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Pubbl. Ven, 10 Feb 2023

Garanzie di libertà difensore: si estendono anche a perquisizione e sequestro nei confronti del legale indagato

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Stefania Lo Bartolo
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Catania



L´elaborato si sofferma sulla sentenza n. 44892 del 25 novembre 2022, con cui la sezione II della Corte di cassazione delinea l´ambito di applicazione delle garanzie del difensore di cui all´art. 103 c.p.p.


ENG

Guarantees of freedom of defence: they also extend to search and seizure against the legal suspect

The paper focuses on Judgement No. 44892 of November 25, 2022, with which section II of the Court of Cassation outlines the scope of application of the defender´s guarantees pursuant to art. 103 c.p.p.

Sommario: 1. Brevi considerazioni introduttive; 2. Inquadramento costituzionale; 3. Dottrina e giurisprudenza sul tenore dell’art. 103 c.p.p.; 4. Conclusioni: la soluzione della Cassazione.

1. Brevi considerazioni introduttive

Con la sentenza n. 44892 del 25 novembre 2022, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui le speciali garanzie di libertà del difensore ex art. 103 c.p.p. vanno sempre rispettate, anche nel caso in cui il legale sia egli stesso imputato o indagato. La qualità dell'avvocato di persona sottoposta alle indagini non fa venir meno la necessità di tutelare la riservatezza degli atti relativi alla professione, quale riflesso dell'inviolabilità del diritto di difesa.

Protagonista della vicenda processuale è un avvocato, indiziato di far parte di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di natura fallimentare e tributaria nonché di truffe, autoriciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita.

Il caso prendeva avvio con la pronuncia del Tribunale di Livorno che, accogliendo l'istanza ex art. 324 c.p.p, annullava il sequestro e il decreto di convalida emesso dal pubblico ministero in relazione ai documenti e ai beni rinvenuti nello studio legale del difensore, a seguito di perquisizione. Per la precisione, il Tribunale del riesame riteneva sussistente la violazione delle garanzie previste dai commi 3 e 4 dell'art. 103 c.p.p. Alla stregua di un'interpretazione logica e sistematica della norma, tali garanzie vanno applicate anche nel caso di perquisizione eseguita a carico dello stesso difensore ex art. 103 c.p.p., comma 1, lett. a) ovvero nell'ipotesi in cui il legale stesso risulti indagato.

Oggetto della pronuncia della II Sezione penale della Cassazione è il ricorso presentato dal PM avverso la pronuncia del Tribunale del riesame. In sintesi, secondo il ricorrente, l’interpretazione fatta propria dal collegio cautelare riconosce nella sostanza la sola possibilità di sequestrare carte e documenti che costituiscono corpo di reato anche se il legale risulti sottoposto ad indagini e si pone in contrasto con gli artt. 3 e 112 Cost., fornendo uno scudo a chi abbia in animo di delinquere. Inoltre, secondo il pubblico ministero, tale orientamento ermeneutico tramuta la disposizione in un'irragionevole sorta di immunità penale, mentre la tutela delle prerogative della professione forense trova concreta applicazione non a priori ma ex post, al momento del vaglio della documentazione acquisita.

2. Inquadramento costituzionale

La sentenza in commento offre l'occasione di analizzare l'art. 103 c.p.p. e di delineare le principali linee di sviluppo degli orientamenti tanto dottrinali quanto giurisprudenziali.

Il presente lavoro intende prendere le mosse da un inquadramento costituzionale della norma de qua, passando, in seguito, all'analisi delle interpretazioni fornite dagli studiosi e dalla Suprema Corte sulla littera legis della disposizione.

L'art. 103 c.p.p. è volto a rendere effettivo il diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost. Tale fondamentale diritto costituzionale necessita di un adeguato scudo normativo, che stabilisca precise limitazioni ai poteri investigativi, probatori e coercitivi dell'autorità giudiziaria, suscettibili di inficiare o rendere impossibile l'esercizio effettivo della difesa medesima[1]. Grazie a un'articolata serie di previsioni, la disposizione de qua si è fatta carico del problema, sancendo numerose garanzie inerenti alle concrete attività in cui si esplica il diritto di difesa.

È possibile affermare, dunque, che il bene giuridico protetto dall'art 103 c.p.p. consiste non soltanto nel rapporto fiduciario tra professionista e cliente ma anche nel diritto di difesa, inteso come diritto a conservare la segretezza sulle attività difensive svolte in una vicenda processuale[2].

Il rispetto delle garanzie e delle forme prescritte dalla norma in parola permette,agli organi inquirenti, da un lato, di indagare nella direzione dei legali e agli avvocati, dall'altro, di preservare la deontologia forense nel corso delle indagini.

3. Dottrina e giurisprudenza sul tenore dell’art. 103 c.p.p.

Nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Cassazione ha tentato di rispondere ai numerosi interrogativi insinuati circa l’ambito di applicazione delle disposizioni a garanzia del mandato difensivo, che, a lungo, sono state oggetto di speculazioni da parte delle testate giornalistiche. La risonanza mediatica dei quesiti sorti intorno all'effettiva estensione dell'art. 103 c.p.p. non ha fatto altro che alimentare il clima generale di sospetto che aleggia attorno alla figura del legale.

I dubbi interpretativi relativi alla disposizione de qua hanno condotto a orientamenti ermeneutici diversi, se non addirittura opposti. Se la rubrica dell'articolo 103 c.p.p. non lascia spazio a interpretazioni, lo stesso non può dirsi in merito al significato del testo in sé[3].

Da un punto di vista strutturale, le garanzie sancite dall'art. 103 c.p.p. possono essere suddivise in tre tipi: l'inviolabilità del domicilio professionale, attraverso la previsione di una serie di limitazioni alle ispezioni e alle perquisizioni effettuate negli studi legali; la segretezza e la libera disponibilità di documenti e oggetti strumentali all'attività difensiva, tutelate attraverso il divieto di sequestro «di carte e documenti relativi all'oggetto della difesa»; la libertà e segretezza delle comunicazioni e della corrispondenza, mediante il divieto di intercettazione[4] delle prime e di controllo e sequestro delle seconde.

Si consideri, in particolare, il primo nucleo di garanzie a tutela del diritto di difesa, inerente a ispezioni e perquisizioni effettuate negli uffici dei difensori. L'art. 103, comma 1, c.p.p. contiene il raggio di azione dell'organo d’accusa, subordinandolo a una serie di garanzie materiali e formali. Qualora effettuate negli uffici dei legali, le ispezioni e le perquisizioni sono consentite solamente in due ipotesi: quando il difensore o altri che svolgono stabilmente attività nel medesimo ufficio sono imputati (o anche solo indagati, sulla base di quanto stabilito dall'art. 61, comma 2, c.p.p.), ai fini dell'accertamento del reato attribuitogli; oppure quando si tratta di rilevare tracce o altri effetti materiali del reato ovvero di ricercare cose o persone specificamente predeterminate. A completamento della garanzia, è sancito il divieto di sequestro delle carte e dei documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato.

Vanno poi evidenziate alcune disposizioni di carattere procedurale previste a pena di nullità. Si tratta di garanzie operanti su un duplice versante: in primo luogo, l'autorità giudiziaria deve dare preventivo avviso al Consiglio dell'Ordine forense del luogo, in modo da consentire che il presidente o un suo delegato possano presenziare alle operazioni. Sotto un differente aspetto, si pone il limite concernente i soggetti legittimati a procedere: alle operazioni deve procedere personalmente il giudice oppure, durante le indagini preliminari, il pubblico ministero, in forza di un decreto autorizzativo motivato dell’autorità giudiziaria. la mancanza di uno dei presupposti sanciti ho il mancato rispetto anche di una sola di tali cautele determina l'inutilizzabilità dei risultati, così come stabilito dal comma 7 dell'art. 103 c.p.p.

Da un punto di vista grafico, il comma 1 della disposizione de qua consta di due capoversi, introdotti dalle lettere a) e b). A lungo, dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto sulla cumulatività o autonomia dei presupposti di cui alle lettere summenzionate. Secondo un primo orientamento, le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo quando l'avvocato o un collaboratore sia imputato e limitatamente a finalità inerenti al reato attribuitogli. Tale interpretazione determina una notevole riduzione delle possibilità di ricerca della prova presso gli studi legali, permettendola solamente se il reato sia direttamente attribuito al legale.

Tuttavia, la lettura in commento è osteggiata da chi predilige un'interpretazione avversativa delle lett. a) e b), ritenendo che i due presupposti siano svincolati fra loro e che possano essere effettuate ispezioni e perquisizioni per la ricerca di tracce di un reato non necessariamente commesso dal legale o dal collaboratore[5]. Tale posizione amplia notevolmente i margini di ammissibilità dell’attività investigativa nello studio del difensore, essendo sufficiente la ricerca di tracce ed altri effetti materiali di qualsiasi reato, a chiunque attribuito.

I contrasti interpretativi circa l'art. 103, comma 1, c.p.p. hanno investito anche la questione dei soggetti interessati dalle garanzie delineate dalla disposizione de qua. Alla stregua di una risalente decisione della Corte di Cassazione, il difensore garantito dall'art. 103 sarebbe solo quello intervenuto nel rapporto processuale all'interno del quale è stata disposta l'ispezione o la perquisizione[6]. Con un'altra pronuncia, invece, era stata adottata un'impostazione più garantista, che estendeva la tutela agli avvocati iscritti all'albo che esercitano la professione e che hanno assunto la difesa di assistiti anche in un procedimento diverso da quello in cui le attività investigative vengono eseguite[7].

Le Sezioni Unite sono intervenute, risolvendo la questione e accogliendo quest'ultimo orientamento, alla stregua del quale le garanzie ex art. 103 c.p.p. interessano il «professionista, iscritto all'albo degli avvocati [e procuratori], che abbia assunto la difesa di assistiti, anche fuori del procedimento in cui l'attività di ricerca, perquisizione e sequestro viene compiuta»[8].

4. Conclusioni: la soluzione della Cassazione

L'annosa questione sembra finalmente aver trovato un punto fermo con la sentenza della Cassazione penale del 25 novembre 2022, n. 44892, che ha affermato il principio secondo cui le speciali garanzie di libertà del difensore previste dall´art. 103 c.p.p. non riguardano solo il difensore dell'indagato o dell'imputato nel procedimento in cui sorge la necessità di svolgere attività di ispezione, perquisizione o sequestro, ma vanno osservate in tutti i casi in cui tali atti vengano eseguiti nello studio di un professionista iscritto all'albo degli avvocati, che abbia assunto la difesa di qualsiasi assistito, sia nel procedimento de quo che in altro procedimento, anche del tutto estraneo rispetto a quello in cui l'attività di ricerca, perquisizione e sequestro venga compiuta, atteso che non si tratta di privilegi di categoria, finalizzati alla «tutela» della dignità dei suoi appartenenti, ma del riflesso dell'inviolabilità del diritto di difesa, come diritto fondamentale della persona garantito dall'art. 24 della Costituzione.


Note e riferimenti bibliografici

[1] G. LATTANZI, E. LUPO, Sub art. 103 c.p.p., in Codice di procedura penale: (artt. 1-108), Milano, 2008, 847; V. GREVI, Compendio di procedura penale, Milano, 2018, 155.

[2] I soggetti, a cura di Dean, Torino, 2009, 798.

[3] R. LANDI, Avvocato alla sbarra: quali le garanzie di libertà del difensore?, in Arch. Pen., 2022, n. 2, 1. L’Autore adduce a titolo esemplificativo il sesto comma dell’art. 103 c.p.p. e la correlata questione mediatica generata dalla pronuncia n. 18 del 2022 della Corte Costituzionale.

[4] Ampiamente sull’intercettazione di colloqui fra legale e assistito, v. F. SIRACUSANO, Intercettazione di colloqui fra difensore e assistito Soluzioni “poco convincenti” che pongono in pericolo lo “spazio protetto” per l’esercizio dell’attività difensiva, in Arch. Pen., 2012, n. 3, 1 ss.

[5] G. FRIGO, Sub art. 103 c.p.p., in Commentario al nuovo codice di procedura penale, a cura di Amodio-Dominioni, Milano, 1989, 659; F.M. GRIFANTINI, Il segreto difensivo nel processo penale, Torino, 2001, 169.

[6] Cass., Sez. VI, 22 gennaio 1992, Grassi, in Cass. pen., 1991, n. 246, 721.

[7] Cass., Sez. VI, 27 ottobre 1992, Genna, in Cass. pen., 1993, n. 1187, 2020.

[8] Cass., Sez. Un., 12 novembre 1993, PM c. De Gasperin, Rv. 195626.