Pubbl. Lun, 12 Dic 2022
Il Consiglio di Stato sull’applicazione dell´art. 21 octies nel caso di omissione del preavviso di rigetto
Modifica paginaI rapporti tra 21-octies e 10-bis nella giurisprudenza del Consiglio di Stato prima e dopo la modifica operata con D.L. 76/2020 conv in L. 120/2020
The Council of State´s opinion about the art. 21-octies´s application in the case of omission of so-called «preavviso di rigetto»
The relationship between 21-octies and 10-bis in the jurisprudence of th Council of State before and after the modification made by D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020Sommario: 1. L’art. 21-octies L. n. 241 del 1990 e la dequotazione dei vizi formali-procedimentali; 2. Questioni interpretative e rapporti con l’art. 10-bis L. 241 del 1990; 2.1. Il preavviso di rigetto; 2.2 Orientamenti contrapposti; 3. La ricostruzione del Consiglio di Stato prima del D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020; 4. La ricostruzione del Consiglio di Stato dopo il D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020: il quadro attuale; 5. Conclusioni.
1. L’art. 21-octies L. n. 241 del 1990 e la dequotazione dei vizi formali-procedimentali
L’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 disciplina l’annullabilità del provvedimento amministrativo, regola generale in caso di vizi dell’atto.
Il comma 1 dispone che è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o incompetenza.
Al ricorrere di tali vizi, l’annullamento può essere disposto dalla stessa amministrazione in sede di autotutela o a seguito di ricorso amministrativo ovvero disposto dal giudice.
La disposizione prosegue prevedendo al comma 2 due prescrizioni: 1. «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato»; 2. «il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
Le prescrizioni così enunciate si caratterizzano per la realizzazione della c.d. “dequotazione dei vizi formali-procedimentali” del provvedimento amministrativo.
Il meccanismo si fonda sulla distinzione tra regole sostanziali e regole procedimentali, laddove «le regole sostanziali definiscono l’assetto degli interessi da tutelare con l’attività amministrativa. Le regole formali procedimentali definiscono il procedimento e la forma che gli atti devono osservare per raggiungere tale obiettivo»[1].
La finalità perseguita consiste nel garantire una maggiore efficienza della giustizia amministrativa, risparmiando inutili duplicazioni di attività, allorché risulti evidente che il riesercizio del potere non potrebbe in ogni caso portare all’attribuzione del bene della vita richiesto dall’interessato.
In questo senso, al ricorrere dei presupposti delineati dal legislatore al comma 2 dell’art. 21-octies è esclusa l’annullabilità del provvedimento, ancorché adottato in violazione di legge.
Le due fattispecie devono essere analizzate separatamente.
Nella prima ipotesi, l’annullabilità è esclusa per qualsiasi vizio formale-procedimentale, sempre che si tratti di “attività vincolata” e che sia palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere differente anche in assenza del vizio.
Nella seconda ipotesi, l’annullabilità del provvedimento è esclusa nel solo caso di omessa comunicazione di avvio del procedimento, prevista ex art. 7 l. n. 241 del 1990, qualora la pubblica amministrazione dimostri che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere differente anche in assenza del vizio. In questo caso, il legislatore nulla dice in ordine alla natura dell’attività esercitata dalla pubblica amministrazione, per cui si ritiene l’operatività della regola nel caso di “attività discrezionale”.
2. Questioni interpretative e rapporti con l’art. 10-bis L. 241 del 1990
La disposizione ha posto, tra le altre, rilevanti questioni interpretative relative al proprio ambito di applicazione riguardanti, nello specifico, le tipologie di regole formali-procedimentali che vi rientrano.
In mancanza di una espressa previsione legislativa, si erano formati due orientamenti in ordine al vizio derivante alla omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (c.d. preavviso di rigetto) ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990.
2.1. Il preavviso di rigetto
Il c.d. preavviso di rigetto si colloca nell’ambito degli istituti della partecipazione. L’art. 10-bis prevede infatti che nei procedimenti ad istanza di parte, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, il responsabile del procedimento (o l’autorità competente) comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda.
Entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
In tal caso, dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni, il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se esistenti, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni.
L’istituto assolve a una duplice funzione difensiva e collaborativa: difensiva nella misura in cui consente al privato di “contro-dedurre” rispetto al progetto di decisione negativa dell’amministrazione procedente; collaborativa nella misura in cui le osservazioni del privato possono condurre a un mutamento della determinazione della pubblica amministrazione nella individuazione dell’interesse pubblico da perseguire.[2]
2.2 Orientamenti contrapposti
Tutto quanto premesso, in ordine alla relazione intercorrente tra gli artt. 21-octies, co. 2 e 10-bis l. n. 241 del 1990 si sono contrapposte due differenti ricostruzioni.
Un primo orientamento escludeva che la violazione dell’art. 10-bis fosse riconducibile al meccanismo delineato all’art. 21-octies.
L’istituto del preavviso di rigetto era stato inserito nell’ambito della legge sul procedimento con l. n. 15 del 2005 e, cioè, contestualmente all’art. 21-octies. Risultava pertanto altamente improbabile che il legislatore avesse introdotto un istituto di garanzia e, contestualmente, ne avesse ammesso (implicitamente) la dequotazione.
Tra le norme introdotte dalla legge n. 15/2005, «l’art. 10 bis sicuramente spicca per la sua portata realmente innovativa e per la potenziale capacità dell’istituto di rivitalizzare la correttezza dialettica tra cittadino e P.A., a tutela del legittimo affidamento del privato e a garanzia dei principi del contraddittorio, della partecipazione e leale collaborazione»[3]
Un secondo orientamento riteneva, al contrario, che la chiara natura procedimentale dell’istituto in esame avrebbe senza dubbio giustificato la riconduzione del relativo vizio al regime di dequotazione ex art. 21-octies, co. 2.
3. La ricostruzione del Consiglio di Stato prima del D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020
La questione è stata di recente scrutinata dal Consiglio di Stato sez. II che, con sentenza 14 marzo 2022, n. 1790, ha ripercorso l’evoluzione dei rapporti tra dequotazione dei vizi formali-procedimentali e omesso preavviso di rigetto, per poi arrivare alla modifica legislativa intervenuta con D.L. 76/2020 conv. in l. n. 120/2020.
Posto che per i “provvedimenti vincolati” adottati in violazione dell’art. 10-bis si applica la previsione ex art. 21-octies, co. 2 primo periodo, le principali problematiche attenevano al “provvedimento discrezionale” di diniego adottato senza preavviso di rigetto.
Segnatamente, il Consiglio di Stato ha evidenziato come, nella fase antecedente alla riforma legislativa, consolidata giurisprudenza riteneva applicabile la previsione di cui all’art. 21-octies, co. 2 secondo periodo l. n. 241 del 1990 relativa alla omessa comunicazione di avvio del procedimento anche all’omissione del preavviso di rigetto, condividendo i due istituti «la stessa funzione di garantire il contraddittorio endoprocedimentale».
Di conseguenza, l’art. 10-bis avrebbe dovuto interpretarsi e applicarsi «non in senso formalistico, ma avendo riguardo all’oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, sicché il mancato o l’incompleto preavviso di rigetto, al pari della non esplicita confutazione delle argomentazioni addotte dal privato in risposta al ricevuto avviso, non comporta l’automatica illegittimità del provvedimento finale, quando possa trovare applicazione l’art. 21-octies della stessa L. n. 241 del 1990».
4. La ricostruzione del Consiglio di Stato dopo il D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020: il quadro attuale
Senonché il dubbio interpretativo è stato finalmente risolto dal legislatore che - con l’art. 12, d.l. 16.07.2020 n. 76, conv. in l. 11.09.2020, n. 120 - ha inserito un ultimo periodo al comma 2 dell’art. 21-octies, prevedendo che: «la disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’art. 10 bis».
È stata così realizzata una distinzione tra il regime della comunicazione di avvio del procedimento e quello del preavviso di rigetto per i procedimenti ad istanza di parte. Ne consegue che l’omissione del preavviso di rigetto non è superabile “nel caso di provvedimenti discrezionali” tramite l’applicazione dell’art. 21-octies, co. 2 secondo periodo, rilevando dunque anche la sola “omissione formale” della mancata comunicazione del preavviso di rigetto.
Il Collegio prosegue precisando che, stante il “carattere processuale” dell’art. 21-octies, co. 2 seconda parte, la nuova disposizione debba essere applicata anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della legge di riferimento, «con la conseguenza che si deve ritenere immediatamente applicabile alla fattispecie oggetto di giudizi pendenti, per i quali in caso di omissione del preavviso di rigetto resta inibita all’Amministrazione la possibilità di dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
5. Conclusioni
In conclusione, il quadro appena delineato consente di tirare le somme in ordine al rapporto tra art. 21-octies, co. 2 e omissione del “preavviso di rigetto” ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990.
Nel caso di “attività vincolata”, troverà applicazione il comma 2, primo periodo dell’art. 21-octies per cui il provvedimento di diniego adottato in assenza del preavviso di rigetto non sarà annullabile qualora sia palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere differente anche in assenza del vizio.
Nel caso di “attività discrezionale”, l’omissione del preavviso di rigetto implicherà sempre l’annullamento del provvedimento amministrativo viziato, avendo il legislatore espressamente escluso l’operatività della regola “peculiare” dettata in materia di omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 21-octies, co. 2 secondo periodo.
La previsione introdotta dall'art. 12, comma 1, lett. i), L. n. 120/2020, in forza della quale "La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10-bis" è infatti «espressamente riferita alla sola "disposizione di cui al secondo periodo" e, dunque, alla fattispecie di non annullabilità del provvedimento "per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento", suscettibile di essere integrata anche a fronte di procedimenti discrezionali (non riguardando il secondo periodo i soli atti vincolati): la previsione de qua, invece, come emergente dal suo contenuto letterale, non opera in relazione alla disposizione di cui al primo periodo, riguardante la non annullabilità del provvedimento "adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", in cui l'azione amministrativa risulta vincolata, l'illegittimità riveste mera natura procedimentale o formale ed è palese che il risultato conseguito (per come emergente dalla decisione in concreto assunta dall'Amministrazione procedente) è coerente con il quadro normativo di riferimento, non essendo ipotizzabile una decisione diversa rispetto a quella in concreto adottata»[4].
[1] V. LOPILATO, Manuale di diritto amministrativo, vol. I Parte Generale, Torino, 2021, 811
[2] Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325
[3] A. RALLO, Comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis L. 241/90 e partecipazione post-decisionale: dal contraddittorio oppositivo al dialogo sul possibile, in Studi sul procedimento amministrativo nelle riforme del 2005 (a cura di) F. LIGUORI, Monduzzi, 2007, 318
[4] Consiglio di Stato sez. VI, 15 settembre 2022, n.7993
Bibliografia
LOPILATO V., Manuale di diritto amministrativo, vol. I Parte Generale, Torino, 2021, 811
RALLO A., Comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis L. 241/90 e partecipazione post-decisionale: dal contraddittorio oppositivo al dialogo sul possibile, in Studi sul procedimento amministrativo nelle riforme del 2005 (a cura di) F. LIGUORI, Monduzzi, 2007, 318