Pubbl. Lun, 8 Lug 2024
Commento a ”Il programma italiano di protezione dei testimoni” di Andrea Antonio Dalia
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Gianmarco Esposito
Il ”Progetto Prof. A. A. Dalia” ha lo scopo di rendere omaggio ad un grande Maestro del diritto attraverso brevi commenti, dal carattere divulgativo, relativi ai più svariati temi che interessano il diritto processuale penale. L´obiettivo è quello di restituire attualità al suo pensiero, attraverso l´analisi di relazioni rese in occasione di lezioni, convegni e congressi. Una vera sfida, oltre che una rara occasione di confronto, per chi, ancora tra i banchi delle aule universitarie, sta per affacciarsi al mondo delle professioni legali.
Convegno su
“Il programma italiano di protezione dei testimoni”
di
Andrea Antonio Dalia
Sommario: 1. Le persone che debbono essere protette. – 2. Le autorità preposte all’adozione delle misure di protezione. – 3. I contenuti della proposta. – 4. Le modalità per la formulazione del programma. – 5. Il parere del procuratore nazionale antimafia. – 6. L’ammissione al programma speciale di protezione. – 7. La riservatezza degli atti relativi al programma. – 8. Gli obblighi assunti dalle persone protette. – 9. Il contenuto del programma speciale di protezione. – 10. L’attuazione del programma speciale di protezione. – 11. La modifica e la revoca del programma speciale di protezione. – 12. I rapporti con l’autorità giudiziaria e con l’amministrazione penitenziaria. – 13. La custodia in luoghi diversi dagli istituti penitenziari. – 14. La procedura per il mutamento di generalità: a) i casi. – 15. Segue: b) i principi ed i criteri direttivi della procedura. – 16. Segue: c) la domanda per il cambiamento delle generalità. – 17. Segue: d) l’attività della Commissione centrale. – 18. Segue: e) il decreto di cambiamento delle generalità. Il registro dei dati. – 19. Segue: f) gli atti di stato civile e gli altri atti in deroga alle norme vigenti. – 20. Segue: g) l’esonero da responsabilità. – 21. Segue: h) gli effetti del decreto di cambiamento delle generalità. – 22. Segue: i) la residenza della persona ammessa allo speciale programma di protezione. Le notificazioni. – 23. Segue: l) I diritti dei terzi di buona fede. – 24. Segue: m) la segretezza dei procedimenti. – 25. Segue: n) la predisposizione del documento di copertura. – 26. Segue: o) la documentazione relativa al cambiamento delle generalità. – 27. Conclusioni.
1. Le persone che debbono essere protette
Quando parliamo di persone sottoposte a programma di protezione noi intendiamo riferirci a quei soggetti che, per effetto della collaborazione con l’autorità giudiziaria o con l’autorità di polizia giudiziaria e, quindi, per effetto delle dichiarazioni che rendono nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, in relazione a delitti di particolare allarme sociale, tra i quali assumono specifica rilevanza i delitti di criminalità organizzata – vale a dire, le fattispecie associative finalizzate a perseguire scopi mafiosi o camorristici o a gestire il traffico di stupefacenti - sono esposte, direttamente o indirettamente, ad azioni rivolte a farli desistere dalla decisione di collaborare con la giustizia.
L’attività di ritorsione che la criminalità organizzata esercita nei confronti di queste persone può consistere in un attacco diretto ai collaboranti o in un'azione di intimidazione verso altri soggetti, legati a tali persone da vincoli affettivi.
L’ordinamento italiano prende in considerazione, pertanto, il grave e attuale pericolo al quale sono esposti tanto i collaboratori di giustizia, quanto i prossimi congiunti, i conviventi e tutti coloro che, comunque, debbono temere per la loro incolumità a causa delle relazioni che intrattengono con i collaboranti.
2. Le autorità preposte all’adozione delle misure di protezione
Le misure di tutela sono individuate, di volta in volta, in relazione alle necessità del caso concreto e sono adottate direttamente dall'Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza di tipo mafioso, dall’autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persona detenuta, dal Ministero di grazia e giustizia ‑ Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Ciascuna di queste autorità deve prevedere misure adeguate al fine di assicurare l’incolumità dei soggetti che debbono essere protetti, sempre che, ovviamente, il pericolo derivi dagli elementi forniti o che essi possono fornire per lo sviluppo delle indagini o per il giudizio.
Quando le misure ordinarie risultano insufficienti, si passa alla elaborazione di uno speciale programma di protezione, comprendente, se necessario, anche misure di assistenza, riservato ad una apposita commissione istituita con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti i Ministri interessati.
Si tratta della Commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione, composta da un Sottosegretario di Stato, che la presiede, da due magistrati con particolare esperienza nella trattazione di processi per fatti di criminalità organizzata e da cinque funzionari e ufficiali esperti nel settore. Per i compiti di segreteria e istruttori la Commissione centrale si avvale dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia.
Le misure di protezione e di assistenza a favore delle persone ammesse allo speciale programma di protezione, nonché i criteri di formulazione del programma medesimo e le modalità di attuazione, sono stabilite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica e la Commissione centrale.
Il capo della Polizia – direttore generale della pubblica sicurezza - adotta le misure, in luogo della Commissione centrale, allorché ricorrono casi di particolare urgenza che non consentono di attendere le deliberazioni di tale Commissione centrale.
La particolare urgenza delle misure, i loro contenuti e la loro durata sono determinati dal capo della Polizia sulla scorta della proposta o, quantomeno, di una dettagliata segnalazione delle autorità competenti per la proposta, che evidenzi l’importanza del contributo, gli elementi concernenti i pericoli per l’incolumità e che indichi le persone esposte al pericolo, i motivi dai quali deriva il pericolo stesso, la sua gravità e la sua attualità, nonché le ragioni per le quali le misure applicate o fatte applicare anche da parte del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria non sono ritenute idonee.
Prima di adottare le misure, il capo della Polizia acquisisce gli elementi necessari per verificare la disponibilità del soggetto alla collaborazione e la essenzialità delle dichiarazioni ai fini della lotta alla criminalità organizzata. Decorsi novanta giorni, il provvedimento del capo della Polizia cessa di avere effetto se la Commissione centrale non ha deliberato il programma di protezione, sulla proposta formulata nelle forme e con le modalità previste. Il termine è prorogabile una sola volta, per un tempo non superiore a novanta giorni, ma occorre che, nel frattempo, l’autorità proponente abbia trasmesso la proposta di ammissione allo speciale programma.
3. I contenuti della proposta
La proposta per l’ammissione allo speciale programma di protezione contiene l’indicazione delle persone a rischio e dei motivi dai quali derivano il pericolo, la sua gravità e la sua attualità.
Sono elencate le eventuali misure di tutela già adottate o fatte adottare, nonché i motivi per i quali le stesse sono da ritenersi non adeguate alle esigenze del caso concreto. Sono indicate pure le notizie e gli elementi concernenti la gravità e l’attualità del pericolo cui le persone sono o possono essere esposte per effetto della loro scelta di collaborare con la giustizia.
La proposta proviene solitamente dal procuratore della Repubblica, il quale, nel formulare il parere, deve fare riferimento specifico all’importanza del contributo offerto o che può essere offerto dall’interessato o dal suo prossimo congiunto per lo sviluppo delle indagini o per il giudizio.
Il procuratore della Repubblica può autorizzare la polizia giudiziaria a custodire le persone arrestate o fermate in locali diversi dal carcere, per il tempo strettamente necessario alla definizione del programma. Per gli stessi motivi e con le medesime finalità, l’autorizzazione può essere disposta dal giudice quando ritiene di applicare la custodia cautelare.
Se sussistono gravi e urgenti motivi di sicurezza, il procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’istituto penitenziario, può autorizzare, su richiesta del Capo della polizia, che ne informa il Ministro dell’interno, che le persone detenute per espiazione della pena o internate per l'esecuzione di una misura di sicurezza siano custodite in luoghi diversi dagli istituti penitenziari, per il tempo strettamente necessario alla definizione del programma. Negli stessi casi, il procuratore generale nel cui distretto la persona è ristretta ovvero ha la residenza o il domicilio può autorizzare specifiche modalità esecutive delle misure alternative alla detenzione diverse dalla liberazione anticipata.
Le autorizzazioni possono essere date anche prima dell’inizio della esecuzione della pena o della misura di sicurezza, dal procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello nel cui distretto la persona da ammettere allo speciale programma di protezione ha la residenza o il domicilio.
Per evidenziare l’importanza dei contributo, gli elementi concernenti il pericolo per l’incolumità e quelli di interesse ai fini delle dichiarazioni impegnative, la proposta del procuratore della Repubblica di ammissione allo speciale programma di protezione, ovvero il parere dello stesso procuratore, quando la proposta è effettuata da altra autorità, indica, fra l’altro, i principali fatti criminosi sui quali il soggetto proposto sta rendendo le dichiarazioni e i motivi per i quali esse sono ritenute attendibili e importanti per le indagini o per il giudizio.
La proposta o il parere precisa, inoltre, se risultano elementi che confermano l’attendibilità delle dichiarazioni acquisite e, nel caso si tratti di dichiarazioni rese da soggetto appartenente a un gruppo criminale, di quale gruppo si tratta e, quale ruolo in esso ricopre il soggetto proposto.
Il procuratore della Repubblica allega alla proposta o al parere reso all’autorità proponente copia del «verbale delle dichiarazioni preliminari alla collaborazione», con il quale il soggetto interessato ha manifestato all’autorità giudiziaria la volontà di collaborare e nel quale ha reso, con le forme e le modalità previste dal codice di procedura penale per gli atti di indagine del pubblico ministero, le informazioni ed ha esposto, fra l’altro, quantomeno sommariamente, i dati utili alla ricostruzione dei fatti di maggiore gravità e allarme sociale di cui è a conoscenza, oltre che alla individuazione e alla cattura dei loro autori. Il verbale non è trasmesso, quando sussistano specifiche ed eccezionali esigenze che ne rendano opportuna la segretazione.
Il verbale delle dichiarazioni preliminari è sostituito dal «verbale di informazioni ai fini delle indagini» quando il soggetto proposto risulta estraneo a gruppi criminali e assume, rispetto al fatto ovvero rispetto a fatti connessi o collegati, esclusivamente la qualità di persona offesa, testimone o persona informata sui fatti.
Del contenuto del verbale delle dichiarazioni preliminari alla collaborazione o del verbale di informazioni è fatta menzione nella proposta o nel parere del procuratore della Repubblica anche nei casi in cui non è possibile la contestuale trasmissione per motivi di riservatezza.
La proposta indica se, a seguito della redazione del verbale delle dichiarazioni preliminari alla collaborazione o del verbale di informazioni, sono state interessate le autorità di pubblica sicurezza per l’adozione delle eventuali misure di tutela, e, qualora la dichiarazione sia resa da soggetti detenuti o internati ovvero li coinvolga, anche il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. In tali casi, deve essere acquisita la documentazione proveniente dalle autorità competenti e attestante il tipo di misure adottate.
Quando la proposta o il parere dei procuratori della Repubblica riguarda persone esposte a pericolo per effetto di collaborazione offerta anteriormente, il verbale delle dichiarazioni preliminari o il verbale di informazioni è sostituito da informazioni scritte sul contenuto della collaborazione.
4. Le modalità per la formulazione del programma
La Commissione centrale formula lo speciale programma di protezione dopo aver acquisito:
a) la proposta motivata del procuratore della Repubblica ovvero, previo parere favorevole di questi, del capo della Polizia ‑ direttore generale della pubblica sicurezza o del prefetto;
b) il parere del procuratore nazionale antimafia, allorché si tratti di collaborazione relativa a fatti di mafia o di organizzazioni criminali similari;
c) la completa e documentata attestazione delle situazioni riguardanti i soggetti da proteggere;
d) specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure preventive e di protezione già adottate o adottabilí dall’autorità di pubblica sicurezza, dall’Amministrazione penitenziaria o da altri organi, nonché ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravità e l’attualità del pericolo in relazione alla collaborazione o alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, relativamente a delitti compresi fra quelli di maggiore allarme sociale.
La Commissione può altresì acquisire, procedendo, se del caso, all’audizione del procuratore nazionale antimafia, dell’autorità che ha formulato la proposta o di altra autorità che ad essa è interessata, ogni ulteriore notizia utile ai fini della formulazione del programma di protezione, ivi compresi gli elementi concernenti l’importanza del contributo per lo sviluppo delle indagini o per il giudizio penale.
Per prevenire gravi delitti di attentato alla vita o alla incolumità delle persone esposte al pericolo per effetto della collaborazione, la Commissione può utilizzare anche gli atti e le informazioni trasmessi dall’autorità giudiziaria all’autorità di polizia, per la prevenzione del delitto di associazione per delinquere finalizzata al conseguimento di obiettivi mafiosi o al traffico di stupefacenti.
5. Il parere del procuratore nazionale antimafia
Sulla proposta di ammissione allo speciale programma di protezione, la Commissione centrale richiede il parere del procuratore nazionale antimafia quando la collaborazione attiene a procedimenti per taluno dei delitti di criminalità organizzata, in relazione ai quali sussiste la possibilità che più uffici del pubblico ministero procedano a indagini collegate.
Il parere può essere richiesto anche quando sussistono elementi per ritenere che le notizie, le informazioni e i dati attinenti alla criminalità organizzata di cui il procuratore nazionale antimafia dispone per l’esercizio delle sue funzioni siano necessari per la formulazione del programma di protezione e, in specie, per le valutazioni della Commissione sulla importanza del contributo e sui pericoli per l’incolumità.
6. L’ammissione al programma speciale di protezione
La Commissione centrale, su proposta motivata del procuratore della Repubblica ovvero, previo parere favorevole di questi, su proposta dell’Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza di tipo mafioso o del prefetto, delibera, di volta in volta, l’ammissione allo speciale programma di protezione e ne fissa i contenuti e la durata, valutati in rapporto al rischio per l’incolumità del soggetto a causa delle dichiarazioni che ha reso o che può rendere.
In casi di particolare urgenza, come abbiamo accennato, le misure necessarie possono essere adottate dal Capo della polizia ‑ direttore generale della pubblica sicurezza, il quale ne deve informare il Ministro dell’interno.
7. La riservatezza degli atti relativi al programma
La Commissione delibera a maggioranza dei suoi componenti, purché siano presenti alla seduta almeno cinque di questi, di cui almeno un magistrato. In caso di parità, prevale il voto del presidente.
La proposta e tutti gli atti e provvedimenti comunque pervenuti alla Commissione, nonché gli atti e i provvedimenti della stessa Commissione, salvi gli estratti essenziali per dare attuazione alle deliberazioni, e le attività svolte per la attuazione dello speciale programma di protezione, sono coperti dal segreto di ufficio.
Agli atti e ai provvedimenti della Commissione, salvi gli estratti essenziali che devono essere comunicati ad organi diversi da quelli preposti all’attuazione dello speciale programma di protezione, si applicano, altresì, le norme per la tenuta e la circolazione degli atti classificati, con classifica di segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.
8. Gli obblighi assunti dalle persone protette
Le persone proposte per l’ammissione allo speciale programma di protezione rilasciano all’autorità proponente completa e documentata attestazione riguardante il proprio stato civile, di famiglia e patrimoniale, gli obblighi a loro carico derivanti dalla legge, da pronunce dell’autorità o da negozi giuridici, i procedimenti penali, civili e amministrativi pendenti, i titoli di studio e professionali, le autorizzazioni, le licenze, le concessioni e ogni altro titolo abilitativo di cui siano titolari. Designano, poi, un proprio rappresentante generale o rappresentanti speciali per gli atti da compiersi.
Una volta adottato il programma, gli interessati sottoscrivono un documento di impegno, con cui assumono l’obbligo di osservare le norme di sicurezza prescritte, collaborare attivamente all’esecuzione del programma, adempiere alle obbligazioni previste dalla legge e a quelle contratte e, in particolare, a non rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria o dalle forze di polizia dichiarazioni concernenti fatti che comunque interessano i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione.
9. Il contenuto del programma speciale di protezione
Lo speciale programma di protezione può comprendere il trasferimento delle persone in Comuni diversi da quelli di residenza o in luoghi protetti e le misure necessarie per garantirne la riservatezza, secondo le modalità stabilite, anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia penitenziaria.
Può essere autorizzata l’utilizzazione temporanea di un documento di copertura, di cui è, però, vietato qualsiasi uso al di fuori dei casi autorizzati, sotto comminatoria delle sanzioni previste dalle vigenti disposizioni penali.
La persona sottoposta a programma elegge il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la Commissione centrale, vale a dire in Roma, anche se può essere autorizzata, qualora ricorrano particolari motivi di sicurezza, dal procuratore della Repubblica o dal giudice, a eleggere domicilio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, anche ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni.
Nei confronti delle persone ammesse al programma l’assegnazione al lavoro all’esterno, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alle misure alternative alla detenzione sono disposte sentita l’autorità che ha deliberato il programma, la quale provvede ad acquisire informazioni dal pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali è stata prestata la collaborazione.
Il provvedimento può essere adottato anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena e deve essere specificamente motivato nei casi in cui l’autorità abbia espresso avviso sfavorevole.
La competenza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui la persona ammessa allo speciale programma di protezione ha il domicilio.
10. L’attuazione del programma speciale di protezione
Nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno è stato istituito il Servizio Centrale di Protezione che provvede all’attuazione del programma, con una propria dotazione di personale e di mezzi.
A questo servizio centrale è affiancato un ufficio posto alle dirette dipendenze dell’Alto commissario, che cura l’attuazione del programma, quando la proposta di ammissione sia stata formulata, in relazione a fatti concernenti la criminalità mafiosa, dall’Alto commissario per la lotta alla mafia.
11. La modifica e la revoca del programma speciale di protezione
Il programma di protezione è a termine e può essere modificato o revocato in relazione all’attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e all’osservanza degli impegni assunti a norma di legge.
Nel provvedimento con il quale ammette il soggetto al programma, la Commissione indica il termine, non superiore a cinque anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve procedersi alle verifiche sulla modifica o sulla revoca del programma. Se il termine non è indicato, esso è di un anno dalla data del provvedimento.
La Commissione è tenuta alle verifiche ogni volta ne faccia motivata richiesta il capo della Polizia ‑ direttore generale della pubblica sicurezza o l’altra autorità che ha formulato la proposta.
Prima di procedere alla seduta per la delibera sulla revoca del programma, il presidente della Commissione centrale dispone per l’acquisizione del parere dell’autorità che ha formulato la proposta e, se ne ricorrono le condizioni, del parere del procuratore nazionale antimafia. Ove occorra, la Commissione, prima di procedere alla revoca, provvede, altresì, a richiedere alle autorità competenti dati e informazioni utili per la decisione.
La revoca è disposta quando è cessata l’esposizione a grave e attuale pericolo ovvero sono ritenute comunque adeguate le ordinarie misure di tutela adottabili dalle autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persona detenuta o internata, dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Nel valutare l’attualità e la gravità del pericolo, la Commissione tiene conto del tempo trascorso dall’inizio della collaborazione, oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese.
Le dichiarazioni sono valutate anche con riferimento alla loro utilizzabilità nei giudizi e tenendo conto delle indicazioni offerte dalle autorità giudiziarie competenti in ordine alle verifiche compiute sulla attendibilità delle dichiarazioni medesime.
Qualora il soggetto interessato non abbia rispettato gli impegni assunti all’atto della sottoscrizione del programma, la Commissione può disporne la modifica o la revoca allorché ritenga che, per effetto delle inosservanze, del compimento di fatti costituenti reato o per altra ragione comunque connessa alla condotta di vita del soggetto interessato, non sia più possibile assicurare misure di protezione ovvero queste siano superflue perché le condotte tenute sono di per sé indicative del reinserimento del soggetto nel circuito criminale ovvero del mutamento o della cessazione della situazione di pericolo conseguente alla collaborazione.
Costituiscono fatti valutabili ai fini della modifica o della revoca delle misure di tutela e di assistenza sia l'avvenuto cambiamento delle generalità del soggetto interessato sia l’offerta al medesimo della concreta possibilità di svolgere attività di lavoro o di impresa.
Salva la facoltà della Commissione di richiedere all’autorità competente di procedere al riesame dei provvedimenti emessi, la modifica o la revoca del programma non produce effetti sui provvedimenti medesimi.
12. I rapporti con l’autorità giudiziaria e con l’amministrazione penitenziaria
Per formulare il parere di cui sia richiesto e, comunque, per la migliore formulazione o adeguamento del programma di protezione, il direttore dell’istituto penitenziario, prima di inoltrare la domanda di un detenuto ammesso allo speciale programma di protezione, tendente ad ottenere la concessione dei permessi premio o delle misure alternative alla detenzione e di inoltrare, per l’approvazione, il provvedimento di assegnazione al lavoro all’esterno, informa l'autorità che ha deliberato il programma e il Servizio Centrale di Protezione.
Quando la proposta di ammissione allo speciale programma di protezione è formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti separati o ad apposite sezioni di istituto. L’assegnazione è disposta fino alla definizione dello speciale programma di protezione e anche successivamente a questo, salvo che, in tal caso, il Dipartimento non ritenga di dover provvedere per l’assegnazione ad altro istituto o ad altra sezione di istituto.
In vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto il verbale delle dichiarazioni preliminari alla collaborazione o il verbale di ìnformazioni, il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, sentito il procuratore nazionale antimafia, quando la collaborazione interessa procedimenti per reati di criminalità organizzata, e a richiesta del capo della Polizia ‑ direttore generale della pubblica sicurezza, quando questi ha adottato misure di protezione, può disporre la custodia dei detenuti e degli internati in istituti separati o in apposite sezioni di istituto.
Allo stesso modo, su richiesta del procuratore della Repubblica, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria provvede nei confronti dei soggetti dei quali il procuratore della Repubblica si appresta a raccogliere il verbale delle dichiarazioni preliminari alla collaborazione o il verbale di informazioni; in tal caso, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria cura che i soggetti medesimi siano custoditi in istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza.
La custodia è assicurata garantendo la riservatezza dell'interessato.
13. La custodia in luoghi diversi dagli istituti penitenziari
La richiesta del capo della Polizia, direttore generale della pubblica sicurezza, e le autorizzazioni dell’autorità giudiziaria possono essere formulate e adottate sentito il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria in ordine all’attuale idoneità, quale risultante dai dati in suo possesso, della custodia in istituto penitenziario a salvaguardare efficacemente ogni esigenza di sicurezza relativa al detenuto o all’internato, per il quale è stata proposta l’ammissione allo speciale programma di protezione ovvero sono state adottate misure di protezione dal capo della Polizia.
Almeno ogni tre mesi, le autorità giudiziarie che hanno concesso tali autorizzazioni provvedono a valutare nuovamente la sussistenza dei gravi e urgenti motivi di sicurezza che avevano imposto la custodia in luoghi diversi dagli istituti penitenziari. Prima di procedere al rinnovo delle autorizzazioni, la competente autorità giudiziaria acquisisce aggiornate indicazioni dal capo della Polizia, dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, in ogni caso, e dal procuratore nazionale antimafia, quando si tratti di collaborazione interessante procedimenti per reati di criminalità organizzata.
I provvedimenti con i quali sono adottate le misure di custodia in luoghi diversi dagli istituti penitenziari hanno efficacia per il tempo necessario alla definizione del programma di protezione.
14. La procedura per il mutamento di generalità: a) i casi
Il cambio di generalità, che comporta la riservatezza anche in atti della pubblica amministrazione, può essere autorizzato – con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia – quando, nell’ambito dello speciale programma di protezione, ogni altra misura risulti non adeguata a tutelare il collaborante contro il pericolo grave ed attuale di attentati alla sua incolumità.
15. Segue: b) i principi ed i criteri direttivi della procedura
Il fine di assegnare ai soggetti che collaborano con la giustizia e che non possono essere altrimenti protetti nuove generalità che ne rendano impossibile la identificazione da parte delle organizzazioni criminali viene conseguito mediante una disciplina che attua alcuni principi generali, fissati da legislatore, e segue determinati criteri direttivi.
In primo luogo, si tende ad assicurare la segretezza e la speditezza del procedimento per il cambiamento delle generalità, con esclusione di qualsiasi forma di pubblicità preventiva e successiva. Si prevede, poi, che le persone protette possano agire mediante rappresentanti per lo svolgimento di rapporti sostanziali e processuali di natura civile e amministrativa anteriori al mutamento delle generalità, nonché possano essere autorizzate ad usare le precedenti generalità relativamente ai rapporti giuridici in corso. Ancora, il cambiamento delle generalità non deve produrre effetto sui rapporti di natura civile, penale e amministrativa, sostanziali e processuali, in corso alla data di cambiamento delle generalità. E, infine, i terzi in buona fede debbono essere tutelati nei loro diritti, nel senso che debbono potere conoscere il collegamento fra la precedente e la nuova identità e potere azionare i loro diritti, ottenendo dal giudice che dichiari l’obbligo di rivelare il richiesto collegamento, con facoltà di impugnativa in caso di rigetto dell'istanza.
Sulla base di questi principi, il mutamento di generalità comporta la validità delle attestazioni ai fini della iscrizione nell’anagrafe del comune di residenza e del rilascio da parte delle amministrazioni pubbliche di atti di propria competenza, compreso il nuovo documento di identità.
Gli atti da annotarsi, iscriversi o trascriversi nei registri dello stato civile contenenti le precedenti generalità, emessi successivamente al decreto di cambiamento delle generalità, continuano ad essere iscritti sotto le precedenti generalità.
In un registro presso il Ministero dell’interno sono iscritte le nuove e le precedenti generalità, i dati anagrafici, sanitari e fiscali relativi alla persona, nonché quelli relativi al possesso, da parte della stessa, di abilitazioni e ogni altro titolo richiesto dalla legge per l’esercizio di determinate attività.
Gli atti, i provvedimenti e i certificati relativi alla stessa persona, compresi gli atti e i certificati di stato civile e loro estratti, possono essere rilasciati, anche in assenza di generalità, dai competenti uffici ed organi, all’autorità designata dal Ministero dell’interno, a richiesta di quest'ultima.
Entrambi i genitori o, in caso di disaccordo, uno dei due, previa autorizzazione del giudice tutelare, ha facoltà di richiedere il cambiamento di generalità per i figli minori.
Sono adottati appositi strumenti e procedure per le notificazioni, le comunicazioni e il recapito di plichi o altri effetti postali diretti alla persona protetta e sono previste speciali modalità per la iscrizione nel casellario giudiziale, e per il rilascio dei relativi certificati, delle condanne per reati eventualmente commessi in data anteriore e posteriore al provvedimento di cambiamento delle generalità.
16. Segue: c) la domanda per il cambiamento delle generalità
La domanda di cambiamento delle generalità è indirizzata congiuntamente ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia ed è ricevuta dalla autorità che propone lo speciale programma di protezione, ovvero, successivamente, dalla Commissione centrale.
Alla domanda relativa al cambiamento delle generalità dei figli minori deve essere unito l'assenso dell’altro genitore o l’autorizzazione del giudice tutelare. Il giudice tutelare, sentiti gli interessati, decide tenendo conto delle esigenze di tutela della sicurezza del minore, della sicurezza della persona ammessa allo speciale programma di protezione e dei diritti dei coniugi.
La richiesta di cambiamento delle generalità non è soggetta a pubblicazione e contro di essa non è ammessa opposizione.
17. Segue: d) l’attività della Commissione centrale
La Commissione centrale assume sollecitamente i pareri e le informazioni occorrenti e, se ritiene che ogni altra misura risulti non adeguata, predispone, nell’ambito dello speciale programma di protezione, gli atti per il provvedimento di cambiamento delle generalità e svolge le altre attività previste. Designa l’autorità di volta in volta incaricata di inoltrare le richieste di documenti sostitutivi, comunicandole i dati strettamente necessari per l’attuazione dell’incarico, esclusa ogni notizia che possa consentire il collegamento fra le nuove e le precedenti generalità.
Nel caso di gravi violazioni degli impegni assunti, predispone gli atti per la revoca del provvedimento di cambiamento delle generalità, indicando anche gli adempimenti da compiersi per il ripristino delle precedenti generalità negli atti, iscrizioni, trascrizioni o provvedimenti relativi alla stessa persona.
18. Segue: e) il decreto di cambiamento delle generalità. Il registro dei dati
Con il decreto di cambiamento delle generalità, sono attribuiti alla persona ammessa allo speciale programma di protezione nuovi cognome e nome, nuove indicazioni del luogo e della data di nascita, degli altri dati concernenti lo stato civile, nonché dei dati sanitari e fiscali e sono individuate le situazioni soggettive giuridicamente rilevanti.
I dati e le risultanze del casellario giudiziale e del centro elaborazione dati, unitamente a quelli riferiti alle precedenti generalità, sono iscritti in apposito registro istituito presso il servizio centrale di protezione, alla cui tenuta può essere delegato un funzionario dell’Amministrazione civile dell’interno di qualifica non inferiore a direttore di sezione. La vigilanza sul registro è esercitata dalla Commissione centrale o da uno dei magistrati che ne fanno parte, appositamente delegato.
Il servizio centrale di protezione, subito dopo l’emanazione del decreto di cambiamento delle generalità, acquisisce dai competenti uffici di stato civile, del casellario giudiziale e del centro elaborazione dati gli estratti degli atti di stato civile per copia integrale, copia delle schede e degli altri documenti occorrenti del casellario giudiziale, nonché i dati conservati dal predetto centro di elaborazione.
Rinnova periodicamente tali richieste e provvede alla iscrizione nel registro delle variazioni eventualmente sopraggiunte.
Nel registro sono anche iscritti i dati concernenti la situazione anagrafica della persona ammessa allo speciale programma di protezione, le abilitazioni, concessioni, autorizzazioni, licenze ed altri atti o provvedimenti amministrativi, nonché i titoli di studio, diplomi o attestati di formazione professionale rilasciati alla persona stessa sotto le precedenti e le nuove generalità.
19. Segue: f) gli atti di stato civile e gli altri atti in deroga alle norme vigenti
L’autorità designata, in attuazione dell’incarico ricevuto, richiede ai pubblici ufficiali competenti il rilascio, in deroga alle disposizioni di legge o di regolamento in vigore, di atti di stato civile o loro estratti e di ogni altro atto, provvedimento o certificato, compresi i documenti di identificazione. La richiesta può indicare le persone ammesse allo speciale programma di protezione, affinché gli atti siano formati in relazione alle nuove generalità, oppure può essere priva della indicazione della persona cui si riferiscono. In quest’ultimo caso, il certificato, documento, atto o provvedimento è completato a cura del Servizio Centrale di Protezione, che provvede alle iscrizioni o annotazioni nell’apposito registro.
L’autorità designata richiede, altresì, le occorrenti iscrizioni, in deroga alle disposizioni di legge o di regolamento vigenti, in albi o registri, compreso quello anagrafico, relative alle persone ammesse allo speciale programma di protezione indicate con le nuove generalità, sulla base dei certificati, atti o provvedimenti rilasciati, ovvero previa esibizione dell’attestazione del Ministero dell’interno circa le nuove generalità e le altre qualità richieste, risultanti nel registro.
In nessun caso può essere richiesto ai pubblici ufficiali competenti la formazione, l’iscrizione, la trascrizione o l’annotazione di atti di stato civile che non trovano riscontro nel provvedimento di cambiamento delle generalità. È fatto, comunque, divieto all’autorità designata di richiedere atti o provvedimenti che la persona ammessa al programma di protezione non potrebbe ottenere per mancanza di qualità, situazioni soggettive o requisiti richiesti da disposizioni di legge o di regolamenti.
L’autorità designata emette ricevuta dei documenti rilasciati e trasmette gli stessi al Servizio Centrale di Protezione che ne prende nota nel registro.
I pubblici ufficiali sono tenuti ad adempiere senza ritardo alle richieste ed a rilasciare, a qualsiasi successiva richiesta inoltrata da chiunque è legittimato a presentarla, certificati conformi alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni e ad ogni altro atto o provvedimento formato o rilasciato, salvo espressa diversa disposizione dell'autorità richiedente.
Quando sono stati rilasciati certificati, documenti, atti o provvedimenti senza l’indicazione delle generalità della persona cui si riferiscono, i pubblici ufficiali competenti sono tenuti a dare immediata comunicazione al Servizio Centrale di Protezione delle eventuali richieste, presentate da soggetti diversi dall’autorità designata, relative a persone i cui nominativi non trovano riscontro negli atti d’ufficio. Il Servizio Centrale di Protezione, quando accerta che gli stessi nominativi non trovano riscontro nel registro, ne dà notizia al pubblico ufficiale per i successivi adempimenti.
20. Segue: g) l’esonero da responsabilità
I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio ed i dipendenti degli uffici della pubblica amministrazione sono esonerati da responsabilità penale, civile e disciplinare relativamente alla formazione di atti, provvedimenti, compresi anche i titoli autorizzatori o abilitativi, alle trascrizioni, iscrizioni, o annotazione di atti, nonché al rilascio di estratti e certificati di cui sono richiesti.
21. Segue: h) gli effetti del decreto di cambiamento delle generalità
Una volta emanato il decreto di cambiamento delle generalità, è fatto divieto alla persona ammessa allo speciale programma di protezione di usare le precedenti generalità, salvo autorizzazione della Commissione centrale per specifici atti o rapporti giuridici.
Gli atti da annotarsi, iscriversi o trascriversi nei registri dello stato civile contenenti i dati relativi alle precedenti generalità continuano ad essere annotati, iscritti o trascritti sotto le precedenti generalità.
Il decreto di mutamento delle generalità non ha effetto sui rapporti di natura civile e amministrativa, sostanziali e processuali, in cui è parte la persona protetta, che sono in corso alla data del decreto medesimo e che si riferiscono a fatti, atti o contratti verificatisi o stipulati anteriormente alla data del provvedimento.
Per i menzionati rapporti l’interessato è rappresentato, anche in giudizio, da persone appositamente designate.
Nei procedimenti civili, la persona ammessa allo speciale programma di protezione che sia chiamata in giudizio per deporre come testimone, per rendere l’interrogatorio libero o formale, ovvero per rendere il giuramento o per essere sottoposta ad ispezione corporale, può richiedere al servizio centrale di protezione di far pervenire al giudice davanti al quale pende il giudizio, in ogni stato e grado, una attestazione dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza della sussistenza di gravi motivi di sicurezza personale che non consentono all’interessato di comparire in giudizio. L’attestazione è acquisita agli atti; dalla mancata comparizione non possono essere tratte conseguenze sfavorevoli a carico della persona protetta.
Le indagini ed i procedimenti penali a carico della persona protetta per fatti commessi anteriormente alla data del decreto di mutamento delle generalità sono instaurati e condotti sotto le precedenti generalità sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. Sotto le medesime generalità sono fatte le iscrizioni nel casellario giudiziale.
22. Segue: i) la residenza della persona ammessa allo speciale programma di protezione. Le notificazioni
L’autorità designata direttamente o a mezzo di persona delegata provvede a richiedere alle competenti autorità le variazioni ed i trasferimenti delle iscrizioni anagrafiche relative alle precedenti generalità della persona ammessa allo speciale programma di protezione, in località stabilita dal servizio centrale di protezione.
Alla residenza così fissata sono eseguite le notificazioni previste dal codice di procedura penale e dal codice di procedura civile.
Gli agenti del servizio centrale di protezione e le persone richieste di collaborare con essi sono tenuti a consegnare alla persona ammessa allo speciale programma di protezione i plichi e altri effetti postali, nonché gli atti notificati ad essa pervenuti sotto le precedenti generalità, con esclusione del certificato elettorale, facendosene rilasciare ricevuta da custodirsi agli atti del servizio.
23. Segue: l) I diritti dei terzi di buona fede
Quando i diritti dei terzi di buona fede sono pregiudicati dal cambiamento delle generalità della persona ammessa allo speciale programma di protezione, il tribunale, a richiesta dell’interessato, se accerta che le obbligazioni di detta persona non possono essere convenientemente soddisfatte neppure attraverso l’adempimento del terzo designato da uno dei soggetti cui è notificato il ricorso, o, se si tratta di crediti non ancora esigibili, attraverso l’assunzione del debito da parte del terzo parimenti designato, dispone, tenuto conto delle esigenze di protezione della persona ammessa allo speciale programma, che il presidente della commissione centrale comunichi al richiedente le nuove generalità della persona medesima.
Il giudizio si svolge secondo le disposizioni relative al procedimento civile in camera di consiglio.
Il ricorso è notificato alla persona protetta e alla Commissione centrale, che è parte nel procedimento, e deve indicare specificamente le richieste che si intendono proporre nei confronti della detta persona ed il titolo relativo. All’atto della costituzione in giudizio, la Commissione centrale o la persona protetta indicano le modalità con le quali possono essere soddisfatte le pretese del ricorrente.
Competente a decidere è il tribunale del luogo in cui risiede il ricorrente.
24. Segue: m) la segretezza dei procedimenti
Le notizie, gli atti ed i provvedimenti concernenti il procedimento per il cambiamento delle generalità e quelli relativi alle attività dell’autorità designata e del servizio centrale di protezione sono coperti dal segreto di ufficio.
I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di astenersi dal deporre sulle precedenti generalità della persona per la quale è disposto il cambiamento delle generalità, anche se i fatti coperti da segreto non sono conosciuti per ragioni di ufficio.
25. Segue: n) la predisposizione del documento di copertura
Ai fini della predisposizione del documento di copertura, il direttore del Servizio Centrale di Protezione richiede agli uffici competenti esemplari in bianco per carte di identità o per altri documenti di identificazione.
Il Servizio Centrale di Protezione provvede alla predisposizione del documento e chiede alle autorità competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, le registrazioni previste dalla legge e gli ulteriori adempimenti eventualmente necessari.
Presso il Servizio centrale di protezione è tenuto un registro riservato attestante i tempi e le procedure seguite per il rilascio del documento di copertura, mentre presso gli uffici competenti è tenuto un registro riservato attestante il numero e le caratteristiche degli esemplari per carte di identità o per titoli a questa equipollenti rilasciati al Servizio Centrale di Protezione.
26. Segue: o) la documentazione relativa al cambiamento delle generalità
Il registro dei dati relativi al cambiamento delle generalità è composto di fogli in doppia pagina ed è tenuto in unico originale. Il registro non può essere posto in uso se non previa vidimazione di ogni foglio da parte del presidente della Commissione centrale o del magistrato delegato per la vigilanza, il quale annota nella prima pagina del registro il numero del registro e il numero dei fogli di cui è composto.
In caso di insufficienza dello spazio utile per la sezione di foglio da riempire, le iscrizioni sono continuate nel primo foglio in bianco successivo, annotando, a margine del foglio riempito, il rinvio al numero di foglio successivo, e, in quest’ultimo, le generalità della persona interessata e il numero di foglio cui si fa seguito.
Per ciascuna iscrizione, è annotato il numero dell’atto conservato nel fascicolo personale e il numero di protocollo, la data di compilazione e la firma del compilatore. Le scritturazioni sono effettuate a mano.
Dopo l’utilizzazione dell’ultimo foglio del registro, ogni altra iscrizione relativa a persone diverse da quelle già iscritte nel registro è effettuata su un nuovo registro numerato e vidimato con le stesse modalità. Parimenti, sono iscritti nel nuovo registro i dati relativi a persone già iscritte in precedenti registri quando, in essi, sia insufficiente lo spazio utile per la sezione di foglio da riempire.
Gli atti relativi al mutamento di generalità e ogni altro atto relativo alla persona interessata sono conservati in apposito fascicolo personale, dopo essere stati regolarmente protocollati e singolarmente individuati da un numero d’ordine progressivo, unitamente al decreto di cambiamento delle generalità e alle schede generali debitamente aggiornate.
Per ciascuna persona nei cui confronti è adottato il decreto di cambiamento delle generalità sono compilate due schede generali, una relativa alle precedenti generalità ed una relativa a quelle acquisite, contenente tutti i dati iscritti nel registro, con l’indicazione del numero del registro e di pagina da cui sono tratti, nonché del numero distintivo e del protocollo degli atti relativi conservati nel fascicolo personale. Salvo che le schede siano formate con mezzi informatici protetti, le integrazioni sono effettuate mediante applicazione, in ciascuna sezione, dei fogli suppletivi occorrenti.
Commento di Gianmarco Esposito
Studente iscritto al V anno del corso di laurea in giurisprudenza
Dipartimento di Scienze Giuridiche – Università degli Studi di Salerno
Il programma italiano di protezione dei testimoni di giustizia è stato istituito dalla Legge n.82 del 15 marzo 1991 e successive modifiche, con l’obiettivo di garantire e supportare i collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni diventano cruciali nello svolgimento dei procedimenti penali. Nonostante le sfide e i sabotaggi, il programma continua a svolgere un ruolo determinante nel sistema giudiziario italiano; basti pensare ai risultati ottenuti con l’Operazione "Mani Pulite", ove le dichiarazioni di vari testimoni di giustizia sono state essenziali per rivelare i dettagli delle tangenti e delle pratiche corruttive, portando a numerosi arresti e condanne.
Va specificato che i collaboratori di giustizia, noti anche come "pentiti", sono persone che hanno fatto parte di organizzazioni criminali e decidono di collaborare con le autorità fornendo informazioni sui crimini commessi dall’organizzazione. I testimoni di giustizia, invece, sono cittadini che, senza aver mai fatto parte di organizzazioni criminali, assistono a un crimine o ne vengono a conoscenza e decidono di testimoniare in tribunale.
Il Professore Andrea Antonio Dalia, in occasione di un convegno tenutosi a Malaga il 16 Aprile del 1999, ha commentato dettagliatamente le modalità con cui i collaboratori di giustizia vengono protetti in Italia, soffermando la sua analisi sulla scrupolosità e coscienziosità della giustizia italiana nei confronti delle persone da proteggere.
Con il suo lavoro, si è rivelato pioniere nel segnalare l’importanza di ricorrere a programmi specifici di protezione al fine di consentire alla giustizia italiana di collezionare risultati importanti.
Quando parliamo di persone sottoposte a programma di protezione ci riferiamo a soggetti che, in seguito alle loro dichiarazioni, nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, in relazione a delitti di particolare “allarme sociale”, – tra i quali assumono netta rilevanza i delitti di criminalità organizzata –, sono esposte, direttamente o indirettamente, ad azioni rivolte a farli desistere dalla decisione di collaborare con la giustizia.
Non a caso, il Professore soffermava la sua attenzione proprio sul grave pericolo che incombe sia sui collaboratori di giustizia, quanto sui prossimi congiunti, conviventi e tutti coloro che comunque debbono temere per la loro incolumità a causa delle relazioni che intrattengono con i collaboranti.
Dall’analisi del saggio è emerso che le misure di tutela sono individuate di volta in volta in base al caso concreto e sono adottate direttamente dall’Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza di tipo mafioso, dall’autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persona detenuta, dal Ministro di grazia e giustizia, ora Ministro della Giustizia. Quando le misure ordinarie risultano insufficienti – aspetto particolarmente approfondito – si passa all’elaborazione di uno speciale programma di protezione, il cui contenuto e la cui durata sono determinati dal capo della Polizia sulla scorta di proposte che evidenzino non solo l’importanza del contributo ma anche i pericoli impellenti per i testimoni.
Dalle considerazioni del Professore, appare evidente che, per l’ammissione allo speciale programma di protezione, rivestono un ruolo chiave i fatti criminosi sui quali la persona da proteggere rilascia le proprie dichiarazioni, indispensabili successivamente per le indagini e per l’eventuale giudizio; dichiarazioni, la cui serietà è confermata dalla sottoscrizione del cosiddetto “documento di impegno”, con cui assumono l’obbligo di osservare le norme di sicurezza prescritte, collaborare attivamente all’esecuzione del programma, adempiere alle obbligazioni previste dalla legge e a quelle contratte, e in particolare a non rilasciare a soggetti diversi dall’autorità giudiziaria o dalle forze di polizia dichiarazioni concernenti fatti che comunque interessano i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione.
Chiaro è il riferimento, nello scritto in commento, alla vulnerabilità dei programmi di protezione e al clima di terrore costante che la criminalità organizzata esercita sui collaboratori di giustizia e sui loro cari.
Come analiticamente descritto, il programma di protezione può comprendere il trasferimento delle persone in Comuni diversi da quelli di residenza o in luoghi protetti e le misure di sicurezza necessarie per garantire la riservatezza. Inoltre, è prevista l’utilizzazione di un documento di copertura e l’elezione di un domicilio.
Va specificato che il programma di protezione è a termine e può essere modificato o revocato in base alla gravità del pericolo oltre alla condotta delle persone interessate.
In casi gravi per l’incolumità del soggetto, è richiesta anche la procedura per il mutamento di generalità e dunque la persona ammessa allo speciale programma avrà nuovi cognome, nome e indicazioni del luogo e data di nascita, altri dati concernenti lo stato civile, dati sanitari e fiscali che verranno inseriti in un apposito registro istituito presso il servizio centrale di protezione la cui vigilanza è esercitata dalla Commissione centrale.
Una volta emanato il decreto di cambiamento delle generalità, è fatto divieto alla persona ammessa allo speciale programma di protezione di usare le precedenti generalità, salvo diversa autorizzazione.
Il decreto di mutamento di generalità non ha effetto su rapporti di natura civile ed amministrativa, sostanziali e processuali in cui la persona protetta è attore, che sono in corso alla data del decreto e che però si riferiscono a fatti, atti o contratti verificatisi o stipulati anteriormente alla data del provvedimento. Per tali rapporti, l’interessato è rappresentato in giudizio da persone appositamente designate.
Le notizie e gli atti inerenti al procedimento per il cambiamento delle generalità sono coperte dal segreto d’ufficio.
Lo studio attento e minuzioso restituitoci dal Professore Dalia è una fotografia del contenuto della Legge n. 82 del 15 marzo 1991, pietra angolare della disciplina sulle misure di protezione in Italia, rispetto al quadro frammentario che – nonostante l’ondata di violenze mafiose - incorniciava tali tematiche negli anni ’80.
In Italia, il consolidamento normativo è avvenuto con la legge n. 45 del 13 febbraio 2001 – circa due anni dopo il Convegno tenuto dal Professore a Malaga - che ha previsto l’istituzione del Servizio Centrale di Protezione (SCP) ovvero un’unità specializzata del Ministero dell’Interno responsabile della gestione dei programmi di protezione. Essa ha modificato la disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia e le disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.
Diverse leggi e decreti hanno ulteriormente rafforzato il programma, migliorando la rapidità e l’efficacia delle misure di protezione, offrendo maggiore coordinamento tra le forze dell’ordine, la magistratura e le agenzie governative per garantire una risposta unitaria e tempestiva.
Un passo cruciale in Italia si è avuto con la legge 11 Gennaio 2018, n.6 recante “Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia”.
La nuova disciplina stabilisce che il testimone di giustizia, i suoi familiari e “gli altri protetti” saranno destinatari di misure di tutela fisica, misure di sostegno economico e misure di reinserimento sociale e lavorativo (articolo 3).
Un grande traguardo raggiunto dal legislatore nel 2018 consiste nell’aver fatto venir meno la disparità di trattamento tra chi aveva aderito al programma speciale di protezione – consistente nel trasferimento in una località protetta e nel mutamento delle proprie generalità – e chi, invece, rimaneva nella località originaria. Infatti, per i primi, oltre alle misure di tutela, erano previsti aiuti economici e sostegni per l’inserimento sociale e lavorativo (articolo 16 ter l. 45/2001); per i secondi, invece, erano previste delle misure di tutela della propria persona, ma non erano riconosciuti loro tutti i sostegni previsti dal programma speciale di protezione. Oggi, in Italia, l’assistenza dunque è prevista sia per chi rimane nel luogo d’origine sia per chi si trasferisce. Nell’art. 4 della citata legge si precisa che le speciali misure di protezione vengono modulate caso per caso, assicurando sempre un’esistenza dignitosa nel rispetto dei diritti inviolabili del cittadino sanciti in Costituzione.
In conclusione, occorre prendere atto nel positivo riscontro – rilevato dal Professore –ottenuto dalla giustizia italiana attraverso l’utilizzo di tale istituto: Maxi Processo di Palermo contro Cosa Nostra, Operazione Spartacus contro i Casalesi, Operazione Gomorra contro i clan camorristici; pochi esempi che testimoniano quanto il programma di protezione ed il documento di impegno suddetto rappresentino lo step necessario per poter infrangere i loschi traffici mafiosi.
I testimoni di giustizia hanno fornito un contributo inestimabile alla lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione e altre forme gravi di attività illecite presenti in Italia. Le loro testimonianze hanno permesso di svelare reti criminali complesse, consegnando alla giustizia un numero elevato di delinquenti e promuovendo riforme legislative cruciali. Nonostante le sfide e i rischi personali, il loro coraggio – al netto delle ipotesi di strumentalizzazione – continua a essere un pilastro fondamentale nella difesa della legalità e della sicurezza pubblica nel paese.