• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 30 Lug 2024
Sottoposto a PEER REVIEW

Violenza di genere: uno studio empirico e comparato. Common law e diritto dell´Unione Europea a confronto.

Modifica pagina

autori Pierre De Gioia Carabellese , Camilla Della Giustina



La violenza di genere e´ discussa e analizzata in questo scritto da una nuova prospettiva: l´Unione Europea e gli ordinamenti di common laws, in particolare quello britannico. Il risultato di questa analisi, di carattere fortemente empirico, dimostra come l´approccio sociologico a tale tematica, tipico degli ordinamenti di common law, risulta, probabilmente, essere la piu´efficace.


ENG

Gender violence: an empirical and comparative analysis. Common law and European Union Legislation facing each other

The concept of gender violence is discussed and analysed through the lens of a compartive analysis between common law, particularly the UK one, and European Union Legislation. The outcome of this research shows that the empirical and sociological approach propounded by common law seems to be the most effective one.

Sommario: 1. Unione Europea e Direttiva sulla violenza di genere; 2. Belgio; 3. Danimarca; 4.  Irlanda; 5. Malta;  6. Croazia;  7. Polonia;  8. Unione Europea: miscellaneous;  9. Regno Unito;  10. Australia; 11. Conclusioni.

1. Unione Europea e Direttiva Violenza di genere

In data 24 aprile 2024 il Parlamento dell’Unione Europea ha approvato in via definitiva – con la Direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.

L’articolo 1 della Direttiva definisce l’oggetto, ossia stabilire “norme per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica”. In altri termini, la Direttiva medesima contiene delle norme minime che riguardano la definizione dei reati e delle sanzioni in materia di sfruttamento sessuale femminile e minorile; di criminalità informatica; i diritti delle vittime di tutte le forme di violenza contro le donne o di violenza domestica prima, durante e per un congruo periodo dopo il procedimento penale; la protezione e l’assistenza delle vittime, nonché la prevenzione di detta violenza e un intervento precoce qualora si verifichi.

Un aspetto particolare concerne riferimenti, specifici e numerosi, a presidio delle donne con disabilità. Il Considerando 71, infatti, disciplina quelle che sono state definite come “vittime di discriminazione intersezionale”, ossia “le donne con disabilità, le donne il cui status o permesso di soggiorno dipende da altri, le donne migranti prive di documenti, le donne richiedenti protezione internazionale, le donne che fuggono da conflitti armati, le donne senza fissa dimora, le donne appartenenti a minoranze razziali o etniche, le donne che vivono in zone rurali, le donne che si prostituiscono, le donne a basso reddito, le detenute, le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali o intersessuali, le donne anziane o le donne affette da disturbi legati all'alcol e all'uso di sostanze”. Il Considerando successivo, il 71, si concentra sulle donne con disabilità prescrivendo come esse, rispetto alle altre donne, hanno maggiori difficoltà nell’accedere alle misure di protezione e assistenza. Di conseguenza, incombe un obbligo sugli Stati membri nel prestare attenzione a questa particolare categoria di vittime, o di potenziali vittime.

La definizione di persona con disabilità si rinviene non nelle “Disposizioni generali” quanto, piuttosto, nell’art. 2, “Definizioni”, che definisce il concetto di “persona a carico”. Con questa espressione si allude al “figlio minore della vittima o qualsiasi altra persona diversa dall’autore del reato o dall’indagato, che convive con la vittima e [a] cui la vittima fornisce cure e sostegno”.  Di qui, un possibile riferimento indiretto alle persone con disabilità nella parte in cui perché esso descrive una situazione in cui possono trovarsi le persone non autosufficienti.

Infine, ulteriori riferimenti alla disabilità si trovano nell’art. 16: uno da riferire all’autore del reato e uno da riferire alla vittima. Con riferimento all’autore del reato, l’allusione è alla valutazione del rischio che può rappresentare l’autore del reato o indagato qualora abbia, tra le altre eventualità, “problemi di salute mentale”. Con riferimento alla posizione della vittima, la valutazione deve essere effettuata tenendo conto della situazione specifica della vittima. I parametri che dovrebbero fungere da riferimento sono: l’eventualità che subisca discriminazioni intersezionali (che la espongono a un maggior rischio di violenza), e una valutazione individuale da condurre con riferimento a quanto riportato dalla vittima e dalla valutazione della situazione che essa offre. Infine, viene prescritto che questa valutazione debba essere condotta “nell’interesse superiore della vittima, prestando particolare attenzione alla necessità di evitare la vittimizzazione secondaria o ripetuta”.

Al fine di prestare assistenza e protezione alle vittime, gli Stati membri devono agevolare l’accesso ai servizi di assistenza specialistica anche attraverso servizi di assistenza online. Questo sistema di assistenza dovrebbe essere costituito da un unico centro di assistenza online che, a sua volta, dovrebbe essere collegato a un punto unico di accesso oggetto di costante aggiornamento. L’obiettivo sarebbe quello di garantire la possibilità di reperire tutte le informazioni utili sui servizi di assistenza e protezione disponibili e le indicazioni per accedervi. Esso dovrebbe essere accessibile anche per le persone con disabilità.

Particolari prescrizioni sono da riferire ai luoghi di rifugio per le vittime di atti di violenza, dunque, le case rifugio e le altre sistemazioni temporanee: esse dovrebbero essere strutture di accoglienza sicure idonee a garantire assistenza necessaria anche per tutti i problemi collaterali che riguardano la vittima. Queste ultime, a loro volta, comprendono la salute mentale, la situazione finanziaria, il benessere dei suoi figli. Lo scopo sarebbe quello di rendere capace la vittima di affrontare una vita autonoma.

La disciplina dell’assistenza rientra nell’àmbito del Capo 4 (Assistenza alle vittime): l’articolo 25 che disciplina l’Assistenza specialistica alle vittime, stabilendo che essa vada fornita a prescindere dalla presentazione della querela.

I servizi che devono essere offerti, sempre in base a quanto stabilito dalla Direttiva, “sono adattati alle esigenze delle vittime e sono facilmente accessibili e prontamente disponibili, anche online o attraverso altri mezzi adeguati, come le TIC”, e sono “necessari per rispondere in modo esauriente alle molteplici esigenze delle vittime”. In questo caso non vi è un riferimento alle donne con disabilità, ma il richiamo all’accessibilità e quello a “rispondere in modo esauriente alle molteplici esigenze delle vittime” lascia intendere che anche le esigenze delle donne con disabilità non possano essere disattese.

Sempre nell’ottica dell’assistenza, viene stabilito che è compito degli Stati membri emanare “orientamenti e protocolli a beneficio dei professionisti della sanità e dei servizi sociali”. Questi ultimi devono essere funzionali a “rispondere alle esigenze specifiche delle vittime a maggior rischio di violenza a causa di discriminazioni fondate su una combinazione di sesso e qualsiasi altro motivo di discriminazione”.

Tra gli obblighi degli Stati membri nel recepimento della Direttiva, vi è quello di istituire “centri anti-stupro o centri anti-violenza sessuale adeguatamente attrezzati e facilmente accessibili, che possono far parte del sistema sanitario nazionale, per garantire un’assistenza efficace alle vittime di violenza sessuale”. Ciò è quanto prescrive l’articolo 26 che si focalizza sull’assistenza, specialistica, che deve essere prestata alle vittime di violenza sessuale. I servizi devono essere gratuiti, devono riguardare la salute sessuale e riproduttiva con l’unica eccezione dei “servizi previsti dal sistema sanitario nazionale, e accessibili ogni giorno della settimana”.

Vengono previste anche delle modalità di assistenza “a distanza”, cioè, attraverso assistenza telefonica, art. 29, o applicazioni online.

Sempre all’interno del novero dei servizi di assistenza vi sono le “Case rifugio e altre sistemazioni temporanee”: l’art. 30 prescrive che queste strutture “rispondono specificamente alle esigenze delle vittime, tra cui quelle delle vittime ad alto rischio […] fornendo loro condizioni di vita sicure, facilmente accessibili e adeguate ai fini del ritorno a una vita indipendente». Torna quindi, ancora una volta il tema dell’accessibilità, anche immateriale, sia nella disposizione appena citata, sia nella seguente: «le case rifugio e altre adeguate sistemazioni temporanee devono essere fornite in numero sufficiente e devono essere facilmente accessibili e attrezzate per soddisfare le esigenze specifiche delle donne”.

Per quanto concerne le misure preventive, gli Stati membri dovrebbero includere, anche, campagne di sensibilizzazione per contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica, ed interventi educativi svolti nell’àmbito dell’istruzione formale. È quanto si legge nel Considerando 74.  

Non si può dimenticare che sussiste anche un obbligo, incombente sugli Stati membri, di assicurare che i funzionari siano destinatari di una formazione adeguata affinché, nel momento in cui entrano in contatto con le vittime, possano fornire adeguato supporto e assistenza. Il novero dei funzionari comprende: il personale giudiziario, gli avvocati, i pubblici ministeri, i giudici e gli operatori che forniscono alle vittime sostegno o servizi di giustizia riparativa.

Di centrale importanza è il Capo 3, “Protezione delle vittime e accesso alla giustizia”, l’articolo 14 (Denuncia di violenza contro le donne o di violenza domestica) prescrive che gli Stati membri provvedano “affinché la vittima possa denunciare alle autorità competenti atti di violenza contro le donne o di violenza domestica attraverso canali accessibili, di facile utilizzo e prontamente disponibili”. Ad esempio, viene previsto che le segnalazioni avvengano mediante dispositivi “online o tramite altre TIC [tecnologie dell’informazione e della comunicazione] accessibili e sicure”. Tutto ciò è funzionale per presentare elementi di prova della violenza contro le donne o della violenza domestica e, dunque, nel consentire un effettivo accesso alla giustizia anche alle donne con disabilità.

Il Capo 5 si occupa di Prevenzione e intervento precoce. L’articolo 34 (Misure preventive) allude alla necessità di adottare un approccio globale a più livelli, e che le campagne o programmi di sensibilizzazione possano essere messi a punto in cooperazione con le pertinenti organizzazioni della società civile, i servizi di assistenza specialistica, le parti sociali, le comunità interessate e altri portatori di interessi.

Specifiche misure sono dettate, dall’art. 35, per prevenire lo stupro e per promuovere il consenso quale elemento centrale nelle relazioni sessuali.

Il successivo Capo, il n. 6, concerne l’attività di raccolta dei dati e di ricerca: in tal senso, viene richiesto agli Stati membri di adottare, e attuare, su tutto il territorio nazionale “politiche efficaci, globali e coordinate comprendenti tutte le misure pertinenti per prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne e di violenza domestica” (art. 38(1)). A tal fine, gli Stati membri devono istituire, o designare, uno o più organismi incaricati nello svolgere specifiche attività, quali, monitorare, coordinare, attuare e valutare le politiche e le misure per prevenire e contrastare ogni forma di violenza.

Prendendo le mosse dalle disposizioni di questa Direttiva, verranno analizzate le politiche attuate da quegli Stati membri che si ritengono di maggiore interesse. Di qui, dunque, non una disamina indistinta della regolamentazione giuridica adottata da tutti gli Stati membri, bensì di quella maggiormente significativa. Ciò rappresenta una conseguenza del fatto che sarà onere degli Stati membri implementare le disposizioni di detta Direttiva.

È da sottolineare, più in generale, anche quale conclusione, che l’Italia è parte dell’Unione Europea, insieme ad altri 26 Stati Membri. Essendo la Direttiva sulla violenza di genere applicabile a tutti gli Stati Membri, è possibile affermare che le differenze di normativa nazionale in questa area andranno riducendosi all’interno della UE. La vera analisi comparata, dunque, continuerà ad essere maggiormente pregnante per fra Italia, quale Paese Membro, e stati come il Regno Unito, o l’Australia, che non lo sono[1].

2. Belgio

In Belgio, al momento attuale, non risulta esservi una specifica legge destinata a disciplinare il fenomeno della violenza di genere. Vi sono essenzialmente due atti: The resolution "on gender equality in the public space (28/03/2019); The resolution "on combating gender-based harassment in the public space, in particular on public transport” (30/04/2019).

A questi due atti si aggiunge, solamente, il “Brussels Plan to Combact Violence Against Women 2020-2024”[2]. In questo atto, l’obiettivo che viene perseguito dal governo belga è quello di sviluppare in modo coordinato e onnicomprensivo la tematica della violenza contro le donne. L’aspetto innovativo di questo approccio è quello di essere ispirato a valori democratici posto che incoraggia la partecipazione attiva della cittadinanza nell’attività di predisposizione.

Si deve aggiungere che, nel fare ciò, il governo belga, da una prospettiva metodologica, si prefigge l’obiettivo di affrontare la tematica della violenza di genere seguendo un approccio interdisciplinare e multidisciplinare. Una conferma di ciò è data dal coinvolgimento di istituzioni specializzate afferenti ai seguenti settori: prevenzione, politiche pubbliche e del lavoro, mobilità, lavori pubblici, pianificazione urbanistica e, infine, statistica.

I pilastri su cui si fonda questo piano sono quattro, cioè: prevenzione; protezione, attività di indagine penale e di repressione; implementazione delle politiche.

L’approccio seguito in questo “Plan” è fondato anche sulla necessità di coinvolgere le politiche regionali riguardanti le cd. pari opportunità: sebbene la legislazione “nazionale” belga sia obbligatoria con riferimento a specifici aspetti e aree, al tempo stesso viene le istituzioni locali giocano un ruolo centrale nell’implementare e nel realizzare queste politiche.

In altri termini, detto “Plan” ha un triplice impatto. A livello regionale, viene richiesta la cooperazione necessaria degli enti locali e territoriali nella lotta alla violenza di genere; a livello nazionale è stata istituita una consultazione presso l’Institute for the Equality of Women and Men a cui aggiungere una “interconferenza” tra le regioni delle Fiandre e della Vallonia. Da ultimo, sul piano internazionale, questo “Plan” soddisfa la necessità di adeguarsi, recepire e dare attuazione alla Convenzione di Istanbul.

3. Danimarca

Da una prospettiva storica, l’uguaglianza di genere in Danimarca ha da sempre giocato un ruolo centrale per quanto concerne la costruzione del sistema di welfare State danese. Ciò è dimostrato dal fatto che, quando iniziò il processo di industrializzazione, 150 anni fa circa, le donne divennero presto parte della forza lavoro. Ciò si realizzò attraverso l’investimento del loro denaro, il pagamento delle tasse e il contribuire nell’attività di finanziamento del sistema di welfare danese. Attualmente, la percentuale di donne che lavorano “fuori” casa è una delle maggiori presenti al mondo.

Di conseguenza, l’approccio del governo danese ai casi di abuso, violenza e molestie basate sul genere può essere definito come “zero-tolerance policies”. La metodologia che viene seguita è quella di prevenire, supportare e plasmare una risposta che sia incentrata sulla vittima in cui fondamentale diviene la confidenzialità e il bisogno di protezione da assicurare. Nonostante ciò, viene evidenziato come alcuni fenomeni di violenza di genere le risorse messe a disposizioni divengono insufficienti: ciò accade quando le violenze si consumano in contesti peculiari che sono tali per motivi religiosi, culturali, sociali o per tabù. In questi casi, l’azione deve essere incentrata su due elementi fondamentali: una attività di documentazione e di raccolta di prove nonché una di indagini e di repressione penale[3].

Da una prospettiva di regolamentazione, nel 2020 la Danimarca ha adottato il quarto “National Action Plan” (NAP) per il periodo dal 2020 al 2024. Il più importante gruppo di lavoro interministeriale è composto dal Ministri degli Esteri, dal Ministro della Difesa, e dal Ministro della Giustizia danese. Il compito è quello di implementare il NAP anche attraverso il coinvolgimento della società e, particolarmente, delle donne.

L’obiettivo di questo piano è quello di prevenire gli omicidi da parte del partner e di diminuire gli episodi di violenza domestica. Precisamente, questo programma si basa su cinque punti.

Il primo concerne nella predisposizione di un corso di formazione che dovrà essere seguito dalle forze di polizia impegnate nell’attività di investigazione e repressione di questi reati. Strettamente connesso a questo è la formazione di un team di forze dell’ordine specializzato presso ogni distretto di polizia. Il terzo elemento è dato da una attività di monitoraggio e di controllo, che deve essere svolto sempre dalle forze di polizia, e funzionale a individuare i casi di violenza domestica, di stalking e di intimidazione.

Un quarto pilastro attiene alla possibilità di registrare l’interrogatorio condotto dalle forze di polizia qualora esse ricevano una segnalazione circa un caso di stupro. Di qui, diviene obbligatorio avvalersi della “video-interrogation”: si tratta della possibilità, appunto, di registrare l’interrogatorio della vittima. Ciò sarebbe funzionale a evitare che la vittima di violenza sessuale venga interrogata una seconda volta durante lo svolgimento del processo teso ad accertare la responsabilità. Tuttavia, viene prevista la possibilità che la vittima rifiuti di rendere interrogatorio attraverso la videoregistrazione. In altri termini, la possibilità che viene offerta alla vittima è quella di rendere dichiarazioni in una stanza protetta, situata presso il distretto di polizia proprio al fine di apprestare maggiore tutela.

Infine, l’ultimo strumento si chiama “police-guarantee” da attuarsi nelle ipotesi di violenza, inclusa la violenza domestica. Ciò significa che un agente di polizia deve intervenire immediatamente al fine di prestare aiuto alla vittima: un esempio è qualora il responsabile si trovi ancora vicino alla situazione in cui vi sia il rischio per l’’incolumità fisica della vittima. Questo strumento trova applicazione anche nell’ipotesi in cui la vittima sia particolarmente vulnerabile (ad esempio perché giovane) o in casi di stupro. Qualora l’agente di polizia dovesse ritenere non necessario intervenire fisicamente in modo immediato, ha un dovere di fornire delle indicazioni telefoniche alla vittima con riferimento a che cosa deve fare, qual è l’ospedale più vicino o il consultorio[4].

Per quanto concerne le fonti legislative, esse sono le seguenti: 1) The Instanbul Convention; 2) The Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women; 3) The European Convention on Human Rights; 4) The Danish Constitutional Act; 5) The Danish Criminal Code.

Si deve precisare che in base al Danish Criminal Code, la violenza domestica non è descritta quale reato. Il codice penale, infatti, non prevede un reato specifico di violenza domestica poiché, in Danimarca, la violenza è vietata in varie forme, come l'aggressione fisica semplice, grave ed eccezionale, che può comportare da tre a dieci anni di carcere. In base alla Section 216 del Danish Criminal Code, la “violenza psicologica” viene definita quale comportamento gravemente degradante, offensivo o abusivo con l'intenzione di offendere e controllare la vittima, e può comportare una multa o la reclusione fino a tre anni.

Per quanto concerne le decisioni delle Corti, non si registrano precedenti: ciò è dovuto al fatto che la Danimarca ha un gran numero di casi non registrati di violenza domestica. Questo rappresenta un elemento critico poiché la Danimarca non svolge un’attività relativa alla registrazione ed elaborazione di dati circa i casi di violenza domestica.

Vittime particolarmente vulnerabili sono le donne la cui residenza in Danimarca è stata concessa a seguito di matrimonio o convivenza. Esse, proprio a causa del rischio di non ottenere un rinnovo del permesso di soggiorno, possono trovarsi in una condizione di maggiore difficoltà nel denunciare la violenza. Infatti, una donna cui è stato concesso il permesso di soggiorno in quanto convivente o sposata, potrebbe perdere detto permesso se il suo matrimonio o la sua convivenza dovesse terminare. Tuttavia, la Section 19(7) del Danish Alien Act riguarda proprio il caso appena descritto: l’obiettivo è quello di evitare che le donne rimangano “intrappolate” in una relazione violenta poiché intimorite dal rischio di perdere la residenza.

Il problema è che una donna vittima di violenza sopporta un gravoso onere della prova posto che episodi di violenza, soprattutto psicologica, sono difficili da dimostrare e provare. Di conseguenza, l’istituto danese per i diritti umani invita che il servizio danese per l’immigrazione si assicuri che le donne, titolari di un diritto derivato di cittadinanza/residenza, siano avvisate della possibilità di porre fine alla loro relazione qualora siano vittime di violenza[5].

4. Irlanda

Il governo irlandese con il programma “Programme for Government. Our Shared Future[6] del 2020 aveva riconosciuto come la violenza sessuale di genere e i problemi domestici rappresentassero una “epidemia” da gestire. Detto Programma, infatti, viene dato atto come, dopo la pandemia da Covid-19, l’Irlanda si trovasse in una situazione delicata, posto che si trovava ad affrontare differenti sfide. Il riferimento va sia alla pandemia sia alla cd. Brexit e l’impatto di questa negli equilibri delicati fra il proprio territorio e la parte britannica della stessa isola. In questo contesto, l’obiettivo è quello di aumentare il benessere dei cittadini irlandesi, atteso che che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha avuto un notevole impatto sulla vita delle persone. È in questo contesto si inserisce la lotta alla violenza di genere.

È proprio su queste basi che si innesta la “Third National Strategy on Domestic, Sexual and Gender Based Violence” per l’arco temporale 2022-2026, denominata "Zero Tolerance" [7]. Essa, a sua volta, è basata su quattro pilastri: 1) prevenzione; 2) protezione; 3) indagini e repressione penale (prosecution); 4) coordinamento delle politiche.

Ancora: viene evidenziato come con l’emergenza sanitaria da Covid-19 vi è stato un aumento esponenziale degli episodi di violenza di genere domestica. Quest’ultima, infatti, definita come Gender- based violence (GBV), affonda le proprie radici nella disuguaglianza di genere e colpisce, contemporaneamente, sia gli uomini che le donne. Sebbene ciò sia vero, viene evidenziato come la maggior parte delle vittime, e dei sopravvissuti, siano donne e ragazze.

Il contrasto alla GBV diviene un elemento centrale non solamente per i suoi effetti negativi nei confronti delle vittime ma anche per la società, più in generale. Precisamente, gli episodi di violenza di genere produce effetti negativi per l’assistenza sanitaria, per il benessere sociale e per il sistema della giustizia.

Per quanto concerne la metodologia, la strategia che il Governo irlandese propone è quella incentrata sulla vittima/sopravvissuto (“victim/survivor centred approach”): ciò significa porre al centro i bisogni, le necessità e le esigenze di questi soggetti. Ciò, a sua volta, si declina in differenti elementi. In primo luogo, occorre accertarsi che i centri di ascolto e di accoglienza siano un luogo sicuro e che siano idonei a minimizzare i rischi per le vittime.

Un elemento innovativo è dato dal “training”: viene evidenziato come sia importante assicurarsi che gli operatori che offrono supporto alle vittime, nel momento in cui prestano assistenza, si assicurino che nelle vittime non sia insorto un sentimento di responsabilità per la violenza subita. Di qui, essenziale è la creazione di un clima di confidenza che consenta uno scambio serene e sincero di informazioni. La conseguenza di ciò è che a seguito di un primo contatto con i centri di assistenza, le vittime siano sicure di poter trovare un supporto anche con riferimento a un eventuale e ulteriore episodio di violenza.

Da ultimo, l’auspicio è che proprio le vittime possano partecipare in modo attivo per quanto concerne una attività di progettazione e sviluppo congiunto delle risposte e dei feedback al lavoro svolto da questi centri.

Nel documento “Zero Tolerance”, viene richiamata la definizione “gender-based violence” offerta dal Committee on the Elimination of Discrimination against Women (CEDAW). Si legge, infatti, che la si tratta della violenza nei confronti di una donna fondata sul fatto di essere donna o che colpisce le donne in modo non proporzionato. Si tratta di una forma di discriminazione che seriamente inibisce le donne nell’esercitare i proprio diritti e libertà in modo differente rispetto agli uomini. Di qui, dunque, una violazione del principio di uguaglianza tra i due generi.

Riprendendo quando detto in precedenza, la strategia “Zero Tolerance” è fondata su quattro pilastri, elencati, e che adesso dovranno essere analizzati.

Il primo concerne l’attività di prevenzione: l’obiettivo è quello di comprendere quali siano le cause sociali della violenza di genere ed educare la società al fine di evitare la realizzazione di eventuali, e ulteriori, abusi. Di qui, l’attività di prevenzione deve essere condotta grazie a una attività di coordinamento con l’istruzione universitaria fondamentale per realizzare, appunto, un approccio centrato sulla vittima.

Questa attività di prevenzione concerne anche il social media e il web: è necessario educare alla cultura della sicurezza online posto che il web può essere un luogo nel quale episodi di violenza di genere possono proliferare. Infine, viene richiesto che anche l’ambiente di lavoro sia sicuro riducendo, dunque, le occasioni di violenza sessuale o di violenza di genere. Nel fare ciò è necessario sia che la legislazione venga incentivata sia che il training dello staff sia adeguato.

Con riferimento al secondo pilastro, quello della protezione, lo scopo è quello di garantire una risposta immediata funzionale a preservare l’incolumità fisica delle vittime (adulti e bambini). Nel fare ciò, un supporto può essere dato anche da un approccio a distanza, dunque, attraverso la messa a disposizione di informazioni online che consentano alla vittima di poter reperire le informazioni di cui necessita. Un ulteriore strumento è dato dal supporto, che deve essere adeguato, da fornire alle vittime. Il parametro dell’adeguatezza è da riferire alle condizioni psicofisiche della vittima, all’età, al grado di istruzione. Un elemento fondamentale è dato dall’esistenza di centri di accoglienza funzionali ad assicurare la “messa in sicurezza” della vittima della violenza.

Il terzo pilastro, prosecution, concerne l’attivazione dell’indagine penale: si tratta dunque di garantire che il sistema della giustizia sia effettivo nel proteggere i diritti e ristorare la vittima dai danni subiti. In questo scenario si inserisce la necessità che il diritto di famiglia sia funzionale a rispondere a queste nuove esigenze.

Infine, l’ultimo elemento concerne la necessità che le politiche pubbliche siano coordinate: i diversi settori, infatti, devono essere integrati nel perseguire l’obiettivo di contrastare questi fenomeni di violenza.

Da una prospettiva normativa, si deve segnalare che il 20 settembre 2023 è stato pubblicato il “Domestic, Sexual and Gender Based Violence Agency Bill” per implementare la cd. “Third National Stratey”. Si tratta, precisamente, di istituire un organo autonomo, strettamente connesso al settore giudiziario (Department of Justice) responsabile di gestire gli episodi di violenza domestica, sessuale, e di genere. Ciò risulta essere in linea con la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Irlanda. Le funzioni che questo organo/agenzia dovrebbe assolvere riguardano una attività di supporto, anche finanziario, nella prevenzione e lotta alla violenza di genere, una attività di compilazione e pubblicazione di informazioni inerenti ai servizi di supporto che vengono offerti, la realizzazione e/o commissioni di ricerche e analisi finalizzate a supportare la valutazione di rilevanti politiche, strategie e servizi[8].

Questa proposta di legge è composta da cinque parti che, a loro volta, contengono 45 sezioni.

Sempre da una prospettiva legislativa, l’attuale quadro normativo è formato dalle seguenti leggi: 1) Criminal Law (Sexual Offences) Act 2017; 2) Criminal Justice (Victims of Crime) Act 2017; 3) Domestic Violence Act 2018; 4) Criminal Law (Sexual Offences Act) 2019; 5) Harassment, Harmful Communications and Related Offences Act 2020; 6) Criminal Procedure Act 2021; 7) Work Life Balance and Miscellaneous Provisions Act 2023; 8) Criminal Justice (Misc. Provisions) Act 2023

Non si tratta di fonti specifiche inerenti la violenza di genere quando, piuttosto, dei “legal framework” che nel disciplinare una determinata materia, quella penale ad esempio, contengono anche delle specifiche disposizioni. Queste ultime, ad esempio, possono riferirsi alla previsione di circostanze aggravanti nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso a danno di una persona qualificata come vulnerabile.

Infine, si deve segnalare un precedente, ossia: People (DPP) v Kane [2023] IECA 86. Si tratta del primo caso, in Irlanda, in cui un uomo è stato condannato per “coercive control” e, dunque, è stata data applicazione, per la prima volta, alla Sezione 39 del Domestic Violence Act 2018, quella appunto relativa al controllo coercitivo. Nel caso di specie, la parte lesa viveva in un contesto di costante minaccia di uso della violenza: si svegliava ogni giorno con la paura di poter essere picchiata o di poter subire insulti da parte del compagno, a causa proprio delle minacce subite. Sono state documentate anche aggressioni fisiche, consistenti nel bruciare il piede con una sigaretta, il procurare ferite in viso con il tagliapizza, ecc.

La Corte d’Appello ha confermato l’approccio del Giudice di primo grado irlandese che aveva individuato la fattispecie di controllo coercitivo. A ciò venivano aggiunte aggravanti, quali: 1) abuso della fiducia; 2) situazione di vulnerabilità della parte lesa; 3) la natura prolungata del reato (circa 9 mesi); 4) lesioni personali; 5) sussistenza di una condizione di isolamento; 6) continue e incessanti umiliazioni/rimproveri.

5. Malta

Per quanto concerne Malta, si devono richiamare le tre “National Strategy on Gender-Based Violence and Domestic Violence”, di cui l’ultima prevista per il periodo 2023-2028.

Quest’ultima si articola in: 1) politiche che devono essere adottate; 2) attività di prevenzione; 3) attività di protezione e supporto delle vittime; 4) attività investigativa, punitiva e di repressione degli autori degli illeciti.

A loro volta, ciascuno di questi “pilastri” si dividono in specifiche misure, azioni concrete che dovranno essere poste in essere, l’Autorità responsabile nel dare attuazione e, infine, il lasso temporale richiesto.

6. Croazia

La Croazia costituisce un’eccezione nel panorama Europeo poiché il 2 aprile 2024 è stato apportato un emendamento al Codice Penale. In forza di questa ulteriore modifica, è stato previsto che la violenza di genere costituisce un reato autonomo. Si aggiunga che l’elemento di novità è dato dal fatto che il concetto di “femminicidio” viene definito dal Legislatore.

In Croazia, femminicidio comprende le seguenti ipotesi criminali: crimini commessi contro “persone vicine”, persone nei confronti delle quali l’attuale autore dell’offesa aveva abusato in precedenza, persone vulnerabili, ossia, coloro che si trovano in un vincolo di subordinazione/dipendenza dall’autore della violenza.

7. Polonia

Con riferimento all’ordinamento giuridico polacco, un elemento di forte novità concerne la sostituzione dell’espressione “family violence” con “domestic violence”. Si tratta di un emendamento apportato a fine dell’anno 2023 che persegue l’obiettivo di punire un maggiore spettro di condotte di violenza. Precisamente, l’espressione “domestic violence” comprende non solamente la violenza fisica, ma anche quella psicologica e comportamenti di controllo nei confronti dei soggetti vulnerabili.

8. E.U. Miscellaneous

Per quanto concerne gli altri Stati membri non è possibile rinvenire una specifica regolamentazione in tema di violenza di genere. In altri termini, essi si limitano a recepire i Trattati internazionali, la Direttiva e le altre Convenzioni esistenti in materia. Si deve segnalare come l’ordinamento giuridico francese abbia “importato” dal Regno Unito la frase “call for Angela” da apporre sulle porte dei bar/locali

9.  Regno Unito

Nel Regno Unito il tema della violenza di genere viene ricompreso nell’acronimo VAWG, ossia Violence against Women and Girls[9]. Si tratta di una espressione generica utilizzata per coprire un’ampia gamma di tipologie di abuso che colpiscono più donne e ragazze rispetto a uomini e ragazzi. Questi abusi comprendono[10] le seguenti condotte: abuso domestico; violenza sessuale; stalking;  dipendenza finanziaria/economica che si può tradurre in una privazione e irragionevole di denaro (ciò può integrare anche il reato di molestie); abuso verbale; abuso spirituale e/o religioso consistente nel ridicolizzare e/o insultare le convinzioni religiose dell’altro oppure nell’impedirne la pratica; abusi subiti dalle bambine; mutilazione genitale femminile; matrimonio forzato;  molestie sul lavoro e nella vita pubblica[11].

Sin da ora si deve precisare come nel Regno Unito non vi sia una specifica definizione di violenza domestica o di abuso domestico. Le leggi britanniche, più correttamente, riconoscono una serie di condotte e comportamenti che possono essere considerati come atti di violenza domestica o di abuso domestico[12].

Con riferimento a Inghilterra e Galles, si deve richiamare la seguente legislazione: 1) Preventing and Combating Violence Against Women and Domestic Violence (Ratification of Convention) Act 2017; 2) Family Law Act 1996 (as amended by the Domestic Violence, Crime and Victims Act 2004); 3) Section 76, Serious Crime Act  2015; Protection from Harassment Act 1997; 4) Sexual Offences Act 2003; 5) Domestic Violence, Crime and Victims Act 2004; 6) Domestic Violence, Crime and Victims (Amendment) Act 2012 6) Children and Young Persons Act 1933 as amended on 3 May 2015, by Part 5 Section 66 of the Serious Crime Act 2015; 7) Anti-social Behaviour, Crime and Policing Act 2004; 8) Female Genital Mutilation Act 2003.

Particolare attenzione deve essere prestata al Domestic Abuse Act 2021. Si tratta di un “Act”, appunto di una legge, che ha introdotto differenti novità. In primo luogo, ha creato l’ufficio del Domestic Abuse Commissioner. Si tratta di un ufficio indipendente, competente a rappresentare le vittime; realizzare un’attività di formazione presso il ‘pubblico’ nella lotta agli abusi domestici; monitorare la risposta delle autorità locali, i sistemi di giustizia[13].

In secondo luogo, la legge vieta agli autori di reato di interrogare personalmente le loro vittime nei tribunali familiari.

Non si può tacere che il Domestic Abuse Act crea la base legale per la Domestic Violence Disclosure Scheme. Secondo quanto stabilito, un individuo o una terza parte può chiedere alle forze dell’ordine di verificare se l’attuale o ex partner ha un passato violento o abusivo. Le forze dell’ordine dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di divulgare le informazioni se i registri mostrano che l’individuo potrebbe essere a rischio di abusi domestici. Le forze dell'ordine possono anche divulgare informazioni a un individuo se riceve informazioni (ad esempio, attraverso un'indagine penale o da un'agenzia del terzo settore) sul comportamento violento o abusivo di una persona che potrebbe avere un impatto sulla sicurezza della vita attuale o ex di quella persona/compagno.

La divulgazione deve rispondere a determinati requisiti, quali, l’essere proporzionata, ragionevole e fondata sull’esistenza di un rischio credibile di danno.

Un ulteriore elemento significativo concerne istituisce una presunzione legale secondo cui le vittime di abusi domestici possono beneficiare di misure speciali dinanzi ai tribunali penali. A ciò si aggiunga l’obbligo in capo alle autorità locali di fornire sostegno alle vittime di abusi domestici e ai loro figli in rifugi e alloggi sicure.

Infine, si deve segnalare il fatto che il Parlamento britannico sta emendando il Sexual Offences Act 2003[14].

Per quanto attiene alla Scozia, invece, pur parte del Regno Unito ma con un sistema giuridico formalmente diverso, è importante fare riferimento a: 1) Domestic Abuse (Scotland) Act 2018; 2) Criminal Justice and Licensing (Scotland) Act 2010; 3) Abusive Behaviour and Sexual Harm (Scotland) Act 2016; 4) Matrimonial Homes (Family Protection) (Scotland) Act 1981;  5) Domestic Abuse (Scotland) Act 2011.

Infine, in Irlanda del Nord, che costituisce il terzo sistema giuridico del Regno Unito, la legislazione è così composta: 1) Domestic Violence, Crime and Victims Act 2004; 2) The Family Homes and Domestic Violence (N.I.) Order 1998; 3) The Protection from Harassment (NI) Order 1997; 4) Sexual Offences (Northern Ireland) Order 2008. Al momento attuale il Domestic Abuse Act and Civil Proceedings Act (Northern Ireland) 2021 è oggetto di modifica.

Nel 2021, precisamente a dicembre, venne pubblicato il primo testo legislativo il cui obiettivo, in modo più pratico, era di definire che cosa le forze di polizia avrebbero dovuto fare al fine di reprimere episodi VAWG[15]. Si tratta dunque di un testo, non tecnicamente legislativo, in quanto non ha forza di legge, ma essendo emanato dall’Autorità di polizia (National Police Chiefs’ Council), ha l’obiettivo di fornire, da parte di uno dei principali players, le forze di polizia, linee guida molto pratiche in questa materia delicata. Per effetto di questo articolato quasi legislativo, tutte le forze di Polizia in Inghilterra e Galles hanno il potere di perseguire i casi di volenza contro donne e ragazze (women and girls).

Esso si incentra su tre elementi: costruire un senso di fiducia (“trust and confidence”); porre le basi affinché l’azione si concentri in una ricerca incessante del colpevole; costruire spazi più sicuri per le vittime.

Successivamente, nel 2023 venne pubblicato il primo report annuale del VAWG; alla luce di ciò venne sviluppato il cd. “4P approach”: si tratta di un approccio metodologico, già testato nei casi di terrorismo. Si aggiunga che nella strategia di lungo periodo (2023-2027), nel caso della violenza di genere questo approccio si fonda su 4 azioni: preparare (“to prepare”); proteggere (“to protect”); perseguire (“to pursue”); prevenire (“to prevent”).

Volendo elaborare quanto appena descritto, la strategia concerne la preparazione che gli agenti di polizia devono avere nel perseguire questa tipologia di crimini. Il riferimento va alle conoscenze, alle competenze, al supporto e alle capacità che gli agenti di pubblica sicurezza devono avere. Ciò è funzionale sia nell’attività di prevenzione che di repressione della violenza di genere. Un fattore essenziale nell’attività di prevenzione, infatti, è l’approccio sistemico: significa che tutte le istituzioni sono chiamate ad assumere un ruolo attivo, e a collaborare, nell’attività di prevenzione di episodi di VAWG.

Analizzando le quattro azioni fondamentali, ossia le 4P, emerge quanto segue.

L’attività di preparazione vede quale protagonista principale i corpi di pubblica sicurezza, dunque, la polizia. In tal senso diviene essenziale la formazione degli agenti, i quali dovranno agire in modo professionale, seguendo apposite norme di condotta e presenti nel codice etico. Ulteriore compito è quello di cercare, in modo attivo, gli autori e le vittime della violenza, nonché quello di identificare i luoghi, i facilitatori e gli impatti che questi atti possono avere.

In tale contesto la polizia viene vista quale elemento di centrale importanza nell’attività di prevenzione e contrasto alla lotta di genere. Ciò è giustificato dal fatto che essa non solamente dispone di strumenti appropriati ed efficaci nella gestione di detto fenomeno ma, al tempo stesso, svolge un ruolo centrale per quanto attiene alla attività di formazione.

Con riferimento all’attività di protezione, l’approccio adottato dalle forze dell’ordine deve essere incentrato sulla vittima. A essa deve essere assicurata la possibilità di alloggiare in un luogo sicuro. A contrario, l’autore della violenza deve essere destinatario di misure di detenzione e di restrizione della libertà personale.

La tutela della vittima può essere garantita ricorrendo a una delle seguenti modalità come, ad esempio, identificazione della/e vittima/e; definizione dei bisogni delle vittime; adozione di un approccio intersezionale fondato sull’ascolto; attività di identificazione, registrazione e protezione delle vittime identificate.

L’attività di perseguire concerne l’identificazione degli autori del reato a cui corrisponde il contrasto all’attività delittuosa e i comportamenti che integrano la fattispecie di reato. L’attività è incentrata sui sospettati e prende le mosse da precedenti giudiziari nonché dalle prove e dagli indizi che vengono raccolti. La priorità viene accordata al perseguimento dei reati della violenza di genere.

Con riferimento all’attività di prevenzione, appare chiaro il ruolo di nevralgica importanza accordato alla polizia. Questa attività, a sua volta, si declina in: identificazione dei rischi; collaborazione con le persone vicine all’autore della violenza; risoluzione dei problemi; creazione di un ambiente sicuro, sia reale che virtuale; attività di prevenzione. Quest’ultima, a sua volta, si declina in attività di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. La prima, dunque la prevenzione primaria, consiste nel prevenire il comportamento violento; la prevenzione secondaria è incentrata nell’attività di prevenzione del trasgressore. Infine, la l’attività di prevenzione terziaria consiste nella condivisione attiva di informazioni e nella partecipazione a partneriati coerenti con l’attività di prevenzione nazionale.

Nonostante ciò, sono stati individuati alcuni elementi di criticità. Nella pratica, sovente, le forze di polizia non prendono in considerazione fattori di violenza quando non si traducono in una violenza fisica. Si aggiunga che la pratica di “coercitive control” rientra nel genus di abuso domestico ma non costituisce reato. Sussiste anche la problematica dell’assenza di supporto, nella maggior parte dei casi, dell’attività della polizia da parte delle vittime degli abusi domestici. Infine, non si può tacere la difficoltà di definire la condotta di abuso domestico nell’ipotesi in cui si colloca al di fuori delle tradizionali categorie di reato. Ad esempio, un caso di abuso domestico che coinvolga una combinazione di controllo coercitivo e aggressione, il Crown Prosecution Service potrà scegliere di non di formulare un'accusa in relazione al controllo coercitivo, ma di perseguire l'individuo per aggressione[16].

Con riferimento alla situazione delle vittime, è emerso che l’attuale legislazione non tiene conto dello stato psicologico delle vittime[17]. Precisamente, la vittima di una violenza di genere prova un sentimento di paura con riferimento alla possibilità di perdere la casa o di divenire una “senza tetto”; alle ripercussioni sul proprio status di immigrazione; alla possibilità che dal porre termine alla relazione possa derivare un danno/violenza fisica; alla incapacità di “farcela da solo” poiché l’aggressore ha distrutto l’autostima della vittima: in tale contesto la mancanza attiene alla fiducia in sé stessi, non di denaro o disponibilità economiche; alla possibilità che l’autore del reato non lasci l’abitazione famigliare.

Da una prospettiva di tutela giudiziaria, la competenza appartiene o alla Family Court o al tribunale penale. Il tribunale competente sarà determinato dalla linea di condotta richiesta. In Inghilterra, ad esempio, è competente la Family Court qualora vengano richieste due tipologie di ordine. La prima allude a un ordine di occupazione, che consenta alla vittima di escludere l'aggressore dalla sua proprietà o di mantenere una certa distanza dalla proprietà, riaffermando per via giudiziale il diritto a occupare un determinato luogo. La seconda è relativo a un ordine di non molestia, che impedisce a un aggressore di usare, o minacciare, violenza, molestare, intimidire o tormentare una vittima. Sarà invece competenza del vero e proprio tribunale penale (la Magistrates’ Court in Inghilterra e Galles), qualora l’aggressore infranga uno degli ordini sopra elencati o commetta un reato.

I casi di abuso domestico possono essere esaminati anche presso sezioni specializzate in violenza domestica in Inghilterra, Galles e Scozia, esistenti presso ciascun tribunale. Queste Corti specializzate sono state introdotte nel 2005/2006 per migliorare il processo giudiziario per le vittime di abusi domestici. I tribunali specializzati dispongono di personale giudiziario appositamente formato, di ingressi/uscite separati e di sale d'attesa per le vittime, affinché queste non entrino in contatto con gli aggressori.

Non si possono non richiamare i precedenti maggiormente importanti. Con riferimento a una fattispecie di abuso domestico, una recente pronuncia (Re H-N and Others (children) (domestic abuse: finding of fact hearings) [2021] EWCA Civ 448) fornisce degli spunti. Precisamente, nel decidere un caso di abuso domestico, i giudici devono prendere in considerazione gli effetti che ciò potrà avere nei confronti della prole e del partner. Ciò è funzionale a porre in essere misure di protezione a tutela di detti soggetti. Viene enfatizzata l’importante ruolo dei magistrati i quali, infatti, devono prestare particolare attenzione nella valutazione dei fatti. Le prove potrebbero essere non del tutto precise, concordanti e univoche e le conseguenze di ciò possono avere un impatto, poiché è necessario valutare, prevedere e disporre gli eventuali rimedi, sia qualora si ritenga che una condotta integri un abuso, sia nell’ipotesi contraria. In questo contesto diviene di nevralgica importanza identificare sin da subito eventuali ipotesi di abuso.

In R v Cooksey [2019] EWCA Crim 1410 è stato precisato che una Corte deve prestare estrema attenzione agli “incidenti domestici” soprattutto qualora vi sia il sospetto che essi celino, o possano celare una violenza domestica.

R v Challen [2019] EWCA Crim 916 riguarda un omicidio commesso dalla moglie nei confronti del marito, precisamente la moglie aveva inferto plurime martellate. Nell’assumere codesta decisione, è stato ritenuto che sussistessero prove di una relazione abusiva e che il controllo coercitivo poteva essere rilevante per le difese della provocazione e della diminuzione di responsabilità.

10. Australia

Sempre rimanendo entro una prospettiva di common law, si deve richiamare l’approccio che si può rinvenire nel Continente australiano. La particolarità è che l’attività di prevenzione e contrasto alla violenza di genere viene attuata sia da una prospettiva “nazionale” sia da una prospettiva “locale”.

Partendo dal primo filone, ossia, quello nazionale, viene evidenziato come la prevenzione primaria sia quella maggiormente complessa poiché richiede un approccio fondato su un “dialogo” tra il singolo individuo, la comunità e fattori socio-ambientale. L’approccio di prevenzione primaria e secondaria, invece, richiede di essere implementato da tutte le entità governative, non governative, organizzazioni e comunità.

Sono proprio le organizzazioni e le comunità locali a svolgere un ruolo di primaria importanza alla luce del fatto che una significativa parte della popolazione è costituita da indigeni. Di qui, la risposta proposta dal governo australiano è, fondamentalmente, basata sulla dinamica relazionale dei differenti gruppi sociali: quello famigliare, quello delle comunità, appunto gli indigeni, quello dei pari, ecc. L’aspetto particolarmente innovativo è che è incentrato sull’analisi comportamentale-relazionale. Di qui, anche la risposta che viene plasmata è fondata su di un approccio relazionale, poiché l’obiettivo è quello di “ristorare” il danno prodotto da un determinato atto, ossia, quello della violenza.

Un aspetto di novità viene dal rapporto pubblicato dal Center for Women’s Economic Safety (CWES) nel quale sono contenute delle linee guida funzionali a rendere l’Insurance Contracts Act 1984 (IC Act). Ad esempio, alcune clausole assicurative potrebbero coprire le ipotesi in cui dagli episodi di violenza sono derivati danni alle abitazioni, alla macchina o di qualsivoglia altra tipologia.

11. Conclusioni

L’analisi condotta nel presente contributo dimostra che dai “common laws” sia possibile trarre importanti spunti per quanto concerne misure pratiche e concrete da adottare nella lotta alla violenza di genere.

La comparazione che viene proposta, dunque, è tra ordinamenti giudici di common law e Unione Europea. Con riferimento a quest’ultimo ordinamento giuridico, la Direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica costituisce l’architrave sul quale dovranno poggiare le legislazioni di tutti gli Stati Membri.

Ancora una volta, questo studio comparatistico dimostra le fondamentali differenza tra l’approccio di common law e quello del diritto europeo: il primo che nasce dalla società per la società; il secondo come un diritto che promana da una Autorità posta in una posizione di sovraordinazione e che viene calato dall’alto.

Dei diversi Paese dell’Unione Europea, si sono esaminati quelli più significativi, non per ragioni politiche, quanto piuttosto per il grado di originalità della relativa disciplina. La scelta di prendere in esame specifici Paese dell’UE, e non tutti, nasce anche dal fatto che, stante anche la nuova Direttiva dell’UE, si assisterà sempre di più a una convergenza verso testi nazionali dei Paese UE. D’altro canto, una disamina “a tappeto” della disciplina di tutti i Paesi UE non può apparire credibile, salvo ipotizzare che gli scriventi conoscano tutte le 15 lingue dell’Unione Europea, ovvero tutti i Paesi dell’Unione Europea abbiano le proprie fonti normative disponibili in inglese: circostanza non da darsi per scontata. 

Da ultimo, l’approccio che viene proposto potrebbe essere definito di data collection, dunque uno studio empirico-giuridico che supporta la conclusione poc’anzi formulata. In altri termini non solo e non tanto una doctrinal analysis (una analisi letterale delle norme), bensì una analisi giudica fondata su di un approccio vicino al metodo scientifico delle scienze naturali. In ciò in definitiva risiede l’originalità del presente lavoro, ma soprattutto la sua possibilità di ispirare legislatori, law makers, in grado davvero di migliorare il contesto sociale di una tematica che sta sempre più assumendo i contorni più problematici.


Note e riferimenti bibliografici

** Sebbene il lavoro sia il frutto di una riflessione congiunta, ai fini amministrativi italiani, i paragrafi 1,2, 3 e 4 sono da attribuire al Professore de Gioia Carabellese; i paragrafi 5, 6, 7, 8 e 9 alla Dottoressa Della Giustina. Il paragrafo 11 e' da attribuire a entrambi. 

[1] Sul tema specifico della violenza sul luogo di lavoro e discriminazione/violenza, si rimanda a P. de GIOIA CARABELLESE & C. DELLA GIUSTINA, Il Diritto del Lavoro e del Techno-Business Law, Pacini, 2022. 

[4] Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence (GREVIO), Report submitted by Denmark pursuant to Article 68, paragraph 4 of the Council of Europe Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence (1 st thematic evaluation round) Received by GREVIO on 4 July 2023 GREVIO/Inf(2023)15.

[8] Oireachtas Library & Research Service, 2023. L&RS Bill Digest: Domestic, Sexual and Gender Based Violence Agency Bill. Bill No. 67 of 2023.

[9] Il tema della violenza di genere nel Regno Unito, soprattutto sul luogo di lavoro, si legge da ultimo, in inglese, in P. de GIOIA CARABELLESE & C. DELLA GIUSTINA, Employment Law in the UK and EU, Aracne, 2024.

[10] Violence against women and girls - Office for National Statistics (ons.gov.uk).

[11] P. de GIOIA CARABELLESE & K Myhill, Age discrimination: A ‘too Young’ Protected Characteristic in Europe?’, in Interdisciplinary Perspectives on Equality and Diversity, 2016(2), online.

[12] In italiano, una analisi sistematica del common law in relazione al diritto del lavoro, si legge in C. Della Giustina & P. de Gioia Carabellese, Il diritto del lavoro e del techno-business law, Pisa, 2022. Ulteriori contributi comparatistici, in tema di employment law e sulle sue articolate sfaccettature, si leggono in C. Della Giustina, P. de Gioia Carabellese P., I gig-workers di Deliveroo secondo la UK Supreme Court, in Cammino Diritto, 2024(1), online. C. Della Giustina & P. de Gioia Carabellese, L’adozione di un codice di condotta per l’uso dei social network, in Cammino Diritto, 2024 (1), online; P. de Gioia Carabellese, Brevi note sul salario minimo orario: lezioni – e di buon senso – dalla Gran Bretagna, in Cammino Diritto, 2023(9), online; P.de Gioia Carabellese, Analisi della social security. Cenni comparatistici sul diritto della previdenza sociale nel Regno Unito, (2023)2 Rivista della Previdenza Forense, 2023(2), online.

[13]  Domestic Abuse Act 2021 | The Law Society.

[16] I. BRENNAN, A. MYHILL, Coercive control: Patterns in crimes, Arrests and Outcomes for a New Domestic Abuse Offence, in The British Journal of Criminology, vol.  62, n.  2/2022, pp. 468–483.

[17] M. HESTER, S.-J.WALKER, A. MYHILL, The Measurement of Domestic Abuse – Redeveloping the Crime Survey for England and Wales, in Journal of Family Violence, n. 38/2023, pp. 109-1093.