Pubbl. Gio, 30 Gen 2025
La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici in funzione della prevenzione dei fenomeni corruttivi
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Angelo Brofferio
Il presente contributo descrive i termini in cui il D.Lgs. n. 36 del 31/03/2023 ha riformato il rapporto fra stazioni appaltanti ed operatori economici, sfruttando a pieno la interoperabilità delle piattaforme digitali, con l´obiettivo di elevare gli standard di trasparenza, integrità e responsabilità, durante l´intero ciclo di vita di contratti, in funzione di un contrasto, sempre più efficace, contro le condotte illecite negli appalti pubblici.
The digitalisation of the life cycle of public contracts for the prevention of corruption
This contribution describes the terms in which Legislative Decree no. 36 of 31/02/2023 has reformed the relationship between contracting authorities and economic operators, taking full advantage of the interoperability of digital platforms, with the aim of raising the standards of trasparency, integrity and accountability, throughout the entire life cycle of the contracts, in order to contrast, increasingly effective, against illegal conduct in public procurement.
Sommario: 1. La digitalizzazione nei contratti pubblici; 2. L’Ecosistema di approvvigionamento digitale e la qualità del dato; 3. Le articolazioni della BDNCP - La delibera ANAC 262 del 20/06/2023; 4. Il passaggio dal principio di “digital first” a quello di “digital by default” e gli effetti sul concetto normativo di corruzione; 5. L’Accesso agli atti nei contratti pubblici; 6. La violazione degli obblighi di trasparenza - La delibera ANAC 601 del 19/12/2023; 7. La violazione degli obblighi di transizione digitale e gli adempimenti connessi al PNRR; 8. Conclusioni.
1. La digitalizzazione nei contratti pubblici
Il percorso di digitalizzazione che, a partire dagli anni ’90, in maniera progressiva e sempre più dettagliata, ha interessato tutti i campi di azione della Pubblica Amministrazione, non poteva non intervenire in un ambito quale quello del ciclo di vita dei contratti pubblici, notoriamente denso di problematiche e sensibile sotto il profilo della complessità giuridica e delle potenzialità di sviluppo della efficienza ed efficacia dei servizi[1].
L’intervento del Legislatore in argomento si è reso sempre più necessario ed auspicabile anche in ragione del fatto che la materia degli appalti costituisce un campo elettivo di verifica ed implementazione degli strumenti di prevenzione e contrasto del fenomeno corruttivo che, a seguito della L. 190 del 06/11/2012 ss.mm.ii., hanno iniziato a trovare un preciso riscontro normativo e sostanziale negli adempimenti delle stazioni appaltanti.
In questo specifico contesto il Legislatore, in maniera del tutto innovativa rispetto al passato, ha fatto tesoro dell’esperienza maturata nel campo della trasparenza dell’azione amministrativa, aggiornandola alle esigenze derivanti dagli strumenti forniti dalle nuove tecnologie, approfittando delle potenzialità intrinseche nell’applicazione del principio normativo di innovazione digitale ai contratti pubblici.
Alla luce di tanto si può oggi, senza tema di smentita, affermare che i concetti giuridici di digitalizzazione, trasparenza e prevenzione della corruzione, nei contratti pubblici, sono fra di loro indissolubili e non rappresentano altro che diverse facce di una stessa medaglia, con peculiarità diverse a seconda della tipologia o fase di sviluppo del ciclo contrattuale considerato.
L’intervento del Legislatore è stato necessariamente graduale, con un approccio regolamentare sempre più stringente e definito, sia in ragione della evoluzione degli strumenti tecnici a disposizione, che degli input normativi rappresentati dagli organi nazionali o sovranazionali. In questo contesto la UE, prendendo anche spunto da virtuosi precedenti adottati dai singoli Stati membri per favorire la trasparenza tramite l’utilizzo di siti e portali istituzionali, ha iniziato a rappresentare una esigenza sempre più impellente di un intervento uniformante di tale settore, promuovendo delle iniziative di standardizzazione ed omologazione della materia trattata[2].
Spicca in tal senso la Direttiva 2014/24/UE che, abrogando la precedente Direttiva 2004/18/CE, ha definito un punto di non ritorno nel percorso di digitalizzazione degli appalti, tramite un forte impulso alle comunicazioni elettroniche, rafforzando gli obblighi di trasparenza e limitando il potere discrezionale delle stazioni appaltanti, anche al fine di prevenire il fenomeno corruttivo.[3].
Emblematica è stata in tale occasione l’introduzione, ancora oggi presente, del Documento di Gara Unico Europeo (DGUE), in formato esclusivamente elettronico, che contiene tutte le informazioni relative all’operatore economico partecipante alla gara, senza possibilità di utilizzare ulteriore documentazione integrativa o complementare. Sul solco delle iniziative nazionali, dal canto suo, l’Italia aveva già avviato un percorso consolidato tramite gli strumenti di tipo generalista dedicati dal CAD ( firma digitale – PEC etc.), nonché l’attività di guida e controllo sul settore da parte della AVCP, oggi ANAC; tuttavia necessitava un intervento di piena ed organica regolamentazione del settore che è stato, in prima battuta, realizzato dal D.Lgs. 50/2016.
Il Codice dei Contratti Pubblici, sin dalla sua iniziale formulazione, ha recepito il contenuto delle direttive UE, confermando l’utilizzo di specifiche piattaforme digitali che garantissero dei livelli elevati di trasparenza nel rapporto fra operatori economici e stazioni appaltanti, quali il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MEPA), che consente lo svolgimento dell’intero iter contrattuale tramite una unica piattaforma di e-procurement, in piena aderenza alla Direttiva 2014/24/UE, ed il Sistema Informativo di Monitoraggio delle Gare (SIMOG), con l’obiettivo di una progressiva interoperabilità delle piattaforme e copertura delle fasi di vita del contratto in un’ottica di transizione digitale[4].
Chiaramente, l’obiettivo di implementare la semplificazione e trasparenza delle procedure, in un’ottica di efficienza ed efficacia del servizio, recava con sé un fine secondo, ma non secondario, di restringere i margini di discrezionalità delle stazioni appaltanti ed alleggerirne gli adempimenti procedurali, realizzando un restringimento di occasioni ed ambiti in cui potessero insinuarsi fenomenologie di tipo corruttivo, realizzando dunque lo spirito della Legge 190/2012, che analizza le fattispecie corruttive non più nel consueto contesto della responsabilità penale, ma in quello preventivo, atto ad anticipare circostanze e tipologie di maladministration[5].
In sostanza, l’abuso delle pubbliche funzioni viene ad essere considerato non più soltanto sotto il profilo patologico del reato, bensì in una prospettiva anticipatoria che riesca a prevenire il danno sociale di condotte illecite, od anche semplicemente non etiche, da parte del pubblico funzionario.
In questo senso, il successivo step normativo rappresentato dal D.Lgs. 36/2023 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici), rappresenta un ulteriore e definitivo cambio di passo in materia, in quanto decisamente ispirato dai principi della L. 190/2012 ss.mm.ii., che si ritiene in gran parte attualizzata attraverso una visione sistemica del rapporto fra anticorruzione e digitalizzazione/trasparenza, che considera il contratto nella sua interezza come procedimento amministrativo nativo digitale, di natura complessa, riducendo al minimo le occasioni in cui gli interventi di natura discrezionale delle Amministrazioni procedenti possano assumere delle devianze, più o meno censurabili, sotto il profilo amministrativo e/o penale.
Sotto questo versante interpretativo, le norme richiamate dal nuovo codice dei contratti pubblici non possono essere considerate se non in combinato disposto con i principi di cui alla nuova Legge anticorruzione, da un lato, ed il D.Lgs. 14 marzo 2013 n. 33, dall’altro, in un’ottica sistematica e proattiva, capace non solo di descrivere e sanzionare dei comportamenti giuridicamente illeciti o inopportuni, quanto piuttosto prevenirli e promuovere una cultura della legalità e correttezza dell’agere amministrativo, in grado di sviluppare nuovi e più efficaci modelli procedimentali e marginalizzare le opportunità di fenomeni di corruttela di vario genere[6].
Nel quadro normativo di cui sopra, non deve pertanto stupire che la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici venga descritta come uno degli obiettivi principali del PNRR[7]. Si considera infatti questo principio alla stregua di una vera e propria infrastruttura, imprescindibile dallo sviluppo del sistema-nazione, con l’effetto che la portata strutturale della norma debba essere connotata da un corollario di strumenti procedimentali e di formazione del personale coinvolto, di cui devono essere dotate tutte le amministrazioni[8].
Questo percorso nasce dalla consapevolezza che : “Le tecnologie digitali rappresentano un potente alleato nella promozione della trasparenza, integrità e responsabilità e per favorire l'impegno civico nella prevenzione della corruzione, grazie alle opportunità che offrono per migliorare l'accessibilità delle informazioni, facilitare la partecipazione dei cittadini e connettere le persone”[9].
Ciò ha portato lo stesso Legislatore a considerarne la piena applicazione alla data del 01.01.2024, al fine di poter operare nella sua pienezza, anche in riferimento alle procedure di affidamento incluse nel PNRR ed avviate a partire dalla stessa data. L’ANAC, con la delibera n. 582 del 13/12/2023, si è premurata di regolamentare la delicata fase di avvio delle procedure con riferimento all’art. 225, commi 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.
Risulta centrale, nell’ordito normativo creato dal Legislatore, il ruolo della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), come piattaforma istituita presso ANAC, con la funzione di garantire la piena interoperabilità di tutti i dati ed informazioni funzionali al ciclo di vita dei contratti, nella prospettiva di conferire effettività alla realizzazione dei principi di trasparenza scolpiti dall’ art. 28 del nuovo codice[10].
Proprio questa esigenza di garantire un passaggio graduale, ma quanto più efficace dei servizi, ha richiesto lo sforzo dell’ANAC di descrivere dettagliatamente tutti i passaggi applicativi del nuovo ordinamento, sia in una fase preliminare, quanto, piuttosto, in quella definitiva di pieno regime di applicazione normativa. Il fulcro di tutto il sistema ruota sull’utilizzo di piattaforme di approvvigionamento digitale caratterizzate dalla concreta e piena interoperabilità.
A tale proposito, la certificazione di queste piattaforme, che deve considerarsi realizzata attraverso la verifica della loro indicizzazione sul Registro Piattaforme Certificate (RPC) in seno al link del sito ANAC dedicato, cessa di essere un mero adempimento formale, quanto un presupposto sostanziale di funzionamento del sistema, finalizzato alla trasparenza nell’ esercizio della funzione pubblica, ispirata anche dalla prevenzione, sul versante gestionale, di esiti corruttivi o fenomeni di cattiva amministrazione.
2. L’Ecosistema di approvvigionamento digitale e la qualità del dato
La novella del codice dei contratti pubblici descrive un vero e proprio “Ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement)”, in quanto le singole piattaforme vengono ad incastrarsi in una struttura organica e definita che garantisce interconnessione e qualità del servizio[11]. Quest’ultimo concetto, così come descritto, che può apparire come esito scontato di implementazione della gestione, riveste, in verità, un aspetto strutturale per certi versi rivoluzionario.
La qualità del procedimento amministrativo, attraverso la riduzione dei margini di errore ed il potenziamento della trasparenza nei contratti pubblici, diventa un alleato fondamentale delle amministrazioni al fine di contenere i fenomeni di disfunzione patologica del servizio o, peggio, di corruzione. La semplificazione delle procedure burocratiche consente un contrasto, in via preventiva, dei fenomeni avversi sopra descritti, limitando zone grigie in ordine a duplicazioni di competenze, intervento di organi, o fasi incidentali di procedimenti amministrativi, in cui possano attecchire disfunzioni amministrative o atteggiamenti malevoli o fuorvianti rispetto alla funzione pubblica esercitata.
Esattamente in questa ottica deve essere inteso, nella sua portata innovativa, la piena applicazione del principio “once only”[12], che viene acquisito dalla esperienza delle scienze manageriali, secondo cui i dati necessari all’amministrazione procedente devono essere acquisiti una sola volta ed utilizzati solo in caso di necessità. Non a caso, l’attenzione del Legislatore si concentra sul concetto di dato, in quanto il vantaggio di concepire un procedimento amministrativo complesso, quale quello di un appalto pubblico, in forma nativa digitale, consente il pregio impagabile, sotto il profilo del contrasto del fenomeno corruttivo, di trasformare il documento in dato e quindi di consentirne il controllo, sia in forma individuale che sistemica, attraverso strumenti informatici fra di loro interoperabili, con un margine di errore tendente, potenzialmente, allo zero e con residui sempre più limitati di espressione di potere discrezionale dal parte delle stazioni appaltanti[13].
Condicio sine qua non di questa complessa operazione risulta, necessariamente, la qualità del dato, sia in termini di veridicità, che di esattezza, la quale torna prepotentemente ad essere protagonista della congruità dell’ intero sistema, nel quadro della sfida istituzionale del perseguimento del principio di buona amministrazione.
In via generale, il luogo elettivo di realizzazione del “once only principle”, di derivazione europea, è la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), infrastruttura tecnologica istituita dall’ art. 50 CAD, che consente alle amministrazioni di semplificare gli adempimenti amministrativi attraverso interfacce che garantiscono la interoperabilità del sistema, mentre, nella materia degli appalti pubblici, tutto il sistema di e-procurement gravita intorno alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) che viene divisa in sei sezioni[14]: Casellario Informatico - Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) - Anagrafe degli Operatori Economici - Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti - Piattaforma per la Pubblicità Legale degli atti e la Piattaforma dei contratti pubblici (PCP) che, unitamente alla Piattaforma Unica della Trasparenza (PUT), ha la funzione di mediare le funzioni di interoperabilità rispetto alla BDNCP[15].
Quello che appare evidente dalla struttura come sopra descritta è il ruolo privilegiato che la nuova normativa dedica al principio di trasparenza, rispetto alla quale appare palese lo sforzo di garantirne attualizzazione ed effettività, in un’ottica che non coinvolga il singolo atto o amministrazione, quanto l’intero ciclo di vita del contratto e tutto il sistema amministrativo che viene coinvolto nel procedimento considerato. La trasparenza, oltre ad essere principio etico che informa il sistema, diventa un vero e proprio obbligo strutturale dell’ appalto pubblico, tale da viziarne insanabilmente gli esiti.
In buona sostanza, la trasformazione del documento in dato e la conversione della trasparenza degli atti, considerati in veri e propri obblighi incombenti sulle stazioni appaltanti, sotto la sfera intrinseca della pubblicità legale, consente di dare al principio stesso piena effettività e tutela sotto il profilo giurisdizionale, in un contesto normativo in cui il processo amministrativo ha ancora una forte connotazione impugnatoria legata ai vizi dell’atto amministrativo.
Cambia anche, per le amministrazioni procedenti, il concetto di adempimento alla pubblicità legale, che deve ritenersi soddisfatto tramite la tempestiva e corretta trasmissione del dato all’ANAC, che svolge la duplice funzione di controllo e pubblicazione in funzione della realizzazione degli effetti giuridici. Non a caso si pretende il coinvolgimento, in materia di trasparenza ed appalti, di una autorità indipendente, che ha una serie poteri particolarmente incisivi e che svolge le funzioni di contrasto della corruzione come mission istituzionale, confermando ancora una volta, qualora fosse necessario, il legame indissolubile fra trasparenza ed anticorruzione in materia di contratti pubblici[16].
Attraverso questo nuovo approccio, dunque, il documento non solo si trasforma in dato, ma diventa immediatamente patrimonio di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento, realizzando, con un unico atto di trasmissione, mediato dalla autorità competente, la piena trasparenza ed effettività della tutela preventiva da eventuali illiceità o illegittimità dell’iter procedimentale. La accessibilità degli atti risulterà costante, progressiva e, potenzialmente, in tempo reale rispetto all’ atto amministrativo considerato, assorbendo tutte le fasi del ciclo di vita del contratto.
Attraverso BDNCP, oggi definitivamente accreditata come ecosistema nazionale di e-procurement, risulterà accessibile tutta la documentazione di gara, compresi gli atti relativi al DGUE, offerte, controlli tecnici ed amministrativo-contabili, atti recanti garanzie ed esecutivi.
Pertanto, dematerializzare l’azione amministrativa diventa uno strumento non più opzionale, ma obbligatorio per ogni singolo atto del procedimento contrattuale, con una serie di fini eterogenei, tra cui, non ultimo, quello della prevenzione del fenomeno corruttivo.
3. Le articolazioni della BDNCP - La delibera ANAC 262 del 20/06/2023
Passando al dettaglio della struttura disegnata dal Legislatore nel nuovo codice dei contratti pubblici, occorre considerare, nell’ambito della BDNCP, le singole funzioni assolte dalle diverse piattaforme digitali, fra di loro interoperanti, che ne costituiscono articolazione.
Il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture contiene le informazioni sugli operatori economici coinvolti e viene disciplinato dal regolamento di cui all’ art. 222, comma 10 del nuovo codice. L’Anagrafe degli Operatori Economici individua gli operatori economici e le figure sociali coinvolte nei contratti pubblici. Analogamente l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) individua le stazioni appaltanti coinvolte nelle procedure relative ai contratti pubblici, ed è stata prevista inizialmente dal D.L. 179/2012 art. 33-ter, convertito nella L. 221/2012 e, successivamente, assorbito nella disciplina generale del nuovo codice dei contratti pubblici.
La Piattaforma per la pubblicità legale degli atti disciplina i criteri legali di pubblicità in materia, come previsto dagli art. 84-85 del codice, anche tramite il coinvolgimento, talvolta, dell’Ufficio delle Pubblicazioni della UE. La Piattaforma dei Contratti Pubblici (PCP) costituisce, infine, l’infrastruttura digitale attraverso la quale si realizza l’interoperabilità fra le piattaforme di approvvigionamento e la BDNCP durante tutto il percorso vissuto dalla procedura contrattuale.
Il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) merita una attenzione specifica, in quanto è, probabilmente, lo strumento più importante fra le infrastrutture digitali previste dal nuovo codice perchè, principalmente, definisce l’inesistenza di cause di esclusione di cui all’ art. 94 e 95 del nuovo codice dei contratti pubblici e, nel contempo, verifica la correttezza dei dati e delle informazioni inseriti dagli operatori economici, ai sensi dell’ art. 100 del D.Lgs. 36/2023.
La delibera ANAC 262/2023 chiarisce inequivocabilmente come il FVOE abbia un duplice ordine di destinatari, in quanto non è dedicato soltanto alle stazioni appaltanti, ma anche agli operatori economici che, di fatto, cooperano attraverso un luogo di incontro virtuale nell’ambito delle singole componenti del fascicolo appositamente predisposte[17]. La parte riservata alle stazioni appaltanti/enti aggiudicatori consente di poter accedere e verificare la documentazione sul possesso dei requisiti amministrativi, tecnici ed economico finanziari di gara, anche attraverso i dati messi a disposizione dagli enti certificanti. Dall’altro lato, gli operatori economici sono tenuti a conferire i documenti necessari in appositi spazi digitali in cui possono essere opportunamente collazionati[18].
Il FVOE 2.0, riservato alle procedure avviate dal 01.01.2024, ha implementato il sistema attraverso la possibilità delle stazioni appaltanti di avvalersi di Piattaforme Digitali di Approvvigionamento (PDA) certificate per interfacciarsi con la PCP e la possibilità di definire un apposito profilo di Responsabile Unico del Progetto (RUP) ed eventuali Responsabili di Fase, attraverso un apposito servizio dedicato di Registrazione e Profilazione Utenti.
La citata delibera ANAC 262 del 20/06/2023 assume pieno valore di regolamento attuativo, in forza della previsione normativa di cui all’ art. 24 comma 4 del nuovo codice dei contratti pubblici e viene improntata a dare un forte impulso di effettività al funzionamento del sistema, ponendo grande attenzione alle modalità tecniche per la fornitura dei dati e prevedendo, sotto il profilo sanzionatorio, specifici profili di responsabilità nei confronti degli Operatori Economici che non rispettino gli obblighi di correttezza, veridicità ed aggiornamento dei dati che inseriscono nel FVOE.
Sotto l’aspetto tecnico, l’accesso degli utenti, successivo alle fasi di registrazione e profilazione, viene consentito attraverso dispositivi digitali di livello LoA3 (SPID di secondo livello, CIE, elDAS o CNS) con la predisposizione di appositi manuali utente, sia per gli Operatori Economici che le Stazioni Appaltanti. Tutto ciò è pienamente comprensibile se si considera che i più significativi fra i dati conferiti nel FVOE sono quelli relativi alle certificazioni penali ed antimafia, regolarità sotto il profilo fiscale ed assolvimento degli obblighi contributivi, rispetto del CCNL (soprattutto in merito a quanto riguarda la valutazione del costo della mano d’opera), rating reputazionali, DURC, garanzie fideiussorie etc..
La possibilità di centralizzare e tracciare i contatti istituzionali fra stazioni appaltanti ed operatori economici rende minimale il rischio di occasioni in cui possa insinuarsi il fenomeno corruttivo. In particolare, l’effetto sinergico della trasformazione del documento in dato e del suo conferimento in una unica piattaforma digitale gestita da ANAC consente, da un lato, la piena tracciabilità del percorso procedurale e dei suoi attori e, dall’altro, la possibilità di incrociare i dati e verificarne eventuali anomalie, attraverso strumenti informatici progressivamente più evoluti, che possano essere spie di eventuali circostanze da approfondire nelle sedi opportune[19].
In altri termini, si può concludere affermando che la fluidità e la correttezza della procedura sotto il profilo digitale diventano una efficace specchio della legittimità del percorso contrattuale e della corretta azione dei suoi protagonisti istituzionali ed economici.
4. Il passaggio dal principio di “digital first” a quello di “digital by default” e gli effetti sul concetto normativo di corruzione
Senza alcun tema di smentita si può affermare che il processo di digitalizzazione dei contratti pubblici, dopo la novella del 2023, viene a realizzare una vera e propria operazione win-win, in cui si crea un vero e proprio valore per tutte le parti coinvolte, evitando potenziali conflitti fra le medesime e creando una vera e propria collaborazione istituzionale fra Stazioni Appaltanti ed Operatori Economici, mediata da infrastrutture digitali innovative in grado di gestire molteplicità di dati in forma aggregata, con l’effetto di evitare, in misura esponenziale, situazioni di maladministration e, contemporaneamente, semplificare e moltiplicare le occasioni di controllo sulla procedura contrattuale durante tutto il suo ciclo.
In questo senso si può parlare di un indirizzo inclusivo della lotta alla corruzione attraverso la messa a disposizione di un cruscotto di analisi self-service, in modalità open data, dei contratti pubblici ed un portale con un set di indicatori del rischio corruzione [20].
Infatti, un sistema così incardinato sulla interoperabilità ed interconnessione dei dati ivi conferiti, ha il non secondario vantaggio di consentire una implementazione progressiva da parte degli Operatori Economici e delle Stazioni Appaltanti, che permette di riesaminare, costantemente ed in tempo reale, i processi anche sotto il profilo della “accountability” delle parti coinvolte.
E’ palese l’effetto dissuasivo, prima ancora che repressivo, che una strutturazione siffatta esercita sugli attori istituzionali coinvolti nelle gare, a vario titolo, realizzando a pieno i principi della L. 190/2012 ss.mm.ii., che, strategicamente, pone l’accento del contrasto della corruzione in un momento preventivo, realizzando uno stravolgimento rispetto al precedente approccio che era volto alla repressione delle fattispecie di reato realizzate dai pubblici ufficiali, con o senza il contributo di un operatore economico che assumesse il ruolo di sodale.
Anche in questo senso si può discernere di “accountability”, nella accezione tecnica ereditata dalle scienze manageriali, e non solo di responsabilità penale e/o disciplinare del pubblico ufficiale, proprio al fine di rappresentare il costo economico e sociale dei comportamenti illegali, o privi di etica, da parte del pubblico funzionario, che mina i cardini economici e morali su cui si fonda la relazione fra cittadino e pubblica amministrazione, infrangendo nella collettività il rapporto di fiducia nello Stato.
Quanto appena descritto costringe a reinterpretare in maniera sistematica il disposto dell’art. 19 comma 2 del nuovo codice dei contratti pubblici che scolpisce il principio del c.d. “once only”, il quale viene inteso non solo nel senso della unicità di conferimento del dato, ma anche nella unicità della infrastruttura digitale attraverso cui viene conferito, che necessariamente, coincide con quella del primo conferimento[21].
La precisazione operata dalla norma, lungi dall’essere una superfetazione normativa, definisce in senso sostanziale il principio della unicità dell’invio, preservandolo da qualsiasi diversa interpretazione che lo renderebbe di fatto ostativo alla effettiva interoperabilità e trasparenza del sistema. Per tali esigenze l’art 20 comma 2 del nuovo codice definisce espressamente il principio di unicità del luogo di pubblicazione, rappresentato come sede infrastrutturale elettiva di interscambio dei dati[22].
L’esistenza stessa di un regime transitorio, disciplinato da apposite delibere dell’ANAC, denota, non una debolezza del sistema, quanto la volontà del Legislatore di garantire che lo stesso inizi ad essere operante, al via, a pieno regime, in una prospettiva di non ritorno rispetto al concetto di interscambio dei dati. Analogamente, si è provveduto ad estendere la disciplina anche ai c.d. microaffidamenti (di importo inferiore ad Euro 5.000) statuendo che, in tutte le fasi del ciclo di vita del contratto, vi sia una gestione attraverso le piattaforme digitali certificate (ad esempio acquistinretepa di CONSIP) con il rilascio del CIG, previa richiesta del RUP nominato[23].
Invece, esclusivamente per quanto attiene le spese economali (inferiori ad Euro 1.500), non vi è obbligo di richiedere il CIG, ma si può fare semplicemente ricorso al fondo cassa senza attingere alle piattaforme digitali certificate, sempre a condizione che le stesse vengano tipizzate e siano oggetto di un apposito regolamento interno dell’Amministrazione procedente[24]. Alla stessa ratio normativa rispondono, ovviamente, i procedimenti di gara di natura telematica quali aste e cataloghi elettronici e sistemi dinamici di acquisizione, realizzando il concetto di dematerializzazione delle procedure, nel solco sostanziale di un procedimento di gara nativo digitale[25].
Pertanto, appare di tutta evidenza il tentativo del Legislatore di assorbire, in una disciplina organica ed onnicomprensiva, le varie tipologie e necessità di approvvigionamento di beni e servizi della Pubblica Amministrazione, al fine di non lasciare margini di incertezza o di incompletezza che possano dare adito a circostanze non adeguate allo spirito della Legge.
L’obiettivo finale di tutto questo percorso viene reso palese dall’art. 25 del D.Lgs. 36/2023 che chiarisce come le piattaforme di approvvigionamento digitale vengano costituite per assicurare la “piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici” e punta l’attenzione sul fatto come le stesse piattaforme interagiscano con i servizi della PDND e della BDNCP. Proprio in rapporto al conferimento dei dati nei confronti di quest’ultima infrastruttura digitale, non può sfuggire il dettaglio di come l’art. 28 D. Lgs. 36/2023, nel confermare l’obbligo di tempestività delle comunicazioni relative agli appalti di lavori, servizi e forniture non definisca, come oggetto, i documenti di gara, ma, svoltando nettamente rispetto ad un passato normativo relativamente prossimo, trovi il suo campo di applicazione su “i dati ed informazioni relativi all’intero ciclo”. Si tratta di una precisazione apparentemente poco più che di stile, ma che in realtà assume una portata epocale, in quanto certifica la trasformazione del documento in dato o informazione e la sua diffusione, con effetto istantaneo ed immodificabile, con un unico atto di conferimento digitale che ne consente la piena tracciabilità e verifica, in forma singola o associata, nel solco che porta dalla digitalizzazione alla pubblicità e trasparenza, sino ad arrivare al contrasto dei fenomeni di cattiva amministrazione nelle sue molteplici manifestazioni. Ne consegue che il “dato originale” non deve essere più considerato quello presente nella sezione “Amministrazione Trasparente” della PA procedente (al cui interno si mantiene un mero collegamento ipertestuale a BDNCP), quanto quello trasmesso ad ANAC attraverso le piattaforme digitali dedicate, con relativo valore legale e decorrenza giuridica degli effetti.
Confluiranno pertanto in BDNCP gli atti fondamentali della procedura in essere quali: il bando, i verbali di gara, l’offerta dell’ aggiudicatario, i dati relativi all’aggiudicazione ed alla esecuzione dei lavori etc., con il duplice fine di realizzare la pubblicità legale degli atti, e, nel contempo, garantire, anche nei confronti degli operatori economici, la accessibilità a dati ed informazioni e la conoscibilità dei processi decisionali automatizzati[26].
Deve precisarsi che il combinato disposto delle delibere 261 e 264 ANAC ha tipizzato sia i dati che le informazioni e le specifiche tecniche con cui gli stessi devono essere trasmessi alla BDNCP. Viene prestata particolare attenzione al momento dell’esecuzione del contratto, in quanto ritenuto particolarmente sensibile sotto il profilo della prevenzione di eventuali comportamenti illeciti. Per questa ragione si pretende un puntuale conferimento di informazioni non solo della stipula del contratto, ma anche rispetto al collaudo, allo stato di avanzamento dei lavori, agli incidenti di esecuzione, agli accordi transattivi ed, in particolare, alle ipotesi di subappalto[27].
Gli oneri comunicativi relativi a questa ultima ipotesi devono essere intesi come contraltare ad un regime più permissivo rispetto alla disciplina dell’istituto, essendo venuti meno, nella novella del codice, i limiti quantitativi e consentendo la ammissione del c.d. “subappalto a cascata”. Pertanto, con la nuova disciplina esaminata, si tenta di trovare un delicato punto di equilibrio fra la esigenza di non appesantire gli adempimenti relativi alla realizzazione delle opere pubbliche e, nello stesso tempo, garantire il controllo degli organi deputati rispetto ad uno schema contrattuale di tipo derivato che, storicamente e statisticamente, ha rappresentato un anello debole della catena ed una occasione di ingresso di fenomeni corruttivi o di cattiva amministrazione o, addirittura, di infiltrazioni mafiose. E’ interessante osservare che, molto spesso, si tratta informazioni e dati in gran parte corrispondenti a quanto previsto nei precedenti PNA deliberati da ANAC, a conferma del legame indissolubile e consolidato che si è venuto a creare fra trasparenza ed anticorruzione nelle dinamiche contrattuali del settore pubblico.
Questo dimostra, ancora una volta, che la BDNCP, attraverso la interoperabilità con le piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti e la PDND, si pone sia come strumento di semplificazione, e sia come presidio di legalità di tutte le fasi del ciclo contrattuale. Inoltre, il presupposto normativo del previo accreditamento di tutti i protagonisti del percorso contrattuale nel PDND rappresenta la chiusura del cerchio di un complesso percorso di semplificazione iniziato dal Legislatore con l’art. 50 CAD, istitutivo della PDND ed attualizzato, a distanza di quasi un ventennio, ed in una chiave di tutela della legalità, grazie al combinato disposto con l’art. 23 del D.Lgs. 36/2023[28].
In questo tragitto istituzionale è stato fondamentale il contributo interpretativo in più occasioni fornito da AgID, attraverso le proprie linee guida, oltre che la previsione sostanziale, da parte del Legislatore, di prevedere dei soggetti aggregatori e centrali di committenza che, oltre a razionalizzare gli acquisti e creare un vantaggio di risparmio economico, consentano l’ulteriore fine strategico di un più efficace controllo amministrativo e della trasparenza delle procedure considerate[29]. La stessa AgiD assume poi un ruolo di primaria importanza attraverso la procedura di certificazione delle piattaforme di approvvigionamento digitale delle stazioni appaltanti ed enti concedenti, sulla base di precisi requisiti tecnici, consentendone la successiva iscrizione nel relativo registro tenuto da ANAC.
Questo costituisce il presupposto sulla base del quale le singole stazioni appaltanti, previo sviluppo delle interfacce applicative dedicate, con un unico conferimento, riescono contemporaneamente ad assolvere a diversi scopi verso una platea eterogenea di destinatari, quali la pubblicità legale dell’atto, la comunicazione all’ANAC di cui all’ art.222, comma 9, D.Lgs. 36/2023, ed,addirittura, l’accesso agli atti nei confronti degli operatori economici di cui al combinato disposto degli artt. 35 e 28 comma 4 del D.Lgs. 36/2023. Il principio di digitalizzazione viene permeato di una valenza strategica in funzione della trasparenza e legalità dell’azione amministrativa[30].
Tutto ciò attraverso l’intuizione istituzionale di trasformare l’atto amministrativo in dato, con l’esito di consentirne tecnicamente la fruizione in un luogo virtuale di natura istituzionale che ne consenta il monitoraggio e la attivazione di eventuali alert in caso di utilizzo in un contesto distopico.
Pertanto, il concetto stesso di corruzione, alla luce di questa nuova strutturazione normativa, si trasforma nei suoi aspetti fondanti, recependo definitivamente, con la novella del codice, l’insegnamento della L.190/2012 ss.mm.ii. e perdendo la sua iniziale veste di tipo penalistico. Risulta evidente, nell’ordito normativo sopra descritto, che il termine di corruzione debba intendersi invece in senso ampio, con connotazioni di tipo amministrativo, alla stregua di malcostume amministrativo, anche in un momento anticipato rispetto a quello del concretarsi di una eventuale fattispecie di reato.
Ne consegue che, anche sotto il profilo sanzionatorio, la responsabilità erariale e/o disciplinare, tipica espressione di un potere amministrativo, viene a contaminarsi con una modalità di introspezione dell’elemento psicologico della fattispecie, piuttosto incisiva, che normalmente sostanzia i criteri di valutazione del giudice penale, in una prospettiva di espressione di un potere discrezionale, con una funzione anticipatoria e proporzionale al grado di disvalore etico ed amministrativo del comportamento esaminato.
Si può dunque affermare che il nuovo codice dei contratti pubblici, nella sezione che disciplina la digitalizzazione dei procedimenti contrattuali[31], ha realizzato un cambio di passo deciso del Legislatore che passa dal principio del “digital first”, che aveva iniziato ad essere concepito dal CAD come scelta prioritaria degli strumenti digitali nel rapporto con il cittadino, sino ad arrivare ad essere un vero e proprio slogan ed architrave del PNRR, a quello del “digital by default”, per cui l’utilizzo dello strumento digitale non è più una opzione attivabile o preferenziale quanto, piuttosto, una opzione predefinita e che non ammette che si proceda altrimenti.
Il passaggio dallo strumento telematico alla piattaforma digitale e, dall’atto digitalizzato al dato digitale nativo, è una scelta non rivedibile del Legislatore che inaugura una nuova era nei rapporti fra pubblici funzionari ed operatori economici ma, prima ancora, fra amministratori ed amministrati. Pertanto non è azzardato affermare che una normativa così specialistica e settoriale come quella dei contratti pubblici, attraverso la novella del 2023, ha finito per estendere i propri principi fondanti in un ambito più marcatamente generalista.
5. L’Accesso agli atti nei contratti pubblici
Analogamente alla disciplina sopra esaminata, l’accesso agli atti viene sostanzialmente assolto in via digitale, mediante acquisizione diretta, distinguendo le due diverse accezioni sostanziali e procedurali. Sotto il profilo sostanziale, vengono confermate le ipotesi di differimento già previste, distinguendo fra procedure aperte e ristrette, e stabilendo diversi termini connessi al momento della scadenza della presentazione delle offerte o a quello della aggiudicazione, a secondo dei casi considerati, ma, soprattutto, si estende il diritto di accesso alla fase esecutiva[32].
Sotto il profilo procedurale, appare assolutamente innovativa la norma che consente sia la automatica messa a disposizione dell’ offerta del primo classificato, e, contestualmente, ai primi cinque operatori economici in graduatoria, e sia di rendere reciprocamente disponibili, attraverso la piattaforma digitale dedicata, gli atti e le offerte presentate, chiedendo alle stazioni appaltanti di fare chiarezza sulle disposizioni di accesso limitato ed oscuramento di parti dell’offerta, che diventano, esse stesse, ricorribili dagli operatori economici, con rito camerale e dimidiazione dei termini processuali[33].
Appare evidente lo sforzo del Legislatore di garantire effettività, anche sotto il profilo dell’accesso agli atti, al principio di trasparenza, rendendo tangibilmente operativi i criteri generalisti previsti dal D.Lgs. 33/2013 attraverso la espressione del diritto di accesso nella sua massima potenzialità, che assorbe la gran parte della documentazione di gara, fatta salva la tutela del segreto industriale, commerciale e professionale. Estendere questo aspetto così pervasivo e sostanziale anche alla fase esecutiva significa accendere i riflettori su un altro aspetto del procedimento, altrettanto importante rispetto all’ iter di aggiudicazione e, talvolta, nevralgico rispetto a fenomeni di cattiva gestione della funzione amministrativa, in quanto caratterizzato da un margine di discrezionalità più ampio da parte della pubblica amministrazione.
La migliore dottrina ha chiarito come limitare il diritto di ostensione degli atti /dati in materia di appalti pubblici all’utilizzo dello strumento ordinario dell’accesso documentale non soltanto ne limiterebbe la efficacia e le tempistiche ma, addirittura, creerebbe una vera e propria barriera psicologica alle istanze del cittadino[34].
Tutto ciò dimostra che una tutela sostanziale dei principi di legalità e prevenzione della corruzione deve essere sistemica, con una precisa mappatura e valutazione del rischio per ogni fase del procedimento esaminato, e senza trascurare il supporto che viene fornito dagli strumenti processuali progettati in funzione di questo obiettivo. Anche in questo senso si deve intendere la descritta possibilità di un contenzioso, tecnicamente abbreviato, sulle pronunce di oscuramento delle offerte, al fine di garantire tutti gli operatori economici e, nello stesso tempo, eliminare scelte discrezionali, anche di natura procedurale, della stazione appaltante, più o meno corrette, che possano sfuggire ad un vaglio di legittimità giurisdizionale.
L’ accesso documentale, chiaramente, non basta più a soddisfare, nella sua pienezza, la realizzazione degli obblighi di trasparenza, ma va riconsiderato in chiave sistematica con gli istituti dell’ Accesso Civico Semplice e Generalizzato, che trovano una applicazione particolarmente proficua nella novella del codice dei contratti.
L’accesso civico semplice potrà essere attivato al Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (RPCT) della stazione appaltante o ente concedente, consentendo di ovviare ad eventuali ipotesi di assenza o omissione di pubblicazione di atti ed informazioni di interesse pubblico, mentre l’ accesso civico generalizzato consente di poter esaminare gli atti anche in un termine ulteriore a quello di durata della pubblicazione che, nella fattispecie di cui al nuovo codice, viene fissata in 5 anni[35].
E’ del tutto evidente, dunque, come la strutturazione complessiva della materia definisca uno scenario di accessibilità, a tempo potenzialmente indeterminato, delle informazioni di interesse pubblico, garantendo la fiducia reciproca delle parti contrattuali sulla correttezza della procedura e minando l’humus su cui possano attecchire forme, più o meno raffinate, di comportamenti malevoli od inappropriati da parte di pubblici funzionari. Questa tematica è legata a doppio filo al principio di ostensione del dato/informazione, piuttosto che del mero atto amministrativo, mediante un conferimento, che, con un effetto potenzialmente istantaneo, riesce a soddisfare, con la massima concretezza, il dovere di trasparenza che incombe sull’amministrazione.
Ed anche in questo senso in questo senso appare definitiva la considerazione con cui la migliore dottrina evidenzia che non si pone nemmeno un reale dibattito fra la riconducibilità delle fattispecie all’ accesso documentale o civico ma al contrario sussiste un vero e proprio obbligo, ex lege, non derogabile dalla PA di messa a disposizione dei dati attraverso le piattaforme dedicate, tanto da considerare l’esistenza di un autentico “accesso automatico” [36].
6. Violazione degli obblighi di trasparenza - La delibera ANAC 601 del 19/12/2023
Gli obblighi di trasparenza elaborati dal nuovo codice dei contratti pubblici fondano le proprie radici più profonde nell’art. 37 del D.Lgs. 33/2013 ss.mm.ii., che ha riordinato la disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte della Pubblica Amministrazione, elevando il concetto di trasparenza a principio generale di accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni[37].
Vengono così stabiliti dei veri e propri obblighi giuridici che esulano dalla mera dichiarazione di principio, ma prevedono la individuazione di soggetti responsabili e sanzioni specifiche. L’art. 37 del Decreto sulla Trasparenza dedica poi una particolare attenzione al settore degli appalti pubblici, considerandolo un perno di funzionamento del sistema e campo elettivo di battaglia per realizzare il fine del contrasto alla corruzione. Il combinato disposto degli artt. 37 e 38 del D.Lgs 33/2013 pone la sua attenzione sui momenti della programmazione e valutazione degli investimenti, ritenendoli focali nel quadro della disciplina considerata, analogamente all’affidamento ed alla esecuzione del contratto.
A distanza di dieci anni dal nascere di questa nuova impronta normativa, il Legislatore si è premurato di conferirle il massimo grado di effettività, cogliendo l’occasione fornita dall’utilizzo dei nuovi strumenti digitali, accogliendo non solo l’aspetto concomitante allo svolgimento della procedura, in chiave preventiva, ma anche quello più spiccatamente repressivo, con lo scopo di realizzare il duplice obiettivo di sanzionare i comportamenti giuridicamente scorretti e, contemporaneamente, dissuadere dalla commissione e/o reiterazione i loro protagonisti istituzionali[38].
L’art. 28 del nuovo codice dei contratti pubblici è teso a rappresentare il principio di trasparenza come obbligo giuridico di natura inderogabile, sottolineando la necessità di una informazione completa, dettagliata nei suoi elementi e tempestiva, ritenendo soddisfatto l’obbligo di pubblicazione attraverso il conferimento dei dati in BDNCP, con contemporaneo collegamento ipertestuale sulla sezione “Amministrazione Trasparente”[39]. Tali dati dovranno permanere nelle piattaforme dedicate per almeno 5 anni e dovranno soddisfare dei requisiti specifici sotto il profilo formale e sostanziale. In questo specifico contesto di riferimento, il Legislatore ha previsto che ANAC venisse direttamente coinvolto al fine di dettagliare le informazioni e le modalità di trasmissione necessarie.
Ciò è avvenuto con la citata delibera n. 264/2023 ma, soprattutto, con la successiva delibera n. 601 del 19/12/2023, che, a distanza di soli sei mesi, ha rivisitato gli obblighi giuridici della amministrazioni procedenti in un’ottica di avvio a pieno regime del sistema. Risulta evidente una visione sistematica del Legislatore che pretende una stretta connessione degli obblighi del nuovo codice in funzione delle disposizioni del c.d Decreto sulla Trasparenza, che devono intendersi parti della stessa trama normativa. E’ pertanto essenziale rivisitare gli obblighi di pubblicazione alla luce del concetto di qualità del dato conferito[40].
Lo stesso può reputarsi idoneo al raggiungimento del suo scopo istituzionale di attuazione del principio di trasparenza quando sia facilmente accessibile e consultabile, trasmesso tempestivamente e nella sua integrità, conforme al documento da cui deriva e di cui indica la provenienza, e sia comprensibile, omogeneo e riutilizzabile.
E’ chiaro l’intento del Legislatore di riconsiderare gli obblighi di trasparenza non più sotto il profilo difensivo della opponibilità ai terzi, ma di una vera e propria indagine sostanziale sull’effettivo raggiungimento dello scopo del conferimento, in mancanza del quale, l’obbligo di pubblicità deve ritenersi disatteso e sanzionabile. Una comunicazione, anche solo parziale o intempestiva, delle informazioni, potrebbe privare gli operatori economici della possibilità di tutelare in maniera consapevole i propri diritti.
Analogamente, rendere la consultazione dei dati difficoltosa o di difficile interpretazione, potrebbe sfiduciare gli interlocutori delle istituzioni sulla correttezza della procedura. Inoltre, gli stessi dati devono rispondere a degli standard tecnici e sostanziali che possano consentire un esame e confronto agevole anche in forma aggregata. Le problematiche dell’ accesso al dato sotto il profilo tecnico, o il suo mancato aggiornamento all’evoluzione dell’iter procedurale, potrebbero anche creare problemi di fruizione, penalizzando chi non possiede competenze tecniche adeguate (c.d. digital devide ) o chi non è in grado di acquisire, con certezza, informazioni in tempo reale sullo stato dell’arte della fase del contratto considerata.
La certezza e la provenienza dell’atto appare quindi presupposto indefettibile per consentirne una corretta valutazione, non solo sulla base del dato singolo, ma della sua potenziale dimensione aggregata che consente di discernere aspetti altrimenti non riscontrabili[41].
Tutto ciò significa che il conferimento di dati nelle piattaforme istituzionali dedicate, qualitativamente non idonei, deve intendersi come se non fosse stato effettuato ed il relativo obbligo ne risulterà irrimediabilmente inevaso e sanzionabile.
Sotto il profilo sanzionatorio assume rilevanza centrale l’art. 47 comma 1 del D.Lgs. 33/2013, per la violazione degli obblighi di trasparenza di cui all’ art 14, comma 1 lett.c) e lett. f) dello stesso decreto, come modificato dal D.Lgs. 97/2016[42], prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1000 euro, nei confronti nei confronti dei titolari di incarico od indirizzo politico, che abbiano omesso la comunicazione di titolarità di imprese, ovvero partecipazioni azionarie proprie o del coniuge o parenti entro il secondo grado. Tale sanzione viene estesa anche nel caso di omesse comunicazioni su enti pubblici vigilati o società controllate o partecipate.
Il tutto con pubblicazione successiva sul sito internet dell’ente pubblico interessato, previo espletamento di una procedura interna sotto il profilo istruttorio, gestita, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, dalle amministrazioni coinvolte. Chiaramente, la applicazione della sanzione sarà proporzionale alla misura e gravità dell’inadempimento, operando sinergicamente in una prospettiva di dissuasione economica del fenomeno e di integrazione, ex post, degli obblighi di trasparenza. Sotto il primo profilo si avrà un divieto di erogazione di somme, a qualsiasi titolo, nei confronti degli enti coinvolti, mentre, sotto il secondo, la pubblicazione sui siti istituzionali deputati assolve all’ulteriore scopo di confermare nel cittadino l’azione incisiva delle amministrazioni, in fase di controllo, su comportamenti contra legem, ripristinando il necessario rapporto di fiducia istituzionale che potrebbe essere stato compromesso dal mancato adempimento degli obblighi di trasparenza e correttezza.
7. La violazione degli obblighi di transizione digitale e gli adempimenti connessi al PNRR
La novella del codice dei contratti ha ritenuto di integrare e specificare la disciplina sanzionatoria in materia di omessa comunicazione degli obblighi di conferimento dei dati nelle piattaforme istituzionali dedicando una specifica previsione nell’ ambito dell’ art. 23 comma 7 e 8 e potenziando il ruolo di ANAC. Si statuisce infatti che, nei casi in cui si omettano informazioni o attività necessarie a garantire la interoperabilità dei dati, L’ANAC è tenuta ed effettuare una segnalazione all’AgID per l’esercizio dei poteri sanzionatori di cui all’ art. 18 bis del CAD[43].
Pertanto, si prevede espressamente che tale omissione costituisca una violazione degli obblighi di transizione digitale. Il fatto poi che lo stesso art. 23 del nuovo codice definisca il principio per cui i dati conferiti siano strumento per la verifica dell’ effettivo utilizzo delle risorse e dell’avanzamento procedurale nei tempi previsti dalle leggi di spesa, lega in maniera molto chiara la funzionalità della nuova normativa agli importanti adempimenti previsti dal PNRR[44].
E’ di tutta evidenza come le innovazioni digitali che hanno interessato la disciplina dei contratti pubblici siano in pieno accordo rispetto all’ecosistema degli strumenti di controllo sui fondi strutturali europei ed al monitoraggio, prevenzione e contrasto del fenomeno corruttivo in un ambito strategicamente primario quale quello rappresentato dal PNRR. Non a caso si è previsto di onerare un responsabile ed una struttura di coordinamento per ogni Missione del Piano[45].
Nel nuovo contesto normativo, l’obbligo delle amministrazioni di elaborare il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e la Trasparenza si innesta nel quadro di una sistema incisivo di controlli da parte della Ragioneria Centrale dello Stato e del controllo di gestione esercitato dalla Corte dei Conti, anche nella funzione proattiva di individuare le criticità del processo gestionale e correggere il tiro nella applicazione del Piano.
Anche i controlli in sede UE operano su due piani diversi, il primo, in ambito soggettivo, grazie alla attività di indagine dell’OLAF, non escludendo un diverso ambito oggettivo per cui lo Stato Membro, in caso di frodi alla UE, sarà onerato di dimostrare che queste non possano essere imputate ad una carenza di adeguata prevenzione, controllo e contrasto del fenomeno, a pena del mancato discarico del valore della somma frodata[46].
Per queste ragioni, assume nuova luce tutta la disciplina del contrasto alla corruzione applicata nell’ambito dei contratti pubblici, sia nel rapporto di interazione dei PIAO elaborati dalle amministrazioni, che dovranno fare tesoro degli strumenti di innovazione digitale, sia nella piena operatività di ulteriori strumenti quali quello del whistleblowing, come meccanismo di segnalazione, interna ed esterna, anonima e protetta, di fenomeni di illeciti nelle strutture organizzative delle amministrazioni, che, anch’esso, dovrà essere incardinato ed implementato tramite piattaforme digitali di agevole accesso ed utilizzo, al fine di conferire effettività di tutela e riservatezza per il segnalante[47].
La realizzazione di uno stato di fatto concretamente avverso ad occasioni di cattiva amministrazione, grazie all’utilizzo consapevole di tutti gli strumenti a disposizione, diventa dunque una vera propria cartina di tornasole della legalità dell’intero sistema.
8. Conclusioni
Dopo la L. 190/2012 ss.mm.ii., il concetto di corruzione ha mutato irreversibilmente la propria veste, sotto il profilo formale e sostanziale, qualificandosi come abuso o utilizzo disfunzionale del potere amministrativo, tale da incidere su una relazione, reciprocamente corretta, fra amministratori ed amministrati. In questo senso è chiaro che ci troviamo di fronte ad un definizione molto più vasta e complessa rispetto alle fattispecie di rilevanza penale, su cui gli operatori del diritto hanno consuetudine a confrontarsi.
Si tratta di un fenomeno molto più sfumato ed eterogeneo, che spesso sfugge ad una chiara catalogazione in categorie e, quindi, pretende uno sforzo ermeneutico più incisivo. Passare, dalla tassatività delle categorie logiche dei reati contro la pubblica amministrazione, alla verifica e contrasto dei contesti di maladministration, impone la applicazione di un differente approccio e la considerazione del fenomeno, non più sotto il mero profilo soggettivo della identificazione e perseguimento del reo, quanto, piuttosto, del contrasto preventivo di un agere amministrativo, che, pur apparendo, sovente, formalmente corretto, potrebbe realizzare degli esiti aberranti.
Anche in questo senso la più recente dottrina si concentra sul concetto di “corruzione oggettiva”, intesa come situazione di interferenza ambientale che, prendendo spunto da oggettive circostanze di disservizio gestionale, finisca per mettere a rischio l’intero sistema, creando un possibile varco ad interessi illeciti “intranei” od estranei alla organizzazione amministrativa[48]. La novella del nuovo codice dei contratti pubblici ha chiaramente fatto tesoro di questo insegnamento, tramite uno sforzo notevole che non si limita a snellire, incidentalmente, i procedimenti utilizzando gli strumenti digitali, ma a reingegnerizzarli nella loro interezza.
Contrastare la corruzione, sotto questa accezione, vuol dire creare un contesto tecnico-normativo in cui non si possa approfittare di alcun vulnus del sistema. L’esperienza della posa in opera del PNRR, con tutti i rischi che ne derivano, è stata la giusta occasione per operare una scelta irreversibile, che non consiste soltanto nella pura interoperabilità delle piattaforme digitali o digitalizzazione delle procedure di gara, quanto nella introduzione di un procedimento amministrativo in cui l’atto diventa nativo digitale e, conseguentemente, non viene semplicemente comunicato o pubblicato, ma conferito[49].
Tale innovazione è sostanziale, in misura da diventare un punto di non ritorno, non solo fra stazioni appaltanti ed operatori economici, ma soprattutto fra amministrazioni e cittadini, in quanto realizza l’espressione più ampia del principio di trasparenza. In un’ottica di lotta alla corruzione, questo consente un esame costante dei dati, con degli esiti che vengono di volta in volta implementati in tempo reale, risultando ostativo alle forme di mala gestio persino più malevole o raffinate[50].
Chiaramente si tratta di un percorso non pienamente concluso e ricco di sfide future, ma che, ad oggi, costituisce un punto fermo su cui costruire misure di contrasto sempre più efficaci avverso potenziali deviazioni della funzione pubblica.
[1] Fondamentale per la disamina del rapporto fra trasparenza ed anticorruzione E. CARLONI, Alla luce del sole. Trasparenza amministrativa e prevenzione della corruzione “Tutti vogliono un posto al sole, ed in più, possibilmente, all’ombra” (Stanislaw J. Lec), in Diritto amministrativo, 2019, 3, 497.
[2] In particolare le Direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE hanno iniziato a concepire delle procedure “native” sotto il profilo elettronico e non più basate unicamente sull’utilizzo dell’informatica come strumento successivo di intervento su una procedura già progettata ed avviata in forma documentale.
[3] Vedasi, per quanto riguarda l’inquadramento degli istituti nel solco del diritto UE, C BENETAZZO. “L’ ANAC e il sistema europeo dei contratti pubblici” Giappichelli Editore 2020, “ Gli appalti pubblici nel PNRR, tra semplificazione e prevenzione della corruzione” in www.federalismi.it, 2021.
[4] A tal proposito il PNRR dedica una particolare attenzione alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, da realizzarsi nella sua completezza entro l’anno 2026.
[5] Sul concetto di maladministration vedasi: S. CASSESE, Maladministration e rimedi, in Foro it., 1992,V, 243 ss., che osserva come, oltre i casi più visibili ed evidenti di violazione, la maladministration possa anche annidarsi nella adozione di provvedimenti persino dovuti, quando si realizzi una violazione dei principi etici che devono caratterizzare l’operato della pubblica amministrazione.
[6] Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici è entrato in vigore per tutti i nuovi procedimenti dal 01/04/2023, ma con una efficacia differita al 01/07/2023, con contestuale abrogazione delle norme di cui al precedente D.Lgs. 50/2016.
[7] Milestone M1C1-75.
[8] Vedasi E. CARLONI, La trasparenza come risposta all'emergenza, Autorità Nazionale Anticorruzione, Roma, 2020.
[9] Sono le importanti affermazioni del Presidente di ANAC G. BUSIA al Meeting annuale del G20 Anticorruzione tenutosi a Gurugram, New Dehli, in India dal 1 al 4 Marzo 2023.
[10] Sul punto P. CLARIZIA, La digitalizzazione di contratti pubblici: lo stato dell’arte , in Giornale di diritto amministrativo, 2022, 2, 273 ss.
[11] Vedasi art. 22 D.Lgs. 36/2023.
[12] Tale principio viene acquisito, per la prima volta, nel nostro ordinamento nazionale dall’ art. 43 del DPR 445/2000 ed applicato, nella sua forma digitale, attraverso l’ art. 60 del CAD che introduce il concetto di interoperabilità delle banche dati della PA.
[13] In merito alla correlazione fra il principio “once only” ed i suoi effetti sulla realizzazione dell’accesso ai dati tramite messa a disposizione delle parti contrattuali vedasi : A. CORRADO, Il regime della trasparenza e dell’accesso digitale ai documenti nei contratti pubblici: vantaggi e criticità alla vigilia dell’applicazione delle nuove norme del Codice, in www.federalismi.it., p. 86.
[14] Vedasi art. 23 D.Lgs. 36/2023.
[15] E’interessante rilevare come la BNDCP dell’ ANAC nel 2018 si è classificata prima nella competizione Better Governance through Procurement Digitalization - categoria National Contract Register, a cui hanno partecipato i registri principali dei contratti pubblici in area UE.
[16] Non può sfuggire all’ attenzione degli operatori del settore la importante innovazione, di natura sostanziale, per cui, dal 01.01.2024, i dati relativi ai contratti non vengono più trasmessi tramite collegamento ipertestuale sulla sezione Amministrazione Trasparente della PA e successiva PEC nei confronti di ANAC, bensì attraverso il loro conferimento alla BDNCP attraverso le piattaforme dedicate di approvvigionamento digitale.
[17] Sul ruolo dell’ ANAC, L.R. PERFETTI, Codice dei Contratti Pubblici commentato, II edizione , Milano, 2017.
[18] La delibera ANAC 582/2023 prevede la versione 1 del FVOE, utilizzabile per tutte le procedure avviate fino all’ anno 2023, mentre, la versione 2 si riferisce alle procedure avviate successivamente, anche attraverso lo strumento della Piattaforma dei Contratti Pubblici (PCP).
[19] Importante evidenziare come dal 01.01.2024 la richiesta del CIG debba avvenire attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate ed interoperabili con la PCP attraverso la PDND.
[20] Esattamente sono fruibili 17 indicatori di rischio relativi ai pubblici appalti e 50 indicatori di contesto legati ai settori della lotta alla criminalità, ambiente, economia, lavoro, con dati utili a valutare il rischio di fenomeni corruttivi.
[21] L’art 19 comma 2 del D.Lgs. 36/2023 afferma che: “In attuazione del principio della unicità dell’invio, ciascun dato è fornito una sola volta a un solo sistema informativo, non può essere richiesto da altri sistemi o banche dati, ma è reso disponibile dal sistema informativo ricevente”.
[22] L’art. 20 comma 2 D.Lgs. 36/2023 precisa che: “Le comunicazioni e l’interscambio di dati per le finalità di conoscenza e di trasparenza avvengono nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e dell’invio delle informazioni”.
[23] Dal 01/01/2024 si esclude la possibilità di ottenere il rilascio di SmartCIG.
[24] Vedasi art. 3, comma 3, L.136/2010.
[25] Artt. 32, 33, 34 D.Lgs. 36/2023.
[26] L’art. 35 D.Lgs. 36/2023 peraltro recita che : “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme”.
[27] Un ulteriore intervento sugli adempimenti degli obblighi di pubblicazione si è avuto con la delibera ANAC n. 601 del 19.12.2023, che è intervenuta in parziale modifica delle precedenti disposizioni di cui alla precedente delibera n. 264 del 20.06.2023.
[28] Sul percorso di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione G. DUNI , “L’amministrazione digitale. Il diritto amministrativo nella evoluzione telematica”, Giuffrè editore, Milano, 2008.
[29] La istituzione dei soggetti aggregatori nell’ambito dell’AUSA si deve all’ art. 9 D.L. 66/2014 , convertito dalla L. 89/2014, con la originaria iscrizione di massimo 35 soggetti, tra cui spicca la presenza di Consip spa ed una centrale di committenza per ogni regione.
[30] Importanti le riflessioni di A. CORRADO, I nuovi contratti pubblici, intelligenza artificiale e blockchain: le sfide del prossimo futuro, in www.federalismi.it, 2023.
[31] Trattasi del disposto normativo dall’art. 19 fino all’art. 36 del D.Lgs. 36/2023.
[32] Art. 35 D.Lgs. 36/2023.
[33] Art. 36 D.Lgs. 36/2023.
[34] G. ORSONI, E. D’ORLANDO, Nuove prospettive dell’amministrazione digitale: Open Data e algoritmi, in www.air.uniud.it, 2019.
[35] Art. 5 comma 2 D. Lgs. 33/2013.
[36] F. GAMBATO SPISANI, G. TULUMELLO, I. RAIOLA, P. NASINI, N. DURANTE, V. NERI (a cura di), Relazione sulle ricadute del nuovo codice dei contratti pubblici sul processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it., p. 22.
[37] L’art. 1 D.Lgs. 33/2013 comma 3 afferma, peraltro, che le disposizioni in materia devono essere considerate alla stregua di “livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione”.
[38] In merito al rapporto fra il principio di buona fede e la digitalizzazione dei contratti pubblici risultano interessanti le riflessioni di G.M. RACCA, L’evoluzione del principio di buona fede nella trasformazione digitale dei contratti pubblici, in Persona e Amministrazione, 2022.
[39] Molto importanti le riflessioni sull’art. 28 D.Lgs 36/2023 da parte di C. MARCHESE,Trasparenza dei contratti Pubblici (art 28), in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L.R. Perfetti. Milano, 2023.
[40] Art 6 D.Lgs. 33/2013.
[41] Importanti, nel quadro di una evoluzione storica del concetto di correttezza dell’azione amministrativa, le considerazioni effettuate da R. Resta, L’onere di buona amministrazione, in Scritti in onore di Santi Romano, Padova, 1940, II, 105 ss., in cui il principio di buona amministrazione veniva definito in termini di onere e non di dovere.
[42] La materia è stata aggiornata in maniera importante dal PNA 2019-2021.
[43] L’art. 18 bis CAD conferisce all’ AgID poteri di controllo, vigilanza , monitoraggio sull’ adempimento degli obblighi di transizione digitale. Al fine di dare piena effettività alla disciplina vengono inoltre conferiti dei poteri sostitutivi in caso di inerzia delle amministrazioni, ed, all’esito del procedimento di contestazione, poteri sanzionatori, dal valore minimo di 10.000 Euro, fino al massimo di 100.000 Euro.
[44] In data 11.01.2023 è stato anche sottoscritto il Protocollo di Intesa fra ANAC e la Conferenza delle Regioni al fine di consentire uno strumento di sostegno alle stazioni appaltanti per prevenire situazioni non corrette e promuovere best practices nella posa in opera del PNRR.
[45] Art. 8 D.L. 77/2021.
[46] Secondo i principi generali di cui ai Regolamenti CE 1290/2005 e 1083/2006.
[47] Sulla rilevanza dell’istituto del whistleblowing vedasi R. CANTONE “ Segnalazioni di illeciti e tutela del dipendente pubblico. L’ Italia investe nel Whistleblowing, importante strumento di prevenzione della corruzione” in www.anticorruzione.it.
[48] Sulla distinzione fra corruzione soggettiva ed oggettiva M. D’ALBERTI, Corruzione “soggettiva” ed “oggettiva”, in Corruzione e sistema istituzionale, a cura di M. D’ALBERTI e R. FINOCCHI, Bologna, 1994, 13 ss.
[49] Sul punto vedasi E. CARLONI, L’anticorruzione e la trasparenza nel sistema di procurement pubblico: tendenza e prospettive ai tempi del PNRR, in Diritto amministrativo, 2022, 3, 641.
[50] La migliore dottrina ha definitivamente chiarito, in maniera “autoevidente”, che il rapporto fra trasparenza e corruzione possa qualificarsi come “inverso” e si debba sostanziare in maniera tale da affrontare i due argomenti in maniera indissolubile. Vedasi E. CARLONI, Alla luce del sole. Trasparenza amministrativa e prevenzione della corruzione “Tutti vogliono un posto al sole, ed in più, possibilmente, all’ombra” (Stanislaw J. Lec), in Diritto amministrativo, 2019, 3, 497.