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Pubbl. Ven, 19 Mag 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Nuova disciplina del processo “in absentia”: profili processuali e risvolti applicativi nella prassi del dibattimento penale

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Rosaria De Lucia
Magistrato OrdinarioUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Il presente contributo si propone di offrire un quadro, certamente non esaustivo, delle novità normative introdotte dal d.lgs. n. 150/22 in tema di processo “in absentia”, con particolare riferimento ad alcune questioni interpretative sorte, nei primi mesi di applicazione, nell’ambito del dibattimento penale, secondo la prospettiva degli operatori del diritto.


ENG

New discipline of the process ”in absentia”: procedural profiles and implications applicativi in the practice of the criminal trial

The present contribution aims to offer a framework, certainly not exhaustive, of the new regulations introduced by the d.lgs. n. 150/22 on the subject of the process ”in absentia”, with particular reference to some interpretative issues that arose in the first months of application, in the context of criminal proceedings, from the perspective of legal practitioners.

Sommario: 1. La ratio legis della riforma del processo in assenza nel d.lgs. 150/2022. – 2. I principali ambiti di intervento ed il regime transitorio; il “nuovo” rapporto tra udienza preliminare e udienza dibattimentale – 3. Impatto operativo del nuovo processo in assenza nell’ambito dell’udienza dibattimentale – 4. Le verifiche prodromiche alla declaratoria di assenza; il rapporto con il procedimento di notificazione - 5. Le ipotesi in cui l’imputato deve considerarsi “presente”; questioni interpretative in tema di riti speciali e procura speciale – 6. Le ipotesi di assenza “codificata”; questioni controverse in tema di “delegato al ritiro” – 7. Le ipotesi in cui il giudice può accertare l’effettiva conoscenza del processo ex art. 420 bis comma 2 c.p.p.; cenni alla sottrazione volontaria alla conoscenza del processo – 8. Il tentativo di notifica a mani proprie a mezzo Polizia Giudiziaria – 9. La sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza del processo ex art. 420 quater c.p.p.: contenuto, natura ed effetti; dubbi interpretativi sorti nella prima fase di applicazione - 10. La durata delle ricerche per i reati commessi ante e post 18.10.2021, la revoca della sentenza e la riapertura del processo.

1. La ratio legis della riforma del processo in assenza nel d.lgs. 150/2022.

Come noto, la Legge del 28 aprile 2014 n. 67 aveva radicalmente riformato il processo contumaciale, ispirandosi ai principi tracciati dalla giurisprudenza della Corte EDU, la quale, in più occasioni, aveva censurato il sistema processuale italiano, ritenendolo inidoneo ad assicurare la conoscenza “effettiva” del processo e la partecipazione consapevole da parte dell’imputato.

Già con le sentenze del 12.2.1985, Colozza c. Italia, e del 10.11.2004, Sejdovic c. Italia, veniva stigmatizzata l’inadeguatezza delle regole processuali di conoscenza “legale” previste dal nostro codice di rito, rispetto al principio del giusto processo di cui all’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

Purtuttavia, anche il meccanismo degli “indici presuntivi” di conoscenza del procedimento contemplato dalla l. n. 67/2014 (quali ad esempio l’elezione del domicilio anche in fase di indagine preliminare o la notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p.) è stato censurato dalla giurisprudenza comunitaria e dalla giurisprudenza di legittimità.

Ed invero, con la sentenza delle Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420, in relazione ad una fattispecie precedente all'introduzione dell'art. 162, comma 4-bis c.p.p. ad opera della legge 23.6.2017 n. 103 (c.d. riforma Orlando), è stato affermato il seguente principio di diritto:

«Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa».

Parimenti, le Sezioni Unite, nella sentenza n. 28912 del 28/2/2019, Innaro, Rv. 275716 – 01, recependo le indicazioni della Corte EDU, riaffermano il principio secondo cui un processo svoltosi «in assenza» possa considerarsi conforme all’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, solo laddove l’imputato ne abbia avuto conoscenza «effettiva».

La Suprema Corte evidenzia che non è sufficiente che egli sia stato informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico, atteso che la consapevolezza del processo è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium, contenente l’indicazione dell’accusa formulata, nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio.

Il percorso tracciato dalla cita giurisprudenza di legittimità, nonché dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria, viene consacrato nelle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150/2022.

Come evincibile dai lavori preparatori, la ratio legis è quella di adeguare la normativa codicistica non solo alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, ma anche alla Direttiva UE n. 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9.3.2016, attuando il principio di “effettiva conoscenza” della data e del luogo di celebrazione del “processo”.

Netta, dunque, è la distinzione tra la fase del procedimento, ove viene formulata un’imputazione “provvisoria”, rispetto alla fase della vocatio in ius, allorquando viene delineata l’imputazione definitiva (innanzi al GUP o al giudice del dibattimento).

Ne consegue, a titolo esemplificativo, che la sola notifica - anche a mani proprie - dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., ovvero la sola dichiarazione/elezione di domicilio o la nomina del difensore formalizzata in sede di indagini preliminari (ad. esempio in caso di perquisizione e sequestro[1]), non sono sufficienti a comprovare ex se la conoscenza del processo, essendo intervenute in una fase embrionale, antecedente alla vocatio in ius, allorquando l’imputazione era ancora «provvisoria».

2. I principali ambiti di intervento ed il regime transitorio; il “nuovo” rapporto tra udienza preliminare e udienza dibattimentale

Le principali modifiche normative del processo in absentia concernono i seguenti ambiti:

  1. i parametri di accertamento della conoscenza del processo (e non del procedimento) da parte della persona imputata, in primo grado (artt. 419 - 420 sexies c.p.p.), e in appello (cfr. in particolare artt. 581 c.p.p., comma 1-quater, 598-ter comma 1, 599 e 602 c.p.p.) [2];
  2. la revisione della disciplina della latitanza (cfr. modifiche agli artt. 295, 296 e 165 c.p.p.) e della volontaria sottrazione alla conoscenza del processo;
  3. la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo ex art. 420 quater c.p.p.;
  4. l’ampliamento dei rimedi restitutori (cfr. art. 420 bis commi 6 e 7 c.p.p. in caso di assenza incolpevole e erronea dichiarazione di assenza; modifiche all’art. 489 c.p.p. [3]; ampliamento del rimedio della restituzione nel termine per impugnare ex art. 175 c.p.p. (co. 2.1) per l’imputato giudicato in assenza[4]; introduzione del comma 5-bis dell’art. 604 cod. proc. pen. [5]; rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen. [6]).

Ruolo centrale, sotto il profilo degli immediati riflessi applicati, assume l’art. 89 delle disposizioni transitorie in materia di assenza, che ha natura di norma processuale, e, come tale, richiama il noto principio del tempus regit actum.

La citata disposizione - al comma 1 - prevede quanto segue:

1. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato”.

Dunque, secondo il dato testuale della norma transitoria, lo spartiacque è costituito dalla declaratoria di assenza già pronunciata (o meno) alla data del 30.12.2022 (entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022).

Ne consegue che se alla data del 30.12.2022 è stata già dichiarata l’assenza, si applicano, in qualsiasi stato e grado del procedimento, le disposizioni anteriormente vigenti, comprese le questioni relative alla nullità in appello ed alla rescissione del giudicato (art. 89 comma 1 disp. trans.), ed alla sospensione della prescrizione ai sensi “dell'articolo 159, primo comma, numero 3-bis), del c.p. nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo” (art. 89 comma 4 disp. trans.).

Di contro, se al 30.12.2022, non è stata già dichiarata l’assenza, si applicano le nuove disposizioni.

Da una lettura sistematica degli interventi normativi, emerge che la nuova disciplina dell’assenza coinvolge la fase dei giudizi di merito, ossia:

  1. l’udienza preliminare (cfr. nuovo art. 429 c.p.p.);
  2. il dibattimento, per le ipotesi di giudizi dibattimentali nei quali non è prevista l’udienza preliminare, in forza del rinvio dell’art. 484, comma 2-bis c.p.p. agli artt. 420, 420-bis, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies c.p.p.;
  3. il giudizio di appello (cfr. in particolare artt. 581 c.p.p., comma 1-quater e 598-ter c.p.p.).

Significativo è l’intervento normativo relativo al “nuovo” rapporto tra udienza preliminare e udienza dibattimentale.

Ed invero, alla luce del tenore dell’art. 429 lett. f) c.p.p. novellato - “Il decreto che dispone il giudizio contiene (…): l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora dell’udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento” - la “nuova” udienza dibattimentale è concepita come mera prosecuzione dell’udienza preliminare, secondo la prospettiva di concentrazione e di contenimento dei tempi di celebrazione del processo, sottesa all’intera riforma Cartabia ed al PNRR.

In tale contesto, è stato abrogato il quarto comma dell’art. 429 c.p.p. (unitamente all’art. 133 comma 1 disp. att.), con conseguente eliminazione della notifica del decreto che dispone il giudizio alle parti che non erano presenti alla lettura del provvedimento all’esito dell’udienza preliminare.

Dunque, per i rinvii a giudizio effettuati all’esito dell’udienza preliminare celebratasi dopo il 30.12.2022, non andrà più effettuata dal giudice del dibattimento una verifica della declaratoria di assenza, già accertata dal GUP, ferme restando, ovviamente, eventuali ipotesi di legittimo impedimento ex art. 420 ter c.p.p., o eccezioni di nullità della notifica dell’avviso di fissazione di udienza preliminare, contenente la vocatio in ius.

A tale riguardo, deve osservarsi che l’ultimo comma dell’art. 419 c.p.p. (“atti introduttivi del giudizio”), anche nella versione novellata, sancisce che le disposizioni i cui ai commi 1 e 4 del medesimo articolo (concernenti il contenuto, le modalità e i termini di notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare) sono previste a “pena di nullità”.

Ad ogni buon conto, con riferimento all’omesso o intempestivo avviso di citazione a giudizio all'imputato, al suo difensore o alle altre parti private, rimangono ferme le previsioni generali di cui all'art. 178, 1° co., lett. c) c.p.p., concernenti le ipotesi di nullità per inosservanza delle disposizioni relative a “l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante”.

Dunque, il giudice del dibattimento - collegiale o c.d. “super - monocratico” - nei giudizi ove è stata già celebrata udienza preliminare al 30.12.2022, sebbene non sia più chiamato a verificare la ritualità e la tempestività della notifica del decreto che dispone il giudizio alle parti che non erano presenti alla lettura del provvedimento, potrà essere investito di eccezioni di nullità concernenti la rituale notifica dell’atto introduttivo del giudizio innanzi al GUP.

Tale vaglio, stante l’abrogazione del comma 4 dell’art. 429 c.p.p., dovrà ispirarsi, ovviamente, alla conoscenza “effettiva” del processo.

Con precipuo riferimento alla vocatio in ius dell’imputato, giova richiamare in questa sede - senza alcuna pretesa di esaustività in ordine alla variegata casistica che può profilarsi in tema di nullità della citazione - l’orientamento di legittimità secondo cui può insorgere nullità assoluta ed insanabile solo allorquando la notificazione sia stata omessa (C., S.U., 17.2.2017, n. 7697), ovvero laddove risulti inidonea a garantire l'effettiva conoscenza dell'atto[7].

3. Impatto operativo del nuovo processo in assenza nell’ambito dell’udienza dibattimentale

L’impatto operativo della riforma del processo in assenza, registratosi nei primi mesi di applicazione nell’udienza dibattimentale, è senz’altro rilevante.

Essendo il discrimen la declaratoria di assenza al 30.12.2022, la nuova disciplina va applicata anche ai procedimenti relativi ai reati per cui l’azione penale sia stata già esercitata con citazione diretta (art. 550 c.p.p. ante novella) ovvero con rito immediato, ma per i quali non sia stata ancora dichiarata l’assenza al 30.12.2022.

Sul piano concreto, nei primi mesi di applicazione, ci si è dovuti confrontare con la circostanza che sui ruoli monocratici, pendeva al 30.12.2022, e pende tutt’oggi, un considerevole numero di giudizi dibattimentali ove non è prevista l’udienza preliminare (come ad esempio le “vecchie” citazioni dirette ex art. 550 c.p.p., i giudizi immediati già instaurati, anche a seguito di opposizione a decreto penale di condanna), laddove non sia stata ancora dichiarata l’assenza.

In particolare, frequente è l’ipotesi di prime comparizioni relative a giudizi a citazione diretta ove l’azione penale era stata già esercitata ante 30.12.2022 secondo il previgente rito (ossia prima dell’introduzione dell’udienza c.d. “filtro” ex art. 554 bis c.p.p.), ovvero per i quali era stata disposta la rinnovazione delle notifiche dell’atto introduttivo.

Come ben noto agli operatori del diritto, tali giudizi costituiscono una consistente percentuale dei flussi in entrata sui ruoli dei giudici monocratici e onorari.

Orbene, in forza del rinvio dell’art. 484, comma 2-bis c.p.p. agli artt. 420, 420-bis, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies c.p.p., nonché della disposizione transitoria sopra richiamata, a tali giudizi “privi” di udienza preliminare vanno applicate le nuove disposizioni, laddove non sia stata ancora dichiarata l’assenza alla data del 30.12.2022.

In estrema sintesi, i nuovi criteri di verifica della conoscenza “effettiva” del processo, su cui si ci soffermerà di qui a poco, coinvolgeranno:

  • il giudice dell’udienza preliminare ove l’assenza non sia stata ancora dichiarata al 30.12.2022;
  • il giudice del dibattimento per i procedimenti a citazione diretta secondo il testo previgente dell’art. 550 c.p.p., instaurati prima del 30.12.2022, ove – a tale data - non sia stata ancora dichiarata l’assenza;
  • il giudice del dibattimento nei procedimenti provenienti da rito immediato (anche a seguito di opposizione a decreto penale di condanna), ove al 30.12.2022 non sia stata dichiarata l’assenza;
  • il giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale per i reati a citazione diretta, ove l’azione penale è stata - ovviamente - esercitata dopo il 30.12.2022.

4. Le verifiche prodromiche alla declaratoria di assenza; il rapporto con il procedimento di notificazione

Come evincibile dalla lettura dell’art. 420 c.p.p. novellato (“costituzione delle parti”), il giudice dell’udienza preliminare o del dibattimento, con le precisazioni di cui sopra, è chiamato a effettuare tre ordini di verifiche, prima di procedere alla declaratoria di assenza.

In primo luogo deve accertare la regolarità delle notifiche, rimanendo valido il principio di «autonomia» tra il regime delle notifiche e la disciplina dell’assenza (cfr. pag. 279 della Relazione Illustrativa pubblicata sulla G.U. n. 245 del 19 ottobre 2022).

A tale riguardo, si richiamano le osservazioni contenute nella Relazione dell’Ufficio del Massimario della Suprema Corte n. 2/23, laddove si evidenzia che la nuova disciplina del processo in assenza «si salda strettamente con le modifiche apportate dal medesimo d.lgs. n. 150 del 2022 al sistema delle notificazioni, rivolte anch’esse ad assicurare la conoscenza reale e certa degli atti introduttivi del giudizio» (pag. 95).

Sul piano pratico, dunque, la verifica della validità delle notifiche rimane distinta e prodromica rispetto alla verifica dei (nuovi) presupposti per la declaratoria di assenza.

Particolarmente discusso, nella prima fase di applicazione, è il rapporto tra la nuova disciplina del processo in assenza con il regime delle notifiche vigente ante riforma Cartabia.

Si è dibattuto, in particolare, in ordine al rapporto tra il nuovo art. 157-ter c.p.p. (notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto) e le dichiarazioni/elezioni di domicilio già effettuate secondo testo previgente dell’art. 161 c.p.p..

A tale riguardo, è opportuno fare breve cenno alle modifiche introdotte all’art. 161 c.p.p., da leggere in combinato disposto con il nuovo art. 157 ter c.p.p., in materia di notificazioni all’imputato libero.

Nella nuova formulazione, l’art. 161 c.p.p. al punto 01, prevede che, al primo contatto con l’indagato o l’imputato, la polizia giudiziaria lo avverta che le successive notificazioni, diverse da quelle degli atti introduttivi del giudizio (ossia dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456, 552 e 601 c.p.p., e del decreto penale di condanna), saranno eseguite al difensore di fiducia o d’ufficio, con onere a suo carico di fornire al predetto difensore ogni recapito o mutamento dello stesso al quale il difensore possa effettuare le comunicazioni.

Inoltre, secondo la nuova formulazione del comma 1 dell’art. 161 c.p.p., in occasione del primo atto compiuto con l’intervento dell’indagato o dell’imputato, quest’ultimo è invitato a dichiarare domicilio in uno dei luoghi indicati nell’articolo 157, comma 1, o un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni presso un indirizzo di posta elettronica certificata per la notifica degli atti introduttivi del giudizio, con espresso avviso che, in caso di rifiuto della domiciliazione, ovvero di inidoneità/insufficienza del domicilio, le notifiche saranno effettuate al difensore di fiducia o d’ufficio, come già previsto dall’art. 161 comma 4 c.p.p.

Inoltre, i nuovi avvisi previsti dall’art. 161 c.p.p. vanno letti sinotticamente al nuovo art. 157 ter co.1 c.p.p.:

“La notificazione all’imputato non detenuto dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna sono effettuate al domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 161, comma 1.  In mancanza di un domicilio dichiarato o eletto, la notificazione è eseguita nei luoghi e con le modalità di cui all’articolo 157, con esclusione delle modalità di cui all’articolo 148, comma 1”.

Le suddette modifiche vanno lette, altresì, unitamente all’art. 157, comma 8 ter c.p.p., che prevede che, con la notifica del primo atto all’indagato o all’imputato, questi riceva gli avvisi di cui all’art. 161, comma 01 c.p.p.

Va, infine, sottolineato che l’omissione degli avvisi previsti dall’art. 157, co. 8 ter e dall’art. 161 comma 01, commi 1 e 3 c.p.p. implica che la notifica eseguita tramite consegna dell’atto al difensore sia affetta da nullità, ai sensi del nuovo art. 171 co. 1 lett. e) c.p.p..

Tanto premesso, taluni interpreti - in assenza di disposizioni transitorie sul punto - hanno sollevato dubbi circa la validità delle notifiche dell’atto introduttivo del giudizio già disposte prima del 30.12.2022, e quindi prive dei nuovi avvisi di cui all’art. 161 c.p.p.

Si ritiene di aderire al principio generale del tempus regit actum, sicché le notifiche già ordinate prima del 30.12.2022 (fisiologicamente prive degli avvisi di cui all’art. 161 c.p.p. novellato), preservano la loro validità secondo il regime del “doppio binario”, tuttora vigente, che distingue il procedimento di notificazione all’imputato libero che non ha eletto domicilio (157 c.p.p.) rispetto a quello che ha eletto domicilio (161 c.p.p.).

Laddove la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, già ordinata ante d.lgs. n. 150/2022, non si sia ancora perfezionata al 30.12.2022, in sede di rinnovazione, potrà essere integrata con i nuovi avvisi di cui all’art. 161 comma 01, comma 1, e 157, comma 8-ter, cod. proc. pen., così come evidenziato a pag. 51 e 52 della Relazione del Massimario n. 2/2023[8].

La seconda verifica che è chiamata ad effettuare il giudice, allorquando le notifiche siano rituali e tempestive, è se vi sia impedimento a comparire dell’imputato o del suo difensore (cfr. art. 420 ter c.p.p. novellato).

Va rilevato che la modifica del co.1 dell’art. 420-ter c.p.p. ha uniformato la disciplina dell’assenza acclarata alla prima udienza e quella accertata alle udienze successive, atteso che l’impedimento viene valutato solo in seconda battuta, allorquando si è verificata la regolarità della notifica[9].

Infine, laddove le notifiche siano rituali e tempestive e non sussista legittimo impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, si verificherà se vi siano i presupposti per procedere in «assenza» (nuovo art. 420 bis c.p.p.) ovvero se l’imputato sia da considerarsi «presente» (nuovo art. 420 co. 2 ter c.p.p.)

5. Le ipotesi in cui l’imputato deve considerarsi “presente”; questioni interpretative in tema di riti speciali e procura speciale.

A norma dell’art. 420 comma 2 ter c.p.p., come novellato, si considera “presente”:

  1. l’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza (art. 420 bis co.3 c.p.p. nella previgente formulazione);
  2. l’imputato che, già presente ad una udienza, non compare alle successive (art. 420 bis co.3 c.p.p. nella previgente formulazione);
  3. l’imputato che richiede per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale (nuova ipotesi);
  4. l’imputato che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale (nuova ipotesi).

Le nuove ipotesi sub 3) e 4) costituiscono attuazione dell’art. 1, comma 7, lett. c) della legge delega nonché codificazione dell’orientamento secondo cui la scelta del rito speciale costituisca una forma dell’esercizio del diritto di difesa, ed espressione della partecipazione consapevole al processo.

Si ritiene che tra i “procedimenti speciali” possa pacificamente includersi, oltre al rito abbreviato e al patteggiamento, anche la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Come noto, la Corte Costituzionale ha statuito che l'istituto della messa alla prova, pur avendo effetti sostanziali, consistenti nell’estinzione del reato, ha un’intrinseca natura processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, governato dal principio del tempus regit actum, (C. Cost., 26.11.2015, n. 240; C. Cost., 5.7.2018, n. 141; C. Cost., 10.3.2017, n. 54).

Considerazioni diverse vanno effettuate con riferimento all’oblazione ex artt. 162 e 162 bis c.p., atteso che trattasi, pacificamente, di una causa di estinzione del reato, sebbene costituisca un efficace strumento di deflazione processuale, assimilabile ai riti alternativi previsti nel codice di rito.

Ad ogni buon conto, la domanda di oblazione può essere presentata anche dal difensore non munito di procura speciale, trattandosi di un atto di mero impulso processuale, atteso che solo l'atto del pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione, "personalissimo", pur se delegabile, è idoneo a incidere irreversibilmente sull'esito positivo del procedimento di oblazione (Cass. pen. Sez. Unite Sent., 15/12/2009, n. 47923).

Alcuni dubbi interpretativi sono stati sollevati in relazione alla possibilità che la procura speciale sia stata conferita al difensore in una fase embrionale del procedimento, ad esempio in sede di perquisizione e sequestro, ovvero all’esito della notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p.

Richiamando i principi ispiratori della riforma, incentrati sulla conoscenza effettiva del “processo”, e non del procedimento, si propende per un’interpretazione più rigorosa, che si riferisca ad una procura speciale rilasciata a seguito della citazione a giudizio (come ad esempio quella che contenga riferimenti alla data di celebrazione dell’udienza, ovvero al numero di procedimento pendente innanzi al giudice dell’udienza preliminare o del dibattimento).

6. Le ipotesi di assenza “codificata”; questioni controverse in tema di “delegato al ritiro”

Il legislatore distingue due ipotesi di “conoscenza del processo”: quella ex lege (nuovo art. 420 bis comma 1 c.p.p.) e quella accertabile dal giudice (nuovo art. 420 bis comma 2 c.p.p.).

Con riferimento alla conoscenza ex lege, codificata dal legislatore, il nuovo art. 420 bis comma 1 c.p.p. distingue i seguenti casi:

1) quando l’imputato ha ricevuto notifica a mani proprie o tramite persona espressamente delegata dall’imputato al ritiro dell’atto introduttivo del giudizio;

2) quando l’imputato ha espressamente rinunciato a comparire o, sussistendo un impedimento ai sensi dell’articolo 420-ter, ha rinunciato espressamente a farlo valere.

Nulla quaestio in ordine alla notifica dell’atto introduttivo a mani proprie dell’imputato libero, che, come già ritenuto dalla giurisprudenza consolidata, conferisce certezza alla conoscenza dell’atto di vocatio in ius, a prescindere dalla dichiarazione o elezione di domicilio.

Ed invero, la Suprema Corte ha statuito che “la notifica di atti e avvisi eseguita a mani proprie dell'imputato sebbene in presenza di un'elezione di domicilio, è valida dovunque essa avvenga, in quanto forma più sicura per portare l'atto a conoscenza del destinatario” (Sez. 2, Sentenza n. 6910 del 25/01/2011 Ud.  (dep. 23/02/2011); conformi: n. 1370 del 1997, n. 6675 del 2000 , n. 16296 del 2004).

Tra l’altro, la notifica all’imputato detenuto in istituti penitenziari, sia dell’atto di introduttivo sia degli atti successivi, ai sensi del nuovo art. 156 c.p.p., va effettuata sempre a mani proprie.

Come noto, tale disposizione recepisce l’indirizzo delle SS.UU. n. 12778 del 2020 che, in caso di imputato detenuto, aveva indicato come luogo delle notificazioni, anche in caso di domicilio dichiarato o eletto, quello del luogo di detenzione.

In sede di prima applicazione, molteplici dubbi sono sorti in tema di “persona espressamente delegata dall’imputato al ritiro dell’atto introduttivo del giudizio”.

In particolare, ci si è chiesti se esso possa coincidere con persona “capace e convivente” ovvero con il “domiciliatario” che ha ritirato l’atto.

Pur consapevoli delle difficoltà pratiche che possono insorgere nel procedimento di notificazione, si propende per una lettura prudente, ancorata al dato normativo, che richiede un’espressa delega al ritiro dell’atto introduttivo del giudizio, idonea a garantire la conoscenza reale del processo.

Tale lettura è avallata dall’orientamento tracciato dall’Ufficio Massimario della Suprema Corte, che a pag. 96 della Relazione n. 2/2023 evidenzia quanto segue:

«Tale ipotesi, tuttavia, benché equiparata alla precedente, potrebbe dare luogo a qualche perplessità. Innanzitutto, potrebbe porsi il problema di stabilire se sia sufficiente la consegna dell’atto a persona convivente o addetta alla casa. La soluzione negativa sembrerebbe trovare conferma da un lato nel dato testuale della norma, che stabilisce che la delega al ritiro dell’atto deve essere espressa, con ciò intendendo che deve essere riferita proprio agli atti concernenti il processo; dall’altro nella ratio della riforma e nei criteri guida della delega, imperniati intorno al concetto della conoscenza effettiva che in tal caso non parrebbe salvaguardata. Analoghe considerazioni potrebbero valere anche per il caso in cui l’imputato abbia eletto o dichiarato domicilio. La notifica a mani del domiciliatario, a meno di una specifica delega in tal senso, non parrebbe idonea a conseguire quell’effetto di conoscenza reale che, nell’ottica della riforma, sola può consentire lo svolgimento del processo in assenza».

Sul piano delle buone prassi, al fine di snellire il procedimento di notificazione, nella prospettiva della valida costituzione del rapporto processuale e della riduzione dei tempi di celebrazione del processo, richiesti dallo stesso PNRR, è auspicabile un’interlocuzione tra organi notificatori e autorità giudiziaria, sia a livello centralizzato che distrettuale, finalizzata ad implementare, nei modelli di verbali di identificazione e/o di relate di notifica, anche la casistica del delegato “espresso” al ritiro.

Ed invero, gli attuali modelli riscontrabili nei fascicoli processuali, ad eccezione della notifica alle persone giuridiche, non contengono generalmente la dicitura “delegato espresso al ritiro”.

L’adeguamento effettivo delle procedure di notificazione all’istituto della “delega espressa al ritiro” è auspicabile, in una logica di compliance e di ottimizzazione dei processi operativi, nonché di contenimento dei tempi di durata dei procedimenti penali, richiesti dal legislatore.

La seconda ipotesi di conoscenza codificata, di più agevole interpretazione, è quella dell’imputato che ha espressamente rinunciato a comparire ovvero che, sussistendo un impedimento ai sensi dell’articolo 420 ter c.p.p., ha rinunciato espressamente a farlo valere.

Nella prassi applicativa, l’ipotesi più ricorrente è quella del detenuto tradotto o collegato in videoconferenza, per la celebrazione dell’udienza preliminare o dibattimentale, il quale abbia dichiarato espressamente di rinunciare a presenziare.

Con riferimento alla necessità di reiterazione dell’ordine di traduzione, al fine di garantire la presenza dell’imputato detenuto durante tutta la celebrazione del processo, ed alla necessità di acquisizione dell’espressa rinuncia, si aderisce all’indirizzo secondo cui “la volontà di comparire all'udienza da parte del detenuto, manifestata tempestivamente, produce i suoi effetti non solo in relazione all'udienza per la quale essa sia formulata, ma anche, qualora non si verifichi una espressa rinuncia, per quelle successive, fissate a seguito di rinvio a udienza fissa, sicché, in tal caso, la mancata traduzione del detenuto all'udienza di rinvio determina la nullità della relativa sentenza” (Sez. 1, Sentenza n. 10508 del 05/12/2019 Ud.  (dep. 23/03/2020) [10].

Ipotesi di più scarsa applicazione è la rinuncia a far valere un impedimento a comparire, come ad esempio il caso dell’imputato che adduca - espressamente - impedimenti di salute o di lavoro, al solo fine di giustificare la mancata comparizione all’udienza calendarizzata per il proprio esame ovvero per la discussione.

7. Le ipotesi in cui il giudice può accertare l’effettiva conoscenza del processo ex art. 420 bis comma 2 c.p.p.; cenni alla sottrazione volontaria alla conoscenza del processo

Il comma 2 del nuovo art. 420 bis c.p.p. introduce degli elementi valutativi, valorizzabili dal giudice, al fine di acclarare la conoscenza effettiva del processo, prevedendo quanto segue:

“il giudice procede in assenza dell’imputato anche quando ritiene altrimenti provato che lo stesso ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. A tal fine il giudice tiene conto delle modalità della notificazione, degli atti compiuti dall’imputato prima dell’udienza, della nomina di un difensore di fiducia e di ogni altra circostanza rilevante”.

Come rilevato sin dai primi commenti, i suddetti indici valutativi non vanno assolutamente confusi con gli indici presuntivi, propri della conoscenza “ex lege” prevista dalla l. n. 67/2014, censurata sia dalla giurisprudenza comunitaria che da quella di legittimità.

La dottrina, infatti, ha espresso alcune preoccupazioni in merito alla centralità del controllo del giudice, che potrebbe portare alla formazione di prassi giurisprudenziali difformi sul territorio nazionale, con vulnus al principio di legalità processuale[11].

Nella prospettiva del legislatore delegato, si propende per un’interpretazione aderente a quella “autentica”, fornita in sede di Relazione illustrativa, laddove, con riferimento alle modalità di notificazione, a pag. 284 si ritiene si possa valorizzare proprio “l’esecuzione della notifica presso un domicilio dichiarato o eletto dall’imputato”.

Dunque, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio presso il domicilio dichiarato o eletto, effettuata al domiciliatario ovvero a soggetto capace e convivente, sebbene non possa equipararsi alla notifica a soggetto espressamente delegato al ritiro, per i motivi sopra illustrati, può essere valorizzata dal giudicante in sede di verifica della conoscenza effettiva del processo.

Con riferimento agli “atti compiuti prima dell’udienza di comparizione” ovvero alla “nomina del difensore”, si propone un’interpretazione ispirata ai principi già sanciti dalla Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, secondo cui gli elementi valutativi devono riferirsi alla pendenza del processo, a seguito dell’esercizio dell’azione penale, e non al mero procedimento.

Dunque, può valorizzarsi una nomina fiduciaria, o una memoria a firma dell’imputato, che contenga il riferimento al numero di procedimento pendente innanzi al GUP o al giudice del dibattimento, ovvero alla data di celebrazione dell’udienza.

Analoga interpretazione prudente, in linea con i principi del legislatore delegato e della giurisprudenza di legittimità e comunitaria, andrebbe operata con riferimento alla clausola di chiusura “ogni altra circostanza rilevante”.

A titolo esemplificativo, si discute della possibilità di dichiarare l’assenza, in caso di notifica del decreto di citazione rinnovata al difensore (nominato in fase di indagini preliminari) ex art. 161 comma 4 c.p.p., in caso di imputato resosi irreperibile presso il domicilio eletto, ovvero in caso di notifica della citazione effettuata al difensore domiciliatario (nominato sempre in sede di indagini preliminari) da imputato straniero senza fissa dimora.

Valgono, in tali casi dubbi, i principi già sanciti dalle SS.UU. Ismail, che richiedono al giudice una verifica dell’effettiva instaurazione del rapporto professionale tra il difensore e l’imputato, al fine di accertare se quest’ultimo abbia una reale conoscenza del processo, e si sia sottratto volontariamente.

Senz’altro utile, nell’ottica di leale collaborazione processuale, un’eventuale interlocuzione con il difensore in udienza circa l’effettivo rapporto processuale instaurato con l’imputato.

Infine, il terzo comma del nuovo art. 420 bis c.p.p. prevede un’ulteriore ipotesi in cui il giudice può celebrare il processo in assenza: “anche fuori dai casi di cui ai commi 1 e 2, quando l’imputato è stato dichiarato latitante o si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo”.

Dunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 (conoscenza ex lege e conoscenza accertata dal giudice), si può procedere in assenza in caso di imputato latitante (cfr. modifiche agli artt. 295, 296 e 165 c.p.p.) ovvero di imputato che si sia sottratto “volontariamente” alla conoscenza del processo (Cfr. SS.UU. n. 23948/2020).

Come già previsto dal comma 1 dell’art. 165 c.p.p., la dichiarazione di latitanza - da formalizzarsi tramite decreto motivato - costituisce il presupposto per effettuare le notifiche dell’atto introduttivo del giudizio tramite consegna di copia al difensore.

Il comma 1 bis dell’art. 165 c.p.p. - introdotto dalla riforma di cui al d.lgs. 150/2022 - prevede che ai fini della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e degli atti di citazione a giudizio, sia necessaria una nuova ricerca del latitante o dell’evaso secondo le modalità ivi indicate; solo in caso di esito infruttuoso, si potrà eseguire la notifica tramite consegna al difensore.

La sottrazione volontaria alla conoscenza del processo, invece, «ricorre quando l’imputato, avendo avuto una qualche informazione in ordine al fatto che si svolgerà un processo nei suoi confronti, fa in modo di non ricevere alcuna comunicazione ufficiale, da parte degli organi a ciò preposti» (pag. 110 della Relazione del Massimario n. 2/23) e «può includere anche altri casi, che non è necessario tipizzare, rispetto ai quali si può affermare che la mancata conoscenza dipende da un comportamento volontario» (pag. 280 della Relazione Illustrativa).

8. Il tentativo di notifica a mani proprie a mezzo Polizia Giudiziaria

Qualora non si sia verificata nessuna delle ipotesi sopra illustrate (conoscenza certa, accertata o sottrazione volontaria/latitanza), a norma dell’art. 420 bis comma 5 c.p.p., il giudice rinvia l'udienza e dispone la notificazione a mani, ad opera della polizia giudiziaria, dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, della richiesta di rinvio a giudizio e del verbale d'udienza.

Allo stesso modo si procede nell’ipotesi, prevista dal comma 7 dell’art. 420 bis c.p.p., nel caso in cui il giudice si accorga che non sussistevano le condizioni per procedere in assenza dell’imputato (in tal caso revoca, anche d’ufficio, la declaratoria di assenza).

Deve rilevarsi che, anche se la norma appare costruita per la fase dell’udienza preliminare (“richiesta di rinvio a giudizio”), nei riti ove essa non è prevista (immediato, opposizione a decreto penale di condanna, “vecchie” citazioni dirette già pendenti), va comunque effettuato il tentativo di notifica a mani proprie previsto dal nuovo art. 420 bis comma 5 c.p.p., laddove non vi siano i presupposti per dichiarare l’assenza.

Tale interpretazione può ritenersi conforme alla ratio della riforma, ossia al principio generale di conoscenza del “processo”, da intendersi come conoscenza dell’imputazione definitiva, che, nei riti privi di udienza preliminare, non può altrimenti realizzarsi.

Nella prima prassi applicativa, il tentativo di notifica a mani proprie rappresenta, senz’altro, il passaggio intermedio da effettuarsi nei casi “limite”, prima di emettere la sentenza di non doversi procedere ex art. 420 quater c.p.p., su cui ci si soffermerà di qui a poco (es. notifica rinnovata ex art. 161 comma 4 c.p.p. allo straniero che ha eletto, in fase di indagine, domicilio inidoneo o inesistente).

Tra l’altro, già in tema di notifica effettuata per compiuta giacenza presso un indirizzo ove l’imputato non aveva né eletto né dichiarato domicilio, la Suprema Corte ha di recente affermato il seguente principio di diritto (Cass. pen. Sez. V, 05/08/2022, n. 30732):

“la notifica a mezzo del servizio postale presso l'indirizzo dell'imputato, ove il domicilio non era stato né dichiarato né eletto, eseguita per compiuta giacenza, oltre ad essere nulla, non è in alcun modo idonea ad assicurare la conoscenza del processo, con la conseguenza che il giudice è tenuto a rinviare l'udienza e a disporre, ai sensi dell'art. 420-quater, comma 1, c.p.p., la notifica dell'avviso all'imputato personalmente a mezzo della polizia giudiziaria”.

9. La sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza del processo ex art. 420 quater c.p.p.: contenuto, natura ed effetti; dubbi interpretativi sorti nella prima fase di applicazione.

Importante novità della riforma è rappresentata dalla sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo, introdotta dal nuovo art. 420-quater c.p.p.

In luogo della “sospensione” del processo a carico di imputati irreperibili, laddove non ricorrano i casi previsti dall'art.420-bis c.p.p. (processo in assenza) e dall’art 420-ter c.p.p. (impedimento a comparire dell'imputato o del difensore), il giudice pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato.

Detta sentenza conterrà tutti gli elementi e gli avvisi indicati al secondo comma dell’art. 420-quater c.p.p.; si applicano gli artt. 420 quinques (assunzione prove urgenti su iniziativa delle parti) e 420 sexies c.p.p. (revoca della sentenza), come novellati.

L’impatto operativo di tale disposizione è stato immediato, per i procedimenti già “sospesi” al 30.12.2022.

In forza dell’art. 89 comma 2 delle disp. trans., qualora gli imputati “irreperibili” di p.p. già sospesi al 30.12.2022, non vengano rintracciati dopo la suddetta data, va emessa sentenza di non doversi procedere ex art. 420 quater c.p.p.

Essendovi molteplici processi “sospesi”, già calendarizzati ad udienza “fissa” sui ruoli dei giudici monocratici (o collegiali), la soluzione più praticata, e conforme al principio del giusto processo ex art. 111 Cost. (anche nell’ottica dell’adozione di eventuali atti urgenti) è quella di pronunciare sentenza ex art. 420 quater c.p.p., previo contraddittorio delle parti in udienza, e non de plano (la norma non dà indicazioni sul punto).

Quanto alla natura giuridica, in dottrina si è evidenziato che trattasi di una pronuncia sui generis, che da un lato si fonda sul mancato perfezionamento della notificazione dell’imputato, dall’altro innesca un ulteriore meccanismo di notificazione nei confronti dell’imputato medesimo.[12]

Essa è, dunque, una sentenza di rito inappellabile, che prescinde da accertamenti di merito, ossia «…dalla verifica dell’esistenza dei presupposti per l’immediata declaratoria di cause di non punibilità, dal momento che il nuovo art. 420-quater non richiama l’art. 129 cod. proc. pen.» (cfr. pag. 100 della Relazione del Massimario n. 2/23).

E’ una pronuncia “precaria”, in quanto revocabile se l’imputato viene rintracciato (art. 420 sexies c.p.p.) ovvero se decorre il doppio dei termini di prescrizione previsti dall’art. 157 cod. pen..

L’espunzione del richiamo all’art. 129 c.p.p. non è pienamente condiviso in questa sede, quantomeno con riferimento alle ipotesi di cui al comma 1 della medesima disposizione, ossia di estinzione del reato o di difetto di condizione di procedibilità.

Ed invero, si ravvisano alcune ipotesi non peregrine, ove possa pronunciarsi una declaratoria ex art. 129 comma 1 c.p.p., prescindente da valutazioni di merito circa la fondatezza dell’ipotesi accusatoria.

Ad esempio, può verificarsi che il reato sia già prescritto, laddove il p.p. sia stato erroneamente sospeso, attesa la non esaustività delle ricerche, con conseguente erronea declaratoria di irreperibilità.

Oppure, può addivenirsi ad una pronuncia ex art. 129 comma 1 c.p.p., allorquando sopravvenga un’abolitio criminis, ovvero difetti in nuce una condizione di procedibilità, come ad esempio in caso di irritualità o intempestività della querela.

A tale riguardo, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi in cui difetti una condizione di procedibilità, non si costituisce validamente il rapporto processuale, ed è comunque preclusa una pronuncia di assoluzione, secondo la regola della prevalenza, per evidenza della causa di non punibilità nel merito (Sez. 3, Sentenza n. 43240 del 06/07/2016 Ud.  (dep. 13/10/2016) [13].

Ipotesi diversa, invece, è la remissione della querela che, stante l’irreperibilità dell’imputato, non potrebbe essere seguita da un’accettazione tacita, vista l’impossibilità di notifica, e, in ogni caso, comporterebbe effetti sfavorevoli per l’imputato querelato, come la condanna alle spese processuali.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 420 quater c.p.p., solo nel momento in cui la sentenza diviene irrevocabile, in deroga all’art. 300 c.p.p., le misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere perdono efficacia.

Con riferimento alle misure reali, in deroga agli artt. 262, 317 e 323 c.p.p., gli effetti dei provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, conservativo e preventivo permangono fino a quando la sentenza non è più revocabile.

Nella prassi pretoria, ci si è interrogati sulle conseguenze applicative in tema di beni in sequestro consistenti, deteriorabili ovvero soggetti a onerosa custodia, in attesa delle ricerche dell’irreperibile.

Il dato testuale della norma, in una alla possibilità che l’imputato (specie se proprietario dei beni) possa essere rintracciato, depone verso il mantenimento del sequestro, fino all’irrevocabilità della sentenza ex art. 420 quater c.p.p., essendo precluso al giudice un vaglio nel merito della responsabilità dell’imputato medesimo.

Potrebbe invocarsi, in taluni casi, la procedura di cui all’art. 151 comma 3 del D.P.R. n. 115 del 2002, che prevede la possibilità di vendita delle cose sequestrate ante sentenza, laddove i beni non possano essere custoditi senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio.

Tuttavia, permangono delle perplessità, atteso che il provvedimento di vendita anticipata, secondo il dato testuale dell’art. 151 comma 3 del citato D.P.R., prevede la notifica all’avente diritto alla restituzione, che, nel caso coincida con l’imputato irreperibile, risulta impossibile e quindi insuscettibile di conoscenza e di doglianza.

10. La durata delle ricerche per i reati commessi ante e post 18.10.2021, la revoca della sentenza e la riapertura del processo

Per i reati commessi dopo il 18.10.2021, come si vedrà meglio di qui a poco, a seguito della pronuncia della sentenza ex art. 420 quater c.p.p. proseguono le ricerche dell’imputato irreperibile per un periodo massimo fissato, in base al richiamo espresso dell’art. 420 quater comma 3 c.p.p. all’art. 159 ultimo comma c.p., nella misura del doppio dei termini di prescrizione stabiliti dall’art. 157 c.p. (esempio base: 6 anni x 2 = 12 anni per i delitti; 4 anni x 2 = 8 anni per le contravvenzioni).

Allo spirare del termine di cui sopra, senza che l’imputato sia stato rintracciato, la sentenza diventa irrevocabile (cfr. comma 6).

Di contro, se l’imputato viene rintracciato entro il termine di cui all’art. 159 ult. comma c.p., la polizia giudiziaria provvede a notificargli a mani proprie la sentenza (che deve contenere tutti gli avvisi elencati all’art. 420 quater c.p.p.).

La sentenza, quindi, viene revocata e il processo viene riaperto (cfr. art. 132 ter disp. att.).

Va distinta l’ipotesi in cui l’imputato sia destinatario o meno di misura cautelare custodiale (arresti domiciliari o custodia in carcere).

Orbene, quando l’imputato è libero, nel caso in cui venga rintracciato nel primo semestre dell’anno, l’udienza è fissata il primo giorno non festivo del mese di settembre dello stesso anno, mentre, quando il rintraccio avviene nel secondo semestre, l’udienza è fissata il primo giorno non festivo del mese di febbraio dell’anno successivo (cfr. art. 420 quater comma 4 lett. b).

Ai sensi dell’art. 132 ter disp. att. c.p.p., i Presidenti dei Tribunali hanno adottato variazioni tabellari relative alla calendarizzazione delle predette udienze ed ai giudici designati.

I commi 2 e 3 dell’art. 420 sexies c.p.p. prevedono molteplici adempimenti a carico della polizia giudiziaria, che deve, tra l’altro, trasmettere senza ritardo al giudice la relazione di notificazione della sentenza e il verbale di cui al comma 2.

Ai sensi del comma 4 dell’art. 420 sexies c.p.p., ad eccezione dell’ipotesi in cui l’imputato è sottoposto a misura custodiale per i fatti per cui si procede (comma 6), il giudice - preso atto dell'avvenuto rintraccio dell'imputato e della notificazione della sentenza - con (ulteriore) decreto revoca la sentenza, e dà avviso al pubblico ministero, al difensore dell'imputato e alle altre parti, della data dell'udienza, almeno venti giorni prima della stessa.

Di contro, laddove l’imputato sia destinatario di arresti domiciliari o custodia cautelare in carcere per i fatti per cui si procede, si applica l’art. 420 sexies comma 6 c.p.p., che prevede quanto segue:

il giudice fissa l’udienza per la prosecuzione e dispone che l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza sia notificato all’imputato, al difensore dell’imputato e alle altre parti, nonché comunicato al pubblico ministero, almeno venti giorni prima. All’udienza il giudice procede alla verifica della regolare costituzione delle parti. Si applicano gli articoli 420, 420-bis e 420-ter”.

Dunque, al fine di consentire una celere trattazione del processo, nel caso di sentenza ex art. 420 quater c.p.p. pronunciata nei confronti di imputato sottoposto a misura cautelare custodiale per i fatti per cui si procede, l’udienza di riapertura del processo non segue i criteri di trattazione automatica di cui agli artt. 420 quater comma 4 lett. b) e 132 disp. att. c.p.p., ma è fissata dal giudice con un decreto ad hoc, che è notificato all’imputato, al suo difensore, alle altre parti e al pubblico ministero, almeno venti giorni prima della sua celebrazione.

Va ora affrontata la questione della durata delle ricerche della polizia giudiziaria.

L’art. 89 comma 5 delle disposizioni transitorie recita testualmente:

Nei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 che hanno ad oggetto reati commessi dopo il 18 ottobre 2021, nel caso di sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell'articolo 159, primo comma, numero 3-bis, del codice penale, si applica la disposizione dell'ultimo comma di detto articolo, come modificata dal presente decreto legislativo”.

Dunque, per i reati commessi post 18.10.2021 (sia che seguano il vecchio rito, sia che seguano il nuovo rito dell’assenza), si applica - per espressa previsione normativa - il limite massimo introdotto dal nuovo art. 159 ult. comma (ossia il doppio del termine di prescrizione di cui all’art. 157 c.p.).

Tale regime, del resto, è senz’altro più favorevole rispetto alla sospensione “ad libitum”, introdotta, di fatto, dalla legge delega n. 134/2021, in vigore dal 19.10.2021.

Quest’ultima, infatti, aveva abrogato l’ultimo comma dell’art. 159 c.p., senza tuttavia contemplare un regime transitorio, comportando, di fatto, una sospensione “indeterminata” (cfr. Relazione del Massimario della Cassazione n. 60/2021 sulla l. n. 134/2021[14]).

Di contro, per i reati commessi ante 18.10.2021 (che di fatto costituiscono la maggior parte dei procedimenti a carico di irreperibili già “sospesi”) ai fini del calcolo del termine massimo da indicare in sentenza ex art. 420 quater c.p.p., per la durata delle ricerche, si dovrà valutare, secondo il principio di retroattività ex art. 2 c.p., la disciplina più favorevole all’imputato tra quella di cui alla legge n. 67/2014, antecedente alla modifica apportata dalla l. n. 134/2021 (che prevedeva il limite massimo dell’art. 161 co. 2 c.p., es. ipotesi base 7 anni e 6 mesi), e quella di cui al d.lgs. n. 150/2022 (che prevede ex art. 159 ult. comma c.p., come novellato, il doppio dei termini ordinari di cui all’art. 157 c.p., es. ipotesi base 12 anni).

Ovviamente, nella predetta comparazione, dovranno considerarsi le cornici edittali determinate in base alle aggravanti ad effetto speciale, alle recidive ex art. 99 comma 2 o comma 4 c.p., ovvero al raddoppio dei termini di prescrizione ex art. 157 comma 6 c.p.

Con riferimento alla durata massima delle sospensioni per irreperibilità, si richiama la pronuncia della Cass. Pen. Sez. 6, Sent. n. 1876 del 22/10/2020 Ud. (dep. 18/01/2021), elaborata con riferimento al regime di cui alla l. 67/2014[15], applicabile a molti procedimenti “sospesi”.

Dubbi interpretativi sono sorti, inoltre, in merito al computo dei termini in caso di reato permanente o abituale contestato con formula aperta (“all’attualità”, “con condotta perdurante”) [16]: il termine di prescrizione decorre dal decreto di citazione ovvero dalla sentenza ex art. 420 quater c.p.p.?

Si ritiene che, non avendo la sentenza ex 420 quater c.p.p. la natura di una pronuncia di merito, tale da interrompere l’abitualità/permanenza, il termine di prescrizione dei predetti reati decorra dal deposito dell’atto introduttivo del giudizio che contiene la contestazione, ossia dal decreto di citazione, o dal decreto che dispone il giudizio o dal decreto di giudizio immediato.

[1] A tale riguardo, di recente la Suprema Corte, Sez. 3 -  Sentenza n. 48376 del 09/11/2022 Ud.  (dep. 21/12/2022) Rv. 284062 - 01 - ha ribadito quanto segue: “In tema di giudizio in assenza, è affetta da nullità assoluta la notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato ove non si abbia certezza della conoscenza della pendenza del processo da parte sua ovvero della volontà del medesimo di sottrarsi a tale conoscenza.(In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto illegittima la dichiarazione di assenza che aveva desunto la conoscenza del processo, in particolare, tra l'altro, dalla intervenuta elezione di domicilio nella fase delle indagini preliminari nonché dalla intervenuta notifica di un provvedimento di dissequestro sempre in tale fase)”.

[2] L’art. 581 c.p.p., comma 1-quater dispone che nell’ipotesi dell’imputato rispetto al quale si sia proceduto in assenza in primo grado, con l’atto d’impugnazione del difensore va depositato, a pena d’inammissibilità, uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in appello.

Vengono distinti, quindi, i seguenti casi:

a) l’imputato appellante, non presente all’udienza di cui agli artt. 599 e 602 c.p.p. (cfr. art. 598-ter comma 1 c.p.p.); in tal caso egli verrà sempre giudicato in assenza, anche al di fuori dei casi di cui all’art. 420-bis c.p.p., poiché l’obbligo di depositare, con l’atto di appello, uno specifico mandato ad impugnare - conferito dopo la pronuncia della sentenza di primo grado - comprova di per sé l’effettiva conoscenza del processo e della sentenza impugnata, in capo all’imputato;

b) l’imputato non appellante, non presente all’udienza di cui agli articoli 599 e 602 c.p.p. (cfr. art. 598-ter comma 2 c.p.p.), sempre che risulti la regolarità delle notificazioni; in tal caso la Corte d’Appello procede in assenza solo se sussistono le condizioni di cui all’articolo 420-bis, commi 1, 2 e 3, altrimenti dispone con ordinanza la sospensione del processo (contenente gli avvisi di all’art. 420-quater, comma 4, lettere b)  c) e d), disponendo le ricerche dell’imputato ai fini della notifica del decreto di citazione.

Essendovi una sentenza di primo grado, che sarebbe revocata ove intervenisse una sentenza di non luogo     a procedere, «non si applicano le ulteriori disposizioni di cui all’articolo 420 -quater, nonché gli articoli 420-quinquies e 420-sexies».

[3] Il primo comma dell’art. 489 c.p.p. dispone che, ove vi sia prova che nel corso dell’udienza preliminare l’imputato sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis, il giudice, anche d’ufficio, dichiara la nullità del decreto di rinvio a giudizio e restituisce gli atti al GUP).

[4] Vi è restituzione in termine ex art. 175 co. 2.1 c.p.p. per l’imputato giudicato in assenza, salvo vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell’art. 420-bis (assenza “accertata” dal giudice e assenza “volontaria”), egli provi di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo ovvero di non aver potuto proporre tempestiva impugnazione «senza sua colpa».

[5] Ai sensi del comma 5-bis dell’art. 604 cod. proc. pen., nei casi si accerti che la dichiarazione di assenza pronunciata in primo grado sia avvenuta in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis, il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità.

[6] Tale rimedio di chiusura è previsto nelle ipotesi in cui il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza, forniscano la prova che: a) la dichiarazione di assenza sia stata effettuata in carenza dei presupposti di cui all’art. 420-bis (in tutti i casi); b) non abbiano avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo; c) non abbiano potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa.

[7] Ex plurimis cfr. C., Sez. II, 15.5.2008, Fina in Mass. Uff., 240613. Conf., C., S.U., 27.10.2004, Palumbo; C., S.U., 9.7.2003, Ferrara; C., Sez. I, 16.4.2004, Schiavone, in Mass. Uff., 228507).

[8] Si riporta il passaggio della Relazione del Massimario: “Le norme in tema di notifiche dovrebbero, dunque, divenire operative fin dal giorno in cui entrerà in vigore il d.lgs. n. 150 del 2022 (allo stato, il 30 dicembre 2022), disciplinando, da quel momento in poi, le notificazioni degli atti del procedimento penale: in ossequio al principio generale del tempus regit actum, dovrebbero ritenersi senz’altro valide tutte le notifiche fino a quel momento effettuate sulla base del pregresso impianto normativo; in relazione alle notifiche successive, dovrebbero trovare innanzitutto applicazione le disposizioni degli artt. 161, comma 01 e comma 1, e 157, comma 8-ter, cod. proc. pen. in tema di avvisi che, alla prima occasione utile, devono essere forniti ad indagati ed imputati; dovrebbero, altresì, trovare piana applicazione le disposizioni di cui al nuovo testo dell’art. 156 cod. proc. pen., in tema di notificazioni di atti a soggetti detenuti, e quelle degli articoli 157, 157-bis e 157-ter cod. proc. pen., in relazione alla prima notificazione, alle notificazioni successive e alle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio ai soggetti non detenuti”.

[9] Sul punto, la Circolare del Ministero del 21.10.2022 a pag. 12 evidenzia quanto segue: «si è escluso che ove l’impedimento sussista in sede di prima udienza debba essere sempre disposta una nuova notifica dell'avviso di cui all'articolo 419, comma 1 (già utilmente e correttamente notificato), mentre quel che deve certamente effettuarsi è la notifica all’imputato dell’ordinanza di rinvio alla nuova udienza, attesa la sua legittima assenza».

[10] In senso contrario, si registra la pronuncia della Sez. 4, Sentenza n. 50444 del 10/12/2019 Ud.  (dep. 13/12/2019), secondo cui la rinuncia dell’imputato detenuto a comparire in udienza vale anche per le udienze successive, fino al momento della revoca espressa di tale rinuncia, ossia fino a quando l’imputato non manifesti nelle forme e nei termini di legge la volontà di essere nuovamente presente.

[11] Conti, L'imputato assente alla luce della riforma Cartabia. Note a prima lettura del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in AP, 2023, 20; Kalb, La nuova disciplina del processo in assenza dell'imputato: la ricerca di una soluzione equilibrata per il superamento di problemi ancora irrisolti, in Spangher (a cura di), La riforma Cartabia, Pisa, 2022, 340).

[12] Kalb, La nuova disciplina del processo in assenza dell'imputato: la ricerca di una soluzione equilibrata per il superamento di problemi ancora irrisolti, in Spangher (a cura di), La riforma Cartabia, Pisa, 2022, 347. Una sentenza "bifronte", insomma, che funge sia da pronuncia definitoria, sia da vocatio in iudicium (Mangiaracina, Alla ricerca di un nuovo statuto per l'imputato assente, in SP, 1.12.2022, 11).

[13] D'altronde, dal tenore degli artt. 343 e 344 c.p.p. e, alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 50 e 129 c.p.p., si rileva che solo nella fase processuale (e non anche nel corso delle indagini preliminari) possa essere dichiarata la mancanza di una condizione di procedibilità (C., Sez. I, 6.6.1991, Saidi Ben Abdelaziz, in Mass. Uff., 188076). 

[14] Si riportano di seguito alcuni condivisibili passaggi della Relazione del Massimario della Cassazione n. 60/2021 in ordine al vuoto normativo creato dall’abrogazione dell’art. 159 comma 4 c.p. operato dalla l. n. 134/2021:

 «L’abrogazione della norma è strettamente correlata alla prevista riforma del processo in assenza, oggetto di delega governativa, caratterizzata dal superamento del modello sospensivo del procedimento e dall’introduzione di una specifica disciplina, anche agli effetti del computo dei termini di prescrizione del Reato».

«L’intervento riformatore mira, dunque, ad introdurre una specifica disciplina che si muove lungo due direttrici, entrambe oggetto di delega governativa: i) la modifica del processo in assenza, che non comporta più la sospensione del procedimento, bensì l’emissione di una sentenza di non doversi procedere; ii) l’allungamento dei termini di prescrizione del reato.  L’immediata abrogazione del quarto comma dell’art. 159 cod. pen. va, dunque, letta nella prospettiva della futura riforma del processo in assenza oggetto di delega governativa. L’asincronia degli interventi normativi comporta, tuttavia, che, allo stato, per effetto dell’avvenuta abrogazione, la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 420-quater cod. proc. pen. determinerà, comunque, una sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3-bis, cod. pen., ma senza l’operatività dei limiti previsti dall’art. 161, comma 2, cod. pen. espressamente previsti solo per il caso di interruzione della prescrizione. Da ciò dovrebbe conseguire che la sospensione della prescrizione ai sensi dell’art. 420-quater cod. proc. pen. potrà avere una durata indeterminata, ove alle scadenze prefissate dal successivo art. 420-quinquies non si verifichi una delle ipotesi di revoca previste dal secondo comma. Va, infatti, considerato che, mentre per le altre cause di sospensione della prescrizione previste dall’art. 159 cod. pen. il legislatore ha previsto una durata del periodo di sospensione, con l’abrogazione del quarto comma, e nel silenzio dell’art. 420-quater cod. proc. pen., non sussiste alcuna specifica previsione della durata di tale sospensione».

[15] cfr. pag. 4 e 5 della citata Cass. Pen. Sez. 6, Sent. n. 1876 del 22/10/2020 Ud. (dep. 18/01/2021): “In tema di prescrizione, la sospensione del procedimento nei confronti dell'imputato assente, ai sensi dell'art. 420-quater cod. proc. pen., determina l'aumento di durata della sospensione della prescrizione, ai sensi degli artt. 159, comma settimo, e 161, comma secondo, cod. pen., nella misura massima di un quarto del termine ordinario di cui all'art. 157, comma primo, cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale aumento può essere sommato agli ulteriori aumenti del tempo di prescrizione conseguenti da eventuali fatti interruttivi, ai sensi degli artt. 160 e 161, comma secondo, cod. pen. ed agli eventuali periodi di sospensione della prescrizione, ai sensi dell'art. 159 cod. pen.”.


Note e riferimenti bibliografici