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Pubbl. Mer, 12 Lug 2023

Per la Corte Costituzionale la progressione senza concorso per i dipendenti dell´Autorità portuale non è illegittima

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Editoriale a cura di Camilla Della Giustina



Per la Corte costituzionale italiana non viola l´art. 97 co. 4 Cost. la previsione in forza della quale viene consentito ai dipendenti dell´ Autorità portuale l´accesso in via automatica a una qualifica superiore a prescindere dalla verifica dei requisiti di professionalità. Questo è quanto è stato affermato con sentenza n. 133/2023.


La Corte costituzionale, con la sentenza n. 133/2023, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), nel testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante «Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124» sollevata, in riferimento all'art. 97, quarto comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione.

La questione riguardava la deroga del concorso pubblico per dipendenti dell’Autorità portuale che accedono in via automatica ad una qualifica superiore per effetto dell’esercizio delle relative mansioni.

IL CASO: La Corte di cassazione, sezione lavoro, ha sollevato, nell'ambito di una controversia vertente tra l'Autorità del sistema portuale del mare di Sardegna e XXX, con riferimento all’art. 97 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, co. 2, e  art. 10, co. 6, della legge n. 84/1994 (con riferimento al testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 169/2016) nella parte in cui, in violazione della regola del concorso pubblico, consentono ai dipendenti dell'Autorità portuale l’accesso in via automatica a una qualifica superiore per effetto dell’esercizio delle relative mansioni.

Questa procedura, infatti,  prescinde dalla verifica dei necessari requisiti di professionalità e dal ricorrere di una specifica esigenza pubblica. Osserva il Giudice a quo che l'Autorità portuale, quale ente pubblico non economico, costituisce rapporti di lavoro subordinati che, in sede di reclutamento, sono regolati dal diritto pubblico in conformità all'art. 97 co. 4 Cost. mentre, nella fase successiva di gestione del rapporto sono regolati dal diritto privato.

In applicazione di questi principi, è stato escluso che la qualifica di dirigente della Autorità portuale possa essere acquisita in via automatica ai sensi dell'art. 2103 c.c. e dell'art. 6 della legge 190/1985.

Di conseguenza, per il Giudice remittente "ai rapporti di lavoro in esame andrebbe applicato il principio secondo cui il passaggio dall’inquadramento nelle aree funzionali alla qualifica di dirigente della stessa pubblica amministrazione è equiparato al reclutamento dall’esterno". 

Tuttavia, il Giudice delle Leggi, con sentenza del 30 giugno 2023, n. 133,  ha ritenuto non fondata la questione.

In primis, viene evidenziato come  la stessa giurisprudenza di legittimità ha escluso l’applicabilità dell’art. 2103 c.c.  ai fini del passaggio nei ruoli dirigenziali  presso le Autorità portuali. Ciò è giustificato "in quanto l’immissione in tali ruoli, anche quando consegue ad una progressione verticale, è equiparabile al reclutamento esterno e attiene alla fase della costituzione del rapporto di lavoro, retta dai principi fissati dall’art. 97, quarto comma, Cost. (Corte di cassazione, ordinanza n. 21484 del 2020)" . La Corte, quindi, ha ritenuto che tali argomentazione non rilevano quanto al passaggio tra mansioni e qualifiche meno elevate, quali quelle impiegatizie oggetto del giudizio a quo.

In tal senso, la Consulta afferma che “la differenza che si è così determinata rispetto all’inquadramento nelle qualifihe non dirigenziali – oggetto della questione in esame – riflette una distinzione sostanziale, che discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale, la quale è posta al vertice dell’organizzazione e nel settore pubblico è caratterizzata dalla preposizione ad uffici aventi natura di organi”.

A titolo esemplificativo la Corte costituzionale richiama l'esempio della dirigenza la cui peculiarità è quella di  essere  "collocata in una posizione apicale autonoma e intermedia fra il livello politico e quello burocratico". Si tratta di uno status, acquisibile solo nel rispetto delle procedure concorsuali, è connotato da "garanzia di autonomia e di indipendenza (sentenza n. 164 del 2020)”.

Questa affermazione è corroborata dalla considerazione secondo cui "per le Autorità portuali istituite dalla legge n. 84 del 1994, più che per altre pubbliche amministrazioni, la via dell’efficienza nella gestione dei rapporti di lavoro ha continuato ad essere ricercata nell’ambito del modello privatistico, cui il legislatore ha fatto richiamo per istituti, come quello previsto dall’art. 2103 cod. civ., difficilmente compatibili con la disciplina del pubblico impiego". 

Alla luce di tale quadro normativo e giurisprudenziale, a giudizio della Corte “appare non irragionevole l’applicazione dell’art. 2103 cod. civ. – consentita dalla legge n. 84 del 1994 – al passaggio a qualifica superiore non dirigenziale. Si tratta di una scelta che, nello specifico contesto, risulta finalizzata a mantenere un trattamento adeguatamente differenziato per rapporti che, sia per la loro genesi, sia per esigenze di flessibilità connesse al concreto svolgimento delle prestazioni lavorative, presentano tratti di accentuata specialità". 

In conclusione, la Corte costituzionale ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sopra menzionate. 


Note e riferimenti bibliografici