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Pubbl. Mer, 4 Set 2024

La perdita della responsabilità genitoriale nei reati di supposizione, soppressione e alterazione di stato: tratti particolari di un automatismo

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Luca Montanelli
StudenteUniversità Cattolica del Sacro Cuore



Il presente contributo ha l’obiettivo di fornire una panoramica generale in merito ad alcuni delitti contro lo stato di famiglia, in particolar modo quelli presenti agli artt. 566 e 567 c.p. e concentrandosi inoltre sulle problematiche relative all’applicazione della pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale a seguito della condanna di un genitore per uno dei reati indicati. Ci si soffermerà dunque sull’analisi delle singole fattispecie di reato e su alcune problematiche sia dottrinali che giurisprudenziali emerse nei riguardi di esse per poi ripercorrere il percorso che ha portato la Corte costituzionale ad intervenire sull’automatismo di cui all’art. 569 c.p.


ENG

The loss of parental responsibility in crimes of supposition, suppression and alteration of civil status: the particular traits of an automatism

The purpose of this paper is to provide a general explanation of some crimes against the family status, particularly those present in articles 566 and 566 of the Criminal Code, also focusing on the issues related to the application of the accessory penalty concerning the loss of parental responsibility following the conviction of a parent for one of those crimes. The paper will therefore focus on the analysis of the individual types of crime and on some doctrinal and jurisprudential problems that have emerged in relation to them and then retrace the path that led the Constitutional Court on the article 569 of the Criminal Code.

Sommario: 1. Inquadramento sistematico e contesto storico; 2. Supposizione e soppressione di stato; 3. Alterazione di stato; 4. Perdita della responsabilità genitoriale e contraddizioni; 5. Il percorso della Corte costituzionale a difesa del «superiore interesse del minore»; 6. Conclusioni.

1. Inquadramento sistematico e contesto storico

All’interno del Libro II del Codice penale è contenuto il Titolo XI dedicato ai delitti contro la famiglia. Esso è suddiviso in quattro Capi volti a tutelare diversi beni giuridici tra cui il matrimonio, la morale familiare, l’assistenza familiare e lo stato di famiglia. Quest’ultimo è presidiato dagli artt. 566, 567, 568 e 569 c.p. che prevedono tre fattispecie incriminatrici quali la supposizione o soppressione di stato, l’alterazione di stato e l’occultamento di stato di un figlio e la pena accessoria automatica comportante la perdita della responsabilità genitoriale. Per definire lo stato di famiglia presente in questo Capo in dottrina è stata anche utilizzata la locuzione «status filiationis»[1], evidenziando in tal modo che il bene giuridico tutelato in concreto da queste norme risulta essere non tanto la famiglia in sé, quanto più la posizione del minore all’interno di essa. La rubrica “Stato di famiglia” denota dunque un retaggio dell’epoca in cui fu scritto il Codice Rocco, sintomo di un periodo storico-politico in cui il concetto di famiglia possedeva un’importante valenza per la propaganda del regime[2].

2. Supposizione e soppressione di stato

L’art. 566 c.p. rubricato “Supposizione o soppressione di stato” contiene la descrizione di due delitti differenti. Essi a ben vedere hanno in comune la cornice edittale della reclusione[3], ma differiscono sotto altri importanti aspetti. Anzitutto, già da una semplice lettura della norma si evince che una prima differenza tra i due reati sopracitati è la condotta. Questa, infatti, nel caso della supposizione di stato - di cui al co. 1 - consiste nel far figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente.

La norma sanziona dunque penalmente chi si reca presso l’ufficio anagrafe e fa registrare - si ritiene sia un reato di evento e non di pericolo in quanto il legislatore ha usato l’espressione «fa figurare» - la nascita di un neonato che in realtà non esiste. Si tratta di un’ipotesi che nella prassi è decisamente più rara rispetto a quella prevista invece al co. 2 del medesimo articolo che al fine di verificarsi necessita invece della soppressione dello stato civile di un neonato mediante occultamento. In passato la giurisprudenza aveva affermato che la condotta relativa al delitto di soppressione di stato constava nell’impedire al neonato di acquistare lo stato civile che gli spettava facendo in modo che egli non risultasse nato e non garantendogli così il diritto di sapere a quale famiglia egli apparteneva[4].

Con una sentenza più recente la Corte di Cassazione ha poi sostenuto che la condotta di occultamento del neonato necessaria a integrare l’art. 566 co. 2 c.p. consiste nel nascondere - per un apprezzabile lasso temporale che si protrae fino alla dichiarazione tardiva - un neonato a tutti i soggetti legittimati a denunciarne la nascita all’ufficiale dello stato civile[5]. È bene sottolineare che l’obbligo di dichiarare la nascita di un neonato è a carico di entrambi i genitori, ma è imposta in via primaria al padre[6]. Altre dissomiglianze tra la supposizione di stato e la soppressione di esso sono quelle inerenti al fatto-nascita e alla condotta tenuta da chi ha l’onere di far registrare tale fatto. Nel caso di cui all’art. 566 co. 1 una persona fa registrare una nascita che non c’è. Si tratta quindi di una dichiarazione falsa richiedente un comportamento commissivo.

Nell’ipotesi di cui all’art. 566 co. 2 invece la nascita è sopraggiunta, ma non viene fatta registrare configurando una omissione. Una ulteriore differenza tra i due reati concerne il bene giuridico tutelato. Orbene, non essendosi verificata una nascita diviene difficile sostenere che il delitto di supposizione di stato di cui all’art. 566 co. 1 c.p. presidi lo status filiationis. È quindi più logico ritenere che il comma in esame tuteli la correttezza della tenuta dei registri dello stato civile. Nel delitto di soppressione di stato di cui al co. 2 essendo invece avvenuta una nascita il bene giuridico tutelato è indubbio che sia proprio lo status filiationis e più precisamente il diritto della persona di conoscere con esattezza a quale famiglia appartenga[7].

3. Alterazione di stato

L’art. 567 c.p. si occupa invece del delitto di alterazione di stato. La norma mostra come questo reato può essere commesso utilizzando due condotte aventi natura differente. Il co. 1 riguarda l’alterazione dello stato civile realizzata mediante la sostituzione di un neonato. Tuttavia, tale fattispecie delittuosa si verifica di rado nella prassi. Un esempio di scuola può essere rinvenuto nel caso in cui una persona in ospedale scambi il braccialetto identificativo di due neonati sostituendo così i bambini dalle loro famiglie.

In una pronuncia risalente al 1990 la Corte di Cassazione ha però ritenuto che l’alterazione di stato mediante sostituzione di neonato riguarda neonati già iscritti nei registri dello stato civile e, sempre secondo tale sentenza, questa sarebbe la differenza principale con l’alterazione di stato mediante falsità di cui all’art. 567 co.2 c.p.[8].

Non sussiste però un valido motivo per negare sul piano logico la possibilità di effettuare la “sostituzione materiale” del neonato ancor prima che la sua nascita venga registrata. Si pensi esemplificativamente proprio all’esempio di scuola sopracitato relativo allo scambio dei braccialetti identificativi nel reparto di natalità di una struttura ospedaliera. In ogni caso è bene rilevare che la sostituzione di cui al co.1 dell’art. 567 c.p. deve necessariamente avere carattere volontario poiché è noto che il tipico criterio di imputazione per i delitti è dato dall’elemento psicologico del dolo, a differenza delle contravvenzioni per le quali è sufficiente la sussistenza della colpa[9].

Diversa - e maggiormente diffusa rispetto a quella sancita al co.1 - risulta invece essere l’ipotesi di cui all’art. 567 co.2 c.p. che prevede l’alterazione di stato mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. Si tratta quindi di una fattispecie assimilabile sotto certi aspetti alla falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità o su qualità personali proprie o di altri di cui all’art. 495 c.p. che contempla una pena inferiore rispetto a quella prevista per l’alterazione di stato mediante falsità anche successivamente all’intervento della Corte costituzionale volto ad equiparare la pena dell’art. 567 co.2 a quella del co.1 del medesimo articolo in virtù del principio di ragionevolezza dato che il bene giuridico tutelato dai due commi risulta essere il medesimo e questi differiscono soltanto per la condotta con la quale tale bene viene leso[10].

Parrebbe quindi che le fattispecie di cui all’art. 495 c.p. e all’art. 567 co.2 c.p. si sovrappongano e che non vi sia ragione d’esistere per il delitto di alterazione di stato mediante falsità. Secondo la giurisprudenza però la differenza tra le due ipotesi è rinvenibile nel fatto che l’art. 495 c.p. punisce la falsificazione in sé, mentre l’art. 567 co.2 c.p. sanziona la falsificazione in quanto da essa il neonato avrà uno stato civile non corrispondente al vero[11]. L’alterazione di stato mediante falsità può essere infatti considerato un reato plurioffensivo considerando che lede contemporaneamente sia l’interesse pubblicistico alla veridicità del contenuto dei registri dello stato civile sia l’interesse del neonato a conoscere la veridicità delle proprie origini.

Inoltre, va rilevato che il reato di cui all’art. 567 co.2 c.p. si configura esclusivamente nel caso in cui le false dichiarazioni vengano rese nel momento in cui l’atto di nascita viene formato, mentre se queste intervengono in un momento successivo verrà integrato il reato di cui all’art. 495 c.p.

Un ulteriore elemento che distingue questi due delitti si ravvisa nel fatto che l’alterazione di stato fatta al momento della dichiarazione di nascita fa perdere il reale stato civile del neonato, mentre quella effettuata successivamente ha l’effetto di alterare ex post lo status filiationis che era stato acquisito in modo corretto al momento della dichiarazione di nascita[12]. Va inoltre ricordato che, come per i delitti di supposizione e soppressione di stato, il reato di cui all’art. 567 co.2 c.p. richiede l’elemento soggettivo del dolo. Nello specifico per l’alterazione di stato mediante falsità la giurisprudenza ha riconosciuto che si tratta di dolo generico[13] composto dalla consapevolezza che la dichiarazione di nascita non è veritiera, dalla volontà di effettuare una simile operazione[14] e dalla previsione dell’evento consistente nell’attribuzione al neonato di uno stato civile falso e differente rispetto a quello che realmente gli spetterebbe[15].

Una problematica relativa all’ipotesi di integrare questo delitto può apparentemente rivenirsi nel caso di maternità surrogata all’estero. In tal caso sorge spontaneo domandarsi se i coniugi che hanno acceduto a tale pratica commettano il reato di cui all’art. 567 co.2 c.p. nel caso in cui figurino come genitori all’interno dell’atto di nascita del neonato.

Sul punto si è delineato negli ultimi anni un filone giurisprudenziale volto a fugare ogni dubbio sostenendo che il delitto di alterazione di stato mediante falsità non si verifica nel caso in cui l’atto di nascita formato all’estero risulti essere conforme alla legislazione dello Stato straniero, poiché esclusivamente la falsità che viene espressa nel momento in cui si effettua la prima dichiarazione di nascita è quella che può configurare il reato di cui all’art. 567 co.2 c.p. e non anche le dichiarazioni successive[16].

4. Perdita della responsabilità genitoriale e contraddizioni

L’art. 569 c.p. è la norma conclusiva del Capo III, Titolo XI, Libro II del Codice penale. Esso prevede la pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale nei confronti del genitore condannato per uno dei delitti contro lo stato di famiglia. Tra questi rientrano per l'appunto anche la supposizione, la soppressione e l’alterazione di stato di cui agli artt. 566 e 567 del Codice penale.

Un tratto peculiare delle pene accessorie si trova ribadito all’art. 20 c.p. nella parte in cui afferma che esse conseguono direttamente alla condanna e perciò il giudice possiede una discrezionalità limitata[17]. Si tratta pertato di un vero e proprio automatismo in molti casi come in quello specifico previsto dall’art. 569 c.p. Vi sono però delle evidenti contraddizioni in tale assetto. Anzitutto va rilevato che per commettere alcuni dei delitti contro lo stato di famiglia non necessariamente un soggetto deve possedere lo status di genitore necessario ai fini dell’applicazione della pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale.

Il delitto di supposizione di stato di cui all’art. 566 co.1, ad esempio, per essere integrato necessita esclusivamente di una persona che faccia registrare dall’ufficiale di stato civile una nascita inesistente. Da ciò si comprende bene che tale soggetto per tenere una simile condotta non obbligatoriamente deve avere prole.

Essere genitore non è una conditio sine qua non ai fini dell’integrazione di questo delitto che, per l’appunto, è un reato comune. Questo non è l’unico caso. Si pensi anche all’alterazione di stato mediante sostituzione di neonato di cui all’art. 567 co.1 c.p. che richiede la “sostituzione materiale” del neonato. Tale azione ben potrebbe essere effettuata anche da un terzo che non sia necessariamente un genitore. Non a tutti i condannati per uno dei reati di cui agli artt. 566 e 567 c.p.[18] si applica di conseguenza la pena accessoria della perdita di responsabilità genitoriale considerato che, come si è visto, alcuni di questi possono essere commessi anche da chi non possiede lo status di genitore. A ben vedere però ciò crea una disparità di trattamento tra rei non indifferente.

Un genitore di un figlio - anche in età adolescenziale, non per forza neonato – che fa registrare una nascita in esistente ex art. 566 co.1 c.p. perderà la responsabilità genitoriale. Un soggetto che viene condannato per lo stesso reato ma che ancora non è genitore non potrà invece perdere la responsabilità genitoriale siccome non si può perdere qualcosa che non si ha. Se questo soggetto poi diverrà genitore in un momento successivo alla condanna per il delitto di supposizione di stato, egli avrà comunque la responsabilità genitoriale in quanto la pena accessoria di cui all’art. 569 c.p. non era conseguita alla sua condanna. Nei due esempi visti poc’anzi si avrebbe quindi un paradosso poiché potrebbe accadere che a distanza di alcuni anni esistano due soggetti condannati per lo stesso reato entrambi oramai genitori, ma solo uno di essi risulterebbe privo della responsabilità genitoriale.

Questo paradosso al momento rimane teorico, dato che non è ancora intervenuta alcuna pronuncia giurisprudenziale, ma si ritiene che nell’ipotesi in cui si verifichi un caso simile possano profilarsi gli estremi per una declaratoria di incostituzionalità per contrarietà del combinato disposto degli artt. 566 co.1 e 569 c.p. all’art. 3 Cost.

Un’altra contraddizione rinvenibile nella disciplina della pena accessoria in esame è legata al fatto di essere automatica. Nei confronti di essa il giudice non era infatti detentore – prima di alcune importanti pronunce della Corte costituzionale[19] – di alcun potere discrezionale che potesse portare ad una disapplicazione dell’art. 569 c.p. nel caso concreto che gli si ponesse davanti al fine di tutelare gli interessi del minore.

5. Il percorso della Corte costituzionale a difesa del «superiore interesse del minore»

Riguardo l’ultimo problema analizzato già nel 1986 il Tribunale di Roma emise una ordinanza con la quale sollevò una questione di legittimità costituzionale dell’art. 569 c.p. in riferimento all’art. 30 Cost. sostenendo che l’automatismo di tale pena accessoria danneggiava non solamente i destinatari della sanzione penale, ma anche i minori[20].

La Corte costituzionale diede risposta due anni dopo - nel 1988 - dichiarando manifestamente infondata la questione sollevata dai giudici romani ed affermando che «non è certamente in ragione di eventuali ripercussioni negative, su terzi, che l’applicazione di sanzioni penali, principali od accessorie, può eventualmente provocare, che va dichiarata l’illegittimità costituzionale di una determinata pena»[21]. Un anno dopo - nel 1989 - a New York è stata elaborata la Convenzione sui Diritti del Fanciullo[22] al cui art. 3 co.1 si sancisce che, in tutte le decisioni - siano esse di competenza di istituzioni pubbliche o private - relative ai fanciulli, il «best interests of the child» dev’essere una considerazione preminente[23]. Tale formula è stata ufficialmente tradotta in lingua italiana nell’espressione «superiore interesse del minore»[24].

Nonostante la Convenzione di New York del 1989 si occupi del minore dal punto di vista civilistico, è indubbio che abbia avuto - ed abbia tutt’oggi - determinante rilevanza anche sul piano penalistico[25]. Una vicenda accaduta a Milano diede modo di mettere in discussione l’automatismo di cui all’art. 569 c.p. facendo leva anche sul concetto di interesse superiore del minore. Il caso riguardava una bambina concepita da una donna durante il periodo di detenzione in carcere del marito.

La madre della neonata si recò dall’ufficiale di stato civile del Comune di Milano per farne dichiarare la nascita, ma ella dichiarò di essere nubile al fine di non attribuire alla neonata il cognome del padre noto alle cronache locali per la commissione di fatti criminosi.

Quando il padre della neonata finì di scontare la pena ed uscì dal carcere si recò dall’ufficiale di stato civile per riconoscere la figlia e si rese conto che la madre della bambina aveva rilasciato una dichiarazione falsa.  La bambina era infatti stata dichiarata figlia naturale della donna nonostante il suo reale status fosse quello di figlia legittima dal momento che era stata concepita in costanza di matrimonio. Si aprì pertanto un procedimento penale nei confronti della madre per il delitto di alterazione di stato mediante falsità di cui all’art. 567 co.2 c.p. che prevedeva automaticamente la perdita della responsabilità genitoriale ai sensi dell’art. 569 c.p. Venne nominato un curatore speciale della bambina che si costituì parte civile e sollecitò il Tribunale di Milano a sollevare questione di legittimità costituzionale[26] sostenendo che l’art. 569 c.p. violasse il principio di ragionevolezza in quanto è vero che la madre della neonata ha fatto una dichiarazione non veritiera all’ufficiale dello stato civile, ma tale dichiarazione fu fatta proprio allo scopo di tutelare la bambina. Comminare la pena accessoria automatica della perdita della responsabilità genitoriale rischierebbe di conseguenza di togliere la bambina dalle braccia della madre dopo che questa l’aveva cresciuta ed accudita.

La Corte costituzionale, menzionando espressamente l’interesse superiore del minore di cui all’art. 3 della Convenzione di New York del 1989 ritenne la questione fondata e dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 569 c.p. nella parte in cui stabilisce l’automatismo della pena accessoria prevista in riferimento all’art. 567 co.2 c.p.[27]. Con tale pronuncia la Consulta ha aperto quindi una breccia sul tema degli automatismi delle pene accessorie, conferendo al giudice nell’ipotesi di alterazione di stato mediante falsità la possibilità di valutare il best interests of the child in base alle evenienze del caso concreto[28].

L’automatismo insito nell’art. 569 c.p. nei confronti dei delitti contro lo stato di famiglia fu pertanto dichiarato incostituzionale nel 2012 per il delitto di cui all’art. 567 co.2. Per gli altri delitti contenuti all’interno di quel Capo non era però momentaneamente stata ancora sollevata una questione di legittimità costituzionale. Il tempo che passò però non fu molto.

L’anno seguente, difatti, la Corte costituzionale si pronunciò in merito ad un altro caso concernente il delitto di soppressione di stato di cui all’art. 566 co.2 c.p.[29]. La questione di legittimità costituzionale fu sollevata dalla Corte di Cassazione[30] a seguito di un procedimento che aveva visto protagonisti due genitori condannati sia dal Tribunale di Brescia che dalla Corte d’Appello di Brescia per il delitto di soppressione di stato dato che essi non avevano dichiarato la nascita della figlia nel momento in cui questa avvenne, ma lo fecero solamente cinque anni dopo tenendola così nascosta ai registri dello stato civile per un lungo lasso di tempo[31]. I genitori, logicamente, oltre alla condanna alla pena principale erano stati condannati anche alla pena accessoria della perdita di responsabilità genitoriale.

La Corte costituzionale su punto seguì l’indirizzo che aveva inaugurato l’anno precedente, dichiarando così l’illegittimità costituzionale dell’art. 569 c.p. in riferimento al delitto di soppressione di stato di cui all’art. 566 co.2 c.p. nella parte in cui prevede l’applicazione automatica della pena accessoria in caso di condanna del genitore.  Dunque, oltre che per il delitto di alterazione di stato mediante falsità dal 2013 anche al delitto di soppressione di stato non consegue automaticamente la pena accessoria di cui all’art. 569 c.p. bensì sarà il giudice – il quale dovrà considerare preminentemente l’interesse superiore del minore - a decidere se comminarla o meno. In dottrina a seguito di questa sentenza si è parlato addirittura di tutela del «dio minore»[32] onde evidenziare la forte presa di posizione da parte della Consulta a difesa di un soggetto – il minore – che di fatto è un terzo. Egli non è infatti colui che subisce direttamente la pena accessoria di cui all’art. 569 c.p., ma la subisce soltanto in modo indiretto in quanto essa colpisce il suo genitore.

L’interesse del minore terzo acquista quindi rilevanza al fine di dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma che non lo riguarda in via diretta[33]. Si è in tal modo invertito l’indirizzo che la stessa Corte costituzionale aveva adottato nel 1988 riguardo alla pena accessoria speciale prevista per i delitti contro lo stato di famiglia[34].

6. Conclusioni

La Corte costituzionale ha dunque dichiarato illegittimo l’automatismo della pena accessoria di cui all’art. 569 c.p. per i reati di cui agli artt. 566 co.2 e 567 co.2 c.p., mentre per i delitti di supposizione di stato e di alterazione di stato mediante sostituzione di neonato di cui rispettivamente agli artt. 566 co.1 e 567 co.1 c.p. l’automatismo è astrattamente ancora in vigore poiché non è ancora stata sollevata sul punto alcuna questione di legittimità costituzionale.

Nel caso venisse sollevata è molto probabile che la Consulta continui la propria opera di smantellamento dell’automatismo in esame dichiarandolo incostituzionale anche in riferimento alle condanne per uno di questi due delitti. Il Capo relativo ai delitti contro lo stato di famiglia non contiene difatti al proprio interno reati che denotano automaticamente una inidoneità per un genitore ad assolvere al meglio il proprio compito a differenza di altri gravi delitti quali potrebbero essere la violenza sessuale o i maltrattamenti. Proprio per questo motivo l’operazione avviata dalla Corte costituzionale nel 2012 ha riscosso un ampio consenso da parte della dottrina penalistica[35].

Dopotutto, però, la Corte costituzionale avrebbe potuto inaugurare questo indirizzo a tutela del minore – terzo rispetto alla pena accessoria di cui all’art. 569 c.p. – già qualche decennio prima. Invero, nel caso in cui si ritenesse che il motivo dell’overruling[36] della Corte costituzionale dalla sua posizione originaria del 1988 a quella esattamente opposta del 2012 sia il fatto che il best interests of the child fa la propria comparsa nel panorama delle fonti internazionali con la Convenzione di New York del 1989 si cadrebbe in un equivoco. È indubbio - da un punto di vista storico ancor prima che giuridico - che quando fu emessa l’ordinanza n. 723 del 1988 la Convenzione di New York non era ancora stata elaborata dal momento che risale all’anno successivo.

Va però segnalato che la Corte costituzionale nel 1988 anche senza far leva sull’art. 3 della Convenzione menzionata ben avrebbe potuto motivare una presa di posizione differente invocando un principio enunciato dalla Consulta stessa in una sentenza di sette anni prima. Nel 1981, infatti, la Corte costituzionale pronunciandosi in materia di adozione del minore sostenne la necessità di ricercare «la miglior soluzione nel caso concreto per l'interesse del minore» definendo quest’ultima come quella che riesce a garantire - specialmente sotto il profilo morale - la «miglior cura della persona»[37].

Le declaratorie di incostituzionalità dell’art. 569 c.p. iniziarono però solamente più di trent’anni dopo. In ogni caso sia la sentenza del 2012 che quella del 2013 sul punto se si leggono in un quadro più ampio di critica agli automatismi risultano avere una valenza sistematica importante poiché denotano una chiara posizione della Consulta volta a valorizzare il ruolo del giudice e la sua correlata discrezionalità nell’applicare le pene accessorie tenendo conto delle circostanze di ogni caso concreto, esattamente così come avviene per le pene principali. De iure condendo è però compito non della magistratura bensì del legislatore intervenire giacché, com’è già stato rilevato dalla dottrina, «alla Corte costituzionale, su questo fronte, non si sarebbe potuto chiedere altro»[38].


Note e riferimenti bibliografici

[1] L. FERLA, Status filiationis ed interesse del minore: tra antichi automatismi sanzionatori e nuove prospettive di tutela, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2012, fasc. 4, 1585 ss.

[2] Sul punto si veda M. CAVINA, Il diritto di famiglia, in www.treccani.it, 2012 nella parte in cui utilizza l’espressione «mito della famiglia tradizionale» in riferimento alla famiglia nel ventennio fascista.

[3] È prevista la reclusione da tre a dieci anni.

[4] Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 16040, 18 ottobre 1978. Il caso di specie riguardava un bambino di cui era stata occultata la nascita con lo scopo di sottrarre la madre alle conseguenze di una relazione adulterina. Conseguenze che, a ben vedere, risultano essere rilevanti dal punto di vista del diritto civile o, visto il contesto storico, dal punto di vista sociale, poiché sotto il profilo penalistico invece l’art. 559 c.p. che prevedeva il reato di adulterio era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte Cost., sentenza n.126, 19 dicembre 1968.

[5] Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 26097, 21 maggio 2013. Tale pronuncia sostiene inoltre che la dichiarazione tardiva di nascita non esclude l’integrazione del reato di cui all’art. 566 co.2 c.p. che si verificherà quindi ugualmente.

[6] Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 16040, 18 ottobre 1978.

[7] Ibidem.

[8] Cass. Pen. Sez. VI, 3 luglio 1990, in Dejure.

[9] In merito alla distinzione tra contravvenzioni e delitti sotto il profilo relativo all’elemento soggettivo si veda G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G.L. GATTA, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, Milano, 2020, 201.

[10] Cfr. Corte Cost., sentenza n. 236, 10 novembre 2016 che di fatto equipara l’offensività delle condotte dell’art. 567 c.p. dichiarando l’illegittimità costituzionale della cornice edittale del co.2 in quanto differisce rispetto a quella del co.1.

[11] Cass. Pen. Sez. VI, 30 gennaio 1991, in Dejure; Cass. Pen. Sez. VI, 14 giugno 1996, in Dejure.

[12] Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 5356, 24 ottobre 2002; Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 13751, 25 febbraio 2021.

[13] Cass. Pen. Sez. VI, 12 marzo 1993, in Dejure.

[14] Cass. Pen. Sez. VI, 3 luglio 1989, in Dejure; Cass. Pen. Sez. VI, 16 giugno 1992, in Dejure.

[15] Corte d’Appello di Roma, sentenza n. 1131, 27 aprile 2017.

[16] Tribunale di Milano Sez. V, sentenza n. 3301, 12 giugno 2015; Tribunale di Pisa, sentenza n. 687, 19 giugno 2015; Cass. Pen. Sez. V, sentenza n. 13525, 10 marzo 2016; Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 31409, 13 ottobre 2020.

[17] Cfr. G. RONGAUDIO, Pene accessorie: natura, funzioni, ruolo del giudice, automatismi sanzionatori e criticità costituzionali, in www.salvisjuribus.it, 2021. Per una trattazione generale sulle pene accessorie cfr. S. LARIZZA, Le pene accessorie: normativa e prospettive, in Pene accessorie e sistema penale, Trieste, 2001, Vol. V, 23 e ss.

[18] Oltre che nel caso di condanna per uno dei delitti di cui agli artt. 566 e 567 c.p. è bene ricordare che la pena accessoria di cui all’art. 569 c.p. si applica anche per il reato di cui all’art. 568 c.p. rubricato “Occultamento di stato di un figlio”.

[19] Corte Cost., sentenza n. 31, 23 febbraio 2012; Corte Cost., sentenza n. 7, 23 gennaio 2013.

[20] Tribunale di Roma, ordinanza del 4 aprile 1986.

[21] Corte Cost., ordinanza n. 723, 23 giugno 1988.

[22] Ratificata dallo Stato italiano con legge n. 176, 27 maggio 1991 ed entrata in vigore in Italia in data 5 ottobre 1991.

[23] Per un approfondimento relativo al best interests of the child cfr. S. SONELLI, L’interesse superiore del minore. Ulteriori «tessere» per la ricostruzione di una nozione poliedrica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, fasc. 4, 1373 ss.

[24] Così la traduzione in lingua italiana sul sito ufficiale della Commissione Europea https://home-affairs.ec.europa.eu/networks/european-migration-network-emn/emn-asylum-and-migration-glossary/glossary/best-interests-child-bic_en in riferimento al best interests of the child (BIC).

[25] Sul punto cfr. M. BERTOLINO, I diritti dei minori fra delicati bilanciamenti penali e garanzie costituzionali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2018, fasc. 1, 21 ss.

[26] Tribunale di Milano, ordinanza del 31 gennaio 2011.

[27] Corte Cost., sentenza n. 31, 23 febbraio 2012.

[28] Sul punto cfr. A. TESAURO, Corte costituzionale, automatismi legislativi e bilanciamento in concreto: “giocando con le regole” a proposito di una recente sentenza in tema di perdita della potestà genitoriale e del delitto di alterazione di stato, in Giur. cost., 2012, fasc. 6, 4909 ss.; M. MANTOVANI, La Corte costituzionale fra soluzioni condivise e percorsi ermeneutici eterodossi: il caso della pronuncia sull’art. 569 c.p., in Giur. cost., 2012, fasc. 1, 0377B ss.; G. LEO, Illegittimo l’automatismo nell’applicazione della sanzione accessoria della perdita della potestà di genitore per il delitto di alterazione di stato, in Dir. pen. cont., 27 febbraio 2012; M. A. FEDERICI, Alterazione di stato e decadenza dalla potestà genitoriale, in Giur. it., 2012, fasc. 8-9, 1873 ss.; L. FERLA, op. cit., 1585 ss.; M. BERTOLINO, op. cit., 21 ss.; G. LANEVE, Pene accessorie che incidono sulla responsabilità genitoriale: dalla “cecità” dell’automatismo legislativo allo sguardo sulla relazione genitore-figlio, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2020, fasc. 4, 2087-2088.

[29] Corte Cost., sentenza n. 7, 23 gennaio 2013.

[30] Cass. Pen. Sez. VI, ordinanza n. 181, 12 giugno 2012.

[31] Sul punto cfr. G. DE MARCO, Corte costituzionale: non automatica la perdita della potestà genitoriale in caso di condanna del delitto ex art. 566, secondo comma, c.p., in AMI Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, 2013.; S. MARANI, Condannato per soppressione di stato non perde automaticamente la potestà, in www.altalex.com, 2013.

[32] Tale locuzione è stata utilizzata da MANTOVANI M., Un nuovo intervento della Corte costituzionale sull’art. 569 c.p., sempre in nome del dio minore, in Giur. cost., 2013, fasc. 1, 0176B ss.

[33] L. FERLA, op. cit., 1585 ss.; M. BERTOLINO, op. cit., 21 ss.

[34] Corte Cost., ordinanza n. 723, 23 giugno 1988.

[35] A. TESAURO, op. cit., 4909 ss.; M. MANTOVANI, op. cit., 0377B ss.; G. LEO, op. cit.; M. A. FEDERICI, op. cit., 1873 ss.; L. FERLA, op. cit., 1585 ss.; G. DE MARCO, op. cit.; M. BERTOLINO, op. cit., 21 ss.

[36] La Corte costituzionale cambia la propria posizione come si è visto dall’ordinanza del 1988 alle sentenze del 2012 e del 2013 in merito all’incostituzionalità dell’automatismo dell’art. 569 c.p.

[37] Corte Cost., sentenza n. 11, 29 gennaio 1981.

[38] In questi termini L. FERLA, op. cit., 1585 ss.