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Pubbl. Gio, 2 Mag 2024

Ennesima pronuncia del Consiglio di Stato sulle concessioni balneari: risorsa scarsa, le concessioni devono essere messe a gara

Editoriale a cura di Ilaria Taccola



Con sentenza n. 3940/2024 il Consiglio di Stato ribadisce di dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare le concessioni balneari in un contesto realmente concorrenziale.


Uno dei principi cardine del TFUE è quello della tutela della concorrenza e del libero accesso ai mercati. Tutti gli operatori economici devono, pertanto, poter accedere liberamente al mercato in un regime di libera concorrenza.

Uno dei principi cardine del TFUE è quello della tutela della concorrenza e del libero accesso ai mercati. Tutti gli operatori economici devono, pertanto, poter accedere liberamente al mercato in un regime di libera concorrenza.

Premesso questo, in tema di attività di servizi la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE, cosiddetta Bolkestein, all’art. 12, prevede che:

1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.

3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario”.

La normativa italiana ha disposto varie volte la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime. Una di queste leggi, la finanziaria del 2019 (L. n. 145 del 2018), aveva disposto la proroga automatica fino al 2033. Il Legislatore è intervenuto anche successivamente per estendere la proroga nonostante le decisioni contrarie della giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

In questo quadro normativo, infatti, un punto cardine è rappresentato dalla sentenza della CGUE, sez. V, 14 luglio 2016, n. 458, la quale ha affermato che:

1) L'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

2) L'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

Secondo la Corte, quindi, la direttiva servizi ("Bolkestein") si applica anche alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative con riguardo all’obbligo dell’evidenza pubblica per la scelta del concessionario e l’art. 49 del TFUE vieta la proroga automatica delle dette concessioni sempreché le stesse abbiano un interesse transfrontaliero certo.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 17 e 18 del 2021, ha recepito i principi espressi dalla Corte di giustizia con delle precisazioni.

I principi di diritto affermati sono i seguenti:

1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative - compresa la moratoria introdotta in correlazione con l'emergenza epidemiologica da Covid-19 dall'art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 - sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'art. 49 TFUE e con l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”

2. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l'effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell'effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l'esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all'incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.

3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento dell'U.E.

Pertanto, con le citate sentenze l'Adunanza Plenaria ha chiaramente affermato la rilevanza dei principi europei di tutela della concorrenza e della libera circolazione, con il conseguente obbligo di evidenza pubblica e quindi di sottoporre a gara l'assegnazione delle concessioni balneari. L'Adunanza ha, inoltre, evidenziato l'esistenza, con riguardo alle spiagge italiane, di un interesse transfrontaliero certo, intendendosi con questo sintagma - in estrema sintesi - con la sussistenza di un potenziale interesse economico per operatori di più Paesi UE.

Giova però precisare un ulteriore punto chiave nelle sentenze dell'Adunanza Plenaria, richiamato anche nella sentenza n. 3940/2024, pubblicata recentemente dal Consiglio di Stato.

Le concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative rientrano nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein, come già affermato dalla Corte di giustizia con la sentenza "Promoimpresa", che ha demandato al giudice nazionale solo il compito di accertare il requisito della scarsità della risorsa naturale.

Infatti, l'obbligo dell’evidenza pubblica discende dall'applicazione self-executing dell'art. 12 della direttiva 2006/123, la quale comunque prescinde dalla sussistenza di un interesse transfrontaliero certo, richiedendo unicamente la previa verfica della scarsità delle risorse naturali

L'articolo 12 della direttiva citata, infatti, è direttamente applicabile circa il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali marittime, con la relativa incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate.

Arrivando ai nostri giorni, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3940/2024 pubblicata il 30 aprile 2024, ha affrontato un caso in cui veniva chiesta l'applicazione dell’originario regime di durata temporale delle concessioni previsto dalla l. n. 145 del 2018 (proroga fino al 2033).

Il Collegio di Palazzo Spada - richiamandosi alla sentenza della Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023, in causa C-348/22 e a tutta la giurisprudenza europea precedente - ha rigettato l'appello, affermando che comunque tale applicazione darebbe "immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale".

E' stata pertanto confermata, ancora una volta, la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, con onere per le amministrazioni di disapplicare eventuali deroghe al 31 dicembre del 2024.

Infine, nella sentenza si sottolinea anche la scarsità delle risorse oggetto di contrasto (le spiagge), visto che uno dei punti su cui ci incentrava l'appello era proprio la definizione della spiaggia come risorsa scarsa, la cui esclusione avrebbe potuto comportare una deroga al principio di necessaria evidenza pubblica.

"La proroga disposta dalla l. n. 118 del 2022, al pari di quelle disposte dal legislatore precedentemente e successivamente (come quella di cui alla l. n. 14 del 2023), è l’effetto della voluntas legis consacrata in quella che è, a tutti gli effetti (al di là del suo automatismo o semiautomatismo), una legge-provvedimento, perché, come ha chiarito l’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 proprio con riferimento alle concessioni balneari, se una legge proroga la durata di un provvedimento amministrativo, quel contenuto continua ad essere vigente in forza e per effetto della legge e, quindi, assurge necessariamente a fonte regolatrice del rapporto rispetto al quale l’atto amministrativo che (eventualmente) intervenga ha natura meramente ricognitiva dell’effetto prodotto dalla norma legislativa di rango primario, sicché non è necessario che intervenga un atto ricognitivo della proroga stabilita ex lege dal legislatore in questa materia, anche con l’art. 3 della l. n. 118 del 2022. 

Anche volendo ammettere che la proroga di cui all’art. 3 non sia più automatica, come quella disposta dalla l. n. 145 del 2018, e che l’assenza di nuovi provvedimenti attuativi della l. n. 118 del 2022 manterrebbe vivo l’interesse dell’appellante ad ottenere, anche ad eventuali fini risarcitori, l’annullamento degli atti impugnati in prime cure per la riduzione dell’originaria durata della concessione sulla base di quanto previsto dall’allora vigente art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018, infatti, l’effetto che discenderebbe dalla procedibilità, in ipotesi, del ricorso, non sarebbe la reviviscenza dell’originario – e illegittimo – regime di durata temporale delle concessioni previsto dalla l. n. 145 del 2018, bensì – proprio dando applicazione alla sentenza della Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023, in causa C-348/22 e a tutta la giurisprudenza europea precedente – quello opposto, sancito dalla Corte, di dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale (v., per una fattispecie analoga regolata dal d.l. n. 400 del 1993, anche Cons. St., sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493).


Note e riferimenti bibliografici