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Pubbl. Ven, 11 Dic 2015

Non c’è rissa senza la reciproca volontà di ledere l’altrui incolumità

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Alessandra Inchingolo


Il reato di rissa si configura quando nei gruppi contrapposti emerge la volontà di arrecare pregiudizio all´altrui incolumità.


Con sentenza del 3 dicembre 2015, n. 48007, la V Sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza in data 7.10.2014 della Corte d'Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del GUP del locale Tribunale, che riduceva la pena inflitta a M. D. a mesi quattro di reclusione per il reato di cui all'art. 588/2 c.p. per aver partecipato ad una rissa presso il ristorante "Il Turismo" di Imola nella quale T. G. riportava lesioni personali giudicate guaribili in sette giorni (frattura scomposta delle ossa nasali). 

La vicenda riguarda un episodio di rissa svoltosi nei pressi di un ristorante, il cui proprietario veniva aggredito da due fratelli i quali entravano armati nel locale, reclamando con la forza quanto a loro presumibilmente dovuto per un contratto di appalto stipulato con l’imputato.

Quest’ultimo, anche sulla base delle testimonianze raccolte, si limitava a reagire in chiave prettamente difensiva. Ne derivava dunque una colluttazione nella quale uno degli aggressori riportava lesioni giudicate guaribili in sette giorni. Tale circostanza però bastava a far condannare il ricorrente a quattro mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 588, 2° co., c.p. per aver preso parte a tale rissa.

E’ bene ricordare che per la configurazione del reato di rissa è necessario che, nella violenta contesa, vi siano gruppi contrapposti, con volontà vicendevole di attentare all'altrui incolumità personale (Sez. VI, 15/05/2012, n. 24630). Dunque, il reato di rissa si configura nelle forme di violenta contesa tra più persone o gruppi di persone, con il proposito di ledersi reciprocamente e con modalità che pongano in pericolo l'incolumità dei contendenti, non realizzandosi la fattispecie di cui all'art. 588 c.p. nel caso in cui uno dei gruppi in conflitto si limiti a resistere all'aggressione o ad assumere una mera difesa di tipo passivo (Sez. fer., 02/09/2008, n. 35301), quando, in particolare, un gruppo di persone assale deliberatamente altre, e queste ultime si difendono, non è ravvisabile il delitto di rissa, nè a carico degli aggrediti, nè a carico degli aggressori, i quali rispondono soltanto delle eventuali conseguenze della loro azione violenta in danno di coloro che si sono limitati a difendersi (Sez. 1, n. 1476 del 11/12/2007 - dep. 11/01/2008, Arapaj e altri, Rv. 238766, Sez. 5, n. 43524 del 13/05/2004). 

Nel caso di specie la Corte territoriale, pur tenendo conto, da un lato, dell'atteggiamento inoffensivo dell’imputato e, quindi, di un atteggiamento di non contrapposizione, a fronte della carica violenta dei suoi aggressori, provata dalla presenza dell'arma e dal fatto che l'imputato fu scagliato contro una vetrata, dall'altro, ritiene comunque l’imputato partecipe e coautore della rissa, dando rilievo alle lesioni riportate da uno dei due aggressori, laddove non si ritiene costituisca in sè prova sufficiente della partecipazione attiva ad una rissa la semplice circostanza di aver prodotto una lesione, pur attestata da referti medici, senza contestualizzare la lesione medesima.

Per tali ragioni la Suprema Corte ha ritenuto doversi annullare la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

 

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