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Pubbl. Lun, 15 Lug 2024
Sottoposto a PEER REVIEW

L´incidenza del procedimento penale sulla procedura di immissione in servizio permanente

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Francesco Salvo
AvvocatoUniversità degli Studi di Palermo



Il percorso giurisprudenziale e l´evoluzione normativa degli artt. 704 e 635 C.O.M.


ENG

The impact of the criminal proceedings on the procedure for placing them on permanent duty

The jurisprudential and regolatory path of the articles 704 e 635 of the military order code

Sommario 1. L’assenza di condanne e procedimenti penali come requisito per il reclutamento; 2. Le ipotesi di illegittimità costituzionale dell’art. 635 D.lvo n. 66/2010 (C.O.M.) 3. L’originaria differenziazione tra reclutamento ed immissione in servizio fondata sul dato letterale. 4. L’approfondimento della ratio espressa dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4495/2014 va oltre il dato letterale. 5. I requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M. non sono necessari per il passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale. 6. I requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M. sono necessari per il passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale. 7. Applicabilità dell’art. 635 C.O.M. al passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale, in caso di assoluzione nel procedimento penale pendente. 8. La prima riforma dell’art. 704 C.O.M. con il D.lvo 29.05.2017, n. 94. 9. La modifica dell’art. 635 C.O.M. con il D.Lvo 27.12.2019, n. 173. 10. La seconda riforma dell’art. 704 C.O.M. - nuove regole per il reclutamento con la Legge 5 agosto 2022, n. 119. 11. Conclusioni.

1. L’assenza di condanne e procedimenti penali come requisito per il reclutamento

Il sistema di reclutamento, prima del T.U.O.M. (D.lvo n. 66/2010), è stato disciplinato dalla legge n. 226/2004, che prevedeva all’art. 3 la figura dei volontari in ferma prefissata annuale e dei volontari in ferma prefissata quadriennale. I primi potevano accedere ad un periodo di rafferma annuale ai sensi dell’art. 5 della stessa legge, mentre i secondi a due successivi periodi di rafferma, ciascuno della durata di due anni ai sensi dell’art. 12 della legge citata. Dette categorie potevano poi partecipare ai concorsi ai sensi dell’art. 16 della stessa legge n. 226 per l’immissione in servizio nelle carriere iniziali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce Rossa.

L’accesso alla ferma annuale ed alla rafferma quadriennale era condizionato alla sussistenza di specifici requisiti, tra i quali l’«assenza di sentenze penali di condanna ovvero di procedimenti penali in corso per delitti non colposi» (artt. 4 e 11 legge n. 226/2004 allora vigente).

Alla promulgazione del T.U.O.M., le due figure di reclutamento sono state riportate e disciplinate negli artt. 697 e 700, mentre l’art. 704 ha regolato l’immissione in servizio dalla ferma quadriennale o dalla rafferma biennale.

Il requisito dell’assenza di condanne o procedimenti penali è stato sostanzialmente riportato alla lettera g) dell’art. 635 C.O.M., che subordinava l’accesso alla categoria al «non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi».

La norma è stata concepita nel maggior rigore che il legislatore ha di regola mostrato per la selezione di alcune categorie di pubblici dipendenti rispetto ad altri, tra i quali senz’altro il personale delle forze di polizia ed i magistrati, per i quali, l’art. 35 comma 6 D.lvo n. 165/2001 prevede requisiti di condotta più rigorosi, in considerazione delle particolari funzioni eserciate nell’ambito della legalità[1]. Si pensi che, prima del 1994, l’art. 26 legge del 01.02.1989, n. 53 prevedeva altresì che, per i concorsi di ingresso nelle forze di polizia e nella magistratura, potessero avere rilevanza i requisiti di moralità, non solo dei candidati, ma anche dei loro familiari, inciso poi dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale del 31.03.1994, n. 108[2].

2. Le ipotesi di illegittimità costituzionale dell’art. 635 D.lvo n. 66/2010 (C.O.M.)

I giudici amministrativi sono stati spesso chiamati a vagliare la legittimità costituzionale della lett. g) dell’art. 635 C.O.M., in relazione all’art. 27 secondo comma Cost., nella parte in cui tale norma stabiliva l’esclusione dal reclutamento per la mera pendenza di un procedimento penale, anche prima che questo approdasse ad una sentenza[3].

È stato inoltre osservato come la sola pendenza di un procedimento penale non abbia analoga incidenza per gli altri aspiranti dipendenti pubblici, che – a norma dell’art. 2 D.P.R. 9.05.1994, n. 487[4] - non trovano limiti alla loro candidatura in tali ipotesi, talché una differenziazione, in questo senso, tra reclutamento di pubblici dipendenti e di forze dell’ordine dovrebbe comunque confrontarsi con i principi di uguaglianza di cui agli artt. 3 e 51 Cost.

Il substrato costituzionale sul quale edificare il sistema di reclutamento – peraltro - deve garantire che chi abbia avuto accesso al ramo pubblico interessato si sia distinto secondo criteri coerenti all’art. 97 Cost. e, quindi, sia per ciò meritevole, qualità quest’ultima senz’altro influenzabile da un procedimento penale, ma ciò secondo un ingranaggio capace di lenire pregiudizi al singolo ex art. 27 Cost. ed allo stesso buon funzionamento della P.A., qualora il contraddittorio processuale, nel rispetto delle prerogative di cui all’art. 111 Cost., riveli l’infondatezza dell’accusa.

Anche con riferimento alla sussistenza di condanna passata in giudicato, seppur per delitti non colposi, la legittimità del meccanismo previsto dalla lett. g) dell’art. 635 C.O.M. va analizzato alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale, il cui insegnamento ha mostrato uno sfavore rispetto ai c.d. automatismi sanzionatori nel pubblico impiego, ovvero quelli che implicano la cessazione del rapporto di lavoro senza l’esperimento di apposito giudizio disciplinare.

Sin dalla propria sentenza n. 971/1988, la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato illegittime tutte quelle norme che hanno nel tempo previsto la destituzione di diritto dei dipendenti pubblici condannati per determinati i reati, senza l'istruzione di un apposito procedimento disciplinare[5].

In particolare, con la sentenza del 23.11.1993, n. 408 la Corte Costituzionale, nel ripercorrere le considerazioni espresse nelle precedenti pronunce nn. 971 del 1988 e 197 del 1993, ha confermato il principio «secondo il quale la costituzione del rapporto di pubblico impiego e la permanenza di esso non possono essere escluse, di per sé, dalla condanna penale per determinati reati, dovendo essere, anch'esse, in ogni caso precedute da una valutazione autonoma e specifica dell'Amministrazione circa l'influenza della condanna sull'attitudine dell'interessato ad espletare l'attività alla quale lo legittima il rapporto di pubblico impiego».

Anche lo stesso D.lvo n. 66/2010 è stato oggetto di analogo intervento della Corte Costituzionale, con la sentenza del 15.12.2016, n. 268[6], che ha riguardato in particolare l’art. 866, laddove questo prevedeva la cessazione automatica del rapporto di impiego militare per perdita del grado, conseguente a una condanna comportante la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici.

In tale ultima pronuncia, che invero ha limitato la propria censura all’effetto escludente della sola interdizione temporanea, sono stati affermati vari principi che, anche indirettamente, interessano la fattispecie di cui all’art. 635 lett. g) C.O.M.

In particolare, oltre a confermare i già ricordati profili di illegittimità degli automatismi sanzionatori, la Corte ha anche chiarito che la sanzione disciplinare va graduata, di regola, nell'ambito disciplinare, secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza al caso concreto (richiamando all’uopo le sentenze n. 234 del 2015, n. 2 del 1999, n. 363 del 1996, n. 220 del 1995, n. 197 del 1993, n. 16 del 1991, n. 158 del 1990, n. 971 del 1988 e n. 270 del 1986), e ciò anche in ambito militare, relativamente al quale vengono annoverate le sentenze n. 363 del 1996 e n. 126 del 1995. Proprio con quest’ultima pronuncia la Corte aveva specificato che il personale militare non può vedersi applicate delle garanzie procedimentali deteriori rispetto agli altri dipendenti statali.

L’automatismo può invece essere consentito in presenza di un reato «radicalmente incompatibile con il rapporto di impiego o di servizio», ed a tal riguardo i Giudici delle leggi hanno vagliato positivamente gli artt. 28, secondo comma c.p. e 32quinquies c.p., norme di carattere generale che sono destinate a regolare tanto il rapporto di ogni pubblico dipendente, quanto quello specifico del personale di pubblica sicurezza e militare.

Deve per vero considerarsi come l’art. 635 C.O.M. faccia riferimento alla sola fase di reclutamento, non alla fase, successiva ad esso, ove si instaura il rapporto di impiego. Tali concetti di uguaglianza – quindi - devono essere contemperati nell’ambito dello stato giuridico di ferma e rafferma, che sono istituti tipici dell’ordinamento militare, non essendovi nelle altre Pubbliche Amministrazioni analoghe fasi di formazione ed addestramento che precedono l’instaurazione del rapporto a tempo indeterminato o comunque di impiego.

Il personale militare in ferma appartiene infatti alla categoria dei militari di truppa in servizio temporaneo, che secondo l’art. 878 C.O.M. non sono forniti di rapporto di impiego, bensì di rapporto di servizio. L’art. 882 C.O.M. attesta la diversità rispetto a coloro i quali fanno invece parte del personale in servizio permanente effettivo, che rivestono la posizione di militare provvisto di rapporto d'impiego. Solo il personale in servizio permanente è dotato di quel vincolo stabile e continuativo con l’Amministrazione che genera il rapporto di impiego, a differenza dei militari in congedo e, appunto, di quelli in ferma prefissata[7]. Lo stato giuridico del personale in ferma prefissata non è quindi perfettamente sovrapponibile a quello di coloro che - dotati di rapporto di impiego – devono, secondo la Corte Costituzionale[8], godere delle garanzie procedimentali riconosciute agli altri pubblici dipendenti.

Occorre considerare che le selezioni presso le altre amministrazioni sono regolate dall’art. 2, comma 7, d.p.r. 487/1984, norma questa che impedisce l’ingresso al pubblico impiego a chi abbia riportato condanne con sentenza passata in giudicato, ma solo per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una P.A., con ciò riferendosi ai tipici casi previsti dal codice penale e segnatamente ai già citati artt. 28 e 32quinques.

Se per i dipendenti pubblici il legislatore prevede a priori quali reati risultino incompatibili con il pubblico impiego, dando luogo, in corso di rapporto, alla c.d. destituzione senza procedimento disciplinare, ed, in fase di assunzione, alla esclusione del candidato, per i militari in fase di reclutamento viene previsto un insieme di reati ben più ampio e generico (delitti non colposi), talché si è reso necessario verificare come e se questi possano impedire l’instaurazione del rapporto di impiego.

Altro tema di indagine è l’automaticità dell’esclusione, circostanza particolarmente rilevante, perché la presenza di condanna o di imputazione, ai sensi dell’art. 635 C.O.M., dovrebbe obbligatoriamente impedire la partecipazione alle relative selezioni, dando quindi luogo ad un provvedimento di natura vincolata dell’Amministrazione. Diversamente qualora fosse ammessa la valutazione della condanna o dell’imputazione, si aprirebbe al vaglio disciplinare della P.A., ed il provvedimento conseguentemente assunto avrebbe natura discrezionale.

3. L’originaria differenziazione tra reclutamento ed immissione in servizio fondata sul dato letterale

L’art. 635 C.O.M., sin dalla promulgazione del testo unico dell’Ordinamento militare nel 2010, è stato oggetto di un oscillante percorso giurisprudenziale che tuttavia non è approdato al Giudice delle leggi, essendone stata sempre affermata la legittimità costituzionale seppur sotto prospettive differenti.

L’impostazione più risalente, con la quale, sul tema, ogni pronuncia si è poi confrontata, è quella assunta nel 2014 dalla sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato, n. 4495. La vicenda – riferita all’impugnazione di una circolare del 2011 – ha riguardato un volontario in ferma prefissata quadriennale che, prima di far istanza per l'immissione in servizio permanente, è stato attinto da una sentenza di condanna a due mesi di reclusione, emessa dal Giudice militare, per ingiuria nei confronti di altro militare. L’Amministrazione ha escluso l’interessato dall'immissione in servizio permanente con decadenza dalla rafferma in qualità di VFP4, per mancanza di uno dei requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M.

Il caso, che ha pertanto riguardato una sentenza di condanna e non una semplice imputazione[9], è stato poi esaminato in giudizio, dove il Consiglio di Stato ha da ultimo ritenuto illegittimo il provvedimento di esclusione ed inapplicabile, nella specie, l’art. 635 C.O.M.

Il ragionamento, proteso a offrire una lettura costituzionalmente orientata, è stato frutto di un’interpretazione sistematica delle norme del C.O.M. ed ha seguito un preciso iter logico, secondo il quale l’art. 635 cit. determinerebbe le condizioni di accesso al solo reclutamento, dal quale si differenzierebbe l’immissione al servizio permanente. Il reclutamento, infatti, racchiuderebbe tutte le fasi della carriera del militare antecedenti al transito al servizio permanente. Ciò si trarrebbe dal dato testuale degli allora vigenti artt. 701 e 704 C.O.M.; il primo dei quali recitava «le modalità di reclutamento dei volontari in ferma prefissata quadriennale, nonché i criteri e le modalità per l'ammissione alle ulteriori rafferme biennali sono disciplinati con decreto del Ministro della difesa». La detta formulazione lascerebbe intendere che il reclutamento debba essere riferito alle fasi di ferma fino al passaggio alla ferma quadriennale prefissata, mentre, per definire il passaggio al servizio permanente, il C.O.M. non avrebbe più utilizzato il termine reclutamento, bensì quello di immissione in servizio, così come si ricaverebbe dall’art. 704 cit., secondo il quale «al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente».

Le cause di esclusione automatica previste dall’art. 635 C.O.M., secondo la detta interpretazione, si applicherebbero solo alla fase di reclutamento, che avrebbe inizio con l’ingresso al primo periodo di ferma, proseguendo con tutti gli ulteriori periodi di ferma e rafferma, e terminando con l’immissione in servizio, ovvero con il passaggio dalla ferma al servizio permanente.

Così interpretando l’impianto normativo, la partecipazione alla selezione di ingresso al servizio permanente non troverebbe i limiti di cui all’art. 635 C.O.M., venendo in rilievo un quadro non dissimile da quello esistente per l’ingresso nell’ordinario pubblico impiego.

La sussistenza di un pregresso rapporto di arruolamento, addestramento ed incardinazione nei ruoli farebbe comunque ricadere la vicenda nell’orbita militare. Al passaggio dalla ferma al servizio permanente, quindi, pur non applicandosi l’esclusione automatica di cui all’art. 635 C.O.M., la condanna penale o lo stato di imputato non sarebbero comunque circostanze irrilevanti, dovendo essere valutate dall’Amministrazione militare, ma in ottica disciplinare e quindi discrezionale[10].

4. L’approfondimento della ratio espressa dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4495/2014 va oltre il dato letterale

Nelle pronunce successive, sul medesimo tema, la giurisprudenza ha spesso mantenuto analoga impostazione, così distinguendo il reclutamento dall’immissione in servizio permanente.

In particolare, anche recentemente, il Consiglio di Stato[11], nel valutare l’incidenza di una condanna penale sull’immissione in servizio permanente di un volontario in ferma prefissata quadriennale, ha richiamato l’orientamento espresso nella citata sentenza n. 4495/2014[12], aderendo al detto impianto motivo, ed approfondendone la ratio[13]. Vi sarebbe una differenza tra chi partecipi ad una procedura per l’immissione in servizio permanente dall’esterno per concorso, e chi invece aspiri alla stessa immissione in servizio mediante procedimento riservato a chi già faccia parte dell'Amministrazione della Difesa, come chi si trovi in ferma prefissata quadriennale. Nel primo caso una condanna avrebbe effetto ostativo automatico, mentre, qualora l’immissione al servizio permanente riguardi un VFP4, verrebbe in rilevo disposto dell'art. 957, il quale impone il proscioglimento, e di conseguenza l'esclusione dall'immissione in servizio permanente, non per qualunque reato non colposo, bensì solo per condanna penale definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale, od anche per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare ex art. 1357 C.O.M.

Tale impostazione sarebbe giustificata dal fatto che il VFP4 è un soggetto sul quale l'Amministrazione ha investito in termini di formazione ed addestramento, mentre per coloro che chiedono l'arruolamento provenendo dall'esterno devono ancora essere valutate le qualità di condotta e morali. Solo rispetto a questi ultimi sarebbe quindi legittimo pretendere la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M., mentre per il militare già arruolato sarebbe irragionevole precludere definitivamente la prosecuzione di un rapporto lavorativo già avviato, senza esaminare in concreto la gravità dei fatti contestati e la definitività dell'accertamento.

In questo senso, pertanto, i soggetti provenienti dall’esterno, laddove attinti da un provvedimento penale od anche soltanto sottoposti ad un procedimento penale, sarebbero automaticamente esclusi dalle selezioni per l’arruolamento nelle forze dell’ordine, mentre le medesime fattispecie, se riguardanti soggetti già arruolati, non determinerebbero l’esclusione automatica del candidato dalla procedura di immissione in servizio permanente, ma dovrebbero semmai essere oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione, valutazione che avverrebbe evidentemente in una dimensione disciplinare visto il richiamo dell’art. 957 all’art. 1357 lett. c) C.O.M., fermi restando gli automatismi degli artt. 28 e 32quinques c.p., o quello conseguente alle sanzioni accessorie di cui all’art. 19 c.p. e, comunque, nei casi espressamente regolati, nei quali il rapporto di impiego entrerebbe per legge in antitesi con la sanzione.

5. I requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M. non sono necessari per il passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale

Sul solco tracciato dall’orientamento citato, una parte della giurisprudenza di merito[14] ha altresì puntualizzato che il reclutamento vero e proprio si avrebbe solo per l’ammissione alle qualifiche di volontari in ferma prefissata annuale (VFP1) e di volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4). Sulla base delle norme allora vigenti, per i primi, la selezione avveniva senz’altro dall’esterno ex art. 697 C.O.M.[15], mentre per i secondi aveva luogo, in parte attingendo dai volontari in ferma annuale, ai sensi del primo comma dell’art. 700 C.O.M., ed in parte dall’esterno a norma del secondo comma del citato art. 700[16].

Diversamente, al termine della ferma prefissata quadriennale, era prevista, per i volontari idonei utilmente collocati in graduatoria, l’immissione in servizio permanente ai sensi del primo comma dell’art. 704[17], mentre per i volontari idonei non utilmente collocati in graduatoria si configurava il passaggio alla prima e poi alla seconda rafferma biennale ai sensi dell’art. 954 comma 2[18].

Pertanto, l’assunzione della qualifica di VFP4 avrebbe segnato l’acquisizione di uno stato giuridico tale da non potersi più applicare le cause di esclusione automatica ex art. 635 C.O.M.

Da tale considerazione dovrebbe dedursi che anche il passaggio dalla ferma prefissata quadriennale alla rafferma biennale non potrebbe subire le limitazioni di cui all’art. 635 C.O.M.

6. I requisiti previsti dall’art. 635 C.O.M. sono necessari per il passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale

Tuttavia, la voluta differenziazione tra reclutamento dall’esterno ed immissione in servizio non ha avuto facile applicazione, alla luce dei conseguenti orientamenti.

Una parte della giurisprudenza – infatti – ha evidenziato come l'ammissione alla rafferma biennale dalla ferma prefissata quadriennale, non integrando una fattispecie di immissione in servizio permanente, rientrasse nel concetto di reclutamento, con conseguente applicazione dell’art. 635 C.O.M.[19]. In aderenza a detto principio è stato confermato il provvedimento dell’Amministrazione con il quale un militare VFP4 non è stato ammesso alla rafferma biennale, per la pendenza a suo carico di un procedimento penale.

Tale lettura, antinomica rispetto all’orientamento precedentemente citato[20], se da un lato è aderente all’interpretazione letterale originariamente adottata dalla sentenza n. 4495/2014, laddove era stato evidenziato come l’art. 701 C.O.M. abbia collocato nella fase del reclutamento il passaggio alla ferma prefissata quadriennale ed alle ulteriori rafferme biennali, dall’altro non appare conciliabile con il ragionamento che – per individuare i destinatari delle regole di cui all’art. 635 C.O.M. - ha fatto perno sulla provenienza esterna od interna all’Amministrazione militare.

Ed invero, i volontari in ferma quadriennale che non vengono immessi in servizio permanente, ma accedono alle rafferme biennali, non possono dirsi esterni all’Amministrazione, avendo questa senz’altro investito sugli stessi in termini di formazione ed addestramento[21].

Deve osservarsi come il candidato in ferma volontaria quadriennale, sia che transiti in servizio permanente, sia che - ai sensi dell’art. 654 C.O.M. – venga ammesso alla rafferma biennale, è pur sempre lo stesso militare arruolato e dotato di preparazione militare, sicché sotto tale profilo dovrebbe in entrambi i casi aver già attraversato la fase di reclutamento. L’aver ricevuto una formazione ed un addestramento è un fattore acquisito all’esperienza professionale del militare, che non può essere diversamente valutato a seconda del fatto che l’interessato transiti al servizio permanente o in rafferma. Appare persuasivo, piuttosto, il fondamento basato sul dato letterale[22] delle norme del Codice dell’Ordinamento Militare, e segnatamente dell’art. 701 C.O.M. che, come detto, definisce la ferma e la rafferma come una fase di reclutamento, al contrario dell’art. 704 C.O.M., ove si è voluto utilizzare un diverso termine, ovvero l’immissione in servizio, per qualificare il transito da VFP4 al servizio permanente. In questo senso il passaggio da VFP4 alla rafferma resterebbe circoscritto alla fase di reclutamento.

Tale impostazione è peraltro dovuta ad un dato fondamentale che differenzia il transito al servizio permanente dalle fasi ad esso precedenti (compresa la rafferma biennale), ovvero lo stato temporaneo o meno del rapporto. Ogni fase antecedente a quella descritta nell’art. 704 C.O.M. implica infatti l’instaurazione di un rapporto temporalmente limitato, che il C.O.M. raggruppa sotto la comune voce di “reclutamento” ai sensi dell’art. 633, norma questa che definisce il reclutamento come il percorso necessario all'immissione in servizio del personale militare, con ciò riferendosi alle fasi antecedenti al transito al servizio permanente, delle quali fa parte il citato periodo di rafferma biennale.

7. Applicabilità dell’art. 635 C.O.M. al passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale, in caso di assoluzione nel procedimento penale pendente

Il percorso giurisprudenziale avviato nel 2014 ha inteso circoscrivere l’ambito applicativo dell’art. 635 C.O.M., per darne una lettura costituzionalmente orientata, ma la distinzione tra unità esterne ed interne del comparto militare – come detto - non è approdata ad unanime opinione circa coloro che, al passaggio dalla ferma quadriennale alle rafferme biennali, siano stati interessati da una sentenza o da un procedimento penale, anche qualora quest’ultimo sia approdato ad una sentenza di rito di non doversi procedere.

In particolare, una parte della giurisprudenza, ritenendo applicabile l’art. 635 C.O.M. al passaggio dalla ferma quadriennale alla rafferma biennale, ha ritenuto legittimo non ammettere alla rafferma un militare, perché sottoposto a procedimento penale, ancorché in assenza di una sentenza di condanna. Secondo questo orientamento il militare sottoposto ad un procedimento penale, poi approdato ad una sentenza di rito di non luogo a procedere, per remissione di querela, deve comunque essere escluso dalla rafferma se al momento del passaggio in essa rivestiva lo stato di imputato, essendo ciò previsto dall’art. 635 C.O.M.[23].

A tutt’altra conclusione sono pervenute le sentenze nn. 2606/2022 e 1727/2023 con le quali il Consiglio di Stato, anche alla luce dei paralleli interventi legislativi che verranno poi approfonditi, ha trattato la questione in un’ottica costituzionale prima ancora che sistematica o letterale, con lo scopo di superare le criticità sopra esaminate.

I detti arresti giurisprudenziali si sono confrontati con il principio di non colpevolezza ex art. 27 Cost., con quello di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., e con l’art. 97 Cost., quest’ultimo proteso a garantire l’accesso al pubblico impiego dei più meritevoli, per il miglior funzionamento dell’Amministrazione. È stato in particolare precisato che la ratio sottesa all’art. 635 C.O.M. è quella di evitare che possano essere reclutati soggetti la cui personalità possa arrecare rischi all’Amministrazione, soprattutto in un settore, quello delle Forze dell’ordine, che necessita di un’attenta selezione per ragioni di sicurezza pubblica.

Se questa è la ragione ispiratrice della norma, l'inizio d'un procedimento penale[24] di per sé non può da solo concretizzare il rischio che la norma si pone di scongiurare, rischio che semmai può avverarsi in caso di condanna definitiva. Vero è che la richiesta di rinvio a giudizio o le altre ipotesi previste dall’art. 60 c.p.p. presuppongono che il P.M. abbia già operato un primo vaglio di fondatezza dell’accusa, ma altrettanto palese è che la prova della colpevolezza debba emergere in un giusto processo ex art. 111 Cost., nel contraddittorio processuale e non prima, inaudita altera parte.

Invero, anche nell’ottica del buon funzionamento della P.A., se venisse escluso un candidato meritevole, perché tratto a giudizio per un procedimento penale infondato, gli obiettivi perseguiti dall’art. 97 Cost. verrebbero anch’essi sovvertiti.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto in questo caso dovuta l’esclusione del candidato ai sensi dell’art. 635 C.O.M., ma precisando che la stessa dovrebbe intendersi sottoposta a condizione risolutiva. Si legge a tal proposito che l'intervenuta definitiva assoluzione, alla stregua delle consuete regole sull'efficacia retroattiva dell'avveramento o del mancato avveramento della condizione «elide in radice la funzione protettiva della clausola in esame, in assenza d'una diversa e più specifica scelta del legislatore in ordine al termine massimo della sua vigenza e di una differente graduazione delle sue modalità estintive»[25].

Quindi, nella fase del reclutamento, un’imputazione comporterebbe l'ammissione con riserva, da sciogliere, in caso di condanna definitiva, con l’esclusione retroattiva, ed in caso di assoluzione con la definitiva ammissione.

La soluzione optata è senz’altro coerente con l’art. 27 Cost., ma si scontra con l’osservazione di altra giurisprudenza, secondo la quale sul tema dovrebbe constatarsi «l'impossibilità di rimettere alla Corte costituzionale il potenziale profilo di illegittimità del sistema laddove non prevede l'obbligo di "riaprire" il reclutamento per valutare le sopravvenienze giudiziarie favorevole. (…) l'intervento richiesto al giudice delle leggi si paleserebbe di carattere spiccatamente manipolativo, risolvendosi in un'innovazione di considerevole portata sistematica» (Cons. Stato, Sez. II, Sent., 07/11/2022, n. 9746).

Se quindi una parte della giurisprudenza (sentenze Consiglio di Stato nn. 2606/2022 e 1727/2023) ha ritenuto che fosse insita nel sistema l’incidenza delle sopravvenienze giudiziarie favorevoli, poiché l’assoluzione o la condanna funzionerebbero rispettivamente come l'avveramento o come il mancato avveramento della condizione prevista dall’art. 635 lett g) C.O.M., secondo altra e ben diversa teoria, neanche la Corte Costituzionale avrebbe potuto "riaprire" il reclutamento per valutare le sopravvenienze giudiziarie favorevoli.

Resterebbe in ogni caso da accertare l’incidenza di una sentenza di non luogo a procedere, e se la stessa possa elidere la funzione protettiva dell’art. 635 C.O.M., pur non contenendo in sé l’accertamento del fatto storico, alla stessa stregua di una sentenza di assoluzione o di condanna.

Pur dovendosi riconoscere lo spessore del dibattito e la validità delle ragioni a sostegno delle varie teorie succedutesi, i segnalati contrasti giurisprudenziali hanno di certo acclarato l’opportunità di un intervento legislativo che rendesse chiarezza sul sistema da adottare, anche nell’ottica della certezza del diritto.

8. La prima riforma dell’art. 704 C.O.M. con il D.lvo 29.05.2017, n. 94

Tra il 2014 ed il 2023 può assistersi ad un dialogo tra la giurisprudenza fin’ora esaminata, per lo più chiamata a pronunciarsi su fattispecie antecedenti al 2017, ed il legislatore, con un’armoniosa opera interpretativa da un lato, e modificativa dall’altro, delle norme in questione.

Proprio nel 2017 si è avuta la prima riforma della materia, con l’art. 8 D.lvo 29.05.2017 n. 94 che ha aggiunto il comma 1bis[26] all’art. 704 C.O.M. demandando al Ministero della difesa di regolare la riammissione alle procedure di immissione in servizio, a domanda di coloro che, in ferma prefissata quadriennale o in rafferma biennale, siano stati esclusi dalla procedura di immissione in servizio permanente, perché sottoposti a procedimento penale, consentendo la detta riammissione in caso di archiviazione o di sentenza definitiva di assoluzione ex art. 530 c.p.p. Contestualmente è stato introdotto l’art. 2204bis C.O.M. con il quale è stata data facoltà, a chi ne fosse stato escluso, di presentare domanda di riammissione alle procedure per il passaggio nei ruoli dei volontari in servizio permanente emanate negli anni dal 2010 al 2016.

Nel riformato testo dell’art. 704 C.O.M. non vi è stato alcun richiamo dell’art. 635 C.O.M., ma il legislatore pare abbia implicitamente ammesso che la pendenza di un procedimento penale possa generare l’esclusione dalla procedura di immissione in servizio permanente, fatta salva la riammissione in caso di assoluzione[27]. Il meccanismo così descritto risulta perfettamente sovrapponibile a quello adottato dalle sentenze del Consiglio di Stato nn. 2606/2022 e 1727/2023[28], che – pur riferendosi a fattispecie regolate dalla precedente disciplina – sembrano sostanzialmente applicare una regola analoga a quella prevista dall’art. 8 D.lvo n. 94/2017.

Con il D.M. 26.10.2017 il Ministero della Difesa ha così regolato la riammissione al servizio permanente degli idonei ed alle rafferme biennali dei non idonei, equiparando ragionevolmente le due figure in tale ambito.

Tuttavia, se la giurisprudenza aderente alla più volte citata sentenza n. 4495/2014 è stata propensa a concedere la partecipazione alla procedura di immissione in servizio, ritenendo non applicabile l’art. 635 C.O.M., facendo salvo il successivo esercizio della potestà disciplinare dell’Amministrazione, il legislatore (e la più recente giurisprudenza) – così facendo - ha invece valorizzato la sussistenza di un procedimento penale ai fini dell’ingresso al servizio permanente, consentendo però – in caso di assoluzione – la riammissione alla procedura di immissione in servizio.

È opportuno notare come, in ossequio alla generale presunzione di innocenza, la norma preveda la detta riammissione in caso di sentenza di assoluzione pronunciata ai sensi dell'art. 530 c.p.p., quindi sia che essa avvenga ai sensi del primo comma, sia che avvenga ai sensi del secondo comma di tale norma, ovvero per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova, o – ai sensi del terzo comma – per l’applicazione di una causa di giustificazione[29].

9. La modifica dell’art. 635 C.O.M. con il D.Lvo 27.12.2019, n. 173

La novella del 2017 non ha espressamente chiarito quando debba intervenire l’esclusione automatica e quale rilievo debba avere il procedimento disciplinare.

Tale problematica è stata in particolare trattata dal D.Lvo 27.12.2019, n. 173, il cui art. 1, comma 1, lett. c), nn. 1.3) e 3) ha stavolta integrato l’art. 635 C.O.M. inserendovi la lett. g-bis) al comma 1 e aggiungendo il comma 2-bis. La lettera g-bis è stata introdotta solo per isolare – tra i requisiti del reclutamento – il caso in cui vi sia un procedimento penale pendente, lasciando nella lett. g) il solo caso della condanna penale.

Il comma 2bis ha sancito la regola secondo la quale, qualora il procedimento penale non si concluda con una assoluzione ex art. 530 c.p.p., il militare può partecipare ai concorsi nelle forze armate soltanto successivamente alla definizione del conseguente procedimento disciplinare.

Per converso, da tale norma deve dedursi che, in caso di assoluzione con formula piena, il militare possa partecipare alle selezioni senza attendere l’eventuale procedimento disciplinare. Tuttavia, se il procedimento penale si concludesse con una condanna definitiva, che per sua natura non può essere obliata, non potrebbe aver rilievo un procedimento disciplinare, perché la lettera g) dell’art. 635 C.O.M. prevede in questo caso l’impossibilità di partecipare alle procedure concorsuali. Deve quindi dedursi che il procedimento disciplinare possa aver rilievo solo quando vi sia una sentenza di non doversi procedere ex art. 529 c.p.p. per mancanza di una condizione di procedibilità od ex art. 531 c.p.p. per estinzione del reato. Quindi, in presenza di una pronuncia meramente processuale, che di per sé non contiene un accertamento giudiziale del fatto storico[30], questo dovrà opportunamente essere approfondito ed esaminato in sede disciplinare.

Il quadro risultante dai princìpi sopra compendiati e dalla precedente riforma dell’art. 704 C.O.M. pare chiaro nel definire che, nella pendenza di un procedimento penale, il militare è escluso dalla immissione in servizio permanente, salvo esservi poi riammesso in caso di assoluzione ex art. 530 c.p.p. con formula piena. In caso di condanna, il reclutato verrà definitivamente escluso, mentre in caso di sentenza di non doversi procedere, ex artt. 529 e 531 c.p.p., potrà essere riammesso solo dopo l’esito del procedimento disciplinare, sempre che lo stesso non si concluda con la cessazione della ferma visto quanto disposto dall’art. 957 lett. e) che richiama l’art. 1357, comma 1, lettera c) (cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare).

Le regole predette riportano quindi alla valutazione dell’Amministrazione tutti quei casi nei quali un militare, pur sottoposto a procedimento penale, sia stato interessato da una sentenza di non doversi procedere (ipotesi spesso verificatasi per remissione della querela o per prescrizione). La norma ha un impatto notevole, tenuto conto che, interpretando la normativa previgente, come visto al paragrafo 7), parte della giurisprudenza aveva ritenuto ininfluente una tale sentenza di rito sull’automatica esclusione dalla procedura[31].

10. La seconda riforma dell’art. 704 C.O.M. - nuove regole per il reclutamento con la Legge 5 agosto 2022, n. 119

Come visto nel paragrafo precedente, il legislatore nel 2019 ha modificato l’art. 635 C.O.M., senza tuttavia chiarire espressamente se i requisiti ivi previsti debbano o meno essere applicati alle procedure di immissione in servizio permanente. Tale circostanza, come detto nel paragrafo n. 8) sembrava già potersi ricavare dal tenore dell’art. 704 come modificato dalla riforma del 2017.

La questione è stata comunque risolta con la legge 05.08.2022, n. 119, che ha profondamente riformato il reclutamento, introducendo due nuove figure di volontario in ferma prefissata, ed abolendo per il futuro i VFP1 e VFP4. Il nuovo art. 696bis C.O.M. prevede adesso che i volontari in ferma prefissata si distinguano in volontari in ferma prefissata iniziale e volontari in ferma prefissata triennale, ciascuna ferma della durata di tre anni[32].

Tra le varie norme della detta riforma, il legislatore ha stavolta riscritto l’art. 704 C.O.M., che – in aderenza all’introduzione del comma 2bis dell’art. 635 C.O.M. - prevede adesso al primo comma che «sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente, salva espressa rinuncia, i volontari in ferma prefissata triennale al termine della ferma, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 635 e dei seguenti ulteriori requisiti».

Alla luce della nuova disposizione, l’immissione al servizio permanente presuppone ora espressamente la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 635 C.O.M., e ciò a dispetto di quanto ritenuto da quella giurisprudenza, che – interpretando la pregressa normativa - ha sempre escluso l’applicabilità dell’art. 635 cit. all’immissione, dal periodo di ferma, al servizio permanente.

La riforma del 2022 ha quindi dettagliato in modo puntuale le procedure applicabili in presenza di una imputazione, sedando ogni dubbio di legittimità, con auspicabile efficacia deflattiva del contenzioso.

Nel periodo di ferma, pertanto, la pendenza di un procedimento penale fa venir meno il requisito previsto dall’art. 635 lett. g-bis C.O.M.; il militare non potrà quindi essere immesso al servizio permanente, cosicché, ai sensi del nuovo comma 4 dell’art. 704 C.O.M., potrà chiedere di permanere nella ferma prefissata fino alla data di definizione del procedimento penale (o disciplinare).

L’inciso permette pertanto – nella pendenza di un procedimento penale - di permanere nella ferma oltre il suo termine naturale. La logica della norma si ritiene corrisponda agli scopi generali della riforma, che sono quelli di incentivare l’accesso al mondo militare, agevolare il passaggio dei volontari nel servizio permanente ed evitare l'instaurazione di forme di precariato[33], senza idonee garanzie.

Ai sensi del comma 5 dell’art. 704 C.O.M., in caso di assoluzione il militare potrà presentare domanda di ammissione al transito in servizio permanente, con decorrenza dal giorno successivo al termine della ferma triennale, preservandosi così da ogni pregiudizio professionale, con una sorta di restitutio in integrum. Resta comunque da precisare che la norma tratta anche del procedimento disciplinare, che potrebbe proseguire nonostante l’assoluzione in sede penale. In quest’ultimo caso, potrà essere presentata la domanda di ammissione al servizio permanente, laddove il procedimento disciplinare non si sia concluso con l’applicazione di una sanzione di stato (art. 704 comma 5 lett. C).

Visto il richiamo dell’art. 704 al 635 C.O.M., dovrà parimenti attendersi il procedimento disciplinare, qualora intervenga una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 o dell’art. 531 c.p.p., così come disposto dall’art. 635 comma 2bis C.O.M. Se il procedimento disciplinare non dovesse concludersi con l’applicazione di una sanzione di stato ex art. 1357 lett. c), allora il militare avrebbe la facoltà di fare istanza di accesso al servizio permanente.

Il richiamo dell’art. 704 C.O.M. all’art. 635 C.O.M. rende omogenei i requisiti di reclutamento e quelli di immissione in servizio permanente. Una condanna penale definitiva implica adesso il venir meno di un requisito per poter partecipare ad ogni procedura selettiva dalla ferma iniziale al passaggio al servizio permanente, talché si ritiene che l’esclusione sia in questo caso obbligata e, quindi, atto vincolato, che preclude anche il giudizio disciplinare. Deve ovviamente trattarsi di un delitto non colposo, con ciò escludendosi sia reati contravvenzionali che colposi. In tutti gli altri casi, una sentenza di condanna diverrà quindi ostativa anche al transito al servizio permanente[34].

Rispetto ad un aspirante dipendente pubblico, il maggior rigore che una condanna penale può rivestire per un reclutando è dovuto al particolare status che questi riveste. Come accennato nel primo paragrafo, il reclutando è un soggetto che ancora non ha dimostrato di aver le qualità necessarie a far parte di un corpo militare[35], e che perciò è temporaneamente adibito ad un rapporto di servizio e non di impiego, durante il quale viene sottoposto ad un addestramento non soltanto fisico, ma anche teorico e morale. Questo ciclo ha finalità proteiforme, costituendo, in primo luogo, un periodo del quale l’Amministrazione fruisce per conoscere la personalità di base del singolo reclutando e, in secondo luogo, per verificare se egli abbia effettivamente appreso gli insegnamenti ricevuti. La violazione di una norma penale ha un grave impatto su questi valori, come può scorgersi da alcuni arresti giurisprudenziali[36] che enfatizzano l’importanza della formazione e dell’addestramento, in quanto preordinati a trasmettere al reclutando dei valori che non possono ritenersi acquisiti in presenza di una condanna penale per delitto non colposo. La peculiarità del periodo di ferma non consente un paragone con il pubblico impiego. Già l’intera carriera del personale delle forze armate e di polizia è specifica e non assimilabile a quella degli altri dipendenti pubblici, essendo ciò espressamente previsto dal legislatore in varie norme, tra le quali gli artt. 19 L n. 183/2010, 625 C.O.M. e 35 D.lvo n. 165/2001, e potendo trarsi la detta peculiarità dalla promulgazione di un intero corpus normativo, il T.U.O.M., che prevede un’apposita struttura del rapporto, nonché dei diritti e dei doveri specifici rispetto agli altri dipendenti pubblici[37].

In siffatto contesto di specialità, è stato osservato che il ciclico ricorso all’acquisizione di risorse operative tramite la ferma provvisoria «risponde alla ratio di mantenere un costante contatto delle Forze Armate con la realtà sociale del Paese»[38], finalità questa che non trova alcuna corrispondenza nelle assunzioni presso le altre Pubbliche amministrazioni e rivela – insieme agli altri elementi segnalati – la diversità tra il rapporto che, tramite procedura selettiva, si realizza subito con il pubblico dipendente ordinario e quello che, invece progressivamente, viene instaurato con il personale militare. La ferma – nello specifico - costituisce peraltro un periodo destinato al vaglio ed alla formazione del reclutato, per superare il quale è preteso che il militare non commetta condotte che implichino la previsione e la volontà di realizzare un evento delittuoso.

La profonda peculiarità del rapporto di lavoro del personale militare spiega in definitiva perché non è possibile specchiare i criteri selettivi del dipendente pubblico con quelli del personale in ferma provvisoria, talché appare ragionevole che l’esclusione prevista dall’art. 635 C.O.M. sia dovuta ad un ben più ampio novero di reati, rispetto a quelli che possono comportare l’esclusione da una selezione per l’assunzione presso un ordinario ufficio pubblico. La norma è quindi coerente ai principi di cui all’art. 3 Cost., non potendo l’ordinamento militare ricevere analoga regolamentazione del lavoro pubblico, trattandosi di due rami del pubblico impiego fondati su presupposti e principi in parte analoghi, ma strutturalmente diversi.

11. Conclusioni

Le tre riforme che nel 2017, 2019 e nel 2022 hanno modificato gli artt. 704 e 635 C.O.M. hanno risolto i dubbi di costituzionalità ipotizzati in vari giudizi, prevedendo che le condizioni previste dall’art. 635 C.O.M., e quindi anche la pendenza o la condanna penale, si applichino anche all’immissione in servizio permanente. In questo percorso normativo, la giurisprudenza ha senz’altro svolto un ruolo fondamentale, occupandosi delle criticità interpretative emerse dall’esame dei casi concreti sottoposti negli anni a suo vaglio.

Il percorso interpretativo ha così stimolato quello normativo, approdando ad un sistema che sembra volto ad equiparare i requisiti di accesso al reclutamento a quelli previsti per l’immissione in servizio. Il quadro che ne risulta attesta che è preclusiva una condanna per delitto non colposo sia rispetto al reclutamento, sul quale alcun dubbio sembra esservi stato, sia rispetto alla procedura per il passaggio al servizio permanente.

L’automatica esclusione dalla procedura in questo caso non confligge con i principi che – in tema di destituzione automatica – promanano dalla sentenza della Corte  Costituzionale, stante l’incomunicabilità tra i principi sottesi ad un rapporto di pubblico impego e quelli che fondano l’istituto della ferma prefissata nel diritto militare, che è basato sulla esistenza di requisiti, quali l’assenza di condanne per delitti non colposi, che devono permanere anche al momento del definitivo transito al servizio permanente.

La sussistenza di un procedimento penale, seppur rilevante ai fini della procedura, può essere rimediata in caso di assoluzione. La normativa prevede adesso una specifica procedura a domanda, per consentire che, in presenza di una sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p., sia garantito al militare di conservare le proprie prerogative professionali ex tunc. Una sentenza di non luogo a procedere darà invece modo all’Amministrazione di accertare i fatti e la loro rilevanza all’interno di un apposito procedimento disciplinare.


Note e riferimenti bibliografici

[1] cfr art. 35 comma 6 D.lvo n. 165/2001, secondo cui «Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della legge 01.02.1989 n. 53 e successive modificazioni ed integrazioni».

[2] L’art. 26 della L. n. 53/1989 prevede oggi che «Per l'accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato e delle altre forze di polizia indicate dall'articolo 16 della legge 1 aprile 1981, n. 121, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria».

La sentenza della Corte Costituzione n. 108/1994 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 26, nella parte in cui, rinviando per l'accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato al possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevedeva che «siano esclusi coloro che, per le informazioni raccolte, non risultano, secondo l'apprezzamento insindacabile del Ministro competente, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa».

[3] La presunzione di incolpevolezza è peraltro affermata anche dall’art 6 comma 2 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali secondo il quale «Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata»

[4] Originariamente l’art. 2 D.P.R. n. 487/1994 prevedeva al terzo comma il divieto di assunzione presso le pubbliche amministrazioni degli esclusi dall’elettorato politico attivo, dei destituiti, licenziati o dispensati dall’impiego presso la P.A. per insufficiente rendimento, dei licenziati per motivi disciplinari o di coloro che siano stati dichiarati decaduti dopo essere stati assunti mediante la produzione di documenti falsi o nulli. Nella prassi i bandi hanno sempre previsto che i candidati dichiarassero procedimenti in corso o sentenze di condanna, prassi che è stata poi codificata con la recente riforma ex D.P.R. 6.6.2023, n. 82, che ha modificato l’art. 2 cit. prevedendo, ora al comma 7, la necessità che il candidato comunichi procedimenti pendenti e condanne, precisando altresì che non possono essere assunti «coloro che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione», norma quest’ultima che comunque non muta il quadro preesistente, stante che, in caso di condanna definitiva per un reato che la legge prevede come ostativo al rapporto di lavoro con la P:A. (cfr ad esempio art. 32quinques c.p.), non vi è e non vi era dubbio, anche prima della detta disposizione, che il rapporto di lavoro non possa iniziare laddove non ancora sorto o che debba cessare se in essere.

[5] In questo senso la sentenza n. 12-14 ottobre 1988, n. 971 ha sancito l’illegittimità, per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 85, lett. a), d. p. r. 10 gennaio 1957, n. 3 in relazione agli impiegati civili dello Stato, dell'art. 8, lett. a), d. p. r. 25 ottobre 1981, n. 737.in relazione al personale di pubblica sicurezza, nonché degli artt. 236, d. l. p. reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6; 247, r. d. 3 marzo 1934, n. 383, 66, lett. a), d. p. r. 15 dicembre 1959, n. 1229, 1, 2° comma, l. 13 maggio 1975, n. 157 e 57, lett. a), d. p. r. 20 dicembre 1979, n. 761,

[6] Giandomenico Dodaro Incostituzionalità della cessazione automatica del rapporto di impiego militare per condanna a pena interdittiva temporanea in Diritto penale e processo 6/2017 saggio a commento della sentenza Corte Costituzionale 15 dicembre 2016, n. 268

[7] Silvia Cucciovino Diritto del lavoro e sindacale militare Torino 2024, 35.

[8] Corte Costituzionale sentenza n. 126 del 1995

[9] La circostanza come si dirà oltre assume toni diversi rispetto ad una semplice imputazione, dal momento che una condanna passata in giudicato è un dato definitivo, mentre una semplice imputazione può venir meno in caso di assoluzione.

[10] cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 4495/2014, ove viene espressamente specificata tale circostanza.

[11] Cons. Stato, Sez. II, Sent. 28.06.2022, n. 5367 «In particolare, va ricordato che il candidato in ferma volontaria ha già lo status di militare arruolato, è un soggetto sul quale l'amministrazione ha investito in termini di formazione ed addestramento e soggiace alla giurisdizione militare. La sua posizione pertanto si differenzia notevolmente da quella di chi chiede l'arruolamento provenendo dall'esterno, sicché mentre è " ragionevole che l'amministrazione, potendo selezionare nell'ambito di una vastissima platea di candidati, scelga di restringere la selezione ai soli candidati per i quali non sia discussa la condotta morale nemmeno in termini di rischio (…), diversamente è irragionevole che precluda definitivamente la prosecuzione di un rapporto lavorativo già avviato senza esaminare in concreto la gravità dei fatti contestati, la definitività dell'accertamento, etc." (cfr. Cons. Stato, n. 4495 del 2014, cit. supra, la cui motivazione è testualmente mutuata da Cons. Stato, sez. II, n. 1375 del 2022, invocata dall'appellante). Il passaggio al "servizio permanente" può farsi ragionevolmente rientrare nell'omogeneo, ma diverso concetto di immissione nel ruolo, specificatamente utilizzato dall'art. 704, in forza del quale: "Al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa". L'immissione in servizio permanente, in sostanza, è successiva al reclutamento volontario in ferma prefissata ed è riservata a coloro che, già reclutati, si collochino utilmente nella graduatoria di merito, ovviamente nei limiti delle necessità organiche dell'amministrazione. In sostanza, la causa escludente connessa alla perdita del requisito non può (giusta una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 635, comma 1, lett. g), operare automaticamente in occasione del transito nel servizio permanente, una volta esauritosi il precedente periodo di ferma, precludendo in via definitiva la prosecuzione di un rapporto lavorativo già avviato, senza una previa disamina in concreto della gravità dei fatti contestati e della loro incidenza sugli obblighi connessi al giuramento di fedeltà alla Repubblica (v. ancora Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2017, n. 629); valutazione in concreto della causa escludente che nella fattispecie non risulta essere stata effettuata. 6.1. Deve rilevarsi come ciò non significhi certo esenzione, ai fini dell'immissione nei ruoli permanenti, dalla valutazione degli effetti di qualsiasi illecito commesso durante la ferma. Ad evitare tale evenienza soccorre infatti il disposto dell'art. 957, il quale impone il proscioglimento, e di conseguenza l'esclusione dall'immissione in servizio permanente (per mancanza del valido compimento del periodo di servizio pregresso), oltre che "per condanna penale definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale", anche per "grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare" (motivi disciplinari posti dall'articolo 1357 - richiamato dall'art. 957 cit. - a base della cessazione della ferma o dalla rafferma)". In pratica, la differenza tra le due modalità di immissione in servizio permanente, per concorso ovvero a seguito di procedimento riservato a chi già faccia parte dell'Amministrazione della Difesa, seppure a tempo determinato, giustifica -recte, impone - una diversa soglia di verifica delle condanne ostative, automatica e generalizzata, nel primo caso; circoscritta a fattispecie indicate che implicano ex se una pena accessoria destinata a impattare sulla prosecuzione del rapporto di servizio, nel secondo».

[12] Nonché l’analoga motivazione della sentenza Cons. Stato, sez. II, n. 1375 del 2022

[13] La sentenza del Consiglio di Stato n. 4495/2014 aveva messo in luce che «il candidato in ferma volontaria ha già lo status di militare arruolato, è un soggetto sul quale l'amministrazione ha già investito in termini di formazione ed addestramento, che soggiace alla giurisdizione militare». Tali caratteristiche lo differenzierebbero notevolmente da chi chiede l'arruolamento provenendo dall'esterno.

Si legge in particolare nella motivazione che «Mentre è infatti ragionevole che l'amministrazione, potendo selezionare nell'ambito di una vastissima platea di candidati, scelga di restringere la selezione ai soli candidati per i quali non sia discussa la condotta morale nemmeno in termini di rischio (così escludendo ad es. coloro che abbiano semplicemente un procedimento penale pendente ed anche per reati di scarsissimo allarme sociale), diversamente è irragionevole che precluda definitivamente la prosecuzione di un rapporto lavorativo già avviato senza esaminare in concreto la gravità dei fatti contestati, la definitività dell'accertamento, etc

[14] T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, Sentenza, 08.06.2016, n. 807 secondo cui «Il codice dell'ordinamento militare prevede un vero e proprio reclutamento solo per l'ammissione alle qualifiche di VFP1 (v. art. 697) e di VFP4 (v. art. 700), mentre, al termine della ferma prefissata quadriennale, prefigura un doppio canale, ossia l'ingresso nei ruoli dei volontari in servizio permanente per i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito (v. art. 704), e il passaggio alla prima e poi alla seconda rafferma biennale per i volontari giudicati idonei ma non utilmente collocati nella suddetta graduatoria (v. art. 954 comma 2).

Pertanto, quantomeno per i volontari che hanno già assunto la qualifica di VFP4, la progressione di carriera ha raggiunto un punto tale da aprire prospettive che non possono essere frustrate in modo automatico. È evidente, infatti, che l'idoneità e i titoli spendibili per l'ulteriore progressione si sono formati principalmente all'interno e sotto il controllo dell'istituzione militare, la quale opera quindi una sorta di intervento in autotutela quando stabilisce che il valore degli anni di servizio si azzera di fronte al sospetto di una condotta censurabile. Come ogni intervento in autotutela, anche questo esige il rispetto di garanzie procedimentali e un bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti».

[15] Vd. art. 697 C.O.M. vigente dal 9.10.2010 al 27.8.2022 secondo il quale: «1. I partecipanti al reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno devono possedere i seguenti requisiti aggiuntivi:

a) età non superiore a venticinque anni;

b) diploma di istruzione secondaria di primo grado.

b-bis) idoneità fisio-psico-attitudinale per il reclutamento nelle Forze armate in qualità di volontario in servizio permanente».

[16] Vd. art. 700 C.O.M. vigente dal 9.10.2010 al 27.8.2022 secondo il quale: «1. Possono partecipare ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma quadriennale i volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei seguenti requisiti:

a) idoneità fisio-psico-attitudinale per l'impiego nelle Forze armate in qualità di volontario in servizio permanente;

b) età non superiore ai trent'anni compiuti.

2. Se il numero delle domande presentate per la partecipazione ai concorsi di cui al comma 1 risulta inferiore al quintuplo dei posti messi a concorso, per i posti eventualmente non coperti possono essere banditi concorsi ai quali partecipano cittadini in possesso dei prescritti requisiti».

[18] Vd. art. 954 comma 2 C.O.M. vigente sino al 27.8.2022 secondo il quale: «2. I volontari in ferma prefissata quadriennale possono essere ammessi, a domanda, a due successivi periodi di rafferma, ciascuno della durata di due anni. Possono presentare la domanda i volontari in ferma prefissata quadriennale che sono risultati idonei ma non utilmente collocati nella graduatoria per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente”.

[19] Cons. Stato, sez. IV, n. 8076/2020 e n. 652/2019. In particolare, in quest’ultima pronuncia viene affermato che «l'ammissione alla ferma prefissata quadriennale ovvero alla rafferma biennale rientra nel concetto di 'reclutamento', con conseguente applicazione dell'art. 635 D.Lgs. n. 66 del 2010 citato, mentre il passaggio al "servizio permanente" può farsi ragionevolmente rientrare nell'omogeneo, ma diverso, concetto di 'immissione nel ruolo', con conseguente non applicazione delle cause automatiche di esclusione previste dall'art. 635, comma 1, lett. g), del codice dell'ordinamento militare».

[20] cfr. nota n. 14

[21] Cons. Stato, Sez. II, Sent., 28.06.2022, n. 5367 già citata alla nota n. 8

[22] Si richiama ancora l’interpretazione letterale degli artt. 701 e 704 C.O.M. adoperata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4495/2014

[23] Cons. Stato, Sez. IV, Sent., 25/01/2019, n. 652 «Il decreto di citazione a giudizio da parte del Pubblico Ministero costituisce uno dei modi di esercizio dell'azione penale, con contestuale assunzione, in capo all'interessato, della qualità di imputato ai sensi degli artt. 550 e segg. c.p.p., sicché, al verificarsi di tale presupposto, che concreta una causa automatica di esclusione, l'Amministrazione era tenuta, nell'esercizio di un potere vincolato, a non ammettere l'interessato alla rafferma biennale ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), del D.M. 8 luglio 2005 e dell'art. 635, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 66 del 2010. in tale ottica e nel rispetto del principio tempus regit actum, non può assumere alcun rilievo la circostanza che, successivamente all'adozione dell'atto contestato, sia stata disposta la remissione di querela e vi sia stata la conseguente estinzione del reato».

[24] Le sentenze in esame nn. 2606/2022 e 1727/2023 riguardano casi nei quali i soggetti in VFP4 erano stati rinviati a giudizio e poi assolti, ma lo stesso ragionamento si ritiene possa essere applicato anche al caso in cui vi fosse una sentenza di condanna non definitiva.

[25] entrambe le sentenze nn. 2606/2022 e 1727/2023 espongono testualmente in motivazione tale principio

[26] «1-bis. Con il decreto del Ministero della difesa di cui al comma 1 sono altresì definite le modalità di riammissione in servizio, a domanda, dei volontari in ferma prefissata quadriennale ovvero in rafferma biennale esclusi dalle procedure di immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente in quanto sottoposti a procedimento penale, nei casi in cui successivamente sia stata disposta l'archiviazione o il procedimento penale si sia concluso con sentenza irrevocabile che dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato.

La domanda di riammissione deve essere presentata entro centottanta giorni dalla data in cui il provvedimento è divenuto irrevocabile».

[27] assoluzione nei casi in cui successivamente sia stata disposta l'archiviazione o il procedimento penale si sia concluso con sentenza irrevocabile che dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato

[28] cfr. note 24 e 25

[29] La versione originaria della norma prevedeva la riammissione alle procedure in effetti solo in caso di assoluzione ai sensi del primo comma dell’art. 530 c.p.p.

La sezione consultiva del Consiglio di Stato, in occasione del parere ai sensi dell’art. 8 L. n. 124/2015, ha quindi segnalato che «facendo riferimento all'articolo 530, comma l, c.p.p., la disposizione in questione distingue tra le sentenze di assoluzione pronunciate ai sensi del comma l da quelle, sempre di assoluzione, pronunciate ai sensi del comma 2 ('Il giudice" pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile"). Sotto un profilo letterale ciò significa che il militare assolto ai sensi del comma 2 del citato articolo 530 c.p.p. dovrebbe incorrere nella causa di esclusione prevista dalla lettera g-bis), a differenza del collega che è stato assolto ai sensi del primo comma.

Tale regola si presenta errata per due ragioni. In primo luogo perché, così facendo, reintroduce l'assoluzione per insufficienza di prove che l'attuale codice, in applicazione del principio costituzionale di presunzione di innocenza, ha eliminato. Nella logica accusatoria del codice di procedura penale del 1988, è l'organo dell'accusa che deve dimostrare la colpevolezza dell'imputato' superando il dato di partenza fornito dalla presunta innocenza dello stesso. In quest'ottica le risultanze probatorie incomplete o controverse non sono sufficienti alla condanna e devono portare all'assoluzione. Sviluppando tale dato nel 2006, il legislatore ha modificato l 'articolo 533 c.p.p. stabilendo che "il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbiò'. In altri termini la sentenza deve sempre considerarsi di assoluzione senza distinguere tra primo e secondo comma; spetterà all'amministrazione, invece, nel procedimento disciplinare avviato a seguito dell'assoluzione, valutare la rilevanza dei fatti sotto ili profilo disciplinare, evidentemente considerando in modo differente - dopo attenta valutazione della motivazione della sentenza - le ragioni per cui è intervenuta l'assoluzione. In secondo luogo la previsione non è opportuna perché non sempre il giudice penale nel dispositivo della sentenza di assoluzione specifica se l'assoluzione è avvenuta ai sensi del primo o del secondo comma dell'art. 530 c.p.p. Per queste ragioni, appare corretto mantenere la regola prevista dal comma 2 bis - che si vuole. introdurre - purché venga eliminato il riferimento al comma l dell'articolo 530 c.p.p. e rimanga, invece, il richiamo all'articolo 530 c.p.p. per intero. In tal modo l'amministrazione, ricevuta la sentenza di assoluzione, procederà a valutaria nella sede disciplinare in relazione a quanto affermato dal giudice penale nella motivazione, anche a prescindere che si tratti di assoluzione in virtù del primo o del secondo comma».

[30] P. Tonini, C. Conti Manuale di procedura penale 2023 Milano p. 833

[31] Cons. Stato, Sez. IV, Sent., 25/01/2019, n. 652, citata alla nota 21

[32] Per una esauriente trattazione della riforma vd. Alessio Giaquinto Volontari in ferma iniziale (vfi) e volontari in ferma triennale (vft): le nuove modalità di reclutamento nelle forze armate in questa rivista fasc. 8/2022

[33] cfr. Dossier n° 264 dei lavori preparatori del progetto di legge consultabile su https://www.camera.it/leg18/126?tab=6&leg=18&idDocumento=2045&sede=&tipo=

[34] in applicazione della nuova normativa si veda al riguardo, ad esempio, la circolare per l’immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze Armate, per il 2024, dei volontari in ferma prefissata quadriennale pubblicata il 07.02.2024

[35] A. Conti S. Setti Lezioni di diritto militare 2020 Milano p. 163

[36] Cons. Stato, Sez. IV, Sent., 19/03/2015, n. 1499 «Considerato per vero che, nel caso in esame, tali circostanze non solo non sono argomenti dirimenti, ma anzi dimostrano come l'appellante, proprio perché ha commesso il delitto non colposo (quindi e non certo un reato bagatellare) durante il servizio di VFP (2011) e per il quale egli è stato rinviato a giudizio, sul punto non pare aver appreso i valori tecnici, professionali e morali cui formazione ed addestramento sono preordinati e, a più forte ragione e senza che ciò appaia un formalistico rituale, confermano la necessità di un rigoroso accertamento di tutti i predetti requisiti, quand'anche a guisa di condizione risolutiva o di clausola di riserva di un rapporto già nelle more instaurato».

[37] T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, Sent. 03.11.2020, n. 667«lo status di militare beneficia di un intero corpus normativo dichiaratamente speciale rispetto alla ordinaria disciplina del pubblico impiego, per altro spesso finalizzato, per la peculiarità dei compiti, a riconoscere agli interessati benefici specifici rispetto agli ordinari dipendenti pubblici».

[38] T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, Sent., 03.11.2020, n. 667 e T.A.R. Lazio sez. I bis Sent. 21.01.2016 n. 657