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Pubbl. Mer, 6 Apr 2022

Combattere il cyberbullismo: misure cautelari e misure preventive

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Tullio Facciolini



L’articolo esamina la legge numero 71 del 29 maggio 2017 e le misure di carattere educativo e di carattere formativo che si prefiggono lo scopo di controllare l’allarmante espansione degli episodi di cyberbullismo. La novella non introduce alcun “reato di cyberbullismo” e non è caratterizzata da finalità o contenuti repressivi: nel perseguire la salvaguardia dello sviluppo psicofisico e delle esigenze educative dei minori protagonisti, quali vittime o responsabili, delle condotte in esame, introduce alcuni meccanismi volti, invece, ad evitare l’attivazione del circuito penalistico.


ENG The article examines the law number 71 of 29 May 2017 and the educational and training measures that aim to control the alarming expansion of cyberbullying episodes. The novel does not introduce any ”crime of cyberbullying” and is not characterized by repressive purposes or contents: in pursuing the safeguarding of the psychophysical development and educational needs of the minor protagonists, such as victims or perpetrators, of the conduct in question, it introduces some mechanisms aimed, instead, to avoid the activation of the penal circuit.

Sommario: 1. Premessa; 2. Le misure di carattere educativo e formativo; 3. L’ammonimento del questore; 4. Conclusioni.

1. Premessa

La legge numero 71 del 29 maggio 2017 si prefigge lo scopo di contrastare l’allarmante espansione degli episodi di cyberbullismo, attraverso misure di natura cautelare e preventiva, senza ricorrere al diritto penale.

La legge in esame, infatti, non introduce alcun “reato di cyberbullismo” e, più in generale, non è caratterizzata da finalità o contenuti repressivi[1]; esattamente al contrario, nel perseguire la salvaguardia dello sviluppo psicofisico e delle esigenze educative dei minori protagonisti, quali vittime o responsabili, delle condotte in esame, introduce alcuni meccanismi volti, invece, ad evitare l’attivazione del circuito penalistico.

La novella fornisce una definizione legislativa del fenomeno in questione, propedeutica a delimitare il raggio d’azione degli istituti di nuovo conio[2]; l’articolo 1 della legge medesima si limita a confermare la riconducibilità delle condotte del “cyberbullo” a una pluralità di fattispecie incriminatrici già esistenti, le quali vengono semplicemente rievocate, senza alcuna modifica dei relativi elementi costitutivi o ambiti applicativi: per “cyberbullismo” si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo[3].

La formulazione di un’apposita figura di reato risulterebbe ardua e avrebbe scopi più che altro simbolici: da un lato, le molteplici modalità di offesa riconducibili al fenomeno in questione mal si prestano a essere catturate da una singola fattispecie; dall’altro lato, non paiono sussistere vuoti di tutela, vista la riconducibilità delle condotte in questione a norme incriminatrici già esistenti.

2. Le misure di carattere educativo e formativo

La legge numero 71 del 2017 tutela la salute e la sicurezza nella scuola[4]: il provvedimento introduce una serie di misure di carattere educativo e formativo, finalizzate a favorire una maggior consapevolezza tra i giovani del disvalore di comportamenti persecutori che, generando emarginazione ed isolamento, possono portare a conseguenze anche molto gravi su vittime in situazione di particolare fragilità.

Nel corso del dibattito parlamentare sulla legge si sono confrontate due distinte strategie di contrasto di questo fenomeno, una caratterizzata dall'impiego di strumenti di repressione penale per combattere e per prevenire il cyberbullismo, incentrati sulla previsione di una nuova fattispecie di reato, una fondata invece su strumenti educativi e sociali: nei passaggi del provvedimento tra il Senato e la Camera, quest'ultima impostazione ha prevalso.

Il provvedimento si caratterizza, infatti, per l'impiego di strumenti preventivi di carattere educativo.

La legge[5] individua la finalità dell'intervento nel contrasto del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni attraverso una strategia che comprende misure di carattere educativo e preventivo nei confronti dei minori da attuare in ambito scolastico, prevedendo che il minorenne che abbia compiuto 14 anni e sia vittima di bullismo informatico, nonché ciascun genitore o chi esercita la responsabilità sul minore, possa rivolgere istanza al gestore del social media, del sito Internet o al titolare del trattamento per ottenere provvedimenti inibitori e prescrittivi a sua tutela[6].

Istituisce un tavolo tecnico per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, prevede l'adozione, da parte del MIUR, sentito il Ministero della giustizia, di apposite linee di orientamento, da aggiornare ogni due anni, per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo nelle scuole e di interventi di carattere educativo in materia di cyberbullismo, finanziando progetti e promuovendo l’uso consapevole di Internet.

3. L’ammonimento del questore

In caso di episodi di cyberbullismo in ambito scolastico, la legge numero 71 del 2017 prevede l'obbligo da parte del dirigente responsabile dell'istituto di informare tempestivamente i genitori o i tutori dei minori coinvolti e di attivare adeguate azioni educative, applicando la disciplina sull'ammonimento del questore, mutuata da quella dello stalking, anche al cyberbullismo: fino a quando non sia stata presentata denuncia o proposta querela per i reati di diffamazione, ingiuria, minaccia o trattamento illecito di dati personali commessi, mediante Internet, da minorenni ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, il questore, assunte informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, potrà convocare il minore responsabile insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale, ammonendolo oralmente ed invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.

L’articolo 8 del Decreto legge numero 11 del 23 febbraio 2009, “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, stabilisce, al primo comma, che fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

Il secondo comma dell’articolo 8 precisa che il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.

Ex comma 3 dell’articolo 8, la pena per il delitto di cui all’articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

Ex comma 4 dell’articolo 8, si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

Il Consiglio di Stato ha rilevato che l’ammonimento orale è una misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati penalmente dall’art. 612-bis c.p. e, pertanto, ai fini della sua emissione, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. 612-bis c.p., ovvero per comportamenti di cui sia accertato il carattere persecutorio, ma è sufficiente il sospetto che vi sia una tale finalità o idoneità nelle condotte ripetute tenute dall’ammonito[7].

Il superamento di una soglia di rispetto della libertà e dignità altrui, comunemente insita nei limiti di un “civile” disaccordo e confronto nelle relazioni interpersonali, invero, desta un allarme sociale che ha spinto il legislatore a prevedere e sanzionare con l’ammonimento condotte che potrebbero sfociare in ben più gravi forme di violenza e, di conseguenza, a sostegno del provvedimento, è sufficiente un quadro istruttorio da cui emergano sul solo piano indiziario eventi che recano un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, in senso lato e su un piano anche solo potenziale, all’integrità fisica e psichica della persona dal momento che, anche all’ammonimento, deve applicarsi quella logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione.

Proprio per questo, l’ammonimento della Questura è un provvedimento discrezionale chiamato ad effettuare una delicata valutazione delle condotte poste in essere dal potenziale stalker, in funzione preventiva e dissuasiva, finalizzata a scoraggiare ogni forma di persecuzione nel contesto delle relazioni affettive/sentimentali e preordinato a impedire che gli atti persecutori non siano più ripetuti e cagionino esiti irreparabili[8] e, di conseguenza, il provvedimento di ammonimento presuppone non l’acquisizione della prova richiesta ai fini della condanna per il reato di stalking, ma la sussistenza di soli elementi indiziari dai quali sia possibile desumere, con un adeguato grado di attendibilità, un comportamento reiterato anomalo, minaccioso o semplicemente molesto atto a determinare un perdurante e grave stato di “ansia e paura” nella vittima e potenzialmente degenerare, se non fermato, in condotte costituenti reato[9].

4. Conclusioni 

Per cyberbullismo si intendono le azioni volte a calunniare, molestare, ridicolizzare o tormentare, calunniare altre persone attraverso i media digitali. Le persone prese di mira vengono umiliate tramite filmati, immagini o testi. Una particolarità del cyberbullismo è che una volta caricati, i contenuti possono essere cancellati ma raramente possono essere completamente rimossi da Internet perché si diffondono a grande velocità. 

Combattere e reagire alla violenza che contraddistingue il cyberbullismo è possibile, soprattutto con il supporto di genitori e insegnanti.  

È agli adulti che spetta il compito di attuare una corretta prevenzione, in modo da spiegare ai ragazzi come usare la rete e come agire nel momento in cui si è vittima di cyberbullismo. 

È necessario, inoltre, creare consapevolezza nel cyberbullo in modo che si assuma la responsabilità delle proprie azioni, comprendendo la gravità e intervenendo per modificarle.  


Note e riferimenti bibliografici

[1] C. GRANDI, Il “reato che non c’è”: le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, Studium Iuris n. 12/2017, Padova, 2017.

[2] Ibidem.

[3] Legge n. 71 del 2017, art. 1 comma 2. Per alcune osservazioni critiche sulla definizione in oggetto v. M. ALOVISIO, Il cyberbullismo, la sua definizione e i “gestori del sito” (art. 1 della L. n. 71/2017), in Il Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n. 71, Roma, 2017, 7 ss.

[4] Camera dei Deputati, Documentazione Parlamentare, La legge n. 71 del 2017, di prevenzione e contrasto al cyberbullismo, 12 maggio 2017, disponibile all’indirizzo La legge n. 71 del 2017, di prevenzione e contrasto del cyberbullismo (camera.it).

[5] Ibidem.

[6] Il titolare del trattamento, il gestore del sito Internet o del social media deve comunicare, entro 24 ore dall'istanza, di avere assunto l'incarico e deve provvedere sulla richiesta nelle successive 48 ore. In caso contrario l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali che deve provvedere, in base alla normativa vigente, entro le successive 48 ore.

[7] Consiglio di Stato, Sezione III Penale, sentenza numero 6958 del 18 ottobre 2021.

[8] Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza numero 2599 del 25 maggio 2015.

[9] Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza numero 7883 del 10 dicembre 2020; sentenza numero 4077 del 25 giugno 2020; sentenza numero 1085 del 15 febbraio 2019; sentenza numero 4127 del 7 settembre 2015; sentenza numero 2599 del 25 maggio 2015.