Pubbl. Mar, 23 Ago 2022
La classificazione degli atti amministrativi
Modifica paginaEditoriale a cura di Ilaria Taccola
Per i concorsi pubblici è essenziale studiare le classificazioni dell’atto amministrativo. Vediamo le più importanti classificazioni, insieme alla giurisprudenza amministrativa.
Per i concorsi pubblici è essenziale studiare le classificazioni dell’atto amministrativo. Vediamo le più importanti classificazioni, insieme alla giurisprudenza amministrativa.
1. Una prima classificazione riguarda il procedimento, nel quale si distinguono gli atti procedimentali e gli atti presupposti:
Gli atti presupposti devono essere impugnati nei termini e il loro annullamento produce un effetto invalidante o, in alcuni casi, caducante, nei confronti degli atti e procedimenti collegati, mentre gli atti procedimentali sono atti che fanno parte di un procedimento amministrativo e sono preordinati all'emanazione del provvedimento finale.
Secondo il Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza del 10 novembre 2020, n. 6922:
«L’illegittimità ed il conseguente annullamento dell’atto presupposto determinano l’illegittimità di quello conseguente, venendo meno la situazione giuridica che costituisce la condizione unica e necessaria per la sua legittima esistenza (cd. invalidità derivata); l’annullamento del provvedimento presupposto si ripercuote su quello presupponente, che è travolto e caducato».
Pertanto, la nozione di atto presupposto è fondata, in relazione ad atti di un unico procedimento o anche ad atti autonomi, sull’esistenza di un collegamento fra gli atti stessi, così stretto nel contenuto e negli effetti, da far ritenere che l’atto successivo sia emanazione diretta e necessaria di quello precedente, così che il primo è in concreto tanto condizionato dal secondo nella statuizione e nelle conseguenze da non potersene discostare[1].
2. In relazione alla reciproca interdipendenza, gli atti amministrativi si distinguono in atti composti e atti contestuali:
Gli atti contestuali sono quelli che contengono manifestazioni di volontà distinte ed autonome, ma unificate in un unico atto e il vizio relativo a un solo atto non si estende all’intera manifestazione finale, mentre gli atti composti sono quelli in cui le manifestazioni di volontà si uniscono in un solo atto e perdono la loro autonomia, di conseguenza il vizio di una delle manifestazioni di volontà si estende all'intero atto.
3. In relazione alla discrezionalità si distinguono gli atti discrezionali e gli atti vincolati:
Il provvedimento ha la natura di atto vincolato quando viene emesso in adempimento di un preciso obbligo giuridico, ossia ogni volta che ne sussistono i presupposti stabiliti in via astratta e generale dalla legge. Di conseguenza, nel caso di provvedimenti vincolati, l’attività amministrativa si esaurisce nella verifica della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’adozione di quel tipo di provvedimento.
Viceversa, nell’ipotesi di atti discrezionali, l’Amministrazione esercita la facoltà di scelta per il soddisfacimento dell’interesse pubblico e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere esercitato, operando un contemperamento degli interessi.
Nell’ipotesi di attività discrezionale, l’amministrazione può scegliere se agire o astenersi (an), può scegliere il contenuto del provvedimento (quid), la procedura da seguire per raggiungere il risultato (quomodo) e infine il tempo in cui agire (quando).
Tale definizione è importante per quanto concerne l’obbligo di motivazione[2], poiché per giurisprudenza e dottrina consolidata, in relazione ai provvedimenti vincolati è sufficiente la mera giustificazione del potere esercitato, mediante la sola indicazione dei presupposti normativi e fattuali.
Inoltre, proprio per quanto riguarda gli atti vincolati è stata ritenuta ammissibile la motivazione postuma. Infatti, il Consiglio di Stato, con la sentenza 4 marzo 2014, n. 1018, ha stabilito che il divieto di integrazione della motivazione non ha carattere assoluto:
«Alla luce dell’attuale assetto normativo, devono essere attenuate le conseguenze del principio di divieto di integrazione postuma, dequotando il relativo vizio tutte le volte in cui l’omissione di motivazione successivamente esternata non abbia leso il diritto di difesa dell’interessato, nei casi di atti vincolati e nei casi in cui, in fase infraprocedimentale, risultino percepibili le ragioni sottese all’emissione del provvedimento gravato».
4. In relazione ai destinatari si distingue tra atti particolari, atti plurimi, collettivi e atti generali:
L’atto particolare è destinato a un unico soggetto, mentre per gli atti con più destinatari si distingue tra atti plurimi, atti collettivi e atti generali.
La giurisprudenza[3] ha delineato la distinzione tra atti collettivi, che «provvedono unitariamente ed inscindibilmente nei confronti di un complesso di individui considerati non uti singuli, ma come esponenti di un unico contesto», e atti plurimi, che, «pur essendo le risultanze di provvedimenti sostanzialmente distinti ed indipendenti tra loro, si presentano tuttavia come atto unico».
Più complessa è la distinzione tra atti plurimi o collettivi e atti generali. Infatti, la giurisprudenza[4] ha ritenuto che nell’atto generale i destinatari non sono determinabili ex ante, ma solo ex post, ossia nel momento dell’applicazione, a differenza degli atti plurimi o collettivi dove i destinatari sono determinabili ex ante.
Infatti, si legge «che non si tratti di atto amministrativo generale, ma di atto “plurimo” o “collettivo”, discende, del resto, dalla constatazione che mentre i destinatari dell’atto generale sono indeterminabili ex ante (ovvero al momento della sua adozione) e sono individuati solo ex post (cioè quando l’atto generale viene concretamente applicato), i destinatari dei decreti ministeriali in questione sono immediatamente individuabili, già al momento dell’adozione dell’atto. A differenza dell’atto generale (che, di regola, per la sua generalità non è immediatamente lesivo delle posizioni dei singoli), i decreti ministeriali qui in esame sono, invece, fonte di effetti pregiudizievoli immediati, nel momento stesso in cui fissano il prezzo dei libri scolastici».
5. Ulteriori distinzioni
In relazione alla natura dell’attività si distingue tra amministrazione attiva, consultiva e di controllo.
L’attività di amministrazione attiva comprende tutte le attività attraverso le quali l’amministrazione realizza i propri scopi, in ogni fase del procedimento. L’attività di amministrazione consultiva, invece, consiste nell’emanazione di pareri, ossia di consigli, direttive, orientamenti e chiarimenti in favore di organi di amministrazione attiva. L’attività di controllo consiste nel sindacato delle attività di amministrazione attiva, effettuato secondo il controllo di legittimità o di merito.
I controlli di legittimità valutano la conformità ad un parametro stabilito dalla legge, mentre i controlli di merito valutano profili di opportunità, utilità e convenienza economica.
In relazione all’elemento psichico si distinguono gli atti consistenti in manifestazioni di volontà, gli atti consistenti in manifestazione di conoscenza, gli atti consistenti in manifestazione di giudizio e gli atti di natura mista.
In relazione all’efficacia si distinguono gli atti costitutivi dove la Pubblica Amministrazione crea, modifica o estingue un rapporto giuridico e gli atti dichiarativi che si limitano ad accertare una determinata situazione senza nessuna modifica. Infatti, gli atti dichiarativi non sono provvedimenti.
In relazione al risultato, si distinguono in atti ampliativi dove si attribuiscono ai destinatari nuovi poteri o facoltà e atti restrittivi dove al contrario si restringe la sfera giuridica del destinatario.
[1] Per un approfondimento vedi V. VISONE, Il Consiglio di Stato sulla nozione di atto presupposto, in Cammino Diritto 1/2021 https://bit.ly/3A9I2lR
[2] Per un approfondimento, vedi S. PETRONE, L’obbligo di motivazione e la motivazione postuma: il delicato rapporto con il principio del raggiungimento dello scopo, in Cammino Diritto 10/2018 https://bit.ly/3c3KLFh
[3] Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1981, n. 40, in Cons. St., 1981, I, 130
[4] Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2013, n. 2152