Pubbl. Mar, 3 Gen 2023
La presentazione dell´istanza di sanatoria non comporta l´inefficacia dell´ingiunzione di demolizione dell´opera abusiva
Modifica paginaIl Consiglio di Stato, con la decisione dell´8 aprile 2022, n. 2596, in applicazione dei principi di speditezza e di non aggravamento dei procedimenti amministrativi, nonchè della giurisprudenza pressochè maggioritaria, ha stabilito che, in caso di rigetto dell´istanza di condono, una ´nuova´ ingiunzione rappresenterebbe una inutile riedizione ex novo.
The presentation of the application for amnesty does not make ineffective the demolition order
The Council of State, by the decision of 8 April 2022, n. 2596, in application of the principles of speed and non-aggravation of administrative procedures, as well as of the almost majority jurisprudence established that, in the event of rejection of the application for amnesty, a ´new´ injunction would represent a useless new edition.Sommario: 1. Le opere abusive legittimanti l’ingiunzione di demolizione; 2. L’iter procedimentale: dall’avvio del procedimento alla demolizione dell’opera abusiva; 3. I fatti di causa; 4. Il primo grado di giudizio; 4. Il primo grado di giudizio; 5. I motivi di impugnazione; 6. La decisione del Consiglio di Stato; 7. Spunti di riflessione e seguiti giurisprudenziali.
Prima di introdurre i fatti di causa che hanno dato origine alla decisione del Consiglio di Stato in esame, per rendere più agevole l’inquadramento delle questioni giuridiche, occorre ripercorrere, seppur brevemente, gli interventi che consentono all’autorità competente di ingiungere la demolizione dell’opera ed il relativo iter procedimentale.
1. Le opere abusive legittimanti l’ingiunzione di demolizione
L’autorità competente (cioè l’amministrazione comunale, o, in via residuale, la Regione o il Prefetto), può ingiungere la demolizione di un’opera, d’ufficio o su segnalazione, se tale opera è abusiva nei termini descritti dal Testo Unico dell’Edilizia (per brevità T.U. Ed).
Nel T.U.Ed., infatti, le opere sono abusive in caso di “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”[1].
In particolare:
- deve trattarsi di interventi che “comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche i di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”[2];
- le “variazioni essenziali” si hanno al verificarsi di almeno una delle condizioni indicate dall’art. 32 T.U.Ed.[3];
- in caso di interventi di ristrutturazione edilizia, eseguiti in assenza di segnalazione certificata di inizio attività o in totale difformità dalla stessa [4];
Infine, in caso di interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire, la demolizione potrà essere ingiunta a condizione che non arrechi pregiudizio alla parte eseguita in conformità[5].
2. L’iter procedimentale: dall’avvio del procedimento alla demolizione dell’opera abusiva.
Come già anticipato, l’autorità competente può venire a conoscenza dell’esistenza di una opera abusiva autonomamente o, più frequentemente, su segnalazione di terzi. Un classico esempio è quello di chi, preoccupato dai lavori eseguiti dal vicino di casa, chiede di verificarne la conformità. È così che l’autorità competente procede ad un accertamento sul posto e redige un verbale per documentare tutti i rilievi e le attività eseguite.
Se, dagli accertamenti condotti, emerge l’esecuzione di interventi abusivi, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale adotta un provvedimento per:
- ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso la demolizione delle opere abusive;
- indicare l’area che viene acquisita di diritto e gratuitamente nel caso in cui il responsabile dell’abuso non provveda alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dall’ingiunzione.
Se l’interessato non dà seguito all’ingiunzione di demolizione entro il termine di 90 giorni, l’Amministrazione comunale adotta un ulteriore provvedimento di accertamento dell’inottemperanza che, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che pure deve essere eseguita gratuitamente.
Inoltre, dopo aver constatato l’inottemperanza, l’autorità competente ha il potere di irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria[6], il cui importo spetta al comune ed è vincolato esclusivamente all’esecuzione della demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
Infine, con una successiva ordinanza, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale dispone che l’opera acquisita venga demolita a spese dei responsabili dell’abuso[7].
Chiariti i "concetti chiave", possiamo passare ad esaminare, in dettaglio, la decisione del Consiglio di Stato.
Per farlo, dopo avere introdotto i fatti di causa, riassumeremo gli esiti del primo grado di giudizio, analizzeremo i motivi di ricorso e, in conclusione, le motivazioni poste dal Consiglio di Stato alla base della propria decisione.
In ultimo, accenneremo al contesto giurisprudenziale, anche successivo alla decisione in esame.
3. I fatti di causa.
I due appellati sono proprietari di un terreno sul quale, nel 2002, era stato realizzato un edificio prefabbricato, destinato a deposito. Nel 2004, per tale opera, veniva presentata una domanda di condono, ai sensi dell’art. 32 del D.L. 269/2003 (c.d. terzo condono). Successivamente a tale domanda, il Comune notificava una ingiunzione di demolizione, a cui, come da successivo verbale di inottemperanza, gli appellati non davano seguito.
Né l’ingiunzione di demolizione né il successivo verbale di inottemperanza venivano impugnati dagli appellati. Nelle more, il Comune adottava un provvedimento di diniego della domanda di condono e, quindi, con successiva determina, dava atto del trasferimento di diritto dell’immobile e della relativa area di sedime a favore dello stesso Comune e, per l’effetto, procedeva alla necessaria trascrizione presso i registri immobiliari.
4. Il primo grado di giudizio.
Gli appellati impugnavano il provvedimento di diniego della domanda di condono dinanzi al Tar Campania, per ottenerne l’annullamento e, con motivi aggiunti, contestavano la dichiarazione di avvenuto trasferimento della proprietà in favore del Comune.
Il Tar Campania respingeva il ricorso principale ma accoglieva i motivi aggiunti, e, pertanto, annullava la dichiarazione di acquisizione gratuita dei beni in favore del Comune.
5. I motivi di impugnazione.
Il Comune ha impugnato la decisione assunta dal Tar, per i seguenti motivi. Il primo motivo riguarda la natura della dichiarazione impugnata con motivi aggiunti.
Per il Comune, la dichiarazione di avvenuta acquisizione dell’immobile rappresenterebbe un mero atto endoprocedimentale e, in ogni caso, avrebbe natura meramente ricognitiva. Ciò perché, con tale dichiarazione, il Comune prende atto dell’effetto acquisitivo determinato dalla mera inottemperanza, da parte degli interessati, all’ingiunzione di demolizione. Ingiunzione che, nel caso di specie, come pure il successivo verbale di inottemperanza, risulta non impugnata e, quindi, ha assunto carattere definitivo.
Inoltre, per il Comune, il Tar avrebbe errato nella ricostruzione dell’iter procedimentale, perché l’ingiunzione di demolizione è stata notificata agli appellati dopo l’istanza di condono e non prima. Il motivo che qui assume particolare rilievo è il secondo, per cui, secondo il Comune, il Tar avrebbe errato nell’affermare che, prima di procedere all’acquisizione, il Comune avrebbe dovuto ingiungere nuovamente la demolizione delle opere abusive.
Questo perché, sempre secondo il Comune, l’istanza di condono avrebbe come unico effetto quello di sospendere l’efficacia dell’ingiunzione di demolizione e, quindi, con l’adozione del provvedimento di diniego dell’istanza di condono, tale sospensione cesserebbe immediatamente e, quindi, l’ingiunzione di demolizione tornerebbe ad essere efficace.
6. La decisione del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato ha accolto entrambi i motivi di ricorso.
Quanto al primo, se, per un verso, la decisione smentisce il Comune, precisando che la dichiarazione di acquisizione dell’immobile, specificando l’area acquisita, ha autonoma valenza lesiva[8] e ben può essere impugnato per vizi propri, per altro verso, rispetto al caso di specie, evidenzia che «risulta inoltre non contestato che l’ordinanza di demolizione è stata adottata successivamente alla presentazione dell’istanza di condono, e non prima», con la conseguenza che gli appellati avrebbero dovuto impugnare la successiva ingiunzione di demolizione che, invece, è rimasta inoppugnata.
Tanto basta, pertanto, per il Consiglio di Stato, a rendere comunque inammissibile l’impugnazione della sola dichiarazione dell’area di sedime.
Venendo al secondo motivo di impugnazione, il Consiglio di Stato non esita nel confermare che, con il diniego dell’istanza di condono, l’ingiunzione di demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento attivato dall’interessato, riprende vigore.
E, nel farlo, si rifà a quella giurisprudenza per cui «la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un’automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l’efficacia dell’ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 16/03/2020 , n. 1848)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4829/2020). In caso di abusi edilizi, l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons.Stato, sez. VI, n. 1552/2021)».
Peraltro, il Consiglio di Stato non manca di rilevare come, nel caso di specie, proprio perché l’ordine di demolizione è successivo all’istanza di condono, in ogni caso, difetterebbero i presupposti dell’art. 44 della Legge 47/1985, inconferentemente invocati dal Tar Campania.
Conclude, quindi, il Consiglio di Stato nei seguenti termini:
- «l’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene»;
- in ragione dei principi di speditezza e di non aggravamento dei procedimenti amministrativi repressivi, una ‘nuova’ ingiunzione di demolizione rappresenterebbe «una inutile riedizione ex novo, atteso l’identico provvedimento repressivo da adottare in sede di rinnovo, stante la natura abusiva del manufatto e dell’impossibilità di condonarla, non rientrando per l’oggettività della sua natura nelle categorie previste dalla normativa di condono».
7. Spunti di riflessione e seguiti giurisprudenziali.
Per decidere, il Consiglio di Stato ha fatto riferimento ad una giurisprudenza che - pur vertendo sull’istanza di permesso in sanatoria e non su quella finalizzata al condono dell’opera - chiarisce inequivocabilmente la portata dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione.
Il responsabile dell’abuso, infatti, può presentare una istanza di sanatoria dell’opera abusiva a condizione che «l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda»[9].
Questo perché, trattandosi di un’opera solo formalmente abusiva, l’ordinamento riconosce al responsabile dell’abuso, al ricorrere dei requisiti imposti dalla legge, la facoltà di presentare tale istanza, non solo dopo aver ricevuto l’ingiunzione di demolizione[10], ma anche in pendenza del ricorso presentato per impugnare la medesima ingiunzione.
Ciò, però, non può significare che la presentazione di una istanza di permesso in sanatoria determini, in caso di diniego, la necessità di adottare una ‘nuova’ ingiunzione di demolizione, nella misura in cui, l’unico effetto che può determinare l’istanza è quello di sospendere temporaneamente l’esecuzione dell’ingiunzione.
Tale conclusione, oltre a rispecchiare quella del Consiglio di Stato con la pronuncia esaminata, è stata successivamente, ed ancor più recentemente, ribadita dallo stesso Consiglio di Stato espressosi nei seguenti termini: «la domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione. In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (cfr.Cons. Stato n. 2681/2017, Cons. Stato n. 1565/2017, Cons. Stato n.1393/2016, Cons. Stato n. 466/2015, Cons. Stato n. 2307/2014)», ciò perché «sostenere che la sola presentazione della domanda di accertamento di conformità determina il superamento del provvedimento sanzionatorio innescherebbe un procedimento ricorsivo senza fine perché il soggetto sanzionato potrebbe rinnovare (senza limitazioni di alcun genere) la domanda a seguito della riadozione di quel provvedimento. E ciò in contrasto con i principi dell’ordinamento che impongono l’accertamento delle situazioni giuridiche in via definitiva (così, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 1432, Cons. Stato, sez.VI, 8 gennaio 2021, n. 308)»[11].
Tale ulteriore decisione del Consiglio di Stato conferma l’attualità del tema ed un’applicazione non sempre uniforme dei principi di riferimento.
In tale ultimo caso, infatti, l’intervento del Consiglio di Stato si è reso necessario a fronte di una pronuncia con cui il Tar Campania ha affermato che, prima di procedere all’accertamento dell’inottemperanza, il Comune avrebbe dovuto rinnovare l’ingiunzione di demolizione «la quale si sarebbe resa necessaria a seguito della presentazione da parte dei ricorrenti della richiesta di accertamento di conformità con riferimento alle opere de quibus e della definizione negativa del relativo procedimento»[12].
La posizione del Tar Campania appena richiamata non è isolata, ma è riscontrabile anche in altre pronunce, seppur risalenti, per cui «la presentazione dell'istanza di sanatoria successivamente all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione produce l'effetto di rendere inefficace tale ultimo provvedimento e, quindi, improcedibile l'impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse; ed infatti il riesame dell'abusività dell'opera provocato dall'istanza di sanatoria, sia pure al fine di verificare l'eventuale sanabilità di quanto costruito, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa, dal momento che, in caso di diniego del richiesto accertamento di conformità, l'Amministrazione dovrebbe emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi»[13].
Naturalmente, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, pressoché pacifica, poggia su considerazioni fattuali e giuridiche solide che, allo stato, non appaiono superabili.
Questo perché, volendo aderire alle diverse argomentazioni appena richiamate, in caso di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria, l’autorità competente dovrebbe adottare una ‘nuova’ ingiunzione di demolizione dell’opera abusiva, e, così facendo, si riconoscerebbe, in capo all’interessato, il potere di bloccare anche tale ingiunzione con una ulteriore istanza di sanatoria.
[1] Così recita la rubirca dell’art. 31 T.U. Ed.
[2] Questo l’art. 31, comma 1 T.U. Ed.
[3] L’art. 32 T.U.Ed., rubricato, appunto “Determinazione delle variazioni essenziali”, stabilisce che “l’essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni: a) aumento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968; b) aumento consistente della cubatura o della superificie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato; c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali”.
[4] Art. 33, comma 6bis T.U.Ed.
[5] Art. 34 T.U. Ed.
[6] Tale sanzione amministrativa è indicata all’art. 31, comma 4bis T.U.Ed.
[7] Ai sensi dell’art. 31, comma 5, T.U.Ed. si procede alla demolizione “salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanisticil, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”.
[8] Come pure ha recentemente recentemente, sempre il Consiglio di Stato, «l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione è normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l'ingiunzione stessa; l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate è infatti una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione » (Cons. Stato, Sez. VI, 14 aprile 2022, n. 2855)
[9] Art. 36 T.U. Ed., rubricato “Accertamento di conformità”.
[10] Questo perché l’autorità competente non deve verificare la sanabilità dell’abuso prima di emettere l’ingiunzione di demolizione, quindi, va da sé che la presenza di una ingiunzione di demolizione non è indice di ‘insanabilità’ dell’opera (in questi termini, Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 luglio 2021, n. 5457).
[11] Cons. Stato, Sez. VI, 30 agosto 2022, n. 7542
[12] Tar Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. I, 27 gennaio 2016, n. 261
[13] Ne è un esempio, Tar Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. I, 23 maggio 2014, n. 981