ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Lun, 5 Giu 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

L´ANAC e il nuovo Codice degli Appalti

Modifica pagina

Giuseppa La Masa
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Enna Kore



il ruolo dell´ANAC alla luce della disciplina dei contratti pubblici e le modifiche apportate dal Legislatore con la Legge n. 78 del 21 Giugno 2022.


ENG The role of the ANAC in the regulation of public contracts and the changes made by the Legislator with the law n. 78 of 21 June 2022

Sommario: 1. Il difficile inquadramento giuridico delle autorità indipendenti; 2. L'esercizio delle funzioni amministrative, normative e contenziose; 3. Il riordino delle funzioni: dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici (AVCP) all’A.N.A.C; 4. Dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità̀ delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) all’A.N.A.C; 5. Le funzioni paragiurisdizionali dell'A.N.A.C. nel Codice dei contratti pubblici previsto dal D.lgs. n. 163/2006; 6.  La legge anticorruzione n. 190/2012 e le nuove funzioni dell'A.N.A.C; 7. L’attività regolatoria, consultiva e di monitoraggio; 8. La riforma del codice degli appalti con la legge n. 78 del 21 giugno 2022; 9. La riforma del codice in attuazione della normativa europea e il divieto di Gold Plating; 10. Le più importanti modifiche al Codice degli appalti; 11. Le osservazioni dell’ANAC con riguardo alle recenti modifiche al Codice dei Contratti; 12.   Brevi considerazioni conclusive.

1. Il difficile inquadramento giuridico delle autorità indipendenti

Le Autorità indipendenti possono essere definite come enti o organi dotati di sostanziale indipendenza dall'esecutivo, caratterizzate da autonomia organizzatoria, finanziaria e contabile e dalla mancanza di controlli e di soggezione al potere di direttiva del Governo, forniti di autonomia nella nomina, nei requisiti soggettivi e nella durata delle cariche dei vertici ed aventi funzione tutoria di interessi costituzionali in campi socialmente rilevanti[1]. Le Autorità indipendenti[2] sono state istituite in Italia adottando il modello di amministrazioni indipendenti presente negli Stati Uniti, al precipuo scopo di rispondere a quel fenomeno di crisi della legge intesa come incapacità della stessa di definire, nel rispetto dei canoni di astrattezza e generalità, un sistema completo di regole per gli operatori. Tra le ragioni che hanno determinato l'istituzione delle Autorità vengono annoverate le seguenti: l'incapacità dell'assetto legislativo a determinare le regole che ha determinato l’attribuzione dei poteri di regolamentazione in capo alle Autorità (c.d. law marking), preordinate all'emanazione di regolamenti o atti generali; l'esigenza di svincolare la gestione di determinati settori dall'influenza della politica; la necessità di prevedere una funzione amministrativa non tanto imparziale, quanto neutrale con conseguente indifferenza rispetto agli interessi contrapposti, al fine di evitare il condizionamento delle scelte; infine, sulla spinta del diritto europeo, la necessità di attuare un processo di liberalizzazione dei mercati, favorendo l'ingresso di nuovi operatori[3].

Sono queste le ragioni che hanno indotto la dottrina[4] ad evitare un approccio dogmatico unitario, preferendo individuare le caratteristiche delle Autorità da un punto di vista funzionale, per poi spostare l'attenzione sul profilo genetico strutturale. A tal proposito è stato evidenziato che le funzioni attribuite alle Autorità indipendenti non sono sussumibili all'interno di un'unica categoria, anche se le stesse risultano accomunate per l'esercizio di funzioni che si sovrappongono, di volta in volta, al potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Nello specifico, il tratto che accomuna tutte le Autorità è che, accanto alle funzioni propriamente normative e di regolazione (c.d. law marking), esse sono titolari anche di poteri amministrativi in senso proprio, nonché di funzioni arbitrali e contenziose utili a filtrare, a scopi deflattivi, l'accesso alla giurisdizione. Sotto tale punto di vista, dunque, si ha l'esercizio di un potere di tipo discrezionale o vincolato, che connota l'attività delle stesse, cui si contrappone la posizione del soggetto privato (titolare di interesse legittimo di tipo oppositivo o pretensivo). L'esercizio delle funzioni amministrative da parte di soggetti dotati di indipendenza, oltre che di spiccate competenze tecniche, denota, pertanto, i tratti distintivi delle funzioni delle Autorità indipendenti.

2. L'esercizio delle funzioni amministrative, normative e contenziose

Nel quadro appena tratteggiato, le Autorità indipendenti sono qualificabili come amministrazioni rispondenti all'articolo 97 Cost., istituite al fine di regolare il contesto economico, disciplinando gli interessi collettivi da una posizione neutrale. Esse rappresentano gli organi regolatori, in prima istanza, di tutti i settori dell'economia, compreso anche quello degli appalti. In questo contesto, le Autorità sono state investite di rilevanti poteri di controllo sui settori “sensibili” dell'economia nazionale, con valenza interna all'amministrazione.

Dal punto di vista definitorio, la dottrina individua i binari entro cui l'Autorità può e deve muoversi, al fine di contribuire al miglioramento dell'ordinamento settoriale, mediante l'adozione di atti amministrativi e debitamente motivati, rispondenti non soltanto alla legge, ma anche al diritto secondo una lettura sostanziale del principio di legalità[5]. Su tale versante, il primo dato messo in evidenza è che le funzioni delle Autorità indipendenti non presuppongono una valutazione ponderativa e comparata dei diversi interessi, pubblici e privati, quanto piuttosto un'azione di accertamento e qualificazione effettuata, raffrontando la disciplina sostanziale del settore alla cui vigilanza e regolazione sono deputate.

La funzione di esse riposa, quindi, in una posizione neutrale ed equidistante rispetto alle situazioni giuridiche di tipo bilaterale intercorrenti tra i soggetti privati. Nell'esercizio delle funzioni, dunque, le Autorità -discostandosi dal modello dell'amministrazione classico- non si muovono secondo il canone dell'imparzialità, ma secondo quello della neutralità. Il canone della neutralità, infatti, a differenza dell'imparzialità, non implica imparzialità rispetto all'interesse pubblico a cui è preposta, ma indifferenza rispetto agli interessi in conflitto. La distanza e la terzietà rispetto alle posizioni in campo, con connotazione para-giurisdizionale rappresentano l'elemento caratterizzante dell'agire delle Autorità.

Esse sono indipendenti proprio perché neutrali rispetto al potere politico dell'esecutivo, godendo di un particolare sistema di garanzie riguardanti le nomine, l'incompatibilità e l'autonomia. Ne consegue che, nell'esercizio delle competenze, le stesse non sono soggette al potere dell'esecutivo di indirizzo, direttive e controllo. Vero è che alcune leggi istitutive riconoscono all'esecutivo un potere di indirizzo generale o di vigilanza, ma si tratta di un potere esercitabile nei confronti dell'intero settore e non nei confronti della singola Autorità[6]. La caratteristica dell'indipendenza, inoltre, rende le Autorità indifferenti anche alle lobbies operanti nella realtà dei mercati, sfuggendo così ai fenomeni di cattura del controllore[7].

3. Il riordino delle funzioni: dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici (AVCP) all’A.N.A.C

Nel nostro ordinamento giuridico l'Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici (in sigla AVCP) vennero istituiti per la prima volta con la Legge n. 109 dell'11 febbraio 1994 (c.d. “legge Merloni”) con l'obiettivo di garantire l'osservanza dei criteri di efficienza ed efficacia nello svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica, vigilando al contempo sulla libera concorrenza ed evitando la diffusione di fenomeni corruttivi. In questo modo il legislatore varò una nuova disciplina improntata da una certa rigidità per fronteggiare i fenomeni corruttivi emersi dall'inchiesta “Mani Pulite”, dimostrando il proprio impegno nella lotta alla corruzione e nel ripristino della legalità, istituendo -al contempo- una nuova Autorità a presidio preventivo della legalità nel settore degli appalti[8].

L'approvazione del D.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, recante il Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, adottato in recepimento delle Direttive n. 2004/17/CE e 2004/18/CE, fu l'occasione per rafforzare ulteriormente le funzioni dell'AVCP che venne disegnata quale Autorità dotata di indipendenza funzionale ed autonomia organizzativa[9]. Nel nuovo assetto normativo, in particolare, vennero attribuiti all'AVCP le funzioni di risoluzione non vincolante delle controversie (art. 6, comma 7, lett. n), oltre che l'attività di vigilanza sugli appalti di lavori, servizi e forniture, potendo richiedere alle stazioni appaltanti e agli operatori economici documenti ed informazioni nonché di effettuare ispezioni, avvalendosi della collaborazione della Guardia di Finanza.

Particolare importanza venne attribuita anche alle funzioni volte alla regolazione del mercato dei lavori pubblici; tale attività, anche se non espressamente attribuita dal legislatore, venne ritenuta implicita nel più generale potere di vigilanza, pertanto, in forza della stessa, venne ammesso il potere dell'AVCP di irrogare sanzioni pecuniarie nel caso in cui le stazioni appaltanti o gli operatori economici si rifiutavano, senza giustificato motivo, di fornire informazioni o documenti.

4. Dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità̀ delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) all’A.N.A.C

La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (in sigla CIVIT) è stata creata D.lgs. n. 150/2009 al fine di controllare l'efficienza e la trasparenza della Pubblica Amministrazione (in sigla PA). Il D.lgs. n. 150/2009 da un lato aveva attribuito alla Commissione le funzioni per valutare la performance della PA, determinando gli standard dei servizi pubblici, valutando la trasparenza e l'integrità dell'operato delle stesse, dall'altro, non aveva accompagnato tali funzioni con l'attribuzione di poteri sanzionatori. Con legge n. 190 del 6 novembre 2012, n. 190[10] venne poi affidato alla CIVIT e al Dipartimento della funzione pubblica anche il compito di monitorare il rispetto delle disposizioni in tema di prevenzione della corruzione e della trasparenza. In questa direzione, volta a rafforzare la prevenzione in ordine ai fenomeni corruttivi, la legge n. 125 del 30 ottobre 2013 aumentò il grado di indipendenza dei membri della Commissione, modificando la denominazione della CIVIT in Autorità̀ nazionale anticorruzione per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche.

Il D.lgs. n. 33/2013 ed il D.lgs. n. 39/2013 sulla trasparenza e sulle incompatibilità ed inconferibilità attribuì all'Autorità anche il compito di monitorare la performance e la trasparenza della PA. Sebbene lo sforzo profuso dal legislatore, la mancata attribuzione all'Autorità Nazionale Anticorruzione per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (già CIVIT) di poteri sanzionatori impedì di fatto l'effettività dell'opera di prevenzione della corruzione affidata dalla legge anticorruzione.

5. Le funzioni paragiurisdizionali dell'A.N.A.C. nel Codice dei contratti pubblici previsto dal D.lgs. n. 163/2006

L'ANAC è subentrata nelle competenze già attribuite all'AVCP, proseguendo l'opera di controllo del settore degli appalti pubblici anche al fine di evitare che si verifichino dei profili patologici che generano contenzioso e corruzione con conseguente allungamento dei tempi di definizione delle gare e dell'esecuzione dei contratti. In questo senso, è stata attribuita all'ANAC la vigilanza sull'operato delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, nell'ottica di realizzare una piena responsabilizzazione del mercato. L'attribuzione all'Autorità di funzioni giurisdizionali o para-giurisdizionali (presente sia nel D.lgs. n. 163/2006 e ribadita anche nel nuovo D.lgs. n. 50/2016), messe a servizio delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, mira, quindi, a garantire una corretta dinamica dei contratti pubblici.

L'art. 6 del D.lgs. n. 163/2006 prevedeva a tal proposito che l'ANAC “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle parti esprime parere non vincolante relativamente alle questioni sorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando un'ipotesi di soluzione”. Il procedimento per la soluzione delle controversie, disciplinato da un apposito regolamento[11] è stato, quindi, configurato ad iniziativa di parte e dunque singolarmente, ma anche congiuntamente in caso di richiesta della stazione appaltante[12]. In questo sistema, l'Autorità è stata chiamata ad esprimersi sulle operazioni di gara, valutando così la legittimità delle suddette operazioni.

Il regolamento emanato dall'ANAC prevede, fra l'altro, che avranno le priorità le controversie che presentino le seguenti caratteristiche: carattere di novità e la complessità della questione di diritto sottoposta; l'incidenza della questione su future procedure ad evidenza pubblica; il valore economico e sociale della controversia. Merita di essere segnalato che il regolamento adottato estende la competenza dell'Autorità a tutte le “questioni sorte durante lo svolgimento delle procedure di gara”; da ciò è stato ritenuto possibile una pronuncia dell'ANAC anche sulle richieste presentate dopo la comunicazione dell'aggiudicazione definitiva, ma prima della stipula del contratto[13].

In quest'ottica, l'Autorità, nel caso di riscontro di illegittimità, ha sollecitato l'adozione di provvedimenti di autotutela ad opera della stazione appaltante, attraverso l'emanazione di un parere facoltativo[14].  L'ampliamento dei confini del precontenzioso, peraltro, ha consentito di sottoporre all'attenzione dell'ANAC finanche le problematiche attinenti alla verifica del possesso dei requisiti di ordine generale e di capacità tecnica ed economica, verificabili -a norma dell'art. 48 co. 2 D.lgs. 163/2006- solo dopo l'aggiudicazione[15]

Un cenno a parte meritano le attività conciliative. Al fine di fornire uno strumento che possa essere di ausilio all'appaltatore e alle stazioni appaltanti nella fase dell'esecuzione del contratto, il regolamento ha previsto altresì la possibilità per l'ANAC, nella fase di esecuzione, di esprimere un parere non vincolante sulle questioni insorte dopo la stipula del contratto.

Tale competenza, anche se non trovava copertura nell'ambito dell'art. 6 del D.lgs. n. 163/2006, è stata ricondotta ai poteri di regolamentazione di vigilanza, quale strumento aggiuntivo ai fini della deflazione del contenzioso, assicurando un controllo pure in una fase sottratta alle regole pubblicistiche.

6.  La legge anticorruzione n. 190/2012 e le nuove funzioni dell'A.N.A.C

Il D.L. n. 90 del 24 giugno 2014, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha ridisegnato i compiti dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (in sigla ANAC), quale nuova Autorità che succede nei compiti e nelle funzioni dell'AVCP e della CIVIT. L'art. 19 D.L. 90/2014 ha, infatti, soppresso l'AVCP, prevedendo il trasferimento dei relativi compiti, funzioni e risorse all’ANAC che in questo modo è stata ridenominata con l’eliminazione di ogni riferimento, contenuto nella precedente, alla valutazione e alla trasparenza[16]. L'art. 22, a sua volta, nell'ottica di razionalizzare il settore ha espressamente qualificato l'ANAC quale autorità indipendente, con ciò superando quei dubbi che in passato erano stati espressi sulla CIVIT e l'AVCP.[17].

L'art. 19 del D.L n. 90/2014, come anticipato, ha quindi ridisegnato i compiti dell'ANAC nell'ottica di una nuova strategia volta alla prevenzione della corruzione, estesa così anche al settore degli appalti pubblici, liberando l'Autorità dai compiti relativi alla performance che, così, vengono trasferiti al Dipartimento della funzione pubblica (co. 9) e attribuendo alle stessa una specifica competenza in materia di trasparenza ed anticorruzione (co. 15). Sul versante dei contratti pubblici l’ANAC, inoltre, viene deputata a ricevere  le segnalazioni da parte dei cittadini, ma anche quelle dei dipendenti pubblici ove vengano a conoscenza, nell’ambito della propria attività, di violazioni di disposizioni di legge o di regolamento o di altre anomalie e irregolarità relative ai contratti pubblici; ai sensi dell'art. 37 viene fatto obbligo alle stazioni appaltanti, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria, di trasmettere le varianti in corso d’opera ai sensi dell’art. 132 D.lgs. 163/2006 degli appalti di importo eccedente il 10% dell’importo originario del contratto.

L’art. 19, peraltro, ha attribuito all’Autorità dei poteri sanzionatori amministrativi nel caso di omessa adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza e dei codici di comportamento. In questo nuovo ambito l'ANAC è stata disegnata quale autorità che -in ossequio alla nuova disciplina anticorruzione di cui alla legge n. 190/2012[18]- assume compiti di amministrazione attiva, consultiva, ispettiva e di controllo, in un quadro di collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica e con il Comitato interministeriale previsto dall'art. 1, co. 4, della medesima legge. Tra gli altri compiti affidati all'ANAC vi sono anche quelli di approvare il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA)[19] e illustrare al Parlamento, entro il 31 dicembre di ogni anno, l'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia[20]. Accanto a queste funzioni spetta all'ANAC anche un'attività consultiva, in quanto compete ad essa emanare dei pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento ed ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico. Essa esprime, inoltre, pareri facoltativi in materia di autorizzazioni allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali.

Nel nuovo contesto normativo, sono stati attribuiti all'ANAC anche dei poteri di vigilanza e controllo in ordine all’applicazione e all’efficacia delle misure di prevenzione della corruzione adottate dalla PA ed il rispetto delle nuove regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa. Nell’esercizio delle funzioni ispettive, l'ANAC può, infatti, richiedere notizie, informazioni, atti e documenti alle PP. AA. e ordinare l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di prevenzione alla corruzione e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa, ovvero ordinare la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza sopracitate. Le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti conseguentemente adottati.

7. L’attività regolatoria, consultiva e di monitoraggio

La funzione di regolazione rappresenta il vero elemento qualificante delle Autorità e al tempo stesso uno degli aspetti più problematici. Il potere di regolamentazione dell'ANAC, sotto la previgente disciplina, per come detto, è stato uno strumento volto a ridurre e contenere il contenzioso collegato alle procedure ad evidenza pubblica.

L'Autorità, fin dalla sua istituzione, ha posto in essere una serie di atti, caratterizzati dalla natura normativa di provvedimenti generali ed individuali, non espressamente previsti dalla legge, ma tramite i quali ha fornito indicazioni utili alle stazioni appaltanti al fine di risolvere i dubbi interpretativi sulla normativa vigente in materia di procedure ad evidenza pubblica.

L'ANAC è così intervenuta in sede di verifica dell'applicazione della normativa, invitando le stazioni appaltanti a correggere, in via successiva, le violazioni riscontrate. L'attività regolamentare dell'ANAC, attraverso siffatta attività, è stata quella di garantire la corretta applicazione della normativa sugli appalti e sui contratti pubblici, nonché la regolarità, tempestività, trasparenza e correttezza nell'applicazione della disciplina giuridica.

In questo modo, ciò che ha caratterizzato l'operato dell'Autorità è stato lo stretto legame fra l'attività di vigilanza -finalizzata a garantire il corretto funzionamento del sistema degli appalti pubblici- e l'attività regolatoria, espressa sotto forma di provvedimenti amministrativi a carattere generale, seppur non vincolanti. L’Autorità, in questo modo, ha definito le regole di condotta valide per la generalità degli operatori del settore, in quanto il suo intervento non è stato limitato ai singoli destinatari dei provvedimenti di vigilanza[21], ma ha assunto una valenza generale.

Tale potere di regolazione dell'ANAC, derivato da un'interpretazione sistematica del quadro normativo di riferimento e, dunque, delle attribuzioni ad essa conferita dalla legge, è stato ritenuto legittimo rispetto ai principi del diritto amministrativo e principio di legalità[22]. Nonostante la natura degli atti dell'ANAC appaia chiara, non vi è stata per molto tempo unanimità di vedute sui poteri di regolamentazione che, per una parte della dottrina[23] trae fondamento nel ruolo di ente regolatorio e dall'altro, per un altro indirizzo, traggono fondamento nella capacità di regolare il settore attraverso atti di soft law e moral suasion[24].

8. La riforma del codice degli appalti con la legge n. 78 del 21 giugno 2022

Il Consiglio dei Ministri il 23 Marzo 2023 ha approvato il decreto il decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78. Tale riforma rappresenta sicuramente un contributo fondamentale per lo sviluppo del paese e per l’attuazione da parte del Governo del PNRR. L’obiettivo che si è cercato di raggiungere è quello della razionalizzazione e semplificazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

L’esigenza del cambiamento si è avuto a seguito delle costanti pressioni esercitate dagli organi europei per cercare di unificare il diritto nazionale in materia di appalti a quello europeo.

L’entrata in vigore del nuovo Codice è disposta il 1° aprile 2023, ma le disposizioni entreranno in vigore nel 1° luglio 2023.

I principi e i criteri principali che sono previsti dalla riforma sono:

  1. il perseguimento delle direttive europee in materia di tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza;
  2. la revisione delle competenze e delle funzioni dell’ANAC;
  3. la riqualificazione delle stazioni appaltanti;
  4. la semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea ossia i c.d. contratti sottosoglia;
  5. l’introduzione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara un regime obbligatorio di revisione dei prezzi;
  6. la riduzione e la certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, mediante interventi di digitalizzazione e informatizzazione e anche attraverso contratti-tipo predisposti dall'ANAC;
  7. l’individuazione delle ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori il c.d. appalto integrato;
  8.  l’utilizzo di metodi alternativi al rimedio giurisdizionale;
  9. il divieto di prestazione d’opera intellettuale a titolo gratuito;
  10. la presenza del general contractor.

9. La riforma del codice in attuazione della normativa europea e il divieto di Gold Plating

Le modifiche riguardanti il Codice dei Contratti Pubblici è entrato in vigore il 1° aprile 2023 in attuazione delle direttive europee 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE recante la disciplina nei cd. settori ordinari, 2014/25/UE inerente alla disciplina sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e infine, alla direttiva 2009/81/CE relativa agli appalti nei settori della difesa e della sicurezza.

Lo strumento usato dalla legislazione europea è quello della direttiva che consente agli stati di poter liberamente adottare gli strumenti e i mezzi idonei per raggiungere gli obiettivi posti dalle direttive.

Va evidenziato come le norme contenute nelle direttive devono avere un contenuto sufficientemente chiaro e preciso, non condizionato o subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di atti ulteriori da parte delle istituzioni delle Unioni o degli Stati membri.[25] . Inoltre, per la recezione delle direttive occorre tenere presente dei livelli minimi di regolazione che sono altresì chiariti dalla Corte Costituzionale, la quale ha specificato come andranno esaminati i commi 24 bis, ter e quater dell’art. 14 della L. 28 novembre 2005, n. 246. Tali livelli minimi sono definiti nel comma 24 ter e così individuati:

1) “l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”;

2) “l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari”;

3) “l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”.

Va peraltro precisato come viene imposto un divieto di gold plating che prevede che non è possibile stabilire oneri a carico degli operatori economici ulteriori rispetto a quelli previsti dalle direttive europee ossia il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie. Le modifiche al Codice degli appalti oltre che per velocizzare i tempi o per una semplificazione delle procedure di affidamento delle gare pubbliche, si sono realizzate a seguito del fatto che la Commissione ha contestato all’Italia alcune disposizioni contenute nel Codice rispetto a quanto disposto dalle direttive europee sulle concessioni (direttiva 2014/23/UE), sugli appalti pubblici nei settori ordinari e nei settori speciali (direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE).

La Commissione ha rilevato le parti che contrastano con le direttive europee ed in particolare:

- l’incompatibilità del divieto di subappaltare oltre il 30% di un contratto pubblico[26];

- il divieto generale sul cd. subappalto a catena;

- la mancata previsione del potere di esclusione di un operatore economico che si sia reso autore di violazione della normativa sugli obblighi di pagamento di imposte e contributi previdenziali;

- disciplina riguardante i contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea ossia i c.d. contratti sottosoglia.  

  10. Le più importanti modifiche al Codice degli Appalti

Il nuovo Codice degli Appalti enuncia già all’inizio quali sono i principi generali che le parti contrattuali devono rispettare reciprocamente e si dà una definizione della figura del Responsabile Unico del progetto per cercare di alleggerire le altre figure nelle varie fasi del procedimento. A lui vengono affidate le fasi di programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione e la persona può essere scelta anche tra i soggetti che lavorano per la stazione appaltante.

Si prevede, inoltre, il rafforzamento della digitalizzazione con l’utilizzo di banche dati che consentono una gestione semplificata, un controllo più accurato da parte dell’ANAC e un accesso rapido da parte dei cittadini per i contratti pubblici che vengono stipulati. Un'ulteriore modifica riguarda la stabilizzazione delle soglie previste per l’affidamento diretto dei contratti pubblici fino 150 000 euro. In particolare, fino a 150mila euro si procede con affidamento diretto, poi fino a 1 milione la procedura negoziata senza bando invitando 5 imprese, numero che sale a 10 per i lavori sotto la soglia Ue di 5,38 milioni.

Il Codice prevede, altresì, la possibilità dell’appalto integrato o l’utilizzo del cd contratto a cascata; in particolare, per quanto riguarda il primo, per gli appalti complessi, la stazione appaltante o l’ente concedente, può stabilire che il contratto abbia per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato; per la seconda fattispecie di contratto si lascia il potere discrezionale alle stazioni appaltanti di indicare nei documenti di gara eventuali limitazioni alla sua applicabilità, che dovranno, però, essere specifiche e motivate.

Da tenere in considerazione è la revisione obbligatoria dei prezzi che scatteranno in maniera automatica con l’aumento del 5 % dell’importo complessivo e la previsione che il professionista continui a lavorare se non vi siano gravi indizi di colpevolezza o una condanna definitiva nei suoi confronti per alcuni tipi di reato. Le norme del Codice acquisteranno efficacia a partire dal 1° luglio 2023 e nel periodo transitorio si utilizzeranno le norme della normativa previgente.

11. Le osservazioni dell’ANAC con riguardo alle recenti modifiche al Codice dei Contratti

L’ANAC ha formulato alcune osservazioni riguardanti il nuovo Codice degli Appalti, evidenziando problemi interpretativi e applicativi con riguardo ai contratti e con riferimento ai principi di trasparenza e prevenzione della corruzione. Con una nota pubblicata il 02/02/2023 l’ANAC chiariva quali fossero i dubbi riguardanti la nuova normativa ed in particolare l'eliminazione di controlli preventivi per evitare un uso indiscriminato dell'in-housel'innalzamento a 500mila euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltantil'allentamento delle garanzie sul conflitto d'interessi; l'uso generalizzato dell'appalto integrato senza motivazioni.

Con riguardo al primo punto l’ANAC chiede il ripristino degli elenchi delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, gestito da ANAC. La nuova normativa prevista all’art. 7 del Codice prevede, tra le varie modalità organizzative che le pubbliche amministrazioni possono adottare per l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi, anche l’affidamento diretto a società cosiddette in house. Il Presidente dell’ANAC ha evidenziato come l’intervento dell’Autorità consenta un maggior controllo, trasparenza, sicurezza e vigilanza alle stazioni appaltanti.

Ulteriore aspetto che viene evidenziato nella critica riguarda l’articolo 50, comma 1, in tema di affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie, che stabilisce un notevole innalzamento sia delle soglie per l’affidamento diretto che di quelle per la procedura negoziata senza bando, nell’ottica di attuare la massima semplificazione delle procedure. In tale ottica l’Autorità ha messo in evidenza come non ha mai visto con favore l’innalzamento delle soglie che esentano la stazione appaltante dal confronto con la concorrenza e si auspica che le suddette soglie vengano ridimensionate. A tal proposito l’art 50 andrebbe rivisto alla luce delle considerazioni previste dall’ANAC:

Salvo quanto previsto dagli articoli 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all'affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14 con le seguenti modalità: a) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante; b) affidamento diretto dei servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante; c) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro; d) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno 10 operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14, salva la possibilità di ricorrere alle procedure di scelta del contraente di cui alla Parte IV del presente Libro, previa adeguata motivazione; e) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per l'affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l'attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14.”

Dalle osservazioni emerge anche come le disposizioni sul conflitto d’interessi potrebbero far venire meno un elemento essenziale qual’ è l’imparzialità. Secondo il Presidente dell’ANAC “il testo presentato in Parlamento fa sì che sia difficile che emergano i conflitti di interessi, introducendo una sorta di inversione dell’onere della prova, per dimostrare che il soggetto è in conflitto d’interessi e che non sia conforme alle direttive europee.”

Ad arrecare ulteriori dubbi il ricorso all’appalto integrato senza motivazione che potrebbe, che dovrebbe essere usato solo nei casi di progetti molto complessi altrimenti si corre il rischio di penalizzare le piccole imprese e la progettazione, che è la fase in cui vengono individuate le necessità dei cittadini e dell’amministrazione.

12. Brevi notazioni conclusive

Poiché oggi l’A.N.AC., a norma dell'art. 231 del D.lgs. n. 50/2016, vigente ancora fino all’effettiva entrata in vigore della legge 21 giugno 2022, n. 78, ha la missione istituzionale di regolare il settore degli appalti pubblici e di prevenire la corruzione nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni, si comprende come essa diviene l’interlocutore stabile e qualificato per il settore dei contratti pubblici. A tal proposito la disciplina vigente prevede espressamente l'obbligo dell'ANAC di fornire orientamenti e informazioni alle stazioni appaltanti e agli operatori economici per l’applicazione del diritto sugli appalti pubblici e un ausilio alle amministrazioni aggiudicatrici per la conduzione delle gare d’appalto.

Si tratta di funzioni che qualificano l'ANAC quale organo preposto all’esercizio di una funzione di vigilanza, intesa come verifica e controllo del rispetto della disciplina di settore, ma anche quale soggetto regolatore del mercato di riferimento, mediante la definizione di regole di condotta per gli operatori del settore[27]. Le funzioni dell’ANAC rappresentano, quindi, il frutto di un processo di affinamento che si è realizzato nel tempo e che ha assegnato all'Autorità il compito di uniformare le procedure di gara, predisponendo anche i vari bandi-tipo.

L’esercizio di tale potere regolatorio si esplicherà attraverso l’emanazione di atti appunto di regolazione, vincolanti, ai quali è attribuito non solo il valore di moral suasion, ma di veri e propri obblighi giuridici, sanzionati in caso di mancato adeguamento. Essa può, allora, essere descritta come una funzione oggettivamente complessa, contraddistinta dalla confluenza in capo al soggetto regolatore di una pluralità di poteri (normativi, amministrativi, di risoluzione di conflitti).

Suggerendo un’interpretazione di tipo sistematico e operativo del potere regolatorio, può affermarsi che essa rappresenta una manifestazione del potere di vigilanza, concretamente realizzato mediante la posizione in via preventiva di regole di condotta, di norma vincolanti, contenute in atti sia normativi che para-normativi, al fine di garantire ex ante il buon funzionamento del mercato, fornendo un contenuto interpretativo di tipo conformativo e correttivo alla normativa superiore[28]. Per quanto attiene ai criteri di trasparenza sottesi all’attività contrattuale delle Pubbliche Amministrazioni, la disciplina prevede anche l’obbligo a carico di ciascuna stazione appaltante di una previa qualificazione (art. 38 D.lgs. 50/2016) e l'obbligo di pubblicare nel proprio sito istituzionale una serie di informazioni relative ai singoli affidamenti, trasmettendo all’ANAC una serie di dati aggregati ai fini della relativa pubblicazione[29].

La riforma del 2016 ha determinato l'esigenza di un complessivo ripensamento dell’attuale disciplina italiana in materia di appalti, attribuendo all'ANAC il compito di controllare la qualificazione degli operatori economici (art. 84, D.lgs. n. 50/2016), oltre che l’ampliamento del novero dei soggetti per i quali occorre procedere alla relativa verifica (rating di legalità). Ovviamente nonostante il compito di estrema importanza affidato all’ANAC per quanto riguarda la vigilanza, la sicurezza, il controllo e la supervisione dei contratti pubblici e dei rapporti che sorgono con questi, le novità legislative in materia di appalti hanno ridotto il ruolo e i poteri che l’Autorità deteneva.

A tal proposito il legislatore ha chiarito che le norme presenti nel nuovo Codice degli appalti devono essere interpretate positivamente in quanto poste per il processo di semplificazione e di digitalizzazione più volte auspicati dagli organi dell’Unione Europea tramite le direttive.


Note e riferimenti bibliografici

 [1] Il fenomeno delle Authorities trova le sue radici nell'ordinamento statunitense, in particolare nel modello delle indipendent regulatory agencies al fine di attuare un processo di regolazione pubblica dell'economia e di disciplinare gli effetti della crescita economica. Le agenzie americane sono dotate di funzioni amministrative di autorizzazione e di vigilanza così come di normazione secondaria (rule making) e di soluzione delle controversie. Si rimanda a: ALPA G, L’autorità per i servizi pubblici ed i consumatori, in AA.VV. Attività regolatoria e autorità indipendenti, Milano, 1996, p. 29.  

[2]  Tra le varie Autorità basti ricordare: la Banca d'Italia; la CONSOB; l'ISVAP; l'AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato); l'AEEGSI (Autorità per l’energia elettrica e il gas); l'AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni); l'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione).

[3]   Si veda fra i tanti: BASSI F - MERUSI F, Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993; Id. CARINGELLA F, Corso di diritto processuale amministrativo, Milano, 2003.

[4] Per approfondimenti si rimanda a: CLARICH M. Per uno studio sui poteri dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, in F. Bassi – F. Merusi, Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993, p. 115.  

[5] Si rimanda a: DE VERGOTTINI G, L’autorità di regolazione dei servizi pubblici e il sistema costituzionale dei pubblici poteri, in Attività regolatoria e autorità indipendenti, Milano, 1996.

[6] L'indipendenza è assicurata poi anche dalle disposizioni che regolano le modalità di nomina dei componenti, comprese quelle che prevedono un regime di incompatibilità a cui si aggiunge il riconoscimento dell'autonomia organizzatoria, finanziaria e contabile. L'indipendenza ordinamentale è stata infatti, ritenuta funzionale alla salvaguardia del corretto esercizio dei poteri affidati che, dovendo essere esercitate in modo neutrale, presuppongono in chi le esercita una libertà da ogni possibile condizionamento. È tale elemento che evidenzia la differenza rispetto alle amministrazioni tradizionali le quali, secondo il modello tradizionale, rappresentano una branca del potere esecutivo presieduta e controllata dal Ministro competente, unico titolare del rapporto organico. Le funzioni istituzionali normative e regolamentari delle Autorità sono indubbiamente quelle che più di tutte caratterizzano l'attività, adottando misure generali che, volte agli operatori, intervengono in settori connotati da alto tecnicismo e privi di una puntuale disciplina legislativa, in applicazione di un criterio di separazione delle fonti più che di gerarchia. Si veda: G. FALCON, Il primo, il secondo ed il terzo garante nei settori dell’editoria e della radiodiffusione, in Mercati e amministrazioni indipendenti, di F. Bassi – F. Merusi, 1993. Id FRANCHINI C, Le autorità amministrative indipendenti, in Riv. trim. dir. pub., 1988, p. 549.

[7]Si veda: CINTIOLI F, I regolamenti delle Autorità indipendenti nel sistema delle fonti tra esigenze della regolazione e prospettive della giurisdizione, relazione al Convegno sulle Autorità amministrative indipendenti, in www.giustizia-amministrativa.it., il quale osserva come, a riguardo, sono due le posizioni che sono emerse: per un primo indirizzo, oramai recessivo, non dovrebbe ammettersi l'attribuzione di un potere normativo, attesa la loro estraneità alla legittimazione democratica; di diverso avviso è l'autore che, invece, afferma che alle Autorità va riconosciuta una natura mista traendo fondamento direttamente nell'art. 97 Cost.

[8] Tra le funzioni dell'AVCP merita di essere ricordato che il D.P.R n. 34 del 25 gennaio 2000, istitutivo delle Società Organismi di Attestazione (SOA), attribuì all’AVCP anche il compito di vigilare sugli organismi deputati alla qualificazione delle imprese. Si veda: COMPORTI, GD. Lo Stato in gara: note sui profili evolutivi di un modello, in Il diritto dell'economia, 2007, n. 2.

[9] Nel nuovo contesto normativo le competenze sono state ampliate, affidando all'AVCP la Banca Dati Nazionale sui contratti pubblici, oltre che specifici poteri sul settore degli appalti come la predisposizione dei Bandi tipo (disposto dal Decreto Legge, testo coordinato, 22/06/2012 n. 83) e l’elaborazione dei prezzi di riferimento nel settore, prezzi che hanno rappresentato il massimo prezzo di una possibile aggiudicazione in tutti i casi in cui non sia presente una convenzione Consip. Si rimanda a: FIDONE G., Dalla rigidità della legge merloni al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro amm. TAR, fasc.12, 2007.

[10] Il Legislatore del 2012 ha modificato la previsione di cui all’art. 6 della Legge n. 116/2009 che designava come Autorità Nazionale Anticorruzione il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, individuando quale Autorità Nazionale Anticorruzione per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche la CIVIT (art.1 legge n. 190/2012). La CIVIT ai sensi dell’art. 5, legge n. 125/2013 ha assunto la denominazione di Autorità Nazionale AntiCorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni (ANAC). Sul punto si veda: CLARICH M. - MATTARELLA B.G., “La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche nel panorama delle Autorità indipendenti, in Scognamiglio G. (a cura di) Il nuovo ordinamento del lavoro pubblico e il ciclo della performance, Promo PA, Fondazione Roma, 2010. Sull’Anac: CANTONE R. - MERLONI F. (a cura di), La nuova autorità nazionale anticorruzione, Torino, 2015.

[11]  Si rimanda al Regolamento sull’esercizio della funzione di componimento delle controversie di cui all’art. 6, comma 7, lettera n) del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Deliberazione del 27 maggio 2015 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale, n. 147 del 27 giugno 2015.

[12] Il parere precontezioso dell'A.N.A.C si atteggiava in modo differente a seconda del soggetto istante; se richiesto dalla stazione appaltante o da questa, congiuntamente al privato, tale comportamento era di spontanea adesione; viceversa, se proveniva dal solo operatore economico non sempre vi era l'adeguamento della stazione appaltante stante la natura facoltativa del parere. Il mancato adeguamento spontaneo delle stazioni appaltanti, il cui operato non è stato riconosciuto conforme alla normativa, non è stato un fenomeno di portata irrilevante in quanto ha da sempre costituito un ostacolo alle funzioni di vigilanza dell'ANAC. In quest'ottica, secondo la previgente disciplina, l'adeguamento al parere dell'ANAC dipendeva dal fatto che questi, seppur non vincolanti, provenivano da un organo terzo, autorevole, che era deputato ad esaminare numerose questioni in materia di appalti, esprimendo il proprio parere in atti sia generali che particolari.

[13] Il nuovo regolamento, peraltro, prevede una specifica ipotesi di inammissibilità qualora l'istante proponga successivamente ricorso giurisdizionale.

[14] Il parere dell'ANAC, pertanto, s'inseriva nell'ambito della fase pubblicistica, in coerenza a quanto richiamato dall'art. 11, co. 9, D.lgs n. 163, incidendo così su tutti gli aspetti del procedimento ad evidenza pubblica. In ordine all'opportunità della scelta compiuta in sede regolamentare di consentire la proposizione delle istanze anche dopo l'aggiudicazione definitiva è sufficiente considerare che l'aggiudicazione definitiva non è immediatamente efficace, in quanto la stipula del contratto è subordinata allo spirare del termine di trentacinque giorni (art. 11 D.lgs. 163/2006) cosiddetto stand still, ma anche alla verifica del possesso dei requisiti (s vedano Artt. 38 e 48 D.lgs. 163/2006). Si rimanda per approfondimenti a: PROSPERETTI L, M. MERINI, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Una prospettiva economica, in AA.VV., Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, 2010.

[15] L'intervento dell'ANAC, per come detto, è stato indirizzato a dirimere le controversie relative alla legittimità̀ dei provvedimenti di esclusione o di aggiudicazione della procedura disposte in violazione della normativa di legge. In presenza di queste ipotesi, l'ANAC se riscontrava una violazione della normativa invitava la stazione appaltante a non assumere ulteriori atti pregiudizievoli (ovvero stipulare il contratto). L'istanza di parere era volta a sospendere le operazioni di gara, tant'è che quando l'istanza era presentata dalla stazione appaltante questa s'impegnava a non compiere atti pregiudizievoli, quando, invece, era l'operatore a rivolgersi all'Autorità questa invitava la stazione appaltante a sospendere la gara. Non sempre le stazioni appaltanti hanno accolto l'invito a sospendere la gara soprattutto se vi è la necessità di aggiudicare il contratto, specie se vi era la necessità di scongiurare la perdita di finanziamenti pubblici, ovvero se vi era la necessità di acquistare il bene o il servizio o dare immediata esecuzione all'opera. Si veda: COMPORTI G.D., Le gare pubbliche: il futuro di un modello, Editoriale Scientifica, 2011.

[16]  Per un approfondimento del dibattito: SANDULLI M.A. - CANCRINI A., I contratti pubblici, in Merloni F., Vandelli L. La corruzione amministrativa. Cause, prevenzione e rimedi, 2010; PROSPERETTI L, M. MERINI, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Una prospettiva economica, in AA.VV., Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, 2010; COMPORTI G.D., Le gare pubbliche: il futuro di un modello, Editoriale Scientifica, 2011; RACCA G.M., La prevenzione e il contrasto della corruzione nei contratti pubblici (art. 1, commi 14-25, 32 e 52-58), in Mattarella B.G. La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013.

[17] L'istituzione dell'A.N.A.C, quale autorità indipendente con nuove competenze e poteri è stata determinata dalla necessità di far fronte ai fenomeni corruttivi che si erano verificati nel corso del 2013/2014, si pensi, fra le tante, alle inchieste sui lavori per l’Expo e per il MOSE di Venezia. In tal senso, il D.L. n. 90 del 26 giugno 2014, n. 90, convertito in l. 11 agosto 2014, n. 114, il Governo ha emanato delle ulteriori disposizioni volte a garantire una maggiore correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, introducendo delle specifiche misure di controllo preventivo come iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, ma anche misure di controllo successive come il divieto di transazioni della Pubblica Amministrazione con società o enti esteri aventi sede in Stati che non permettono l'identificazione dei soggetti che ne detengono la proprietà o il controllo (art. 35); il monitoraggio finanziario dei lavori relativi ad infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, l'obbligo di trasmissione ad ANAC di talune tipologie di varianti in corso d'opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria laddove l'importo della variante ecceda il 10% dell'importo originario del contratto (art. 37). Nell'ambito di questo contesto è stato affidato al Presidente dell'ANAC e al Prefetto competente la vigilanza sui contratti pubblici. Per approfondimenti si rimanda a: MATTARELLA B.G. - PELLISSERO M., La legge anticorruzione - prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013.

[18]  Merita di essere segnalato che, con legge del 6 novembre 2012, il Legislatore ha ridisegnato la disciplina generale delle misure volte a prevenire e a reprimere la corruzione, intervenendo essenzialmente su tre fronti: previsione di misure per prevenire e reprimere la corruzione nella PA, anche in materia di appalti e contrattualistica pubblica; introduzione di nuovi istituti giuridici come i Piani anticorruzione; costituzione di un Codice di comportamento dei dipendenti pubblici  adottato con DPR 62/2013; nuovo regime delle incompatibilità; modifica del sistema di tutela penale della PA, con aumento delle pene e previsione di nuove fattispecie di reato. Per approfondimenti si rimanda a: CLARICH M. - MATTARELLA B.G., La prevenzione della corruzione, in Mattarella B.G. - Pellissero M. (a cura di) La legge anticorruzione, prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013, 59-69.

[19] Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) è predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica sulla base degli indirizzi forniti dal Comitato interministeriale costituito con DPCM del 16/01/2013 e approvato dall'ANAC. Il Piano si configura come un processo ciclico in cui le strategie e gli strumenti vengono affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione. L’adozione del PNA tiene conto dell’esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti. A livello decentrato è prevista l'adozione dei Piani Triennali Anticorruzione che ogni amministrazione pubblica redige sulla base delle indicazioni presenti nel PNA, con ricognizione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indicazione degli interventi organizzativi volti a prevenirli. Con tali piani vengono, inoltre, previsti degli adempimenti organizzativi per le pubbliche amministrazioni, consistenti in un’attività di pianificazione per la prevenzione della corruzione ed un conseguente regime di responsabilità. L'adozione di piani triennali di prevenzione della corruzione riguarda le pubblica amministrazioni centrali, le Regioni, le Province autonome, gli enti locali, gli enti pubblici ed i soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo. Il soggetto preposto alla redazione di tali piani e alla verifica della loro attuazione è il responsabile della prevenzione della corruzione.

[20] Gli strumenti anticorruzione di natura amministrativa previsti dalla legge n. 190/2012 sono: la previsione di codici di comportamento, la rotazione del personale; l’obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse; nuove discipline specifiche in materia di svolgimento di incarichi d’ufficio e attività ed incarichi extra istituzionali; una nuova disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti; la previsione di nuovi casi di incompatibilità specifici per posizioni dirigenziali; nuove discipline specifiche in materia di formazione di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica amministrazione; previsione di adeguata formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione. Di particolare interesse sono, inoltre, le disposizioni in materia di tutela del dipendente che effettua spontaneamente segnalazioni di illecito commesse all’interno della pubblica amministrazione (c.d.whistleblower).  Particolarmente rilevanti appaiono le misure per la trasparenza dell'attività amministrativa, che viene ricondotta nell'alveo dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili di cui all'art. 117, c. 2, lett. m) della Costituzione. La legge poi ridisegnato del reato di concussione (art. 317 c.p.) di corruzione internazionale (art. 322 bis c.p.) e introdotto nuove fattispecie di reato, quali il traffico di influenze illecite di cui all'art. 346 bis c.p., la corruzione per l’esercizio della funzione di cui all'art. 318 c.p. e la “induzione indebita a dare o promettere utilità” di cui all'art. 319 quater c.p. Particolare rilievo, inoltre, assume la riformulazione della fattispecie di cui all’art. 2635 c.c., ora rubricata “corruzione tra privati”, che prevede particolari fattispecie di reato per coloro che, ricoprendo particolari cariche (amministratori, direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori) nell'ambito di società private, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altre utilità, compiano od omettano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società. In ultimo, la riforma ha previsto un generalizzato aumento delle cornici edittali di pena per i reati di peculato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari, di abuso d'ufficio.

[21]  In questo modo i pareri dell'A.N.A.C sono divenuti delle vere e proprie interpretazioni ed attuazione della normativa del settore (D.lgs. n. 163/2006 e DPR 207/2010), favorendo un corretto espletamento delle procedure di gara, oltre che nell'esecuzione dei contratti e qualificazione delle imprese in tutto il territorio nazionale.

[22]  Sul punto CELONE C., Le funzioni di vigilanza e regolazione dell'Autorità sui contratti pubblici, p. 158 ss. Id. IEVA L., la natura giuridica delle determinazioni dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in Urb e App. n. 1/2003 p. 226-229;  PONTI B., Principio di legalità e presunti poteri di regolazione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici p. 629, secondo i quali l'Autorità è chiamata a garantire l'osservanza dei principi generali quali libera concorrenza,  parità di trattamento,  non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità delle procedure di scelta del contraente, qualità delle prestazioni, economicità, efficacia, tempestività, correttezza delle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti, ponendo in essere un'azione capace di fare chiarezza e garantire uniformità nell'applicazione corretta delle regole da parte dei soggetti interessati. 

[23]  Si veda: CELONE C., Op. cit. p. 158

[24]  Si veda: CLARICH M, Codice dei contratti pubblici: ancora correttivi e modifiche, in Corr.giur., n.11/2006, p. 1485 ss.

[25] R. Adam, A. Tizzano, Manuale di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2017, p. 176.

[26] Cfr. anche Corte Giust., sent. 26 settembre 2019, c63/18, Vitali Spa c/Autostrade per l’Italia Spa, in eurlex.europa.eu.

[27]  Tra le funzioni previste dall'art. 213 del D.lgs. n. 50/2016 si segnala che spetta all’ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, garantire la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Nell’ambito dei poteri attribuiti all’ANAC, spetta alla stessa vigilare sui contratti pubblici nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati; garantire l’economicità dell’esecuzione dei contratti pubblici e accertare che dalla stessa non derivi pregiudizio per il pubblico erario; segnalare al Governo e al Parlamento i fenomeni di inosservanza o di applicazione distorta della normativa di settore; formulare proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore; predispone una relazione annuale sull’attività svolta; vigilare sul sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori ed esercitare i correlati poteri sanzionatori; vigilare sul divieto di affidamento dei contratti attraverso procedure diverse rispetto a quelle ordinarie; stipulare i protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara. L’Autorità gestisce il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza. Nell’ambito dello svolgimento della propria attività, l’Autorità può disporre ispezioni, avvalendosi eventualmente dell’ausilio del Corpo della Guardia di Finanza. Qualora accerti l'esistenza di irregolarità, l'Autorità trasmette gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica. Qualora accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei Conti. L’Autorità collabora con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell’attribuzione del “Rating di legalità” e gestisce la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici nella quale confluiscono tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive. L’Autorità gestisce il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici. L’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, ovvero forniscono informazioni non vere.  L’Autorità gestisce e aggiorna l’Albo Nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici, nonché l’elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house e l'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti e dei soggetti aggregatori.

[28]  È istituito presso l'ANAC che ne cura la gestione, a norma dell'art. 83, co. 10, D.lgs 50/2016, il sistema del rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicarsi ai soli fini della qualificazione delle imprese, per il quale l'Autorità rilascia apposita certificazione. Spetta all'Autorità definire i requisiti reputazionali e i criteri di valutazione degli stessi, nonché le modalità di rilascio della relativa certificazione, mediante linee guida. I requisiti reputazionali alla base del rating di impresa potranno essere utilizzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell'applicazione di criteri premiali da applicare per la valutazione dell'offerta in relazione al maggior rating di legalità dell'offerente.  (art. 95, co. 13, D.Lgs. 50/2016).

[29] L'art. 106, D.Lgs. n. 50/2016 prevede, a tal proposito, che le varianti in corso d'opera di importo eccedente il dieci per cento dell'importo originario del contratto, incluse le varianti in corso d'opera riferite alle infrastrutture strategiche, sono trasmesse dal RUP all'ANAC, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad una apposita relazione del responsabile unico del procedimento, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante. Nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, essa esercita i poteri di vigilanza cui all'art. 213 e, in caso di inadempimento, irrogare sanzioni amministrative pecuniarie.