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Pubbl. Mar, 18 Ott 2022

Rent to buy: vantaggi e svantaggi

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Marta Leone



Il presente contributo analizza l´evoluzione del rent to buy, con particolare riferimento alle modifiche legislative succedutasi negli anni. L´evoluzione della materia può dirsi consolidata a seguito dell´introduzione del D. L. n. 133/2014 (Decreto Sblocca Italia), di cui l´elaborato passa in rassegna gli aspetti maggiormente innovativi. Il contributo è volto a porre in luce le peculiarità dell´istituto anche ponendo l´accento sugli elementi di criticità che l´introduzione del rent to buy nell´ordinamento nazionale ha portato con sé.


ENG

Rent to buy: advantages and disadvantages

This contribution analyzes the evolution of rent to buy, with particular reference to the legislative changes that have occurred over the years. The evolution of the matter can be said to be consolidated following the introduction of Legislative Decree no. 133/2014 (Decree Unblock Italy), of which the elaborated reviews the most innovative aspects. The contribution analyzes the peculiarities of the institute and also the critical elements that the introduction of rent to buy in the national order has brought with it.

Sommario: 1. Ratio dell’istituto e principali caratteristiche; 2. Profili formali, ambito oggettivo e soggettivo del rent to buy; 3. Elementi essenziali: godimento e imputazione parziale dei canoni al prezzo di vendita; 4. Facoltà di acquisto del bene da parte del conduttore e conseguenze in caso di mancata vendita; 5. Problemi attuali: l’inadempimento del conduttore; 6. Conclusioni.

1. Ratio dell’istituto e principali caratteristiche

La profonda crisi degli anni’90 che ha investito in particolar modo il settore immobiliare ha determinato la crescente necessità per gli operatori del diritto di creare nuove formule contrattuali alternative al tradizionale modello del preliminare di compravendita collegato al contratto di mutuo ipotecario. Invero, il mutuo è stato da sempre difficilmente erogato dagli istituti di credito a causa della mancanza di adeguate garanzie da parte dei privati. La complessità di accesso al mercato del credito per gli acquirenti si collega, specularmente, alla difficoltà per i venditori di collocare agilmente gli immobili sul mercato che rimangono sovente invenduti[1]. Per queste ragioni, si è avvertita la necessità di creare nuovi schemi negoziali che consentano all’acquirente l’immediato godimento del bene e, al contempo, di ottenere una rateizzazione idonea a portare a termine l’operazione finale e procedere così alla vendita. Il legislatore, spinto da tali esigenze, è intervenuto in materia con il D.L. n. 133 del 2014 (cd. decreto Sblocca Italia) disciplinando una nuova figura contrattuale: il rent to buy.

L’ordinamento nazionale ha da sempre posto l’attenzione sul solo diritto di godimento del bene seguendo il tradizionale schema del contratto di locazione. La residuale possibilità per il conduttore di acquistare il bene immobile locato era inizialmente possibile solo tramite l’esercizio del diritto di prelazione rispetto ai terzi. Questo farraginoso meccanismo è stato con il tempo superato grazie all’introduzione di una nuova figura contrattuale volta ad incentivare l’acquisto dell’immobile e, più in generale, il mercato immobiliare. Pertanto, il diritto ad acquistare il bene diviene il nucleo centrale della nuova figura del rent to buy ove il diritto personale di godimento è recessivo rispetto all’interesse del conduttore a conseguire la proprietà del bene.

Il rent to buy è il contratto con il quale una parte, il concedente, cede in godimento un immobile ad un’altra, il conduttore, dietro il pagamento di un canone periodico con il diritto di quest’ultimo di acquistare il bene imputando al prezzo di vendita una parte dei canoni versati. L’istituto è composto da due fasi: una attuale, consistente nell’immediata concessione in godimento del bene da parte del concedente dietro il pagamento di un canone periodico; ed una meramente eventuale, consistente nell’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore e nella successiva stipula del contratto definitivo di compravendita tra le parti. Dunque, il conduttore, pagati i canoni per il godimento del bene, al raggiungimento del termine fissato dalle parti nel contratto può procedere direttamente all’acquisto dell'immobile versando al locatore il valore residuale dello stesso. Dell’importo periodico versato dal conduttore una parte verrà inputata in conto prezzo al momento dell’atto di acquisto[2]..

Tuttavia, nonostante la novità del nuovo schema contrattuale la normativa, disciplinata nelle sue linee generali dall’art. 23 del decreto Sblocca Italia, risulta carente e lacunosa. I forti margini di incertezza normativa hanno portato, nella prassi, ad una scarsa applicazione del contratto in esame. Appare, dunque, necessaria un’attenta analisi dell’istituto al fine di mettere in luce le criticità che l’introduzione del rent to buy nell’ordinamento nazionale ha portato con sé.

2. Profili formali, ambito oggettivo e soggettivo del rent to buy

La prima questione che si pone riguarda il profilo soggettivo. Nessun riferimento normativo troviamo riguardo ai soggetti interessati da questa nuova figura contrattuale. In particolare, ci si è chiesti se la novella disciplina sia destinata ai soli imprenditori o anche ai privati. Mancando una precisa indicazione, parte della dottrina[3] ha prospettato la ragionevole ipotesi che il nuovo modello debba applicarsi ai soli imprenditori, come dichiarato dallo stesso D. L. n. 133/2014 nel capo V rubricato “misure per il rilancio dell’edilizia”. Anche questa limitazione potrebbe cadere ove il legislatore prevedesse espressamente l’utilizzo dello schema negoziale anche tra i privati in modo tale da consentire una applicazione generalizzata dell’istituto senza procedere a diversificazioni tra imprenditori e privati.

Quanto al profilo formale, sebbene l'ordinamento domestico sia retto dal principio di libertà delle forme, il contratto di rent to buy richiede un elevato formalismo. Il requisito formale si ricava dalla normativa la quale effettua un espresso rinvio all’art. 2645-bis c.c. nonché dal regime di pubblicità del contratto preliminare di compravendita. È pertanto richiesta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata. Inoltre, all’art. 23 comma 1, D. L. n. 133/14 è previsto l’obbligo di trascrizione del contratto nei registri immobiliari di durata decennale[4]. Da ciò consegue che l’operazione economica non può avere una estensione temporale superiore ai 10 anni venendo a caducare l’effetto dell’opponibilità dell’atto trascritto.

Circa l’oggetto, l’art. 23 del D.L. n. 133/2014 prevede che il rent to buy sia “il contratto con cui si concede in godimento un immobile”. L’istituto sembrerebbe avere una applicazione molto ampia e non limitata alla sola categoria degli immobili ad uso abitativo. Consegue che la disciplina in esame risulta applicabile anche gli immobili ad uso produttivo, ad uso ufficio e ai terreni[5]. È stata, inoltre, prospettata la possibilità di adottare tale schema contrattuale anche per l’acquisto di aziende[6].

Quanto invece ai diritti suscettibili di essere trasferiti a mezzo del rent to buy, la norma non si esprime chiaramente, riferendosi certamente solo al diritto di proprietà. Indi per cui parte della dottrina si è interrogata in merito all’estensione della disciplina ai diritti reali di godimento. Il godimento deve essere, infatti, immediato e strumentale all’acquisto dell’immobile nonché idoneo a trasformarsi in godimento definitivo a seguito della eventuale stipula del contratto di vendita. Per tali ragioni se deve certamente escludersi il diritto di nuda proprietà, diversamente deve opinarsi per il diritto di usufrutto, il diritto di uso e quello di abitazione. Quest’ultimi sono di fatto passibili di consegna al conduttore anche se l’acquisto graduale di tali diritti sarebbe, nella prassi, di scarsa importanza poiché appare arduo ravvisare un interesse concreto delle parti all’uso del rent to buy per diritti diversi da quello di proprietà. Anche il diritto di superficie, al contrario della forma della concessione ad aedificandum ex art. 952 c.c., può infine essere oggetto del contratto di rent to buy.

In riferimento, infine, al contenuto contrattuale la normativa[7] pone l’accento sulla fase antecedente al momento dell’acquisto della proprietà richiamando genericamente, non le norme in tema di locazione, ma quelle in materia di usufrutto. Trattasi comunque di norme dispositive, le quali lasciano le parti libere di derogare adottando, conseguentemente, una autonoma regolamentazione al rapporto contrattuale.

3. Elementi essenziali: godimento e imputazione parziale dei canoni al prezzo di vendita

Delimitato l’ambito soggettivo e oggettivo del rent to buy è ora possibile soffermarsi sulla funzione e sugli elementi essenziali del contratto.

Come anticipato, tale prototipo contrattuale si articola in due distinte fasi: la prima, necessaria, della concessione del bene in godimento; la seconda, eventuale, del trasferimento della proprietà o, come visto, di diritti reali minori ove compatibili. Pertanto, possono considerarsi elementi necessari del contratto: il godimento e l’utilizzo immediato dell’immobile da parte del conduttore, il pagamento per lo stesso di un canone periodico suddiviso in due componenti distinte e, infine, la facoltà per il conduttore di procedere all’acquisto dell’immobile al termine del contratto.

Con riguardo al diritto di godimento, si rileva che esso costituisce un momento centrale nel contratto di rent to buy e non può essere scisso dall’intera fase negoziale; questo perché lo stesso non rileva ex sé (altrimenti avremmo una sub species di locazione) ma è strettamente collegato al futuro acquisto. Si realizzano così gli effetti di una futura vendita passando per una fase cd. locativa del bene. L’intento del conduttore non è, dunque, esclusivamente quello di godere ed utilizzare il bene bensì quello di dotarsi di uno strumento alternativo per procurarsi, grazie anche alla dilazione temporale, la somma necessaria ai fini dell’acquisto.

Altro elemento cardine del novello prototipo contrattuale, al pari del godimento, è la suddivisione del canone. Il canone ha una cd. “doppia anima” poiché una parte dello stesso è da imputare al godimento del bene mentre la restante parte costituisce, al contrario, un’anticipazione del prezzo della futura vendita. Questa peculiare suddivisione del canone ha sollevato numerose problematiche legate in particolare al possibile squilibrio contrattuale che si potrebbe verificare tra le parti qualora la determinazione del canone sia lasciata all’autonomia privata. Il rent to buy potrebbe generare situazioni di abuso del diritto qualora non venga esercitato in conformità ai canoni di correttezza e buona fede, principi cardine nel nostro ordinamento.

Di fatto, si potrebbero al più prospettare due ipotesi: a) se le parti prevedessero un canone remunerativo maggiore per il godimento e conseguentemente minimo per il prezzo di vendita, il contraente forte sarebbe il concedente. Lo stesso, infatti, opererebbe una indebita pressione sul conduttore per l’acquisto del bene poiché, nel caso in cui non volesse concludere la vendita, solo una minima parte dei canoni versati gli verrebbe restituita al termine del rapporto. B) Diversamente, se il godimento venisse remunerato in misura minore rispetto al prezzo di vendita, il concedente sarebbe esposto all’incertezza dell’acquisto del bene, meramente eventuale, da parte del conduttore nonché otterrebbe dallo stesso un esiguo compenso per il godimento della res[8].

Per far fronte a queste situazioni, la dottrina più avveduta ha avanzato alcune ipotesi che potrebbero fungere da correttivo. In particolare, si è proposto di mantenere il canone frazionato per tutta la durata del rapporto e, solo al momento dell’esercizio della facoltà di vendita, imputare integralmente il canone a corrispettivo della stessa.

Tale meccanismo di imputazione agevolerebbe sia il conduttore, il quale potrebbe recuperare integralmente l’esborso effettuato e non pregiudicherebbe nemmeno il concedente, il quale si avvia a concludere la vendita dell’immobile. 

L’imputazione dell’intero canone al corrispettivo della vendita non snatura l’istituto, anzi, lo rafforza, poiché il godimento è sempre finalizzato alla vendita del bene, la quale costituisce senza dubbio lo scopo ultimo del prototipo contrattuale utilizzato poiché il concedente avrebbe, altrimenti, optato per l’ordinario contratto di locazione. In questo modo si conferirebbe al rent to buy la funzione di contratto preparatorio della futura compravendita, allontanandolo definitivamente dall’affine istituto della locazione.  

Si auspica pertanto che la presente interpretazione venga accolta dalla giurisprudenza in quanto potrebbe costituire un ulteriore incentivo per i privati di utilizzare questo modello contrattuale, allo stato, di scarsa applicazione pratica. 

4. Facoltà di acquisto del bene da parte del conduttore e conseguenze in caso di mancata vendita

Altro elemento caratterizzante il rent to buy è il riconoscimento al conduttore del diritto di acquisto dell’immobile. Tale diritto costituisce l’unico mezzo affinché il contratto possa passare dal produrre effetti obbligatori a quelli reali, producendo l’effettivo trasferimento della proprietà o di altro diritto.  La scelta del legislatore esprime senza dubbio un favor per il conduttore dal momento che la decisione di procedere (o meno) alla vendita costituisce una mera facoltà per lo stesso e non un obbligo. Il conduttore potrà anche scegliere di non procedere all’acquisto del bene valutando alla conclusione del contratto la vantaggiosità dell’affare.

Da una simile configurazione dei rapporti fra le parti discende che l’effetto traslativo della proprietà non risulta essere caratterizzato né da automaticità, né da obbligatorietà, essendo l’acquisto del bene immobile subordinato all’esercizio di un diritto. Pertanto, il mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore non costituisce un inadempimento contrattuale ma è una circostanza che impedisce legittimamente ad una delle parti di evitare che il contratto, dotato di struttura eventualmente bifasica, giunga alla realizzazione della seconda fase, c.d. di “buy”. La dottrina, generalmente, ha ricondotto la situazione giuridica del conduttore alla categoria del diritto potestativo, stante la posizione di mera soggezione del concedente.

Altri autori, al contrario, hanno provato a ricondurre la situazione giuridica soggettiva del conduttore ad un diritto nascente da un’opzione ex art. 1331 c.c. Tuttavia, è opinione prevalente, in ambito dottrinale e giurisprudenziale, che, in forza del principio della tipicità della trascrizione, l’opzione non risulti trascrivibile; opinione condivisibile alla luce del richiamo alla disciplina di cui all’art. 2645-bis c.c. in materia di trascrizione di contratto preliminare.

Occorre a questo punto analizzare le conseguenze del mancato esercizio del diritto di acquisto, al fine di meglio comprendere come operi, sul piano pratico, la bipartizione del canone, supra menzionata.

Anzitutto, si rileva che un ulteriore ostacolo all’applicazione pratica dell’istituto è stata anche la difficile esegesi dei commi 1 e 1- bis dell’art. 23 D. L. n. 133/2014. In particolare, il primo comma del decreto prevede il diritto del conduttore di acquistare l’immobile “imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto”; il comma 1-bis statuisce invece che “le parti, nel regolamento contrattuale, definiscono la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente dovrà restituire in caso di mancato acquisto”.

Si pone, dunque, il problema di comprendere il rapporto tra la parte dei canoni imputata al prezzo (comma 1) e la quota che deve essere restituita al conduttore in caso di mancato acquisto (comma 1-bis).

Sul punto si sono formati due orientamenti diametralmente opposti. Parte della dottrina[9] ha affermato che i due commi farebbero riferimento alla medesima bipartizione del canone, il quale è – come visto - diviso in due parti: l’una per il godimento e l’altra posta a titolo di acconto sul prezzo della vendita. Unica funzione del comma 1-bis, sarebbe, allora, quella di specificare la sorte della seconda porzione di canone in caso di mancato acquisto.

Altra impostazione[10], al contrario, ha attribuito autonomo rilievo al comma 1-bis dell’art. 23, D. L. n. 133/14 il quale opererebbe una ulteriore bipartizione della porzione di canone imputata al prezzo di vendita. In caso di mancato acquisto una quota - stabilita dalle parti - andrà restituita al conduttore mentre l’altra andrà incamerata dal concedente. Tale lettura, da un lato, esclude che il comma 1-bis del D. L. n. 133/14 possa essere considerato come una mera ripetizione del 1 comma; dall’altro, si pone a fondamento della parte di canone che sarà attribuita al concedente per la mancata realizzazione del programma negoziale e, dunque, della vendita[11]. Tale soluzione - la quale appare senza dubbio preferibile - consentendo un parziale ristoro per il concedente, il quale è assoggettato alla scelta finale (e discrezionale) del conduttore che può liberamente decidere di non procedere all’acquisto.

Sulla base di quanto esposto si può concludere che il rent to buy costituisce un nuovo contratto tipico e non una combinazione di schemi negoziali preesistenti. Tale contratto ha una causa autonoma per cui le parti possono addivenire all’auspicato effetto traslativo – fine ultimo dell’operazione – oppure limitarsi al solo godimento temporaneo del bene, essendo l’opzione di acquisto una mera facoltà per il conduttore.

Emerge, allo stato, una disomogeneità di posizioni contrattuali tra le parti. Invero, ove il conduttore eserciti il diritto di acquisto anche contro la volontà del concedente questo, già nella detenzione dell’immobile, potrà ottenere coattivamente ex art. 2932 c.c. il titolo di acquisto auspicato. Al contrario, qualora il conduttore non voglia procedere all’acquisto, il concedente dovrà munirsi del titolo idoneo per ottenere il rilascio coattivo dell’immobile[12].

5. Problemi attuali: l’inadempimento del conduttore

Ulteriori problematiche applicative sorgono in relazione alla fase patologica del rapporto contrattuale; di fatto anche sotto questo profilo la disciplina normativa risulta oscura e frammentaria nonché di difficile interpretazione.

Sul punto si rileva che l’insuccesso del programma negoziale può essere causato non solo dal mancato esercizio del diritto di acquisto ma anche dall’inadempimento di una o entrambe le parti del contratto.

La disciplina dell’inadempimento delle parti è sancita dai commi 2 e 5 dell’art. 23 D. L. 133/2014.

La norma dispone che il contratto si risolve in caso di mancato pagamento di un numero minimo di canoni, anche non consecutivo, deliberato dalle parti, non inferiore ad 1/20 del loro numero complessivo. La disposizione introduce una sorta di clausola risolutiva espressa sicché per le parti non sarà possibile prevedere la risoluzione per un numero di canoni che sia inferiore al limite legale. Né, parimenti, il giudice potrà giudizialmente valutare “non grave” l’inadempimento superiore ad 1/20, essendo la valutazione operata ex ante dal legislatore.

L’inserimento nel contratto della clausola risolutiva espressa, in contiguità con la disciplina generale, legittima la risoluzione del contratto operando ope legis ma solo ove la parte interessata dichiari di volersene avvalere. In caso contrario, non rimane che l’ordinario rimedio ex art. 1453 e ss. c.c.

Chiarito cosa costituisce inadempimento rilevante per il conduttore, è d’uopo analizzare le conseguenze giuridiche che lo stesso comporta. Sul punto l’art. 23, comma 5, del decreto-legge stabilisce che: in caso di inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo; mentre, nel caso di inadempimento del conduttore, questi ha l’obbligo di restituire l’immobile e non può richiedere il rimborso dei canoni pagati periodicamente. Ne consegue che il concedente può trattenere, oltre la parte dei canoni da imputarsi al godimento, anche quella inerente all’anticipo della futura vendita a titolo di indennità. E’, tuttavia, consentito alle parti di derogare a tale disposizione prevedendo una diversa pattuizione ma esclusivamente riguardo alla parte del canone imputata al prezzo e non quella inerente al godimento, la quale andrà, in ogni caso, incamerata dal concedente in caso di inadempimento.

Il legislatore sembra porre un favor per il concedente. Invero, mentre ai sensi dell’art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva di proprietà, il concedente deve restituire le rate riscosse salvo il diritto ad una equa indennità per l’utilizzo del bene, nel rent to buy, diversamente, le rate vengono incamerate dallo stesso e, come visto, non devono essere restituite al conduttore.

La ratio della norma è chiara, si intende ristorare il concedente dalle perdite subite a causa del mancato perfezionamento dell’operazione negoziale e, più nello specifico, del mancato trasferimento della proprietà del bene. Allo stesso tempo, la norma funge da deterrente per il conduttore il quale, per non perdere i canoni sino a quel momento versati, è indotto a non rendersi inadempiente.

A parere della dottrina[13] la norma essere intesa come una sorta di clausola penale di fonte legale; conseguentemente si pongono problemi circa la possibilità del giudice di ridurla ad equità, ove fosse manifestamente eccessiva, o ancora, la possibilità per il concedente di richiedere il ristoro del maggior danno. Problemi e criticità che rimangono, allo stato, privi di una risposta certa.

Differenti per le parti sono anche i rimedi che l’ordinamento appresta in caso di inadempimento. Invero, nel caso in cui il concedente si rifiuti di stipulare il contratto di compravendita al termine del rapporto, il conduttore ha a disposizione un efficace strumento per tutelare le sue ragioni: l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. ovvero, in alternativa, optare per la risoluzione del contratto.  Al contrario, in caso di inadempimento del conduttore, il concedente non ha a disposizione strumenti di pari efficienza.

Un’ulteriore lacuna normativa riguarda il caso in cui a seguito dell’inadempimento del conduttore lo stesso non rilasci l’immobile al concedente e rimanga nella detenzione illegittima dello stesso. Nel silenzio della normativa, il conduttore dovrà necessariamente procedere con i rimedi ordinari - ovvero quelli del processo di cognizione - per ottenere il titolo esecutivo e poter procedere allo sfratto ottenendo il ristoro dei danni subiti. Anche le lungaggini del processo ordinario sono, senza dubbio, tra le cause dello scarso utilizzo del contratto di rent to buy.

Per tali ragioni si era già prospettata la possibilità di utilizzare il procedimento speciale di convalida di sfratto al fine di ottenere una più rapida tutela delle ragioni del concedente. A questa soluzione parte della dottrina[14] ha, tuttavia, obiettato che il contratto di rent to buy è differente (ed autonomo) dalla mera locazione, indi per cui non sarebbe consentita l’applicazione analogica dell’art. 657 c.p.c. Il contrasto è stato risolto dal legislatore che nel 2016 è intervenuto in materia consentendo l’applicazione dell’art. 657 c.p.c. anche per il contratto di rent to buy. Si è inoltre consentito, laddove il credito sia liquido, certo ed esigibile, di utilizzare direttamente l’atto pubblico – non basterebbe, pertanto, la mera scrittura privata autenticata – come immediato titolo esecutivo per avviare il procedimento esecutivo di rilascio dell’immobile.

L’intervento del 2016 ha cercato di colmare le evidenti disomogeneità tra le due posizioni contrattuali ed ha, in generale, consentito di eliminare le lungaggini del processo ordinario di cognizione dando un nuovo input all’utilizzo dell’istituto ma non ha, tuttavia, risolto le molteplici criticità che la lacunosa normativa ha inevitabilmente portato con sé.

6Conclusioni

Dall’analisi condotta emergono ictu oculi una serie di problematiche circa l’applicazione dell’istituto. Si pensi, come visto, all’autonomia rimessa alle parti nella determinazione del canone che può comportare abusi a danno del contraente più debole. Ancora, emergono numerosi interrogativi irrisolti circa l’ambito di applicazione del contratto, i soggetti, l’oggetto, la scomposizione del canone e gli effetti del mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore. Dubbi ancora maggiori sorgono in relazione alla fase patologica del rapporto.

Alla luce dell’analisi condotta si giunge alla conclusione che quella che era stata salutata come una grande novità per il nostro sistema non si è rivelata tale. La disciplina introdotta dal D. L. n. 133 del 2014 si limita ad offrire una regolamentazione piuttosto scarna e parziale - che di fatto consta di soli 8 articoli - i quali sono a loro volta oscuri e di difficile interpretazione.

Dal momento che disciplina legale non ha sortito gli effetti desiderati, sarebbe pertanto auspicabile una rimeditazione dell’istituto del rent to buy, tenendo in debita considerazione gli approdi e le criticità sollevate da dottrina e giurisprudenza in materia. Risulta necessaria la messa a punto di un sistema chiaro ed organico in grado di incentivare il ricorso al novello istituto il quale costituisce senz’altro un valido strumento a disposizione dei privati per regolare i loro interessi.


Note e riferimenti bibliografici

[1]  A. Corcione, luci ed ombre del rent to buy, in www.fedoa.unina.it.;

[2]  A. Corcione, luci ed ombre del rent to buy, in www.fedoa.unina.it;

[3] Sul punto v. R. Clarizia, V. Cuffaro, A. Musio, “Nuovi contratti immobiliari: rent to buy e leasing abitativa”, Cap. V, Cedam editore, 2017;

[4]  l’art. 1 del D. L. 133 del 2014 dispone che: “1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis Codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all' articolo 2643, comma primo, numero 8) del Codice civile;

[5] In questo senso V. RUGGIERO, Rent to buy: la positivizzazione di un nuovo schema negoziale tipico nato nella prassi per il sostegno indiretto al mercato immobiliare (Spunti critici e riflessioni di carattere giuridico-economico intorno all’art. 23 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla l. 11 novembre 2014, n. 164), in Contratto e Impresa, 4-5, 2015, p. 985;

[6] Sul punto v. Rent to buy di azienda, Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 2016;

[7] Art. 23, comma 3, D. L. n. 133 del 2014, il quale statuisce che:”ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del Codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell'articolo 2645-bis del Codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.  Si applicano altresì le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007nonche' degli articoli 1012 e 1013 del Codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l'articolo 2932 del Codice civile”;

[8] A. Corcione, luci ed ombre del rent to buy, in www.fedoa.unina.it.;

[9]  A. TESTA, “Sblocca Italia”: gli effetti sulla disciplina del rent to buy, in Immobili & proprietà, 2015, 1, p.34.

[10] L. IBERATI, Il nuovo contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. Prime considerazioni, in I Contratti, 2015, 2, pp.189 ss.;

[11] Sul punto  A. Corcione, luci ed ombre del rent to buy, in www.fedoa.unina.it.;

[12]  R. Clarizia, V. Cuffaro, A. Musio, “Nuovi contratti immobiliari: rent to buy e leasing abitativa”, Cap. V, Cedam editore, 2017;

[13]  A. Nicolussi, Rent to buy: inadempimento e riducibilità della penale, mancato acquisto e indennità. In Albanese e S. Mazzamuto, Rent to Buy, Leasing e vendita con riserva di proprietà, Torino, 2016;

[14] Cfr. per tutti, R. Preden, Sfratto (procedimento per convalida di), in Enc. Dir., XLII, 199;