni nucleari, ma ad affrontare anche le questioni relative alla responsabilità civile, alla sicurezza pubblica, e alla protezione ambientale.

Sin dai suoi albori, il diritto nucleare ha mostrato una peculiare capacità di adattarsi rapidamente ai progressi scientifici e tecnologici, introducendo norme specifiche per garantire la sicurezza e la sostenibilità delle attività nucleari: in tal senso, il primo aspetto che appare opportuno analizzare riguarda la possibilità che il diritto dell’energia nucleare identifichi un settore autonomo del diritto[5]. Sin dagli anni ’60, infatti, l’esistenza di un quadro normativo specifico per l’uso pacifico dell’energia nucleare ha attirato l’interesse della dottrina, portando diversi accademici a sostenere che il diritto nucleare costituisse una nuova e distinta branca del diritto.

Tale dibattito è stato influenzato non solo dall’importanza economica, strategica e politica dell’industria nucleare, ma anche dalla circostanza che le numerose convenzioni internazionali concluse in tale ambito hanno introdotto, come si vedrà, una serie di principi distintivi, tali da fornire al diritto dell’energia nucleare una propria ratio, rappresentata dalla necessità di bilanciare adeguatamente i benefici che derivano dall’utilizzo di tale tecnologia e i rischi alla stessa connessi[6].

Senza pretesa di esaustività, vale la pena evidenziare come il dibattito dottrinale sull’autonomia del diritto nucleare abbia una lunga storia e abbia visto il contributo di numerosi studiosi. Werner Boulanger, uno dei primi studiosi ad affrontare la questione, fu il primo a sostenere che il diritto nucleare, integrando elementi di diritto pubblico e privato sia a livello nazionale sia internazionale, costituisse una branca autonoma del diritto. Questa autonomia, secondo Boulanger, derivava dalla necessità di regolamentare un settore tecnologico unico e intrinsecamente rischioso, attraverso un corpus normativo specifico in grado di integrare aspetti e istituti di diritto amministrativo, costituzionale, penale e civile, creando così un corpus coeso che andava oltre la semplice somma delle sue parti[7]. E d’altronde, in linea con questa prospettiva, la dottrina francese utilizza la metafora dello “specchio ingrandente” per evidenziare come il diritto nucleare amplifichi i principi e gli istituti di altre branche del diritto quando applicati al contesto nucleare: in tal senso viene descritto come un diritto “d’emprunt”, che, quindi, prende in prestito norme da altre aree del diritto. Secondo Pontier, però, il diritto nucleare non si limiterebbe ad accrescere gli istituti provenienti da altre branche del diritto: egli, utilizzando la metafora dello “specchio deformante” sottolinea, invece, come il diritto nucleare all’occorrenza modifichi gli istituti giuridici degli altri settori e li modelli, adattandoli alle esigenze uniche della regolamentazione nucleare. Tale doppia funzione, di specchio ingrandente e deformante, conferirebbe al diritto nucleare una posizione distintiva, permettendogli di emergere come una disciplina autonoma che, pur radicata in altre aree del diritto, sviluppa una propria identità normativa[8].

Tuttavia, appare opportuno evidenziare che questa prospettiva incontrò opposizioni, specialmente in contesti come l'Unione Sovietica, dove parte della dottrina contestò l'approccio di Boulanger, sostenendo che l’unificazione del diritto nucleare in un'unica branca fosse teoricamente insostenibile e forzata, poiché espressione del tentativo di coniugare sistemi giuridici eterogenei, come quelli socialista e capitalista, che possedevano approcci fondamentalmente diversi alla regolamentazione delle tecnologie nucleari, e negando che le peculiarità normative del diritto nucleare fossero sufficienti a giustificarne l’autonomia, vedendole piuttosto come estensioni specializzate di altre discipline giuridiche già esistenti[9]. Successivamente, il pensiero dottrinale ha ampliato il proprio quadro di analisi, contestualizzando l'autonomia del diritto nucleare nel più ampio processo di autonomizzazione delle nuove branche giuridiche, emerse in risposta alla rivoluzione tecnico-scientifica del XX secolo. In tal senso, è stato evidenziato come il diritto nucleare, similmente al diritto dell’ambiente, si sia sviluppato come risposta alla necessità di regolamentare tecnologie altamente rischiose e globalmente interconnesse, le cui implicazioni travalicano i confini nazionali e richiedono un coordinamento internazionale, acquisendo una coerenza interna e una struttura normativa complessa, tale da giustificare la sua separazione dalle altre branche del diritto, pur mantenendo un dialogo costante con esse, specialmente in materia di protezione ambientale[10].

In anni più recenti, il dibattito sull’autonomia del diritto nucleare ha intersecato la più ampia riflessione sul diritto dell’energia in generale, la cui esatta definizione rimane attualmente oggetto di discussione. Nel 1996, Adrian Bradbrook definì il diritto dell’energia come «the allocation of rights and duties concerning the exploitation of all energy resources between individuals, between individuals and the government, between governments and between states»[11]. Tuttavia, l’evoluzione tecnologica e la transizione energetica in atto hanno portato parte della dottrina a sostenere la necessità di una revisione dei confini e della definizione stessa del diritto dell’energia[12]. È stato, d’altronde, evidenziato come, mentre alcune discipline come il diritto ambientale hanno visto consolidarsi i propri caratteri e principi nel corso di diversi decenni, il diritto dell’energia continua a soffrire di una mancanza di definizione chiara e condivisa[13].

Le difficoltà di stabilire principi unificanti per il diritto dell’energia è, inoltre, complicata dai tentativi di frammentare ulteriormente tale disciplina: in dottrina, infatti, diversi Autori hanno proposto di individuare, in materia di energia, autonomi settori normativi, quale ad esempio la c.d. lex petrolea per il settore petrolifero[14]. In tale contesto, parte della dottrina ha evidenziato come, mentre il diritto dell’energia si trova ancora a confrontarsi con la necessità di una precisa definizione e delimitazione, il diritto dell’energia nucleare si sia affermato come un sistema normativo autonomo, in contrasto con tentativi meno riusciti di segmentazione del diritto dell’energia in aree come la lex petrolea e la lex mineralia, le quali non hanno ricevuto simile consenso accademico[15].

2. La dimensione internazionale e europea del diritto nucleare.

A differenza di altre branche del diritto dell'energia, il diritto nucleare si distingue per l'esistenza di un quadro giuridico internazionale particolarmente rigoroso e complesso, regolato da convenzioni internazionali elaborate spesso sotto l'egida di organizzazioni come l’AIEA (l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica). Tale complesso quadro normativo ha portato alla creazione di un corpus di regole che non solo si discosta dalle norme di altri settori normativi, ma che si fonda su principi giuridici propri, sviluppati appositamente per regolare l'uso delle tecnologie nucleari. Le convenzioni internazionali in materia, infatti, stabiliscono standard per la sicurezza delle installazioni nucleari e per la gestione delle emergenze nucleari, disciplinano la responsabilità civile per i danni da esse derivanti, obbligano gli Stati Contraenti a introdurre nei propri ordinamenti fattispecie di reato per garantire la sicurezza del materiale e del combustibile nucleare, rafforzando la percezione del diritto nucleare come una disciplina autonoma che si è sviluppata per far fronte a rischi unici, non comparabili con quelli di altre industrie energetiche.

L'AIEA, oltre a fungere da depositaria di molte di queste convenzioni[16], ha, inoltre, lanciato un vasto programma di assistenza legislativa per aiutare gli Stati membri a implementare tali convenzioni nei propri ordinamenti giuridici nazionali. Tale programma, che include workshop, attività di formazione e consulenza, ha contribuito in modo significativo alla creazione di un quadro normativo internazionale armonizzato, facilitando l’adozione di standard comuni tra gli Stati[17].

In questo contesto, la pubblicazione del Handbook on Nuclear Law, ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per la codificazione dei principi giuridici che regolano il settore nucleare, che saranno analizzati nel prosieguo, fornendo inoltre una definizione di diritto nucleare dalla quale possono evincersi i caratteri che ne individuano l’autonomia[18]. La definizione di diritto nucleare contenuta nel Handbook on Nuclear Law indentifica infatti tale disciplina come «l’insieme di norme giuridiche speciali formulate per regolare la condotta delle persone fisiche e giuridiche che svolgono attività relative ai materiali fissili, alle radiazioni ionizzanti e connesse con l’esposizione a sorgenti naturali di radiazioni». Da tale definizione è possibile individuare una serie di caratteri che ne evidenziano l’autonomia rispetto ad altre branche del diritto: in primo luogo, viene chiarito come il diritto nucleare si componga di norme giuridiche speciali, in ragione della particolare natura della tecnologia nucleare. Inoltre, esso adotta un approccio rischio-beneficio che mira a bilanciare le opportunità di sviluppo offerte dall’energia nucleare con la necessità di minimizzare i rischi per la salute e la sicurezza pubblica. Dalla definizione si evince, inoltre, come tale disciplina si caratterizzi ulteriormente per l’ampiezza dei soggetti regolati, che spaziano dagli enti gestori delle centrali agli enti commerciali, accademici, scientifici e di governo fino a ricomprendere i singoli individui. Infine, la radioattività, come elemento distintivo, giustifica l’esistenza di un regime giuridico autonomo, necessario per affrontare le sfide uniche poste dalla gestione e dal controllo delle tecnologie nucleari[19].

Parallelamente, anche la Nuclear Energy Agency (NEA), istituita nel 1957, ha ricoperto un ruolo cruciale nello sviluppo del diritto nucleare a livello internazionale: il Comitato di Diritto Nucleare della NEA ha, infatti, contribuito in modo decisivo all’armonizzazione delle normative in materia di sicurezza nucleare e responsabilità civile, fornendo un forum per la discussione e la modernizzazione dei regimi giuridici che regolano le attività nucleari. La NEA ha, inoltre, promosso la creazione di un corpus dottrinale attraverso la pubblicazione sin dal 1968 del Nuclear Law Bulletin e l’istituzione della International School of Nuclear Law nel 2000. Questi strumenti hanno permesso la formazione di una nuova generazione di giuristi specializzati nel diritto nucleare, contribuendo alla standardizzazione e alla diffusione delle conoscenze in questo ambito[20]. Anche in questo caso, secondo parte della dottrina, verrebbe rafforzata l’idea che il diritto nucleare non possa essere ridotto a un mero sottoinsieme del diritto dell’energia, ma rappresenti una branca autonoma del diritto, con regole e principi propri[21].

Un ulteriore elemento valorizzato dalla dottrina al fine di affermare l'autonomia del diritto nucleare è rappresentato dal ruolo svolto da Euratom, la Comunità Europea dell'Energia Atomica, istituita con il Trattato di Roma del 1957. Il sistema normativo europeo in materia di energia nucleare copre diversi aspetti della regolamentazione nucleare, tra cui la sicurezza delle installazioni nucleari, la protezione dalle radiazioni ionizzanti e la gestione dei rifiuti radioattivi. A differenza delle convenzioni internazionali promosse dall'AIEA, che si concentrano principalmente sulla gestione dei rischi associati all'uso pacifico dell'energia nucleare, Euratom è stata istituita con l'obiettivo di accelerare lo sviluppo dell'industria nucleare: tale obiettivo è stato perseguito attraverso la promozione della ricerca nucleare, la diffusione delle informazioni, il sostegno agli investimenti, la creazione di imprese comuni e l'istituzione di un mercato nucleare comune. Il quadro normativo istituito da Euratom comprende regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni, coprendo in particolare la protezione radiologica, la sicurezza nucleare, la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, nonché misure di salvaguardia e sicurezza applicate alle informazioni nel settore nucleare. Inoltre, Euratom svolge un ruolo peculiare garantendo un enforcement delle regole sorte in campo internazionale in materia nucleare, mediante le note caratteristiche dell’ordinamento comunitario[22].

3. Profili critici e posizione dottrinale sull’autonomia del diritto nucleare.

Si può, quindi, evidenziare come la regolamentazione delle attività nucleari si sia sviluppata attraverso un quadro normativo complesso, costituito da convenzioni internazionali, normative nazionali, e soft law, concepito per rispondere alle specificità e ai rischi unici del settore nucleare. Tale sistema giuridico, secondo la dottrina maggioritaria, ha consolidato il diritto nucleare come una disciplina autonoma, capace di affrontare sfide derivanti dalle note problematiche legale al nucleare. Appare comunque opportuno evidenziare come, nonostante la sua autonomia, il diritto nucleare non può essere considerato isolato, ma piuttosto interconnesso con altre branche del diritto, in particolare con il diritto ambientale: quest'ultimo ha, infatti, fortemente influenzato il diritto nucleare attraverso l'introduzione di principi propri e la promozione della trasparenza e della partecipazione pubblica. La cosiddetta "pollinizzazione controllata" tra diritto nucleare e ambientale ha arricchito entrambe le discipline, contribuendo a un regime normativo più robusto e multidimensionale. Tale complementarietà, come si avrà modo di approfondire nel prosieguo, emerge non solo nella condivisione di strumenti giuridici comuni, ma anche nella convergenza verso obiettivi simili: garantire che le attività nucleari siano condotte in modo sicuro e sostenibile, proteggendo sia il pubblico che l'ambiente.

Nonostante questo ampio riconoscimento, la visione dell’autonomia del diritto nucleare non è comunque priva di critiche: Jean-Marie Rainaud, ad esempio, ritiene che, pur essendo specializzato, il diritto nucleare non raggiunga l’autonomia di una disciplina giuridica a sé stante, rappresentando un’estensione applicativa di principi generali del diritto internazionale e amministrativo, piuttosto che di un corpus normativo autonomo e coerente[23]. Questa posizione, tuttavia, appare riduttiva. La specificità delle norme che regolano le attività nucleari, la loro capacità di affrontare rischi unici e le complessità transfrontaliere, dimostrano come il diritto nucleare non sia semplicemente un’applicazione di principi esistenti, ma una disciplina autonoma con propri principi e regole distintive[24]. È, infatti, proprio nell’analisi di tali principi che emerge con chiarezza la capacità del diritto nucleare di affrontare le sfide specifiche del settore, confermandone la natura autonoma e la rilevanza nel panorama giuridico contemporaneo.

4. I principi del diritto dell’energia nucleare: premessa introduttiva.

La dottrina prevalente, come si è avuto modo di affermare, individua l’autonomia del diritto nucleare nell’esistenza di principi specifici, concepiti per regolamentare l’uso pacifico dell’energia nucleare e rispondere alle particolari esigenze di questo settore, tenendo conto dei suoi rischi specifici, della complessità tecnologica e delle implicazioni transfrontaliere[25]. Tali principi, sebbene originariamente formalizzati a livello internazionale, sono stati progressivamente integrati nei sistemi giuridici nazionali e nell’ordinamento comunitario, grazie soprattutto all’apporto dell’AIEA e alla ratifica di convenzioni come la Convenzione di Vienna sulla Sicurezza Nucleare del 1994[26].

L’AIEA, attraverso pubblicazioni come il già citato Handbook on Nuclear Law, ha svolto un ruolo centrale nel definire tali principi, che costituiscono attualmente il fondamento normativo della regolamentazione nucleare. Il carattere transfrontaliero dei rischi e la complessità tecnologica dell’energia nucleare richiedono, infatti, un sistema giuridico multilivello, che contempla norme vincolanti, come le convenzioni, e strumenti di soft law, elaborati sotto l’egida dell’AIEA e di Euratom, per garantire una tutela adeguata della salute pubblica, della sicurezza e dell’ambiente[27]. È, quindi, proprio attraverso l’analisi di tali principi che emerge la natura autonoma del diritto nucleare: come si vedrà, infatti, ogni principio risponde a specifiche esigenze di sicurezza, responsabilità e cooperazione internazionale, delineando un quadro normativo che si adatta alle particolarità del settore. I principi del diritto nucleare, infatti, non solo garantiscono una regolamentazione efficace, ma forniscono anche le basi per un sistema capace di evolvere in risposta ai continui sviluppi tecnologici e alle nuove sfide da essi derivanti. Di seguito, si procederà con l’esame di ciascun principio, a partire dal principio di safety[28], considerato il perno fondamentale dell’intera disciplina, rinviando al prosieguo della trattazione le modalità attraverso le quali tali principi sono stati applicati nella normativa internazionale, comunitaria e nazionale[29].

4.1.   Il principio di safety.

Il principio di safety costituisce la base del diritto nucleare, imponendo agli Stati di adottare misure specifiche per prevenire incidenti che possano mettere in pericolo la salute pubblica e l’ambiente[30]. In tal senso, la prima codificazione del principio è presente all’interno della Convenzione sulla Sicurezza Nucleare del 1994[31], che sancisce l’obbligo per gli Stati di adottare e mantenere standard di sicurezza rigorosi per proteggere la popolazione e l’ambiente dalle potenziali conseguenze derivanti delle attività nucleari. Tali standard sono costantemente implementati da norme di soft law, elaborate principalmente dall’AIEA e dalla NEA[32] e alle quali fa spesso riferimento la normativa derivata Euratom. La sicurezza nucleare, intesa come sicurezza operativa, non riguarda solo il funzionamento sicuro degli impianti, ma interessa tutte le fasi del ciclo di vita delle installazioni nucleari, dalla progettazione alla disattivazione, dovendo essere garantito un monitoraggio continuo dei materiali utilizzati e l’adozione di tecnologie per la gestione dei rischi e si applica anche in settori come la medicina e l’industria, che utilizzano materiali e combustibili radioattivi, grazie all’elaborazione di linee guida specifiche da parte dell’AIEA, rafforzando un approccio globale e coordinato alla sicurezza.

Secondo la dottrina, all’interno del principio di safety si colloca il principio di prevenzione, che implica l’obbligo di effettuare un’attenta valutazione dei rischi e l’adozione di misure proattive per evitare eventi potenzialmente dannosi, ogni qualvolta sia coinvolta la tecnologia nucleare[33]. Poiché i rischi nucleari hanno una portata e una gravità eccezionali, il principio di prevenzione impone l’adozione di barriere di sicurezza multiple, piani di emergenza e misure di contenimento per minimizzare le possibilità di incidenti. A supporto di queste misure, sono previsti sistemi di monitoraggio e controllo, volti a identificare precocemente qualsiasi segnale di anomalia nelle operazioni nucleari. La prevenzione si basa anche sulla formazione e sulla preparazione continua del personale, nonché sull’obbligo di seguire rigidi protocolli operativi nello svolgimento di tutte le attività connesse al funzionamento della centrale o alla gestione del materiale radioattivo.

La dottrina considera[34], inoltre, come principio complementare al principio di safety il principio di protezione, il quale si fonda sull’idea che ogni sistema regolatorio debba cercare un equilibrio tra i rischi e i benefici e che, in caso di conflitto, la protezione della salute pubblica, della sicurezza e dell’ambiente prevalga su altri interessi. Se tale bilanciamento risulta impraticabile, il diritto nucleare prevede, quindi, che l’azione normativa e quella delle autorità di regolamentazione favorisca la protezione[35].

Il safety principle occupa un ruolo centrale nel diritto nucleare anche in considerazione dei recenti progressi tecnologici e delle nuove esigenze emerse nel settore, La crescente domanda di gestione dei processi di decommissioning degli impianti nucleari, spesso motivati da scelte economiche o politiche, e la necessità di garantire una gestione sicura dello stoccaggio e dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, hanno portato all’adozione, nel 1997, della Convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi[36]. Tale convenzione ha, infatti, stabilito standard di sicurezza minimi per la gestione dei rifiuti a livello mondiale, affermando la responsabilità degli Stati nella tutela e nel controllo dei rifiuti radioattivi generati sul proprio territorio. Le modalità di gestione dei rifiuti radioattivi sono, inoltre, state al centro del dibattito circa il rispetto del principio di responsabilità intergenerazionale nell’ambito dei processi produttivi dell’energia nucleare[37]. Parallelamente, la safety nucleare è considerata un requisito essenziale anche per la regolamentazione delle nuove tecnologie nucleari da poco in sviluppo, come gli SMR (small modular reactors), che presentano sfide inedite in termini di sicurezza e richiedono l’applicazione rigorosa dei principi di prevenzione e protezione per affrontare i relativi rischi emergenti[38]

Nel contesto dell'Unione Europea, il principio di safety ha trovato applicazione tramite la Direttiva 2009/71/Euratom, che stabilisce un quadro comune per garantire la sicurezza nucleare delle installazioni civili. Tale direttiva impone agli Stati membri di istituire e mantenere quadri normativi nazionali che assicurino la supervisione indipendente delle attività nucleari e l'adozione di standard elevati per prevenire rischi. Essa attribuisce agli operatori la responsabilità primaria per la sicurezza delle installazioni nucleari, ma sottolinea anche il ruolo fondamentale delle autorità di regolamentazione, che devono essere dotate delle risorse e dell’autonomia necessarie per svolgere efficacemente il proprio mandato. La direttiva delinea, inoltre, i principi cardine per la gestione del rischio, includendo l’obbligo di effettuare valutazioni periodiche della sicurezza e di promuovere una cultura della sicurezza a livello organizzativo.

4.2.  Il principio di security.

Il principio di security è volto a prevenire e contrastare i rischi legati a un utilizzo non autorizzato o illecito dei materiali e delle tecnologie nucleari. La tecnologia nucleare, le cui origini risalgono ai programmi militari sviluppati in diversi Stati, ha da sempre posto interrogativi cruciali sulla sicurezza, estendendosi ben oltre l'ambito delle applicazioni civili[39]. Questa eredità storica, combinata con i potenziali pericoli di deviazione verso scopi non pacifici, richiede un sistema normativo specifico per affrontare le minacce derivanti dagli usi impropri che potrebbero compromettere la sicurezza globale[40].

La possibilità che i materiali nucleari, i combustibili o le sorgenti radioattive vengano smarriti, abbandonati o sottratti rappresenta un rischio significativo, sia per la salute pubblica che per l’ambiente; tali materiali, d’altronde, se acquisiti da gruppi criminali, potrebbero essere utilizzati per produrre dispositivi di dispersione radiologica o per la proliferazione di esplosivi nucleari[41]. Tali rischi hanno reso necessario la costruzione di un framework normativo multilivello, finalizzato a garantire la protezione fisica dei materiali nucleari e a prevenirne l’uso non autorizzato. Il quadro normativo internazionale in questo ambito si basa principalmente sui c.d. sistemi di safeguards, elaborati e implementati dall’AIEA[42]. Questi strumenti sono stati concepiti per verificare che gli Stati rispettino gli obblighi assunti con il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT) del 1968, il quale, sancisce il duplice obiettivo di impedire la proliferazione di armi nucleari e di promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare[43]. Lo Statuto dell’AIEA conferisce all’Agenzia il compito di garantire che i materiali e le tecnologie nucleari forniti agli Stati non vengano utilizzati per scopi militari, autorizzandola a istituire e amministrare un sistema di safeguards articolato in tre funzioni principali: accountancy, contenimento e sorveglianza, e ispezione. Le misure di accountancy richiedono agli Stati di dichiarare all’AIEA i tipi e le quantità di materiali fissili sotto il loro controllo, fornendo un quadro trasparente delle risorse nucleari disponibili; il contenimento e la sorveglianza si realizzano attraverso l’applicazione di sigilli sui contenitori di materiali nucleari e l’utilizzo di sistemi di monitoraggio continuo, quali registrazioni video, per prevenire movimenti non autorizzati; le ispezioni, condotte dagli ispettori dell’AIEA, verificano l’accuratezza delle dichiarazioni degli Stati e assicurano che non vi siano materiali non dichiarati o attività illecite. Questa disciplina, inizialmente formalizzata nel documento INFIRC/153, costituisce il modello normativo che ha ispirato tutti i successivi trattati relativi alle misura di safeguards e rappresenta una significativa limitazione della sovranità degli Stati, giustificata dalla necessità di preservare la sicurezza internazionale[44].

Parallelamente, un ruolo centrale nell’ambito del principio di security è svolto dalla protezione fisica dei materiali nucleari, principalmente regolata dalla Convenzione sulla protezione fisica del materiale nucleare del 1979[45], il primo strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale in questo ambito[46]. La Convenzione stabilisce l’obbligo per gli Stati aderenti di prevedere misure per prevenire, accertare e punire i reati connessi all’uso improprio di materiali e tecnologie nucleari e promuove una cooperazione internazionale mirata a rafforzare la protezione fisica lungo tutta la filiera. L’importanza di questo strumento è stata ulteriormente ampliata con l’adozione di un emendamento alla Convenzione, che ha esteso le sue disposizioni non solo al trasporto internazionale di materiali nucleari, ma anche alla protezione delle installazioni nucleari stesse[47]. Nel medesimo anno dell’adozione dell’emendamento, è stata, inoltre, adottata la Convenzione Internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare[48], che ha segnato un passo avanti verso la codificazione di un diritto penale nucleare internazionale[49]. Questa convenzione stabilisce, infatti, obblighi specifici per gli Stati nella prevenzione e repressione degli atti terroristici che coinvolgono materiali nucleari o sorgenti radioattive, imponendo l’adozione di misure per garantire che tali materiali non cadano nelle mani di attori non statali. Questi strumenti, insieme, rappresentano il quadro giuridico per affrontare le minacce emergenti, assicurando che la sicurezza nucleare rimanga una priorità globale e che siano adottate misure preventive efficaci contro ogni possibile abuso di materiali o tecnologie nucleari.

4.3.  Il principio di responsabilità.

La complessità del settore nucleare, che coinvolge numerosi attori, richiede innanzitutto una chiara definizione di chi sia il principale responsabile per la sicurezza dell’impianto. Il principio di responsabilità identifica l’operatore dell’impianto nucleare – ossia il titolare della licenza – come unico soggetto su cui ricade l’onere primario di garantire che le attività nucleari siano svolte nel rispetto delle norme di sicurezza, protezione ambientale e sicurezza radiologica[50]. Tale principio è stato codificato per la prima volta all’interno della Convenzione sulla Sicurezza Nucleare del 1994, che attribuisce agli Stati contraenti l’obbligo di garantire che la responsabilità per la sicurezza di un impianto nucleare spetti al titolare della licenza pertinente[51].

Successivamente, il principio è stato ribadito nella Convenzione Congiunta del 1997 in materia di sicurezza del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi[52] e ulteriormente rafforzato nel diritto derivato dell’Euratom, che ne prevede l’applicazione sia in materia di sicurezza nucleare sia nella gestione dei rifiuti radioattivi.[53]. La centralità del titolare della licenza come unico responsabile riflette un’esigenza di semplificazione giuridica, evitando l’estensione della responsabilità ad altri soggetti potenzialmente coinvolti nell’attività nucleare, come costruttori, fornitori o progettisti, concentrando il rischio giuridico su un unico soggetto, l’operatore. Inoltre, il principio di responsabilità è strettamente legato al principio di compensazione, che, come verrà discusso più avanti, attribuisce al titolare della licenza la responsabilità esclusiva per i danni derivanti dalle attività nucleari svolte presso l’impianto sotto la sua gestione.

4.4 Il principio di autorizzazione.

Il principio di autorizzazione, noto anche come permission principle, costituisce un ulteriore elemento centrale del diritto nucleare, volto a regolamentare le attività che implicano l’uso di materiali e combustibili nucleare. Sulla base di tale principio, è previsto che ogni attività identificata come potenzialmente rischiosa in ambito nucleare sia preventivamente autorizzata dalle autorità competenti[54]. La sua applicazione viene ritenuta necessaria per garantire che tali attività siano svolte in conformità agli standard di sicurezza, protezione ambientale e prevenzione dei rischi. Il principio di autorizzazione impone, quindi, che la normativa nazionale identifichi le attività o le installazioni che necessitano di autorizzazione e distingua da queste ultime quelle che possono esserne esentate qualora i rischi siano considerati trascurabili.

La Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994, in proposito, obbliga le Parti contraenti a introdurre un sistema di autorizzazioni per le installazioni nucleari, vietando il funzionamento di tali installazioni in assenza di un’autorizzazione valida[55]. Anche una volta concessa l’autorizzazione, il principio di autorizzazione richiede che l’autorità regolatoria mantenga un controllo continuo sulle attività autorizzate, per assicurarsi che siano svolte in sicurezza, in conformità con i termini della licenza e nel rispetto delle normative applicabili; ciò implica che le autorità regolatorie debbano avere libero accesso ai luoghi in cui vengono utilizzati e conservati materiali nucleari, al fine di verificare la conformità e prevenire eventuali violazioni. In tal senso, infatti, la Convenzione sulla sicurezza nucleare prevede che le Parti contraenti istituiscano un quadro giuridico che includa un sistema di ispezioni e di valutazioni periodiche delle installazioni nucleari; tale sistema deve prevedere la possibilità di applicare misure sanzionatorie, quali la sospensione, la modifica o la revoca delle licenze, qualora necessario per garantire la sicurezza[56].

Il principio di autorizzazione, come si vedrà nel prosieguo, è strettamente collegato all’indipendenza delle autorità regolatorie: la Convenzione sulla sicurezza nucleare richiede, infatti, che le decisioni delle autorità regolatorie in ambito nucleare siano libere da interferenze di enti coinvolti nella promozione o nell’uso dell’energia nucleare e, a tal fine, le Parti contraenti devono garantire una separazione efficace tra le funzioni regolatorie e quelle relative alla promozione e all’utilizzo dell’energia nucleare, fornendo alle autorità regolatorie risorse umane, finanziarie e tecniche adeguate per adempiere ai propri compiti.

4.5. Il principio di compensazione.

La necessità di un regime giuridico specifico per affrontare le conseguenze derivanti dagli incidenti nucleari è emersa sin dalle prime fasi dello sviluppo della tecnologia nucleare: la peculiarità dei rischi connessi alle attività nucleari, caratterizzati da una potenziale dimensione transfrontaliera e dalla natura cumulativa e latente dei danni da radiazioni ionizzanti, ha portato la comunità internazionale a riconoscere l’inadeguatezza dei regimi nazionali in materia di responsabilità civile nel fornire una regolamentazione adeguata a tali specificità[57]. Tale consapevolezza ha condotto all’adozione della Convenzione di Parigi del 1960, stipulata nell’ambito dell’Agenzia per l’Energia Nucleare dell’OCSE[58], e della Convenzione di Vienna del 1963, promossa dall’AIEA[59]. Entrambi i trattati, pur mantenendo una struttura autonoma, condividono alcuni principi fondamentali, che li discostano in modo significativo dalle normative nazionali in materia di responsabilità extracontrattuale.

Tra i principi fondamentali condivisi dai due regimi emerge innanzitutto quello relativo alla canalizzazione legale della responsabilità sull’operatore, c.d. legal channelling, che attribuisce all’operatore, ossia al titolare della licenza, la responsabilità esclusiva per i danni derivanti da un incidente nucleare relativo alla propria installazione, escludendo qualsiasi altra parte coinvolta, come costruttori, fornitori o progettisti, dalla possibilità di essere chiamata a rispondere per i suddetti danni[60]. Tale principio, sancito espressamente dall’art. 6, lett. a) e b) della Convenzione di Parigi[61], ha l’obiettivo di semplificare le procedure di risarcimento, fornendo ai soggetti lesi un interlocutore unico e riducendo la complessità derivante dall’eventuale coinvolgimento di una pluralità di soggetti. La canalizzazione legale si fonda sulla considerazione che l’operatore, in quanto titolare dell’autorizzazione per l’esercizio delle attività nucleari, sia la figura meglio posizionata per assumere tale obbligo risarcitorio, anche attraverso meccanismi di copertura assicurativa o altre garanzie finanziarie obbligatorie.

La responsabilità dell’operatore in materia nucleare è, inoltre, di carattere oggettivo: tanto la Convenzione di Parigi quanto quella di Vienna affermano, infatti, che gli operatori sono tenuti al risarcimento dei danni derivanti dalle proprie installazioni indipendentemente dalla sussistenza di dolo o colpa. Questo regime si fonda sulla correlazione tra rischio e responsabilità: l’obbligo risarcitorio dell’operatore deriva dalla pericolosità intrinseca dell’attività nucleare da lui svolta e non dalla verifica di un comportamento colposo. Tale impostazione è concepita per offrire una protezione immediata ai soggetti lesi, eliminando il tradizionale onere probatorio della colpa a carico del danneggiato.

Le due Convenzioni prevedono, inoltre, un regime di esenzioni limitate, che deroga ai classici criteri di esclusione della responsabilità, come la forza maggiore: le uniche esenzioni riconosciute riguardano eventi di carattere internazionale, come conflitti armati, o di natura politica, quali guerre civili e insurrezioni.. La disciplina della Convenzione di Vienna si distingue sul punto per una maggiore flessibilità, consentendo che l’operatore possa essere parzialmente esonerato dalla responsabilità qualora dimostri che il danno nucleare sia dipeso, in tutto o in parte, da colpa grave del danneggiato o da un atto o omissione di quest’ultimo compiuti con l’intento di provocare il danno. Tale previsione, contenuta nell’art. IV(2) della Convenzione di Vienna, attribuisce alla legislazione interna e alla valutazione del giudice competente il potere di escludere, in tutto o in parte, l’obbligo risarcitorio dell’operatore nei confronti del soggetto danneggiato.

Senza pretese di esaustività, appare opportuno evidenziare come il regime internazionale in materia di responsabilità per i danni nucleari si fondi su un sistema multilivello, che integra risorse private e pubbliche al fine di garantire un adeguato risarcimento. Alla base di tale sistema vi è, come si è appena visto, la responsabilità esclusiva dell’operatore, il quale è tenuto a garantire una copertura finanziaria adeguata attraverso un’assicurazione obbligatoria o altre forme di garanzia. Tale obbligo è sancito dall’art. 10 della Convenzione di Parigi e dall’art. 6 della Convenzione di Vienna, e mira a garantire che l’operatore disponga di risorse sufficienti per far fronte alle richieste di risarcimento derivanti da incidenti nucleari.

Inizialmente, la Convenzione di Parigi aveva fissato a 5 milioni di dollari statunitensi il limite minimo per la copertura assicurativa obbligatoria. Gli sviluppi normativi successivi, riflettendo la crescente consapevolezza della gravità dei potenziali danni, hanno, invece, innalzato significativamente questi importi: il Protocollo del 2004 alla Convenzione di Parigi[62] ha portato il minimo a 700 milioni di euro[63]. Questa copertura obbligatoria rappresenta il primo livello di compensazione nel sistema multilivello istituito per far fronte ai danni nucleari. Tuttavia, consapevoli che nei casi di incidenti di particolare gravità la sola assicurazione dell’operatore potrebbe non essere sufficiente, i regimi internazionali hanno previsto l’integrazione di fondi pubblici.

La Convenzione Supplementare di Bruxelles del 1963, adottata nell’ambito della Convenzione di Parigi, ha introdotto un sistema multilivello di risarcimento che prevede: un primo livello costituito dalla copertura assicurativa obbligatoria dell’operatore, inizialmente fissata a 5 milioni di dollari statunitensi, successivamente aumentata, come visto, a 700 milioni di euro dal Protocollo del 2004; un secondo livello alimentato da fondi pubblici messi a disposizione dallo Stato in cui è situato l’impianto responsabile, per un massimo di 500 milioni di euro (per i danni compresi fra 700 milioni e 1,200 milioni di euro)[64]; e un terzo livello, finanziato da contributi collettivi degli Stati Parte, calcolati sulla base di criteri quali il PIL e la capacità termica degli impianti nucleari, fino a un massimo di 300 di euro complessivi (per i danni compresi tra 1,200 e 1,500 milioni di euro)[65].

Parallelamente, la Convenzione sul risarcimento supplementare (CSC) del 1997 ha introdotto ulteriori meccanismi di compensazione, applicabili anche agli Stati non aderenti alle Convenzioni di Parigi o Vienna[66]. La CSC richiede che gli Stati Parte garantiscano un minimo di 300 milioni di dollari tramite risorse pubbliche, assicurazioni private o accordi regionali, prevedendo altresì un livello supplementare di contributi obbligatori per risarcire i danni transnazionali.

Questo sistema multilivello, che combina responsabilità individuale dell’operatore e solidarietà internazionale, consente di fronteggiare efficacemente anche le conseguenze degli incidenti nucleari più gravi, offrendo alle vittime un accesso garantito ai risarcimenti.

Appare, inoltre, opportuno evidenziare come nel 1988, a seguito di un’iniziativa congiunta dell’AIEA e della NEA, sia stato adottato il Protocollo congiunto relativo all'applicazione della Convenzione di Vienna e della Convenzione di Parigi (Joint Protocol Relating to the Application of the Vienna Convention and the Paris Convention)[67]. Questo strumento normativo ha rappresentato un importante passo avanti nell’armonizzazione dei due principali regimi di responsabilità civile nucleare: fino a quel momento, infatti, le due convenzioni operavano come strumenti distinti e autonomi, essendo state elaborate da organizzazioni internazionali diverse, con Stati membri spesso non sovrapponibili. Il Protocollo congiunto ha creato un collegamento tra i due regimi, mantenendo la loro indipendenza formale ma consentendo una maggiore integrazione nei casi di applicazione transfrontaliera, introducendo una disciplina specifica sulla scelta della legge applicabile, stabilendo quale delle due convenzioni debba prevalere in situazioni di conflitto. In particolare, ha previsto che gli Stati contraenti del Protocollo siano considerati come aderenti a entrambi i regimi: se, ad esempio, un incidente nucleare si verifica in uno Stato parte della Convenzione di Parigi e le vittime appartengono a uno Stato parte della Convenzione di Vienna, queste ultime avranno diritto al risarcimento secondo le disposizioni della Convenzione di Parigi, e viceversa. Tale meccanismo consente di superare le barriere normative che avrebbero potuto ostacolare la protezione delle vittime in caso di danni transfrontalieri, garantendo un’applicazione uniforme delle norme di risarcimento.

4.6.  Il principio dello sviluppo sostenibile.

Il principio dello sviluppo sostenibile[68] costituisce uno dei pilastri fondamentali del diritto nucleare, trovando in particolare specifica applicazione nelle discipline che regolano la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito. Tale principio, come noto, si fonda sull’idea che lo sviluppo economico e sociale possa essere considerato sostenibile solo se accompagnato da una tutela adeguata dell’ambiente, al fine di prevenire il degrado ambientale che altrimenti comprometterebbe la qualità della vita delle generazioni future.

Nel contesto delle attività nucleari, il principio assume una rilevanza specifica in ragione della natura intrinsecamente pericolosa di alcuni materiali fissili e delle sorgenti di radiazioni ionizzanti, i cui effetti possono manifestarsi su tempi estremamente lunghi[69]. Proprio a causa della durata prolungata della pericolosità di tali materiali, il diritto nucleare si trova a fronteggiare una sfida unica: garantire la sicurezza a lungo termine e proteggere le generazioni future, senza tuttavia precludere loro la possibilità di adottare misure migliorative in base alle conoscenze e alle tecnologie che potrebbero essere disponibili in futuro. Questa impostazione trova espressione nel Preambolo della Convenzione congiunta in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi del 1997[70], che sottolinea il principio secondo cui i rifiuti radioattivi dovrebbero essere, ove compatibile con la sicurezza della loro gestione, smaltiti nello Stato in cui sono stati generati.

Questo principio evidenzia la responsabilità primaria di ciascuno Stato nell’assicurare la sicurezza della gestione dei propri rifiuti radioattivi, limitando il trasferimento del rischio ad altre nazioni. La Convenzione prevede, inoltre, espressamente la responsabilità ultima dello Stato nell’implementazione di misure adeguate per la sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, integrando così il principio dello sviluppo sostenibile nel quadro normativo internazionale nucleare. Nell’ambito Euratom, il principio dello sviluppo sostenibile è richiamato in relazione alla distinzione tra lo stoccaggio temporaneo e lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi: la normativa europea sottolinea, infatti, che lo stoccaggio a lungo termine rappresenta una soluzione intermedia, ma non definitiva, ribadendo la necessità di costruire depositi geologici profondi per lo smaltimento finale dei rifiuti ad alta attività[71]. Tale impostazione mira a garantire che i rifiuti radioattivi siano gestiti in modo sicuro e sostenibile, riducendo i rischi per le generazioni future.

L’applicazione del principio dello sviluppo sostenibile nel diritto nucleare, tuttavia, non si limita a prescrivere misure immediate per la sicurezza a lungo termine, essa incoraggia altresì l’adozione di un approccio che non precluda le possibilità di intervento delle generazioni future, tenendo conto dell’imprevedibilità delle condizioni ambientali e tecnologiche su scale temporali così estese. Questo equilibrio implica che le decisioni prese dalla generazione attuale debbano essere tali da mitigare i rischi a lungo termine, ma senza imporre vincoli eccessivi o irrealistici che potrebbero risultare inadeguati rispetto alle conoscenze future.

Un esempio concreto dell’applicazione di tale principio alla materia nucleare è rappresentato dalla sentenza del Consiglio costituzionale francese n. 2023/1066 del 27 ottobre 2023, che ha affrontato la questione della reversibilità dello stoccaggio geologico dei rifiuti radioattivi prevista dall’art. 542-10-1 del codice dell’ambiente francese[72]. Secondo i ricorrenti, la limitazione della reversibilità a 100 anni avrebbe compromesso i diritti delle generazioni future, impedendo loro di modificare le scelte adottate qualora emergessero rischi ambientali. Il Consiglio costituzionale, pur riconoscendo l’importanza della solidarietà intergenerazionale sancita dalla Carta dell’ambiente francese, ha considerato il periodo di 100 anni come una misura sufficiente a bilanciare gli interessi delle generazioni presenti e future. Questa decisione risulta coerente con la logica di "reciprocità anticipata", proposta dall’UNESCO, che invita a considerare i diritti delle generazioni immediatamente successive come criterio operativo per la sostenibilità[73].

Anche il Regolamento UE 2022/1214 prevede espressamente che lo smaltimento geologico in profondità rappresenti la soluzione più sicura e sostenibile per la gestione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e del combustibile esaurito. Tale opzione, considerata come punto di arrivo, deve essere integrata nei programmi nazionali degli Stati membri, che rimangono responsabili delle rispettive politiche di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito, in modo da rispettare quanto previsto dall’art. 17 par. 1 lett d) del Regolamento UE 2020/852 il quale, come si è avuto modo di dire, prevede che un’attività economica possa essere ritenuta ecosostenibile solo se non reca un danno significativo e a lungo termine all’ambiente.

4.7.  Il principio di indipendenza.

Un elemento essenziale per l’adozione di un quadro normativo nazionale idoneo a disciplinare la produzione di energia nucleare è rappresentato dalla istituzione di un’autorità di regolazione, dotata di poteri e competenze tecniche necessarie per garantire che gli operatori degli impianti e gli utilizzatori di materiali nucleari operino in condizioni di sicurezza e nel rispetto dei safety standard elaborati dall’AIEA.

L’autorità di regolazione deve rispondere ad alcuni requisiti, volti a garantirne l’efficacia, l’efficienza e, soprattutto, l’indipendenza operativa. L’indipendenza dell’autorità regolatoria rappresenta un principio essenziale del diritto internazionale e comunitario in materia di energia nucleare. La Convenzione sulla Sicurezza Nucleare del 1994 e la Convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile nucleare e dei rifiuti radioattivi del 1997 sottolineano la necessità di una separazione effettiva delle funzioni regolatorie da quelle legate alla promozione o all’utilizzo dell’energia nucleare. L’articolo 8, paragrafo 2, della Convenzione sulla Sicurezza Nucleare dispone che ciascun Paese Contraente adotti misure idonee a garantire una separazione netta tra le funzioni regolatorie e quelle di qualsiasi altro ente impegnato nella promozione o nell’utilizzo dell’energia nucleare, includendo anche soggetti privati e commerciali. Allo stesso modo, l’articolo 20, paragrafo 2, della Convenzione Congiunta ribadisce l’obbligo di assicurare l’indipendenza effettiva delle funzioni regolatorie rispetto a quelle operative o gestionali[74].

Tali disposizioni sono state recepite e integrate nella normativa europea, in particolare con la direttiva 2009/71/Euratom[75]. La direttiva, che ha istituito un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti, impone agli Stati Membri di garantire la separazione funzionale delle autorità regolatorie da qualsiasi ente o organizzazione coinvolto nella promozione o nell’utilizzo dell’energia nucleare. L’articolo 5 della direttiva specifica che l’autorità regolatoria deve disporre di poteri giuridici e risorse umane e finanziarie adeguate per adempiere ai propri obblighi, attribuendo priorità assoluta alla sicurezza. Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a istituire sistemi di valutazione periodica decennale per verificare l’efficacia del quadro normativo nazionale e delle autorità regolatorie, con particolare riguardo al rispetto degli standard internazionali[76].

Tra gli aspetti fondamentali che caratterizzano l’indipendenza dell’autorità regolatoria vi è la necessità che essa possa operare senza interferenze indebite, esercitando un’autonomia decisionale che assicuri la priorità della sicurezza rispetto ad altri interessi. L’indipendenza funzionale si estende, inoltre, anche alla capacità dell’autorità regolatoria di avvalersi di consulenze tecniche esterne, come quelle fornite da università, istituti scientifici o esperti indipendenti. Tuttavia, anche in questi casi, la responsabilità ultima per le decisioni resta in capo all’autorità regolatoria, che deve possedere le competenze interne necessarie per valutare le analisi ricevute. La direttiva 2009/71/Euratom prevede, altresì, che l’autorità regolatoria abbia competenze inderogabili in materia di vigilanza e controllo e impone agli Stati membri di garantire che i regolatori dispongano di risorse finanziarie sufficienti e prevedibili per adempiere ai propri compiti. L’autonomia finanziaria, insieme alla capacità di attrarre e mantenere personale altamente qualificato, costituisce un presupposto imprescindibile per l’efficacia dell’autorità regolatoria: a tal proposito, la normativa comunitaria richiede che l’autorità sia dotata di risorse proporzionate alla complessità delle attività regolatorie da svolgere, nonché di strutture organizzative e infrastrutturali adeguate.

4.8.  Il principio di cooperazione internazionale.

Un ulteriore elemento distintivo del diritto nucleare è rappresentato dal principio di cooperazione internazionale, che impone agli Stati e alle autorità di regolamentazione di instaurare relazioni stabili con i loro omologhi a livello internazionale, nonché con le organizzazioni competenti[77]. Questo principio trova la sua origine nella natura transnazionale delle attività nucleari, che come visto comportano implicazioni complesse legate alla sicurezza, alla protezione ambientale e alla gestione dei rischi[78].

Gli incidenti nucleari, potenzialmente in grado di avere ripercussioni oltre i confini nazionali, richiedono un approccio armonizzato e programmi di collaborazione per minimizzare i pericoli per le popolazioni e l’ambiente; inoltre, l’uso di materiali nucleari comporta rischi di sicurezza che non si fermano alle frontiere nazionali, come il pericolo di attacchi terroristici, il traffico illecito di materiali sensibili e la proliferazione di armi nucleari. Queste minacce richiedono una risposta collettiva che solo la cooperazione internazionale può garantire, attraverso la condivisione di best pratices, l’adozione di normative comuni e il rispetto degli obblighi sanciti dagli strumenti giuridici internazionali.

Un ulteriore aspetto di rilievo riguarda il crescente carattere multinazionale dell’industria nucleare, che vede continui scambi transfrontalieri di materiali ed equipaggiamenti. La gestione efficace di questi flussi richiede un coordinamento tra enti pubblici e operatori privati, i quali devono essere coinvolti nelle attività internazionali pertinenti[79]. A livello pratico, il principio di cooperazione internazionale si traduce in iniziative concrete come quelle promosse dalla Western European Nuclear Regulators Association, che agevola lo sviluppo di approcci condivisi alla sicurezza nucleare e sostiene la valutazione indipendente degli standard nei paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea. Similmente, il Centro Internazionale di Scienza e Tecnologia, istituito nel 1992, ha svolto un ruolo cruciale nella prevenzione della proliferazione nucleare, offrendo ai ricercatori dell’ex Unione Sovietica opportunità di lavoro in ambiti pacifici.

Il principio di cooperazione internazionale non solo rafforza la sicurezza e la protezione ambientale, ma costituisce anche il pilastro del coordinamento globale per affrontare le sfide associate all’energia nucleare. Questo principio secondo la dottrina garantirebbe che le risposte a tali sfide siano condivise e coordinate, promuovendo un approccio collettivo per il progresso e la sicurezza nell’ambito nucleare.

4.9. Il principio di trasparenza.

Il principio di trasparenza occupa un ruolo fondamentale nel diritto nucleare contemporaneo, in quanto elemento essenziale per garantire la fiducia pubblica e la legittimazione delle attività connesse all’energia nucleare. Durante le fasi iniziali dello sviluppo nucleare, risalenti alla Seconda Guerra Mondiale, infatti, il settore era strettamente legato ai programmi militari, con un alto livello di riservatezza che riguardava sia i materiali nucleari sia le tecnologie utilizzate[80]. Tali informazioni erano considerate altamente sensibili e coperte da segreto di Stato, riflettendo il contesto politico e strategico dell’epoca. Con la progressiva transizione verso un utilizzo civile dell’energia nucleare a partire dagli anni ’60, la necessità di adottare un approccio più aperto è divenuta evidente: per promuovere l’accettazione sociale di questa tecnologia e il suo impiego per lo sviluppo economico e sociale, è stato indispensabile garantire al pubblico, ai media, ai legislatori e ad altri soggetti interessati l’accesso a informazioni esaustive sui rischi e sui benefici legati all’uso pacifico del nucleare.

Questa evoluzione ha trovato una spinta ulteriore in seguito ai disastri nucleari di Chernobyl e Fukushima, che hanno drammaticamente evidenziato l'importanza di una comunicazione trasparente e tempestiva su eventi potenzialmente dannosi per la salute pubblica e per l'ambiente. Attualmente, il principio di trasparenza si configura come un obbligo per tutte le organizzazioni coinvolte nello sviluppo, nell’utilizzo e nella regolamentazione dell’energia nucleare; esso richiede che siano rese disponibili tutte le informazioni rilevanti sul funzionamento degli impianti nucleari, sulle pratiche di gestione dei rifiuti e delle scorie radioattive, nonché sui dati relativi a incidenti o eventi eccezionali che potrebbero avere un impatto sulla sicurezza pubblica e sull’ambiente.

La trasparenza non solo favorisce un migliore controllo pubblico sulle attività nucleari, ma contribuisce anche a mitigare le percezioni di rischio e a rafforzare la legittimità delle decisioni politiche e tecniche. Nel contesto in trattazione, la trasparenza si lega strettamente al diritto all’informazione ambientale e al coinvolgimento pubblico nelle decisioni relative al nucleare.

5. Conclusioni.

L’analisi sui principi fondamentali del diritto nucleare consentono di evidenziare, come affermato in premessa, la peculiarità e la complessità di questa disciplina rispetto ad altri rami del diritto. Sebbene alcuni di questi principi, come quelli dello sviluppo sostenibile, della cooperazione internazionale o della trasparenza, trovino applicazione anche in ambiti giuridici differenti, la loro formulazione e attuazione nel contesto nucleare riflettono le specificità di questo settore. Il carattere distintivo del diritto nucleare è ulteriormente confermato dall’esistenza di un corpus normativo internazionale e nazionale altamente specializzato, sviluppatosi attraverso una serie di convenzioni internazionali che, unitamente alle normative non vincolanti adottate sotto l’egida dell’AIEA, costituiscono un insieme coerente di regole che disciplinano l’intero ciclo del combustibile nucleare e le relative attività. Questo sistema normativo, oltre a garantire coerenza sistemica, riflette l’unicità del diritto nucleare, il quale persegue l’obiettivo di bilanciare in modo armonico sviluppo tecnologico, sicurezza e protezione ambientale, consolidandosi come una disciplina autonoma[81].


Note e riferimenti bibliografici

[1] Atto Camera, Mozione 1/00083, primo firmatario A. Cattaneo, seduta n. 100,  di cui si riporta di seguito il passaggio di interesse: <<La Camera, premesso che (…) impegna il Governo ad adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea, riaffermando in sede europea una posizione unitaria volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili; al fine di assicurare al Paese la sicurezza energetica e il rapido raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, a porre in essere ogni utile iniziativa di sperimentazione, anche in sinergia con altri Paesi europei, nel rispetto dei migliori standard raggiunti in ambito internazionale; a considerare l’opportunità strategica di intensificare la ricerca inerente gli Smr e Mmr in Italia, favorendo l’incontro delle nostre migliori competenze in campo ingegneristico nucleare, tecnico, tecnologico e industriale, al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’industria energivora italiana e di assicurare al Paese la sicurezza energetica necessaria allo sviluppo civile ed economico; a proseguire l’impegno nella ricerca scientifica e, al fine di formare nuovo capitale umano altamente qualificato nel settore, ad adottare ogni iniziativa utile a sostenere le università italiane in questo percorso ad intervenire con apposite iniziative normative per apportare le modifiche necessarie a rendere la governance e l’organizzazione dell’Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione Isin coerente con la sua natura giuridica di autorità indipendente, e a potenziarne le funzioni di regolamentazione, di vigilanza e controllo, e l’operatività tecnica con adeguate risorse economiche e di personale, al fine di dare piena e completa attuazione alle direttive Euratom; ad adottare iniziative per istituire idonei percorsi di ricerca e sviluppo al fine di recuperare il ruolo dell’Italia nel campo dello studio e dello sviluppo tecnico in materia nucleare, anche attraverso convenzioni con atenei e centri di ricerca per la creazione di appositi percorsi di formazione universitaria, di ricerca e sviluppo delle competenze; 8) a favorire una campagna di informazione oggettiva, basata su rigore scientifico, al fine di evitare opposizioni preconcette, con la consapevolezza che il problema dell’accettazione sociale rappresenti una tappa essenziale per la realizzazione di qualsiasi impianto energetico, anche prevedendo ex ante misure di compensazione ambientale e sociale per enti e territori, ove venissero realizzati impianti sul suolo nazionale; a sostenere la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico, lungo il solco già tracciato dai citati progetti, anche tenendo conto della valutazione dell’Unione europea sulla tassonomia del nucleare e sulla sancita possibilità per gli Stati di finanziare i progetti di ricerca in merito e prevedendo incentivi alla ricerca tecnologica sui reattori a fissione nucleare innovativi tra cui i reattori modulari di piccole dimensioni e sulla fusione nucleare;  a valutare in quali territori al di fuori dell’Italia la produzione di energia nucleare possa soddisfare il fabbisogno nazionale di energia decarbonizzata e a valutare l’opportunità di promuovere e favorire lo sviluppo di accordi e partnership internazionali tra le società nazionali e/o partecipate pubbliche e le società che gestiscono la produzione nucleare al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale; al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, a valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia>>.

[2]L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, Roma, 2017, 77 ss. L’autore in particolare evidenzia come il diritto dell’energia nucleare sia stato poco affrontato dalla letteratura italiana e individua le causa di questo disinteresse nel carattere strettamente tecnico e strategico della materia nucleare, spesso inoltre caratterizzata da segretezza istituzionale.

[3] Un excursus storico sull’evoluzione delle tecnologie nucleari è presente in B. CURLI, Il progetto nucleare italiano (1952-1964). Conversazioni con Felice Ippolito, Soveria Mannelli, 2000; nonché in M. DAMIAN, Nuclear Power, The ambiguous lessons of history, in Energy Policy, 1992, 20, 7.

[4] Y. MARTINIQUET, L’autonomie du droit nucléaire: Contribution à l’étude de la nature et des caractères d’un droit nouveau, Nimès, 2015, 12.

[5] In dottrina si è evidenziato che l’autonomia di un settore giuridico si realizza quando questo sviluppa un complesso di norme e principi che lo distinguono in maniera significativa dalle altre branche del diritto, rispondendo a specifiche esigenze legate a particolari ambiti o settori caratterizzati da complessità peculiari. Non si tratta, quindi, di una semplice separazione formale, ma di una necessità sostanziale di affrontare problematiche uniche attraverso strumenti normativi adeguati e specializzati. Secondo l’analisi di J. Vedel, l’autonomia di una branca del diritto può essere identificata attraverso l’esistenza di principi propri, che non solo regolano specifiche realtà, ma si evolvono per rispondere alle peculiari esigenze del settore regolato. Un ramo autonomo del diritto, infatti, non potrebbe essere definito esclusivamente dalle sue norme, ma dal modo in cui queste si configurano per offrire soluzioni giuridiche che non potrebbero essere adeguatamente fornite da altre discipline. Vedel parla di una “combinazione chimica” normativa, in cui i principi generali vengono trasformati per adattarsi alle particolarità del settore, creando un corpus normativo autonomo e peculiare. Questa trasformazione non è un semplice adattamento, ma una vera e propria rielaborazione normativa, capace di generare un complesso di regole che affrontano in maniera coerente e organica le specificità del settore. La specializzazione normativa diventa così un pilastro fondamentale dell’autonomia giuridica. Come evidenziato dalla dottrina francese, l’autonomia giuridica rappresenta uno strumento per «organizzare la divisione del diritto e definire ambiti di specializzazione», consentendo al diritto di rispondere in modo preciso e puntuale alle esigenze operative di settori complessi. Tale specializzazione non solo permette di regolamentare efficacemente le problematiche peculiari, ma garantisce anche la capacità di adattarsi rapidamente alle trasformazioni tecnologiche e sociali, elemento cruciale per ambiti dinamici come quello nucleare. Un ulteriore aspetto che contribuisce all’autonomia di una disciplina giuridica è la presenza di istituzioni regolatrici dedicate. È stato, infatti, evidenziato in letteratura come l’autonomia normativa si concretizzi anche attraverso la creazione di organismi regolatori, i quali non solo assicurano la coerenza nell’applicazione delle norme, ma promuovono anche uno sviluppo continuo della disciplina. Tali organismi, infatti, non si limitano all’implementazione delle regole, ma ne curano la revisione e l’aggiornamento costante, garantendo che il quadro normativo possa rispondere efficacemente alle nuove sfide poste dal settore in evoluzione. Questo è particolarmente rilevante in un settore come quello nucleare, dove l’innovazione tecnologica e la gestione dei rischi richiedono un costante adeguamento delle normative. Infine, un altro criterio fondamentale per l’autonomia di una branca del diritto è rappresentato dalle finalità specifiche che essa persegue. Sul tema la letteratura ha evidenziato che una disciplina giuridica può essere considerata autonoma quando i suoi obiettivi non possono essere completamente realizzati attraverso le norme e i principi propri di altri rami del diritto. Per un approfondimento sul tema si v.  Y. MARTINIQUET, L’autonomie du droit nucléaire: Contribution à l’étude de la nature et des caractères d’un droit nouveau, Nimès, 2015; G. VEDEL, Le Droit économique existe-t-il?, Tolosa, 1981, 770;

[6] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, in Journal of World Energy Law and Business, 2019, 12, 52 ss.

[7] W. BOULANGER, Development of Nuclear Law, in IAEA ed., Nuclear Law for a Developing World, 1969, 54 ss.

[8] J. M. PONTIER, Le Droit nucléaire, Le contentieux, Marsiglia, 2011, 14 ss. Nella letteratura italiana l’argomentazione di Pontier è stata analizzata in L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, cit., 85-86; V. PEPE, Energia nucleare, ambiente e democrazia: Italia e Francia a confronto, in federalismi.it, 23.01.2019.. Tale tesi è stata inoltre particolarmente apprezzata dalla dottrina tedesca da autori quali Georg Erler, Hans Fischerhof e Rudolf Lukes.

[9] In tal senso si veda il contributo di S. MALININ, Mirnoe ispolzovanie atomnoi energii, Mosca, 1971, 3 ss. analizzata in J. HANDRLICA, Jaderné pràvo a pràvni futurismus, Teze disertace, Katedra správního práva a správní vědy, Právnická fakulta Univerzity Cracovia, 2020, 11 ss. e in J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., 57-58. E, d’altronde, appare opportuno evidenziare come secondo Boulanger il diritto nucleare non solo avesse delle caratteristiche in grado di separarlo dalle altre branche del diritto, rendendolo autonomo, ma anche di renderlo “universale”, cioè unitario globalmente senza distinzioni territoriali. Differentemente da Malinin, un altro autore sovietico, Abram I. Yoirysh, riconobbe che a livello internazionale il diritto nucleare mostrasse tratti distintivi sufficienti per essere considerato autonomo, grazie alla presenza di convenzioni internazionali specifiche e norme dedicate che regolano in modo dettagliato le attività nucleari. Questa autonomia emergeva chiaramente nelle relazioni tra le normative nazionali e le disposizioni di diritto internazionale, evidenziando la necessità di un approccio normativo che fosse capace di affrontare le sfide globali poste dall’energia nucleare.

[10] V. LAMM, The utilization of nuclear energy and international law, Budapest, 1984, 19-21. Sul rapporto fra diritto nucleare e tutela ambientale si v. P. REYNERS, Le Droit Nucléaire confronté au droit de l’environnement: autonomie ou complementarité?, in Quebec Journal of International Law, 2007, 149 ss.

[11] A. BRADBOOK, Energy Law as an academic discipline, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 1996, 15, 2, 194 ss.

[12] Sul tema si v. R. J. HEFREON, L. M. PEPE, L’energia attraverso il diritto, Napoli, 2021, 2 ss..

[13] R. J. HEFFRON, A. RONNE, J. P. TOMAIN, A. BRADBOOK, K. TALUS, A treatise for energy law, in The Journal of World Energy Law & Business, 2008, 11, 1,  34 ss.

[14] In posizione critica rispetto a tale divisione, T. DAINTITH, Against ‘lex petrolea’, in The Journal of World Energy Law & Business, 2017, 10, 1, 1 ss.

[15] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., 53.

[16] Sul ruolo dell’AIEA nella costruzione del diritto internazionale nucleare si veda H. BLIX, The Role of the IAEA in the development of International Law, in Energy Exploration & Exploitation, 1987, 5, 487 ss.

[17] Sul ruolo di tale attività si veda C. STOIBER, Building a Stronger Framework of Nuclear Law: The IAEA’s Legislative Assistance Services, in IAEA Bulettin, 1997, 45, 1.

[18] C. STOIBER, A. BAER., N. PELZER, W. TONHAUSER, Handbook on Nuclear Law, Vienna, 2003. L' Handbook on Nuclear Law è un manuale che fornisce un quadro essenziale per comprendere e sviluppare i sistemi normativi nazionali relativi all'uso pacifico dell'energia nucleare. Destinato a giuristi, scienziati, ingegneri e funzionari governativi, il testo offre una sintesi delle principali componenti normative necessarie per la gestione e la regolamentazione del settore nucleare, con l'obiettivo di supportare l'armonizzazione delle legislazioni nazionali agli standard internazionali e agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali.

[19] L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, cit., 78-79. Appare opportuno evidenziare come negli ultimi anni sempre più autori abbiano fatto riferimento a tale definizione. Tra questi possono essere citati F. NOCERA, The Legal Regime Of Nuclear Energy: A Comprehensive Guide to International and European Union Law, Cambridge, 2005, 5 ss; N. PELZER, Learning the Hard Way: did the lessons taught by the Chernobyl Nuclear Accident contribute to improving Nuclear Law, Parigi, 2006, 68;

[20] J. SCHWARTZ, The Nuclear Law Committee – A Historical Perspective, 2007, 34 consultabile in https://inis.iaea.org/

[21] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., p. 56.

[22] Sul punto appare esaustiva la riflessione presente in C. MALINCONICO, L’approccio dell’Unione Europea all’energia nucleare: garanzie di sicurezza, protezione sanitaria e non proliferazione attraverso gli strumenti coercitivi del diritto comunitario, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, 37, secondo cui: «Lo straordinario strumento dell’ordinamento comunitario, con le sue caratteristiche di diretta incidenza all’interno degli ordinamenti degli Stati Membri, con le regole direttamente applicabili a Stati e imprese, con i poteri di intervento delle autorità comunitarie e con l’istituzione di un giudice comunitario, giudice non solo dei contrasti tra Stati e Stati e organismi comunitari, ma anche delle posizioni soggettive di singoli e imprese».

[23] J. M. RAINAUD, Le droit nucléaire, Parigi, 1974. L’autore, infatti, definisce il diritto nucleare come un diritto “composit”, “non créatur”, “banalisé et lacunaire”.

[24] In tal senso si esprime P. REYNERS, Le Droit Nucléaire confronté au droit de l’environnement: autonomie ou complementarité, cit., 183 e ss.

[26] I principali temi trattati nelle convenzioni internazionali in ambito nucleare includono la responsabilità civile e il risarcimento dei danni derivanti dalle attività nucleari (ci si riferisce a convenzioni quali la Convenzione di Vienna sulla responsabilità civile per danni nucleare del 1963, il Protocollo Congiunto del 1988 sull’applicazione della Convenzione di Vienna e della Convenzioni di Parigi, il Protocollo di emendamento alla Convenzione di Vienna del 1997 e la Convenzione del 1997 sul risarcimento supplementare per danni nucleari); la notifica e l’assistenza reciproca in caso di incidente nucleare (il riferimento va alla Convenzione sulla notifica immediata di un incidente nucleare e la Convenzione sull’assistenza in caso di incidente nucleare o emergenza radiologica, entrambe del 1986); la protezione fisica dei materiali nucleari; la sicurezza degli impianti nucleari e infine la sicurezza nella gestione del combustibile esaurito per mezzo della Convenzione Congiunta del 1997.

[27] N. PELZER, Focus on the future of nuclear liability law, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 1999, 17, 4, 332 ss.

[28] I termini safety e security sono riportati in lingua inglese poiché, in italiano, entrambi sarebbero tradotti come “sicurezza”, non riuscendo tuttavia a rendere appieno la distinzione concettuale tra i due principi. Come si dirà, infatti, nel diritto nucleare il termine safety indica la sicurezza operativa interna volta a prevenire incidenti e danni involontari derivanti dall’uso dell’energia nucleare e delle radiazioni ionizzanti. Tale principio include misure per la protezione contro guasti, errori e malfunzionamenti, con l’obiettivo di minimizzare i rischi e massimizzare la protezione della salute pubblica e dell’ambiente. Al contrario, il principio di security, si riferisce alla protezione contro minacce esterne, come l’uso malevolo o la dispersione di materiali radioattivi, che possono essere utilizzati per atti di terrorismo o criminalità in generale. Tale distinzione è consolidata dalle convenzioni internazionali e riflette l’esigenza di adottare misure specifiche e mirate per gestire rischi di natura diversa. La distinzione, inoltre, è anche riscontrabile nella letteratura francese, che utilizza i termini “sureté”  e “securité”.

[29] La seguente trattazione dei principi fondamentali che caratterizzano il diritto nucleare si basa sull’analisi condotta da J. HANDRLICA, Nuclear Law Revisited as an Academic Discipline, cit., il quale, nel suo lavoro, ha sviluppato e integrato l’elencazione dei principi elaborata da C. STOIBER, A. BAER, N. PELZER, W. TONHAUSER nel loro Handbook on Nuclear Law. L’autore non si è limitato a richiamare i principi già definiti, ma ha arricchito l’analisi includendo un riferimento agli strumenti giuridici internazionali che ne costituiscono il fondamento, come la Convenzione sulla Sicurezza Nucleare del 1994, la Convenzione Congiunta del 1997 e il Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1968. Tale approccio consente di cogliere non solo la dimensione teorica di tali principi, ma anche il loro concreto radicamento all'interno del quadro normativo internazionale, evidenziandone l’evoluzione e le interconnessioni tra le diverse fonti giuridiche.

[30] In tal senso si veda J. RAUTENBACH, W. TONHAUSER, W. WETHERALL, Overview of the International Legal Frameword Governing the safe and peaceful uses of nuclear energy, Parigi, 2006, 135  ss.; nonché N. PELZER, The pr New Build – New Nuclear Law?, in Nuclear Law Bulletin, 2009, 84, 12.

[31] Convenzione sulla sicurezza nucleare, conclusa a Parigi il 20 settembre 1994 e ratificata dall’Italia con Legge n. 10 del 19 gennaio 1998.

[32] I Safety Fundamentals, le Safety Guides e i Codes of Conduct dell’AIEA costituiscono i principali strumenti di soft law in ambito nucleare, ideati per armonizzare la gestione della sicurezza e della protezione nucleare senza imporre obblighi giuridici stringenti agli Stati. Questi strumenti rispondono, infatti, all’esigenza di conciliare gli interessi divergenti degli Stati membri, permettendo una cooperazione internazionale più flessibile. Un esempio emblematico è rappresentato dal Code of Conduct on the Safety and Security of Radioactive Sources, approvato in una prima versione nel 2000 e successivamente rivisto alla luce delle maggiori preoccupazioni per la sicurezza delle fonti radioattive sorte dopo l’11 settembre 2001. Tale revisione, condotta da un gruppo di esperti, ha culminato nel testo attuale del codice, che bilancia il desiderio di armonizzare le pratiche statali con la resistenza degli Stati ad accettare obblighi nel settore nucleare. A seguito di questa delicata mediazione, la Conferenza Generale dell’AIEA ha invitato gli Stati membri a sostenere le misure del codice mediante un impegno politico, senza vincoli legali, e ha attribuito al Direttore Generale il compito di pubblicare l’elenco degli Stati che si impegnano volontariamente a rispettarne le disposizioni. La Conferenza ha, inoltre, specificato che tale procedura eccezionale, priva di forza vincolante, non costituisce un precedente per altri strumenti non vincolanti, confermandone l’unicità nel quadro normativo internazionale. Sul tema si veda, inoltre, P. REYNERS, Three International Atomic Energy Codes, in International Nuclear Law: Histoy, Evolution and Outlook. 10th Anniversary of the International School of Nuclear Law, 2010, 171 e ss.

[33] C. STOIBER, A. BAER., N. PELZER, W. TONHAUSER, Handbook on Nuclear Law, cit., 5. Il principio di prevenzione in ambito nucleare viene inteso, insieme a quello di protezione, come un corollario del più ampio principio di safety.

[34] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit. 61.

[35] In tal senso, la dottrina ha definito il diritto nucleare come il diritto del compromesso: è infatti possibile individuare due principali compromessi, il primo fra esigenza di sicurezza e rendimento economico e il secondo fra tecnologia e democrazia. Per un approfondimento sul tema si veda L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, cit.,  85-87.

[36] Per un’analisi sulla Convenzione Congiunta si v. G. HANDL, The IAEA Nuclear Safety Conventions: An Example of Successful “Treaty Management”?, in Nuclear Law Bullettin, 2003, 72, 7  ss.

[37] Sul punto si veda R. BIFULCO, Contesto normativo di un possibile ritorno al nucleare, in Energia. – Rivista trimestrale sui problemi dell’energia, in Energia. – Rivista trimestrale sui problemi dell’energia, 2023, 4, 51. Il rapporto tra gestione dei rifiuti derivanti dai processi di produzione nucleare e le generazioni future è determinato dalla peculiare caratteristica dei rifiuti radioattivi di mantenere la loro pericolosità per periodi anche estremamente lunghi, e che in virtù di ciò richiedono un grado di isolamento e confinamento superiore a migliaia di anni.

[38] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., p. 61. L’autore in particolare evidenzia come in relazione alle nuove tecnologie nucleari, quali gli SMR e i Micro modular reactors, i legislatori non abbiano ancora adottato delle normative specifiche.

[39] Ibid.

[40]  C. STOIBER, A. BAER., N. PELZER, W. TONHAUSER, Handbook on Nuclear Law, cit., 6.

[41] Sui rischi connessi alla contaminazione radiologica derivante dall’utilizzo delle c.d. bombe sporche si veda V. MAURO, P. FARGIONE, L. FERRONI, Esplosione di una dirty bomb: valutazione del rischio e gestione dell’emergenza, Dipartimento di Ingegneria Nucleare e Conversioni di Energia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, 2020, consultabile in https://conference.ing.unipi.it

[42] Le funzioni centrali dell’AIEA relative al sistema di safeguards sono delineate nel suo Statuto istitutivo, approvato nel 1956 ed entrato in vigore nel 1957. L’Articolo 2 dello Statuto stabilisce il mandato generale dell’Agenzia di promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare, con particolare attenzione alla sua applicazione per scopi di pace, salute e prosperità globale, garantendo al contempo che qualsiasi assistenza fornita dall’AIEA o sotto la sua supervisione non venga utilizzata per scopi militari. L’Articolo 3, lettera A(5), dettaglia ulteriormente le responsabilità dell’Agenzia, imponendole di istituire e amministrare un sistema di safeguards volto a verificare che materiali fissili, attrezzature, informazioni e servizi messi a disposizione sotto la sua supervisione non siano utilizzati per finalità militari. Lo stesso articolo prevede che tali safeguards possano essere applicati, su richiesta, anche ad accordi bilaterali o multilaterali o a specifiche attività nucleari nazionali. Queste disposizioni forniscono il fondamento giuridico per il sistema di safeguards, conferendo all’AIEA il mandato di garantire che le attività nucleari globali rimangano strettamente limitate a scopi pacifici.

[43] Sulla nascita e le funzioni del Trattato di Non Proliferazione Nucleare si veda A. ALBONETTI, Trattato sulla non proliferazione nucleare e disarmo nell’ambito delle Nazioni Unite, in La Comunità Internazionale, 1967, 3 e ss.; S. M. CARBONE, Il Trattato sulla non proliferazione nucleare e disciplina delle salvaguardie, in Riv. Dir. Int. Priv. proc., 1979,  235 e ss. Sul regime delle safeguards  si v. J. E. DOYLE, Nuclear Safeguards, Security and Non-proliferation, Oxford, 2008.

[44] Un precedente rilevante per la definizione delle safeguards è rappresentato dal documento INFCIRC/66/Rev.2, inizialmente approvato nel 1965 e successivamente aggiornato con l’aggiunta di due allegati, rispettivamente nel 1966 e nel 1968, relativi agli impianti di riprocessamento e a quelli di conversione e fabbricazione del combustibile. A differenza del modello definito in INFCIRC/153, questo documento disciplina accordi specifici applicabili a singole strutture, materiali o attrezzature nucleari. Esso includeva dettagli operativi per la designazione degli ispettori, l’organizzazione delle ispezioni e le modalità di accesso ai siti nucleari. La relazione tra INFCIRC/153 e INFCIRC/66/Rev.2 riflette l’evoluzione del regime di salvaguardia dell’AIEA: mentre INFCIRC/66/Rev.2 si applicava in modo selettivo a specifiche attività o materiali, INFCIRC/153 introduce un sistema integrale, che obbliga gli Stati parte a dichiarare e sottoporre a verifica l’insieme delle loro attività nucleari pacifiche. Tuttavia, gli accordi basati su INFCIRC/66/Rev.2 continuano a essere rilevanti per gli Stati non aderenti al NPT o che non abbiano stipulato accordi di safeguards basati sul nuovo modello. La progressiva estensione degli accordi basati su INFCIRC/153 ha portato alla sospensione dell’applicazione degli accordi di tipo INFCIRC/66/Rev.2 per gli Stati che hanno adottato il nuovo modello, salvo diverse disposizioni nei singoli accordi.

[45] Convenzione sulla protezione fisica del materiali nucleari, aperta alla firma a Vienna e a New York il 3 marzo 1980, ratificata dall’Italia con Legge n. 704 del 7 agosto 1982.

[46] Analizzata da C. STOIBER, Nuclear Security: Legal aspects of physical protection, combating illicit trafficking and nuclear terrorism, in OECD/NEA, 2010, 11, 219 e ss.

[47] Per un’analisi circa le modifiche apportate dall’emendamento si v. M. DE LOURDES VEZ CARMONA, The International regime on the physical protection of nuclear material and the Amendement to the Convention on the physical protection of Nucleal Materia, in Nuclear Law Bulletin, 2005, 2,  29 ss. L’adozione dell’emendamento è, infatti, coinciso con una maggior preoccupazione a livello globale relativa alle attività terroristiche.

[48] Convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare, conclusa a Varsavia il 16 maggio 2005 e ratificata dall’Italia con Legge n. 153 del 28 luglio 2016.

[49] Ad ipotizzare l’esistenza di un diritto penale nucleare internazionale è M. SOUSA FERRO, Criminal Nuclear Law: International obligations and their implementation in the EU, in Int. J. Nuclear Law, 2008, 10, 2.

[50] C. STOIBER, A. BAER., N. PELZER, W. TONHAUSER, Handbook on Nuclear Law, cit., 7

[51] L’art. 9 della Convenzione sulla sicurezza nucleare recita, infatti: «Ciascuna Parte contraente fa il necessario affinché la responsabilità primaria della sicurezza di un impianto nucleare incomba al titolare della corrispondente autorizzazione, ed adotta misure appropriate affinché ogni titolare di autorizzazione assuma le proprie responsabilità».

[52] L’art. 21 della Convenzione congiunta in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, conclusa a Vienna il 5 settembre 1997 e ratificata in Italia con Legge n. 282 del 16 dicembre 2005, prevede che «1) Ciascuna  Parte  contraente  fa  il  necessario  affinché la responsabilità  primaria  della  sicurezza  dello  smaltimento   del combustibile esaurito o dei rifiuti radioattivi incomba  al  titolare dell'autorizzazione corrispondente e prende i provvedimenti necessari affinché ogni titolare di  tale  autorizzazione  assuma  la  propria responsabilità. 2) In mancanza di titolare di un'autorizzazione o di  altra  parte responsabile, la responsabilità spetta alla Parte contraente che  ha giurisdizione sullo  smaltimento  del  combustibile  esaurito  o  sui rifiuti radioattivi».

[53] Il principio di responsabilità si ritrova, infatti, sia nella direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi del 19 luglio 2011 nonché nella direttiva 2014/87/Euratom che modifica la direttiva 2009/71/Euratom che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari dell’8 luglio 2014, che all’art. 6, lett. a) prevede che «la responsabilità primaria per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari resta in capo ai titolari delle licenze. Tale responsabilità non può essere delegata e comprende la responsabilità per le attività degli appaltatori e dei subappaltatori le cui attività potrebbero incidere sulla sicurezza nucleare di un impianto nucleare».

[54] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., 63.

[55] In tal senso, infatti, la Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994 prevede all’art. 7, co. 2, n. ii) che il quadro legislativo delle parti contraenti preveda «un sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari ed il divieto di utilizzare, senza autorizzazione, un impianto nucleare».

[56] Cfr. art. 8 della Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994.

[57] Sono numerosi gli autori che hanno affrontato il tema della responsabilità civile per danni nucleari, esemplificativamente possono essere citati E. RUBINI, I regimi di responsabilità civile per danni nelle convenzioni internazionali e nel diritto statunitense, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011,  265-284; N. PELZER, On harmonizing nuclear energy law, in Status, Prospects and Possibilities of international harmonization in the field of nuclear energy law, a cura di Pelzer, Baden-Baden, 1985.

[58] Convenzione sulla responsabilità civile nel campo dell’energia nucleare, conclusa a Parigi il 29 luglio del 1960 e ratificata in Italia con Legge n. 109 del 12 febbraio 1974, che ha contestualmente ratificato la Convenzione di Bruxelles del 1963 e i protocolli addizionali alle due convenzioni, firmati a Parigi il 28 gennaio 1964

[59] Convenzione di Vienna sulla responsabilità civile per danni nucleari, conclusa a Vienna il 21 maggio 1963 ed entrata in vigore nel 1977. Per un approfondimento, anche in ordine ai rapporti fra le due convenzioni, si veda S. POLI, La responsabilità per danni da inquinamento transfrontaliero nel diritto comunitario e internazionale, Milano, 2006, 61-71.

[60] In dottrina è stato evidenziato come appaia interessante notare come gli Stati Uniti, pur essendo stati tra i promotori del regime internazionale sulla responsabilità civile per i danni nucleari, non abbiano inteso aderire a nessuna delle due convenzioni citate: secondo E. RUBINI, I regimi di responsabilità civile per danni nelle convenzioni internazionali e nel diritto statunitense, cit., 265-266 ciò si spiegherebbe alla luce proprio del principio di canalizzazione della responsabilità in capo agli esercenti dell’impianto: ciò ha comportato l’esclusione della responsabilità dei fornitori di materiale nucleare che nel secolo scorso erano rappresentati principalmente da imprese statunitensi. Una critica a tale principio è stata di recente effettuata da A. AMEYE, Channeling of nuclear third party liability towards the operator: is it sustainable in a developing nuclear world or is there a need for liability of nuclear architects-engineers?, in European energu and environmental law review, 2010, 19, 1, 33 ss.

[61]«a) Il diritto al risarcimento dei danni causati da un infortunio nucleare può essere esercitato soltanto contro un operatore che sia responsabile a norma della presente convenzione; detto diritto potrà ugualmente essere esercitato contro l'assicuratore o contro qualsiasi altra persona che abbia dato una garanzia finanziaria all'operatore a norma dell'articolo 10, quando la legge nazionale prevede il diritto di azione diretta contro l'assicuratore o contro chiunque abbia dato all'operatore una garanzia finanziaria a norma dell'articolo 10. b) Nessun'altra persona sarà responsabile dei danni causati da un infortunio nucleare, salva restando l'applicazione di qualsiasi accordo internazionale nel campo dei trasporti, che sia in vigore, o aperto alla firma, alla ratifica o alla adesione alla data della presente convenzione».

[62] Ci si riferisce al Protocollo emendativo della convenzione del 19 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell’energia nucleare, emendata dal protocollo addizione del 28 gennaio 1964 e dal protocollo del 16 novembre 1982, concluso a Parigi il 12 febbraio 2004 e ratificato dall’Italia con Legge n. 97 del 23 luglio 2020.

[63] L’art. H lett. a) del Protocollo prevede infatti che «Ogni Parte Contraente deve prevedere nella sua legislazione  che la responsabilità dell'esercente per i  danni  nucleari causati da ciascun incidente nucleare non è inferiore a 700 milioni di euro».

[64] Tale cifra è il risultato delle modifiche effettuate con il Protocollo emendativo della Convenzione del 31 gennaio 1963 complementare alla Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell’energia nucleare, emendata dal protocollo addizionale del 28 gennaio 1964 e dal protocollo del 16 novembre 1982, concluso a Parigi il 12 febbraio del 2004, ed era inizialmente pari a 193,7 milioni di dollari.

[65] Prima del Protocollo emendativo del 2004 tale cifra era pari a 142,4 milioni di dollari.

[66] La Convention on Supplementary Compensation for Nuclear Damage (CSC), adottata nel 1997 nell’ambito dell’AIEA, è stata concepita per istituire un sistema integrato e uniforme di risarcimento dei danni nucleari, volto a migliorare la protezione delle vittime di incidenti nucleari. La CSC si propone di completare i regimi stabiliti dalle Convenzioni di Vienna e di Parigi, ampliandone gli importi risarcitori e coinvolgendo un numero più ampio di Stati. Tra i suoi obiettivi principali vi è quello di istituire un regime globale basato su principi condivisi, garantendo una copertura finanziaria supplementare rispetto agli importi minimi previsti dalle convenzioni precedenti. La convenzione prevede due livelli di risarcimento. A fianco al citato primo livello che impone allo Stato di installazione di garantire una copertura minima di 300 milioni di Diritti Speciali di Prelievo (SDR), che può essere fornita tramite assicurazioni private, pool assicurativi, fondi pubblici o altre modalità stabilite dalla legislazione nazionale (art. III, 1(a)), il secondo livello prevede la costituzione di un fondo supplementare, alimentato dai contributi degli Stati Parte, calcolati sulla base della capacità produttiva degli impianti nucleari e altre metriche (art. III, 1(b)). Questo meccanismo consente anche agli Stati privi di installazioni nucleari di aderire alla CSC, purché si impegnino ad adottare leggi nazionali che integrino i principi del trattato. La CSC mira inoltre a garantire che i risarcimenti siano gestiti in modo equo ed efficace. Le richieste di risarcimento sono trattate nei tribunali dello Stato in cui si trova l’impianto nucleare responsabile, e lo Stato ospitante può intervenire per coprire eventuali deficit finanziari qualora i costi superino i limiti previsti dal regime. Tuttavia, questo intervento statale non riduce la responsabilità dell’operatore, che rimane il soggetto esclusivo obbligato al risarcimento. Nonostante le sue ambizioni, la CSC ha incontrato una ratifica limitata: tra i 19 Stati Parte si annoverano gli Stati Uniti, che vi hanno aderito nel 2008, e il Giappone, che ha ratificato la convenzione nel 2015, anche in seguito all’esperienza del disastro di Fukushima del 2011. Quest’ultimo caso ha evidenziato la necessità di meccanismi di compensazione robusti per far fronte alle richieste risarcitorie legate a incidenti di vasta portata. Ad esempio, il salvataggio finanziario di Tokyo Electric Power Company (TEPCO) e l’istituzione di un Fondo Compensativo hanno dimostrato la rilevanza della collaborazione tra settore pubblico e privato per mitigare le conseguenze economiche di simili disastri. In generale, la CSC rappresenta un passo significativo verso la creazione di un regime internazionale uniforme per la responsabilità civile nucleare. Tuttavia, il suo impatto è limitato dalla mancata adesione di numerosi Stati con un ruolo rilevante nel settore nucleare, come l’India e alcune nazioni europee, e dalla sovrapposizione con normative nazionali che spesso implementano ulteriori requisiti finanziari per gli operatori. Sulle finalità perseguite dalla CSC si v. A. GIOIA, Sviluppi recenti in tema di risarcimento dei danni derivanti da incidenti nucleari, in Riv. dir. int, 1998, 81, 3,  605-631. Per ciò che riguarda la letteratura estera si v. B. MCRAE, The Convention on Supplementary compensation for Nuclear Damage: catalyst for a global nuclear liability regime, in Nuclear Law Bulletin, 2012, 2007, 1, 17 ss..

[67] Un’analisi del Protocollo congiunto è stata effettuata da O. VON BUSEKIST, A bridge between two conventions on civil liability for nuclear damage: The Joint Protocol relating to the application of the Vienna Convention anche the Paris Convention, in Nuclear Law Bulletin, 1989, 43, 10 ss.

[68] Il concetto di sviluppo sostenibile trova, come si è già avuto modo di dire, una prima definizione formale nel Rapporto Brundtland del 1987, in cui viene delineato come «uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». Questa formulazione riflette una visione integrata che coniuga sostenibilità ambientale, equità sociale e sviluppo economico, noti anche come i tre pilastri della sostenibilità. Nella sua evoluzione, il principio ha acquisito un carattere multidimensionale, estendendosi oltre la tutela ambientale per includere la giustizia sociale e la crescita economica come componenti imprescindibili. L’affermazione del principio a livello internazionale si deve alla Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo del 1992, che introduce il concetto di "equità intergenerazionale", inteso come il diritto delle generazioni future di accedere alle risorse naturali e di vivere in un ambiente equilibrato. Questo principio si collega a quello di equità infragenerazionale, che mira a ridurre le disparità sociali tra le comunità umane. La Dichiarazione di Rio ha inoltre ribadito la necessità di integrare la sostenibilità in tutte le politiche di sviluppo, avviando un percorso di riconoscimento sempre più concreto del principio nel diritto ambientale internazionale. In ambito europeo, il principio di sviluppo sostenibile è stato formalizzato come principio giuridico vincolante con il Trattato di Amsterdam del 1997, che lo riconosce come guida delle politiche comunitarie, superando la concezione di principio etico o morale. Tale riconoscimento è stato rafforzato, come visto, dal Trattato di Lisbona del 2007, che promuove esplicitamente uno sviluppo equilibrato sul piano economico, sociale e ambientale. In senso critico rispetto alla possibilità di qualificare lo sviluppo sostenibile come principio si veda E. CATERINI, Status personae, status civitatis e minimo vitale quale misura di inclusione sociale nell’ordinamento italo-europeo, in AA.VV.: Finanza di impatto sociale. Strumenti, interessi, scenari attuativi, a cura di Francesca e Mignone, Napoli, 2020, 130, secondo il quale la sostenibilità «è l’astrolabio dell’interprete il quale, unitamente alle altre clausole generali, ai canoni ermeneutici, ai princìpi e valori del sistema nazionale-europeo, darà la decisione al caso concreto nella prospettiva della dimensione sociale del diritto».

[69] Sul rapporto tra ambiente e scorie radioattive derivanti dai processi nucleari si v. L. COLELLA,  La localizzazione del Deposito nazionale delle scorie radioattive in Italia tra <>, democrazia e partecipazione: quale contributo dal <>, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 2015, N. spec., 36-51. Per un approfondimento circa i problemi giuridici legati al trattamento e alla conservazione delle scorie radioattive si v. P. RILEY, Nuclear Waste, Law, Policy and Pragmatis, Farnham, 2004. 

[70] La Convenzione congiunta in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, fu firmata a Vienna il 5 settembre 1997 e ratificata in Italia con legge 16 dicembre 2005, n. 282

[71] Il considerando 21 della direttiva 2011/70/Euratom del 19 luglio 2011 che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi recita infatti espressamente che: «I rifiuti radioattivi, ivi compreso il combustibile esaurito considerato come rifiuto, richiedono il contenimento e l’isolamento dall’uomo e dall’ambiente nel lungo periodo. La loro particolare natura, vale a dire il fatto che contengono radionuclidi, necessita di provvedimenti tesi a proteggere la salute umana e l’ambiente dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, ivi compreso lo smaltimento in adeguati impianti che costituiscono il punto di arrivo finale. Lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, compreso lo stoccaggio a lungo termine, è una soluzione provvisoria ma non un’alternativa allo smaltimento».

[72] Cfr. R. BIFULCO, Contesto normativo di un possibile ritorno al nucleare, cit., p. 49. Con essa il Consiglio Costituzionale francese si è interrogato sulla legittimità costituzionale dell’articolo L. 542-10-1 del Codice dell’Ambiente francese, che disciplina la creazione e la gestione di un centro di stoccaggio geologico profondo per rifiuti radioattivi ad alta e media attività a lunga vita. Il punto centrale della questione ha riguardato il principio di reversibilità dello stoccaggio, limitato a un periodo minimo di 100 anni. I ricorrenti sostenevano che tale limite temporale violasse i diritti delle generazioni future, impedendo loro di riconsiderare le scelte di gestione dei rifiuti in caso di nuove soluzioni tecnologiche o di emergenze ambientali, compromettendo così i principi di solidarietà intergenerazionale e sviluppo sostenibile sanciti dalla Carta dell’ambiente. Il Conseil ha rigettato queste argomentazioni, ritenendo che il periodo minimo di 100 anni fosse conforme ai principi costituzionali. In particolare, ha osservato che il legislatore, adottando tale limite, aveva inteso perseguire obiettivi di protezione ambientale e della salute pubblica, nonché garantire che la gestione dei rifiuti radioattivi avvenisse in modo da non trasferire integralmente la responsabilità alle generazioni future. Tale durata, secondo il Conseil, è stata definita come misura precauzionale, basata sullo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, e non risulta manifestamente inappropriata rispetto agli obiettivi prefissati. Il Conseil ha, inoltre, evidenziato le garanzie procedurali e sostanziali previste dalla norma contestata. Tra queste, la necessità di condurre revisioni periodiche ogni cinque anni sull’attuazione del principio di reversibilità, lo svolgimento di una fase industriale pilota per testare le tecnologie di recuperabilità dei rifiuti, e la partecipazione pubblica attraverso dibattiti e consultazioni. Queste misure assicurano, secondo il Conseil, un bilanciamento tra le esigenze di gestione dei rifiuti radioattivi e la tutela dell’ambiente e della salute delle generazioni future. Riguardo al limite di 100 anni, il Conseil ha sottolineato che esso non impedisce alle generazioni future di adottare decisioni in merito alla gestione dei rifiuti, ma piuttosto garantisce una finestra temporale adeguata per monitorare e, se necessario, intervenire sui materiali stoccati, tenendo conto delle conoscenze disponibili e delle politiche energetiche in evoluzione. Tale limite, pertanto, è stato considerato proporzionato e conforme ai principi sanciti dalla Carta dell’ambiente.

[73] Nel documento Unesco, Report by the world commission on the ethics of scientific knowledge and technology (comest) on the ethical implications of global climate change, 182 EX/Inf. 16, 2009, infatti, il Consiglio esecutivo dell’Unesco ha evidenziato la necessità di utilizzare un approccio in materia di responsabilità per le generazioni future che utilizzi un orizzonte temporale di 100 anni per affrontare le sfide intergenerazionali, come il cambiamento climatico, evitando di concentrarsi su un numero infinito di generazioni future. Questo limite temporale renderebbe più concreta la riflessione sui diritti, bisogni e interessi delle generazioni imminenti, ossia bambini nati oggi e le loro famiglie fino alla fine del secolo, in modo tale da facilitare azioni responsabili nel presente. Secondo il documento, l’orizzonte dei 100 anni consente di immaginare realisticamente i danni e i bisogni futuri, favorendo un rapporto di reciprocità anticipata. L’approccio suggerisce che, pur correndo il rischio di sbagliare previsioni sul futuro, il dovere della generazione attuale è di adottare politiche robuste e preparare un punto di partenza che consenta alle generazioni successive di affrontare efficacemente le sfide. L'orizzonte temporale di 100 anni viene quindi presentato non come una limitazione alla riflessione sui rischi a lungo termine, ma come uno strumento pratico e concreto per affrontare questioni complesse, mantenendo un equilibrio tra ciò che è immaginabile oggi e ciò che potrebbe rivelarsi necessario in futuro. Questo approccio permette di ancorare le azioni presenti a un contesto più ampio di diritti e responsabilità intergenerazionali. Per un’analisi del suddetto documento in relazione alla gestione dei rifiuti radioattivi si veda R. BIFULCO, L’energia nucleare tra lotta al riscaldamento climatico e responsabilità intergenerazionale, cit., p. 70.

[74] Il requisito dell’indipendenza è altresì previsto per l’autorità di regolazione che si occupa di garantire la security nucleare: in proposito l’art. 3 lett. D) della Convenzione sulla protezione fisica del materiale nucleare prevede che: «Ogni Stato istituisce o designa un’autorità competente incaricata di dare attuazione al quadro legislativo e regolamentare, dotata di poteri, competenze e risorse umane e finanziarie adeguate per adempiere alle proprie funzioni. Lo Stato adotta inoltre i provvedimenti necessari per garantire che le funzioni svolte da tale autorità siano indipendenti da quelle di qualsiasi altro organismo che promuove o utilizza energia nucleare».

[75] Direttiva 2009/71/Euratom del 25 giugno 2009 che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Sui contenuti della direttiva si v. A. STANIC, EW Law on Nuclear Safety, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 2010, 28, 1, 145-158;

[76] Sul punto si veda A. ROMANO, Il ruolo delle agenzie per la sicurezza nucleare, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, 102-119.

[77] C. STOIBER, A. BAER., N. PELZER, W. TONHAUSER, Handbook on Nuclear Law, cit., p. 9;

[78] J. HANDRLICA, Nuclear law revisited as an academic discipline, cit., p. 65.

[79] Sul mercato dei materiali nucleari si veda A. ORTIS, La regolazione del mercato e lo sviluppo dell’energia nucleare, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, 297-301 nonché Q. MICHEL, The control of international Nuclear Trade – difficult balance between trade development and non-proliferation of nuclear weapons, in Principles and Practice of International Nuclear Law, a cura di Sexton Nick e Burns, Parigi, 2022,  469-495.

[80] L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, cit., pp. 99-100.

[81] A queste conclusioni giunge L. COLELLA, Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, cit., pp. 94-95, secondo il quale <>

Bibliografia

ALBONETTI A., Trattato sulla non proliferazione nucleare e disarmo nell’ambito delle Nazioni Unite, in La Comunità Internazionale, 1967, pp. 3 e ss.

AMEYE A., Channeling of nuclear third party liability towards the operator: is it sustainable in a developing nuclear world or is there a need for liability of nuclear architects-engineers?, in European energu and environmental law review, 2010, 19, 1, pp. 33 ss.

BIFULCO R., Contesto normativo di un possibile ritorno al nucleare, in Energia. – Rivista trimestrale sui problemi dell’energia, in Energia. – Rivista trimestrale sui problemi dell’energia, 2023, 4, 51.

BLIX H., The Role of the IAEA in the development of International Law, in Energy Exploration & Exploitation, 1987, 5, pp. 487 ss.

BOULANGER W., Development of Nuclear Law, in IAEA ed., Nuclear Law for a Developing World, 1969, pp. 54 ss.

BRADBOOK A., Energy Law as an academic discipline, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 1996, 15, 2, pp. 194 ss.

CARBONE S.M., Il Trattato sulla non proliferazione nucleare e disciplina delle salvaguardie, in Riv. Dir. Int. Priv. proc., 1979,  pp. 235 e ss.

CATERINI E., Status personae, status civitatis e minimo vitale quale misura di inclusione sociale nell’ordinamento italo-europeo, in AA.VV.: Finanza di impatto sociale. Strumenti, interessi, scenari attuativi, a cura di Francesca e Mignone, Napoli, 2020, 130.

COLELLA L. , Il diritto dell’energia nucleare in Italia e in Francia. Profili comparati della governance dei rifiuti radioattivi tra ambiente, democrazia e partecipazione, Roma, 2017, pp. 77 ss.

COLELLA L.,  La localizzazione del Deposito nazionale delle scorie radioattive in Italia tra <>, democrazia e partecipazione: quale contributo dal <>, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 2015, N. spec., pp. 36-51.

CURLI B., Il progetto nucleare italiano (1952-1964). Conversazioni con Felice Ippolito, Soveria Mannelli, 2000.

DAINTITH T., Against ‘lex petrolea’, in The Journal of World Energy Law & Business, 2017, 10, 1, pp. 1 ss.

DAMIAN M., Nuclear Power, The ambiguous lessons of history, in Energy Policy, 1992, 20, 7.

DE LOURDES VEZ CARMONA M., The International regime on the physical protection of nuclear material and the Amendement to the Convention on the physical protection of Nucleal Materia, in Nuclear Law Bulletin, 2005, 2, pp. 29 ss.

DOYLE J.E., Nuclear Safeguards, Security and Non-proliferation, Oxford, 2008.

GIOIA A., Sviluppi recenti in tema di risarcimento dei danni derivanti da incidenti nucleari, in Riv. dir. int, 1998, 81, 3,  pp. 605-631.

HANDL G., The IAEA Nuclear Safety Conventions: An Example of Successful “Treaty Management”?, in Nuclear Law Bullettin, 2003, 72, pp. 7  ss.

HANDRLICA J., Jaderné pràvo a pràvni futurismus, Teze disertace, Katedra správního práva a správní vědy, Právnická fakulta Univerzity, Cracovia, 2020, pp. 11 ss.

HANDRLICA J., Nuclear law revisited as an academic discipline, in Journal of World Energy Law and Business, 2019, 12, pp. 52 ss.

HEFFRON R. J., RONNE A., TOMAIN J. P., BRADBOOK A., TALUS K., A treatise for energy law, in The Journal of World Energy Law & Business, 2008, 11, 1, pp. 34 ss.

HEFREON R. J., PEPE L. M., L’energia attraverso il diritto, Napoli, 2021, pp. 2 ss.

LAMM V., The utilization of nuclear energy and international law, Budapest, 1984, pp. 19-21.

MALINCONICO C., L’approccio dell’Unione Europea all’energia nucleare: garanzie di sicurezza, protezione sanitaria e non proliferazione attraverso gli strumenti coercitivi del diritto comunitario, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, p. 37.

MALININ S., Mirnoe ispolzovanie atomnoi energii, Mosca, 1971, pp. 3 ss.

MARTINIQUET Y., L’aautonomie du droit nucléaire: Contribution à l’étude de la nature et des caractères d’un droit nouveau, Nimès, 2015.

MAURO V., FARGIONE P., FERRONI L., Esplosione di una dirty bomb: valutazione del rischio e gestione dell’emergenza, Dipartimento di Ingegneria Nucleare e Conversioni di Energia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, 2020, consultabile in https://conference.ing.unipi.it

MCRAE B., The Convention on Supplementary compensation for Nuclear Damage: catalyst for a global nuclear liability regime, in Nuclear Law Bulletin, 2012, 2007, 1, pp. 17 ss.

MICHEL Q., The control of international Nuclear Trade – difficult balance between trade development and non-proliferation of nuclear weapons, in Principles and Practice of International Nuclear Law, a cura di Sexton Nick e Burns, Parigi, 2022, pp. 469-495.

NOCERA F., The Legal Regime Of Nuclear Energy: A Comprehensive Guide to International and European Union Law, Cambridge, 2005, pp. 5 ss.

ORTIS A., La regolazione del mercato e lo sviluppo dell’energia nucleare, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, pp. 297-301.

PELZER N., Focus on the future of nuclear liability law, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 1999, 17, 4, pp. 332 ss.

PELZER N., Learning the Hard Way: did the lessons taught by the Chernobyl Nuclear Accident contribute to improving Nuclear Law, Parigi, 2006, 68.

PELZER N., On harmonizing nuclear energy law, in Status, Prospects and Possibilities of international harmonization in the field of nuclear energy law, a cura di Pelzer, Baden-Baden, 1985.

PELZER N., The pr New Build – New Nuclear Law?, in Nuclear Law Bulletin, 2009, 84, p. 12.

PEPE V., Energia nucleare, ambiente e democrazia: Italia e Francia a confronto, in federalismi.it, 23.01.2019.

POLI S., La responsabilità per danni da inquinamento transfrontaliero nel diritto comunitario e internazionale, Milano, 2006, pp. 61-71.

PONTIER J. M., Le Droit nucléaire, Le contentieux, Marsiglia, 2011, pp. 14 ss.

RAINAUD J. M., Le droit nucléaire, Parigi, 1974.

RAUTENBACH J., TONHAUSER W., WETHERALL W., Overview of the International Legal Frameword Governing the safe and peaceful uses of nuclear energy, Parigi, 2006, pp. 135  ss.

REYNERS P., Le Droit Nucléaire confronté au droit de l’environnement: autonomie ou complementarité?, in Quebec Journal of International Law, 2007, pp. 149 ss.

REYNERS P., Three International Atomic Energy Codes, in International Nuclear Law: History, Evolution and Outlook. 10th Anniversary of the International School of Nuclear Law, 2010, pp. 171 e ss.

RILEY P., Nuclear Waste, Law, Policy and Pragmatis, Farnham, 2004. 

ROMANO A, Il ruolo delle agenzie per la sicurezza nucleare, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011, pp. 102-119.

RUBINI E., I regimi di responsabilità civile per danni nelle convenzioni internazionali e nel diritto statunitense, in Annuario di diritto dell’energia, a cura di Napolitano e Zoppini, Bologna, 2011,  pp. 265-284.

SCHWARTZ J., The Nuclear Law Committee – A Historical Perspective, 2007, 34 consultabile in https://inis.iaea.org/

SOUSA FERRO M., Criminal Nuclear Law: International obligations and their implementation in the EU, in Int. J. Nuclear Law, 2008, 10, 2.

STANIC A., EW Law on Nuclear Safety, in Journal of Energy & Natural Resources Law, 2010, 28, 1, pp. 145-158.

STOIBER C, BAER A., PELZER N, TONHAUSER W., Handbook on Nuclear Law, Vienna, 2003.

STOIBER C., Nuclear Security: Legal aspects of physical protection, combating illicit trafficking and nuclear terrorism, in OECD/NEA, 2010, 11, pp. 219 e ss.

STOIBER S., Building a Stronger Framework of Nuclear Law: The IAEA’s Legislative Assistance Services, in IAEA Bulettin, 1997, 45, p. 1.

VEDEL G., Le Droit économique existe-t-il?, Tolosa, 1981, 770.

VON BUSEKIST O., A bridge between two conventions on civil liability for nuclear damage: The Joint Protocol relating to the application of the Vienna Convention anche the Paris Convention, in Nuclear Law Bulletin, 1989, 43, pp. 10 ss.