ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Lun, 25 Nov 2024
Sottoposto a PEER REVIEW

I modelli processuali di Common Law

Modifica pagina

Giovanni Margherita
Giudice ecclesiasticoPontifica Università Lateranense - Roma



Il metodo comparativo suddivide i vari diritti statali in famiglie lasciando confluire in ognuna di esse le similitudini, mettendo così da parte le differenze sostanziali. Nel testo viene offerto lo studio di due grandi famiglie comparative, il common law e il civil law. La maggior differenza rinvenibile in entrambi gli ordinamenti è in materia processualistica con il processo adversarial e non-adversarial; la loro storia, diversa nelle sue origini, condizionò e ha condizionato le vicende esistenziali del diritto nella sua formazione e applicazione, facendo sì che le due famiglie differenziandosi notevolmente nel passato, riescano oggi a importare dall’uno e dall’altro diritto fondamentali istituti, per meglio apprezzare e coinvolgere la scienza dottrinale.


ENG

The processual models of Common ad Civil Law

The comparative method divides the different state rights in categories letting merge the similarities between them, setting apart the substantial differences. The article is focused on the study of two different comparative categories, common law and civil law. The most important difference found in both legal systems is about processual matter with the adversarial and non-adversarial trials; their history, different in their origins, was influenced by and it influenced the existential events of the law in its creation and use, making sure that the two categories that used to be remarkably different in the past, are now able to absorb from each other fundamental institutions, to better appreciate and engage the doctrinal science.

Sommario: 1. Il processo negli ordinamenti di common law; 1.1 Evoluzione storica del modello angloamericano; 1.2 Il writ system; 1.3 Il processo adversarial; 1.4 Appendice. Il confronto statuale: Inghilterra e Stati Uniti; 2. Il processo negli ordinamenti di civil law; 2.1 Civil law e Common law: tra differenze e uguaglianze; 2.2 Il processo non-adversarial; 2.3 Appendice. Francia, Germania, Spagna: ordinamenti a confronto; 3. Conclusioni.

1. Il processo negli ordinamenti di common law

Il modello di common law è formato dall’esperienza giuridica inglese e dai sistemi ad esso correlati. Rispetto alla famiglia di tradizione romanista sono molti i fattori di discontinuità presenti all’interno del sistema inglese: la mancanza di una codificazione scritta; il ruolo centrale del diritto giurisprudenziale, cosiddetto case law; la mancanza di recezione del diritto romano; la praticità della formazione giuridica.

Per la società inglese il tessuto ordinante lo costruisce, giorno dopo giorno, caso dopo caso, duttilmente, un ceto giudiziale fortificato da una robustissima tradizione, e il titolare del potere legislativo, [...], si tiene appartato, intimidito da una piattaforma giuridica che si fonde con la storia stessa di un popolo e che ha contribuito a dargli tipicità.[1]

Ciò che è rinvenibile dallo studio del diritto inglese[2] è la sua antichità che ha conservato, sin dalla sua nascita, una certa continuità storica.

Si può dire che al fondo del common law batte un cuore medievale. Il suo tratto più peculiare è, infatti, che il diritto è cosa da giuristi e che non può non essere il ceto dei giuristi impegnato a fissarlo ed esprimerlo, nonché a garantirne lo sviluppo in relazione ai bisogni d’una società in crescita; e questo è tipicamente medievale.[3]

Per poter comprendere l’intero sistema di common law, gli studiosi suddividono l’intera sua storia in diversi momenti; ciò che in questa sede si prenderà in esame è il periodo di formazione del common law.

1.1 Evoluzione storica del modello angloamericano

Il periodo che vede il fiorire del nuovo corpus normativo in Inghilterra è compreso tra la conquista normanna del 1066 ad opera di Guglielmo I fino alla metà del XV secolo che vede la formazione di un altro diritto giurisprudenziale, il sistema equity[4].

Snodo cruciale per la formazione del common law fu la conquista normanna con il duca Guglielmo il Conquistatore che organizzò il nuovo regno sulla scorta delle strutture feudali già presenti in Normandia consegnando «un nuovo volto politico e giuridico alla società inglese»[5]. L’intera terra inglese diventò proprietà esclusiva del sovrano il quale, sotto concessioni, trasferì il godimento di essa ai sudditi e ai suoi fedeli compagni. La forza del sistema feudale era quella del legame diretto che il sovrano aveva con i suoi successori, ed essi con i primi vassalli. Anche un’altra antica istituzione mantenne il suo vigore, anzi venne rafforzata, sotto l’egemonia normanna, quella dello sheriff, funzionario regio con compiti di polizia e di amministrazione in campo militare, finanziario e giuridico che divenne la longa manus del sovrano. Esso presiedeva le corti di conte; in occasione delle assizes formava il corpo dei giurati; era responsabile dell’esecuzione delle sentenze emesse dal tribunale.[6]

I vantaggi del sistema feudale, come concepito dal sovrano, ebbero notevoli effetti positivi sull’intero impianto giudiziario regio, in quanto il sovrano poteva egli stesso legiferare e non lasciare l’autonomia di ciò alla gerarchia feudale. Fu proprio tale nuovo assetto del sistema della giustizia regia ad aver posto le primordiali condizioni affinché il nuovo diritto di formazione giurisprudenziale, comune a tutto il regno d’Inghilterra, divenne in seguito possibile.

L’avanzare della potestà del sovrano sugli affari giudiziari incise profondamente sull’organizzazione della giustizia delle corti; le corti locali sopravvissero nonostante le novità apportate in campo giudiziario perché il diritto consuetudinario che applicavano era ancora il nucleo fondamentale dell’intero ordinamento. Con la nascita però delle nuove corti feudali, il loro declino era ormai giunto

Nel sistema feudale la proprietà terriera portava con sé la giurisdizione (ius dicere) sulle controversie sorgenti fra tutti coloro che su tale terra, a qualunque titolo, vivessero o lavorassero. […] Sottrarre giurisdizione era di conseguenza equivalente a sottrarre una rendita; era in sostanza un’espropriazione, istituto assai poco tollerato stanti gli equilibri di potere dell’organizzazione politica feudale in cui il Re si reggeva sui servigi militari ed economici dei suoi baroni.[7]

Le corti feudali continuando ad applicare un diritto consuetudinario pregno di elementi primitivi come le ordalie, non potevano reggere il raffronto con la proceduta seguita dai giudici regi; si rese indispensabile, per garantire ai sudditi una maggiore possibilità di accedere alla giustizia regia, l’istituzione del sistema dei giudici itineranti. Questo nuovo sistema, all’interno della giustizia regia, era fondato sull’istituzione di sessioni locali dette assizes che facilitarono l’accesso alla giustizia per i sudditi che non avevano la possibilità di spostarsi per il grande dispendio di denaro che comportava.

Enrico II promulgò dei provvedimenti fondamentali in materia di giustizia itinerante. Con l’Assizes of Northampton del 1176 fu fissato il numero di giudici in diciotto e fu diviso l’intero regno in sei circuits con a capo una delegazione di tre giudici. Le Assizes erano dei procedimenti veri e propri in cui si faceva ricorso alla testimonianza giurata di alcuni abitanti del luogo, detti recognitores, convocati con un writ, che sotto giuramento, dichiaravano dinanzi ai giudici itineranti a chi tra i due litiganti spettasse il titolo conteso, tale dichiarazione prendeva la forma di una prova testimoniale che sarebbe successivamente servita per formulare la sentenza finale.

Decisivo fu il sistema dei giudici itineranti: componenti della Curia regis, quando si trovavano come itineranti in missione nelle varie parti del regno, entravano necessariamente in contatto con il diritto consuetudinario locale e lo importavano al loro rientro a Londra. Tali consuetudini venivano selezionate e mantenute per le successive sentenze che i giudici andavano a pronunziare. Questo meccanismo consentì la formazione del diritto giurisprudenziale, base del common law[8].

1.2 Il writ system

L’unico modo per accedere alle corti di Westminster era il writ[9], noto come brevis. Si trattava di un ordine scritto proveniente dal re, che poteva avere due destinatari: lo sceriffo con l’incarico di eseguire un certo servizio oppure il lord con l’ordine di rendere giustizia all’attore contro il convenuto.

[Era] un comando che il re rivolgeva al presidente di una corte locale e in cui si ingiungeva il soddisfacimento di qualche specifica pretesa; l’interessato doveva procurarsi il comando e soprattutto quel particolare comando adatto a tutelare la pretesa particolare in oggetto.[10]

Il writ[11], quindi, era uno strumento necessario per la tutela del diritto e la parte poteva esercitare tale diritto soggettivo solo se esistente all’interno dei diversi writs

Nella dottrina processualistica l’azione viene definita tradizionalmente come il diritto di difendere in un processo quello che si ritiene un bene dovuto (ius persequendi in iudicio quod sibi debetur). In questa definizione sono contenute le dimensioni che la dottrina moderna include nel concetto di azione.[12]

Se la dottrina processualistica indica il diritto di difesa come spettante alle parti in causa, nell’Inghilterra normanna il ricorso alla giustizia non era considerato un diritto ma un privilegio che doveva essere sollecitato dalla parte che ne voleva usufruire. A seconda del servizio richiesto alla giustizia regia e a seconda del petitum e della causa petendi dell’attore, il writ poteva prendere forme differenti rispetto al suo contenuto.[13]

Tra i writs vi erano quelli ordinari e straordinari: i writs ordinari, detti brevia de cursu, venivano annotati all’interno del Registrum Brevium depositato presso la Cancelleria. Chi intendeva esercitare il suo diritto chiedendo l’intervento della giustizia regia rispetto ad una contesa rientrante nel Registrum, poteva ottenerlo dietro una determinata somma di pagamento; i writs straordinari, invece, detti brevia de gratia, non erano annotati nel Registrum e potevano essere ottenuti in via graziosa dietro pagamento di un altissimo corrispettivo. Questi ultimi writs se praticati in maniera costante dalla giustizia regia potevano essere depositati nel Registrum così da diventare brevia de cursu.

In base alla richiesta del writ corrispondeva una determinata fattispecie e una procedura ad hoc equivalente ad una serie di procedimenti da compiere rispettando un rigido formalismo. L’ottenimento del writ non comportava, per l’attore, la vittoria della causa ma soltanto l’instaurarsi legittimo del processo; l’attore doveva scegliere accuratamente, tra i molti writs, quello più adatto ai termini della controversia e se la causa prevedeva la presenza della giuria, bisognava individuare con precisione le questioni della controversia stessa onde evitare confusione tra i giurati, gente inesperta di diritto.

Si venne, così, sviluppando la tecnica del pleading[14], una tecnica basata su allegazioni che i difensori delle parti proponevano nel corso della causa; tale fase era preceduta da alcuni momenti salienti: la narratio iniziale, consistente in una vera e propria esposizione degli argomenti; faceva seguito la responsio, le repliche; la litis contestatio, una serie di contro repliche possibili già in questo momento del processo che precedevano la decisione finale della controversia.[15] Sintetizzando, la proceduta civile vedeva la discussione orale tra avvocati e giudice per individuare la materia della contesa e in conseguenza a ciò ridurre al minimo tutti i fatti emersi dalle parti sui quali la giuria era chiamata a decidere.

L’ostilità dei baroni[16], riguardo al progressivo incremento dei writs e all’ingerenza del sovrano nelle questioni di giustizia locale, si manifestò in tre fondamentali documenti: la Magna Charta[17] del 1215; le Provisions of Oxford del 1258; lo Statute of Westminster II del 1285.

Con il primo documento, del 1215, i baroni riuscirono per la prima volta ad arginare le ingerenze del sovrano. Tra le tante clausole riportate nella Magna Charta, la numero 39 contiene la prima affermazione della garanzia del due process, cioè del giusto processo.

Nessun uomo libero sarà sequestrato o imprigionato, o privato dei suoi diritti o possedimenti, o bandito o esiliato, o privato della sua posizione in qualsiasi altro modo, né procederemo con la forza contro di lui, o invieremo altri a farlo, se non per il legittimo giudizio dei suoi pari o per la legge del paese.[18]

Le Provisions of Oxford del 1258 emanavano norme per i chierici della cancelleria, invitandoli a promulgare soltanto writs ordinari, presenti cioè nel Registrum, e vietava loro la creazione di nuovi writs se non con l’approvazione del sovrano e del Gran Consiglio.

Poche differenze, rispetto al documento precedente, si riscontravano nello Statute of Westminster II del 1285. Il divieto di emettere nuovi writs per i chierici della cancelleria restava ma, al capitolo 24, si consentiva di utilizzare formule già conosciute e così ammettere nuove azioni in consimili casu, diverse nella fattispecie ma simili a quelle contenute nel Registrum.

Le Corti regie, con la crescente necessità di garantire la tutela giudiziaria a fattispecie concrete nuove, riconosceranno l’ammissibilità di nuove azioni all’interno dei writs ordinari: così facendo nacque il nuovo procedimento on the case. Il writ restava l’unica procedura diretta a sanzionare un comportamento illegittimo mentre il trespass, senza la clausola vi et armis, poteva essere adottato per reprimere qualsiasi illecito, rientrando nell’ambito della procedura civile. Dall’incontro di questi due procedimenti, nel XIV e XV secolo, le Corti regie elaborarono il cosiddetto trespass on the case.

1.3 Il processo adversarial

La procedura civile inglese è segnata da un modello che si discosta notevolmente dal processo inquisitorial di matrice romanista: il processo adversarial. Ad un primo sguardo, tra le divergenze, si notano le due peculiarità del processo inglese, l’oralità e la concentrazione[19] contrapposti alla scrittura e alla non-concentrazione del processo civile occidentale.

Se il processo di civil law, stando al principio della non-concentrazione, è scandito dalla successione di diverse udienze orali, distanti tra loro, permettendo così una migliore comprensione della fattispecie e delle questioni in diritto e in fatto, il processo di common law è composto da una struttura bifasica: la fase del pre-trial e la fase del trial, pre-dibattimentale e dibattimentale. La netta distinzione tra le due fasi è fondamentale per la comprensione della natura e del funzionamento del processo adversarial.

Il primo momento processuale è la fase del pre-trial che inizia con il processo stesso e si conclude con l’eventuale avvio della fase dibattimentale; in questa fase, gli avvocati delle parti mettono in campo tutte le loro conoscenze per dimostrare le proprie abilità ed esperienze sulla causa in questione. In questa prima fase the case is in the hands of the parties[20] e gli interventi del giudice sono sporadici se non rarissimi. È possibile suddividere il pre-trial in tre momenti distinti:

- La preparazione della causa per lo svolgimento del “possibile” dibattimento: questo momento è composto da tutti quegli atti formati dalla proposizione della domanda e che confluiranno nell’udienza; le parti si scambiano i pleadings, ora statements of case, cioè le memorie con cui chiariscono e precisano le questioni controverse che saranno giudicate successivamente dalla corte; momento fondamentale per il processo adversarial è la discovery, ora disclosure, cioè lo scambio di elementi che possano costituire prove per il trial.

- Decisione della causa già in fase di pre-trial. Nella fase pre-dibattimentale la parte ha a disposizione diversi strumenti finalizzati a definire la controversia evitando il dibattimento; tra i meccanismi utili si trovano: la transazione giudiziale; il payment into court in cui il convenuto soddisfa le pretese dell’attore depositando una certa somma di denaro presso la corte; il default judgment per l’inosservanza degli adempimenti di una parte nei confronti della parte avversa.

- Adozione di provvedimenti provvisori in attesa del trial. La fase del pre-trial offre alle parti la possibilità di ottenere provvedimenti di carattere provvisorio chiedendo al giudice l’emanazione di una interlocutory injunction, cioè un ordine di non facere, garantendo così la tutela della parte. Questo momento è l’unico in cui al giudice si riserva un potere discrezionale.

La fase dibattimentale, trial, non giunge in maniera naturale in ogni processo ma è segnata dalla scelta delle parti e dalla difficoltà della causa trattata soprattutto perché pone a fondamento un problema importante, quello della sua dispendiosità vista la presenza della giuria. Questa fase è caratterizzata dall’oralità e dalla concentrazione, oltre che immediatezza, tipici del processo adversarial. In questo momento il giudice, arbitro in processo, non ha alcuna conoscenza dei dettagli della causa ma conosce approssimativamente l’oggetto della stessa. Le prove vengono assunte oralmente dinanzi al giudice e le regole sono tuttora molto ferree. Il dibattimento procede secondo le regole desunte dagli avvocati, specie per i testimoni per i quali avviene l’examination-in-chief e la cross-examination, interrogatorio in cui all’avvocato è vietato porre domande principali ai propri testimoni e il controinterrogatorio. Secondo il modello classico dell’adversary system[21], la distribuzione dei poteri tra giudice e parti[22] corrisponde a quell’idea di processo, come libero scontro tra contendenti, che si sfidano dinanzi ad un giudice passivo. Risposta di ciò è data da due principi del processo, la party-presentation in cui spetta alle parti ricercare le prove per confermare i fatti affermati; la party-prosecution nella quale sono le stesse parti che prendono l’iniziativa di avviare un procedimento, fissandone l’oggetto, portandolo fino alla sua conclusione.

1.4 Appendice. Il confronto statuale: Inghilterra e Stati Uniti

Il patrimonio ordinamentale di Inghilterra e Stati Uniti[23] nasce dalla medesima matrice giurisprudenziale, quella del common law, che ha avuto effetti differenti nello svolgersi naturale delle rispettive specificità ordinamentali. Attualmente, nelle rispettive aree processuali, si notano alcuni cambiamenti rilevanti che fanno presumere in una maggiore predisposizione verso i modelli processuali inquisitorial e non-adversarial, nel quale il giudice viene a ricoprire ruoli attivi e non più passivi rispetto al passato.

Inghilterra. Nel 1999 con la promulgazione del Civil Procedure Rules si ebbe un cambio di rotta rispetto al tradizionale modo di concepire il common law, nato senza il bisogno di una codificazione scritta. La riforma avviata dal nuovo Codice di procedura civile destruttura l’intero impianto tradizionale, che seppur rigido risultava omogeneo, ed inserisce nuove funzioni attraverso alcuni principi differenti dall’adversary system.

Le Rules, introdotte dal Codice di procedura civile, hanno introdotto il case management con la quale vengono indicati i poteri di intervento e di discrezionalità attribuiti all’organo giudicante sin dal primo momento introduttivo del giudizio, con il fine di ridurre la tempistica e di stabilire l’equilibrio necessario tra gli strumenti processuali e le spese che le parti sono tenute a considerare. Da notare la completa differenza rispetto al passato nella quale la durata della controversia era lasciata esclusivamente alle parti.

[…] senza un effettivo controllo da parte del giudice […] il processo adversary può incoraggiare una cultura adversary e degenerare in un ambiente nel quale il processo è troppo spesso visto come un campo di battaglia dove non vige alcuna regola. In questo ambiente questioni di costo, tempo, compromesso e di giustizia non possono che avere bassa priorità.[24]

La legge, ora, conferisce al giudice il potere di adattare e sorvegliare il tempo del pre-trial e lo svolgimento del trial: scegliendo la procedura da seguire rispetto la questione trattata nella causa; può sospendere ex officio il processo escludendo questioni dal trial; con alcuni rimedi impedisce il dilatarsi dei tempi processuali; fissa le udienze e acquisisce le prove.[25] Riguardo al contenuto della decisione, nonostante non si possa parlare di poteri istruttori, il giudice dispone di un ampio potere di controllo sulla veridicità dei fatti. Può indicare alla parte le questioni da trattare maggiormente, il tipo di prova richiesto e la modalità di presentazione alla Corte. Sull’assunzione della prova testimoniale, la conoscenza previa del giudice del contenuto dei witness statement, delle dichiarazioni dei testimoni, consente il controllo delle audizioni e di limitarle alle sole necessarie, utilizzandole nella fase pre-trial come examination-in-chief e riservando al trial soltanto la cross-examination

Concludendo, le Rules prevedono per il giudice ampi poteri discrezionali in ordine alla possibilità di adoperare altri provvedimenti che consentano la parità tra le parti, il controllo sulle spese processuali e un iter procedimentale congruo in relazione al singolo caso trattato. La rigidità del processo adversarial lascia, in questa nuova veste processuale, caratteri più fluidi e congeniali al passo con i tempi.

Stati Uniti.[26] A differenza dell’Inghilterra, negli Stati Uniti si riscontra un progresso parziale della fisionomia originale del processo con la formazione della figura del managerial judge, che assume funzioni importanti riguardo la delimitazione dell’oggetto della controversia e la risoluzione conciliativa della stessa. Se le Rules inglesi hanno un riferimento temporale, le novità statunitensi hanno avuto una complessa evoluzione all’interno della giustizia civile, iniziata da alcuni tribunali federali con l’assunzione del pre-trial conferences che portò ad una maggior identificazione delle questioni di fatto e di diritto serventi a delineare la fase di discovery.

L’introduzione del Civil Justice Reform Act del 1990 divulgò l’uso del pre-trial conferences ampliando il ruolo del giudice nella gestione della causa e imponendo a ciascun tribunale federale di programmare lo sviluppo del civil case management. Tale programma doveva riferirsi ad alcuni principi ispiratori: il differential case management cioè differenziando l’iter procedimentale in base alla trattazione della causa; ruolo attivo del giudice sin dalla fase iniziale del giudizio; diversa gestione del discovery con un maggior coinvolgimento tra le parti; la valorizzazione delle soluzioni conciliative attraverso i sistemi di Alternative Dispute Resolution.

Il continuo riformarsi delle Federal Rules of Civil Procedure ha, in seguito, rafforzato il ruolo attivo del giudice all’interno delle vicende processuali, portandolo a sanzionare comportamenti inopportuni e dilatori delle parti.

2. Il processo negli ordinamenti di civil law

2.1 Civil law e Common law: tra differenze e uguaglianze

L’elaborazione sin qui delineata del processo di common law ha confermato in massima parte la stretta disuguaglianza con i sistemi di area romanistica dell’Europa continentale. Il common law, quale diritto giurisprudenziale, indica il diritto nato in Inghilterra ed esteso negli Stati Uniti con qualche diversificazione processuale, e assume significato differente rispetto al ius commune, diritto romano-canonico elaborato assieme agli iura propria nel percorso compreso tra il XII secolo e la fine del XVIII secolo.

Nonostante il diritto romano-canonico non avesse lasciato tracce nelle terre inglesi, l’Inghilterra non rimase inerme dinanzi all’evolversi del ius commune che ha cercato di innestarsi nella tradizione giuridica inglese in più di un’occasione. Due momenti sono risultati fondamentali per l’innesto del diritto romano-canonico in Inghilterra: l’apertura di scuole di diritto canonico e diritto romano nella terra inglese per opera di Vacario[27], glossatore bolognese; la formazione canonistica degli ecclesiastici, specie dei cancellieri, che erano parte integrante delle Corti di Westminster. La speranza di un futuro connubio tra le due famiglie giuridiche non avvenne e il motivo di ciò è rinvenibile nella formazione nel XIII secolo di un diritto inglese autosufficiente, capace di regolare i rapporti interpersonali senza l’ausilio del ius commune come invece accadeva per gli iura propria nel continente europeo.

I giuristi appartenenti alle Corti del sovrano si opposero fermamente alla ricezione del ius commune, non tanto per il loro forte nazionalismo ma semplicemente perché non intendevano lasciare in mano ai giuristi di formazione romanista la posizione di prestigio di cui erano possessori come autori del common law. A questo proposito emblematica fu la scelta sin dall’inizio del XIV secolo di sostituire gli ecclesiastici della cancelleria regia con giuristi laici privi di formazione canonistica e tradizione romana. Un esempio di rottura con il diritto romano ci viene offerto da Bracton con il suo Tractatus: prendendo in prestito gli schemi logici del diritto romano, elaborò e organizzò l’intero sistema del common law. Se con Bracton la cultura romanistica ebbe in Inghilterra il suo apice, la sua opera fece sì che il common law si consolidasse maggiormente nelle terre inglesi soppiantando in toto la cultura e il diritto romano[28].

Se nel medioevo il ius commune si allontana definitivamente dalle scene politiche inglesi, nel XVI secolo diventò una notevole ispirazione, per i suoi principi di supremazia quale del princeps legibus solutus, per la politica assolutistica della dinastia dei Tudors che iniziarono a circondarsi di figure di formazione romanista, i cosiddetti civil lawyers, inserendoli nelle università. Queste figure ottennero incarichi nell’amministrazione, nella diplomazia e in special modo nelle Civilian Courts, tribunali in cui si esercitava una giurisdizione di matrice romano-canonica.[29] Lo scontro, inevitabile, tra common lawyers e civil lawyers[30] ebbe come risultato un pacifico compromesso nella possibilità, lasciata ad entrambi, di rispettare le proprie e altrui competenze.

I tratti sin qui delineati lasciano intuire un sottile interscambio di tradizioni e culture che, nonostante le differenze, seppur mutate lungo i secoli portano a riflettere circa la continuità e discontinuità dei due ordinamenti giuridici in esame. Rispetto ad una ipotetica uguaglianza nei sistemi di common law e civil law, se il metodo casistico risulta comune ad entrambi, il modus operandi della giurisprudenza cambia notevolmente in base al diritto in questione. Esempio ci viene dato dalle sentenze inglesi in cui vige il principio dello stare decisis[31] mentre, le sentenze romane vincolavano solo i contendenti, in conseguenza di ciò, solamente le decisioni in common law sono fonti del diritto che assicurano l’evoluzione dell’ordinamento giuridico inglese.

Una continuità tra i due diritti è la somiglianza tra le legis actiones e il writ system che è possibile racchiudere in alcuni punti: la regola secondo cui il diritto tende a prevedere un’azione per ogni diritto soggettivo da tutelare, rifacendosi al brocardo ubi remedium ibi ius; in conseguenza a ciò si ha una procedura ad hoc per ogni tipo di azione da considerare; non da ultimo il formalismo che, se in alcuni casi è molto rigido, porta ad una decisione conforme al dettato della causa oggetto di contesa. Alla continuità appena descritta si contrappongono due differenze, una tecnica e una storica: riguardo alla differenza tecnica, nel processo romano-canonico la divisione dello stesso in due parti, in iure dinanzi al magistrato e in iudicio dinanzi al giudice privato, è assente nel common law; rispetto alla differenza storica i writs system nati dall’apparato feudale, se da un lato contribuivano ad aumentare le casse del sovrano, dall’altro lato assicuravano al sovrano un controllo capillare che, oltre al mantenimento dell’ordine pubblico, rafforzavano il suo potere.

Concludendo, si è soliti pensare che la terminologia latina usata in molti passi processuali inglesi sia mutuata dal linguaggio giuridico romano tuttavia così non è, infatti, i termini sono assenti nel diritto romano ma presenti nelle fonti canonistiche.

2.2 Il processo non-adversarial

Nell’Europa occidentale, il sistema giuridico maggiormente vigente è denominato civil law[32] e si contrappone agli ordinamenti di common law. Le due tipologie, nonostante alcune particolari uguaglianze, mostrano diverse discontinuità soprattutto in ordine al ruolo che la legge scritta e le decisioni della giurisprudenza in relazione ai casi concreti assumono.

Infatti, allo stile competitivo di accertamento dei fatti tipico dell’adversary system si contrappone l’immagine di un processo in cui il bilanciamento dei poteri istruttori delle parti, la neutralità del ruolo esplicitato dal giudice, le regole di un corretto scontro giudiziario e il principio di legalità costituiscono valori in grado di inglobare quello che di fatto in qualunque tipo di processo dovrebbe costituire la primaria se non l’esclusiva finalità dell’istruzione probatoria, ossia la ricerca della verità materiale.[33]

Il modello di civil law si basa sul diritto scritto e sul ruolo determinante della legge in quanto i principi vengono racchiusi e codificati in “codici di leggi” serventi alle decisioni della magistratura. La struttura di queste leggi, al contrario del common law, è generale ed astratta in quanto non si riferiscono ad un caso concreto ma analizzano ipotesi generali nelle quali si dovranno interpretare le singole fattispecie concrete.

Il processo non-adversarial che contraddistingue i paesi di tradizione di civil law, risponde a criteri di giustizia sostanziale e a finalità generali e pubbliche.

Questo sistema è concepito, sul piano istituzionale, dall’idea di uno Stato con il compito non solo di fornire il supporto istituzionale in cui regolare i propri interessi, ma anche quello di intervenire in determinate situazioni di irregolarità legislative.

Sul piano dell’amministrazione della giustizia, tali assunti implicano definire la funzione del processo civile in termini di perseguimento di obiettivi autonomi ed estranei alla logica della pura competizione, aventi ad oggetto la risoluzione di problemi legati alla c.d. giustizia di massa e la realizzazione di condizioni di eguaglianza sostanziale all’interno del giudizio.[34]

L’intero iter processuale è intriso da questi principi cardini dei sistemi di civil law che ne favoriscono la garanzia e la logica processuale all’interno dell’unico rapporto giuridico che si viene ad instaurare tra le parti e il giudice terzo.

Differenza sostanziale rispetto al procedimento adversarial di common law è la figura del giudice che, nel processo non-adversarial, assume un ruolo attivo insieme alle parti in causa assistendo e presiedendo l’intero processo, dalla fase introduttoria fino alla fase decisoria, indirizzando e condizionando lo svolgimento dello stesso avendo la facoltà di iniziative istruttorie.

Il giudice, nel processo di civil law, può trattare la causa secondo procedure differenti in base alla complessità delle stesse e programmando ex ante il suo svolgimento. Le parti in causa, seppur all’interno del thema decidendum, possono sollecitare l’intervento del giudice anche se non risulta più condicio sine qua non per l’intervento dell’autorità giudiziaria.

Se nel sistema angloamericano nel 1999 si è addivenuti all’introduzione del case management favorendo così l’equità tra le parti in processo, nel processo non-adversarial l’intervento del giudice ha da sempre favorito l’equilibrio delle posizioni delle parti e la loro uguaglianza processuale. Il giudice, in questo caso, può sollevare ex officio alcune questioni che consentono l’effettiva tutela di parte nel caso in cui sussistano delle lacune nelle difese o vengono compiuti comportamenti dilatori.

2.3 Appendice. Francia, Germania, Spagna: ordinamenti a confronto

Il modello di civil law nei confini occidentali ha subìto una larga diffusione non soltanto nella penisola italiana ma anche in altri sistemi ordinamentali. In questo paragrafo e si cercherà di svolgere un lavoro di comparazione circa l’assimilazione del modello di civil law in quei procedimenti che vedono il coinvolgimento di altri Stati: la Francia, la Germania, la Spagna.

Francia.[35] All’interno dell’ordinamento francese, nel Code de procédure civile, il giudice ha sempre avuto un ruolo decisivo nel processo civile, rafforzato dagli ultimi interventi di riforma dello stesso. Il compito del giudice è quello di valutare lo sviluppo del procedimento che sarà distribuito in più fasi o in un’unica soluzione dopo aver vagliato il binario procedimentale più adeguato per la controversia, il cosiddetto circuits; oltre a ciò, il giudice, per evitare ulteriori dilazioni processuali, può addivenire ad una decisione immediata nel momento in cui non risulta necessaria un ulteriore articolazione in fasi endoprocessuali.

Il rapporto triadico tra parti e autorità giudiziaria ha inizio nell’udienza preliminare e preparatoria, cosiddetta Conférence du Président, in cui viene deciso quale circuit seguirà l’intero procedimento, stabilendo il calendario delle diverse udienze con l’accordo delle parti.[36] Al termine dell’udienza preparatoria, il presidente sceglierà per la prosecuzione del processo uno dei tre possibili circuits: quando la causa potrebbe essere decisa nell’immediato utilizzando il circuit court, il percorso corto, il presidente rinvia direttamente all’audience des plaidoiries, secondo l’art. 760[37]; quando la causa non è ancora istruita del tutto, si sceglierà un percorso intermedio con il rinvio ad una seconda udienza dinanzi allo stesso presidente, in cui si potrà disporre di ulteriori scambi di memorie tra le parti, il cosiddetto circuit moyen secondo l’art. 761[38]; ultima scelta ricadrà sul percorso lungo, il circuit long.

Fissato il calendario delle udienze, non sarà più possibile cambiarlo né per le parti né per il giudice; una possibile variazione di esso comporterà per le parti la decadenza processuale e la decisione finale sarà basata solo sugli argomenti fino ad allora esposti; il giudice, invece, andrà incontro a sanzioni disciplinari.

Riguardo alla decisione finale, il sistema francese consente al giudice la possibilità ex officio di acquisire prove non dedotte dalle parti nel giudizio stando all’art. 10 del Code[39]. Si può notare che, all’interno del processo, le prove orali sono poco frequenti e la prova testimoniale è quasi del tutto sostituita dagli affidavit,

dichiarazioni scritte tendenzialmente destinate a sostituire la dichiarazione orale: è raro che il giudice, su richiesta di parte o d’ufficio, decida, come è in sua facoltà, di sentire il testimone sotto giuramento.[40]

Per questo motivo la giurisprudenza e successivamente la legge, per garantire la giustezza delle dichiarazioni, ha individuato delle modalità per imporre che sia tutto interamente scritto e sottoscritto dal dichiarante, così da rendere pubblico e ufficiale la conoscenza di uno dei contendenti.

Germania.[41] Nel Codice di procedura civile tedesco, Zivilprozessordnung, con le riforme attuate nel 2001, il giudice ha intensificato il suo ruolo attivo all’interno del processo rispetto all’intero iter procedimentale e all’acquisizione delle prove.

Nonostante il processo tedesco sia strutturato in due fasi, si distingue nettamente dalle fasi del pre-trial e trial del common law, in quanto la fase preparatoria vede la presenza, oltre che delle parti, anche del giudice che interviene a regolare il procedimento e a fissare i tempi del suo svolgimento. In riferimento alla bifasicità strutturale, un ruolo centrale è assegnato all’unica trattazione, nella fase preliminare, detta Haupttermin, nella quale, rispetto alla celerità processuale, si delineano il thema decidendum e il thema probandum determinando in questo modo i successivi adempimenti della controversia. Il giudice, in questa fase, stando ai suoi poteri istruttori può ordinare la comparizione delle parti, l’intimazione dei testimoni, l’esibizione di ulteriori prove.

Il potere istruttorio del giudice previsto già nella prima fase, rende spesse volte inutile e poco funzionale l’udienza successiva in quanto già nella prima fase si esplica per il giudice la possibilità di ascoltare i testimoni, sia quelli indicati dalle parti sia quelli intimati dallo stesso giudice, senza un formale provvedimento in merito.

In questo sistema processuale le parti hanno il compito di specificare i capitoli di prova precedentemente alla prima trattazione; il giudice può interrogare liberamente i testimoni presenti anche con la compresenza delle parti ai quali li verrà data la possibilità di un confronto. Tutto ciò rende il processo tedesco fluido e poco articolato, in una sola udienza e con poche formalità di sorta.

Spagna.[42] Il Codice di procedura civile spagnola, Ley de Enjuiciamiento Civil, dopo la riforma del 2000 si è ispirato al processo tedesco soprattutto riguardo ai poteri istruttori del giudice nella fase preparatoria. I principi ripresi e adeguati al procedimento spagnolo attuano il principio della concentrazione del processo soprattutto grazie alla trattazione orale.

Anche in questo caso si ritrova l’articolazione strutturale in due fasi che corrisponde a due udienze, l’audiencia previa al juicio e il juicio. Nella prima fase del processo, l’audiencia previa al juicio, vengono ottemperate tutte le attività preparatorie del processo nonché le ammissioni delle prove. Riguardo la seconda fase, se non si giunge ad una decisione pregiudiziale o preliminare nel primo momento processuale, si giunge alla fase del juicio con l’ulteriore assunzione di prove orali e, dopo la discussione rigorosamente orale, la Corte si riserva di decidere nel termine perentorio di dieci giorni.

Per quanto concerne la figura del giudice nella ricerca della prova, i poteri ad esso attribuiti fanno sì che si garantisca alla fase preparatoria la giusta correttezza processuale così da consentire alla successiva fase lo svolgersi in un’unica udienza: nella medesima udienza è prevista l’ammissione di testimoni in un numero limitato; le consulenze tecniche dei periti vengono disposte prima del juicio.

Concludendo, all’interno della riforma del 2000, si individua una novità rispetto agli altri ordinamenti di civil law, la possibilità del ricorso a sistemi audiovisivi per l’assunzione della prova testimoniale tramite registrazioni che vengono messi a disposizione del giudice di appello.

3. Conclusioni

Le famiglie comparative, o meglio i modelli comparativi sin qui descritti, quali il common law e il civil law, hanno evidenziato, specie nel passato, la profonda frammentazione e distinzione fra gli ordinamenti presenti all’interno di ogni famiglia rappresentando, di fatto, binari paralleli incapaci di incontrarsi. Tale distinzione tra modelli, nel corso degli anni, ha subìto una sorta di crisi, in quanto la vecchia partizione rispetto al diritto processualistico ha sortito il fenomeno della «ricomposizione […] attraverso un gioco complesso di interferenze tra i diversi sistemi, circolazioni di modelli e trapianti di istituti»[43].

La complessità dei fenomeni non rende una facile interpretazione di essi anche perché ancora in sviluppo e non sistematizzati ma ciò che si può affermare con certezza è che i metodi, che fino ad oggi sono stati “porto sicuro” per il diritto, sono superati e non sono più utilizzabili per spiegare e descrivere i vari ordinamenti presenti nel mondo del diritto. Con ciò non si vuole escludere dal panorama giuridico l’espressione “modelli processuali comparativi” ma sottolineare che la realtà della comparazione ha a disposizione altri modelli, non più tradizionali, che inseriscono all’interno di essi, istituti e modelli di natura differente.

Secondo il Taruffo, è possibile sintetizzare la complessità della novità in tre fondamentali modelli processuali: modelli strutturali; modelli funzionali; modelli sovranazionali.[44]

I modelli strutturali sono pressoché simili ai consueti modelli descrittivi differenziandosi soltanto nel fatto che «fanno perno sui caratteri “di struttura” del procedimento»[45]. Il problema, in questo tipo di modello, è definire ciò che si vuole intendere con “struttura del processo” e questo rimanda necessariamente alla determinazione degli aspetti considerati fondamentali nel processo sulla base di schemi culturali. Se si dovesse identificare uno schema culturale stando alle recenti trasformazioni dei sistemi processualistici sarà possibile individuare quattro aspetti strutturali che possono considerarsi fondamentali: le garanzie previste dalle diverse Costituzioni e Carte dei diritti riconosciute a livello nazionale e internazionale, si pensi alla Carta europea dei diritti fondamentali, con maggior riguardo verso l’imparzialità del giudice; la necessaria semplificazione del processo; l’attribuzione di funzioni “manageriali” per la figura del giudice; la strutturazione bifasica del processo, la prima, volta alla preparazione della causa, la seconda, destinata all’assunzione di prove e decisione.

Ogni ordinamento, all’interno di esso, potrà presentare fisionomie diverse di tali aspetti con lo scopo precipuo di far crescere l’interesse per uno schema differente di processo civile che possa diventare nel tempo uno standard di riferimento per determinare e valutare l’evoluzione dell’intera materia processualistica.

I modelli definiti funzionali sono depositari di quei principi essenziali per il raggiungimento di quei risultati, che attraverso il processo, la giustizia civile ottiene. Le finalità del processo «attengono alla risoluzione delle controversie secondo criteri di giustizia»[46] e, stando a ciò, è possibile indicare le caratteristiche che il processo, come modello funzionale, deve acquisire per l’ottenimento di tali funzioni. Prima funzione del processo sarà quella della tutela processuale, rinvenibile anche presso le Corti, perché una protezione inefficace rende vuota la tutela degli stessi diritti; un’altra funzione è quella della celerità processuale nella risoluzione della controversia altrimenti “giustizia ritardata è giustizia negata” stando al vecchio brocardo di Montesquieu; ultima funzione che discende dall’uso appropriato degli strumenti processuali è quella della tutela nelle varie situazioni giuridiche che si andranno ad elaborare, una tutela inefficace rispetto alla situazione concreta renderà vana la protezione dei diritti spettanti alle parti in causa.

Anche tale prospettiva, come quella strutturale, può porre in evidenza aspetti caratteristici dei vari modelli processualistici mettendoli a confronto con le varie esperienze giuridiche così da porre in essere un modello più congeniale rispetto ad altri e rappresentare in questo modo un unicum nell’apparato processualistico dei diversi Paesi.

Per i modelli sovranazionali[47] c’è da fare un discorso molto diverso rispetto i modelli fin qui detti, in quanto assorbono entrambe le modalità, strutturale e funzionale, e si riferiscono non ad ordinamenti nazionali ma ad ordinamenti che vanno al di là dei singoli sistemi processuali. Nonostante i riferiti modelli siano identici ai sistemi nazionali, è possibile scorgere in essi delle caratteristiche peculiari che portano a distinguerli in due sottocategorie.

Ci possono essere modelli che riguardano procedimenti di interesse transnazionale; un esempio di ciò è rappresentato dai Principles and Rules of Transnational Civil Procedure elaborati dall’American Law Institute e dall’International Institute for the unification of private law (UNIDROIT)[48]. Questi principi regolano e unificano il processo nelle controversie transnazionali tenendo al di fuori di esso il tradizionale principio di diritto internazionale lex fori processuale, ossia la legge dello Stato in cui il processo si svolge.

In questo contesto, bisogna rilevare ancora l’importanza del Diritto comparato nella ricerca dei princìpi generali di Diritto comuni alle Nazioni civili, all’interno di ogni Ordinamento. I Tribunali nazionali sono obbligati, ogni volta di più, a interpretare ed applicare princìpi generali di Diritto. Il Diritto comparato permette di rispondere a questo obbligo in un modo sistematico.[49]

Altri modelli vengono a configurarsi come punti di riferimento per l’unificazione di quei modelli processuali che si riferiscono a vaste aree culturali e geografiche. Questi stessi modelli possono investire l’intera area processualistica oppure soltanto alcuni aspetti di esso; un esempio è dato dal cosiddetto “progetto Storme[50], un progetto che ha come caposaldo un modello europeo per un processo civile uniforme.

I modelli sin qui definiti rappresentano solo una parte dell’intero impianto ordinamentale che negli ultimi decenni ha investito la disciplina processualistica. Se nel passato i modelli di common law e di civil law hanno rappresentato un insieme variegato di fondamenti ai quali i diversi ordinamenti hanno impiantato le loro radici, i “nuovi modelli”[51] serviranno come strumenti di ricerca per una migliore comparazione per gli ordinamenti attuali e futuri.


Note e riferimenti bibliografici

Note e riferimenti bibliografici

[1] P. GROSSI, L’Europa del diritto, Laterza, Bari-Roma 2021, 127-128.

[2] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 54-82.

[3] P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Laterza, Bari-Roma 2022, 64.

[4] Cfr. L. MOCCIA, Common law, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, III, 18-19.

[5] P. GROSSI, L’Europa del diritto, Laterza, Bari-Roma 2021, 79.

[6] Cfr. A. CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa: Le fonti e il pensiero giuridico, I, Giuffrè, Milano 2015, 499-500.

[7] E. ARIANO, U. MATTEI, Il modello di Common Law, Giappichelli, Torino 2018, 2.

[8] Cfr. G. CRISCUOLI, Introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti, Giuffrè, Milano 1994, 136-137.

[9] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 7.

[10] P. GROSSI, L’Europa del diritto, Laterza, Bari-Roma 2021, 80.

[11] Cfr. A. GAMBARO, R. SACCO, Sistemi giuridici comparati, UTET, Milano 2008, 50.

[12] M. J. ARROBA CONDE, Diritto processuale canonico, Ediurcla, Roma 2020, 295.

[13] Cfr. E. ARIANO, U. MATTEI, Il modello di Common Law, Giappichelli, Torino 2018, 7.

[14] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 10.

[15] Cfr. L. MOCCIA, Comparazione giuridica e diritto europeo, Giuffrè, Milano 2005, 182-183.

[16] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 18.

[17] Cfr. M. CARAVALE, Ordinamenti giuridici dell’Europa medievale, Il Mulino, Bologna 1994, 395.

[18] «Nullus liber homo capiatur, vel imprisonetur, aut disseisiatur, aut utlagetur, aut exuletur, aut aliquo modo destruatur, nec super eum ibimus, nec super eum mittemus, nisi per legale judicium parium suorum vel per legem terre» MAGNA CHARTA LIBERTATUM (1215), Sguardo sul Medioevo, in URL: < http://www.sguardosulmedioevo.org/2014/06/magna-charta-libertatum-1215-testo.html >.

[19] Cfr. M. A. GLEDON, P. CAROZZA, C. PICKER, Comparative Legal Traditions in a Nutshell, West Academic, 2015, 244-266.

[20] Lo svolgimento del processo civile è in larga misura nelle mani delle parti.

[21] Cfr. M. TARUFFO, Diritto processuale civile nei paesi anglosassoni, VI, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 339-340.

[22] Cfr. Ivi, 340-343.

[23] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 87-132.

[24] R. DONZELLI, La fase preliminare del nuovo processo civile inglese e l’attività di case management giudiziale, in L. LANFRANCHI, A. CARRETTA (curr.), Davanti al giudice. Studi sul processo societario, Giappichelli, Torino 2005, 527.

[25] Cfr. M. TARUFFO, Aspetti fondamentali del Processo Civile di Civil Law e di Common Law, in Revista da Faculdade de Direito da UFPR, XXXVI (2001), 34.

[26] Cfr. V. BARSOTTI, V. VARANO, La tradizione giuridica occidentale. Testo e Materiali per un confronto civil law e common law, Coll. Strumenti di diritto comparato, n. 1, Giappichelli, Torino 2002, 306-341.

[27] «Intorno al 1145 l’arcivescovo Teobaldo di Canterbury lo condusse come suo consigliere in Inghilterra. Là fondò, in Oxford, una scuola di diritto tanto frequentata che l’insegnamento del diritto romano parve pericoloso per l’integrità delle tradizioni giuridiche locali. Per agevolare lo studio a coloro che non potevano acquistare l’intero Corpus iuris compose con opportuni estratti delle varie sue parti un compendio che fu intitolato Liber pauperum e che valse il titolo di pauperistae a coloro che su esso studiavano. Intorno ad esso si svolse una ricca fioritura di glosse» E. BESTA, Vacario, in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arte, XXXIV, 871.

[28] G. MARGHERITA, Il processo telematico nell’ordinamento canonico. Prospettive comparatistiche degli atti introduttivi con il processo civile telematico e i possibili riscontri nello ius canonicum, Marcianum Press, Venezia 2024, 79.

[29] Cfr. A. CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa: Le fonti e il pensiero giuridico, I, Giuffrè, Milano 2015, 597.

[30] Cfr. U. MATTEI, Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 35.

[31] Il principio dello stare decisis et non quieta movere, costituisce una fonte dell’ordinamento giuridico inglese in quanto, oltre ad essere norma di diritto oggettivo, pone la regola che varrà nel caso concreto.

[32] Cfr. L. MOCCIA, Civil law, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, II, 371-377.

[33] E. DI BERNARDO, Modelli processuali e diritto probatorio civile. Elementi di common law, civil law e di diritto canonico, Lateran University Press, Città del Vaticano 2016, 36.

[34] C. GIORGIANTONIO, Le riforme del processo civile italiano tra adversarial system e case management, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, LXVI (2009), 11-12.

[35] CFR. J. NORMAND, Processo civile (Francia), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione, XV, 100-142.

[36] Cfr. Art. 764 Code de procédure civile: Dès qu’il est constitué, l’avocat du défendeur en informe celui du demandeur; copie de l’acte de constitution est remise au greffe. L’acte comporte, le cas échéant, l’accord du défendeur pour que la procédure se déroule sans audience en application de l’article L. 212-5-1 du code de l’organisation judiciaire (Non appena costituito, l’avvocato del convenuto informa quello dell’attore; copia dell’atto costitutivo viene consegnata alla cancelleria. L’atto comprende, ove applicabile, il consenso del convenuto affinché il procedimento si svolga senza udienza in applicazione dell’articolo L. 212-5-1 del codice di organizzazione giudiziaria).

[37] «Les parties sont, sauf disposition contraire, tenues de constituer avocat devant le tribunal judiciaire. La constitution de l’avocat emporte élection de domicile» (Salvo disposizione contraria, le parti sono tenute a nominare un avvocato dinanzi al tribunale. La costituzione dell’avvocato comporta la scelta del domicilio).

[38] «Les parties sont dispensées de constituer avocat dans les cas prévus par la loi ou le règlement et dans les cas suivants: 1° Dans les matières relevant de la compétence du juge des contentieux de la protection; […]. Dans les matières relevant de la compétence exclusive du tribunal judiciaire qui ne sont pas dispensées du ministère d’avocat, les parties sont tenues de constituer avocat quel que soit le montant sur lequel porte la demande. L’Etat, les départements, les régions, les communes et les établissements publics peuvent se faire représenter ou assister par un fonctionnaire ou un agent de leur administration» (Le parti sono esentate dalla costituzione di avvocato nei casi previsti dalla legge o dai regolamenti e nei seguenti casi: 1 ° Nelle materie di competenza del giudice del contenzioso tutelare; […]. Nelle materie di esclusiva competenza del tribunale giudiziario che non sono esonerate dal ministero legale, le parti sono tenute a nominare un avvocato indipendentemente dall’importo cui si riferisce la richiesta. Lo Stato, i dipartimenti, le regioni, i comuni e gli enti pubblici possono essere rappresentati o assistiti da un funzionario pubblico o da un agente della loro amministrazione.

[39] «Le juge a le pouvoir d’ordonner d’office toutes les mesures d’instruction légalement admissibles» (Il giudice ha il potere di ordinare d’ufficio tutte le misure investigative legalmente ammissibili).

[40] C. GIORGIANTONIO, Le riforme del processo civile italiano tra adversarial system e case management, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, LXVI (2009), 18-19.

[41] Cfr. W. GRUNSKY, Processo civile (Germania), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 142-167.

[42] Cfr. J. MONTERO AROCA, Processo civile (Spagna), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 167-234.

[43] M. TARUFFO, Aspetti fondamentali del Processo Civile di Civil Law e di Common Law, in Revista da Faculdade de Direito da UFPR, XXXVI (2001), 45.

[44] Cfr. Ivi, 46.

[45] Ibidem.

[46] M. TARUFFO, Aspetti fondamentali del Processo Civile di Civil Law e di Common Law, in Revista da Faculdade de Direito da UFPR, XXXVI (2001), 46.

[47] Cfr. G. REPETTO, Argomenti comparativi e diritti fondamentali in Europa. Teorie dell'interpretazione e giurisprudenza sovranazionale, Jovene, Napoli 2011, 115-193.

[48] L’Institut international pour l’unification du Droit privé «ha per finalità studiare i mezzi per armonizzare a coordinare il Diritto privato degli Stati, o dei gruppi di Stati, e favorire gradualmente l’adozione da parte degli Stati di Norme uniformi di Diritto privato» L. M. BOMBIN, Funzione della comparazione giuridica contemporanea, in Apollinaris, LXXXVII (2014), 499.

[49] L. M. BOMBIN, Funzione della comparazione giuridica contemporanea, in Apollinaris, LXXXVII (2014), 502.

[50] Per la consultazione si veda G. TARZIA, Modelli europei per un processo civile uniforme, in Rivista di diritto processuale, LIV (1999), 4, 947-962.

[51] Cfr. G. D'ANGELO, Argomenti di diritto ecclesiastico comparato e multilivello, Vol. I, Il diritto ecclesiastico nel sistema CEDU, Giappichelli, Torino 2017, 3.

 

Bibliografia

ARIANO E., MATTEI U., Il modello di Common Law, Giappichelli, Torino 2018, 2.

ARROBA CONDE M. J., Diritto processuale canonico, Ediurcla, Roma 2020, 295.

BARSOTTI V., VARANO V., La tradizione giuridica occidentale. Testo e Materiali per un confronto civil law e common law, Coll. Strumenti di diritto comparato, n. 1, Giappichelli, Torino 2002, 306-341.

BESTA E., Vacario, in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arte, XXXIV, 871.

BOMBIN L. M., Funzione della comparazione giuridica contemporanea, in Apollinaris, LXXXVII (2014), 499.

CARAVALE M., Ordinamenti giuridici dell’Europa medievale, Il Mulino, Bologna 1994, 395.

CAVANNA A., Storia del diritto moderno in Europa: Le fonti e il pensiero giuridico, I, Giuffrè, Milano 2015, 499-500.

CRISCUOLI G., Introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti, Giuffrè, Milano 1994, 136-137.

D’ANGELO G., Argomenti di diritto ecclesiastico comparato e multilivello, Vol. I, Il diritto ecclesiastico nel sistema CEDU, Giappichelli, Torino 2017, 3.

DI BERNARDO E., Modelli processuali e diritto probatorio civile. Elementi di common law, civil law e di diritto canonico, Lateran University Press, Città del Vaticano 2016, 36.

DONZELLI R., La fase preliminare del nuovo processo civile inglese e l’attività di case management giudiziale, in LANFRANCHI L., CARRETTA A. (curr.), Davanti al giudice. Studi sul processo societario, Giappichelli, Torino 2005, 527.

GAMBARO A., SACCO R., Sistemi giuridici comparati, UTET, Milano 2008, 50.

GIORGIANTONIO C., Le riforme del processo civile italiano tra adversarial system e case management, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, LXVI (2009), 11-12.

GLEDON M. A., CAROZZA P., PICKER C., Comparative Legal Traditions in a Nutshell, West Academic, 2015, 244-266.

GROSSI P., L’Europa del diritto, Laterza, Bari-Roma 2021, 127-128.

GROSSI P., Prima lezione di diritto, Laterza, Bari-Roma 2022, 64.

GRUNSKY W., Processo civile (Germania), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 142-167.

MAGNA CHARTA LIBERTATUM (1215), Sguardo sul Medioevo, in URL: < http://www.sguardosulmedioevo.org/2014/06/magna-charta-libertatum-1215-testo.html >.

MARGHERITA G., Il processo telematico nell’ordinamento canonico. Prospettive comparatistiche degli atti introduttivi con il processo civile telematico e i possibili riscontri nello ius canonicum, Marcianum Press, Venezia 2024, 79.

MATTEI U., Il modello di common law, Giappichelli, Torino 2010, 54-82.

MOCCIA L., Civil law, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, II, 371-377.

MOCCIA L., Common law, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, III, 18-19.

MOCCIA L., Comparazione giuridica e diritto europeo, Giuffrè, Milano 2005, 182-183.

MONTERO AROCA J., Processo civile (Spagna), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 167-234.

NORMAND J., Processo civile (Francia), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 100-142.

REPETTO G., Argomenti comparativi e diritti fondamentali in Europa. Teorie dell’interpretazione e giurisprudenza sovranazionale, Jovene, Napoli 2011, 115-193.

TARUFFO M., Aspetti fondamentali del Processo Civile di Civil Law e di Common Law, in Revista da Faculdade de Direito da UFPR, XXXVI (2001), 34.

TARUFFO M., Diritto processuale civile nei paesi anglosassoni, VI, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XV, 339-340.

TARZIA G., Modelli europei per un processo civile uniforme, in Rivista di diritto processuale, LIV (1999), 4, 947-962.