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Pubbl. Ven, 14 Lug 2023

La ”pace senza diritti” e i ”diritti senza pace”: la teoria generale dell´etica, della politica e del diritto nel pensiero di Norberto Bobbio

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Davide Maria De Filippi
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Messina



Se volessimo andare alla radice dell´attuale situazione di emergenza e di fatica nella realizzazione della pace dovremmo, necessariamente, partire dall´analizzare il complesso rapporto tra guerra e pacifismo. Il mondo contemporaneo risulta, infatti, caratterizzato da una complessità, ove, spesso, i macro scenari economici e finanziari sono le vere insidie per la pace. Pacifismo e pacificazione, certamente, sono le due facce di un´unica medaglia, il cui fulcro centrale è la storia dell´idea che la ”guerra giusta” non esiste. Oggi, infatti, la ”pace spezzata” non è il vero problema dell´Unione Europea perchè il vero problema è la ”pace impossibile”. Per poter ambire ad una ”pace per tutti” urgerebbe l´instaurazione di un ”nuovo umanesimo” basato proprio sui concetti di pace e di giustizia.


ENG

”Peace without rights” and ”rights without peace”: general theory of ethics, politics and law in the thought of Norberto Bobbio

If we wanted to get to the root of the current situation of emergency and fatigue in the realization of peace we should, necessarily, start by analyzing the complex relationship between war and pacifism. The contemporary world turns out, in fact, to be characterized by complexity where, often, economic and financial macro-scenarios turn out to be the real pitfalls for peace. Pacifism and peacemaking, certainly, are the two sides of a single coin, the central focus of which turns out to be the history of the idea that ”just war” does not exist. Today, in fact, ”broken peace” is not the real problem of the EU bacause the real problem is ”impossible peace”. In order to aspire to a peace for all, there would be an urgent need to establish a ”new humanism” based precisely on peace and justice.

Sommario: 1. Premessa;  2. Termini Indicizzazione; 3. Argomentazioni a supporto dei concetti;  4. Conclusioni.

1. Premessa

La sfera dei diritti umani, analizzata nella dimensione del loro rapporto con il potere istituzionale, impone alla contemporaneità dei tempi una riflessione che tenga conto, nell'attuale contesto di convivenza civile, dei contemporanei scenari geopolitici nazionali ed internazionali[1].

In tale quadro di analisi sulla teoria generale dei diritti pietra miliare di considerazione risulta essere la filosofia del diritto e della politica declinata da Norberto Bobbio. L’autore torinese partendo da una definizione del concetto di democrazia, intesa come società dei cittadini, auspica un passaggio dallo stato di “suddito” a quello di “cittadino” solo allorché si abbia il riconoscimento di alcuni diritti classificati come “fondamentali”[2].

Ovviamente i diritti dell’uomo devono essere riconosciuti e protetti soprattutto nei momenti, come quelli attuali, caratterizzati da forti sconvolgimenti religiosi, razziali ma soprattutto politici[3].

Secondo Bobbio, infatti, i tre momenti necessari alla realizzazione e al persevero di una situazione di pace stabile, al fine di avere non “cittadini dello stato” ma “cittadini del mondo”, sono semplicemente il riconoscimento dei diritti dell’uomo, l’esercizio della democrazia ed il persevero della pace[4].

La visione dello studioso torinese, parte, infatti, proprio dal concetto di “diritto dell’uomo” per svilupparsi nell’analisi del riconoscimento e della protezione dei diritti dell’uomo che sono la base delle costituzioni democratiche moderne, frutto di quella che è stata ribattezzata “età dei diritti”[5].

In tale ottica il processo di democratizzazione del sistema internazionale, tappa fondamentale per il raggiungimento della pace perpetua, non può discostarsi da un’estensione del riconoscimento della protezione dei diritti umani in una dimensione sovranazionale caratterizzata dalla triade declinatoria uomo-suddito-cittadino[6].

Per Bobbio punto di partenza è il concetto di “potere istituzionale” di matrice “leviatanica hobbesiana” e punto di arrivo è, invece, l’analisi della contemporanea sfera dei diritti dell’uomo contemporaneo, sfera innestata in una società in cui alla consapevolezza circa la necessità di una politica volta di continuo alla sua migliore formulazione, con una sempre migliore protezione dei diritti dell’uomo, faccia da contraltare la sistematica violazione degli stessi in tantissimi paesi del mondo[7].

Oggi paradossalmente il problema non risulta più essere quello di “giustificare” i diritti ma di “proteggerli” in quella che ormai viene definita “l’età dei diritti delle masse senza diritti”, età che si incunea nel solco tracciato dalla rivoluzione francese.

Limite che ha catalizzato la strada verso una riflessione antinomica tra morale politica opposta a morale religiosa con la conseguente necessità di una riforma della giustizia e dei teoremi della colpevolezza proprio in rapporto al più importante diritto dell’uomo, nel suo rapporto con la società, quale il diritto alla vita[8].

A riguardo non va sottaciuto che se il lascito più importante della rivoluzione francese è stato il riconoscimento del diritto di “resistenza all’oppressione” certamente il suo corollario più importante è stato avere influenzato l’attuale dibattito sulla pena capitale[9].

Comprendere Bobbio, quindi, in definitiva vuol dire studiare il concetto di diritto sia dal punto di vista della sua esegesi, e giustificazione logica, ma anche, e soprattutto, dal punto di analisi del principale fra i diritti umani e cioè quello alla vita partendo dal pensiero di Cesare Beccaria ma approdando, in definitiva, alla riflessione di Immanuel Levinas[10].

Il tutto applicando la categoria economica dell’utilità, intesa come beneficio individuale singolo componente del beneficio collettivo[11].

Oggi che i diritti spesso sono solo l’espressione di aspirazioni ideali proclamare un diritto non significa goderne in una logica in cui il concetto di giusto trae esegesi dalla volontà di progresso intesa come affermazione di diritti, diritti visti come parametro di valutazione dell’indice di civiltà basato sul valore assoluto della tolleranza[12].

Nel mondo contemporaneo i diritti vanno recuperati e indirizzati verso una prospettiva mondiale e universale[13].

Il passaggio dalla teoria “individualista” della società a quella “organicistica” ha spiccato un processo di graduale differenziazione e specificazione di bisogni e interessi di cui si chiede il riconoscimento e la protezione in quanto diritti storici degli esseri umani[14].

La situazione di aumento del potere dell’uomo “sull’uno”, che è seguita al contemporaneo progresso tecnico, oggi è la principale minaccia alla libertà dell’individuo, minaccia che si tenta di arginare con richieste di limiti al potere o con interventi protettivi ad opera dello stesso[15].

2. Termini indicizzazione

Preliminarmente necessita capire se il concetto di diritto sia da intendere come concetto normativo o se sia accettabile l’espressione diritti morali, espressione dalla dimensione contenutistica tipica della contrapposizione tra morale e diritto tenendo conto che non può esistere diritto senza legge al pari di quanto non possono esistere diritto ed obbligo senza una norma di condotta[16].

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino risulta essere in tale prospettiva di analisi l’emblema di una storia profetica di matrice kantiana che ha trovato suo coronamento nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dal punto di vista della associazione del rapporto politico con il primato dei diritti di libertà o ne seguì quello dei diritti sociali in una logica di difesa da ogni forma di potere verso l’individuo ed in una concezione di benessere garantito da un sistema di garanzia dei diritti dell’uomo[17].

Sempre più frequentemente libertà e poteri non sono complementari in una società caratterizzata da una sempre maggiore organizzazione per l’efficienza[18].

Bobbio osserva che il consenso nei confronti dei determinati valori oltre ad essere fondamento assoluto è anche l’esegesi della convivenza civile fra gli uomini[19].

Viviamo in una società caratterizzata da una visione personalistica dell’individuo in cui la convivenza civile risulta essere il vero e proprio luogo di contrasto un sistema di premi e pene che è cornice di un concetto di libertà giuridica inteso come facoltà o obbedire a leggi a cui il singolo individuo, implicitamente o meno, risulti avere dato il proprio consenso decidendo di vivere in un sistema di convivenza civile[20].

La visione non collettivista della società porta mediamente a un progresso morale dello stesso con lo sviluppo di un consenso morale basato sull’empatia verso la sofferenza altrui nella società e nell’avere codificato interventi programmatici validi a prevenire questa situazione[21].

Centrale rimane tuttavia il problema della definizione del rapporto tra liberato e potere in un tra accezione kantiana della libertà intesa come autonomia ed un potere di dare leggi a sé stessi inteso come corollario della concezione del diritto naturale sia come diritto in capo a qualunque uomo sia come vincolo di obbedire solo al dettato normativo di cui egli stesso sia legislatore[22].

Certamente l’individualismo metodologico basato sull’azione individuale non può dissociarsi da quello ontologico, ove l’autonomia di ogni individuo comporta il rispetto di tutti gli esseri viventi come anche di quello etico, dove ogni individuo viene considerato come persona morale[23].

Se l’eredità accettata dalla rivoluzione francese si è concretizzata nella codifica e nel riconoscimento dei diritti di proprietà, religione e del fare è vero che il diritto di resistere è oggi oggetto di dibattito al pari di quello che viene fra coloro che nella dichiarazione dei principi del 1789 hanno visto l’ipotetico connubio fra diritto e felicità[24].

La riflessione sul principio di tolleranza inerisce inevitabilmente l’attuale monopolizzazione del potere economico ed ideologico di cui l’affermazione dei grandi partiti di massa, e la concentrazione di compagini societarie e bancarie risultano essere espressione[25].

Le antitesi fra pregiudizio e discriminazione da un lato e fra intolleranza e discriminazione dall’altro hanno trovato sia nella logica sincretista che in quella eclettica un baluardo teorico assoluto incentrate sulle opposte ragioni della tolleranza, sulla pena di morte[26].

Assodato che mettere in relazione diritto e giustizia vuol dire cercare di capire quale sia il diritto giusto congiunta coniugazione del pensiero giusnaturalista e positivista[27].

Bobbio si riferisce all’età dei diritti come riferimento a quelle democrazie costituzionali caratterizzate dalla percezione collettiva della centralità dei diritti per la mediazione dei conflitti sociali in un contesto transnazionale basato sull’idea di centralità del diritto. Se la sintesi fra giusnaturalismo e positivismo risulta un azzardo è pur vero che lo stesso Hans Kelsen sosteneva che il fenomeno giusnaturalistico era sintetizzabile come teoria della morale[28].

Dopo il secondo conflitto mondiale il positivismo sarà oggetto di critiche tali da vedere spiazzato il suo posto dal fenomeno costituzionalista caratterizzato dalla presenza di leggi universali poste dall’uomo[29].

Il reale problema secondo Bobbio dell’età dei diritti è che viviamo nell’età dell’erosione del diritto con le attuali democrazie costituzionali che vedono il predominio della lex mercatoria. In questo quadro una triadica hegeliana caratterizzazione del fenomeno giuridico non può che avere i suoi componenti nei concetti di validità, giustizia ed efficacia[30].

3. Argomentazioni a supporto dei concetti

Il diritto deve essere efficace anche dal punto di vista economico e pertanto sarebbe la triade economia, religione e tecnica ad avere concorso all'erosione del diritto nella fase della copernicana rivoluzione dell'età dei diritti[31].

Bobbio non ha mai fatto mistero della sua convinzione inerente alla ricerca del fondamento assoluto dei diritti, fondamento definito addirittura come impossibile[32].

La progressiva affermazione dei diritti dell'uomo, perennemente divisa fra progresso scientifico e progresso morale, ha vissuto l'evoluzione di una morale non declinata ex parte principis ma ex parte populi col il passaggio dal codice dei doveri al codice dei diritti[33].

I diritti vengono intesi come l'esito del conflitto sociale con l'elaborazione di un'ontologia individualistica e di una etica volontaristica affermata con una concezione compiutamente soggettivista di jus posto che comunque il diritto canonico già esprimeva i caratteri tipici della dottrina moderna dei diritti naturali soggettivi ma non presupponeva una visione individualistica dei diritti, sul piano ontologico e sociale[34].

Per Bobbio la riflessione filosofica di Hobbes espressione radicale di un individualismo metodologico ontologico ed etico, è il punto di partenza per l’affermazione della tesi per cui gli attori dei conflitti sociali sono spesso i gruppi perché spesso la protezione concreta del soggetto non coincide sempre con la protezione in astratto dei diritti soggettivi[35].

In ciò certamente si palesa l'influenza della dottrina pura del diritto di Hans Kelsen per cui il diritto dell'uno esiste solo presupponendo il dovere dell'altro sancendo il primato della circostanza che la funzione primaria della norma sia quella prescrittiva[36].

La diarchia erroneamente rinvenibile in tale assunto parrebbe essere il fondamento della deroga dalla concezione individualistica della società a favore di quella organicistica spesso rimproverata all'autore torinese[37].

Sebbene Norberto Bobbio, utilizzando il normativismo della teoria pura di Hans Kelsen aderisca alla piena traducibilità del linguaggio dei diritti in quello delle altre modalità deontiche all'insegna dell'empirismo logico[38].

E qui s’insinua la metodologia di lavoro dell'autore che propugna l'applicazione del metodo delle scienze empiriche alla scienza politica aborrendo l'uso dei giudizi di valore, prediligendo la spiegazione basata sulla considerazione per cui l'uomo venga identificato come un animale simbolico, teleologico, ideologico[39].

In tale contesto, l'uso del linguaggio dei diritti risulta essere uno degli esiti inevitabili della costituzionalizzazione degli ordinamenti giuridici, con conseguenza che il linguaggio dei diritti oggi sia il principale catalizzatore della fine dell'età dei diritti[40].

Fine dell'età dei diritti intesa come paradigma di organizzazione della società, con la consapevolezza che ciò che è avvenuto sigla la fine dell'età dei diritti, anche in presenza di una logica volta alla loro tutela[41].

In una disquisizione di cui estremi sono il rapporto fra diritto ed etica, da un lato è quello tra etica e politica dall'alto[42].

Se l'età dei diritti è l'esito della bobbiana rivoluzione copernicana basata sul considerare il rapporto fra governanti e governati, partendo dalla consapevolezza della priorità dell'individuo nella società, non si può sottacere che un aspetto fondamentale di tale rivoluzione e quello della centralità dell'universalità dei diritti, segnando un mutamento di paradigma rispetto a quello basato sulla sovranità statale[43].

In questa situazione di crisi globale, perdurano le fratture sociali ed economiche provocate dalla prevalenza della lex mercatoria con diritti apolidi che vagano nel mondo globale ricercando un costituzionalismo mondiale, che sia alba di un nuovo paradigma, dopo la crisi della sovranità nazionale, che vada dalla weltburgerliche absicht di Kant al monismo di Hans Kelsen e che imponga un costituzionalismo globale oltre il disordine geopolitico[44].

4. Conclusioni

La contemporanea crisi della sovranità ha origine nell’attuale negazione della potestas legibus soluta et superiorem non reconoscens degli stati a causa dell’introduzione di costituzioni lunghe e rigide[45].

Il passaggio dallo stato di diritto allo stato costituzionale di diritto è il momento di inizio dell’età dei diritti[46].

I diritti umani riguardano solo ciò che è giusto, e non ciò che è bene, e che tutela la dignità di tutti gli esseri umani tramite proprio il concetto di diritto umano che altro non è che l’incarnazione di un individualismo morale inteso come prospettiva etica di questo individualismo o morale[47].

Oggi l’individualismo o illuminista e la presenza di un substrato di valori morali universalmente condivisi sono i due assiomi del concetto di diritto umano[48].

Parlare della triade diritti dell’uomo, democrazia e pace in Bobbio impone un ulteriore addendo quale il concetto di negazione della vita e cioè di pena di morte[49].

In questo contesto si colloca la condanna di Bobbio alla pena di morte al punto da identificarla come minaccia ad una situazione di pace universale[50].

L’abolizione dell’oscenità del potere necessita di una forte volontà politica partendo dall’assunto che la pena capitale per sua natura è avulsa al concetto di ordine della legge ed a quello di giustizia in quanto oggettivizza l’essere umano ed aborrisce i valori della solidarietà e della compassione in nome di una falsa idea di utilità pubblica in cui la società è esente da responsabilità delle devianze[51].

Oggi l’ideologia mercatistica sta determinando un ulteriore potenziamento della crisi dei valori della dignità umana e dell’eguaglianza sostanziale[52].

Il pensiero di Bobbio che vede la giustizia sociale intesa come “diritto alla felicità” di ciascuno in tal senso scompone e ricompone le idee in una visione caratterizzata da una volontà egualitaria di matrice beccariana con una visione societaria fondata sulle tolleranze e sull’umanitarismo humus del consenso dei suoi membri[53].

Qui si evince il pensiero socialista di Bobbio anello di risoluzione del problema rousseauiano dei rapporti tra felicità ed eguaglianza nello sviluppo della specie umana[54].

Per Bobbio, infatti, al pari di Cesare Beccaria le norme dalle quali derivano principi morali e politici regolatori degli uomini sono le leggi naturali e le convenzioni fattizie della società il cui fine è strappare dalle mani della tirannide gli innocenti[55].

Tuttavia rispetto al Beccaria nell’autore torinese ritroviamo meno centrale la teoria contrattualistica anche se fondamentale sarà comunque il concetto di diritto di opposizione anche armata al dettato del sovrano che poi avrà nella rivoluzione del 1789 il proprio apogeo[56].

In tale senso la teoria generale del diritto partendo dall’analisi della filosofia civile di Hobbes e dal suo oscillare tra l’arbitro dello stato di natura e l’obbligazione del diritto positivo[57].

Il concetto di potere, inteso come insieme di mezzi impiegati per ottenere un apparente vantaggio futuro risulta essere componente fondamentale nella sua valutazione sulla pena di morte[58].

In tale quadro il pensiero triadico Hobbes-Rousseau-Locke risulta fondamentale nell’elaborazione triadica uomo-suddito-cittadino come anche nella riflessione riguardo la definizione di limite al concetto di potere alter ego del concetto di potere di comando[59].

Nella triade di voltaire carità-tolleranza-perdono si rinviene la concezione di Bobbio sulla pena di morte e soprattutto sul concetto di tolleranza base della logica distinzione tra politica e morale religiosa e tra sfera pubblica del corpo politico e sfera privata metapolitica della coscienza interiore[60].

In tale ottica l’esegesi di una nuova intolleranza può essere proprio connessa all’ostilità tra le differenze escludenti e non includenti anche se Bobbio parafrasando voltaire reputa che la tolleranza altro non sia che una conseguenza necessaria della nostra umana condizione posto che l’autore torinese ha fatto propria la kantiana riflessione tra “uomo come mezzo” ed “uomo come fine”[61].

Legge, autorità e potere devono avere come humus il sentimento della pietas verso l’uomo anche se il concetto di diritto e quello di dovere risultano essere termini correlativi di una riflessione fondata sulla prevalenza del diritto alla vita ed alla libertà intesa come baluardo di difesa del concetto di potere[62].

Se il governo degli uomini non può essere disgiunto dal governo delle leggi, è pur vero che nella riflessione di Bobbio la prevalenza della concezione individualistica della società va di pari passo con la concezione di società democratica intesa come somma dei singoli individui e dei poteri degli individui[63].

In definitiva per Bobbio il diritto piuttosto che essere un’aspirazione risulta essere una codificazione assodata figlia dello spirito del tempo ma al tempo stesso segno del tempo in cui sorge essendo i diritti umani primariamente un fenomeno sociale[64].

Proprio in tale quadro la storia dell’umanità è storia di diritti codificati, diritti figli dei segni del tempo e figli stessi dello spirito dei tempi[65].

 


Note e riferimenti bibliografici

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[45] M.G. Losano, Il positivismo nell’evoluzione del pensiero di Norberto Bobbio, in Revista da faculdade de direito – Ufpr, Curitiba, vol. 60, n. 3, set./dez. 2015, P. 9-38.

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