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Pubbl. Lun, 16 Dic 2024

La transizione digitale - cronistoria di un percorso a tappe verso l´Amministrazione 5.0

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Angelo Brofferio
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Messina



Il presente articolo analizza il complesso percorso di digitalizzazione compiuto dalla pubblica amministrazione, sia sotto il profilo normativo che sostanziale, di efficienza ed efficacia del servizio, in funzione dello sviluppo della governance del settore pubblico.


ENG

The digital transition - chronicle of a step by step journey towards Administration 5.0

This article analyzes the complex digitization process carried out by the public administration, both from a regulatory and substantive point of view, in terms of efficiency and effectiveness of the service, as a function of the development of public sector governance.

Sommario: 1. Il concetto di digitalizzazione; 2. I primi interventi normativi; 3. Il Codice dell’Amministrazione Digitale; 4. Misure normative di innovazione al CAD; 5. La cittadinanza digitale; 6. Firma digitale ed efficacia probatoria nel CAD; 7. La legislazione di emergenza nel periodo pandemico; 8.  IL PNRR; 9. Le novità della Legge di Bilancio 2024-2025; 10. Piano Triennale per l’Informatica nella PA 2024-2026 ed Il Piano Transizione 5.0; 11.Conclusioni.

1. Il concetto di digitalizzazione

Il termine “digitale” deriva dall’inglese digital, a sua volta derivato dal latino digitus, ovvero dito; pertanto l’aggettivo digitale viene ad esprimere un fenomeno naturale rappresentato attraverso dei numeri, in contrapposizione al concetto di “analogico”, che si fonda su una rappresentazione di decodificazione per analogia della realtà, che non sfrutta i simboli o i sistemi numerici in base binaria (bit), quanto, piuttosto, una serie specifica di dati attraverso misurazioni di scale di grandezza variabile. Sulla base di questi presupposti si desume facilmente che, per transizione digitale, debba intendersi un insieme di cambiamenti connessi all’informatica ed all’elettronica e più in generale alla introduzione, nei vari aspetti dei rapporti sociali, delle applicazioni digitali attraverso l’utilizzo degli strumenti attualmente consentiti dalla tecnologia (personal computer, smartphone, app)[1].

2. I primi interventi normativi

Durante gli anni ’90, in ragione del progressivo inserimento e sviluppo nella vita sociale pubblica e privata dei sistemi informativi automatizzati, il Legislatore ha avvertito la necessità di un primo intervento in materia, nella consapevolezza che l’innovazione tecnologica potesse costituire una occasione di sviluppo e potenziamento dei servizi amministrativi e, nel contempo, di consentirne la piena fruizione ad un pubblico sempre crescente di utenti nel rispetto dei principi amministrativi di trasparenza e rispetto della riservatezza del cittadino, i cui dati venissero coinvolti. Nel contempo gli strumenti informatici fornivano un’occasione unica in termini di contenimento dei costi e concentrazione dei processi decisionali attraverso la possibilità di processare un numero potenzialmente infinito di dati, tale, nel tempo, da trasformare tale direttrice di intervento dello Stato in un vero e proprio obiettivo di valore strategico.

Innanzitutto, la L. 15/03/1997 n. 59 (c.d. L. Bassanini) ha aperto un primo varco normativo statuendo che gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge[2]. Successivamente la L. 127/97 (c.d. Bassanini bis) ha fissato delle misure urgenti per lo snellimento dell’ attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo introducendo, tra l’altro, lo strumento della carta di identità elettronica (CIE) ed, infine, il DPR 10 novembre 513/97 ha dato piena attuazione alla norma prevista dall’ art 15 della L. Bassanini cit. realizzando un Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici.

Non può sfuggire la portata epocale rappresentata dall’ art. 2 del DPR 513/97 che definisce il concetto di documento informatico come atto da chiunque formato e tale da soddisfare il requisito legale della forma scritta, di cui viene riconosciuta la validità e rilevanza a tutti gli effetti di legge, parimenti alla sua archiviazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici ed introduce una prima disciplina della firma digitale. L’intervento normativo appena descritto ha determinato un modifica irreversibile nel rapporto fra cittadino e P.A. imponendo, a cascata, una serie di interventi di adeguamento normativo e tecnico da parte delle Amministrazioni, rendendo necessaria, fra gli altri, l’introduzione del protocollo elettronico come strumento indefettibile di gestione cronologica e organizzazione settoriale dei flussi documentali (DPR 428/98) ma anche, e soprattutto, la razionalizzazione e reductio ad unum della intera materia trattata, nella stagione normativa dei Testi Unici, attraverso il DPR 445/2000 recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa che, seguendo un percorso di trasparenza e fruibilità del servizio, sancisce una dignità normativa del tutto paritaria e definitiva al documento informatico.

Il Piano d’Azione per l’e-government del 22/06/2000 finalizzava, in prima battuta, l’obiettivo di rendere fruibile qualsiasi prestazione da parte di una Pubblica Amministrazione attraverso una attività di front-office che potesse prescindere da vincoli di tipo territoriale e/o documentale attraverso un percorso di progressiva digitalizzazione nei rapporti col cittadino, tale da implementare il livello del servizio attingendo alle potenzialità degli strumenti digitali e condivisione di dati che ne consentano immediata fruibilità. Per rendere possibile tutto ciò si rendeva necessaria la interoperabilità ed un reticolo di connessioni fra amministrazioni, sia a livello centrale che locale, in misura tale da poter costituire un vero e proprio sistema di rete che doveva costituire l’esito finale di tale vision istituzionale[3].

L’input iniziale del processo di gestione elettronica dei flussi documentali nasceva dall’utilizzo del protocollo elettronico e rispettiva integrazione ed implementazione in capo a tutte le amministrazioni centrali e periferiche e, nel contempo, sotto il versante dell’utente, l’accesso al servizio attraverso lo strumento elettivo della CIE e la fruibilità del provvedimento, anch’esso dematerializzato e sottoscritto digitalmente.

Pertanto la CIE veniva concepita come input di accesso dell’utente al procedimento amministrativo, attraverso una verifica di identità, squisitamente tecnica, connessa ai meccanismi crittografici sviluppati dal documento risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore, mediante la chiave privata, ed al destinatario, mediante la chiave pubblica, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici (DPR 445/2000 art. comma 1, lett. n) e l’utilizzo di un PIN con valenza  probatoria di firma digitale, con possibile previsione di livelli di sicurezza implementati a seconda della complessità del procedimento previsto e la consequenziale previsione, in prima istanza, di una sperimentazione di 100.000 carte in circa 83 comuni d’Italia.

Attivato il procedimento amministrativo con le nuove modalità sopra descritte, l’Amministrazione veniva, per la prima volta, onerata di attivare gli strumenti telematici atti a realizzare una interazione immediata e puntuale mediante il pieno utilizzo e condivisione degli archivi informatici dedicati dalle PP.AA. interessate, limitando l’onere del cittadino di prestare attenzione alle competenze territoriali e per materia degli uffici pubblici. Tutto ciò chiaramente pretendeva uno sforzo di adeguamento del sistema informativo proporzionalmente più oneroso per le amministrazioni meno articolate e fornite di strumenti logistico gestionali adeguati, oltre che di formazione del personale, prevedendo, solo in prima istanza, un programma di formazione per circa 400.000 dipendenti pubblici.

Successivamente, in seguito alla strategia europea denominata e- Europe 2005 il Legislatore ha ammodernato la normativa nell’anno 2002 con l’approvazione del documento denominato Linee guida del Governo per lo Sviluppo della Società dell’informazione, con lo scopo specifico di stimolare l’innovazione tecnologica ed implementare le capacità digitali della Nazione, sia sotto il profilo interno amministrativo, quanto nel più ampio contesto europeo.

Uno sforzo di ammodernamento così sostanziale nel rapporto fra PA e cittadino pretendeva la istituzione di una apposita Autorità che ne presidiasse lo sviluppo ed applicazione nella maniera più idonea e pertanto, dopo la istituzione dell’Autorità per l’informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA) con l’ art 7 del D.lgs. 93/2000 che attribuiva i rispettivi compiti di indirizzo, promozione e controllo del processo di transizione digitale, è subentrato il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) nel 2003 e l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) nel 2012

3. Il Codice dell’Amministrazione Digitale

I progressivi interventi normativi succedutisi nel tempo ed il contestuale sviluppo della tecnologia informatica in misura sempre più pervasiva, nei contesti economici e sociali, hanno determinato il Legislatore ad intervenire per razionalizzare la delicata materia della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in maniera razionale ed unitaria attraverso il Codice dell’Amministrazione Digitale (c.d. CAD) approvato con il D.lgs. 82 del 07.03.2005 ed in vigore dal 01.01.2006[4], che nel tempo ha avuto diverse modifiche ed integrazioni tra cui spicca quella del D.lgs. 217 del 13.12 2017, che pone un definitivo accento sul concetto giuridico di cittadinanza digitale. Il CAD si caratterizza per l’utilizzo della forma giuridica del Testo Unico, con il dichiarato obiettivo di compendiare e razionalizzare il processo di informatizzazione della Pubblica Amministrazione e regolarne in maniera unitaria il rapporto con i cittadini e le imprese.

Ovviamente, si è trattato di un provvedimento di importanza epocale, nell’ambito del panorama giuridico coevo, che ha posto una pietra miliare nel rapporto fra Stato e cittadino tramite il volano di sviluppo dettato dai nuovi strumenti informatici ma che, nel contempo, ha rivelato degli aspetti di fragilità di un sistema, inizialmente non ancora del tutto maturo per una misura così strutturale ed una serie di problemi di ambito applicativo, anche in ordine ad una serie di diritti ed aspettative che ha imposto quasi un decennio di continui adattamenti ed implementazioni. Si è così realizzata una autentica rivoluzione copernicana nel rapporto fra istituzioni e cittadini attraverso concetti del tutto innovativi quale quello della identità digitale e della firma digitale ma, anche e soprattutto, tramite un sistema circolare di condivisione dei dati fra pubbliche amministrazioni che consentiva, mai come prima, di presentare all’utente del servizio un unico interlocutore realizzando quei principi di matrice europea che erano già stati espressi dal Regolamento 910/14 eldas in ambito comunitario.

Strumenti essenziali in questo contesto appaiono il domicilio digitale del cittadino, come domicilio elettivo nel rapporto con la Pubblica Amministrazione per tutte le comunicazioni, da indicarsi presso il proprio comune di residenza, la firma elettronica che prevede una username ed una password, lo SPID, inteso come sistema pubblico di identità digitale che consente, tramite qualsiasi device, attraverso la username e la password del cittadino, di accedere a tutti i servizi digitali previsti dalla normativa vigente ed infine la Firma Elettronica Avanzata c.d. FEA, mediante la accettazione da parte dell’utente di un vero e proprio contratto con cui accetta tale strumento, in relazione ad alcuni tipi di rapporto giuridico di particolare complessità ed importanza ( per esempio rapporti bancari o che implicano una movimentazione contabile) con l’utilizzo di un codice utente, un PIN, una password OTP (monouso), generalmente generata con un SMS sull’utenza mobile dell’interessato ed un meccanismo a doppia chiave crittografata, che garantisce il massimo grado di sicurezza contro accessi ed utilizzi abusivi del sistema.

In particolare, con l’ultima novella del 2017 e l’applicazione delle Linee guida dell’AgID[5], si è progressivamente percorsa la strada della deregolamentazione, con una serie di interventi, concettualmente mobile oriented, tali da consentire l’utilizzo di questa serie di devices più facilmente fruibili dagli utenti nella maniera più semplice ed intuitiva oltre che la archiviazione e custodia in misura di massima sicurezza, oltre che la istituzione di un sistema sanzionatorio in caso di violazioni e la istituzione del Difensore Civico presso la AgID.

L’aspetto forse più singolare di innovazione che è stato espresso dal CAD è probabilmente lo sforzo normativo di realizzare un assetto di open government, ossia di sfruttare le potenzialità dei sistemi informativi automatizzati al fine di garantire la fruibilità e trasparenza dei dati pubblici attraverso una serie di piattaforme interconnesse e gratuitamente fruibili dall’utente del servizio pubblico nell’ottica, ormai consolidata, della trasparenza, efficienza ed efficacia dell’agere amministrativo, che riesce addirittura ad esprimere un enpowerment attraverso un sistema di valutazione e gradimento, introdotto dalla prima “Riforma Brunetta” e che tende ad avvicinare sempre di più il servizio pubblico ai livelli di quello espresso nell’ambito societario privato, che finiscono a creare un presupposto per la valutazione della performance dei dirigenti pubblici[6]

4. Misure normative di innovazione al CAD

A partire dall’ anno 2008 il Legislatore ha ritenuto di imprimere una forte accelerazione in termini di adeguamento allo sviluppo esponenziale delle capacità degli strumenti informatici sempre più performanti sull’input della normativa euro-unitaria che ha trovato il suo giusto sbocco nella creazione, a livello nazionale, di una vera e propria Agenda Digitale. In particolare, viene adottato il Piano e-Government 2012 attraverso il quale, il Ministro per la PA ed Innovazione Brunetta intendeva programmare una razionalizzazione degli interventi normativi succedutisi in materia e rendere di ordinaria fruizione la digitalizzazione del documento amministrativo da parte della PA e l’utilizzo della firma elettronica da parte del cittadino. In particolare, il DL 112/2008 ed il DL 185/2008 imponevano una drastica riduzione delle spese connesse alla documentazione e la realizzazione di economie attraverso la transizione digitale e, più specificamente, la dematerializzazione degli atti e l’obbligo per professionisti ed amministrazioni di utilizzo della PEC.

A tale proposito, la L.69/2009 prendeva atto di come l’evoluzione digitale fosse stata più rapida dello stesso processo di digitalizzazione della PA e della necessità assoluta dell’amministrazione di mettersi al passo coi tempi e con i principi già espressi alla coeva Riforma Brunetta, posta dal D.lgs. 50/2009, in termini di meritocrazia, trasparenza e responsabilità dirigenziale.

Tale riforma del CAD è stata realizzata dal D.lgs. n. 235 del 30/12/2010 che ha l’aspirazione di attualizzare a livello nazionale i principi di uno dei sette pilastri espressi dall’ Agenda Digitale Europea, in tema di e-government, con una prospettiva di realizzazione decennale sino all’anno 2020[7]. Ne costituisce precipitato naturale l’approvazione della Agenda Digitale Italiana che ne riproduce, nell’anno 2012, contenuti ed obiettivi e, soprattutto, istituisce come braccio operativo l’Agenzia per l’Italia Digitale c.d. AgID, con funzioni di coordinamento e sviluppo del processo di innovazione nel settore digitale ed e-government.

Lo step normativo successivo viene sviluppato attraverso il D.lgs. 179/2016 che incide soprattutto nel ridisegnare ed implementare i poteri della AgID , incaricata di redigere il piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione e monitorare l’applicazione del sistema SPID nel settore pubblico. A stretto giro di posta, nell’anno successivo, con il D.lgs. 217/2017 il Legislatore, al fine di realizzare compiutamente il principio normativo e strategico del “digital first”[8], già espresso nella produzione normativa di poco precedente, è intervenuto in maniera più incisiva, consacrando il CAD, nella sua parte programmatica ed iniziale, come Carta della cittadinanza digitale ed incaricando l’AgID di redigere delle Linee Guida che rendessero del tutto fruibili ed effettive le disposizioni in materia di digitalizzazione anche attraverso di semplificazione ed attenzione alla intera pletora dell’utenza dei cittadini.

In realtà, il più forte atto di impulso sotto il profilo applicativo si è riscontrato con i recenti decreti 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni) e 77/2021 (c.d. Decreto Semplificazioni bis) che, nascendo in un contesto emergenziale dovuto alla crisi pandemica, hanno avvertito come non più procrastinabile un intervento che incidesse anche sotto il profilo sanzionatorio in caso di inadempimento delle Linee Guida e del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione, attribuendo all’ AgID un potere di contestazione e sanzionatorio nelle ipotesi di cui all’ art. 18 bis DL 77/2021 (che modifica l’art. 41 CAD) recante la nuova fattispecie normativa di “Violazione degli obblighi di transizione digitale”[9].

5. La cittadinanza digitale

Gli art. 2 e 3 CAD sanciscono l’obbligo della Pubblica Amministrazione di relazionarsi con i cittadini, utenti del servizio, attraverso gli strumenti digitali di cui viene dotata e, nello stesso tempo, di rendere questo principio del tutto effettivo, applicando tutte le misure tecniche ed organizzative, per rendere il proprio operato pienamente fruibile anche agli utenti meno dotati di strumentazione o conoscenze informatiche, attraverso misure di massima semplificazione del servizio secondo il principio di appropriatezza dei mezzi rispetto al raggiungimento degli obiettivi. Gli strumenti elettivi per realizzare questo fine sono quelli relativi al concetto di Identità e domicilio digitale che coinvolgono sia il fornitore che il fruitore del servizio.

L’art 3 comma 1 quinquies e sexies CAD scandiscono l’obbligo della Pubblica Amministrazione di dotare i cittadini di una identità digitale attraverso la quale fruire dei servizi e allo stesso tempo l’obbligo di corrispondere e utilizzare il domicilio digitale del cittadino. Allo stesso tempo viene previsto un duplice strumento anagrafico e censorio dedicato alle persone fisiche, denominato Anagrafe Nazionale Popolazione Residente (ANPR), e l’IN-PEC, come registro per professionisti abilitati, i cui domicili digitali confluiscono nell’ INAD, mentre quello delle PP.AA. confluisce nell’IPA; entrambi gestiti dall’ AgID. Gli strumenti di autenticazione previsti sono lo SPID, la CNS e/o la CIE, intesi come chiave di accesso ai servizi digitali, su input del cittadino (anche tramite app IO per quanto riguarda il profilo mobile), mentre, dal punto di vista dell’amministrazione, l’art. 17 CAD prevede la figura del Responsabile della Transizione Digitale che, può o meno coincidere con quella del Dirigente, il cui raggiungimento del livello di transizione atteso realizza gli obiettivi del piano della performance previsto dalla c.d. Riforma Brunetta del 2009[10].

In una condizione di terzietà invece opera la figura del Difensore Civico per il Digitale, istituito presso l’AgiD, con poteri di controllo, impulso e segnalazione[11]. L’art. 73 CAD prevede, a chiusura dell’architettura complessiva del nuovo sistema digitale della Pubblica Amministrazione, il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) con lo scopo di realizzare l’interoperabilità e condivisione di dati ed informazioni finalizzando i procedimenti amministrativi, secondo la triade parametrica della efficienza, efficacia ed economicità e rendendo operativo, sempre in questa ottica, l’obbligo di condivisione dei software fra pubbliche amministrazioni, salvo ragioni di ordine, sicurezza pubblica, difesa nazionale e consultazioni elettorali.

Naturalmente, la norma deve prevedere un piano di intervento sotto il profilo patologico e di inefficienza del sistema, in particolar modo in una materia in cui il dato normativo viene complicato ed implementato sotto aspetti squisitamente tecnici ed, in ragione di ciò, l’art. 50 e 50 bis CAD prevedono un Piano di Continuità Operativa e Disaster Recovery al fine di consentire la protezione e la tutela dei dati, soprattutto sotto il profilo della privacy.

Il Legislatore del CAD ha inoltre evidenziato come il problema della tutela dei dati non afferisce unicamente al momento in cui gli stessi vengono trattati ma anche, e soprattutto, al momento relativo alla loro conservazione, in quanto la trattazione massima e processata degli stessi potrebbe evidenziare aspetti critici molto più gravi rispetto alla valutazione del dato singolo, realizzando una vero e proprio rischio di profilazione suscettibile di un utilizzo improprio, se non addirittura illegale, da parte di terzi.

Pertanto si può affermare che il dato informatico accede al sistema attraverso il protocollo informatico e, tramite il flusso digitale, confluisce nel fascicolo informatico di cui all’art. 41 CAD, che viene costantemente alimentato dalla stessa o da diverse amministrazioni coinvolte, in maniera che diversi procedimenti amministrativi possano cooperare attraverso il processo di dematerializzazione degli atti e trasformazione in dati digitali custoditi dai sistemi informatici della Pubblica Amministrazione, che dovrà garantire strumenti idonei a tutelare gli stessi, sia sotto il profilo singolo, che sotto il profilo, più complesso ed insidioso, della loro interoperabilità e connessio

6. Firma digitale ed efficacia probatoria nel CAD

La firma digitale nel CAD è il frutto di un endoprocedimento di validazione digitale, all’esito di una procedura informatica, che ne qualifica una efficacia analoga alla firma autografa[12]. Questo procedimento viene fondato su una chiave crittografica asimmetrica con una chiave privata, che serve a definire la provenienza del documento digitale, ed una pubblica, che serve a decodificarlo, rendendolo fruibile all’amministrazione con pieno valore legale. L’input digitale del procedimento è una stringa generata da un algoritmo di 120-160 bit, che realizza una vera e propria impronta digitale cifrata da una chiave privata e corredata da firma digitale del sottoscrittore.

L’amministrazione ricevente acquisisce il documento digitale ed il relativo certificato, derivate da una delle società di certificazione autorizzate dall’ AgiD, verificando la corrispondenza delle rispettive stringhe digitali, che ne confermano incontrovertibilmente la autenticità e certezza di derivazione. Sotto il profilo della efficacia probatoria, l’art. 20 CAD conferma la piena validità del documento, che sia corredato da firma digitale o elettronica qualificata o avanzata o attraverso altro processo informatico che garantisca provenienza, integrità, sicurezza e non modificabilità dell’atto secondo un processo validato dall’ AgiD, ai sensi dell’art. 71 CAD. Gli stessi criteri appena descritti dovranno essere rispettati anche per copie dell’atto che, analogamente a quanto previsto per gli atti documentali, deve assicurare anche in forma digitale, criteri idonei ad assicurarne il valore legale.

In particolare, il CAD ha descritto tre distinte ipotesi agli art. 22-23 e 23 bis. In prima battuta la copia dell’immagine su supporto informatico, o copia analogica, di un documento originale analogico, che richiede l’attestazione di un notaio o altro pubblico ufficiale abilitato secondo le norme dell’art.71 CAD ed, in via definitiva, il duplicato informatico di uno strumento informatico che, anch’esso, deve rispettare i criteri di cui all’art.71 CAD. Questa ultima ipotesi è, chiaramente, la più interessante ed innovativa fra quelle descritte perché implicitamente declina la piena validità dell’atto informatico in via originaria, in quanto pienamente idoneo a fare sorgere effetti giuridici, ed anche in via derivata, in quanto potenzialmente idoneo a realizzare l’ulteriore esito di essere atto ad una eventuale riproduzione.

In buona sostanza l’atto digitale viene evidenziato, non solo come una trasformazione di un documento in dati informatici attraverso uno strumento algoritmico, ma come nuova forma di documento concepito ab origine sulla base di una scelta e, molto più spesso, di un obbligo da parte dell’Amministrazione che, tendenzialmente, deve privilegiare questa forma, in quanto la più idonea a soddisfare i criteri generali di efficienza, efficacia ed economicità dell’attività amministrativa[13].

Tutto ciò ovviamente nella consapevolezza, avvertita da subito, nello stesso CAD, che questo nuovo rapporto fra cittadino ed amministrazione implica uno sforzo complessivo dell’ Amministrazione a fornire agli utenti di siti istituzionali di facile fruibilità ed accessibilità, secondo tipologie di interazione quanto più possibile intuitive sotto il profilo informatico e, nel contempo, la necessità da parte della stessa Amministrazione di rendere utilizzabili moduli, formulari e strumenti equipollenti che consentano un percorso di standardizzazione dei servizi e delle procedure e, non da ultimo, un forte input formativo delle risorse umane delle pubbliche amministrazioni, oltre che di alfabetizzazione informatica della cittadinanza, che consentano di raggiungere gli standard attesi come specifico obiettivo della transizione digitale anche in ambito UE[14].

7. La legislazione di emergenza del periodo pandemico

La crisi pandemica relativa all’emergenza COVID19 ha costituito un vero e proprio volano di accellerazione nella tensione del legislatore di garantire la effettività degli input normativi di digitalizzazione programmati negli anni precedenti, in quanto la esigenza di garantire i servizi al cittadino attraverso strumenti digitali a distanza, limitando al massimo l’attività di front-office degli uffici, appariva assolutamente non più procrastinabile. Tali circostanze mettevano a nudo una nuova ed ulteriore potenzialità della transizione digitale, sotto il profilo del rapporto fra pubblica amministrazione e cittadino, il quale avrebbe dovuto fruire dei servizi, il più possibile, attraverso i devices a sua disposizione.

La Legge di bilancio 2020 ed il DL 162/2019 hanno previsto una serie di misure di dettaglio finalizzate a garantire la piena informatizzazione della Pubblica Amministrazione, potenziate, a breve giro di posta, nell’immediatezza della crisi pandemica, dal DL 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia), convertito nella Legge 27/2000 che, in costanza della diffusione del virus, richiede l’intervento di un comitato di esperti che collaborano nella determinazione di misure tecniche e normative generali di innovazione tecnologica nei processi amministrativi. Analogamente, il DL 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) ed il DL 76/2020 facevano riferimento all’aspetto complesso e simultaneo della innovazione e semplificazione, da intendersi come processi simultanei ed indissolubili fra di loro.

Infine, il DL 22/2021 pone l’accento sulla centralità della figura del Presidente del Consiglio con funzione di promozione, indirizzo e coordinamento in materia di digitalizzazione, gestione delle infrastrutture digitali ed alcuni aspetti altamente innovativi quali l’adozione della banda ultra larga, oltre che il delicato compito di presiedere l’istituendo Comitato per la transizione digitale. Anche nell’ottica di una piena attuazione della normativa e dei principi generali di matrice euro-unitaria, viene posto un fermo accento sull’utilizzo dello strumento della Carta di Identità Elettronica ( CIE ) come chiave di accesso del cittadino ai servizi della pubblica amministrazione[15].

8. Il PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza consiste nel piano approvato dall’Italia, nel 2021, per rilanciare la propria economia dopo la crisi pandemica e consentire lo sviluppo ecologico e digitale del paese. Le risorse messe a disposizione dalla UE sono di 191,5 miliardi di euro, ripartite in sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica. I fondi previsti dal Next Generation EU sono calendarizzati in un arco temporale di sei anni (2021/2026) ed articolati in Missioni, con la previsione di erogazioni progressive legate al raggiungimento degli obiettivi programmati sotto il profilo quantitativo (milestone) e qualitativo (target)[16]. Il raggiungimento dei traguardi prefissati assume il valore di pre-condizione per il rimborso delle rate semestrali da parte della Commissione Europea.

La missione numero 1 viene dedicata alla digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura e viene articolata nei seguenti tre settori di intervento: digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, innovazione della Pubblica Amministrazione ed innovazione organizzativa della giustizia. L’intervento prevede uno stanziamento totale di 11,75 miliardi di euro finalizzato alla realizzazione della innovazione del paese in chiave digitale, in misura da innescarne un cambiamento strutturale.

In questo contesto, la transizione digitale della Pubblica Amministrazione viene ad inserirsi a pieno titolo nel più ampio percorso di trasformazione digitale europea, da svilupparsi entro il 2030, come previsto dalla comunicazione europea n. 118 denominata “2030 Digital Compass - the European way for the digital decade” che prevede quattro settori di sviluppo della bussola digitale europea: competenze digitali, infrastrutture digitali sicure e sostenibili, trasformazione digitale delle imprese e digitalizzazione dei pubblici servizi con l’obiettivo, nell’ultimo caso, di realizzare, entro l’orizzonte temporale dell’anno 2030, la piena accessibilità dei servizi a tutti i cittadini con modalità esclusivamente digitale e nel pieno rispetto dei principi di sicurezza e riservatezza dei cittadini e delle istituzioni ed, addirittura, in prospettiva, il potenziale obiettivo del voto elettronico.

Si valuta infatti che, in ambito europeo, almeno l’80% dei cittadini degli stati membri entro il 2030 utilizzerà la propria identità digitale per usufruire dei servizi pubblici.

I punti fondamentali previsti dal Legislatore nazionale sono l’intervento sulle infrastrutture in termini di ammodernamento ed adozione della banda ultra larga, lo sfruttamento del cloud nella rete istituzionale, l’interoperabilità e condivisione dei dati in possesso alle pubbliche amministrazioni, la implementazione del patrimonio artistico e culturale, l’utilizzo esclusivo della identità e del domicilio digitale, da utilizzare anche ai fini delle notifiche legali, attraverso piattaforme dedicate ed, infine, la predisposizione di sistemi avanzati di cybersecurity che garantiscano la tutela dei dati dei cittadini e della amministrazioni.

Altro obiettivo fondamentale è raggiungere il 75% delle Amministrazioni che utilizzino i servizi cloud entro il 2026, distinguendo fra: dati ordinari (non presentano particolari rischi in caso di compromissione), dati critici (con una potenzialità di danno più consistente) e dati strategici (che potrebbero compromettere la sicurezza nazionale), con un grado di protezione richiesto proporzionalmente più rilevante, che va gestito da una istituenda infrastruttura istituzionale definita Polo Strategico Nazionale (PSN).

A tale proposito l’AgID nel 2021 ha adottato il Regolamento sui servizi cloud della PA (Determinazione n. 628/2021) che definisce termini e modalità delle migrazioni al cloud dalla varie Pubbliche Amministrazioni, con un processo di qualificazione che è passato progressivamente dalla stessa AgID ad ACN, nel Gennaio 2023, con il Decreto Direttoriale n. 29 del 02/01/2023 di ACN. Oltre al ruolo di coordinamento generale, già descritto, a cura del Presidente del Consiglio, assume particolare rilevanza l’aspetto gestionale attribuito al Comitato Interministeriale presieduto dallo stesso o dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale in materia di banda ultra larga, reti di comunicazione, fascicolo sanitario e sulla innovativa materia della intelligenza artificiale.

Il comitato viene dotato di una Segreteria Amministrativa alla quale possono essere chiamati a partecipare i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni che partecipano al comitato, oltre che esperti e personale non dirigenziale posto in posizione fuori ruolo.

Il piano triennale per l’informatica 2021-2023 e quello 2022-2024 hanno allineato obiettivi e risultati alle roadmap di realizzazione del PNRR ed hanno posto l’accento su alcuni aspetti di realizzazione del PNRR, intensificando contemporaneamente l’attività di vigilanza sul processo di digitalizzazione con oltre 200 azioni a carico di AgID, il Dipartimento di trasformazione digitale e le amministrazioni pubbliche centrali o locali. Nell’ambito del Dipartimento della innovazione e trasformazione digitale inoltre è stato presentato: “2025. Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del paese” che asseconda il processo di sviluppo strutturale nazionale[17].

Da ultimo, vale la pena di rilevare che le più recenti proposte di Legge attribuiscono un ruolo fondamentale e strategico alla Carta di Identità Elettronica (CIE), non solo come strumento di identificazione ed accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione, ma addirittura, come accesso al lavoro dei pubblici dipendenti.

 9. Le novita’ della Legge di Bilancio 2024 - 2025

La Legge di bilancio per il 2024 è animata da un forte impulso di accelerazione del processo di digitalizzazione della macchina amministrativa dello Stato, soprattutto in materia di migrazione e gestione dei dati su cloud e, per l’effetto, interoperabilità degli stessi, considerati entrambi categoria essenziale rispetto agli investimenti di risorse pubbliche ed agli interventi normativi in materia. L’intervento fondamentale della Legge di Bilancio è legato alla istituzione del Polo Strategico Nazionale (PSN) che assume il ruolo di infrastruttura cloud con il compito istituzionale di accogliere i dati delle amministrazioni e consentirne un processo più agevole e snello di migrazione[18].

E’ di tutta evidenza come una struttura siffatta sia l’unico possibile strumento che possa realmente realizzare l’interoperabilità dei dati rendendo immediatamente tangibili i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’attività amministrativa anche sotto il profilo della transizione digitale e della corretta gestione dei pubblici servizi.

Tutto ciò non può che tradursi in un percorso virtuoso di correttezza e semplificazione di tutte le procedure amministrative, di volta in volta coinvolte, in particolare, nell’attuale frangente storico, che necessita di apparati burocratici altamente efficienti e procedure snelle anche al fine di consentire di realizzare gli obiettivi e le opere previsti dal PNRR, a pena di rendere non più fruibili i finanziamenti.

Un accento particolare, anche considerando l’esperienza del periodo pandemico, viene posta sulla informatizzazione dei servizi sanitari e l’ammodernamento tecnologico delle strutture ospedaliere, in un ambito in cui la inefficacia dei servizi ha dimostrato di poter avere un risvolto importante su un servizio primario, quale quello della tutela della salute dei cittadini. Questo trend viene peraltro confermato dall’art 54 del Disegno della Legge di Bilancio per il 2025 che prevede che tutte le prescrizioni sanitarie a carico del SSN siano effettuate nel formato elettronico. Per contro viene programmato, nel corso del 2025, un forte impatto anche nel settore della fiscalità, con la determinazione di una imposta sui servizi digitali senza un limite di ricavo delle imprese coinvolte ed una implementazione al 42% delle imposte sulle plusvalenze derivanti da criptovalute.

Un intervento così rilevante pretende una attenzione speciale del Legislatore sotto il profilo della sicurezza con uno sforzo, sia sotto il profilo finanziario che normativo, tendente ad un potenziamento dei sistemi di cyber security, nella consapevolezza che non può esserci uno sviluppo sostenibile senza un sistema adeguato di protezione che coinvolga tutte le amministrazioni centrali e periferiche dai rischi di attacchi hacker o dispersione dei dati in generale.

10. Piano Triennale per l’Informatica nella PA 2024-2026  ed Il Piano Transizione 5.0

Lo sforzo di rendere pienamente operativi e standardizzati gli obiettivi programmatici di informatizzazione dei servizi, in conformità alla cornice normativa descritta dal programma strategico UE “Decennio Digitale 2030”[19], è il criterio ispiratore del Piano Triennale per l’Informatica nella PA 2024-2026. Sotto il profilo delle competenze il Piano tende ad implementare un continuo scambio di informazioni fra cittadini e PA, in una prospettiva in cui il cittadino diventa, con il maggior profilo di effettività possibile, protagonista del procedimento, con un ruolo che tende ad allontanarsi il più possibile dal profilo di mero utente del servizio. Si passa dall’obiettivo delle digitalizzazione della PA a quello più ambizioso del consolidarsi di una società digitale, che ruota intorno ai concetti di “digital identity” e “digital first” rendendo, auspicabilmente, del tutto residuale ogni altra forma di contatto fra cittadino e PA.

Sotto il profilo della erogazione del servizio pubblico, si pretende un servizio che non deve essere digitalizzato, ma digitale a livello nativo, ponendo particolare attenzione ai servizi delle comunità e territori che sono più vicini al cittadino e quindi potenzialmente di maggiore impatto. In questo senso deve essere inteso lo sforzo di supportare i Comuni ad aderire alla Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e Archivio Nazionale Stati Civile (ANSC) mettendo a disposizione degli enti che vorranno aderire contributi per circa 49 Milioni di Euro. Analogamente per quanto riguarda gli accordi che hanno l’obiettivo di implementare la digitalizzazione nel sistema delle autonomie locali ed i comuni montani associati UNCEM, con la previsione di momenti di confronto e monitoraggio sugli interventi realizzati.

L’utilizzo di idonei strumento di supporto e monitoraggio, buone pratiche e check list, risulta peraltro essenziale sotto il profilo delle ricerca di un metro di valutazione di effettività del sistema, che consenta di fare un passo di qualità deciso nella efficienza ed efficacia del servizio. In questo senso, l’utilizzo di idonei mezzi strumentali è pienamente funzionale alla attualizzazione del profilo strategico; così come lo è la disciplina dettagliata delle componenti tecnologiche ed organizzative quali: Servizi, Piattaforme, condivisione di dati ed infrastrutture, sino ad arrivare all’ utilizzo della IA, che dovrebbero realizzare una piena interoperabilità del servizio[20].

L’ultimo aspetto da considerare è quello che si riferisce alla digitalizzazione delle imprese e delle infrastrutture. Il concetto, per molti versi innovativo, che anima il nuovo Piano Triennale è quello di non utilizzare un approccio autoreferenziale, ma considerare che, senza una implementazione delle competenze digitali degli asset produttivi dello Stato, non potrà mai esserci un soddisfacente raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sociale. Pertanto il cittadino non viene più considerato come utente del servizio, ma anche come attore produttivo, in forma singola o associata, del tessuto sociale con cui interagire.

In questo contesto non si può non fare un ultimo breve cenno al Decreto PNRR Quater, approvato il 26.02.2024, con cui il MIMT ha avviato il Progetto Transizione 5.0. Si tratta di un piano che deve essere ritenuto complementare rispetto alla normativa sopra descritta, in quanto esamina la materia della transizione digitale sotto il profilo degli interlocutori della PA nel mondo economico, vale a dire le imprese.

Si tratta, a tutti gli effetti, di un provvedimento di politica industriale tendente alla transizione digitale e green, sostenuto da risorse per circa 6.3 Mld di Euro, che si sommano a quelle già previste in bilancio, e verranno utilizzate tramite il sistema fiscale del credito di imposta automatico, per le imprese che investiranno in beni materiali, immateriali, strumentali e formazione dei dipendenti ai fini della acquisizione e/o consolidamento delle competenze nelle tecnologie di transizione digitale. A ben vedere si tratta di una vero e proprio intervento di chiusura del sistema che definisce uno sforzo strategico in relazione alle importanti sfide economiche e sociali per il biennio 2024-2025.

11. Conclusioni

Il concetto di innovazione digitale rappresenta un fenomeno, di tipo generale e trasversale, che tende a coinvolgere tutti i campi del vivere quotidiano, in termini non solo tecnologici, ma anche sociali, culturali ed organizzativi. Sotto questa accezione, l’utilizzo della tecnologia rappresenta soltanto un punto di partenza, meramente strumentale rispetto al reale obiettivo, che consiste nel ripensare e riorganizzare tutti i processi logici che trovano applicazione nei vari campi del sapere e dell’esistenza umana[21].

Si tratta di un percorso, con potenzialità applicative potenzialmente illimitate, che implica una vera e propria trasformazione nella mentalità degli utenti e delle organizzazioni che ne fanno uso. Partendo da questi presupposti, il Legislatore italiano ha declinato un delicato processo evolutivo, obbligato, quanto virtuoso, che, partendo dalle istanze di innovazione digitale imposte dal progresso tecnologico, ha finito per riconsiderare l’essenza stessa dei servizi offerti dall’amministrazione in una nuova ottica che passa, dal livello meramente strumentale, a quello sostanziale della piena realizzazione dei criteri parametrici della efficienza, efficacia ed economicità.

Si tratta di un’opera assolutamente in itinere che ambisce, a pieno titolo, a trarre il massimo beneficio dalle nuove opportunità che vengono progressivamente a delinearsi nella governance del settore pubblico.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Si tratta di un fenomeno trasversale che interessa interi segmenti della società e materie differenti, come evidenziato da M.BAKER, Digital transformation , 2014.

[2] Le disposizioni della Legge Bassanini sono state infine assorbite dal D.lgs. 165/2001-TUPI- emanato in forza della delega di cui all’art. 1 L. 340/2000.

[3] Nella dottrina internazionale si distinguono quattro modelli di e-government : Government to Citizen (G2C), Government to Business (G2B), Government to Government (G2G) e Government to Employees ( G2E),

Enyclopedia of Public Administration and public policy, M.DEKKER, 2003, pp. 427-432

[4] Il CAD è stato pubblicato nella G.U.R.I. n. 112 del 16/05/2005 – Supplemento ordinario n. 93

[5] L’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) , è stata istituita dal D.L. n. 83/2012 (c.d. Decreto Sviluppo), convertito nella successiva L. 134/2012, durante il Governo Monti; essa viene sottoposta al potere di indirizzo e vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e finalizzata a realizzare la innovazione e lo sviluppo nella P.A. secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità.

[6] D.L. 25/06/2008 n. 112, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

[7] Il concetto di Agenda Digitale nacque all’interno della Strategia Europa 2020, il programma UE finalizzato allo sviluppo economico ed occupazionale in ambito UE; vedasi  La strategia Europea 2020, su commission.europa.eu

[8] Tale principio costituisce l’obiettivo della Agenda Digitale Italiana (ADI) intesa come documento strategico con cui, in ambito nazionale, si fissano le tappe di realizzazione del processo di digitalizzazione.

[9] In tale contesto l’AgID esercita poteri di vigilanza, verifica, controllo e monitoraggio sul rispetto delle disposizioni del CAD e di quelle inerenti la materia della innovazione tecnologica in genere, ivi comprese quelle delle Linee Guida e del Piano Triennale per l’informatica nella P.A., procedendo sia di ufficio,  che su segnalazione del difensore civico digitale.

[10] Con la circolare n. 3 del 01/10/2018 adottata dal Ministero per la P.A. si sono sollecitate tutte le amministrazioni pubbliche ad individuare al loro interno un RTD.

[11] Il Difensore civico digitale assolve a due principali funzioni diverse: Funzione A: raccoglie le segnalazioni su presunte violazioni del CAD ed in materia di digitalizzazione o innovazione ( art. 17 comma 1 quater CAD) Funzione B: decide in merito alla corretta accessibilità agli strumenti informatici da parte delle persone con disabilità, disponendo le eventuali misure correttive (art 3 quinquies L.n. 4 /2004) , vedasi www.agid.gov.it 

[12] I diritti di cittadinanza digitale si realizzano principalmente nella possibilità per il cittadino e le imprese di utilizzare l’identità digitale, il domicilio digitale, i pagamenti con modalità informatiche e la comunicazione mediante le tecnologie dell’ informazione, vedasi www.agid.gov.it

[13] A livello europeo, la prima normativa della firma digitale deve ricercarsi nella direttiva 1999/93/CE entrata in vigore il 19/01/2000 e recepita, in ambito italiano, in prima battuta, dal D.L 10/2002, mentre oggi il CAD distingue fra Firma elettronica avanzata e qualificata, che è l’unica vincolata alla tecnologia crittografica asimmetrica.

[14] Interessante la riflessione di N. ROSSI, Firma digitale per referendum e leggi di iniziativa popolare. Una meditata rivoluzione o un improvvisato azzardo ? su questionegiustizia.it

[15] In prima applicazione vedasi Circolare n. 10/2016 – Nuova CIE su servizidemografici.interno.it, Ministero Interno

[16] Vedasi Infografica.Next Generation EU – Pacchetto per la ripresa dal COVID-19 su consilium.europa.eu

[17] Per una sintesi dei punti fondamentali vedasi A. CARLI, Recovery Fund, tutto quello che c’è da sapere in 10 domande e risposte su Il Sole 24 Ore, 17/09/2020.

[18] Il Dipartimento per la trasformazione digitale ha promosso la creazione del PSN attraverso una convenzione stipulata con la con la neo-costitutita società Polo Strategico Nazionale spa partecipata da TIM, Leonardo, CDP, attraverso la controllata CDP equity , e Sogei , ed ospiterà i dati e i servizi critici di tutte le amministrazioni Centrali, le ASL, e i principali enti locali, vedasi www.innovazione.gov.it

[19] Decisione UE 2022/2481.

[20] In materia vedasi  la recente  Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026.

[21] Gli studiosi tedeschi H.KAGERMANN, W.D. LUKAS e W. WAHLESTER per primi usarono la definizione di “quarta rivoluzione industriale” nel contesto della Fiera di Hannover del 2011. Successivamente questa definizione è diventata di uso comune ed è stata oggetto di diverse produzioni dottrinali fra cui, in Italia, L. FLORIDI, Quarta rivoluzione.Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, 2017.