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Pubbl. Mer, 6 Dic 2023

Il termine lungo per l´impugnazione deve essere sempre rispettato, a prescindere dal momento della notifica idoneo a far decorrere il termine breve

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Monica Paciolla
AvvocatoNessuna



La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con la pronuncia del 16.10.2023 n. 28647 ha ritenuto che la notifica idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione non può avere l’effetto di precludere la formazione del giudicato per effetto della scadenza del termine lungo, se maturata anteriormente a quella del termine breve.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Il caso; 3. La questione giuridica; 4. La decisione; 5. Osservazioni conclusive.

1. Introduzione

Con la recente pronuncia n. 28647 del 16.10.2023[1], la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sull’osservanza del termine breve nella notifica di un secondo atto di appello, laddove il primo non sia stato ancora dichiarato inammissibile o improcedibile ex art. 348 c.p.c., ed ha chiarito che, l'osservanza del termine breve, decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, non ha un effetto di proroga del termine lungo, restando, pertanto, il secondo atto di impugnazione assoggettato al termine, breve o lungo, che per primo viene a scadenza, in quanto la locuzione "indipendentemente dalla notificazione" prevista dall'art. 327 c.p.c. [2] sta a significare che il termine lungo va comunque rispettato, a prescindere dalla notifica della sentenza e che, dunque, laddove sia avvenuta la notifica, quest’ultima può avere l'effetto di far scattare anche il termine breve e determinare, ove l'impugnazione non lo rispetti, la formazione del giudicato se venuto a scadere prima del termine lungo, ma non anche quello di precludere la formazione del predetto giudicato per effetto della scadenza del termine lungo, se maturata anteriormente a quella del termine breve.

2. Il caso

La Corte d'Appello di Firenze dichiarava inammissibile, poiché tardivo, l'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Lucca che aveva dichiarato inammissibile l'opposizione tardiva avverso il decreto ingiuntivo emesso per il pagamento in favore degli appellati della somma di Euro 350.000,00 oltre accessori.

Nel caso di specie, gli appellanti avevano notificato un primo atto di impugnazione in data 25 maggio 2016, iscritto a ruolo sub R.G 1407/2016 soltanto in data 9 giugno 2016, ovvero oltre il termine ex lege di dieci giorni [3]; un secondo atto di appello, con le medesime conclusioni e nella finalità di sostituire il primo, era stato dagli stessi notificato il 24 giugno 2016 e poi tempestivamente iscritto a ruolo sub R.G. 1599/2016 in data 30 giugno 2016.

La Corte rilevava che l'iscrizione a ruolo nel procedimento sub R.G 1407/2016 era da ritenersi irrimediabilmente tardiva e, non essendo ancora seguita la declaratoria di improcedibilità ex art. 348 c.p.c. del primo appello, gli appellanti potevano proporre una nuova impugnazione in sostituzione della prima, ma quella di fatto proposta in data 24 giugno 2016 era da considerarsi, in ogni caso, tardiva, poiché il termine lungo semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. era già decorso, a fronte di una sentenza pubblicata in data 25 novembre 2015.

A parere della Corte, non poteva certo rilevare la tempestività della notifica del secondo appello, avvenuta entro il termine di trenta giorni dal primo tentativo di notifica, trattandosi di un evento equipollente alla notifica della sentenza, ai fini del decorso del termine breve ex art. 325 c.p.c.

Avverso tale decisione, la parte soccombente proponeva ricorso per Cassazione con un unico motivo a mezzo del quale deduceva la violazione o la falsa applicazione dell'art. 327 c.p.c., comma 1, anche in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. che costituiscono la ratio ispiratrice dei principi in materia di giusto processo e ragionevole durata. [4]

3. La questione giuridica

I ricorrenti, con l’unico motivo proposto, denunciavano la violazione o la falsa applicazione dell'art. 327 c.p.c., comma 1, anche in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. che costituiscono la ratio ispiratrice dei principi in materia di giusto processo e ragionevole durata, sostenendo che la seconda impugnazione avrebbe dovuto considerarsi tempestiva alla luce del principio già affermato dalle SS.UU con la pronuncia del 13.06.2016, n.12084 [5] secondo la quale “la notifica dell'appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell'appellante, sicché la notifica da parte sua di un nuovo appello, anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo, deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data del primo appello”.

Invero il Collegio, con la predetta pronuncia, aveva risolto un contrasto ermeneutico insorto sulla formulazione di un secondo atto di appello, laddove lo stesso venisse notificato nella finalità di sostituire il primo e, nel confermare l’indirizzo tradizionale [6], ritenendolo più aderente al principio della ragionevole durata del processo, affermava che la notifica di un primo atto di appello (o ricorso per cassazione) avvia una dinamica impugnatoria volta a pervenire alla definizione della lite e dimostra, dunque, conoscenza legale della sentenza ad opera di chi formula l’impugnazione. Ne consegue che, qualora la parte che appella, prima che sia giunta la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità, notifichi una seconda impugnazione, quest’ultima deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima.

Secondo i ricorrenti, in virtù di tale principio, una volta che debba aversi riguardo al termine breve, il cui decorso viene fatto scattare dal primo atto di impugnazione, se non ancora dichiarato improcedibile o inammissibile, come nella specie, rimane del tutto irrilevante il decorso del termine lungo, ove nel frattempo venuto a scadere anteriormente alla scadenza del termine breve, in quanto non più comunque applicabile.

Nella fattispecie dedotta, sebbene il principio evocato dai ricorrenti avesse una ratio conforme ai dettami della Costituzione e della CEDU in tema di giusto processo e ragionevole durata [7], a presidio di una tutela del giudicato rafforzata mediante l’interpretazione estensiva di quei principi che garantiscono la formazione del giudicato in termini abbreviati, ove si volesse aderire alla tesi censoria si perverrebbe invero ad un risultato diametralmente opposto, tendente a favorire un prolungamento - peraltro affidato all’arbitro della parte - dei termini per la formazione di un giudicato, ragion per cui la censura veniva ritenuta dalla Suprema Corte manifestamente infondata.

4. La decisione

Il Giudice di legittimità, nel pronunciarsi nel caso in esame, rigettava il ricorso promosso in quanto la pronuncia delle Sezioni Unite riguardava un caso di impugnazione che, seppur proposta nel pieno rispetto del termine semestrale di cui all'art. 327 c.p.c., non rispettava invece quello breve decorrente da una prima impugnazione cui non si era dato corso ed, in tal caso, il potere di impugnazione non poteva dirsi consumato per non esser stata ancora dichiarata - la prima impugnazione - improcedibile o inammissibile. Dunque le SS. UU. avevano affermato che sul termine lungo prevaleva – in quanto venuto a scadere anteriormente - il termine breve la cui decorrenza scattava proprio per effetto del primo atto di gravame.

La tesi sostenuta dai ricorrenti conduceva all’assunto paradossale secondo il quale la notifica, anche nulla, di un qualsiasi atto di impugnazione, varrebbe di per sé, ed in ogni caso, ad escludere l'applicabilità del termine lungo per impugnare e quindi, di fatto, finirebbe per consentire, ove l'evento in grado di far decorrere il termine breve si verifichi in prossimità della scadenza del termine lungo, una corrispondente proroga di quest'ultimo.

A parere della Corte, quel principio posto ad apertura dell’art. 327 c.p.c. con la locuzione “indipendentemente dalla notificazione” va interpretato nel senso che in tutti i casi in cui si verifichi un evento in grado di far scattare la decorrenza del termine breve per impugnare, l'impugnazione rimane soggetta al termine - breve o lungo - che per primo viene a scadenza. La locuzione, spiega La Corte, nel contesto normativo non può avere altro significato se non quello di rimarcare che il termine lungo va comunque rispettato, sia stata o meno notificata la sentenza, e che dunque, laddove sia avvenuta la notifica, quest’ultima può avere l'effetto di far scattare anche il termine breve e determinare, ove l'impugnazione non lo rispetti, la formazione del giudicato se venuto a scadere prima del termine lungo, ma non certo quello opposto di precludere la formazione del giudicato per effetto della scadenza del termine lungo se maturata anteriormente a quella del termine breve. Così motivando, la Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio.

5. Osservazioni conclusive

La pronuncia in esame non pare discostarsi dall’orientamento maggioritario in materia secondo il quale la decadenza dall’impugnazione per decorso del termine lungo è indipendente dalla notificazione. Dunque, ai sensi dell'art. 327 c.p.c., la decadenza dall'impugnazione per decorso del termine lungo semestrale dalla pubblicazione della sentenza, si verifica indipendentemente dalla notificazione, e pertanto anche nel caso in cui - effettuata la notificazione della sentenza - il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. venga a scadere in un momento successivo alla scadenza del termine lungo.

L’interpretazione fornita dalla Suprema Corte, circa la richiamata disposizione normativa, era stata peraltro rievocata dalla Corte d’Appello di Firenze in forza di un noto precedente giurisprudenziale già espresso dagli Ermellini con la pronuncia del 30.03.2016, n. 6187 [8] secondo il quale “anche se la sentenza venga notificata e, rispetto alla data di notificazione, il termine c.d. breve di cui all’art. 325 c.p.c. viene a scadere oltre il semestre, prevale comunque il termine dell’art. 327 c.p.c., decorso il quale passa in giudicato la sentenza che non sia stata ancora impugnata”.


Note e riferimenti bibliografici

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass. Civ. sez. III del 16.10.2023, sentenza n. 28647 in Giustizia Civile Massimario 2023 – De Jure.

[2] In tema di decadenza dall’impugnazione, l’art. 327 c.p.c. così recita “ Indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Questa disposizione non si applica quando la parte contumace [291 c.p.c. ss.] dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione [164] o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all'articolo 292”.

[3] In tema di improcedibilità dell’appello, l’art. 348 c.p.c. al comma I statuisce che “l'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce in termini”. Le ipotesi previste dalla norma sono due: 1) immediata improcedibilità per mancata tempestiva costituzione dell'appellante, ossia per omessa iscrizione della causa a ruolo e per il mancato deposito del fascicolo di parte contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione; 2) improcedibilità per mancata comparizione dell'appellante alla prima udienza: in tal caso, il giudice è tenuto a disporre un rinvio della causa ad udienza successiva, ma, se anche in tale occasione l'appellante non compare, potrà dichiarare improcedibile l'appello.

[4] Teoria e pratica del diritto – Giusto processo e ragionevole durata di Fabio di Lorenzo Ed. Giuffrè 2018.

[5] Cass. Civ. SS. UU. del 13.06.2016, sentenza n.12084 secondo la quale “la notifica dell'appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell'appellante, sicché la notifica da parte sua di un nuovo appello anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data del primo appello”. In Giustizia Civile Massimario 2016 – De Jure e Diritto & Giustizia 2016, 12 dicembre. In senso conforme si veda Cass. Civ., Sez. III del 19.04.2010, sentenza n. 9265 in Diritto e Giustizia online 2010.

[7] Ragionevole durata del processo: dialogo tra giudice nazionale, Corte di Giustizia UE e CEDU Altalex, 03 aprile 2017 articolo di Avv. Walter Massara.

[8] Si veda Cass. Civ. Sez. VI, 30.03.2016, sentenza n.6187 in De Jure Giustizia Civile Massimario 2023. In senso conforme cfr. Cass. Civ., Sez. VI del 24/10/2014, n. 22726; nello stesso senso cfr Cass. Civ., Sez. II del 16.06.2000, n. 8191 in De Jure Giustizia Civile Massimario 2023.