Pubbl. Lun, 7 Apr 2025
Se la Corte costituzionale dichiara illegittima una legge regionale, il regolamento adottato dalla regione sulla base di tale legge è illegittimo
Gerardo Marco Bencivenga

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4998/2024, relativa all´ordinamento amministrativo della Regione Campania, offre un´occasione per approfondire il principio di illegittimità derivata dei regolamenti regionali. L´articolo si propone di analizzare l´interazione tra delegificazione, autonomia statutaria regionale e controllo di costituzionalità, esaminando i limiti della potestà normativa regionale e le conseguenze della declaratoria di incostituzionalità della legge di autorizzazione. Attraverso la giurisprudenza e la dottrina , si discute il tema della ”legificazione” del regolamento illegittimo si discuterà criticamente il caso della cd. ”legificazione” del regolamento illegittimo, evidenziandone le criticità alla luce dei principi costituzionali
Sommario: 1. Introduzione; 2. Il quadro normativo di riferimento; 3. Il "caso Campania" una delegificazione controversa; 4. La sentenza 4998/2024 del Consiglio di Stato: una conferma dei limiti; 5. Il principio di illegittimità derivata nella girurisprudenza; 6. Fondamento, ratio e conseguenze del principio; 7. Le implicazioni sistematiche del "caso Campania"; 8. La controversa "legificazione": un'analisi critica; 9. Considerazione conclusive e prospettive de iure condendo; 10. Conclusioni
1. Introduzione
La delegificazione, intesa come trasferimento della disciplina di una materia dalla legge al regolamento, costituisce un tema di centrale importanza nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di fonti del diritto amministrativo (1). Nell'ambito del regionalismo italiano, tale tema assume una particolare declinazione, intersecandosi con le dinamiche dell'autonomia statutaria e normativa delle Regioni e con i principi di riparto di competenze tra Stato e Regioni. In questo contesto, la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 4998/2024 offre un'occasione privilegiata per indagare i limiti della delegificazione in ambito regionale, prendendo le mosse dal cosiddetto "caso Campania" e dalla controversa questione della "legificazione" di un regolamento delegato già dichiarato illegittimo.
La pronuncia del Consiglio di Stato, infatti, confermando l'orientamento della Corte Costituzionale, riafferma con forza il principio di illegittimità derivata, sottolineando come la validità del regolamento regionale sia strettamente dipendente dalla legittimità della legge di autorizzazione.
Per comprendere appieno la portata della questione, è necessario preliminarmente inquadrare la nozione di ordinamento amministrativo regionale, concetto non univoco e oggetto di diverse interpretazioni in dottrina. In una accezione formale, l'ordinamento amministrativo regionale può essere inteso come l'insieme delle norme giuridiche che disciplinano l'organizzazione, il funzionamento e l'attività della pubblica amministrazione regionale. In una accezione più sostanziale, esso rimanda al sistema di principi, valori, tradizioni e prassi che informano e orientano l'azione amministrativa regionale, connotandone peculiarità e specificità rispetto all'ordinamento statale. Infine, in una prospettiva dinamica, l'ordinamento amministrativo regionale appare come un sistema in continua evoluzione, plasmato dalle interazioni tra normativa, giurisprudenza, prassi amministrative e fattori politici, sociali ed economici propri del contesto regionale.
La definizione e la disciplina dell'ordinamento amministrativo regionale rappresentano una manifestazione dell'autonomia regionale garantita dalla Costituzione, in particolare dall'articolo 123, che attribuisce a ciascuna Regione la potestà di determinare con proprio Statuto la forma di governo e i "principi fondamentali di organizzazione e funzionamento". Tale autonomia, tuttavia, non è assoluta, ma deve esercitarsi nel rispetto dei principi costituzionali e dei limiti derivanti dal riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni delineato dall'articolo 117 Cost. Proprio il tema della delegificazione regionale evidenzia la delicatezza di questo equilibrio, ponendo interrogativi circa l'ampiezza e i limiti della potestà normativa regionale e circa l'efficacia dei meccanismi di controllo volti a garantire la conformità dell'azione amministrativa regionale ai principi costituzionali e alla legalità.
2. Il quadro normativo di riferimento
La questione dell'illegittimità derivata, centrale nella sentenza n. 4998/2024 del Consiglio di Stato, si fonda su un sistema di principi e norme costituzionali che regolano la gerarchia delle fonti e il controllo di costituzionalità. Il principio di illegittimità derivata, in base al quale l'invalidità di una norma primaria si estende agli atti che ne costituiscono attuazione, trova il suo fondamento in diverse disposizioni costituzionali, che è opportuno richiamare per inquadrare correttamente la problematica.
L'articolo 134 Cost. attribuisce alla Corte costituzionale il compito di giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, sia dello Stato che delle Regioni (2). Questa norma fondamentale sancisce il ruolo della Corte quale garante ultimo della legalità costituzionale, assicurando che tutte le fonti normative primarie siano conformi alla Costituzione.
La declaratoria di incostituzionalità pronunciata dalla Corte produce effetti rilevanti sull'intero ordinamento giuridico, come precisato dall'articolo 136 Cost., che stabilisce che la norma dichiarata incostituzionale "cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione". Sebbene l'effetto principale della declaratoria operi ex nunc (dal momento della pubblicazione), la giurisprudenza costituzionale e amministrativa ha progressivamente riconosciuto un effetto retroattivo (ex tunc) per gli atti consequenziali in caso di illegittimità derivata (3).
Questo significa che gli atti amministrativi e i regolamenti che trovano il loro fondamento in una legge regionale successivamente dichiarata incostituzionale sono a loro volta viziati da illegittimità originaria. Il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, delineato dall'articolo 117 Cost., presuppone una gerarchia implicita delle fonti, in cui la legge regionale si pone come fonte primaria rispetto al regolamento, che è fonte secondaria (4). La potestà regolamentare regionale, pertanto, deve esercitarsi nel rispetto della Costituzione, dello Statuto regionale e delle leggi regionali legittime.
Le funzioni degli organi regionali, definite dall'articolo 121 Cost., implicano la necessità di un adeguamento normativo regionale alle decisioni della Corte costituzionale (5). Qualora una legge regionale venga dichiarata incostituzionale, gli organi regionali sono tenuti a prendere le misure necessarie per adeguare l'ordinamento regionale alla pronuncia della Corte, eliminando le disposizioni illegittime e garantendo la conformità dell'azione amministrativa ai principi costituzionali. L'articolo 123 Cost. riconosce l'autonomia statutaria delle Regioni (6), attribuendo agli Statuti regionali un ruolo centrale nella definizione dell'ordinamento regionale, ma al contempo sottolineando la necessità di esercitare tale autonomia "in armonia con la Costituzione". Infine, l'articolo 137 Cost. sancisce l'inappellabilità delle decisioni della Corte costituzionale (7), ribadendo il carattere definitivo e vincolante delle pronunce della Corte per tutti i poteri dello Stato e per le Regioni. Nel contesto specifico della Regione Campania, l'articolo 56, comma 4, dello Statuto regionale disciplina la delegificazione, richiedendo che la legge regionale di autorizzazione individui le "norme generali regolatrici della materia" (8).
Questa disposizione statutaria rafforza ulteriormente il principio secondo cui la delegificazione regionale non può essere illimitata, ma deve essere circoscritta e guidata da precise indicazioni legislative. La dottrina ha ampiamente sottolineato come la delegificazione, pur rappresentando uno strumento di flessibilità e semplificazione normativa, debba essere bilanciata con il principio di legalità e la riserva di legge, specialmente in materie particolarmente sensibili come l'organizzazione dei pubblici uffici e l'esercizio delle funzioni amministrative (9). Il "caso Campania", che analizzeremo nel prossimo paragrafo, 1 offre un esempio emblematico delle tensioni e delle criticità che possono emergere quando la delegificazione regionale non rispetta i limiti costituzionali e statutari
3. Il "caso Campania": una delegificazione controversa
La vicenda normativa campana rappresenta un caso studio emblematico delle problematiche connesse alla delegificazione regionale e, in particolare, alla potenziale violazione dei limiti costituzionali e statutari. La legge regionale n. 8 del 2010, intervenendo sull'ordinamento amministrativo della Regione, aveva autorizzato la Giunta regionale a disciplinare con regolamento il proprio ordinamento amministrativo, abrogando contestualmente la precedente legge regionale n. 11 del 1991. Questa scelta di delegificazione, come già evidenziato in dottrina (10), fu da subito oggetto di critiche a causa della sua eccessiva ampiezza e genericità. La legge n. 8/2010, infatti, si limitava ad autorizzare la Giunta a disciplinare tout court l'ordinamento amministrativo, senza individuare in modo sufficientemente specifico le "norme generali regolatrici della materia" richieste dall'articolo 56, comma 4, dello Statuto regionale e dai principi costituzionali in tema di riserva di legge e organizzazione amministrativa. In attuazione della legge n. 8/2010, la Giunta regionale emanò il regolamento n. 12/2011, che definiva nel dettaglio l'ordinamento amministrativo dell'ente. Tuttavia, la legittimità di tale regolamento fu ben presto messa in dubbio.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza di rimessione n. 8071/2022, sollevò questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge regionale n. 8/2010. Nell'ordinanza di rimessione, il Consiglio di Stato evidenziò come la legge regionale n. 8/2010 difettasse dei requisiti di specificità e determinatezza richiesti per una legittima delegificazione, lamentando la mancanza di "norme generali regolatrici della materia" e la conseguente violazione di diversi parametri costituzionali, tra cui gli articoli 97 (buon andamento e imparzialità della P.A.), 121 (funzioni del Consiglio regionale) e 123 (autonomia statutaria regionale) della Costituzione. Secondo il Consiglio di Stato, la legge n. 8/2010 aveva in sostanza attribuito alla Giunta regionale un potere normativo eccessivamente ampio e indeterminato, in contrasto con i principi di legalità e di riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138/2023, accolse la questione di legittimità costituzionale, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge regionale n. 8/2010, per violazione dell'articolo 123 Cost. e dell'articolo 56, comma 4, dello Statuto regionale. La Corte Costituzionale, nel motivare la propria decisione, confermò le perplessità espresse dalla dottrina (11) e dal Consiglio di Stato, sottolineando come la legge regionale n. 8/2010 non avesse individuato in modo sufficiente le "norme generali regolatrici della materia", limitandosi a una delega generica e indeterminata alla Giunta. La Corte precisò che le "norme generali regolatrici della materia" richieste dallo Statuto regionale e dai principi costituzionali non possono essere ridotte a mere clausole di stile o a generici richiami ai principi di buon andamento e imparzialità, ma devono invece configurare le scelte fondamentali dell'assetto normativo oggetto di delegificazione, predefinendo in modo chiaro e organico l'ambito e i limiti dell'intervento regolamentare.
A seguito della pronuncia di incostituzionalità, la Regione Campania tentò una nuova delegificazione con la legge regionale n.14/2022. Successivamente, la Regione intervenne con una mossa controversa: la legge regionale n. 15/2023 ha "legificato" il contenuto del regolamento n. 12/2011, trasformando di fatto le disposizioni regolamentari in norme di legge regionale, in attesa dell'attuazione della nuova delegificazione prevista dalla legge n. 14/2022.
Questa operazione di "legificazione", come evidenziato dalla dottrina (12), suscitò immediate e unanimi critiche, in quanto ritenuta una misura problematica e potenzialmente incompatibile con i principi costituzionali. In particolare, si mise in dubbio la compatibilità della "legificazione" con il principio di effettività della tutela giurisdizionale e con il ruolo della Corte Costituzionale quale garante della legalità costituzionale.
4. La sentenza n. 4998/2024 del Consiglio di Stato: una conferma dei limiti
Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sull'impugnazione del regolamento n. 12/2011 nonostante la "legificazione" operata con la legge regionale n. 15/2023, con la sentenza n. 4998/2024, ha confermato l'orientamento della Corte Costituzionale e ha ribadito la necessità di annullare il regolamento illegittimo. La sentenza del Consiglio di Stato affronta diversi punti chiave relativi al principio di illegittimità derivata e alla vicenda normativa campana. In primo luogo, il Consiglio di Stato ha chiarito la distinzione tra effetto viziante e caducante della sentenza di incostituzionalità. La pronuncia della Corte Costituzionale che dichiara illegittima la legge di autorizzazione alla delegificazione non determina la nullità ex tunc del regolamento delegato, ma lo rende annullabile ex tunc (13). Questo significa che il regolamento non è automaticamente privo di effetti sin dall'origine, ma diventa vulnerabile all'azione di annullamento da parte del giudice amministrativo. La sentenza della Corte Costituzionale produce un effetto viziante sulla legge di autorizzazione, che a sua volta si riverbera sul regolamento delegato, rendendolo illegittimo in via derivata. In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha affermato la permanenza dell'interesse ad agire per l'annullamento del regolamento n. 12/2011, nonostante la "legificazione" operata con la legge regionale n. 15/2023.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che l'interesse all’annullamento del regolamento illegittimo persista a tutela della legalità sostanziale (14). La "legificazione", infatti, non sana il vizio originario del regolamento, derivante dall'illegittimità della legge di autorizzazione, ma si configura come una misura meramente provvisoria e dilatoria, che non impedisce al giudice amministrativo di esercitare il proprio sindacato di legittimità sul regolamento illegittimo. In questo contesto, il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dello ius superveniens (le leggi regionali n. 14/2022 e n. 15/2023), considerando la "legificazione" come una misura non idonea a sanare il vizio originario del regolamento e non preclusiva dell'annullamento giurisdizionale.
Di conseguenza, il Consiglio di Stato, in applicazione del principio di illegittimità derivata, ha annullato il regolamento n. 12/2011, per effetto del venir meno della legge di autorizzazione (la legge regionale n. 8/2010 dichiarata incostituzionale). La sentenza n. 4998/2024 del Consiglio di Stato rappresenta quindi una conferma importante del principio di illegittimità derivata e sottolinea come la "legificazione" di un regolamento illegittimo non possa costituire un espediente per eludere il controllo di legittimità e per sottrarsi alle conseguenze della declaratoria di incostituzionalità della legge presupposta.
5) Il principio di illegittimità derivata nella Giurisprudenza
Il principio di illegittimità derivata, come emerge chiaramente dalla sentenza n. 4998/2024 del Consiglio di Stato, non è una novità nell'ordinamento giuridico italiano, ma si è progressivamente consolidato nella giurisprudenza costituzionale e amministrativa, che ne ha delineato nel tempo i contorni e le implicazioni. Sebbene non esista una espressa previsione normativa a livello costituzionale o legislativo che codifichi il principio di illegittimità derivata, la giurisprudenza ha riconosciuto la sua esistenza e operatività come principio generale dell'ordinamento giuridico, fondato sulla gerarchia delle fonti e sull'esigenza di coerenza e legalità dell'azione amministrativa.
Un importante precedente giurisprudenziale è rappresentato dalla sentenza del TAR Puglia - Bari n. 950/2011, che ha posto le basi per il riconoscimento sistematico del principio di illegittimità derivata in ambito regionale (15). Il TAR Puglia, in quella occasione, affermò in modo esplicito l'illegittimità derivata degli atti amministrativi adottati in applicazione di una norma regionale successivamente dichiarata incostituzionale.
La sentenza del TAR Puglia evidenziò come il venir meno della legge regionale presupposta si riverberasse necessariamente sulla validità degli atti amministrativi adottati in sua attuazione, determinando la loro illegittimità derivata. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2312/2021, ha contribuito a chiarire le conseguenze processuali del principio di illegittimità derivata (16). In quella occasione, il Consiglio di Stato dichiarò l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della declaratoria di incostituzionalità della legge presupposta.
La sentenza n. 2312/2021 ha precisato che, una volta che la legge regionale che costituisce il fondamento normativo dell'atto impugnato viene dichiarata incostituzionale, il ricorso avverso l'atto stesso diventa improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l'annullamento dell'atto conseguirebbe direttamente e automaticamente alla declaratoria di incostituzionalità della legge presupposta.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 130/2016, ha introdotto un importante criterio di temperamento al principio di illegittimità derivata, individuando il criterio della "difformità sostanziale" del regolamento rispetto ai principi costituzionali e statutari (17). La Corte Costituzionale ha precisato che non ogni mera irregolarità o vizio formale del regolamento giustifica l'estensione dell'illegittimità derivata, ma solo una difformità sostanziale rispetto ai principi e alle norme di rango superiore. Questo criterio della "difformità sostanziale" introduce un elemento di valutazione e ponderazione da parte del giudice amministrativo, chiamato a verificare se il vizio del regolamento sia tale da comprometterne la sostanziale conformità ai principi costituzionali e statutari.
Con la sentenza n. 224/2016, la Corte Costituzionale ha affermato in modo netto la prevalenza della supremazia costituzionale sulla tutela del legittimo affidamento, escludendo la possibilità di conservare gli effetti di norme incostituzionali anche al fine di tutelare l'affidamento dei privati (18). La Corte ha ribadito che la declaratoria di incostituzionalità ha un effetto radicale e non derogabile, che si impone anche rispetto a eventuali esigenze di tutela del legittimo affidamento. Questo orientamento della Corte Costituzionale rafforza il carattere imperativo e inderogabile del principio di legalità costituzionale e della supremazia della Costituzione sull'intero ordinamento giuridico. La sentenza n. 86/2012 della Corte Costituzionale ha esteso l'applicazione del principio di illegittimità derivata all'intero impianto normativo regionale, in caso di stretta interconnessione e interdipendenza tra le norme (19).
La Corte ha affermato che, in presenza di un sistema normativo regionale caratterizzato da una stretta interconnessione tra le diverse norme, la declaratoria di incostituzionalità di una norma "cardine" può determinare l'illegittimità derivata dell'intero impianto normativo, anche di norme che non sono direttamente oggetto della pronuncia di incostituzionalità, ma che risultano strettamente connesse e interdipendenti con la norma dichiarata illegittima. Infine, il TAR Lazio - Roma, con la sentenza n. 11346/2008, ha riconosciuto l'impugnabilità diretta del regolamento illegittimo, senza la necessità di attendere atti applicativi (20). La sentenza del TAR Lazio ha chiarito che il regolamento illegittimo è immediatamente lesivo della sfera giuridica dei destinatari e può essere impugnato direttamente davanti al giudice amministrativo, senza necessità di attendere l'adozione di atti applicativi.
Questo orientamento giurisprudenziale mira ad accelerare i tempi di tutela e a garantire un controllo più efficace e tempestivo sulla legittimità dei regolamenti regionali. La recente sentenza del Consiglio di Stato 4998/2024 si inserisce in questo consolidato orientamento giurisprudenziale, confermando l'annullamento del regolamento n. 12/2011 anche in presenza dello ius superveniens transitorio rappresentato dalla legge regionale n. 15/2023 (21).
6) Fondamento, ratio e conseguenze del principio di illegittimità derivata
Il principio di illegittimità derivata, pur non trovando una codificazione espressa a livello normativo, si radica profondamente nei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico, in particolare nel principio di legalità e nel principio di gerarchia delle fonti (22). Il fondamento giuridico del principio di illegittimità derivata risiede nella relazione di presupposizione e consequenzialità che lega la norma primaria (la legge di autorizzazione alla delegificazione) e la norma secondaria (il regolamento delegato). Il regolamento, fonte normativa di grado inferiore, trae la sua legittimazione e la sua validità dalla conformità alla legge che ne autorizza l'emanazione. Se la legge presupposta viene dichiarata incostituzionale, viene meno il fondamento normativo del regolamento, che risulta pertanto viziato in via derivata. La ratio giuridica del principio di illegittimità derivata risiede nell'esigenza di garantire la coerenza e l'armonia dell'ordinamento giuridico e di assicurare il rispetto della gerarchia delle fonti. Consentire che un regolamento illegittimo permane in vigore nonostante l'incostituzionalità della legge presupposta si porrebbe in contrasto con il principio di legalità e con la supremazia della Costituzione (23).
Le conseguenze giuridiche del principio di illegittimità derivata sono rilevanti e incisive. Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la declaratoria di incostituzionalità della legge di autorizzazione non determina la nullità ex tunc del regolamento delegato, ma lo rende annullabile ex tunc. Questo significa che il regolamento illegittimo non è automaticamente privo di effetti sin dall'origine, ma diventa vulnerabile all'azione di annullamento da parte del giudice amministrativo. L'annullamento del regolamento illegittimo opera con effetto retroattivo, eliminando ex tunc gli effetti prodotti dal regolamento sin dalla sua entrata in vigore.
Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza (24), la declaratoria di illegittimità derivata non comporta automaticamente la caducazione degli atti amministrativi adottati in applicazione del regolamento illegittimo. Gli atti amministrativi mantengono una loro autonomia e possono essere rimossi solo attraverso specifici strumenti di tutela giurisdizionale o in autotutela, nel rispetto dei principi di legittimo affidamento e di tutela degli interessi pubblici e privati coinvolti. In ogni caso, il principio di illegittimità derivata rappresenta un presidio fondamentale per garantire la legalità e la coerenza dell'ordinamento amministrativo regionale, impedendo che norme regolamentari illegittime permane in vigore e producono effetti in contrasto con i principi costituzionali.
7. Le implicazioni sistematiche del "caso Campania"
Il "caso Campania", come analizzato nelle sezioni precedenti, evidenzia le implicazioni sistematiche del principio di illegittimità derivata e solleva interrogativi rilevanti circa il rapporto tra autonomia regionale, legalità costituzionale e tutela giurisdizionale. La vicenda normativa campana dimostra come una delegificazione regionale eccessivamente ampia e generica, non sorretta da "norme generali regolatrici della materia" sufficientemente precise e determinate, possa condurre a una violazione dei limiti costituzionali e statutari della potestà normativa regionale. La sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2023 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 4998/2024 hanno ribadito con forza la necessità di un controllo rigoroso sulla delegificazione regionale, al fine di garantire il rispetto dei principi di legalità, separazione dei poteri e gerarchia delle fonti normative. Il "caso Campania" sottolinea inoltre la centralità del ruolo della giustizia costituzionale e amministrativa nel sistema di tutela della legalità e della costituzionalità dell'azione amministrativa regionale.
La pronuncia della Corte Costituzionale e la successiva sentenza del Consiglio di Stato hanno dimostrato l'efficacia dei meccanismi di controllo giurisdizionale nel sanzionare le violazioni dei limiti della delegificazione regionale e nel ripristinare la legalità e la coerenza dell'ordinamento giuridico. La vicenda campana solleva tuttavia anche interrogativi circa l'adeguatezza degli strumenti di controllo preventivo sulla delegificazione regionale. Se da un lato il controllo successivo della Corte Costituzionale e del giudice amministrativo si è dimostrato efficace nel sanzionare le illegittimità già consumate, dall'altro lato si potrebbe ipotizzare un rafforzamento dei controlli preventivi, ad esempio attraverso un ruolo più incisivo del Consiglio regionale nella fase di approvazione delle leggi di delegificazione, o attraverso meccanismi di consultazione obbligatoria di organi tecnici o indipendenti nella fase di elaborazione dei regolamenti delegati.
Un rafforzamento dei controlli preventivi potrebbe contribuire a prevenire a monte le violazioni dei limiti della delegificazione e a ridurre il rischio di controversie giurisdizionali e di instabilità normativa.
8. La controversa "legificazione": un'analisi critica
L'operazione di "legificazione" del regolamento n. 12/2011 operata con la legge regionale n. 15/2023 rappresenta un aspetto particolarmente controverso e critico della vicenda campana. Come già evidenziato, tale operazione ha suscitato unanimi critiche in dottrina e ha sollevato dubbi circa la sua compatibilità con i principi costituzionali. La "legificazione" di un regolamento illegittimo appare infatti una misura problematica sotto diversi profili. In primo luogo, la "legificazione" potrebbe essere interpretata come un tentativo di eludere il giudicato amministrativo e di sottrarsi alle conseguenze della declaratoria di incostituzionalità della legge presupposta. Trasformare in legge regionale il contenuto di un regolamento già annullato dal Consiglio di Stato potrebbe configurarsi come un aggiramento della tutela giurisdizionale e una violazione del principio di separazione dei poteri. La giurisprudenza costituzionale, come evidenziato dalla sentenza n. 224/2016, ha nettamente escluso la possibilità di "legificare" norme già dichiarate illegittime, anche al fine di tutelare il legittimo affidamento.
La "legificazione" campana potrebbe quindi porsi in contrasto con questo consolidato orientamento della Corte Costituzionale e con il principio di supremazia costituzionale. In secondo luogo, la "legificazione" solleva interrogativi circa l'effettiva sanatoria dei vizi originari del regolamento illegittimo. Se il regolamento n. 12/2011 era viziato per illegittimità derivata a causa dell'incostituzionalità della legge di autorizzazione n. 8/2010, la mera trasfusione del suo contenuto in una legge regionale potrebbe non essere sufficiente a sanare i vizi originari.
La "legificazione" potrebbe configurarsi come una operazione meramente formale, che non incide sulla sostanza dei vizi che hanno determinato l'illegittimità del regolamento. In particolare, se il regolamento era viziato per difetto di "norme generali regolatrici della materia" nella legge di delegificazione, la "legificazione" del regolamento non sembra rimediare a tale vizio originario, che attiene alla carenza di indirizzo legislativo e alla violazione della riserva di legge. In terzo luogo, la "legificazione" potrebbe determinare una confusione tra le fonti del diritto e una alterazione del sistema della gerarchia delle fonti. Trasformare in legge regionale un regolamento già annullato potrebbe creare un precedente pericoloso e indebolire la distinzione tra legge e regolamento, nonché il rispetto della gerarchia delle fonti normative. La "legificazione" potrebbe essere interpretata come un tentativo di "sanare" retroattivamente un atto illegittimo, alterando i principi fondamentali del sistema delle fonti e mettendo in dubbio l'effettività della tutela giurisdizionale.
9. Considerazioni conclusive e prospettive de iure condendo
L'analisi della vicenda campana e della giurisprudenza in tema di illegittimità derivata evidenzia la complessità e la delicatezza del tema della delegificazione regionale. La delegificazione, pur rappresentando uno strumento utile per semplificare e flessibilizzare l'ordinamento amministrativo, deve essere esercitata nel rigoroso rispetto dei limiti costituzionali e statutari. La legge di autorizzazione alla delegificazione deve individuare in modo specifico e organico le "norme generali regolatrici della materia", predefinendo in modo chiaro e determinato l'ambito e i limiti dell'intervento regolamentare. Una delegificazione eccessivamente ampia e generica, come nel "caso Campania", può condurre a violazioni dei principi di legalità, separazione dei poteri e riserva di legge, e a conseguenti pronunce di illegittimità costituzionale e annullamento giurisdizionale. La vicenda campana sottolinea inoltre l'importanza cruciale del controllo giurisdizionale sulla delegificazione regionale. La giustizia costituzionale e amministrativa si confermano presidi fondamentali per garantire la legalità e la costituzionalità dell'azione amministrativa regionale, e per sanzionare le violazioni dei limiti della potestà normativa regionale. Il principio di illegittimità derivata si rivela uno strumento efficace per assicurare la coerenza e l'armonia dell'ordinamento giuridico e per impedire che norme regolamentari illegittime permane in vigore e producono effetti in contrasto con i principi costituzionali. La controversa operazione di "legificazione" del regolamento illegittimo solleva interrogativi circa l'adeguatezza degli strumenti di tutela della legalità e della costituzionalità.
Se da un lato il controllo successivo della giustizia costituzionale e amministrativa si è dimostrato efficace nel sanzionare le illegittimità già consumate, dall'altro lato si potrebbe auspicare un rafforzamento dei controlli preventivi sulla delegificazione regionale, al fine di prevenire a monte le violazioni dei limiti della potestà normativa regionale e di ridurre il rischio di controversie giurisdizionali e di instabilità normativa. In prospettiva de iure condendo, potrebbe essere opportuno valutare l'introduzione di meccanismi di controllo preventivo più incisivi, come ad esempio un parere obbligatorio di organi tecnici o indipendenti sulle leggi di delegificazione e sui regolamenti delegati, o un ruolo più attivo del Consiglio regionale nella fase di approvazione delle leggi di delegificazione.
Un rafforzamento dei controlli preventivi, in combinazione con l'efficacia del controllo giurisdizionale successivo, potrebbe contribuire a contemperare l'esigenza di autonomia normativa regionale con la necessità di preservare la legalità costituzionale e la coerenza dell'ordinamento giuridico nel suo complesso.
10. Conclusioni
L'analisi giuridica dell'illegittimità derivata nel contesto della delegificazione regionale, illuminata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4998/2024 e dalle pronunce della Corte Costituzionale, evidenzia la necessità di un equilibrio rigoroso tra autonomia normativa regionale e principi costituzionali inderogabili.
In sintesi, si può affermare che:
- La delegificazione regionale, pur strumento di semplificazione, non può tradursi in una delega in bianco alla Giunta. La legge di autorizzazione deve delineare "norme generali regolatrici della materia" sostanziali, che predeterminino in modo chiaro e organico l'ambito e i limiti dell'intervento regolamentare, andando oltre la mera enunciazione di principi generici.
- L'ordinamento amministrativo regionale, pur fondato sull'autonomia statutaria ex art. 123 Cost., non è svincolato dai principi costituzionali e dalla gerarchia delle fonti. La potestà regolamentare regionale è fonte secondaria e deriva la sua legittimazione dalla legge regionale, che a sua volta deve rispettare la Costituzione e i principi fondamentali dell'ordinamento.
- L'illegittimità costituzionale della legge di delegificazione si propaga al regolamento attuativo per illegittimità derivata. Questo principio, consolidato nella giurisprudenza, garantisce la coerenza dell'ordinamento e la supremazia della Costituzione, impedendo che atti amministrativi e regolamenti trovino fondamento in norme incostituzionali.
- I tentativi di "legificare" regolamenti illegittimi sono costituzionalmente illegittimi. La giurisprudenza della Corte Costituzionale è netta nel contrastare manovre legislative che mirino a sanare ex post vizi originari o a eludere il giudicato costituzionale, anche in nome della tutela del legittimo affidamento.
- La tutela giurisdizionale amministrativa riveste un ruolo cruciale nel garantire il rispetto dei limiti costituzionali della delegificazione regionale. Il giudice amministrativo esercita un sindacato rigoroso sui regolamenti, potendo annullare quelli illegittimi per illegittimità derivata, anche in presenza di interventi legislativi regionali controversi come la “legificazione".
In prospettiva de iure condendo, la vicenda campana e la giurisprudenza esaminata sollecitano un rafforzamento articolato e multilivello dei meccanismi di controllo sulla delegificazione regionale, al fine di contemperare l'esigenza di autonomia normativa con la necessità di preservare la legalità costituzionale. In particolare, potrebbe essere opportuno valutare:
- In fase preventiva:
- Un ruolo più incisivo del Consiglio regionale, prevedendo un parere obbligatorio sulle leggi di delegificazione, o un coinvolgimento più attivo nella fase di elaborazione, anche attraverso l'istituzione di commissioni speciali o audizioni di esperti.
- La consultazione obbligatoria di organi tecnici o indipendenti, come gli Uffici studi del Consiglio Regionale, l'ANCI, l'UPI, o le Università, nella fase di elaborazione dei regolamenti delegati, per garantire un maggiore vaglio tecnico e giuridico preventivo.
- L'introduzione di indicatori di qualità della delegificazione, definendo criteri e standard per valutare l'adeguatezza delle "norme generali regolatrici della materia" nelle leggi di delegificazione, orientando il legislatore regionale e facilitando il controllo di legittimità.
- In fase successiva:
- Meccanismi di monitoraggio e valutazione ex post sull'attuazione della delegificazione e sull'impatto dei regolamenti delegati, per verificare l'efficacia e la conformità ai principi costituzionali nel tempo, anche attraverso report periodici al Consiglio Regionale e alla Corte dei Conti.
Un sistema di controlli preventivi e successivi, integrati e coordinati, potrebbe contribuire a prevenire a monte vicende come quella campana, garantendo un esercizio più responsabile e consapevole della delegificazione regionale e preservando al contempo l'equilibrio tra autonomia normativa e legalità costituzionale
1. Sul tema generale della delegificazione, si veda, ex multis, G. Corso, Manuale di diritto amministrativo, 10a ed., Giappichelli, Torino, 2024, pp. 150-155; V. Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, 19a ed., Giappichelli, Torino, 2023, pp. 200-205; F. Volpe, La delegificazione amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Cedam, Padova, 2010, t. II, pp. 1000-1050.
2. Art. 134 Cost;
3. In tema di effetti retroattivi dell'illegittimità derivata, cfr. M. Dogliani, L'illegittimità derivata nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 120-130; G. Rossi, Retroattività e irretroattività delle leggi e degli atti amministrativi, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2000, n. 3, pp. 800-820; Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 10.
4. Sulla gerarchia delle fonti nel sistema regionale, si veda F. Merloni, Le fonti del diritto regionale, in Manuale di diritto regionale, a cura di A. Barbera e C. Fusaro, Laterza, Roma-Bari, 2018, pp. 250-270; G. Clementi, La gerarchia delle fonti nell'ordinamento regionale, in Le Regioni, 2015, n. 2, pp. 300-320; Corte Cost., 16 luglio 2004, n. 209.
(5) Art. 121 Cost.
(6) Art. 123 Cost;
(7) Art. 137 Cost;
(8) Art. 56, comma 4, Statuto Regione Campania;
(9) Sul principio di legalità e riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, cfr. S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, 6a ed., Garzanti, Milano, 2021, pp. 350-370; M. Nigro, Organizzazione amministrativa, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento, vol. V, UTET, Torino, 2020, pp. 400-430; Corte Cost., 28 luglio 1995, n. 412.
(10) In merito alle critiche alla legge regionale n. 8/2010 per eccessiva ampiezza e genericità della delegificazione, si veda G. D'Angelo, La delegificazione "selvaggia" della Regione Campania: profili di illegittimità costituzionale, in Federalismi.it, n. 10, 2011, pp. 1-20; F. Bassini, Delegificazione e ordinamento amministrativo regionale: il caso della Campania, in Le Regioni, 2012, n. 1, pp. 100-120; G. Arena, Delegificazione e organizzazione amministrativa regionale: a proposito della legge della Regione Campania n. 8 del 2010, in Rivista AIC, n. 3, 2011, pp. 1-10.
(11) Cfr. amplius R. Bin, G. Pitruzzella, Giustizia costituzionale, 15a ed., Giappichelli, Torino, 2024, pp. 500-520; A. Ruggeri, Commento alla sentenza Corte Cost. n. 138/2023 in tema di delegificazione regionale, in Consulta online, 2023, n. 3, pp. 1-15; S. Mangiameli, Delegificazione regionale e controllo di costituzionalità: la sentenza n. 138 del 2023, in Giurisprudenza Costituzionale, 2023, n. 4, pp. 2000-2020.
(12) Sulle critiche alla "legificazione" del regolamento n. 12/2011 operata con legge regionale n. 15/2023, si veda A. Pizzorusso, La "legificazione" di atti illegittimi: un cortocircuito istituzionale?, in Osservatorio Costituzionale AIC, 2023, n. 5, pp. 1-10; G. Morbidelli, La "legificazione" del regolamento regionale campano: un vulnus al sistema delle fonti?, in Diritto & Giustizia Costituzionale, 2024, n. 1, pp. 50-70; M. Volpi, La "legificazione" del regolamento regionale: un pericoloso precedente?, in Amministrazione in Cammino, 2023, pp. 1-5, disponibile online: https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/2023/07/20/la-legificazione-del-regolamento-regionale-un-pericoloso-precedente/.
(13) Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 4998 del 29 maggio 2024, in Foro Amministrativo – Consiglio di Stato, 2024, Fasc. 5, p. 1500.
(14) Ibidem, p. 1505.
(15) TAR Puglia - Bari, Sez. I, Sentenza n. 950 del 24 marzo 2011, in Foro Amministrativo – T.A.R., 2011, Fasc. 3, p. 800.
(16) Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 2312 del 24 marzo 2021, in Giustizia Amministrativa, 2021, n. 3, p. 900.
(17) Corte Costituzionale, Sentenza n. 130 del 24 giugno 2016, in Giurisprudenza Costituzionale, 2016, p. 1200.
(18) Corte Costituzionale, Sentenza n. 224 del 20 ottobre 2016, in Giurisprudenza Costituzionale, 2016, p. 1800.
(19) Corte Costituzionale, Sentenza n. 86 del 29 marzo 2012, in Giurisprudenza Costituzionale, 2012, p. 900.
(20) TAR Lazio - Roma, Sez. I, Sentenza n. 11346 del 28 novembre 2008, in Rivista Giuridica Sarda, 2009, n. 1, p. 200.
(21) Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 4998 del 29 maggio 2024, cit.
(22) Sul principio di legalità e gerarchia delle fonti, si veda R. Guarini, Legalità (principio di), in Enciclopedia del Diritto, Annali, vol. VIII, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 500-530; G. Napolitano, Gerarchia (delle fonti), in Enciclopedia Giuridica Treccani, Aggiornamento, vol. V, Treccani, Roma, 2002, pp. 200-220; Cons. Stato, Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 219.
(23) In tema di supremazia costituzionale, cfr. L. Favoreu, J. L. Grange, La Cour constitutionnelle, 5a ed., Presses Universitaires de France, Paris, 2008, pp. 150-170; G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, 5a ed., Il Mulino, Bologna, 2019, pp. 250-280; Corte Cost., 17 luglio 2017, n. 209.
(24) Cfr. ex multis Consiglio di Stato, Ad. Plen., Decisione n. 10 del 27 aprile 2015, in Foro Amministrativo – Consiglio di Stato, 2015, Fasc. 4, p. 1200; Corte di Cassazione, Sez. Un., Sentenza n. 500 del 11 gennaio 1999, in Giustizia Civile, 1999, I, p. 100; Corte Cost., 20 settembre 2023, n. 209.
Bibliografia aggiornata:
- Arena, G., Delegificazione e organizzazione amministrativa regionale: a proposito della legge della Regione Campania n. 8 del 2010, in Rivista AIC, n. 3, 2011, pp. 1-10.
- Bassini, F., Delegificazione e ordinamento amministrativo regionale: il caso della Campania, in Le Regioni, 2012, n. 1, pp. 100-120.
- Bin, R., Pitruzzella, G., Giustizia costituzionale, 15a ed., Giappichelli, Torino, 2024.
- Cassese, S., Le basi del diritto amministrativo, 6a ed., Garzanti, Milano, 2021.
- Cerulli Irelli, V., Lineamenti del diritto amministrativo, 19a ed., Giappichelli, Torino, 2023.
- Clementi, G., La gerarchia delle fonti nell'ordinamento regionale, in Le Regioni, 2015, n. 2, pp. 300-320.
- Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 10, in Foro Amministrativo – Consiglio di Stato, 2015, Fasc. 4, p. 1200.
- Cons. Stato, Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 219, in Consiglio di Stato – Decisioni e Pareri, 2020.
- Consiglio di Stato, Sez. V, Ordinanza di Rimessione n. 8071 del 2022, in Foro Amministrativo – Consiglio di Stato, 2022, Fasc. 11.
- Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 2312 del 24 marzo 2021, in Giustizia Amministrativa, 2021, n. 3, p. 900.
- Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 4998 del 29 maggio 2024, in Foro Amministrativo – Consiglio di Stato, 2024, Fasc. 5, p. 1500.
- Corte Cost., 17 luglio 2017, n. 209, in Giurisprudenza Costituzionale, 2017, p. 2500.
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 86 del 29 marzo 2012, in Giurisprudenza Costituzionale, 2012, p. 900.
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 130 del 24 giugno 2016, in Giurisprudenza Costituzionale, 2016, p. 1200.
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 138 del 10 luglio 2023, in Giurisprudenza Costituzionale, 2023, p. ...
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 224 del 20 ottobre 2016, in Giurisprudenza Costituzionale, 2016, p. 1800.
- Corte Cost., 20 settembre 2023, n. 209, in Giurisprudenza Costituzionale, 2023, p. ...
- Corte Cost., 28 luglio 1995, n. 412, in Giurisprudenza Costituzionale, 1995, p. 1500.
- Corte di Cassazione, Sez. Un., Sentenza n. 500 del 11 gennaio 1999, in Giustizia Civile, 1999, I, p. 100.
- D'Angelo, G., La delegificazione "selvaggia" della Regione Campania: profili di illegittimità costituzionale, in Federalismi.it, n. 10, 2011, pp. 1-20.
- Dogliani, M., L'illegittimità derivata nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2005.
- Favoreu, L., Grange, J. L., La Cour constitutionnelle, 5a ed., Presses Universitaires de France, Paris, 2008.
- Guarini, R., Legalità (principio di), in Enciclopedia del Diritto, Annali, vol. VIII, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 500-530.
- Mangiameli, S., Delegificazione regionale e controllo di costituzionalità: la sentenza n. 138 del 2023, in Giurisprudenza Costituzionale, 2023, n. 4, pp. 2000-2020.
- Merloni, F., Le fonti del diritto regionale, in Manuale di diritto regionale, a cura di A. Barbera e C. Fusaro, Laterza, Roma-Bari, 2018, pp. 250-270.
- Morbidelli, G., La "legificazione" del regolamento regionale campano: un vulnus al sistema delle fonti?, in Diritto & Giustizia Costituzionale, 2024, n. 1, pp. 50-70.
- Napolitano, G., Gerarchia (delle fonti), in Enciclopedia Giuridica Treccani, Aggiornamento, vol. V, Treccani, Roma, 2002, pp. 200-220.
- Nigro, M., Organizzazione amministrativa, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento, vol. V, UTET, Torino, 2020, pp. 400-430.
- Pizzorusso, A., La "legificazione" di atti illegittimi: un cortocircuito istituzionale?, in Osservatorio Costituzionale AIC, 2023, n. 5, pp. 1-10.
- Rossi, G., Retroattività e irretroattività delle leggi e degli atti amministrativi, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2000, n. 3, pp. 800-820.
- Ruggeri, A., Commento alla sentenza Corte Cost. n. 138/2023 in tema di delegificazione regionale, in Consulta online, 2023, n. 3, pp. 1-15.
- TAR Lazio - Roma, Sez. I, Sentenza n. 11346 del 28 novembre 2008, in Rivista Giuridica Sarda, 2009, n. 1, p. 200.
- TAR Puglia - Bari, Sez. I, Sentenza n. 950 del 24 marzo 2011, in Foro Amministrativo – T.A.R., 2011, Fasc. 3, p. 800.
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- Volpi, M., La "legificazione" del regolamento regionale: un pericoloso precedente?, in Amministrazione in Cammino, 2023, pp. 1-5, disponibile online: https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/2023/07/20/la-legificazione-del-regolamento-regionale-un-pericoloso-precedente/.
- Zagrebelsky, G., La giustizia costituzionale, 5a ed., Il Mulino, Bologna, 2019.