Pubbl. Lun, 24 Ott 2022
L´esercizio del potere legislativo durante l´emergenza pandemica da COVID-19
Modifica paginaL´emergenza pandemica da COVID 19 ha comportato un forte accentramento di poteri in capo all´Esecutivo al fine di gestire la situazione emergenziale. Lo scopo di questo articolo è quello di enucleare le caratteristiche del c.d. ”diritto emergenziale”, da un lato, e di analizzare alcune delle principali critiche relative all´esercizio del potere legislativo durante l´emergenza pandemica, dall´altro.
The exercise of legislative power during COVID-19 pandemic
The COVID 19 pandemic emergency led to a strong centralization of powers on the part of the Executive in order to manage the emergency situation. The purpose of this article is to identify the characteristics of the so-called ”Emergency law”, on the one hand, and to analyze some of the main criticisms relating to the exercise of legislative power during the pandemic emergency, on the other.Sommario: 1. Contesto normativo; 2. L’emergenza c.d. “ordinaria”; 3.1.1. Le criticità del d.l n. 6 del 2020 e le novità del d.l. n. 19 del 2020; 3.2. La seconda fase; 3.2.1. Il segreto dei verbali e le criticità del d.l 33 del 2020; 3.3. La terza fase; 3.3.1. La costituzionalità del green pass; 3.3.2. L’estensione dell’obbligo vaccinale e la sua costituzionalità.
1. Contesto normativo
Per fronteggiare l’emergenza pandemica, il 14 marzo 2020 in Spagna è stato dichiarato lo «stato di allarme1». Ciò è stato possibile in virtù del dettato dell’art. 116 della Costituzione spagnola, che fa riferimento a stati di emergenza derivanti da fattori naturali e similia, e cioè a cause «politicamente neutrali2».
La Costituzione italiana, invece, non contiene una disciplina generale di gestione delle situazioni di emergenza. Tale assenza è frutto di una ben precisa scelta dei costituenti. che avevano ben chiaro che la predeterminazione dell’autorità a cui spetta il compito di decidere sullo (e nello) «stato di emergenza» è di certo materia dei costituzionalisti. Non a caso, infatti, potevano far tesoro degli studi di Carl Schmitt3 e dell’esperienza storica dell’art. 48 della Costituzione di Weimar4.
L’Assemblea decise di trattare l’emergenza con riguardo sia al verificarsi di calamità naturali di rilievo nazionale, sia alla proclamazione dello stato d’assedio. A tal fine ammise la possibilità di sospendere i poteri costituzionali, regolando non l’emergenza in sé, ma i poteri esercitabili dal governo nei casi straordinari di necessità e urgenza (art. 775 Cost.) e in seguito alla deliberazione dello stato di guerra da parte delle Camere (art. 786 Cost.).
Le ipotesi della calamità e dello stato d’assedio non esauriscono, però, la discussione sullo stato di emergenza. L’art. 167 Cost., infatti, sancisce che «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza». Così disponendo, la Costituzione prevede una vera e propria limitazione alle libertà personali se pur - a differenza di quelle ex artt. 77 e 78 - di portata circoscritta a uno specifico diritto costituzionale, ma nondimeno in grado di incidere sull’intero sistema dei diritti (come vissuto dagli italiani a partire dal lockdown di marzo 2020).
Il riferimento ai «motivi di sanità» ex art. 16 Cost rimanda inequivocabilmente all’art. 328 Cost., che qualifica la salute come «fondamentale diritto dell’individuo» nonché «interesse della collettività». Dottrina e giurisprudenza9, infatti, attribuiscono al diritto alla salute e al connesso diritto alla vita valori centralissimi ed irrinunciabili10, destinati (in particolare il diritto alla vita) a prevalere sempre sugli altri, essendo precondizioni necessarie affinché qualsiasi altro diritto possa essere goduto11.
Rebus sic stantibus, è proprio l’art. 77 Cost. a legittimare lo stato d’emergenza, riconducendolo a uno dei «casi straordinari di necessità e di urgenza» che deroga alle ordinarie forme di esercizio del potere legislativo e lo trasferisce verso il Governo. Grazie ad una importantissima produzione giurisprudenziale, la Corte costituzionale ha riportato a «straordinarietà» la figura del decreto-legge, in seguito ad un continuo uso improprio dello stesso strumento, definendo univocamente i presupposti di «necessità» e «urgenza12». Così, il decreto-legge, se rispettoso dei presupposti costituzionali suddetti, ben può soddisfare la riserva «rinforzata per contenuto13» ex art. 16 Cost. quanto alle «limitazioni … per motivi di sanità o di sicurezza14». Tale riserva di legge è da considerarsi relativa15, in quanto la legge (o l’atto ad essa equiparato) può limitarsi a definire il quadro normativo generale, demandando a successivi atti normativi secondari (regolamenti o ordinanze) gli interventi di dettaglio.
2. L’emergenza c.d. “ordinaria”
In Italia, la disciplina normativa delle situazioni emergenziali ordinarie è contenuta in due principali fonti: il d.lgs. n. 1del 2018 (Codice della protezione civile)16 e la l. n. 833 del 1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale).
Gli artt. 24 e 25 del d.lgs. n. 1 del 2018 stabiliscono che, al verificarsi un’emergenza che coinvolge il territorio nazionale, il Consiglio dei ministri delibera lo «stato di emergenza» e ne fissa durata ed estensione territoriale. Il decreto, poi, autorizza il presidente del Consiglio dei ministri e i vertici della Protezione civile a adottare, d’intesa con le Regioni interessate, ordinanze in deroga a ogni disposizione vigente, purché sia dichiarato quali sono le disposizioni di legge derogate e siano comunque rispettati i principi generali dell’ordinamento e il diritto dell’Unione europea17.
L’art. 32 della l. n. 833 del 1978 detta una disciplina distinguendo in base alla portata geografica dell’emergenza. Infatti, se l’esigenza è estesa al territorio nazionale o coinvolge più regioni, il ministro della Sanità viene investito del potere di «emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni».
Se, invece, l’emergenza assume unicamente carattere regionale o locale, tali ordinanze «sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco […] con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale».
Meritano, infine, menzione l’art. 117 del d.lgs. n. 112 del 1998, in forza del quale «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco», mentre «negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza […] spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza» e l’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), che estende a livello comunale quanto stabilito dall’art. 32 della l. n. 833/1978.
3. L’emergenza c.d. “speciale”
Il d.lgs. n. 1 del 2018 e la l. n. 833 del 1978 sono stati il punto di riferimento del Governo per gestire le prime fasi dell’emergenza pandemica.
In base al d.lgs. n. 1 del 2018, il 31 gennaio 2020 il Governo italiano ha dichiarato lo stato d’emergenza sanitaria, inizialmente stabilito per una durata di sei mesi, per poi essere prorogato a più riprese sino al 31 marzo 2022. In particolare, le ultime due proroghe sono intervenute al di fuori del quadro della legislazione ordinaria sull’emergenza, essendo intervenute con lo strumento del decreto-legge, e non con deliberazione del Consiglio dei ministri adottata sulla base del d.lgs. n. 1 del 201818.
Dichiarato lo stato d’emergenza, sono, quindi, intervenute le ordinanze del capo dipartimento della Protezione civile e del ministro della Salute.
Tuttavia, nonostante nelle primissime fasi della pandemia tali interventi siano stati posti in essere nel rispetto della normativa vigente, il Governo ha ritenuto necessario approvare un’apposita disciplina in risposta allo stato d’emergenza mediante l’approvazione di una quantità mastodontica di decreti legge19, con conseguente difficoltà del Parlamento, che si trovava nella necessità di convertire in legge entro sessanta giorni i suddetti decreti legge20.
Al massivo utilizzo dei decreti-legge si sono affiancati il ricorso ai Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri21, le ordinanze della Protezione civile, le ordinanze del Commissario per l’emergenza Covid-19 e le ordinanze22 del ministro della Salute23.
Allo scopo di garantire una maggiore chiarezza espositiva, sulla scia di coloro che per primi hanno operato questa divisione24, sarà opportuno trattare la produzione normativa distinguendola in tre diverse fasi.
3.1. La prima fase
La prima fase è caratterizzata dall’adozione dei decreti-legge nn. 6 e 19 del 2020, di cui è necessario riportare, in estrema sintesi, il contenuto.
L’art. 3 co. 1 del d.l. n. 6 del 2020 attribuiva al presidente del Consiglio dei ministri il potere di adottare, mediante d.P.c.m., «ogni misura di contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica». Tale potere veniva esteso dall’art. 1 della medesima fonte anche al di fuori delle aree in cui sono presenti persone positive al virus e, ex dell’art. 12, senza addirittura predeterminarne la durata25.
Il d.l. n. 6 del 2020 individuava, poi, diverse limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno a titolo esemplificativo (art. 1, co. 2), e all’art. 1 co. 1 demandava al presidente del Consiglio dei ministri il compito di emanare «ogni misura di contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica» senza limitazioni geografiche (art. 2).
3.1.1. Le criticità del d.l n. 6 del 2020 e le novità del d.l. n. 19 del 2020
Uno degli aspetti di maggiore criticità della normativa appena esaminata concerne il rispetto dell’equilibrio tra poteri costituzionali.
La tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) tramandata da Montesquieu26 viene posta alla base del moderno costituzionalismo occidentale, quale garanzia che nessuno dei tre poteri potesse prendere il sopravvento sugli altri. Tale divisione deve essere osservata non solo con riguardo alle situazioni ordinarie, ma anche a quelle straordinarie, in cui un attentato al principio di separazione dei poteri potrebbe risultare più agevole27.
Tanto premesso, la prima produzione normativa dello stato d’emergenza causò un risultato del tutto stridente con l’equilibrio appena menzionato. Il d.l. n. 6 del 2020 ha, infatti, concentrato sul Presidente del Consiglio dei ministri un potere di ordinanza emergenziale di fatto illimitato, tanto più se si considera che a fondamento di tale potere vi era proprio un decreto-legge deciso dal Governo da lui stesso presieduto. Ad inasprire tale disequilibrio ha, poi, contribuito l’incapacità del Parlamento di rimanere pienamente operativo di fronte al rischio del contagio, riducendo le proprie funzioni alla ratifica precipitosa delle decisioni governative in sede di conversione del decreto-legge e il frequente utilizzo dell’odiosa prassi della questione di fiducia in sede di conversione di numerosi decreti legge28.
L’accentuato potere presidenziale non venne, poi, neppure ridotto dal decreto-legge n.19 del 2020, che prevedeva che le misure limitative della libertà fossero disposte tramite un atto del Governo: il d.P.c.m. Il decreto-legge n. 19 del 2020 ha introdotto due correttivi al precedente decreto n. 6 del 2020. Da un lato, infatti, sanciva che le misure adottate fossero tempestivamente comunicate alla Camere e che il Presidente del Consiglio di ministri, o un ministro da lui delegato, riferissero sul tema ogni quindici giorni al Parlamento (previsione, peraltro, poi non sempre rigorosamente rispettata); dall’altro, invece, venivano indicati, quali criteri guida all’attività governativa, i principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio pandemiologico effettivamente esistente29.
Altro aspetto di forte criticità concerne il rispetto della riserva di legge ex art. 23 Cost30. Tale aspetto può distinguersi tra riserva di legge posta a tutela dei diritti fondamentali e riserva di legge in materia penale.
Quanto alla riserva di legge posta a tutela dei diritti fondamentali, la legge deve quantomeno dettare la normativa di carattere generale, lasciando poi all’atto governativo la disciplina di dettaglio. Tuttavia, la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 6 operava un rinvio “in bianco” all’attività normativa secondaria, senza dettare alcuna disciplina di carattere generale: la riserva di legge, ancorché relativa, non era dunque adeguatamente rispettata.
Qui, invece, l’intervento del decreto n. 19 del 2020 è stato più incisivo, definendo tassativamente le misure limitative della libertà applicabili tramite d.P.c.m. e ordinanze (art. 1, co. 2), conformando la normativa emergenziale alla riserva di legge stabilita dalla Costituzione.
La riserva di legge in materia penale viene, invece, sancita all’art. 25 co. 2 della Costituzione, per il quale solo la legge e gli atti aventi forza di legge sono autorizzati a intervenire in materia penale. Il d.l. n. 6 del 2020, tuttavia, oltre a prevedere misure restrittive della libertà personale, ne sanzionava la violazione con sanzioni penalistiche. Le disposizioni in parola, però, risultano contenutisticamente assai vaghe, tanto da essere state inizialmente presentate come raccomandazioni anziché come divieti e da aver richiesto continui interventi di precisazione, perlopiù forniti tramite circolari del ministero dell’Interno e risposte alle domande più frequenti (FAQ) pubblicate sui siti Internet del Governo. La stessa comminazione delle sanzioni è risultata, secondo le cronache, estremamente discrezionale, al limite dell’arbitrio del singolo agente di pubblica sicurezza. Per tutte queste ragioni, il d.l. n. 6 del 2020 sembra non pienamente idoneo a soddisfare la riserva di legge in materia penale.
Un (parziale) correttivo è intervenuto anche in questo caso con il d.l. n. 19 del 2020, che ha trasformato tali sanzioni da penali ad amministrative, anche con effetto retroattivo.
3.2. La seconda fase
La dottrina fa coincidere la fine della prima fase e l’inizio della seconda con il d.l. 33 del 202031. Uno dei suoi caratteri fondamentali consiste nella differenziazione territoriale dell’intervento dell’esecutivo (che agisce pur sempre a mezzo di d.P.c.m.).
Con decreto del ministro della Salute del 30 aprile 2020, il Governo stabiliva, inoltre, ventuno indicatori finalizzati a parametrare lo sviluppo della pandemia. Il controllo del loro rispetto veniva affidato al ministero della Salute, all’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e alle Regioni. Tra questi parametri, i più importanti sono finalizzati al calcolo dell’indice RT32 di cui meritano menzione a) il tempo che trascorre tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi, b) la conoscenza della data di insorgenza dei sintomi e c) la conoscenza delle catene di trasmissione33.
3.2.1. Il segreto dei verbali e le criticità del d.l 33 del 2020
Come detto fin dal primo paragrafo, la Costituzione prevede senza dubbio la possibilità di limitazione di numerosi e delicatissimi diritti costituzionali, senza mai escludere la controllabilità delle decisioni e dei comportamenti delle pubbliche autorità, onde evitare il rischio, paventato da taluni, di approdare nelle «terre dell’arbitrio e della tirannia34».
Il dato storico di partenza ha visto il Governo pericolosamente nascondere i presupposti tecnico-scientifici delle proprie decisioni. Tale critica non ha come fine ultimo quello di spingere l’esecutivo ad abbracciare posizioni meramente tecnico-scientifiche e a deludere la riflessione politica, ma di spingerlo ad onorare la propria responsabilità ex artt. 135 e 9536 Cost. E questo obbligo va soddisfatto a mezzo di pubblicità e motivazione dei propri atti.
Desegretati i verbali del Comitato tecnico-scientifico, è emerso che il Governo ha disatteso due rilevantissime indicazioni del Comitato: quella di dichiarare “zona rossa” i comuni di Alzano Lombardo e Nembro (i territori da cui il virus è partito per poi diffondersi in tutta la provincia di Bergamo37) e quella di circoscrivere il lockdown alla Lombardia, al Veneto e ad alcuni territori limitrofi, soprattutto in Piemonte e in Emilia-Romagna, anziché all’Italia intera. Tali scelte hanno di certo causato pesanti conseguenze: zone nevralgiche della Lombardia avrebbero probabilmente patito minori danni derivanti dalla sfrenata crescita dei contagi, così come Centro e il Sud Italia avrebbero subito minori conseguenze socioeconomiche del lockdown.
Inoltre, i sistemi di monitoraggio ex DM del 30 aprile 2020 hanno funzionato in maniera ben poco soddisfacente, perché inizialmente, le Regioni hanno fatto molta fatica ad attrezzarsi per compiere tutti i controlli richiesti, per poi migliorare con lo scemare della pandemia e di nuovo peggiorare con l’intervento della “seconda ondata”. Ma il punto maggiormente critico delle disposizioni in parola è stato quello di demandare l’integrale responsabilità del monitoraggio alle stesse Regioni. Così, i controllati divennero i controllori autorizzati valutare l’adeguatezza del proprio sistema sanitario e ad introdurre misure speciali - sia ampliative che restrittive - in deroga alla generale disciplina nazionale.
3.3. La terza fase
La terza fase si compone di tre interventi normativi principali: il d.l. n. 52 del 2021 che introduceva il green pass, il d.l. n. 105 del 2021 che rielaborava il meccanismo di classificazione delle zone per colori e il d.l. n. 171 del 2012, che estendeva l’obbligo vaccinale.
3.3.1. La costituzionalità del green pass
Sono stati sollevati tre principali dubbi di costituzionalità avverso l’adozione del green pass.
Secondo il primo, il green pass lederebbe il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., discriminando tra cittadini vaccinati e non a scapito di questi ultimi. Tale osservazione risulta essere poco consistente. Sin dalla sentenza n. 53 del 1957, la Consulta ha chiarito che il principio di uguaglianza non impone affatto di trattare tutti nello stesso modo, ma di trattare nello stesso modo coloro che sono, tra loro, simili e di trattare diversamente coloro che sono, tra loro, diversi.
Per il secondo rilievo, il green pass lederebbe l’art. 32, co. 2, Cost., ai sensi del quale solo la legge può imporre un trattamento sanitario obbligatorio, quale, appunto, il green pass. Secondo i critici, infatti, la violazione risiederebbe nel fatto che ad imporre tale obbligo è stato un decreto-legge. Tale rilievo è ancora meno consistente del primo, essendo il decreto-legge atto «avente forza di legge» (art. 77. Cost, co. 2), perfettamente idoneo a operare in sostituzione della legge.
Per il terzo rilievo, il green pass sarebbe un provvedimento lesivo del diritto dell’Unione europea. Si è sostenuto, a tal proposito, che il regolamento n. 953 del 2021 ha stabilito il divieto di discriminare chi non è vaccinato. Due sono i rilievi opponibili a tale critica: da un lato, tale divieto non è contenuto nel testo del regolamento, ma in uno dei molti «considerando» iniziali e, dall’altro, il regolamento europeo intende facilitare la circolazione tra gli Stati, superando eventuali misure restrittive introdotte da ciascuno di essi, ove la normativa statale concerne circolazione interna all’Italia. Si tratta, quindi, di due diversi ambiti applicativi con conseguente prevalenza del diritto euro-unitario su quello interno, imponendone la non applicazione, solo nell’ambito delle competenze proprie dell’Unione europea.
Inoltre, è stato sostenuto che, in caso di danni derivanti dalla vaccinazione, lo Stato non sarebbe tenuto all’indennizzo nei confronti dei danneggiati. In tema, solidissima giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto la piena indennizzabilità dei danni patiti da parte di soggetti che hanno volontariamente deciso di aderire a campagne di vaccinazione facoltative ma raccomandate (com’è, per esempio, il caso dei vaccini antinfluenzali)38.
Tutto ciò non esime il green pass da critiche. Come è stato fatto notare, esso esime lo Stato da una responsabilità, rimettendo ai singoli la scelta sul se vaccinarsi o meno; al suo utilizzo selettivo in situazioni parimenti rischiose (per esempio, appare ingiustificata la mancata previsione della sua obbligatorietà per assistere alle cerimonie religiose). Il dibattito sul green pass, tuttavia, invece di vertere su tali, giustificate, critiche, è stato incentrato sul tentativo di sventolare allarmisticamente profili di incostituzionalità dal fondamento inconsistente39.
3.3.2 L’estensione dell’obbligo vaccinale e la sua costituzionalità
L’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 introduce l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie. Tale obbligo viene poi esteso dall’art. 2 del d.l. n. 122 del 2021 al personale delle Rsa però poi essere allargato dall’art. 2 del d.l. n. 172 del 2021 al personale della scuola e di tutte le strutture di istruzione e formazione, del comparto difesa, della sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, dei servizi di sicurezza, di tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie e degli istituti penitenziari.
In quanto trattamento sanitario, il vaccino cade sotto l’ombrello dell’art. 32, co. 2, Cost., secondo il quale: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, il nodo da sciogliere ricadrebbe nel dettato dell’art. 32, co. 1, Cost.: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». In poche parole, si aprirebbe una questione di necessario bilanciamento tra il diritto della collettività alla salute e quello dell’individuo di rifiutare trattamenti sanitari.
Come viene osservato, il principio kantiano che impone di considerare le persone come fini e non come mezzi è di necessario rispetto: in poche parole sarebbe incostituzionale l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio rivolto solo alla tutela dell’interesse della collettività e non anche al diritto individuale40. Inoltre, un vaccino elaborato in così poco tempo potrebbe costituire un pericolo, in quanto è stato prodotto in seguito ad una sperimentazione velocissima e senza precedenti.
L’opinione dominante in dottrina41, tuttavia, considera l’obbligo vaccinale compatibile con la Costituzione. A supporto della tesi, viene – infatti – specificato che le autorità scientifiche preposte (Ema e Aifa) ne hanno attestato l’utilità, che viene confermata dall’analisi dei dati sull’andamento epidemiologico42 e nessuno studio scientificamente certificato al momento contesta tali attestazioni. Inoltre, contro l’argomento della velocità senza precedenti della sperimentazione, si oppone che occorre bilanciare con essa i concreti rischi sociali, economici, politici, ecc. che derivano dallo scorrere del tempo senza rimedi efficaci contro l’epidemia
1 G. LECUMBERRI BEASCOA, Spagna: stato di allarme, in Il diritto di eccezione, una prospettiva di diritto comparato, Bruxelles 2020, p. I.
2 P. CRUZ VILLALÓN, El nuevo derecho de excepción, in Revista Española de Derecho Constitucional, n. 2, 1981, pp. 93 e ss.
3 C. SCHMITT, Teologia politica, in Le categorie del “politico”, Bologna, 1972, pp. 33 ss.
4 F. PALLANTE, Pandemia, sicurezza, democrazia, in Questione Giustizia, 2021, p. 1.
5 Art. 77 Cost.: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
6 Art. 78 Cost.:Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.
7 Art. 16 Cost.:Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
8 Art. 32 Cost.: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
9 A partire dalla sentenza n. 54 del 1979 della Corte costituzionale
10 Corte costituzionale, Sentenza n. 223 del 1996.
11 F. GRANDI, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un dovere?, in Costituzionalismo, n. 1, 2021.
12 Cfr. ex multiis, le sentenze della Consulta n. 341 del 2003, nn. 6, 178, 196, 285, 299 del 2004, nn. 2, 62, 272 del 2005, n. 171 del 2007.
13 S. GUIZZI, Stato costituzionale di diritto ed emergenza COVID-19: note minime, in magistraturaindipendente.it, 18 aprile 2020, par. 5.
14 S. STAIANO, Né modello né sistema. La produzione del diritto al cospetto della pandemia, in Rivista AIC, 2/2020, p. 533.
15 In tema, si ricordi che le riserve di legge assolute sono quelle inerenti alle materie per le quali l’intera normativa deve essere stabilita dalla legge; quelle relative, invece, ineriscono alle materie per le quali la legge può limitarsi a dettare la normativa di carattere generale, demandando alle fonti secondarie la definizione della disciplina di dettaglio, come in STAIANO, ibid.
16 A. CONZUTTI, Quandoque bonus dormitat codex? La strana “quiescenza” del consolidato sistema di protezione civile, in Osservatorio sulle fonti, n. 2, 2021, pp. 393-472.
17 F. PALLANTE, cit., p. 4.
18 Il decreto legge n. 105 del 2021 prorogava lo stato d’emergenza fino al 31 Dicembre 2021, mentre il decreto legge n. 221 del 2021 prorogava lo stato d’emergenza fino al 31 Marzo 2022.
19 Addirittura venticinque, a partire dal d.l. n. 6 del 2020 fino al d.l. 229 del 2021.
20 G. BRUNELI, Sistema delle fonti e ruolo del Parlamento dopo (i primi) dieci mesi di emergenza sanitaria, in Rivista Aic, n. 1, 2021, pp. 385-398.
21 Sulla natura dei quali si è discusso a lungo. Secondo l’opinione maggioritaria - cfr. L. CUOCOLO, I diritti costituzionali di fronte all’emergenza Covid-19. Una prospettiva comparata, in Federalismi.it, n. 6, 2020, p. 13 - questi avrebbero natura di regolamenti. Secondo una diversa opinione, minoritaria - cfr. M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista Aic, n. 2, 2020, pp. 137-140 - sarebbero ordinanze, in quanto dichiarano l’inizio e la fine dello stato di emergenza. La loro qualificazione in un senso o nell’altro non è meramente descrittiva: solo le ordinanze hanno una forza derogatoria della legislazione vigente. LA questione è stata affrontata dalla Consulta nella sentenza n. 198 del 2021, affermando che i d.P.c.m. sono giuridicamente qualificabili quali regolamenti. Per approfondire: M. CAVINO, La natura dei DPCM adottati nella prima fase di emergenza Covid Lettura di Corte cost. n. 198/2021, in Federalismi.it, n. 25, 2021.
22 Sulle ordinanze adottate dai presidenti regionali cfr. BALDINI, Emergenza sanitaria nazionale e potere di ordinanza regionale. Tra problema di riconoscibilità dell’atto di giudizio e differenziazione territoriale delle tutele costituzionali, in dirittifondamentali.it, n. 1, 2020
23 F. PALLANTE, cit, p. 7.
24 P. CARETTI, I riflessi della pandemia sul sistema delle fonti, sulla forma di governo e sulla forma di Stato, in Osservatorio delle fonti, Fascicolo speciale 2020, pp. 295-298.
25 Poteri che sono stati pienamente esercitati attraverso una cospicua serie di d.P.c.m. quali quelli datatati 25.2.2020, 1.3.2020, 4.3.2020, 8.3.2020, 9.3.2020 11.3.2020 e 22.3.2020.
26 Per approfondire: G. TARELLO, Per una interpretazione sistematica di Montesquieu, in Materiali per una storia della cultura giuridica, vol. I, 1971, pp. 13 e ss. e G. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, Il Mulino, 1976, pp. 259-298.
27 F. PALLANTE, cit., p. 10.
28 A. CANDIDO, Poteri normativi del Governo e libertà di circolazione al tempo del Covid-19, in Quaderni costituzionali, n. 1, 2020, pp. 419-428 e ALLEGRETTI, Il trattamento dell’epidemia di “coronavirus” come problema costituzionale e amministrativo, in Quaderni costituzionali, n. 1, 2020, pp. 456-463.
29 F. PALLANTE, ibidem.
30 Art. 23. Cost.: Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge
31 U. ALLEGRETTI, Osservazioni sulla lotta al coronavirus all’inizio della “seconda fase”, in Forum di Quaderni costituzionali, n. 3, 2020, pp. 1-8.
32 Il numero di riproduzione di una malattia infettiva (R0) è il numero medio di infezioni trasmesse da ogni individuo infetto ad inizio epidemia […] La definizione del numero di riproduzione netto (Rt) è equivalente a quella di R0, con la differenza che Rt viene calcolato nel corso del tempo. Rt permette ad esempio di monitorare l’efficacia degli interventi nel corso di un’epidemia. Tale definizione è disponibile su https://www.iss.it/coronavirus/-/asset_publisher/1SRKHcCJJQ7E/content/faq-sul-calcolo-del-rt#:~:text=La%20definizione%20del%20numero%20di,nel%20corso%20di%20un'epidemia.
33 Per una conoscenza più completa si rinvia al decreto del 30 Aprile 2020 Adozione dei criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario di cui all'allegato 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020.
34 Per approfondire: F. MERUSI, Ragionevolezza e discrezionalità amministrativa, Napoli, 2011.
35 Art. 1 Cost.: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
36 Art. 95 Cost.: Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei Ministeri.
37 Come è stato osservato, ex art. 32 l. n. 833 del 1978), anche la Regione Lombardia avrebbe potuto dichiarare il proprio territorio quale “zona rossa”. Tuttavia, pur essendo questa osservazione inequivocabilmente vera, non riesce ad assolvere il Governo della propria irresponsabilità. Due comportamenti irresponsabili costituiscono due responsabilità, e non zero.
38 D. MORANA, Obblighi e raccomandazioni in tema di vaccinazioni, tra discrezionalità legislativa ed estensione del diritto all’equo indennizzo (in nota a Corte cost., sent. n. 118/2020), in «Osservatorio Aic», n. 1, 2021, pp. 233-250.
39 F. PALLANTE, cit., p. 20.
40 F. PALLANTE, cit, p. 21.
41 Così F. PALLANTE, ibidem e S. CURRERI, Sulla costituzionalità dell’obbligo di vaccinazione contro il Covid-19, in «laCostituzione.info», 28 agosto 2021.
42 Rapporto sull’andamento dell’epidemia da Covid-19 in Italia aggiornato all’8 settembre 2021 dell’Istituto superiore della sanità.
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