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Pubbl. Mar, 7 Mag 2024

L´informazione provvisoria delle Sezioni Unite in relazione alla disciplina prevista dall’art. 270 c.p.p.

Vincenzo Scarlato
AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno



Le Sezioni Unite con l´informazione provvisoria n. 7/2024, hanno statuito che la disciplina prevista dalla nuova formulazione dell´art. 270 c.p.p. precedente l´entrata in vigore del D.L. 105/23, esteso a tutte le ipotesi di cui all´art. 266 c.p.p., operi nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020


Sommario: 1. L’informazione provvisoria n. 7/2024 relativa alla pronuncia del 18 aprile 2024 delle Sezioni Unite; 2. La modifica normativa dell’art. 270 c.p.p. successiva alle Sezioni Unite Cavallo; 3. Le prime incertezze applicative in relazione alla nuova disciplina applicabile ratione temporis; 4. Conclusioni.

Sommario: 1. L’informazione provvisoria n. 7/2024 relativa alla pronuncia del 18 aprile 2024 delle Sezioni Unite; 2. La modifica normativa dell’art. 270 c.p.p. successiva alle Sezioni Unite Cavallo; 3. Le prime incertezze applicative in relazione alla nuova disciplina applicabile ratione temporis; 4. Conclusioni.

1. L’informazione provvisoria n. 7/2024 relativa alla pronuncia del 18 aprile 2024 delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite si sono pronunciate in relazione al regime di utilizzabilità delle intercettazioni eseguite in procedimenti diversi iscritti successivamente alla data del 31 agosto 2020 (1). Bisogna premettere che la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza di rimessione n. 46832/23, aveva rimesso alle Sezioni Unite la risoluzione del seguente quesito(2): “Se la disciplina del regime di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all'art. 270, comma l, cod. proc. pen. - nel testo introdotto dall'art. 2 d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 e anteriore al d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137 - operi nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020 ovvero nel caso in cui solo quest'ultimo sia stato iscritto dopo tale data»

Dall’informazione provvisoria n. 7/2024 si evince che le Sezioni Unite hanno adottato l’indirizzo maggiormente garantista. Infatti, nel dispositivo viene statuito che la disciplina prevista dall’art. 270 c.p.p., nel testo anteriore alla riforma introdotta con il D.L. n. 105/23, opera nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020.

Per comprendere i termini della questione di diritto rimessa al vaglio delle Sezioni Unite, risulta necessario chiarire l’evoluzione normativa dell’art. 270 c.p.p. a seguito dell’interpretazione che aveva fornito di tale norma la nota sentenza delle Sezioni Unite c.d. "Cavallo"(3).

Le Sezioni Unite Cavallo avevano aderito ad un orientamento secondo cui le intercettazioni non potevano essere utilizzate in procedimenti diversi da quello nel quale erano state disposte salvo che non fosse sussistente un rapporto di connessione sostanziale ex art. 12 c.p.p. fra il reato per il quale le intercettazioni erano state disposte ab origine e le ipotesi di reato asseritamente emerse all’esito delle captazioni. Pertanto, tale divieto di utilizzazione doveva ritenersi operante in tutti i casi in cui fra l’ipotesi di reato oggetto del procedimento a quo e quelle oggetto del procedimento ad quem non fosse sussistente un rapporto di connessione sostanziale.

La conseguenza di tale impostazione determinava che i procedimenti diversi per ipotesi di reato connesse sostanzialmente non potevano essere considerati ontologicamente distinti. Ne derivava che gli esiti delle captazioni disposte in relazione ad una determinata ipotesi di reato andavano considerati legittimamente utilizzabili per l’accertamento di tutte le ipotesi di reato connesse ex art. 12 c.p.p. rispetto all’ipotesi per la quale erano state autorizzate le captazioni.

Le Sezioni Unite Cavallo precisavano, inoltre, che l’utilizzazione degli esiti delle captazioni era comunque subordinata alla verifica di ammissibilità dell’utilizzo di tale strumento di ricerca della prova in relazione all’ipotesi di reato eventualmente emersa dalle conversazioni intercettate. Ciò a prescindere dalla sussistenza di un rapporto di connessione sostanziale.

In conclusione, le intercettazioni dovevano considerarsi sempre inutilizzabili in relazione all’accertamento di ipotesi di reato escluse dall’elenco di cui all’art. 266 c.p.p. anche in presenza di connessione sostanziale ex art. 12 c.p.p. con le ipotesi per le quali erano state disposte le intercettazioni ab origine.

Le Sezioni Unite Cavallo, aderendo al tale orientamento, optavano per un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 270 c.p.p. alla luce del principio di inviolabilità della corrispondenza previsto dall’art. 15 Cost.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 51/20, al fine di salvaguardare l'art. 15 Cost. e rifuggire da pericolose “autorizzazioni in bianco”, avevano chiarito anche quale doveva essere il rapporto di connessione sostanziale tra il reato in relazione al quale l'attività di captazione era stata autorizzata e quello emerso grazie ai risultati dell'intercettazione. Infatti, in alcuni precedenti esaminati dalla Suprema Corte, veniva valorizzato il rapporto di connessione sostanziale sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico tra il contenuto dell'originaria notitia criminis in relazione alla quale era stata disposta e autorizzata l'attività intercettativa ed i reati emersi all'esito della stessa.

Altre pronunce avevano invece valorizzato la sussistenza tra fatti-reato pur storicamente differenti, di ipotesi di connessione di cui all'art. 12 c.p.p. o, comunque, di collegamento investigativo, ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b) e c) c.p.p. sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico.

Tuttavia, secondo le Sezioni Unite Cavallo l'unico criterio meritevole di essere preso in esame al fine di individuare un legame originario e sostanziale tra i reati, con conseguente utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali l'attività di captazione era stata disposta e autorizzata, era quello relativo alla connessione disciplinata dall'art. 12 c.p.p.

Questo stretto legame sostanziale, prima che processuale, tra i diversi fatti reato determinava l’impossibilità sul piano tecnico-giuridico di qualificare “diverso” il procedimento relativo al reato accertato in virtù dei risultati dell'attività di captazione rispetto a quello nel quale detta attività era stata disposta e autorizzata. In tal modo veniva bilanciato il rischio che l'autorizzazione giudiziale potesse assumere la fisionomia di un'“autorizzazione in bianco”. Proprio in ossequio a questi stessi principi, le Sezioni Unite, al di fuori delle ipotesi di connessione, hanno ritenuto di dover considerare diverso, con conseguente inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche disposte aliunde, il procedimento avvinto dal collegamento investigativo di cui all'art. 371, comma 2, c.p.p.

In conclusione, secondo la sentenza Cavallo, ferma restando l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza ex art. 380 c.p.p., le intercettazioni disposte ab origine in altro procedimento non potevano essere utilizzate salvo che nei casi di reati connessi ai sensi dell'art. 12 c.p.p. a quelli in relazione ai quali la predetta attività era stata autorizzata, e sempre che risultassero rispettati i limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 c.p.p. il quale, come è noto, prevede un catalogo tassativo di fattispecie criminose per cui è ammesso il ricorso all'attività di captazione.

Successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite, la Suprema Corte ha precisato che la derubricazione di un’ipotesi di reato originariamente inclusa nel catalogo di cui all’art. 266 c.p.p. in una ipotesi di reato esclusa da tale catalogo non determina l’inutilizzabilità delle captazioni laddove la derubricazione rappresenti l’esito fisiologico dello sviluppo delle indagini (4).

In tali casi, se le captazioni risultavano legittimamente autorizzate, ancorchè in relazione ad ipotesi oggetto di derubricazione, non poteva affermarsi l’inutilizzabilità delle stesse atteso che al momento dell’autorizzazione era possibile il ricorso a tale strumento di ricerca della prova. Si riteneva, infatti, che l’originaria motivazione del decreto autorizzativo legittimasse la captazione rispetto al fatto storico ancorchè ricondotto ad uno schema normativo estraneo all’art. 266 c.p.p.

Tuttavia, al fine di verificare la coincidenza storico-naturalistica tra il fatto storico oggetto di autorizzazione e la successiva ipotesi oggetto di riqualificazione, era necessario che la qualificazione originaria, seppur provvisoria, risultasse ancorata a sufficienti, sicuri e obiettivi elementi indiziari.

All’esito di tale verifica giurisdizionale, laddove il giudice avesse appurato l’effettiva coincidenza storico-naturalistica tra il fatto accertato ed il fatto storico ricondotto all’ipotesi di reato oggetto di autorizzazione, le risultanze delle operazioni sarebbero state pianamente utilizzabili. Si osservava, infatti, che in tale evenienza non sussisteva alcuna compressione delle libertà costituzionalmente garantite atteso che vi era stato un legittimo provvedimento dell’Autorità giudiziaria, sorretto da una congrua motivazione.

Conseguentemente, nel precedente richiamato, la Suprema Corte annullava l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del Riesame affinché valutasse se gli esiti delle intercettazioni disposte per il reato di corruzione, potessero essere legittimamente utilizzati per l’accertamento dell’ipotesi di abuso d’ufficio su cui era imperniata l’ordinanza impugnata.

Nello specifico, il Tribunale del Riesame avrebbe dovuto verificare se l’ipotesi di abuso d’ufficio contestata rappresentasse l’esito della derubricazione dell’originaria ipotesi corruttiva per cui erano state disposte ab origine le captazioni ovvero se si trattasse di nuova e diversa ipotesi di reato emersa all’esito delle stesse. In ogni caso, al fine di ritenere le captazioni legittimamente utilizzabili per l’accertamento del diverso reato emerso, risulterà necessario accertare la coincidenza storico naturalistica tra il fatto storico oggetto di autorizzazione e quello accertato all’esito delle captazioni.

2. La modifica normativa dell’art. 270 c.p.p. successiva alle Sezioni Unite Cavallo 

La riforma della disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni è stata oggetto del decreto legislativo n. 216 del 2017 (c.d. riforma Orlando) (5), a sua volta modificato dal decreto legge n.161/2019, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, che da un lato ha portato ulteriori cambiamenti alla disciplina già prevista nel codice di procedura penale e dall’altro ne ha ripristinato alcuni aspetti, modificati oppure abrogati dal d.lgs. 216/2017.

Quanto alla sua entrata in vigore, fatta eccezione, tra le altre, per le disposizioni di cui all’art. 6 del D.lgs. n. 216/17 ed all’art. 2 comma 6 del D.L. n. 161/2019, perché di immediata applicazione, l’iniziale data del 26 luglio 2018 è stata oggetto di numerose proroghe, tanto che la predetta riforma, sulla scorta del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, conv. con modifiche nella L. 25 giugno 2020, n. 70, è entrata in vigore il 1° settembre 2020.

Tra le numerose modifiche apportate dai vari provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo, è da segnalare l’art. 1 del D.L. n. 161/2019, che ha modificato l’art. 9 del d.lgs. 216/2017, che sostituì l’espressione operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019 con quella di procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 (6).

La Legge 28 febbraio 2020, n. 7 ha convertito con modifiche il D.lgs. n. 161/2019 ed ha previsto anche la modifica normativa del comma 1 dell’art. 270 c.p.p., inserendo la previsione di una seconda deroga al divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi, prevedendo l’utilizzabilità delle predette intercettazioni anche quando si tratti (oltre ai delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p.) di reati di cui all’art. 266 c.p.p. (7);

La L. 28 febbraio 2020, n. 7 disponeva che le modifiche introdotte andassero applicate ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020 (8). Successivamente, il D.L. 30 aprile 2020, n. 28 ha rinviato nuovamente l’entrata in vigore della nuova disciplina normativa. Infatti con l’art. 1, lett. a) del D.L. 30 aprile 2020, n. 28 convertito con modifiche nella Legge 25 giugno 2020, n.70 veniva introdotta l'ultima proroga, con il nuovo termine riferito ai procedimenti penali iscritti «dopo il 31 agosto 2020» (9).

3. Le prime incertezze applicative in relazione alla nuova disciplina applicabile ratione temporis

L’entrata in vigore delle nuove disposizioni ha determinato non poche incertezze in relazione alla disciplina normativa applicabile alle intercettazioni eseguite nel quadro dei procedimenti penali iscritti prima del 31 agosto 2020. Infatti, si poneva il dubbio interpretativo correlato alla possibilità di utilizzare, nei procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020, gli esiti delle captazioni disposte in procedimenti penali iscritti prima di tale data.

Infatti, considerata l’estensione dell’art. 270 c.p.p. anche ai reati di cui all’art. 266 c.p.p., alcuni interpreti ritenevano legittima l’utilizzazione di tali captazioni anche nel caso in cui le operazioni fossero state eseguite nel quadro di un procedimento iscritto anteriormente all’introduzione della modifica normativa. Si argomentava che, in forza del principio tempus regit actum, sarebbe consentita, ratione temporis, l’utilizzazione delle intercettazioni eseguite nel quadro di un procedimento penale iscritto prima del 31 agosto 2020 in procedimenti diversi iscritti successivamente a tale data per tutte le ipotesi di cui all’art. 266 c.p.p. (oltre a quelle già previste dall’art 380 c.p.p.) (10).

A tale conclusione perveniva in un primo momento anche la Suprema Corte che, valorizzando il momento dell’iscrizione della notitia criminis nel registro delle notizie di reato, ha ritenuto che “la locuzione procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020” andasse riferita a tutte le notizie di reato oggetto di nuova ed autonoma iscrizione successivamente a tale data (11).

Nell’avallare il suddetto orientamento, veniva evidenziato che, la modifica normativa aveva eliminato il riferimento alle “operazioni di intercettazione”, indicando espressamente l'iscrizione del procedimento. La ratio della modifica normativa andava ricondotta alla necessità di evitare la commistione di discipline diverse applicabili alle intercettazioni disposte nello stesso procedimento. Veniva in tal modo superato il principio “tempus regit actum”, che, invece, aveva ispirato la precedente versione della stessa disposizione laddove veniva fatto espressamente riferimento all'epoca di adozione dei decreti autorizzativi.

Attraverso tale ricostruzione, si perveniva alla conclusione secondo cui la locuzione “procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020” dovesse essere interpretata come riferita ai procedimenti penali nel cui ambito si intendano utilizzare i risultati di intercettazioni aliunde captate, e non già ai procedimenti in cui le stesse erano state ab origine autorizzate.

Veniva osservato che la questione problematica aveva ad oggetto esclusivamente la circolazione extraprocedimentale del dato captativo che, essendo regolata dalla nuova formulazione dell’art. 270 c.p.p., non determinava alcun vulnus ai principi fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ne conseguiva come, secondo la predetta impostazione, le intercettazioni eseguite in procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020 potevano essere legittimamente utilizzate nel quadro di procedimenti diversi iscritti successivamente a tale data (12).

Tuttavia, diverse pronunce della Suprema Corte avevano preso le mosse dal suddetto orientamento. Secondo tali pronunce, la norma che ha differito l'entrata in vigore dell'art. 270 c.p.p., estendendone l’applicazione a tutte le ipotesi di cui al catalogo dell’art. 266 c.p.p., ha previsto espressamente che l’applicazione della nuova disposizione andasse circoscritta ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020.

Pertanto, la norma che ha previsto la nuova formulazione dell’art. 270 c.p.p. (esteso a tutte le ipotesi di cui all’art. 266 c.p.p.) è entrata in vigore solo dopo l’ultimo intervento normativo con il D.L. 30 aprile 2020, n. 28 conv. con modifiche nella L. 25 giugno 2020, n. 70 (13). Dalla suddetta ricostruzione dell’evoluzione normativa dell’art. 270 c.p.p., si perveniva alla conclusione che la disciplina sopravvenuta (estesa a tutti reati di cui al catalogo dell’art. 266 c.p.p. e non ai soli reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p.) non risultava applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate prima della data del 31 agosto 2020.

Secondo questo piano interpretativo, il riferimento alla data di iscrizione del procedimento aveva lo scopo di circoscrivere espressamente l'ambito di applicazione della disciplina in discorso. Di conseguenza, andava escluso che la disciplina sopravvenuta potesse essere applicata in relazione ad intercettazioni eseguite nel quadro di procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020. Ciò anche nell’ipotesi in cui le operazioni di intercettazioni risultavano autorizzate ed eseguite successivamente al 31 agosto 2020.

Infatti, in tale ipotesi, bisognava avere riguardo alla data di iscrizione del procedimento, escludendo la possibilità di applicare la disciplina sopravvenuta nel quadro di procedimenti iscritti anteriormente a tale data. Pertanto si concludeva che, rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi emessi nel quadro di procedimenti anteriori al 31 agosto 2020, la disciplina sopravvenuta che ha previsto una nuova formulazione dell’art. 270 c.p.p. non fosse applicabile.

Precisamente, veniva affermato che le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina erano state disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione. Di conseguenza, non appare legittima una modifica del regime normativo applicabile all’utilizzazione degli esiti delle operazioni di intercettazione per effetto di sviluppi procedimentali successivi.

In tale prospettiva, il Legislatore, attraverso il richiamo espresso alla data di iscrizione del procedimento, avrebbe inteso delimitare l’ambito di applicazione della disposizione contemplata dall'art. 270, comma 1, cod. proc. pen. (nel testo, che qui interessa, anteriore alla più recente novella, la quale ha nuovamente soppresso il riferimento ai reati di cui all'art. 266, comma 1).

Tuttavia, la norma in parola, escludendo espressamente l’applicabilità della disposizione ai procedimenti iscritti anteriormente al 31 agosto 2020, esclude che siano utilizzabili gli esiti di intercettazioni disposte in procedimenti iscritti anteriormente a tale data. Ciò anche nel caso in cui le autorizzazioni siano state disposte successivamente a tale data e, anche nel caso in cui le stesse operazioni d’intercettazione siano state eseguite in una data successiva al 31 agosto 2020.

Ciò in quanto, il dato rilevante da accertare ai fini della valutazione della disciplina applicabile è quello relativo al momento di iscrizione del procedimento. Infatti, la deroga al principio generale del tempus regit actum, riguarda esclusivamente i provvedimenti autorizzativi che, sebbene emessi dopo il 31 agosto 2020, sono relativi a procedimenti iscritti prima di tale data.

Infatti, in tali casi, la nuova disciplina non potrà essere applicata in virtù della modifica del criterio temporale riferito non più alla data di emissione del provvedimento ma a quello di iscrizione del procedimento. In definitiva, si registrava una sorta di ultrattività della vecchia disciplina dell’art. 270 c.p.p. in relazione all’utilizzazione in procedimenti diversi delle intercettazioni eseguite nel quadro di procedimenti che erano già in corso alla data del 31 agosto 2020.

Di conseguenza, si affermava che i risultati di tutte le operazioni di intercettazione eseguite nel quadro di procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020 non potevano mai essere utilizzati in procedimenti diversi, salvo che non risultassero indispensabili per l’accertamento delle ipotesi di reato per le quali era previsto l’arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p.

La Suprema Corte, prendendo atto del delicato contrasto interpretativo tra i due orientamenti richiamati e, ritenendo preliminare la risoluzione del suddetto contrasto rispetto all’esame degli ulteriori motivi dei ricorsi, ha ritenuto di rimettere alle Sezioni Unite la risoluzione della questione di diritto.

In particolare, veniva richiesto alle Sezioni Unite di dirimere il contrasto interpretativo correlato alla disciplina applicabile all’utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello d’origine ex art. 270 c.p.p. In sintesi, le Sezioni Unite avrebbero dovuto stabilire se al fine di ritenere legittima l’utilizzazione delle intercettazioni nel procedimento ad quem iscritto successivamente al 31 agosto 2020, fosse necessario che anche il procedimento a quo nell’ambito del quale erano state eseguite ab origine le captazioni risultasse iscritto anteriormente a tale data.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto maggiormente condivisibile il secondo orientamento. Infatti, nel dispositivo riportato nell’informazione provvisoria n. 7/2024, le Sezioni Unite hanno affermato che la disciplina prevista dall’art. 270 c.p.p., nel testo anteriore alla riforma introdotta con il D.L. n. 105/23, opera nel caso in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni e il procedimento diverso siano stati iscritti successivamente al 31 agosto 2020.

4. Conclusioni

In attesa del deposito delle motivazioni, si può affermare che la decisione delle Sezioni Unite ha certamente sposato la tesi più garantista. In ogni caso, le argomentazioni a sostegno dell’orientamento perorato dalle Sezioni Unite apparivano maggiormente condivisibili rispetto a quelle condivise da coloro che sostenevano l’orientamento disatteso da queste ultime.

Ciò, probabilmente, avrà anche un impatto negativo su tutti i procedimenti pendenti iscritti successivamente al 31 agosto 2020 imperniati esclusivamente su intercettazioni che, in virtù della presente decisione, dovranno essere dichiarate inutilizzabili.

Tuttavia, l’esigenza di ripristino di legalità alla disciplina applicabile ratione temporis alla circolazione extraprocedimentale del dato probatorio rappresentato dalle intercettazioni appare un argomento certamente più aderente al giudizio di legittimità demandato alla Suprema Corte.

D’altro canto, l’opzione ermeneutica prescelta, lungi dal frustrare eventuali esigenze investigative o probatorie, si pone come un’inevitabile operazione di corretta interpretazione normativa. Bisogna infatti osservare che in virtù del principio tempus regit actum, sarà sempre necessario verificare, al momento dell’adozione del provvedimento autorizzativo legittimante la captazione, la disciplina normativa applicabile in relazione ai limiti e alle norme che regolano quella specifica autorizzazione.

La deroga al principio tempus regit actum riguarda soltanto i decreti autorizzativi emessi dopo il 31 agosto 2020 nel quadro di procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020. Tale deroga ha lo scopo di evitare la commistione di discipline diverse applicabili nel quadro del medesimo procedimento che, determinerebbe un’ingiustificabile disparità di trattamento tra imputati nel quadro del medesimo procedimento.

Al riguardo bisogna sottolineare come, seguendo il primo orientamento, l’iscrizione di una nuova notitia criminis successiva al 31 agosto legittimerebbe l’utilizzazione delle captazioni disposte nei procedimenti iscritti prima di tale data. Tuttavia, tale orientamento, nel valorizzare il momento di iscrizione della notitia criminis, trascura le innegabili distonie che potrebbe determinare l’applicazione di tale criterio ai fini della determinazione della disciplina normativa.

A tal proposito, si evidenzia la natura parzialmente imperscrutabile dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p. (14). Le innegabili diversità fra le esigenze organizzative dei singoli uffici e gli elementi di discrezionalità insiti nel sindacato relativo all’iscrizione nel registro ex art. 335 c.p.p. aumentano i dubbi circa l’idoneità di tale criterio a determinare la disciplina normativa applicabile ai procedimenti iscritti successivamente al 31 agosto 2020.

Peraltro, ancorare la disciplina normativa applicabile alla data di iscrizione del procedimento di destinazione, concederebbe al Pubblico ministero una sostanziale discrezionalità sulla scelta della stessa, potendo ritardare strumentalmente il momento dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato al fine di sottostare ad una disciplina maggiormente flessibile in tema di utilizzazione extraprocedimentale della prova acquisita attraverso lo strumento delle intercettazioni.

Inoltre, tale ritardo nell’iscrizione determinerebbe l’applicabilità di una disciplina che consente l’utilizzazione di elementi probatori oltre le ipotesi consentite al momento della loro acquisizione. In ogni caso, il suddetto criterio si rivela palesemente idoneo a determinare disparità di trattamento ingiustificate anche in relazione alle tempistiche con le quali diversi uffici di Procura in casi analoghi provvedono all’iscrizione ex art. 335 c.p.p.

Si potrebbe obiettare che l’art. 335 quater c.p.p. consente di eludere la problematica correlata ad eventuali iscrizioni ritardate attraverso il meccanismo dell’accertamento della tempestività dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato e la conseguente retrodatazione nel caso in cui venga accertato un ritardo inequivocabile ed ingiustificato.

Tuttavia, va evidenziato che la richiesta di retrodatazione ex art. 335 quater c.p.p., avendo un termine di decadenza di venti giorni dalla possibilità di avere conoscenza degli atti da cui si evince un paventato ritardo nell’iscrizione, potrebbe risultare un meccanismo difficilmente idoneo a garantire l’indagato rispetto ad una sostanziale discrezionalità del sindacato del PM sul momento in cui procedere all’iscrizione nel registro di cui all’art. 335 c.p.p.

Bisogna comunque precisare che per le intercettazioni disposte ed autorizzate dopo la data del 31 agosto 2020 nel quadro di procedimenti penali iscritti prima di tale data, potrebbe sorgere il problema di individuare la normativa applicabile nel caso in cui a dette operazioni faccia seguito una separazione processuale con una nuova iscrizione. Quando si tratti, cioè, di procedimenti stralciati ed iscritti ex novo dopo il termine del 31 agosto 2020 di entrata in vigore di dette modifiche normative del codice di procedura penale.  

La tesi supportata dai sostenitori del primo orientamento si ritiene non condivisibile laddove si afferma che le intercettazioni svolte sotto l'egida della vecchia disciplina, e quindi disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione, possano vedere modificato il loro regime per l'effetto retroattivo di vicende processuali successive, afferenti la separazione dei procedimenti e la trasmissione degli atti da un ufficio di Procura ad un altro, per ragioni di competenza territoriale e/o funzionale.

Si consideri come il testo della norma attribuisce rilevanza al dato formale della nuova iscrizione del procedimento. Ne consegue come, per le intercettazioni autorizzate e disposte nel procedimento iscritto prima del 31 agosto 2020 e poi confluito per separazione dopo tale data in altro e nuovo procedimento, resterà applicabile la vecchia disciplina dell'art. 270 c.p.p. (circoscritta alle sole ipotesi per cui è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p.). Mentre, per quanto riguarda le successive intercettazioni autorizzate dopo tale data nel nuovo procedimento iscritto dopo il 31 agosto 2020, esse saranno invece soggette alla nuova normativa con conseguente possibilità di utilizzo delle stesse anche in relazione ai reati di cui al catalogo dell'art. 266 c.p.p.

In assenza di disposizioni transitorie, non può che trovare applicazione il criterio temporale stabilito dalla norma che, nel fissare e regolare l'entrata in vigore della nuova disciplina delle intercettazioni, ha attribuito rilevanza alla data dell'iscrizione del procedimento. Pertanto, risulta irrilevante ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, l’intervento di una separazione o di una riunione dei procedimenti successiva all’esecuzione delle operazioni di intercettazione nel quadro del procedimento iscritto ab origine.

Infatti, in tale circostanza, ai fini dell’applicazione della disciplina successiva, risulterà necessario che il provvedimento di nuova iscrizione conseguente alla separazione del procedimento originario sia stato adottato dal pubblico ministero prima del provvedimento autorizzativo delle intercettazioni. Un’interpretazione difforme rappresenterebbe un vulnus all’art. 15, comma 2, Cost.

Verrebbe di fatto elusa la riserva di legge (e di giurisdizione) fissata dalla Costituzione se si consentisse l’applicazione di una norma che introduce limiti meno stringenti alla circolazione extraprocedimentale del dato captativo acquisito attraverso la limitazione di un diritto costituzionalmente garantito.

Pertanto, essendo demandato alla legge il compito di fissare in via eccezionale i casi in cui è consentita la limitazione di tale diritto, non si potrà considerare legittima un’estensione delle ipotesi predeterminate di eccezione a tale limitazione successiva alla compressione già avvenuta del diritto stesso. In conclusione, si può affermare pacificamente che la lettura offerta dalle Sezioni Unite si pone in armonia con i principi costituzionali relativi alla riserva di legge fissata dall’art. 15 Cost. 


Note e riferimenti bibliografici
  1. Cfr. Informazione provvisoria n. 7/2024 delle Sezioni Unite sull’utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi (art. 270 c.p.p.).
  2. Cfr. Cass. Pen., V Sez., Ord. di rimessione alle Sezioni Unite n. 46832/23, Pres. Pezzullo, Rel. Francolini, ric. Pisaniello e altri (ud. 14/11/23 - dep. 21/11/23).
  3. Cfr. Cass. Pen., Sez. Unite n. 51/20, Pres. Carcano, Rel. Caputo, Ric. Cavallo. 
  4. Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, sent. 20 gennaio 2021 (dep. 14 giugno 2021, n. 23244, Pres. Mogini, Est. Silvestri, ric. Urso). 
  5. Cfr. art. 9, d.lgs. n. 216/2017 entrata in vigore il 26/01/2018: “Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/11/18G00002/sg)
  6. art. 1, D.L. n. 161/19: “All'articolo 9 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al comma 1, le parole «alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019» sono sostituite dalle seguenti: «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020»(https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/31/19G00169/sg)
  7. Legge 28 febbraio 2020, n. 7 (Modificazioni apportate in sede di conversione al D.L. n. 161/19: “all'articolo 1, comma 1: al numero 1), le parole: «29 febbraio 2020» sono sostituite dalle seguenti: «30 aprile 2020»”. 
  8. Legge 28 febbraio 2020, n. 7 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto - legge 30 dicembre 2019, n. 161 recante modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni) che ha modificato il testo dell’art. 270 c.p.p. prevedendo che: “I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1.” (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2020-02-28;7)
  9. Legge 25 giugno 2020, n. 70 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28) che all’art. 1 ha previsto che la modifica dell’art. 9 del D.lgs. n. 216/17 sostituendo al comma 1 le parole “30 aprile 2020” con le parole “31 agosto 2020(https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/06/29/20G00088/sg)
  10. F. Vanorio, Il permanente problema dell’utilizzo delle intercettazioni per reati diversi tra l’intervento delle Sezioni Unite e la riforma del 2020,in Sistema Penale, n. 6/2020. 
  11. Cfr. Cass. Pen., Sez. V, n. 37169/2022, n. 37911/2022, Saponara, n.m.)
  12. Cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 37143/2023, Mati, n.m. 
  13. Cfr. in particolare Cass. Pen., Sez. VI, n. 9846/2023, n. 4141/2023, n.47235/2021. 
  14. Cass. Pen., Sez. Unite n. 40538/09, Pres. Gemelli, Rel. Macchia, Ric. Lattanzi secondo cui : “L'improprio richiamo ad un concetto di "discrezionalità", come si è accennato del tutto inaccettabile, ove non parametrato sulla falsariga di rigorosi presupposti, sindacabili e controllabili in sede giurisdizionale, coglie, però, un aspetto di indiscutibile risalto, quale è quello rappresentato dalla naturale "fluidità" che presenta lo scrutinio dei fatti che concretamente possono determinare la insorgenza dell'obbligo di iscrizione. Il codice, infatti, non somministra una definizione normativa di ciò che è "notizia di reato"…D'altra parte, la sostanziale "fluidità" dei parametri alla stregua dei quali definire il momento di acquisizione della notizia di reato e l'identificazione del relativo "responsabile", è, per certi aspetti, desumibile dallo stesso quadro normativo di riferimento. Stabilisce, per esempio, l’art. 109 disp. Att. C.p.p., che la segreteria del pubblico ministero annota sugli atti "che possono contenere notizia di reato" la data e l'ora in cui sono pervenuti, e li "sottopone immediatamente" al pubblico ministero "per l'eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato". È evidente, quindi, che, per un verso, lo "scrutinio" di ciò che è o non è notizia di reato può apparire in concreto problematico; dal'altro, che tale "scrutinio" è normativamente riservato al pubblico ministero.”