Pubbl. Mer, 17 Mag 2023
Il parere motivato dell´Unione europea del 19 aprile 2023 sul blocco dei pagamenti dei debiti delle aziende sanitarie calabresi
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Barbara Aversa
L’articolo affronta le problematiche connesse all’applicazione della legge n. 196 del 16.12.2022. Una disposizione molto controversa che sfiora i confini della legittimità costituzionale per andare ad infrangersi contro i principi di derivazione europea. Si tratta di una norma volta ad assicurare al servizio sanitario calabrese la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività per concorrere all´erogazione dei livelli essenziali di assistenza e l´attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria. Una questione atavica, quella dell’opacità dei conti sanitari calabresi, cui si è cercato di porre rimedio bloccando le innumerevoli procedure esecutive nei confronti delle aziende sanitarie. Una boccata di ossigeno, finita sotto lo spietato mirino di Bruxelles.
The reasoned opinion of the European Union of 19 April 2023 on the blocking of debt payments of the Calabrian healthcare companies
The article deals with the problems related to the application of the law n. 196 of 16.12.2022. A highly controversial provision that skims the boundaries of constitutional legitimacy to go against the principles of European derivation. This is a regulation aimed at ensuring the Calabrian health service the liquidity necessary to carry out the activities to contribute to the provision of the essential levels of assistance and the implementation of the recovery plan of the health deficits of the Calabria Region. An atavistic question, that of the opacity of the Calabrian health accounts, which we have tried to remedy by blocking the countless executive procedures against the health companies. A breath of fresh air, which ended up under the ruthless crosshairs of Brussels.Sommario: 1. La mancanza di regolarità nei pagamenti dei debiti commerciali per l’Ue; 1.1 La genesi e l’excursus normativo della legge n. 196 del 16.12.2022; La sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 11 novembre 2022; 2. La posizione delle corti di giustizia amministrativa prima e dopo la sentenza della Corte costituzionale; 2.1 Il punto di vista dei giudici delle corti amministrative; Conclusioni.
1. La mancanza di regolarità nei pagamenti dei debiti commerciali per l’Ue
Il 19 aprile scorso, nell’ambito del costante dialogo che intercorre tra l’Unione Europea ed i Paesi membri volto a garantire il rispetto e l'effettività del diritto nell’interesse di cittadini e imprese, la Commissione ha preso una serie di decisioni in relazione ai procedimenti di infrazione che comprendono 32 lettere di costituzione in mora e 53 pareri motivati. La Commissione ha inoltre deciso di sottoporre 12 cause alla Corte di giustizia dell’Unione europea e di archiviare 135 casi nei quali gli Stati membri coinvolti, cooperando con la Commissione, hanno posto fine alle infrazioni e assicurato il rispetto del diritto dell’Unione.
Nell’ambito del “Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI”, riguardo i ritardi di pagamento, la Commissione ha invitato il Belgio, la Grecia e l’Italia a garantire che i pagamenti per la fornitura di beni e servizi siano effettuati nei termini.
Più in particolare, la Commissione ha inviato all'Italia un parere evidenziando la non corretta attuazione delle norme della direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Come noto, la direttiva sui ritardi di pagamento impone alle autorità pubbliche di saldare le fatture entro 30 giorni (60 giorni nel caso degli ospedali pubblici).
Secondo la Commissione, l'Italia non garantirebbe la conformità alla direttiva n. 2011/7/UE sui ritardi di pagamento per quanto riguarda il settore sanitario nella Regione Calabria.
La disposizione normativa, finita sotto la scure dell’Unione Europea, afferisce alla legge 16 dicembre 2022 n. 196 di conversione con modificazioni del decreto-legge 08 novembre 2022 n. 169.
La legge italiana, secondo la Commissione europea, costituisce una violazione della direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali in quanto proroga oltre i termini previsti il termine ivi previsto.
La norma posta in contestazione, nel convertire con modificazioni il decreto-legge 08 novembre 2022 n. 169, ha aggiunto l’articolo 2 comma 3-bis[1] , riproponendo il blocco delle procedure esecutive nel settore sanitario della Regione Calabria, già dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2022;
1.1 La genesi e l’excursus normativo della legge n. 196 del 16.12.2022. La sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 11 novembre 2022
Per il compiuto esame della disposizione in questione, occorre prendere le mosse dalle vicende che hanno riguardato la precedente legge del 17 dicembre 2021, n. 215, essenzialmente del medesimo tenore, già censurata dalla Corte costituzionale.
Ed infatti, lo scorso 11 novembre la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 228 che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 "Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili", convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.
La norma censurata imponeva il divieto, fino al 31 dicembre 2025, di intraprendere o di proseguire azioni esecutive (e prevedeva l'inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito) sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 146/2021.
L'art. 16-septies del D.L. n. 146 del 2021, come convertito, sotto la rubrica «Misure di rafforzamento dell'Agenas e del servizio sanitario della Regione Calabria», prevedeva una serie coordinata di disposizioni la cui premessa costituiva, a tutti gli effetti, una dichiarazione di principio, esplicitando nell’introduzione al primo comma che le misure venivano adottate «In ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 23 luglio 2021 e al fine di concorrere all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nonché al fine di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria».
Più in particolare, la previsione di cui alla lettera g) del comma 2 dell'art. 16-septies, enunciava «al fine di coadiuvare le attività previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidità necessaria allo svolgimento delle predette attività finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025.».
La possibilità che questa legge potesse superare il vaglio di costituzionalità era infinitesimale. Ed infatti, l’incompatibilità della norma rispetto ai principi costituzionali emergeva di tutta evidenza alla luce della recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 236 del 7 dicembre 2021 che aveva dichiarato incostituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., l'art. 3, comma 8, D.L. n. 183/2020 (emanato nell’ambito delle disposizioni anti Covid-19) nella parte in cui aveva prorogato dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
La disposizione era, quindi, sostanzialmente riproduttiva, del comma 4 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito in legge con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (che aveva disposto la paralisi delle azioni esecutive fino al 31 dicembre 2020), che era stato a sua volta ritenuto, in precedenza, da un lato applicabile anche ai giudizi di ottemperanza dinanzi al Giudice amministrativo, dall’altro non precludente - sulla base di un precedente specifico del Consiglio di Stato, su fattispecie analoga del 2013 – la pronuncia nel merito sulla proposta domanda.
Alla luce delle precedenti argomentazioni, pertanto, all’indomani dell’approvazione dell'art. 16-septies del D.L. n. 146 del 2021, i primi commentatori hanno immediatamente sollevato il sopracciglio dinanzi ai più che evidenti dubbi di costituzionalità.
Di fatto, con la sentenza dell'11 novembre, la Corte Costituzionale ha confermato la fondatezza delle critiche avanzate nell'immediatezza dagli interpreti, facili profeti delle sorti di una disposizione infelice.
Ed infatti, per come correttamente evidenziato nell’incidente di costituzionalità sollevato in tale ambito dal Tribunale di Crotone, la disposizione in questione, si è posta, rispetto alla legislazione d’emergenza nel periodo pandemico, come la sostanziale reiterazione della suddetta disciplina, con riferimento all’ambito regionale calabrese, determinando una violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, in considerazione della disparità di trattamento determinata tra analoghe posizioni creditorie da “un blocco sistematico in un’unica regione del territorio nazionale” delle azioni esecutive[2].
Come già detto, la norma finita sotto l'esame delle Giudice delle leggi disponeva l'impedimento di porre in esecuzione i crediti, già accertati dall'Autorità giudiziaria, vantati nei confronti degli Enti del Servizio sanitario calabrese, di qualsiasi natura (inclusi quelli da risarcimento del danno non patrimoniale e da retribuzione dei prestatori di lavoro), sino al 31 dicembre 2025.
Dinanzi a tale articolato normativo, pur nella consapevolezza dei gravi problemi che affliggono l’organizzazione sanitaria calabrese, La Corte costituzionale non ha potuto fare a meno di evidenziare il vizio di sproporzione che affligge il trattamento dei creditori muniti di titolo esecutivo[3] . La misura in questione, di fatto, avrebbe comportato l’annullamento dell'effettività della tutela in executivis garantita dall'art. 24 Cost., determinando inoltre uno sbilanciamento tra l'esecutante privato e l'esecutato pubblico, in violazione del principio di parità delle parti di cui all'art. 111 Cost.;
Con l’art. 16-septies, comma 2, lettera g) non era stato centrato l'obiettivo di un equilibrato contemperamento degli interessi. Ed infatti, ingiustificabile appariva l'equiparazione, fra i titoli esecutivi aventi ad oggetto crediti commerciali e quelli aventi ad oggetto crediti di natura diversa (in particolare: diritti di risarcimento dei danneggiati da fatto illecito e diritti retributivi dei prestatori di lavoro). Tra l'altro non appariva contemplabile che, per i crediti di natura commerciale, la durata del blocco esecutivo fosse protratta per un intero quadriennio, fino al 31.12.2025. La conseguenza, infatti, era quella di privare i fornitori degli Enti sanitari calabresi di importanti liquidità, tali da esporli al rischio di esclusione dal mercato. Tanto meno il Legislatore aveva previsto un sistema alternativo di soddisfacimento del credito, come ben avrebbe potuto essere qualora avesse creato un vincolo di indisponibilità pro quota sulla maggiore liquidità che si sarebbe liberata in favore della Regione Calabria a beneficio dei creditori muniti di un valido titolo giuridico.
La Corte costituzionale ha dunque bocciato, senza appello o quasi, la disposizione oggetto di rinvio pregiudiziale, così “troncando” ogni ulteriore dilazione di pagamento ex lege in favore della sanità calabrese, ma contemporaneamente suggerendo tutta una serie di accorgimenti – in costanza di efficacia della restante normativa straordinaria introdotta dall’art. 16- septies del D.L. n. 146 del 2021 – che avrebbero potuto rendere “proporzionale” un blocco limitato e selettivo delle procedure esecutive.
Il criterio legislativo, adottato in regime di legislazione di emergenza, infatti, può conoscere margini di legittimità solo qualora sia limitato ad un ristretto ambito temporale ben definito. E, in ogni caso, a tali disposizioni avrebbero dovuto fare da contraltare specifiche norme sostanziali in grado di garantire una soddisfazione alternativa dei diritti in gioco.
Il dato interessante della pronuncia del Giudice delle leggi afferisce all’esame compiuto dalla Corte in merito alle peculiarità che contraddistinguono l’apparato sanitario calabrese, tali da giustificare. Dunque, vista la straordinarietà della situazione, è lo stesso Giudice delle leggi a precisare che.
Azzardando la suddetta “apertura” e dimostrando una certa “lungimiranza”, la pronuncia si conclude con una sorta di monito, una pista orientativa ovvero un’indicazione esplicita data al Legislatore, laddove avesse voluto re introdurre una norma di tal fatta. La Corte ha chiarito, infatti, che, nell’esercizio della sua discrezionalità, il legislatore potrà introdurre un limite all’esercizio dell’azione esecutiva solo qualora si rispetti il presupposto fondato su una situazione di eccezionalità e sempre.
Nella nuova formulazione, con l’approvazione della legge n. 196 del 16.12.2022, quindi, il Legislatore si è proposto di “sfruttare” i margini di discrezionalità lasciati dal Giudice delle leggi.
Di fatto, sembrerebbe stata nuovamente inserita nell’ordinamento giuridico una causa di possibile improcedibilità delle azioni proposte contro il Sevizio sanitario della Regione Calabria, escludendo i crediti da risarcimento del danno non patrimoniale e da retribuzione dei prestatori di lavoro, sino al 31 dicembre 2023, in asserita ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 11 novembre 2022, ed anche sul presupposto, dichiarato espressamente, di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento.
2. La soluzione costituzionalmente orientata delle corti di giustizia amministrativa nell’ambito dei giudizi di ottemperanza contro le Asp calabresi.
Atteso che, come abbiamo visto, il ceppo normativo di partenza va correttamente individuato nella formulazione dell’articolo 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020, v’è sa precisare che la norma sul blocco delle procedure esecutive -ed i i giudizi di ottemperanza- ha dato origine a diversi orientamenti giurisprudenziali.
La posizione dei giudici dei Tar è stata non sempre unanime.
Secondo un primo orientamento, la norma avrebbe come effetto quello di determinare l’inammissibilità delle azioni esecutive intraprese dopo la sua entrata in vigore, ovvero la definitiva improcedibilità di quelle intraprese prima, salva ovviamente la possibilità per il creditore di riproporre l’azione una volta scaduto il termine di efficacia della norma stessa[4] .
Le ragioni sottese a questo orientamento si basano sul dato che se il legislatore non avesse voluto determinare l’assoluta impossibilità di dar corso a nuove azioni o la definitiva improcedibilità di quelle già intraprese, ma soltanto la sospensione delle medesime, avrebbe utilizzato il termine “sospensione” o, perlomeno, avrebbe collegato in maniera netta e precisa il divieto sancito dalla norma con un termine ben individuato.
In secondo luogo, seguendo questo orientamento giurisprudenziale, l’improcedibilità delle azioni avrebbe rappresentato l’unico modo per assicurare il raggiungimento del fine individuato dalla norma (quello di consentire l’utilizzo delle risorse finanziarie per l’acquisto di prestazioni dirette a fronteggiare l’emergenza COVID) è quello di determinare la liberazione definitiva delle somme di cui gli enti del Servizio Sanitario Nazionale hanno disponibilità, liberazione che solo una pronuncia di inammissibilità o di definitiva improcedibilità potrebbe assicurare.
Secondo un altro orientamento, formatisi con specifico riferimento al giudizio di ottemperanza proposto dinanzi al giudice amministrativo, l’art. 117, comma 4, del D.L. n. 34 del 2020 costituisce invece una eccezionale ipotesi di sospensione, nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, delle azioni esecutive proposte contro di essi, ipotesi che viene in rilievo solo nella fase propriamente esecutiva del giudizio di ottemperanza affidata al Commissario ad acta. Prima di questa fase, infatti, il giudice amministrativo interviene, emanando un ordine di esecuzione che non fa altro che rafforzare l’ordine che scaturisce già dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. Inoltre, la norma in esame impone di seguire le priorità legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, ma non esclude il pagamento di debiti pregressi[5].
Ci si era poi divisi tra chi, come il TAR Calabria, sezione di Reggio Calabria, aveva deciso di assegnare all’ente debitore un termine decorrente dalla pronuncia di ottemperanza per adottare i provvedimenti necessari per dare integrale esecuzione alla sentenza da eseguire, così facendo carico al Commissario ad acta del coordinamento tra l’esercizio del proprio incarico e le priorità fissate dalla previsione emergenziale[6] e, chi, come il Tar Lombardia, aveva ritenuto che le finalità sottese al blocco delle procedure esecutive avrebbero potuto essere adeguatamente salvaguardate ancorando la decorrenza del termine per provvedere, da assegnarsi in prima battuta all’Amministrazione, alla scadenza del periodo di sospensione.
Successivamente, i giudici sono stati chiamati a dover applicare l’ art. 16-septies, comma 2, lettera g), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 "Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili", convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, disposizione sostanzialmente riproduttiva, quanto agli effetti, all’articolo 117, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 e che, come abbiamo visto, aveva introdotto una particolare causa di inammissibilità/improcedibilità applicabile ai giudizi di esecuzione nei confronti degli enti sanitari della Regione Calabria fino al 31 dicembre 2025. Dinanzi alla nuova disposizione, le corti amministrative hanno dapprima disapplicato, e poi è intervenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale, a seguito di ordinanze di remissione di altri Tribunali ordinari e amministrativi - tra cui la Seconda Sezione della sede principale dello stesso TAR Calabria -, con la sentenza n. 228 dell'11 novembre 2022, che, come argomentato, ha bocciato la nuova disposizione operante la paralisi delle azioni esecutive, suggerendo tutta una serie di accorgimenti.
Il legislatore, sfruttando questo margine di discrezionalità che la Corte gli aveva lasciato, è dunque nuovamente intervenuto, in sede di conversione del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169, introducendo la disposizione di cui all'articolo 2, comma 3-bis, con norma, entrata in vigore a partire dal 28 dicembre 2022.
Chiamati ancora una volta a pronunciarsi su un nuovo blocco delle procedure esecutive disposto per legge, i tribunali amministrativi, nell’ambito dei giudizi di ottemperanza, hanno fornito indicazioni precise circa la corretta interpretazione da dare alla norma in questione al fine di non sollevare nuovi dubbi di legittimità costituzionale, nel senso di restringere il diritto di azione dei creditori soltanto nella fase più strettamente esecutiva [7] , anche in conformità con l’orientamento già espresso in passato dal Consiglio di Stato, secondo cui l’eccezionale sospensione dell’azione di esecuzione nel processo amministrativo non implica automaticamente l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’eventuale ricorso volto ad ottenere il pagamento del credito vantato nei confronti delle Aziende sanitarie interessate, ma deve essere “confinata”, nell’ottica di un equo contemperamento degli interessi pubblici e privati contrapposti, alla fase affidata al Commissario ad acta. Sul solco dell’anzidetto ragionamento il Giudici amministrativi operano un’interpretazione di salvaguardia ammettendo che la norma sopra citata possa, anzi debba, essere interpretata nel senso di paralizzare esclusivamente la componente esecutiva dell’ottemperanza, precludendo che essa sia portata a compimento se non una volta consumatosi il termine indicato dal legislatore, ma non già quella accertativa dell’inadempimento e del conseguente obbligo di porvi rimedio, nei modi indicati dal giudice.
Secondo un’interpretazione ormai generalmente accolta dalla giurisprudenza delle corti amministrative[8], infatti, la disposizione sopravvenuta non incide sul an stesso del diritto di agire in giudizio, non trattandosi di una causa di impedimento o di improcedibilità, ma si limita a posticipare il soddisfacimento della pretesa azionata giudizialmente.
Una tale lettura della norma si pone in linea con le finalità espresse dalla Corte costituzionale.
Ed infatti, da un lato garantisce l’attività di risanamento delle finanze calabresi (cui la Corte costituzionale ha attribuito particolare rilievo per le peculiarità che caratterizzano la situazione della Regione), e per altro verso permette di tenere in conto la progressiva formazione di titoli giudiziari, aventi capacità accertativa dell’obbligo di soddisfare i crediti rimasti insoddisfatti.
Una lettura diversa della disposizione, di cui alla legge n. 196 del 2022 si esporrebbe, in definitiva, al dubbio che i limiti indicati dal giudice costituzionale, quanto alla necessità di assicurare un’ordinata procedura di accertamento dei crediti, siano stati valicati.
È solo, dunque, la combinazione tra la portata precettiva della norma ed il margine interpretativo che essa apre al giudice, che permette di adeguare l’assetto normativo attuale al vincolo promanante dal giudicato costituzionale, generando il dovere di addivenire all’interpretazione costituzionalmente orientata.
Conclusioni
Ma a quanto pare le intenzioni del Legislatore italiano sono andate ad impattare con le decisioni di Bruxelles che non ha ritenuto sufficiente l’allineamento delle disposizioni normative interne con le indicazioni fornite dalla Commissione Ue che, in un parere motivato del 19 aprile scorso, ha evidenziato la non corretta attuazione delle norme della direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Rispetto agli obblighi europei, l’Italia si trova nella fase del precontenzioso (art. 258 del TFUE).
Ed infatti, a rigore la Commissione europea, qualora rilevi la violazione di una norma del diritto comunitario, procede all'invio di una "lettera di messa in mora", concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionale che risulta con essa incompatibile.
Ove lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora nel termine indicato, oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest'ultima può emettere un parere motivato con il quale cristallizza in fatto e in diritto l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine.
Si conclude così la fase del cosiddetto "precontenzioso" ed inizia la fase contenziosa diretta ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione.
nel caso in cui lo Stato membro non si sia adeguato al parere motivato entro il termine indicato, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia dando avvio alla fase contenziosa, diretta ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione (art. 258 de Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, par. 2).
A questo punto non resta che attendere le decisioni interne e comprendere cosa voglia fare Roma, anche se il sospetto è che ci si trovi dinanzi ad un “rischio calcolato”.
Ed infatti, il 31.12.2023 è relativamente vicino rispetto ai tempi accertativi ed alla successiva esecuzione dell’eventuale sentenza di condanna per l’Italia per cui la norma verosimilmente spiegherà i suoi effetti per il tempo previsto.
[1] “(…)in ottemperanza alla sentenza della Corte Costituzionale n. 228 dell’11 novembre 2022 al fine di concorrere all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nonché di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Calabria, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011 n. 118. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge 17 dicembre 2021 n. 215 di conversione in legge del decreto legge 21 ottobre 2021 n. 146 non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri i quali possono disporre per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferiti a decorrere dalla medesima data. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2023 e non sono riferite ai crediti risarcitori da fatto illecito e retributivi da lavoro”
[2] Corte Cost., 12.7.2013, n. 186, relativa al blocco delle azioni esecutive con riferimento alle Regioni commissariate in quanto sottoposte a piani di rientro dei disavanzi sanitari, e, in secondo luogo, Corte Cost., 7.12.2021, n. 236, che, richiamandosi anche all’altra pronuncia appena citata, ha evidenziato la illegittimità di una delle proroghe dell’efficacia temporale dell’art. 117, comma 4, d.l. n. 34 del 2020 e ss.mm., norma, come detto, di tenore e contenuto analogo a quella oggetto di censura da parte dei Giudici calabresi.
[3] Seppure, infatti, la crisi del sistema sanitario calabrese sia «di tale eccezionalità da giustificare in linea di principio una specifica misura provvisoria di improcedibilità esecutiva e inefficacia dei pignoramenti, non essendo irragionevole, a fronte di una situazione così straordinaria, che le iniziative individuali dei creditori, pur muniti di titolo esecutivo, si arrestino per un certo lasso di tempo, mentre si svolge il complesso procedimento di circolarizzazione obbligatoria dei crediti e si programmano le operazioni di cassa», la discrezionalità del legislatore, nell'adottare una misura di tale gravità, non può spingersi sino al realizzare «un'eccessiva compressione del diritto di azione dei creditori e […] un'ingiustificata alterazione della parità delle parti in fase esecutiva». Corte cost. 11.11.2022 n. 228.
[4] (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 15 marzo 2021, n.1703; T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 15 marzo 2021, n.813, Tribunale Napoli, sez. XIV, 24 settembre 2020).
[5] cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 1 ottobre 2020, n.1749; T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 31 luglio 2020, n.480; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 12 aprile 2021, ordinanza n. 921/2021).
[6]cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480.
[7] L’articolo 2 comma 3-bis, del decreto-legge 08 novembre 2022 n. 169, convertito con modificazioni dalla legge 16 dicembre 2022 n. 196, deve essere interpretato nel senso che impedisce solo temporalmente la prosecuzione delle azioni esecutive (cfr. TAR Campania, Napoli, VIII, ordinanza 06-02-2023, n. 816).
[8] Tar Lombardia – Sezione Terza – n. 522 del 01.03.2023.
Bibliografia
Alessandro Auletta "La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità del "blocco delle azioni esecutive" previsto con riferimento alle procedure intraprese contro gli enti del servizio sanitario calabrese", rivista In executivis 15 novembre 2022;
Antonio De Vita "Il giudizio di ottemperanza", relazione tenuta al corso 2Il processo amministrativo alla prova dei fatti: tutela cautelare e riti speciali. Il punto di vista del primo grado e il punto di vita dell'appello", 15 e 16 marzo 2018 TAR Lazio;
AA.VV. "Impignorabilità delle Asp, la legge è incostituzionale", Il fatto di Calabria 11 novembre 2022;
Paolo Marra, "Incostituzionale il blocco delle azioni esecutive contro gli enti dle servizio sanitario calabrese", rivista Norme e Tributi Plus, 15 novembre 2022.