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Pubbl. Lun, 26 Ago 2024

La prescrizione presuntiva del diritto al compenso dell´avvocato decorre dalla pubblicazione del provvedimento

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Editoriale a cura di Pietro Feola



Con l’ordinanza n. 2618/2024, pubblicata il 29 gennaio 2024, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della questione del dies a quo del termine triennale della prescrizione presuntiva del diritto al compenso degli avvocati per assistenza legale resa nell’ambito di un giudizio, ribadendo ancora una volta che decorre dal momento dell’esaurimento dell’affare per il quale è stato conferito l’incarico defensionale, da far coincidere con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo, rimanendo invece irrilevante a tali fini la successiva attività stragiudiziale che, sia pure connessa alla prima, sia stata svolta successivamente.


La fattispecie

La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte ha riguardato l’individuazione del dies a quo della prescrizione presuntiva del diritto al compenso dell’avvocato.

In particolare, l’avvocato aveva chiesto al Giudice di Pace di condannare una propria ex cliente al pagamento del saldo delle competenze professionali ritenute dovutegli per l’assistenza legale svolta nell’ambito di una procedura esecutiva di pignoramento presso terzi, definitasi con un'ordinanza di assegnazione ex art. 552 c.p.c.

A fronte dell’eccezione di estinzione del credito professionale per intervenuta prescrizione presuntiva triennale ex art. 2956 c.c., il giudice di prime cure aveva ritenuto, con decisione confermata in appello dal Tribunale, che tale termine prescrizionale non andasse fatto decorrere dalla data di deposito dell’ordinanza di assegnazione, con la quale era stato cioè definitivo decisoriamente la procedura esecutiva, ma dal successivo momento in cui il legale, con la sua attività, era riuscito ad ottenere - fuori dal procedimento esecutivo – la materiale disponibilità della somma indicata nell'ordinanza di assegnazione, con ciò respingendo la ridetta eccezione di prescrizione.

L’ex cliente, quindi, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il termine prescrizionale del credito professionale in questione dovesse essere fatto decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento definitorio del giudizio per il quale gli era stato conferito il mandato professionale (nel caso in esame, dalla data di pubblicazione dell’ordinanza di assegnazione ex art. 552 c.p.c.)  e non, come stabilito dai giudici di merito, dal giorno in cui era stata espletata l’ulteriore e successiva attività stragiudiziale diretta ad ottenere la materiale disponibilità della somma oggetto di assegnazione.

La decisione

Con l’ordinanza in commento (n. 2618/2024 pubblicata il 29 gennaio 2024) la Corte di Cassazione ha ritenuto – alla luce della formulazione letterale dell’art. 2957 comma 2 c.c.[1] – che, nel caso delle competenze dovute agli avvocati, il dies a quo del termine triennale della prescrizione presuntiva “deve individuarsi “nell’esaurimento dell’affare” per il cui svolgimento fu conferito l’incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo”, specificando che “eventuali successive iniziative intraprese dal medesimo difensore, anche se connesse alla decisione definitiva, costituiscono prestazione di nuova attività, assoggettata ad un autonomo termine di prescrizione[2].

Nella fattispecie in questione, ovvero l’attività di assistenza legale svolta in un procedimento di espropriazione presso terzi, il provvedimento decisorio definitivo, da cui far decorrere il termine prescrizionale triennale, è correttamente individuato nella data di pubblicazione dell’ordinanza di assegnazione ex art. 552 c.p.c., laddove invece la successiva attività dall’avvocato (ovvero l’invio di e-mail sollecitative del pagamento a favore dell’assistita) aveva costituito null’altro che una nuova attività la quale, seppur connessa alla precedente, integra gli estremi di una distinta prestazione professionale (di natura stragiudiziale), per la quale l’avvocato ha diritto ad un autonomo compenso professionale, assoggettato ad un proprio termine prescrizionale.

Tale interpretazione, ha chiarito la Suprema Corte, oltre che fondarsi sul tenore letterale dell’art. 2957 comma 2 c.c., risponde finalisticamente alla ratio di assicurare trasparenza e chiarezza ai rapporti patrimoniali di origine negoziale[3].

In tale prospettiva argomentativa la Corte di Cassazione ha evidenziato come la conclusione della prestazione (giudiziale) di un avvocato sia da individuarsi “nell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento era stato conferito l’incarico, che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo”, con conseguente immediata esigibilità del relativo corrispettivo, per cui è da tale momento che il relativo termine triennale di prescrizione presuntiva inizia a decorrere[4], mentre rimane irrilevante a tali fini la successiva attività stragiudiziale che, seppure connessa alla prima, sia stata svolta successivamente.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Art. 2957, co. 2 c.c.: “Per le competenze dovute agli avvocati e ai patrocinanti legali il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall’ultima prestazione”.

[2] In senso conforme cfr. Cass., sez. II, ordinanza n. 21943/2019; Cass., sez. III, ordinanza n. 4595/2020, richiamate nella stessa sentenza in esame.

[3] Cfr. Cass., sez. II, ordinanza n. 4/2021; Cass., sez. II, sentenza n. 12401/2015; Cass., sez. II, sentenza 12326/2001.

[4] Nello stesso senso cfr. Cass., sez. II, sentenza n. 7378/2009, anch’essa espressamente richiamate nella sentenza in commento.