La transizione umana attraverso la transizione alimentare
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Camilla Della Giustina

La tematica della carne sintetica, o carne coltivata, è attualmente al centro del dibattito politico, legislativo ed accademico. Più in generale, discorrere di carne sintetica richiede di approcciare la tematica del diritto al cibo. Quest´ultimo, in base alla cd. green transition strategy, richiede di essere bilanciato con altri diritti, quali il diritto all´ambiente, il diritto degli animali e il diritto al clima.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Regolamentazione Europea: cenni; 3. Problematiche bio-giuridiche; 4. Le ragioni del diritto costituzionale: una premessa; 5. Le sfide attuali del diritto agroalimentare; 6. Dagli esseri umani agli esseri sintetici; 7. La carne sintetica quale nuovo alimento per gli esseri sintetici
1. Introduzione
La tematica della carne coltivata[1] risulta essere al centro del dibattito legislativo, accademico e politico. Le ragioni di questo sono molteplici: in primo luogo, l’allevamento degli animali si trova a vivere una situazione di stress a causa dell’aumento della domanda globale di carne. Si aggiunga che, al tempo stesso, l’allevamento intensivo viene considerato responsabile di circa il 14,5% delle emissioni totali di gas serra; percentuale destinata a crescere, secondo le previsioni[2]. In questo scenario non è da dimenticare l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, il quale richiede che anche il sistema agroalimentare accompagni la transizione verso un consumo più sostenibile[3].
La tematica della carne sintetica, o della carne coltivata, si inserisce in questo scenario e persegue l’obiettivo di bilanciare due esigenze contrapposte, ma coesistenti. Da un lato, è necessario rinvenire delle soluzioni idonee a rispondere alla crescente domanda di fonti proteiche. Dall’altro lato, è necessario fornire una risposta che sia conforme alle priorità sociali e ambientali[4].
Non si deve dimenticare che, nell’ordinamento giuridico italiano, con la modifica apportata dalla l. cost. 1/2022 è stato novellato l’art. 9 Cost. Nella sua attuale formulazione, al secondo periodo del terzo comma, l’art. 9 enuncia che è compito della «legge dello Stato»[5] disciplinare «i modi e le forme di tutela degli animali».
In tal senso, la protezione accordata agli animali è indipendente rispetto a qualsiasi altro bene (sia esso ambiente, fauna e biodiversità): ciò consente di riconoscere loro quali esseri senzienti. Ai fini ermeneutici, si deve aggiungere che la disposizione de qua, art. 9 Cost., nella geografia della Costituzione italiana appartiene ai cd. principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.
Se questo è il dibattito in cui si inserisce la tematica, l’approccio che si intende seguire in questo saggio assume una sfumatura in parte differente. La premessa dalla quale si prende le mosse è la considerazione secondo cui il cibo è un elemento naturale/materiale. Sebbene ciò sia corretto, si deve precisare che il cibo, da una prospettiva classificatoria, è res non naturalis. Questa conclusione poggia sulla tesi secondo cui il cibo rappresenta il risultato di «processi culturali che coinvolgono la domesticazione, la trasformazione, la reinterpretazione di ciò che è presente in natura[6]».
Volendo precisare quanto esposto in precedenza, si enfatizza che il cibo è anche cultura: l’uomo, infatti, definisce il proprio cibo attraverso la selezione di piante da coltivare, prediligendo o sostituendo l’attività di produzione a quella di predazione. A questo si deve aggiungere che nel cibo vi è anche una dimensione socio-culturale poiché non tutto ciò che viene considerato come commestibile è socialmente, culturalmente e psicologicamente accettabile[7].
Emerge con chiarezza come il diritto al cibo sia estremamente complesso: alla base si rinviene quello che è stato definito come «il dilemma del carnivoro[8]»: è stato osservato come gli animali non onnivori non possiedano alcuna incertezza su che cosa mangiare dato che le loro preferenze sono determinate da un punto di vista genetico e il loro sistema digestivo è capace di assorbire tutto ciò di cui un organismo ha bisogno. A contrario, gli onnivori, tra cui rientra l’uomo, devono dedicare molto tempo nel selezionare gli alimenti da ingerire senza correre alcun rischio[9].
Prendendo le mosse da questo, l’interrogativo fondamentale è come il consumo di un novel food – quale la carne coltivata – possa impattare sull’essenza umana. In altri termini, lo sviluppo della scienza, l’impatto delle nuove tecnologie e, da ultimo, un cambiamento delle abitudini alimentari potrebbero accelerare quella che è stata definita come «la transizione dall’umano al non-umano»[10].
Se questa rappresenta il Leitmotiv di questo saggio, per quanto concerne la metodologia che verrà seguita, essa atterrà, primariamente, a una disamina della normativa europea e italiana formatasi per, successivamente, concentrare l’attenzione sulla possibile lettura costituzionalmente orientata del fenomeno.
Infine, sempre nel contesto di questa introduzione, la chiave di lettura che si vuole fornire è quella del cibo come elemento strettamente correlato all’uomo e ai processi evolutivi che esso si trova a vivere. In altri termini, la transizione che interessa la società umana potrebbe determinare delle conseguenze anche sull’esperienza umana per eccellenza, ossia, l’alimentazione.
2. Regolamentazione Europea: cenni
L’immissione sul mercato della carne coltivata e il relativo controllo funzionale a garantire la sicurezza dei consumatori è regolamentato dal diritto dell’Unione Europea.
In particolare, in seguito a un’interrogazione parlamentare, è stato individuato il punto di riferimento legislativo in materia di carne coltivata nel Regolamento n. 2015/2283, relativo ai cosiddetti “novel food”. Tale Regolamento detta la normativa per l’immissione dei nuovi alimenti nel mercato interno dell’Unione, garantendone l’efficace funzionamento e assicurandone un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori. In base alla normativa poc’anzi citata, l’immissione di un prodotto – qualificabile come “novel food” – deve rispettare le condizioni contenute nell’art. 7 del Regolamento[11].
La disciplina risulta essere estremamente dettagliata anche con riferimento alla procedura che deve essere seguita per immettere in commercio uno di questi alimenti. In base all’art. 10 viene prevista la necessità di presentare una domanda, da parte del richiedente, alla Commissione, la quale di sua iniziativa dovrà avviare la procedura finalizzata all’aggiornamento dell’elenco dei “novel food”.
Per quanto concerne il contenuto, la domanda di autorizzazione da presentare alla Commissione deve contenere: a) il nome e il domicilio del richiedente; b) il nome e la descrizione del nuovo alimento; c) la descrizione del/i processo/i di produzione; d) la composizione dettagliata del nuovo alimento; e) prove scientifiche attestanti che il nuovo alimento non presenta rischi associati alla sicurezza per la salute umana; f) se del caso, il/i metodo/i di analisi; g) una proposta relativa alle condizioni d’uso previsto e ai requisiti specifici di etichettatura per non indurre in errore i consumatori o una motivazione verificabile che illustri le ragioni per cui tali elementi non sono necessari.
Successivamente, sarà onere della Commissione mettere a disposizione degli Stati Membri la domanda presentata. Viene altresì previsto, dal comma sesto, che gli Stati membri hanno la possibilità di esprimere pareri in merito all’aggiornamento dell’elenco.
Con riferimento alle condizioni che devono essere rispettate ai fini dell’immissione nel mercato, la valutazione è rimessa alla Commissione che, a sua volta, dovrà valutare l’elemento della sicurezza. Quest’ultima dovrà essere comparata con gli alimenti già esistenti nel mercato.
Dinnanzi a questa posizione di stampo europeo, nell’ordinamento giuridico italiano si è assistito alla presentazione di un disegno di legge diretto a vietare la produzione e la conseguente immissione in commercio di alimenti sintetici[12]. La giustificazione del Governo italiano diretta a supportare il provvedimento diretto a vietare la commercializzazione di detti prodotti attiene alla tutela del diritto alla salute dei cittadini vista l’assenza di una normativa in materia.
Precisamente da dicembre 2023, il divieto è stato racchiuso nella legge 172/2023[13]. La disposizione cui fare riferimento è l’art. 2, primo comma secondo periodo, secondo cui «è vietato agli operatori del settore alimentare e agli operatori del settore dei mangimi impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare ovvero promuovere ai suddetti fini alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati».
Detta legge era stata bocciata dalla Commissione Europea a causa della violazione della procedura di notifica sancita dalla Direttiva 2015/1353/UE[14]. In base a detta disciplina, infatti, qualora lo Stato membro dovesse introdurre delle leggi che potrebbero creare ostacoli alla concorrenza del mercato interno deve notificare il disegno di legge alla Commissione e agli altri Stati membri. Detto obbligo deve essere adempiuto prima dell’entrata in vigore. Si aggiunga che diviene necessario, altresì, sospendere l’iter legislativo interno/nazionale per tre o sei mesi affinché venga valutata la compatibilità con il diritto dell’Unione Europea.
Posto che il testo di legge conteneva anche il divieto di vendita, produzione e commercializzazione della c.d. “carne coltivata”, era quindi assoggettato alla “procedura TRIS”. Dopo la sua approvazione in Parlamento, il disegno legislativo era stato correttamente notificato alla Commissione in data 1° dicembre 2023[15]. In un momento successivo era stato ritirato, per poi essere rinotificato solo dopo essere divenuto formalmente legge, senza attendere il termine del periodo di sospensione imposto dalla direttiva.
Sebbene all’atto fosse stata aggiunta una lettera che chiariva l'impegno del Governo di adeguarsi a eventuali osservazioni formulate dalla Commissione, quest’ultima, asserendo la violazione della procedura TRIS, il 29 gennaio 2024 aveva archiviato la notifica del testo di legge da parte dell’Italia[16]. La Commissione ha poi invitato lo Stato membro «a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia». La giustificazione di ciò risiede nell’assenza di ulteriori osservazioni da formulare/avanzare[17].
3. Problematiche bio-giuridiche
Se il paragrafo precedente ha evidenziato come la tematica della carne sintetica possa rappresentare un ulteriore ambito di frizione tra l’ordinamento nazionale e quello dell’Unione Europea, non si possono dimenticare gli impatti, sia giuridici che bioetici, che possono nascere da questa nuova tecnica.
Il primo interrogativo sorge in relazione all’impatto che l’evoluzione della tecnica e della scienza può determinare sulle tradizionali categorie giuridiche. In altri termini, ci si chiede se i confini tra il concetto di allevamento e di agricoltura non diventeranno sempre più sfumati.
A ciò deve essere aggiunta la considerazione secondo cui la tecnica della coltivazione in vitro della carne sembra richiamare quella della fecondazione in vitro degli embrioni. L’analogia verrebbe giustificata dalla medesima metodologia scientifica utilizzata. Di conseguenza, sembrerebbe che i confini tra le differenti aree giuridiche, ossia quella del diritto agroalimentare e della bioetica/biodiritto divengono sempre più sfumate al punto da sovrapporsi.
Infine, l’argomento che verrà sviluppato nel paragrafo finale attiene a una equazione. Essa attiene alla considerazione secondo cui l’alimentazione propria di un essere umano sia cibo non coltivato in laboratorio. La conseguenza è che una progressiva realizzazione e immissione in commercio di cibo “artificiale” costituirebbe un fattore idoneo ad accelerare la transizione da essere umano a essere sintetico[18].
4. Le ragioni del diritto costituzionale: una premessa
Riprendendo la tesi avanzata nell’introduzione, il rapporto tra coltivazione di carne sintetica e diritto costituzionale dipende dal fatto che il cibo sia una delle estrinsecazioni della dignità umana. Solamente nel momento in cui quest’ultima viene rispettata è possibile identificare il diritto al cibo quale diritto avente dignità costituzionale.
Il diritto al cibo, infatti, non coincide solamente con il diritto ad alimentarsi ma deve essere interpretato quale «accesso regolare, permanente, libero - sia direttamente sia tramite acquisti monetari - a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato e sufficiente, corrispondente alle tradizioni culturali della popolazione di cui fa parte il consumatore e in grado di assicurare una vita psichica e fisica, individuale e collettiva, priva di angoscia, soddisfacente e degna[19]».
Il diritto al cibo, dunque, comprende al proprio interno sia il diritto alla vita – da intendere quale diritto alla sopravvivenza – sia quale elemento diretto a soddisfare i bisogni umani, siano essi quantitativi che qualitativi.
Volendo individuare i parametri costituzionali riferibili al diritto al cibo si deve precisare come il richiamo all’esistenza libera e dignitosa sia ricavabile solamente dall’art. 36 Cost. ed è riferito al diritto del lavoratore a una retribuzione proporzionata sia alla quantità che alla qualità del suo lavoro nonché sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Altri parametri che forniscono una copertura definibile come indiretta a questo diritto si rinvengono negli artt. 1, 2, 3, 4 e 41 Cost.
Emerge che il diritto al cibo viene configurato come un dovere attinente alla solidarietà orizzontale tra cittadini nonché in quella della partecipazione dello Stato per quanto attiene alla solidarietà verticale[20].
Discussa è la possibilità di interpretare il diritto al cibo nell’accezione di bene vitale alla previsione dell’art. 32 Cost. ossia del diritto alla salute, funzionale e preliminare all’esercizio degli altri diritti oltre che fondamentale per la vita. In questo senso, il diritto al cibo non sarebbe solamente diretto a garantire la mera sopravvivenza ma la stessa dignità umana oltre che il libero sviluppo della persona umana. In tale direzione, una alimentazione scorretta determinerebbe, in primo luogo, un problema di salute dato che aumenta il rischio di ammalarsi di obesità per coloro i quali non possono permettersi un cibo adeguato.
Appare chiaramente che, nella Costituzione italiana, il diritto al cibo ha natura implicita poiché elemento alla base dei principi di dignità, di eguaglianza e di solidarietà[21]. Visto da una prospettiva “politica”[22], la quantità e la qualità del cibo siano legate sia alla condizione economica sia a quella politica tipica di ogni Paese. Di conseguenza, secondo questo secondo approccio, è necessario predisporre e attuare politiche di ridimensionamento per quanto attiene allo spreco alimentare e, allo stesso, tempo, assicurare l’accesso al cibo necessario alla sopravvivenza.
Infine, ulteriore profilo concerne l’aspetto sociale e culturale[23] poiché il cibo può essere definito quantitativamente e qualitativamente adeguato se corrisponde alle tradizioni culturali della popolazione alla quale appartiene il consumatore[24]. Nonostante la problematica della fame e della malnutrizione siano sempre state presenti «la valenza erga omnes del diritto al cibo giacché diritto umano è una novità piuttosto recente[25]». Si aggiunga che detta tematica è oggetto non solamente di interventi normativi ma anche di azioni socio-economiche e ambientali.
Volendo sintetizzare quanto esposto fino a ora, il diritto al cibo persegue differenti obiettivi: la possibilità di accedere a una dieta definibile come sufficientemente sana, nutriente; il rispetto della religione e della cultura nell’alimentazione; soddisfazione di bisogni primaria; garantire il diritto alla sopravvivenza; tutela del concetto di dignità umana[26]. Quest’ultima nonostante orienti l’interpretazione del principio lavorista integra altresì l’elemento chiave attorno al quale costruire il sistema di tutela costituzionale del diritto al cibo[27].
5. Le sfide attuali del diritto agroalimentare
Da una prospettiva di diritto costituzionale, è stata spiegata la correlazione che sussiste tra cibo e diritto, tra alimentazione, tutela della salute e della dignità umana.
Se questo attiene al piano dei diritti, è necessario rapportarsi con le sfide che la globalizzazione ha imposto di affrontare. Precisamente, attraverso questo processo si è assistito a una omogenizzazione comportando, di fatto, una sostituzione delle culture alimentari locali con quelle globalizzate.
Si è assistito a una supremazia delle tecniche agricole ad alto rendimento che, a loro volta, hanno accresciuto l’agricoltura monocultura a scapito della biodiversità. Quello che emerge è che i metodi agricoli di carattere industriale hanno prodotto quale risultato finale quello non solo di danneggiare le zone agroecologiche ma anche attinente all’insorgenza di patologie croniche legate alla dieta e forme di malnutrizione. È stato dimostrato, infatti, che le culture tradizionali e locali «contengono tesori di conoscenza provenienti da culture e da modelli di vita in ecosistemi locali che si sono evoluti per un lungo tempo» ed ha evidenziato «le dimensioni di natura e cultura che definiscono un sistema alimentare», da proteggere contro il rischio della loro distruzione[28].
In altri termini, si è arrivati a discorrere di «patrimoni alimentari[29]» da rapportare a un determinato territorio e a una determinata cultura. L’alimentazione risulta essere il prodotto di una dialettica tra terreno – cioè porzione di spazio materiale dotato di peculiari caratteristiche fisico-chimiche, climatiche e agronomiche – e luogo di insediamento della popolazione. Quest’ultimo, a sua volta, allude a un territorio in cui una determinata comunità si è insediata per un arco temporale sufficientemente lungo[30].
Si profila un’ulteriore sfida che il diritto costituzionale contemporaneo deve affrontare: la tutela della identità alimentare culturale dinnanzi a una progressiva globalizzazione. La tematica di fondo, volendo elaborare ulteriormente, attiene al diritto che potrebbero vantare i differenti territori ad auto-rappresentare le proprie «identità alimentari[31]». Ciò avverrebbe sia mediante la produzione dei loro prodotti tipici sia grazie alla conservazione dei propri modelli di cultura alimentare[32].
Sempre da una prospettiva di diritto costituzionale, i principi cui fare riferimento sarebbero il principio autonomistico (artt. 5 e 114); quello di differenziazione (art. 118 Cost.); quello del «diritto all’identità culturale regionale[33]»; «diritto allo sviluppo di patrimoni alimentari locali[34]».
Infine, non si può tacere come una ulteriore sfida attenga al contrasto alla povertà[35]. A titolo esemplificativo, negli ordinamenti giuridici di common laws[36] il diritto al cibo viene definito quale «basic rights». Il diritto al cibo, infatti, rappresenta uno di quei diritti la cui tutela è necessaria nonché funzionale al godimento di altri diritti fondamentali. Di conseguenza, la disponibilità, l’accesso e il godimento di un cibo adeguato costituiscono le condizioni necessarie, e minime, per l’esercizio di altri diritti, quali il diritto alla salute, ad esempio. Appare chiaro, dunque, come il diritto al cibo richiami, seppur implicitamente, la questione della povertà. Di qui, l’altra “faccia della medaglia” è costituita dalla necessità che il legislatore predisponga delle politiche e degli adeguati interventi sociali funzionali a rendere il diritto al cibo come una pretesa giuridica soggettiva[37].
6. Dagli esseri umani agli esseri sintetici
L’aspetto di novità di questo research paper è quello di interpretare il diritto alla alimentazione come espressione di un determinato tipo di società, dunque, di diritto. Se rapportato alla tematica della carne coltivata, ci si chiede se questa possa rappresentare l’alimentazione di quelle che saranno “le persone del futuro”. Volendo elaborare, si assiste a una progressiva transizione non solo ecologica e tecnologica ma, potenzialmente, anche umana.
Dinnanzi al progressivo riconoscimento di uno status giuridico, che potrebbe essere definito “elettronico”, è possibile che, in un futuro più o meno prossimo, anche gli esseri sintetici possano rivendicare dei diritti, tra cui, ad esempio, quello di non essere discriminati dagli esseri umani. A questo si deve aggiungere che proprio la continua interazione destinata a svilupparsi tra esseri umani e robotici potrebbe portare i primi a trattare i secondi come persone, o come animali, in determinate circostanze e a determinate condizioni.
Quanto appena descritto ha costituito la base affinché in dottrina si iniziasse a discorrere di estensione della soggettività agli esseri non-umani[38]. Questa esigenza prende le mosse dalla circostanza in forza della quale le forme di intelligenza artificiale forniscono, poiché dotate di “autonomia” dall’essere umano, delle prestazioni che divengono incontrollabili sia dagli utilizzatori che dagli sviluppatori[39].
Parte della dottrina ritiene che dovrebbe escludersi il riconoscimento della qualifica di “soggetto” in capo agli esseri sintetici, poiché estendere le disposizioni generali sulla responsabilità civile sarebbe già sufficiente a tal fine. Di tal via, gli esseri non-umani verrebbero assimilati alle macchine. Quale conseguenza di ciò, da ultimo, sarebbe inevitabile l’applicazione in via analogica delle disposizioni contenute nel codice civile relative alla responsabilità del produttore e dell’utilizzatore[40].
Orientamento contrapposto, invece, riconosce una soggettività giuridica, seppur limitata, ai meccanismi robotici. Il risultato logico di tale ultima presa di posizione attiene alla possibilità di imputare, primariamente, le azioni dannose ai meccanismi sintetici e solo in un secondo momento agli sviluppatori e utilizzatori[41].
Da una prospettiva metaforico-descrittiva, i robot sono entità con un proprio corpo e con una propria struttura cerebrale fondata su una logica computazionale. Se a uno stadio iniziale essi non possono essere considerati totalmente autonomi rispetto all’essere umano, con il progredire della conoscenza e della tecnica gli stessi potranno acquisire una sempre maggiore indipendenza. In senso direttamente proporzionale, l’essere umano perderà qualsiasi forma di controllo e di gestione sulle loro azioni[42].
L’aggancio normativo, da una prospettiva di diritto costituzionale italiano, è l’art. 9, terzo comma, ossia l’attuale formulazione a seguito della legge cost. 1/2022. In questo scenario, il riferimento va all’espressione «generazioni future» che potrebbe ricomprendere anche le entità sintetiche[43]. Ancora più precisamente, proprio con la riforma costituzionale 1/2022[44] vi è stata una esplicita apertura al riconoscimento di diritti di altri soggetti[45] come gli esseri animali, ad esempio. è possibile, infatti, che come conseguenza del potenziamento umano[46], della persistenza, ed esistenza, delle tecniche di clonazione e di crioconservazione umana, le future generazioni siano degli esseri umani roboticamente potenziati[47]. Lo stadio finale potrebbe essere rappresentato da una realtà in cui esseri umani e robotici si trovano a vivere insieme[48].
In dottrina si rinviene la tesi secondo cui un robot[49] sociale può essere definito come un artefatto robotico autonomo suscettibile di interagire con gli esseri umani consentito grazie alla corporeità di cui sono rivestiti. Di qui, l’elemento del corpo assume un ruolo di nevralgica importanza poiché attraverso l’embodiment fisico viene consentita questa interazione[50].
Nella prospettiva di diritto europeo, una possibile fonte potrebbe essere la Risoluzione del Parlamento Europeo concernente l’applicazione delle disposizioni di diritto civile sulla robotica. Attraverso tale primo intervento normativo, si è assistito alla attribuzione della soggettività giuridica piena dei meccanismi “autonomi” rilevando, al tempo stesso e quasi paradossalmente, l’urgenza di una specifica regolamentazione organica preordinata a limitare la progressiva autonomia degli esseri sintetici.
Più recentemente, il Parlamento Europeo ha adottato una nuova Risoluzione[51] esortando la Commissione a riesaminare la documentazione già in suo possesso al fine di assicurare che quanto in precedenza stabilito possa dirsi funzionale allo scopo. Sono stati elaborati ulteriori documenti. In primo luogo, il riferimento va alla elaborazione di un report[52] attinente alle «implicazioni dell’intelligenza artificiale, dell’Internet delle cose e della robotica in materia di sicurezza e responsabilità» a sua volta allegato al Libro Bianco «sull’intelligenza artificiale – Un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia»[53].
In secondo luogo, si deve necessariamente richiamare la proposta di Regolamento elaborata dalla Commissione Juri[54] alla quale deve essere riconosciuto il merito di aver delineato una doppia responsabilità del sistema autonomo. Secondo quanto si legge in questa proposta, infatti, si potrebbe rinvenire una responsabilità di tipo oggettivo e una di colpa presunta. La prima sarebbe da riferire al danno provocato da un sistema di intelligenza artificiale ad alto rischio, ossia aeromobili a pilotaggio remoto (“droni”), sistemi autonomi di gestione del traffico, ecc. Il secondo troverebbe applicazione in tutte quelle circostanze in cui il sistema di automazione non risulta essere dotato di un elevato grado di autonomia.
Non si può nemmeno non prendere in esame una possibile tassonomia degli esseri non-umani differenti da quelli vegetali e animali. L’interrogativo è se le espressioni esseri robotici, sintetici ed elettronici possano essere utilizzate quali sinonimi tra di loro.
In base alla già citata risoluzione del Parlamento Europeo[55] sembra che lo status giuridico delle entità robotiche dovrebbe essere la cd. personalità elettronica: un tale status dovrebbe essere riconosciuto solamente ai robot maggiormente evoluti, per tali intendendo quelli che assumono decisioni in modo autonomo e si interfacciano con soggetti terzi.
Alla luce di ciò, sembra potersi addivenire alla conclusione che il concetto di elettronico sia da riferire allo status degli esseri robotici e che gli aggettivi robotici e sintetici possano essere utilizzati in modo intercambiabile. Tuttavia, volendo essere ancora più precisi, sintetico potrebbe essere riferito a un soggetto il cui involucro corporeo sia non naturale ma artificiale[56].
Proprio questa apertura potrebbe giustificare anche il riconoscimento del diritto dei robot, dunque, una possibile emersione di un principio robotista[57]-[58].
7. La carne sintetica quale nuovo alimento per gli esseri sintetici
Nel momento in cui si dovesse iniziare a trattare di principio robotista, accanto a quello personalista, è possibile che i diritti già sanciti dalla Costituzione italiana vengano estesi anche agli esseri sintetici. In questo senso, anche il diritto al cibo potrebbe formare oggetto di estensione. L’aspetto che si vuole evidenziare è che, sulla scorta di un parallelismo, il cibo sintetico potrebbe rappresentare il nutrimento “naturale” per queste nuove entità, sintetiche appunto.
In tale scenario è possibile che la carne coltivata possa essere rappresentata come uno dei tanti indizi della transizione dall’umano al non-umano. Quanto appena descritto, può essere spiegato ricorrendo a un’equazione in base alla quale il cibo “naturale” – nel senso di non geneticamente modificato – è l’alimentazione degli esseri umani come il cibo modificato – genus nel quale dovrebbe rientrare anche la “carne sintetica” – costituisce l’alimentazione degli esseri artificiali/robotici.
La correlazione poc’anzi delineata sussiste poiché il diritto al cibo rappresenta solamente una delle molteplici espressioni dell’identità culturale di un determinato popolo. Attraverso l’alimentazione, infatti, è possibile desumere le tradizioni connesse, contemporaneamente, alla religione, alla cultura e al territorio. Di conseguenza, nel momento in cui l’essere umano diviene sempre di più un essere “potenziato”, sempre meno umano e sempre più artificiale, si assiste a un cambiamento anche nell’alimentazione[59]. Quest’ultima, quale conseguenza del cambiamento cui va incontro l’essere umano, è destinata a mutare, al fine di rispondere a nuove, differenti e mutate esigenze alimentari.
Proprio muovendo dalla considerazione secondo cui solamente il cibo “adeguato” consentirebbe di apprestare piena tutela a tale diritto che confermerebbe la tesi secondo cui il cibo adeguato per i “robot” sia cibo “coltivato” in laboratorio[60]. L’aspetto da evidenziare, e che rappresenta la tesi di detto contributo, è che il concetto di “adeguato” consentirebbe di ritenere che, appunto, il cibo “naturale” dei robot sia quello sintetico/artificiale. Il concetto di adeguato, infatti, è da rapportare ai concetti di salute e di dignità.
Ciò è corroborato dal dato di fatto che, almeno al momento attuale, la carne coltivata non è equiparabile alla carne “tradizionale”. La carne “artificiale” ha una composizione che non consente di ottenere un prodotto perfettamente identico sia da una prospettiva nutrizionale che per quanto attiene al sapore, al colore e alla consistenza[61]. Di qui, dunque, il parallelismo: una carne prodotta in laboratorio è possibile che risponda alle esigenze di esseri differenti da quelli umani. Ciò riposerebbe sul dato scientifico, disponibile a oggi, in forza del quale sussistono le differenze tra la carne coltivata e quella “tradizionale”. Qualora queste differenze dovessero continuare a sussistere è possibile che attraverso un cibo geneticamente modificato si producano degli effetti anche sulla genetica degli esseri umani[62].
In conclusione, ergo, la transizione alimentare potrebbe accelerare la transizione umana: dall’alimentazione naturale all’alimentazione artificiale e dall’essere umano all’essere artificiale.
[1] Ai fini del presente contributo, solamente per finalità stilistiche, le espressioni “carne sintetica”, “coltivata” o “prodotta in laboratorio” verranno utilizzati come sinonimi. Da una prospettiva descrittiva, la carne coltivata è un prodotto alimentare ottenuto da cellule staminali di animali vivi o da embrioni di animali. A seguito di ciò, detto materiale viene coltivato in vitro. BRYANT C.J., BARNETT J.C., What's in a name? Consumer perceptions of in vitro meat under different names, in Appetite, n. 137/2019, pp. 104-113.
[2] FAO, World Livestock: Transforming the livestock sector through the Sustainable Development Goals, Rome 2018.
[3] SFORZA S., Gli insetti edibili nell’economia circolare, in BioLaw Journal –Rivista di BioDiritto, n. 2/2020.
[4] MANCINI M.C., ANTONIOLI F., Il ruolo dell’informazione nell’accettazione di novel food da parte del consumatore: il caso della carne coltivata, in BioLaw Journal –Rivista di BioDiritto, n. 2/2020, pp. 103-116.
[5] Sul punto è stato sostenuto che l’attuazione è, fondamentalmente, rimessa al legislatore statale. SARTORETTI C., La riforma costituzionale “dell’ambiente”: un profilo critico, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, fasc. 2/2022, pp. 119 ss. In questo caso vi è una riserva di legge statale.
[6] DI GIACINTO M., Per una storia dei rapporti tra tensione di alimentazione e diversità culturali, in Studi sulla formazione, 2012, p. 179.
[7] PIERRI M., Diritto al cibo, diversità alimentare e agrobiodiversità: quali strumenti di tutela? Osservazioni su alcune esperienze significative tra diritto internazionale e sovranità nazionale, in Rivista Quadrimestrale di diritto dell’ambiente, n. 2/2016, pp. 35-71.
[8] ROZIN P., The Selection of Foods by Rats, Humans, and Other Animals Chapter, in Advances in the Study of Behavior, 1976.
[9] DELLA GIUSTINA C., Il diritto al cibo adeguato. Un diritto umano presupposto o consequenziale? in AmbienteDiritto.it, fasc. 2/2021
[10] DELLA GIUSTINA C., Dall’umano al non-umano: the cryonic case, in PATRONI GRIFFI A. (a cura di), Bioetica, diritti e intelligenza artificiale, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2023, pp. 449- 472. In questo specifico contesto, la Risoluzione del Parlamento Europeo (Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica [2015/2013 (INL)]) veniva interpretata quale disciplina da applicare al cryo-patient. Per un approfondimento sul tema non si può che rimandare a P. de Gioia Carabellese, C. Della Giustina, The Law of Cryonics: A Legal, Philosophical and
Financial Analysis, Routledge, London and New York, 2024.
[11] Precisamente: «a) in base alle prove scientifiche disponibili, l’alimento non presenti un rischio di sicurezza per la salute umana; b) l’uso previsto dell’alimento non induca in errore i consumatori, in particolare nel caso in cui l’alimento sia destinato a sostituire un altro alimento e vi sia un cambiamento significativo nel suo valore nutritivo;
c) se l’alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisce in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per il consumatore sul piano nutrizionale».
[12] Il riferimento va alla presentazione in Senato del disegno di legge n. 651 Disposizioni in materia di divieto di
produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici.
[13] Legge 1° dicembre 2023, n. 172, Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché' di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. L’obiettivo è quello sia di tutelare la salute degli esseri umani sia gli interessi connessi al patrimonio culturale nazionale.
[14] Si tratta della “Procedura TRIS” il cui obiettivo è quello di favorire la circolazione dei progetti legislativi adottati in ciascun Stato membro in relazione ai prodotti e ai servizi affinché vengano analizzati dalla Commissione, e valutati, alla luce del diritto europeo.
[16] Si tratta della Comunicazione 2024/0244.
[17] Per un commento si rimanda a ABBONDANDOLO G., Il fenomeno del meat sounding al vaglio della Corte di Giustizia e della Commissione, in Eurojus.it, 15 marzo 2024.
[18] Per quanto attiene ai rapporti tra la normativa italiana ed europea in tema di novel food si rimanda a CAPORRINO V., SAPORITO L., Alimenti speciali, novel food e sicurezza del consumatore, in Il Diritto dell’Agricoltura, n. 3/2023, pp. 279 ss.
[19] ZIEGLER J., Dalla parte dei deboli. Il diritto all'alimentazione, Milano, Tropea, 2004, p. 49
[20]Da una prospettiva di fonti costituzionali, esso si aggancia anche all’art. 114 Cost. nella parte in cui detta disposizione costituzionale consente agli enti territoriali l’autoregolazione e l’autodeterminazione della disciplina delle attività e dei servizi che consentono di tutelare le diverse dimensioni locali di accesso al cibo ai cittadini e ai residenti delle stesse. Ulteriore disposizione del Titolo V della Costituzione è l’art. 117 nella parte in cui impone al legislatore di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali nonché nella lettera m) del secondo comma dello stesso articolo la quale fornisce il fondamento al diritto alle prestazioni imprescindibili dirette ad alleviare situazioni di estremo bisogno alimentare.
[21] RINELLA A., OKORONFO H., Sovranità alimentare e diritto al cibo, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n.1/2015, pp. 108-109.
Se si pensa alla Dichiarazione Universale dell’ONU del 1948 viene riconosciuto il diritto ad ogni soggetto a un «livello di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari» (art. 25 co.1).
Si deve richiamare altresì il Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali del 1966 e, precisamente, l’art. 11 par. 1 il quale enuncia «il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e la propria famiglia» riferendosi ad un «diritto fondamentale alla libertà dalla fame».
[22] Parte della dottrina sostiene che il diritto al cibo attenga solamente ad un aspetto politico poiché la fame non è determinata e causata dall’insufficienza delle risorse disponibili ma dell’inefficienza dei sistemi di produzione, di distribuzione e di commercializzazione del cibo.
[23] FEUERBACH L., Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia, Bollati Boringhieri, Brescia 2015.
[24] BOTTIGLIERI M., Diritto al cibo adeguato e libertà religiosa nella Costituzione italiana, in Orientamenti sociali sardi, n. 1/2015, pp. 33-39.
[25] ALICINO F., Il diritto al cibo. Definizione normativa e giustiziabilità, in RivistaAIC, n.3/2016, p. 5.
[26] BOTTIGLIERI M., La protezione del diritto al cibo adeguato nella Costituzione italiana, in Forumdiquadernicostituzionali, 2.3.2016.
[27] DELLA GIUSTINA C., Il diritto al cibo adeguato. Un diritto umano presupposto o consequenziale?, cit.
[28] KUHNLEIN H.V., ERASMUS B., SPIGELSKI D. (eds.), Indigenous Peoples’ food systems: the many dimensions of culture, diversity and environment for nutrition and health, Food and Agriculture Organization of the United Nations, Centre for Indigenous Peoples’ Nutrition and Environment, Rome, 2009, p. 3
[29] BESSIÈRE J., TIBÈRE L., Editorial: Patrimoines alimentaires, in Anthropology of food, n. 8/2011.
[30] STRAMBI G., I prodotti tradizionali e la politica di qualità dell’Unione Europea, in Rivista di Diritto Alimentare, n. 1/2010, p. 13.
[31] TOTORELLA W., TRACLÒ F., Governo del territorio e identità alimentari: un patrimonio della tradizione, un valore del futuro, Cittalia Fondazione Anci ricerche, Roma, 2008.
[32] DELLA GIUSTINA C., Il diritto al cibo adeguato. Un diritto umano presupposto o consequenziale?, cit.
[33] RUGGIU I., Identità culturale, in A. Morelli, L. Trucco (a cura di), Diritti e autonomie territoriali, Giappichelli, Torino, 2014, p. 490.
[34] CONTE L., Autonomie territoriali e cultura, in A. Morelli, L. Trucco (a cura di), Diritti e autonomie territoriali ,Giappichelli, Torino, 2014, p. 461.
[35] In tema di diritto costituzionale e povertà non può che non farsi riferimento a R. Fattibene, Povertà e costituzione, Editoriale Scientifica, 2020.
[36] MC CRUDDEN C., Common Law of Human Rights? Transnational Judicial Conversations on Constitutional Rights,
in Oxford Journal of Legal Studies, n. I/2000, I, pp. 499-553.
[37] Sul punto, cfr. L. Pepino, Dalla guerra alla povertà alla guerra ai poveri, in M. Campedelli - P. Carrozza - L. Pepino (a cura di), Diritto di welfare, Giappichelli, Torino, 2010; L. Giacomelli, Diritto al cibo e solidarietà. Politiche e pratiche di recupero delle eccedenze alimentari, in RivistaAIC – Osservatorio costituzionale, fasc. 1/2018.
[38] CALOGERO L., Intelligenza artificiale e diritto: ipotesi di responsabilità civile nel terzo millennio, in Responsabilità civile e previdenza, 3/2021, 1011 ss.
[39] FIDOTTI S., Nuove forme contrattuali nell'era del blockchain. Profili di responsabilità, in G. Alpa (a cura di), Diritto e Intelligenza artificiale, Pisa, 2020, 335 ss.
[40]ALBANESE A., La responsabilità civile per i danni da circolazione di veicoli ad elevata automazione, in Europa e diritto privato, 4/2019, 995 ss.; COMANDUCCI P., Le tre leggi della robotica e l'insegnamento della filosofia del diritto, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1/2006, 191 ss.
[41]TEUBNER G., Soggetti giuridici digitali? Sullo status privatistico degli agenti software autonomi, Napoli, 2019.
[42] STRADELLA E., SALVINI P., PIRNI A., DI CARLO A., ODDO C.M., DARIO P., PALMERINI E., Robot companions as case-scenario for assessing the “subjectivity” of autonomous agents. Some philosophical and legal remarks, in Ceur Workshop Proceedings, 2012.
[43] L’interesse delle generazioni future potrebbe alludere non solamente la tutela della “razza” umana ma anche l’integrità del patrimonio genetico di coloro che andranno a costituire le generazioni del futuro, appunto. Quest’ultima tematica, dalle complesse implicazioni bioetiche, può essere riassunta sulla scorta della seguente domanda: «se una donna elimina con la terapia genica il gene causa di questa malattia, viola in prospettiva il diritto delle figlie, delle nipoti e via continuando, a ricevere un patrimonio genetico non manipolato? Qui, tuttavia, non siamo in presenza di un conflitto tra diritti procreativi e diritto all’integrità del patrimonio genetico da ricevere, ma a una situazione relazionale che si manifesta nella dimensione della cura». S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2012, p. 287; A. Maccaro, La ricerca biotecnologica tra scienza, ethos e diritto, in Scienze e ricerche, n. 33/2016, pp. 36 ss.
[44] Parte della dottrina ha evidenziato che «la più recente generazione dei diritti, i diritti all‘ambiente, esalta una intrinseca contraddizione del modello rights-based, perché semmai la tutela dell‘ecosistema presuppone una limitazione delle pretese individuali e implica doveri». G. Palombella, Costituzione e sovranità. Il senso della democrazia costituzionale, Bari, 1997, 98.
[45] Circa l’ampliamento dei soggetti destinatari di diritti ante riforma costituzionale del 2022: A. Pisanò, Sull'ampliamento della soggettività giuridica : considerazioni sui diritti della specie umana, in Filosofia e politica (Tangram edizioni scientifiche) : studi in memoria di Laura Lippolis, Tangram edizioni scientifiche, giugno 2015- pp. 303-330.
[46] Sul tema, cfr. L. Palazzani, Il potenziamento umano. Tecnoscienza, etica e diritto, Torino, 2015; N. Bostrom, J. Savulesco, Human Enhancement, Oxford, 2009; M.N. Campagnoli, Funzionare o essere? Appunti e spunti in tema di potenziamento umano, in L’Ircocervo, 2/2021, 40 ss.; C. Della Giustina, Potenziamento umano e doping: alcune riflessioni preliminari tra etica e diritto, in Diritto dello Sport, 1/2022, 46 ss.; C. Della Giustina, Human enhancement between ethics and law, in R. Tair (a cura di), Recent Advances in Sport Science, Londra, 2021.
[47] Appare chiaro che sullo sfondo vi è la tematica del “nuovo” diritto alla cd. «identità genetica» che viene fatto derivare, a seguito di un processo di interpretazione, dal diritto all’identità personale. Il diritto cui si è appena fatto riferimento, secondo la dottrina maggioritaria, e in estrema sintesi, consisterebbe nel dovere giuridico di preservare la formazione, naturale appunto, del genoma umano. Questo elemento “naturale” dovrebbe essere destinatario di specifica tutela non solamente per quanto attiene ad alterazioni artificiali imposte dalla volontà di soggetti terzi ma anche conseguenti a un esercizio della volontà del singolo individuo. L’unica alterazione che sarebbe consentita atterebbe a quei mutamenti, che possono definirsi spontanei – da intendere quale evoluzione naturale – del genoma umano. N. Conditi, Il diritto a nascere con un patrimonio genetico non arbitrariamente modificato come limite alla legittimità delle manipolazioni genetiche embrionali, in Biolaw Journal – Rivista di Biodiritto, n. 1/2020, pp. 251-271; L. D'Avack, Il dominio delle biotecnologie, Giappichelli, 2018.
[48] Per quanto concerne la distinzione tra individui “ibridi” e individui totalmente artificiali, si rimanda a P. de Gioia Carabellese, C. Della Giustina, The Law of Cryonics: A Legal Philosophical and Financial Analysis, 128-131, cit.
[49] Da una prospettiva strettamente terminologica la parola robot deriva dalla parola slava «robota» che significa servitù della gleba e lavoro forzato. In base a quanto appena prospettato il termine robot esprime la dipendenza di uno strumento, cioè, il suo essere a servizio di un altro soggetto. N. Cusano, Cobot and Sobot: For a new Ontology of Collaborative and Social Robots, in Foundations of Science, 28/2023, 1143 ss.
[50] Cfr. DUMOUCHEL P., DAMIANO L., Vivere con i robot. Saggio sull’empatia artificiale, Milano, 2019, 220; F. Bianchini, E. Datteri, Lettura critica di P. Dumouchel e L. Damiano, Vivere con i robot, in APhEx – Portale Italiano di Filosofia Analitica, 21/2020, online.
[51] Parlamento Europeo, Risoluzione del 12 febbraio 2019, Una politica industriale europea globale in materia di robotica e intelligenza artificiale, P8_TA-PROV (2019)0081.
[52] Liability for Artificial Intelligence and other emerging digital technologies, Report from the Expert Group on Liability and New technologies - New Technologies Formation, European Union, 2019.
[53] Commissione Europea, COM (2020) 65 final, 16 febbraio 2020, Libro bianco sull'intelligenza artificiale - Un approccio europea all'eccellenza e alla fiducia.
[54] Progetto di relazione recante raccomandazioni alla Commissione su un regime di responsabilità civile per l'intelligenza artificiale [2020/2014 (INL)].
[55] Posizione contrapposta è sostenuta da Comitato Economico e Sociale dell’Unione europea (CESE, INT/086 del 31 maggio 2017), che, al punto 3.33, è contrario alla assunzione di forme di personalità giuridica per i robot, in quanto «comporterebbe un rischio inaccettabile di azzardo morale».
[56] In tale direzione il termine “avatar” è stato utilizzato per indicare la rappresentazione grafica di una persona “reale” nel cyberspazio. D.A. Larson, Artificial Intelligence: Robots, Avatars, and the Demise of the Human Mediator, in Ohio State Journal on Dispute Resolution, vol. 25, 1/2010, 105-164.
[57] Sul punto, cfr. DELLA GIUSTINA C., Il luogo di lavoro come luogo di interazione tra esseri umani e sintetici. Quali soluzioni per nuove forme di discriminazione?, in V. Annibali, C. Martins Dos Santos Benevides, R. Nei Barbosa De Freitas Filho, M. Mocella (a cura di), Il diritto del lavoro nell’era digitale O Direito do trabalho na era digital, Atti del Convegno Italo-Brasiliano – 26 e 27 maggio 2022 - Seconda edizione Anais do Congresso Ítalo-Brasileiro - de 26 e 27 de maio de 2022 - Segunda ediça͂o, Universitas Mercatorum Press, Giapeto Editore, Napoli, 2023, pp. 214-228.
[58] In senso diametralmente opposto, si deve dare atto del fatto che Google ha avanzato la proposta di una Costituzione per gli esseri robotici (Shaping the future of advanced robotics - Google DeepMind.). L’idea è che, vista la pericolosità che può derivare da un’interazione tra esseri umani e animali ed esseri sintetici, sia fatto divieto ai nuovi esseri di interagire con i primi. Si tratta di una posizione che si presta a differenti critiche, prima fra tutte quella secondo cui vietare che queste due realtà entrino in contatto non è possibile.
[59] Appare chiaro che l’immagine può essere spettrale come «quella di un uomo “umano” che si aggira per la robo-digital-society con un lumino cercando qualche traccia di soggettività umana». C. Della Giustina, La transizione ecologica attraverso l’agricoltura: prime riflessioni in tema di «vertical farming». Il modello ESG dell’agricoltura nella smart-city?, in Il Diritto dell’Agricoltura, fasc. 1/2022, p. 72.
[60] Parte della dottrina ha sostenuto come, con riferimento anche a questo settore, si potrebbe trattare di greenwashing poiché il controllo esercitato dalle multinazionali sul cibo aumenterebbe la dipendenza da queste ultime. Navdanya International, Perché la carne e i latticini prodotti in laboratorio non sono un’opzione ecologica, in www.ilfattoquotidiano.it, 20 novembre 2023
[61] Il riferimento va alle proteine, ai minerali, ai nutrienti: vitamina B12, zinco, ferro, selenio, ecc. Si veda R. Dameno, La carne coltivata. Riflessioni e spunti per una ricerca socio-giuridica, in Sociologia del Diritto, vol. 70, n. 2/2023.
[62] Sebbene questo non sia il contesto per affrontare la problematica in modo completo, si accenna solamente che i costi di produzione degli alimenti ottenuti attraverso queste nuove “tecnologie scientifiche” risultino essere maggiormente costosi. Di conseguenza verrebbe preclusa la fruizione da parte dei ceti sociali maggiormente bisognosi. F. Freni, Stili di alimentazione religiosamente orientati e sostenibilità nell’esperienza giuridica dei territori prospicienti il Mar Mediterraneo, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 2/2024.