Pubbl. Mer, 2 Mar 2022
Il mutamento della Costituzione procedurale nell´emergenza covid-19
Modifica paginaIl virus COVID-19 sembra aver contagiato, a distanza di due anni, l’ordinamento costituzionale procedurale al punto tale da ipotizzare uno stato di eccezione permanente nel senso schmittiano della locuzione in cui si è palesata e consolidata una catena di comando sovrana. Le criticità conseguenti all’evolversi della situazione impongono agli studiosi della scienza giuridica di ricostruire le modalità della produzione normativa determinatasi all’inizio dell’emergenza, al fine di isolare gli elementi di continuità che possono spiegare ‘come’ e ‘quando’ si siano determinati i mutamenti della costituzione materiale.
Sommario: 1. Sintomatologia da virus COVID-19: stato di eccezione?; 2. L’inizio dell’emergenza nella prospettiva giuridica; 3. La progressiva diffusione dell’emergenza nel contesto giuridico italiano; 4. Stato di emergenza, stato di eccezione, o discontinuità nella costituzione procedurale?; 5. La fase dei dpcm aventi forza di legge; 6. Segnali di distensione mentre l’eccezione si fa regola; 7. Conclusioni.
1. Sintomatologia da virus COVID-19: stato di eccezione?
Una situazione di emergenza non assume quasi mai una connotazione positiva, ma la modalità con cui un ordinamento giuridico reagisce a essa offre forse agli studiosi un’opportunità di riflessione maggiore rispetto a una condizione di normalità. Infatti, in un contesto eccezionale, il funzionamento di un’organizzazione giuridica viene messo alla prova nei suoi valori costituenti da avvenimenti imprevisti, a cui deve rispondere con immediatezza decisionale.
Nel momento in cui si presenta una circostanza straordinaria il sistema delle fonti sembra regredire, a partire dalla «costituzione procedurale» definita come insieme delle fonti di produzione del diritto e delle modalità di esercizio dei poteri pubblici[1]. In tale contesto prevale una catena di comando con cui si può identificare la decisione assoluta, pura, non ragionata e non discussa nella quale si presenta un soggetto istituzionale sovrano che «decide sullo stato di eccezione»[2].
L’«emergenza sanitaria di interesse internazionale»[3] relativa alla diffusione pandemica[4] del virus COVID-19 ha interessato l’Italia in modo subitaneo e considerevole incalzando i meccanismi decisionali istituzionali verso una necessaria produzione normativa.
In questa cornice risulta opportuno esplorare in particolare gli aspetti procedurali delle fonti giuridiche che si sono prodotte per individuare se e in che misura si sia configurato uno stato di eccezione[5] e la relativa catena di comando che ha gestito l’emergenza.
2. L’inizio dell’emergenza nella prospettiva giuridica
L’interconnessione spaziotemporale su scala planetaria è una caratteristica della globalizzazione. L’interdipendenza degli stati nazionali diventa evidente nel caso di un rischio epidemico per via della rapida circolazione di importanti flussi di persone fisiche.
Se si rivolge l’attenzione agli avvenimenti giuridici che si sono succeduti, è possibile identificare lo stato di allerta nella dichiarazione di «emergenza sanitaria di interesse internazionale»[6] dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avvenuta il 30 gennaio 2020. I documenti che attestano l’inizio della vicenda sono le segnalazioni inviate all’OMS da parte delle autorità cinesi che rilevavano, nei primi giorni dell’anno 2020, quarantaquattro casi di polmonite nella città di Wuhan. Nei giorni successivi, la presenza del coronavirus (COVID-19) responsabile della sindrome, veniva segnalata anche sul territorio thailandese, giapponese e sud-coreano[7].
Dal punto di vista della scienza giuridica, tali comunicazioni sono da prendere in considerazione in quanto effettuate conformemente alla procedura prescritta dal Regolamento Sanitario Internazionale[8] (RSI). Lo scopo di tale fonte giuridica, direttamente vincolante per gli Stati membri dell’OMS[9], sembra sia quello di definire un meccanismo comune che assicuri la rapida trasmissione di informazioni epidemiologiche, congiungendo le esigenze della sicurezza sanitaria con quelle del libero commercio internazionale.
Uno degli obiettivi principali sembra infatti quello di impedire restrizioni al commercio transfrontaliero, se non in presenza di un vero e proprio rischio epidemico la cui individuazione è delegata, in prima istanza, ad autorità sanitarie locali designate (Focal Point). Ai fini della valutazione e della notifica all’OMS, i referenti istituzionali nazionali devono seguire un iter logico in base a precisi criteri (core capacities) volti a misurare se gli eventi in questione possano costituire un’emergenza di salute pubblica di interesse internazionale[10].
Dopo questo breve excursus, risulta comprensibile che l’ufficializzazione dello stato di allerta del Direttore generale dell’OMS, sia da considerare un vero e proprio evento giuridico che consegue all’attività di reporting dei Focal Point dei paesi investiti dall’epidemia, oltre all’attività di consulenza di un organismo di vertice appositamente convocato (Emergency Committee). Occorre sottolineare infine che, in sede di dichiarazione di emergenza, sono state emanate raccomandazioni (temporary recommendation) verso l’intera comunità globale[11] le quali, sebbene non siano vincolanti, hanno avuto un largo seguito applicativo.
Più in generale sembra pacifico considerare, come punto di partenza dello stato di eccezione ipotizzato, la rilevanza delle fonti di diritto internazionale in termini di effettività, pur in assenza di meccanismi coattivi. Occorre infatti, a questo punto, richiamare l’attenzione anche sul peso di una dichiarazione dell’OMS che, pur non trovando fondamento nei regolamenti internazionali, è stata incorporata nella produzione normativa. Sotto questo profilo si deve cioè distinguere la «dichiarazione di emergenza sanitaria internazionale», specificamente prevista e regolamentata a livello internazionale, dalla dichiarazione di «pandemia», la quale è stata effettuata da parte dell’OMS in sede di conferenza stampa in data 11 marzo 2020. Quest’ultima esulerebbe quindi dal piano giuridico, sennonché assume rilevanza in quanto incorporata nelle motivazioni dei provvedimenti normativi nazionali posti in essere[12].
Prima di trasferire il livello di analisi sul piano nazionale occorre focalizzare l’attenzione sul ‘vecchio continente’. È infatti utile ricordare, che l’Unione Europea ha istituito fin dal 1999 una propria rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili, la quale ha, tra le sue finalità, quella di stabilire «gli orientamenti per le misure di protezione da adottare, in particolare alle frontiere esterne degli Stati membri, soprattutto in situazioni di emergenza»[13]. Sebbene la regolamentazione non sia paragonabile, in termini dimensionali, allo schema dell’OMS, le due organizzazioni internazionali hanno in comune il fatto di aver istituito una rete di sorveglianza e un meccanismo decisionale che, anche nel caso europeo, ha la finalità di porre in essere misure coordinate tra gli Stati membri.
A tal proposito occorre precisare che l’atto istitutivo prescelto, consistente in una «decisione» ai sensi dei trattati europei, è vincolate per gli Stati membri che sono designati come destinatari espressi.
Sebbene l’effettività della regolamentazione risulti solo teorica come nel sistema dell’OMS – in quanto non si rileva alcun sistema coercitivo – il dato da considerare è che il coordinamento tra gli Stati membri UE non si è azionato e la reazione dei rispettivi ordinamenti è stata eterogenea[14]. In tal senso si può paventare «una forte riaffermazione delle prerogative degli Stati nazionali»[15] o, almeno, un’assenza di reazione da parte del sistema UE nel panorama giuridico internazionale in cui l’OMS ha fatto da punto di riferimento anche per gli Stati europei.
3. La progressiva diffusione dell’emergenza nel contesto giuridico italiano
Occorre soffermare l’attenzione sulla tipologia e sulla sequenza di atti prodotti nei giorni circostanti alla dichiarazione di emergenza internazionale, per constatare il ‘ruolo-guida’ dell’OMS e l’assenza di coordinamento tra gli Stati membri UE.
È possibile individuare una prima fase della produzione normativa nei giorni circostanti alla data dell’allerta internazionale, in cui l’unico provvedimento che si rileva in Italia è un’ordinanza del Ministro della Salute[16], che pone in essere misure di sorveglianza sanitaria destinate al traffico proveniente dai paesi in cui sono presenti casi di coronavirus.
Gli eventi subiscono un’accelerazione nello stesso giorno della dichiarazione dell’OMS poiché, con un’ulteriore ordinanza[17], il suddetto Ministero chiudeva il traffico aereo dalla Cina, mentre si registravano i primi casi di coronavirus sul territorio. Il giorno successivo (31 gennaio 2020) il Consiglio dei ministri, richiamando espressamente l’operato dell’organizzazione internazionale, e in base ad una nota di richiesta del Ministero della Salute[18], deliberava lo stato di emergenza a cui farà seguito una nutrita serie di ordinanze del Dipartimento della Protezione Civile[19].
Dal punto di vista giuridico si possono evidenziare due aspetti rilevanti di questa prima fase.
Il primo punto da rilevare è che la risposta delle istituzioni italiane all’emergenza si è mossa, sostanzialmente, in linea temporale con la dichiarazione dell’OMS. Anche nel caso del primo provvedimento (ord. Min. Salute 25 gennaio 2020), che precede la dichiarazione di emergenza sanitaria internazionale (30 gennaio 2020), è possibile ipotizzare che non si tratti di un’azione totalmente endogena delle istituzioni italiane. Infatti, da una circolare ministeriale, si evince come l’apparato fosse già a conoscenza dell’imminente riunione dell’OMS e anche del relativo ordine del giorno[20].
Il secondo aspetto parte dalla constatazione che, a livello europeo, gli Stati membri avrebbero potuto coordinarsi in materia sanitaria attuando gli strumenti giuridici già in essere[21]. In questo quadro è da evidenziare che l’Italia è stato il primo degli Stati membri UE ad aver chiuso il traffico aereo proveniente dalla Cina, pur non essendo l’unico Stato membro UE, in quella data, ad avere casi di coronavirus. Indipendentemente dalla valutazione delle scelte effettuate, che non riguarda certo la sfera giuridica, è dunque possibile rilevare l’assenza di un coordinamento europeo in merito alle modalità di risposta all’emergenza fin dal suo formale inizio[22].
Da questo momento si apre un ulteriore fase di gestione dell’emergenza nazionale contraddistinta, dal punto di vista normativo, dalla produzione di ordinanze del Dipartimento di Protezione Civile (artt. 24 e 25 d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1).
Per comprendere l’evoluzione successiva della vicenda è utile aprire una parentesi di riflessione sullo schema prescelto. Con il modello dell’ordinanza di protezione civile, il Governo, per il tramite della struttura dipartimentale a ciò dedicata, si avvale della facoltà di porre in essere provvedimenti straordinari che consentono, con contestuale indicazione e motivazione, di derogare a norme di legge. Più in generale lo schema rientra nella sfera del c.d. diritto emergenziale i cui atti sono caratterizzati dal fatto di non essere «preordinati quanto al contenuto»[23] ed il potere da cui derivano è finalizzato a far fronte a situazioni di necessità ed urgenza tali da non consentire il ricorso a procedure ordinarie, perciò definibili come atti extra ordinem [24].
Tuttavia, oltre al limite tradizionale del rispetto dei principi generali dell’ordinamento, il legislatore ha imposto che tali ordinanze debbono essere specificamente motivate e possano essere emanate solo dopo aver acquisito l’intesa delle Regioni e delle Province autonome territorialmente interessate[25]. Infine, v’è da considerare, che le norme a cui possono derogare non possono che essere norme a carattere ordinario e non certo di rango costituzionale, come invece accadrà nella successiva fase dell’emergenza.
Si può constatare che, almeno fino a questo momento, le risposte normative si sono svolte entro i confini delle procedure previste dall’ordinamento, in una modalità per così dire «ordinaria», seppur la tipologia degli atti posti in essere, nonché il corrispondente procedimento, sia riconducibile dal punto di vista strettamente giuridico alle fattispecie emergenziali.
4. Stato di emergenza, stato di eccezione, o discontinuità nella costituzione procedurale?
Con l’intervento del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 si apre ciò che si può definire come la terza fase dell’excursus storico-normativo dell’emergenza, nella quale si sono poste le basi per la sospensione delle libertà costituzionali. Sotto questo aspetto, al fine di ricercare logicamente una risposta al quesito di partenza, e cioè «se e in che misura si sia configurato uno stato di eccezione», occorre chiarire ulteriormente il concetto dell’ipotesi iniziale.
In primo luogo, è opportuno separare lo «stato di eccezione» da tutte quelle situazioni emergenziali positivamente previste dall’ordinamento giuridico, definite anche in termini nominativi, e riconducibili a locuzioni quali «stato di emergenza» o «dichiarazione di emergenza». D’altra parte, il concetto di situazione emergenziale, in quanto strettamente collegato allo stato di eccezione, lo si deve considerare nel suo significato reale come qualsiasi accadimento o evento, naturale o artificiale, che si verifica in concreto e che costituisce un pericolo per la sopravvivenza stessa dell’ordinamento giuridico, o per l’incolumità e la sicurezza della comunità, come nel caso del COVID-19.
La condizione che precede immediatamente l’insorgere dello stato di eccezione è, infatti, la sussistenza di un’emergenza di carattere straordinario a cui deve corrispondere una veloce reazione, idonea a gestire la situazione. Si ritiene inoltre poco rilevante, ai fini di questa trattazione, considerare l’origine della condizione di emergenza e cioè se sia esogena o endogena, spontanea o indotta[26].
Lo stato di eccezione è da intendersi, in questa esposizione, nella sua concezione pura e astratta, la cui comparsa assume la forma della decisione assoluta e non ragionata in quanto necessaria, e che si palesa con un determinato atto normativo e/o con una serie di atti concatenati. In questa cornice la manifestazione procedurale – in senso ontologico – dello stato di eccezione assume fondamentale importanza poiché la rispettiva forza prevale sulle regole previgenti e comporta la sospensione dei valori costituenti. Rileva quindi in questa sede la modalità posta in essere per l’adozione di misure emergenziali, non essendo scopo dell’elaborato sindacare il contenuto delle misure adottate.
Dopo tale precisazione è possibile proseguire nell’esegesi, prendendo in considerazione alcune specifiche norme del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 e della Legge di conversione 4 marzo 2020, n. 13. Con tali provvedimenti si è demandato sostanzialmente l’attuazione di «misure di contenimento», dirette a sospendere libertà e garanzie costituzionali, ad un organo monocratico – il Presidente del Consiglio dei ministri – mediante l’utilizzo di una fonte normativa amministrativa di secondo grado: il D.P.C.M.[27].
La dottrina ha offerto vari contributi in merito al fatto che le stesse misure potevano essere realizzate mediante un percorso maggiormente aderente al dettato costituzionale[28] il quale «costituzionalizza l’emergenza»[29] (art. 77 Cost.).
Il percorso intrapreso è risultato fin da subito alquanto opinabile in quanto riferito a quelle libertà, come la libertà di movimento (art. 16 Cost.) la cui limitazione è coperta da riserva di legge c.d. rinforzata «a protezione delle libertà costituzionali, e quale manifestazione di sovranità popolare»[30].
Sotto questo profilo sembra potersi delineare in questo periodo storico la rottura della c.d. costituzione procedurale, la quale non è da collocarsi nel momento della formazione o dell’adozione del decreto-legge (art. 77 Cost.; legge 23 agosto 1988, n. 400), ma nel momento dell’emanazione del provvedimento (art. 87 Cost.) da parte del Presidente della Repubblica.
Tale organo costituzionale avrebbe potuto infatti esercitare un controllo di tipo preventivo nell’ambito delle sue prerogative costituzionali e del suo ruolo di garante, in un sistema di pesi e contrappesi tipico del c.d. parlamentarismo corretto. Invero, non è da ritenersi una formula di stile il fatto che la carta fondamentale attribuisce al Presidente della Repubblica, e non al Governo, la competenza all’emanazione dei «decreti aventi valore di legge». Il silenzio del capo dello Stato, nel passaggio considerato, sembra quindi potersi interpretare come il momento decisivo, che avalla e che prefigura una condizione extra-costituzionale[31].
Tuttavia, il Presidente della Repubblica non è l’unico organo costituzionale che ha partecipato alla catena di comando dell’ipotizzato stato di eccezione. Infatti, la Costituzione prevede (art. 77) che una volta adottata la decretazione d’urgenza, la stessa debba essere presentata alle Camere per l’eventuale conversione in legge.
In relazione a quest’ultimo aspetto è utile chiamare in causa il passaggio parlamentare, in quanto la conversione in legge delle norme può essere interpretata come l’accettazione di un processo decisionale necessario, assoluto e non collegiale, e quindi il presupposto per l’identificazione della sovranità «sullo stato di eccezione» in cui si manifesta un solo soggetto istituzionale decisore a-collegiale: il Presidente del Consiglio dei ministri[32].
In relazione ad una lettura più attenta del D.L. n. 6/2020 è possibile estrapolare alcuni aspetti centrali ed esplicativi. In primo luogo, è da segnalare che il disposto normativo demanda a successivi atti l’attuazione delle «misure di contenimento»[33] e li identifica – come già detto – nel D.P.C.M. o, in assenza di questo, nelle ordinanze del Ministro della Salute, del Presidente della Regione o del Sindaco.
A caratterizzare come ‘eccezionale’ il testo legislativo è l’assenza di un termine di efficacia dello stesso, che sembrerebbe anch’esso demandato agli atti normativi secondari di attuazione[34]. È inoltre da segnalare che nel preambolo del decreto non viene richiamata quale motivazione la delibera di stato di emergenza[35].
Tale richiamo, infatti, aiuterebbe a inserire il dpcm nella categoria delle ordinanze e quindi ne deriverebbe un limite semestrale di efficacia prorogabile fino a un massimo di due anni, come previsto per lo stato di emergenza nazionale. In relazione a ciò si possono isolare quindi due aspetti: il provvedimento sembra autolegittimarsi e la sua efficacia sembra essere potenzialmente indeterminata. In tal senso le norme del D.L. n. 6/2020 risulterebbero espressione di una decisione necessaria a efficacia indeterminata, svincolata dall’ordinamento e sospensiva dello stesso[36].
Sotto lo stesso profilo è quindi possibile evidenziare come il modello decisionale stabilito dal D.L. n. 6/2020 rechi in sé un’asincronia temporale, tra il momento legislativo ed il momento attuativo demandato a successive e teoricamente infinite fonti di secondo grado. Tale provvedimento legislativo, unitamente al comportamento istituzionale degli organi costituzionali può rappresentare, se non uno stato di eccezione, certamente una discontinuità nella costituzione procedurale.
5. La fase dei D.P.C.M. aventi forza di legge.
Con l’approvazione del D.L. n. 6/2020 e la conversione in legge si apre una nuova fase che vede, sul piano della produzione normativa, il succedersi di D.P.C.M. che non si limitano solo ad attuare su tutto il territorio nazionale la sospensione delle garanzie costituzionali, ma ampliano ulteriormente – in una certa misura – il contenuto compressivo di diritti fondamentali previsti dalla Costituzione[37]. Tale fase rappresenta il momento delle decisioni concrete e dell’effettività delle norme poste in essere in base alla fase immediatamente precedente, nella quale è stato riscritto l’algoritmo decisionale previsto dall’ordinamento.
Nello specifico, il D.L. n. 6/2020 demandava al Presidente del Consiglio, mediante lo strumento del D.P.C.M., il potere di attuare «nei comuni o nelle aree» le misure di contenimento – sospensive di diritti costituzionali – in base all’evolversi dell’epidemia. In relazione alla formulazione generica di «aree» si è determinato un accentramento decisionale in termini di competenza territoriale in capo al Presidente del Consiglio, il quale ha potuto progressivamente estendere, mediante successivi D.P.C.M., le misure di contenimento su tutto il territorio nazionale[38][39].
In un primo tempo, che si può identificare nei giorni del 23 e 24 febbraio, le fonti secondarie di attuazione attuate si limitano a riprodurre nel loro contenuto il disposto normativo del D.L. n. 6/2020. In particolare, a fronte di un solo D.P.C.M., si registrano in concomitanza ben cinque ordinanze del Ministero della Salute, e il contenuto omogeneo dei rispettivi contenuti sembra confermare la tesi che fa rientrare i decreti del Presidente del Consiglio tra le c.d. ordinanze extra-ordinem[40].
In termini di intensità decisionale, si registra uno stacco rispetto ai provvedimenti inizialmente adottati, nei giorni successivi a quello in cui il D.L. n. 6/2020 termina il suo iter di conversione in legge[41]. È, infatti, con il D.P.C.M. 8 marzo 2020 che viene utilizzata per la prima volta[42] la norma contenuta nel D.L. n. 6/2020 (art. 2), la quale conferisce al Presidente del Consiglio una sorta di delega «in bianco» con la possibilità di adottare «ulteriori misure di contenimento»[43].
L’esemplificazione della portata compressiva di quest’ultima norma è forse rappresentata da quella che si configura come una sospensione della libertà di esercizio del proprio culto. In primo luogo, occorre precisare che la libertà di esercizio del culto non era stata trattata espressamente negli iniziali D.P.C.M [44] i quali riproducevano le norme del D.L. n. 6/2020 che disponeva la «sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico».
Tuttavia, occorre precisare che la libertà di esercizio del proprio culto non è sempre direttamente connessa con la libertà di riunione a cui sembra rifarsi il dettato legislativo, seppur in modo invasivo della sfera delle libertà personali [45], se si considera ad esempio la sospensione della libertà di riunione anche in «luogo privato».
Con il D.P.C.M. 8 marzo 2020 compare, espressamente, l’apertura condizionata dei «luoghi di culto» imponendo il distanziamento fisico delle persone. Da un lato, infatti, si consentiva l’apertura condizionata dei luoghi di culto con l’espresso fine di adottare misure idonee volte ad evitare assembramenti di persone, ma dall’altro lato si sospendevano «le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri».
È opportuno sottolineare la genericità della locuzione utilizzata la quale non sembra associare il termine «cerimonie» con il termine «assembramento» o comunque riferibile al concetto di riunione. Pertanto, per assurdo, una cerimonia religiosa che adottasse misure atte ad evitare assembramenti di persone sarebbe divenuta comunque sindacabile dalle autorità.
Emerge quindi, sul profilo teorico, una portata alquanto compressiva della decisione difficilmente riconducibile al dettato costituzionale, il quale ammette restrizioni alla libertà di esercizio del culto solo in caso di riti contrari al buon costume (art. 19 Cost.).
Occorre, da ultimo, registrare un’ulteriore differenza sul piano della portata delle misure adottate con D.P.C.M. e sul piano dell’invasività delle stesse rispetto ai primi provvedimenti. Con il D.P.C.M. 9 marzo 2020 non si registra infatti solo l’estensione e l’omogeneizzazione delle misure adottate su tutto il territorio italiano, ma anche il divieto di «ogni forma di assembramento».
La scelta del termine impone una riflessione, poiché sembra separarsi concettualmente dal concetto di riunione e quindi sottolineare maggiormente la fisicità nel senso di compresenza in un dato luogo fisico di più persone fisiche. In tal senso non è semplice ricondurre la lettura di questa norma come una totale e assoluta sospensione della libertà di riunione, posto che attualmente si può ipotizzare l’esercizio di questa libertà anche in un luogo e in una forma non necessariamente fisica[46].
6. Segnali di distensione mentre l’eccezione si fa regola
La situazione emergenziale subisce un mutamento dal punto di vista normativo con il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 in cui si rilevano punti di discontinuità e analogie, che occorre prendere in seria considerazione per comprendere l’evoluzione dell’ipotizzato stato di eccezione.
Preme prima di tutto considerare che con tale decretazione sono state abrogate le norme del D.L. n. 6/2020, ivi compreso l’art. 2, il quale espandeva in maniera molto ampia la discrezionalità di intervento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri mediante l’attuazione di generiche «ulteriori misure».
Tuttavia, è stato mantenuto lo schema decisionale della delega verso il Presidente dell’esecutivo[47] per l’adozione di misure di contenimento che, rispetto al testo legislativo previgente, risultano maggiormente dettagliate. Con il suddetto intervento legislativo si sono definiti inoltre i tempi di efficacia, i quali risultano collegati allo stato di emergenza che, teoricamente, poteva essere prorogato fino al limite massimo di due anni, ma che successivamente, grazie anche alla rottura del paradigma di riferimento, è stato posticipato al 31 marzo 2022[48].
Occorre inoltre evidenziare che nell’elencazione delle misure di contenimento compressive di libertà costituzionali sono state riprese le disposizioni che erano state anticipate nei D.P.C.M. 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020, «elevate» così a norma giuridica, tra cui si segnala la «sospensione delle cerimonie civili e religiose»[49].
Sebbene il potere decisionale resti accentrato in capo al Presidente del Consiglio, occorre precisare che, con l’abrogazione dell’art. 2 del D.L. n. 6/2020, assume risalto il dispositivo del D.L. n. 19/2020, il quale presuppone una forma di proposta che deve provenire da figure ministeriali o dai presidenti delle regioni interessate dal fenomeno epidemico.
Tale aspetto non è un particolare da poco poiché, anche se l’atto normativo promana pur sempre da un organo monocratico, l’istituto della proposta indica una forma di collegialità nella decisione. la quale contrasta con un’accezione ortodossa dello stato di eccezione.
Con l’avvento del D.L. n. 19/2020 sembra tuttavia consolidarsi e rafforzarsi l’invasività di D.P.C.M. che si candidano ad essere, di fatto, atti presidenziali aventi forza di legge. Ciò si può constatare dalla lettura del D.P.C.M. 10 aprile 2020 il quale pone in essere, tra l’altro, una normativa di dettaglio, la quale poteva già essere ricompresa nel D.L. n. 19/2020 in aderenza al dettato della costituzione procedurale.
7. Conclusioni.
La succinta ricostruzione effettuata permette di isolare alcune dimensioni per agevolare l’interpretazione degli avvenimenti giuridici intercorsi nell’emergenza.
In primo luogo, non si può negare il rilievo dell’OMS, in quanto la reazione in termini di provvedimenti normativi a livello nazionale, sembra che si sia mossa congiuntamente alle formalizzazioni dell’emergenza sanitaria internazionale in conformità al diritto internazionale. Sotto tale profilo occorre evidenziare che la documentazione derivante dal sistema giuridico-informativo dell’OMS, in attuazione del Regolamento Sanitario Internazionale, ha innescato l’adozione dei primi atti emergenziali.
Sempre dal punto di vista internazionale si è assistito all’assenza di un coordinamento comune dell’emergenza degli Stati membri UE e quindi alla minore rilevanza degli strumenti giuridici europei vigenti in materia (Decisione n. 2119/98/CE).
Relativamente all’aspetto procedurale sembra che si sia prefigurata sicuramente una rottura della c.d. costituzione procedurale a partire dal momento dell’emanazione del D.L. n. 6/2020 da parte del Presidente della Repubblica. Appare inoltre rilevante il comportamento istituzionale del Parlamento, il quale si è dimostrato regressivo rispetto alle proprie prerogative. Il meccanismo decisionale instauratosi si consolida con l’avvento del D.L. n. 19/2020 e con il D.P.C.M. 10 aprile 2020.
Sotto il profilo costituzionale si suggerisce una riflessione rispetto all’istituzione di un «comitato di esperti in materia economica e sociale»[50] il quale sembra mettere in secondo piano fin da subito l’organo ausiliario di rilevanza costituzionale CNEL, che il dettato costituzionale (art. 99) prevede quale «organo di consulenza del Governo […] e che può contribuire alla legislazione economica e sociale».
Risulta tuttavia arduo parlare di un vero e proprio stato di eccezione[51], da intendersi come sospensione dell’ordinamento giuridico nei suoi aspetti fondamentali.
Occorre infatti considerare che le norme compressive dei diritti fondamentali contenute nei primi D.P.C.M. erano comunque soggette a sindacato giurisdizionale[52], posto che il procedimento cautelare relativo all’ambito della giustizia amministrativa è stato modificato ma mai sospeso (cfr. art. 3, D.L. 8 marzo 2020, n. 11) e, in forza di ciò, il diritto di difesa costituzionalmente garantito risultava vigente (art. 24 Cost.) e azionabile. Il fatto che gli atti siano sindacabili all’interno dell’ordinamento può implicare che l’ordinamento non sia sospeso come nell’accezione pura dello stato di eccezione.
A tal proposito non si può inoltre prescindere dal menzionare la legittimazione della normativa investigata avvenuta con la pronuncia della giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 198/2021) che ha sottolineato la tassatività delle misure di contenimento per giustificare la natura attuativa, e quindi la conformità costituzionale, dei D.P.C.M. Tuttavia, in questa sede, come già specificato, non si intende entrare nel merito delle scelte effettuate, ma indagare sul mutamento delle modalità procedurali come concepite fino a oggi e comprendere ‘dove’ e ‘come’ tale meccanismo ha avuto inizio.
Per quanto concerne l’esegesi del preambolo degli atti emerge, con particolare riferimento al D.L. n. 6/2020 e ai D.P.C.M. conseguenti, l’assenza di elementi giustificativi e di richiami costituzionali rispetto alle libertà costituzionali che intendevano comprimere. Questo elemento si avvicina alla caratteristica della decisione necessaria assoluta e non ragionata, propria di una circostanza emergenziale di eccezione.
In ultimo è da registrare che la rottura della costituzione procedurale è proseguita con il D.L. n. 19/2020 in continuità rispetto all’abrogato D.L. n. 6/2020[53]. Nei provvedimenti legislativi emanati nella prima fase dell’emergenza, si instaurava infatti un meccanismo decisionale che consentiva la produzione di disposizioni compressive di libertà fondamentali incomprimibili, tra cui la libertà di esercizio del proprio culto. D’altro canto, la ricomparsa di termini di efficacia definiti, anche se prorogabili fino alla teorica vigenza dello stato di emergenza nazionale, avrebbero rappresentato elementi distensivi senonché anche tale limite è stato superato con l’intervenuta modifica legislativa che ha esteso l’emergenza al 31 marzo 2022 (art. 2 co. 1, D.L. 24 dicembre 2021, n. 221).
In questo quadro molto complesso è probabilmente necessario, anche in sede di dibattito giuridico, procedere con dovuta cautela in modo costruttivo e responsabile, dispensando le definizioni più nette a un eventuale e non auspicabile successivo periodo storico. In relazione a questa precisazione è tuttavia possibile asserire che gli avvenimenti giuridici esaminati sono certamente esplicativi di uno stato di grave crisi del parlamentarismo e del costituzionalismo, che necessitano di un ripensamento sostanziale a partire dalle fondamenta dello stesso diritto pubblico.
Non si ritiene pertanto auspicabile, quale soluzione alle criticità manifeste, il ricorso a mezzi che rientrino nello stesso paradigma giuridico così come finora concepito, a partire dal procedimentalizzare in termini di rango costituzionale dello «stato di emergenza»[54], posto il fatto che quanto accaduto ha inficiato la stessa distinzione tra costituzione rigida e costituzione flessibile. Infatti, anche in presenza di una procedura ben definita, dalla stessa esulerebbe per definizione lo stato di eccezione, in quanto a monte di quest’ultimo si può sempre presentare una circostanza di per sé imprevedibile che rende l’atto decisorio necessario da parte del soggetto che si manifesta «sovrano» su di esso.[55
[1] P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico, Torino, Giappichelli, 2018, p. 50.
[2] C. Schmitt, Teologia politica in Le categorie del ‘politico’ (a cura di G. Miglio, P. Schiera), Bologna, Il Mulino, 1972, p. 33.
[3] L’«emergenza sanitaria di interesse nazionale» è stata dichiarata il 30 gennaio 2020 dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in conformità agli artt. 1 e 12 del Regolamento Sanitario Internazionale Revision of the International Health Regulations World Health Assembly, 58. (2005) accessibile all’indirizzo https://apps.who.int; cfr.: World Health Organization, Statement on the second meeting of the International Health Regulations Emergency Committee regarding the outbreak of novel coronavirus (2019- nCoV), 30 January 2020. La dichiarazione era già stata ipotizzata nel report del 30 gennaio 2020: Novel Coronavirus (2019-nCoV) Situation Report – 10 visionabile all’indirizzo https://www.who.int/. L’«emergenza sanitaria di interesse nazionale» è definita dal Regolamento come «an extraordinary event which is determined, as provided in these Regulations: (i) to constitute a public health risk to other States through the international spread of disease and (ii) to potentially require a coordinated international response».
[4] La dichiarazione di «pandemia» è stata effettuata dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in sede di conferenza stampa in data 11 marzo 2020: «We have therefore made the assessment that COVID-19 can be characterized as a pandemic», cfr: WHO Director-General's opening remarks at the media briefing on COVID-19 – 11 March 2020 https://www.who.int. Da segnalare altresì che il d.l. 25 marzo 2020, n. 19 sembra assumere nel preambolo tale esternazione nella giustificazione per l’adozione del provvedimento: «Tenuto conto che l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la pandemia da COVID-19».
[5] Cfr.: G. AZZARITI, Editoriale. Il diritto costituzionale di eccezione, in Costituzionalismo.it, n. 1/2020; G. AZZARITI, I pieni e solitari poteri del capo del governo extraordinem, in Il Manifesto, 20 marzo 2020; D. TRABUCCO, Sull’(ab)uso dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo del Coronavirus: tra legalità formale e legalità sostanziale, in Astrid Rassegna, n. 5/2020, p. 2; A. VENANZONI, L’innominabile attuale. L’emergenza Covid-19 tra diritti fondamentali e stato di eccezione, in Forum di Quaderni costituzionali, 26 marzo 2020, p. 9; C. ZUCCHELLI, Lo “stato di eccezione” e i pericoli per la Costituzione che finisce violata, in Il Dubbio, 4 aprile 2020;
[6] Cfr.: Revision of the International Health Regulations World Health Assembly, 58. (2005), doc. cit..
[7] Cfr.: WHO, Novel Coronavirus (2019-nCoV) SITUATION REPORT - 1 21 JANUARY 2020, https://www.who.int.
[8] Cfr.: Revision of the International Health Regulations World Health Assembly, 58. (2005), doc. cit..
[9] Per l’efficacia direttamente vincolante del Regolamento Sanitario Internazionale si rinvia agli artt. 21-22 della Costituzione dell’OMS (Constitution of the World Health Organization). Cfr. altresì il d.lg. Capo Provv. Stato 4 marzo 1947, n. 1068.
[10] Cfr.: Annex 1, Revision of the International Health Regulations World Health Assembly, 58. (2005), doc. cit..
[11] Cfr.: World Health Organization, Statement on the second, doc. cit in particolare: «The Director-General declared that the outbreak of 2019-nCoV constitutes a PHEIC and accepted the Committee’s advice and issued this advice as Temporary Recommendations under the IHR.». Si veda anche artt. 1 e 15 Revision of the International Health Regulations World Health Assembly, 58. (2005), doc. cit.
[12] Cfr.: https://www.who.int; da segnalare altresì che: a) il d.l. 25 marzo 2020, n. 19 sembra assumere nel preambolo tale esternazione nella giustificazione per l’adozione del provvedimento: «Tenuto conto che l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la pandemia da COVID-19; il dpcm 10 aprile 2020 distingue espressamente le due dichiarazioni richiamandole entrambe: «Vista la successiva dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità dell’11 marzo 2020 con la quale l’epidemia da COVID-19 è stata valutata come “pandemia” in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale».
[13] Cfr.: Decisione n. 2119/98/CE.
[14] Cfr.: F. Gallarati, Le libertà fondamentali alla prova del coronavirus. Prime note sulla gestione dell’emergenza in Francia e Spagna, in Federalismi.it, 2020, pp. 35-50; G.Taccogna, L’ordinamento giuridico tedesco di fronte al virus Sars-Cov-2, in Federalismi.it, 2020, pp. 51-65.
[15] Cfr.: L. Cuocolo, I diritti costituzionali di fronte all’emergenza Covid-19. Una prospettiva comparata, in Federalismi.it, 2020, p. 3.
[16] Cfr.: Ord. Min. Salute 25 gennaio 2020.
[17] Cfr.: Ord. Min. Salute 30 gennaio 2020.
[18] Cfr.: del. Cons. Ministri 31 gennaio 2020: «Vista la nota del 31 gennaio 2020, con cui il Ministro della salute ha rappresentato la necessità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018».
[19] Cfr.: M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Consultaonline Libera Amicorum per Pasquale Costanzo http://www.giurcost.org, 2020, p. 1; Luciani individua questo come il momento in cui «si diparte la porzione finale della “catena normativa”».
[20] Cfr.: circ. Min. Salute prot. N. 1997 del 22 gennaio 2020: «L’OMS ha convocato una riunione per valutare se l’epidemia rappresenta una emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.».
[21] Cfr.: art. 3 lett. f) Decisione n. 2119/98/CE: «gli orientamenti per le misure di protezione da adottare, in particolare alle frontiere esterne degli Stati membri, soprattutto in situazioni di emergenza».
[22] In data 30 gennaio gli Stati membri UE interessati da coronavirus erano la Francia (5 casi), la Finlandia (1 caso) e la Germania (4 casi) cfr.: World Health Organization, Novel Coronavirus(2019-nCoV) Situation Report – 10, https://www.who.int.
[23] Cfr.: G.U. Rescigno, Ordinanze e provvedimenti di necessità ed urgenza, in Nov.mo dig. it., XII, Torino, 1965, p. 91.
[24] Cfr.: F. Bartolomei, Ordinanza, dir. amm., in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, p. 976.
[25] Cfr.: M. Cavino, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, Federalismi.it, 2020, p. 3.
[26] Cfr.: G. Agamben, Lo stato d’eccezione provocato da un’emergenza immotivata, in Il Manifesto, 26 febbraio 2020; A. Cannatà , Coronavirus, anche intellettuali attenti possono perdere ‘il senso della realtà’, Il Fatto quotidiano, 23 marzo 2020.
[27] Cfr.: L. A. Mazzarolli, «Riserva di legge» e «principio di legalità» in tempo di emergenza nazionale. Di un parlamentarismo che non regge e cede il passo a una sorta di presidenzialismo extra ordinem, con ovvio, conseguente strapotere delle pp.aa. La reiterata e prolungata violazione degli artt. 16,70 ss., 77 Cost., per tacer d’altri, in Federalismi.it, 2020, pp. 13-20. Cfr. anche art. 2 co.1 d.l. 23 febbraio 2020, n.6 convertito con legge 4 marzo 2020, n.13: «Le autorità competenti, con le modalità previste dall’articolo 3, commi 1 e 2, possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui all’articolo 1, comma 1»; cfr. anche art. 3 co. 1: «Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri».
[28] Cfr.: C. Tripodina, La Costituzione al tempo del Coronavirus, in Costituzionalismo.it, (1), 2020, p. 82.
[29] Cfr.: B. Caravita, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, Federalismi.it, n.6, 2020, p. 5.
[30] Cfr.: M. Cavino, Covid-19, op. cit., p. 9.
[31] «Una ulteriore garanzia, a fronte di limiti che una legge intendesse porre a diritti costituzionali, è rappresentata dall’esercizio dei poteri propri del presidente della Repubblica, che autorizza il governo ad adottare un decreto legge e a presentarlo al Parlamento per la conversione, e dopo l’approvazione di una legge prima di promulgarla può rilevare eventuali evidenti incostituzionalità.» così C. Mirabelli, Limitazioni della libertà, la Costituzione le prevede ma entro certi limiti, il Quotidiano del Sud, 21 marzo 2020
[32] Si rileva inoltre un sostegno attivo del Parlamento che ha emendato l’art. 2 del D.L. 6/2020 il quale demandava l’attuazione di indefinite ed «ulteriori misure di contenimento» alle «autorità competenti», aggiungendo un rinvio alle «modalità previste dall’articolo 3 commi 1 e 2» e quindi ai dpcm e alle ordinanze legittimando cioè la figura dei due organi monocratici quali decisori: Presidente del Consiglio e Ministro della Salute; cfr. legge 5 marzo 2020, n. 13 e lavori parlamentari: atto n. 2402 presentato alla Camera il 23 febbraio 2020 e trasmesso al Senato il 26 febbraio e atto n. 1741 all’esame del Senato in data 27 febbraio 2020 e approvato in data 4 marzo.
[33] Oltre al dpcm le fattispecie previste sono le ordinanze secondo competenza territoriale del Ministro della Salute, del Presidente della Regione o del Sindaco.
[34] G. Azzariti, Il diritto costituzionale d’eccezione in Costituzionalismi.it, (1), 2020, pp. 3-5.
[35] È interessante notare che il riferimento allo stato di emergenza rinvia alla dichiarazione dell’OMS.
[36] Infatti, sebbene i termini siano stati stabiliti dai conseguenti dpcm ed ordinanze, il disposto legislativo non aveva una scadenza non essendo agganciato, neanche nella motivazione, allo stato di emergenza nazionale. Secondo tale schema i dpcm avrebbero potuto riprodursi indefinitamente.
[37] F. Pizzetti, “A rischio le libertà dei cittadini, urgente un intervento giuridico”, in Agendadigitale.eu, 23 marzo 2020, p.2.
[38] L.Milella, Coronavirus, Azzariti: “Le misure sono costituzionali a patto che siano a tempo determinato”, La Repubblica, 9 marzo 2020: «l’articolo 120 [della Costituzione] recita espressamente che il governo può sostituirsi agli enti locali nel caso di “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”».
[39]L’espansione è avvenuta secondo la seguente progressione: 1) alcuni comuni delle Regioni Veneto e Lombardia (dpcm 23 febbraio 2020); 2) Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte Veneto (con ordinanze Min. Salute del 23 febbraio art. 3 co.2 d.l. 6/2020); 3) Regione Liguria (con ord. Min. Salute del 24 febbraio).
[40] Cfr.: G. Morbidelli, Dalle ordinanze libere a natura normativa, in Diritto Amministrativo, 1-2/2016, pp. 33 ss. Preme precisare che in questo caso la legge non tipizza il contenuto che è rimesso alla discrezionalità dell’organo amministrativo, ma ciò non esime questi atti dal rispetto della gerarchia delle fonti dai principi e limiti generali come la proporzionalità e l’adeguatezza.
[41] Si precisa che nella stessa data, 4 marzo, con dpcm, vengono applicate misure di contenimento, già specificate nel d.l. 6/2020, su tutto il territorio nazionale (es.: sospensione di congressi, meeting, eventi…).
[42] Cfr.: dpcm 8 marzo 2020. Le misure di contenimento sono attuate secondo uno schema di doppio binario, alcune valide su tutto il territorio nazionale altre destinate ai territori della regione Lombardia e delle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia. È espressamente richiamato nel preambolo l’art. 2 del d.l. 6/2020 con cui si allargano i poteri discrezionali tant’è che si intende «individuare ulteriori misure a carattere nazionale». Da rilevare inoltre nel preambolo il riferimento alla dichiarazione di stato di emergenza sanitaria internazionale dell’OMS nonché il riferimento alla dichiarazione di stato di emergenza nazionale che farebbe pensare ad un’autodefinizione di dpcm-ordinanza.
[43] Cfr.: L. A. Mazzarolli, «Riserva di legge», op.cit., p. 13.
[44] Cfr.: dpcm 4 marzo 2020; dpcm 5 marzo 2020.
[45] G. De Giorgi Cezzi, Libertà dalla paura. Verso nuove forme di libertà per la collettività?, in Federalismi.it, (6), 2020, pp. 207-214.
[46] Cfr.: B. Caravita, L’Italia ai tempi del coronavirus, op.cit., Federalismi.it, n.6, 2020, p. 7 s. Per quanto concerne l’ipotesi di riunione virtuale del Parlamento è da verificare se i regolamenti parlamentari, nonché tutta la struttura organizzativa, consentisse in tempi rapidi di organizzarsi conformemente allo scopo.
[47] D. Trabucco, Sull’(ab)uso dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo del Coronavirus: tra legalità formale e legalità sostanziale, Astrid on-line, (5), 2000.
[48] Cfr. art. 2 co. 1 del d.l. 24 dicembre 2021, n. 221. Cfr. anche D. Trabucco - C. Della Giustina, Sulla possibile proroga dello stato di emergenza, Dirittifondamentali.it, 14 luglio 2019.
[49] Cfr. altresì il dpcm 10 aprile 2020 che riprende ulteriormente tale disposizione.
[50] Cfr.: dpcm 10 aprile 2020; a proposito dei comitati tecnici che in questa sede non si sono analizzati per via dell’attenzione preminentemente riservata all’aspetto procedurale si veda: Ord. Capo Dip. Protezione Civile 3 febbraio 2020 e Decreto Capo Dip. Protezione Civile n. 371 del 5 febbraio 2020.
[51] Si veda anche M. Luciani, Il sistema delle fonti, op. cit., p. 3: «Dico subito che, almeno per gli atti dei tipi principali (non potendosi -ovviamente - allargare lo sguardo a tutti i tipi di fonte o di provvedimento amministrativo) adottati […] a me pare che, sul piano dei rapporti formali tra le fonti, le gravi preoccupazioni avanzate nel dibattito pubblico non siano fondate».
[52] Cfr.: M. Luciani, Il sistema delle fonti, op.cit., p. 25.
[53] Cfr.: M. Borgato - D. Trabucco, Brevi note sulle ordinanze contingibili ed urgenti: tra problemi di competenza e cortocircuiti istituzionali, in Astrid on-line, 2000, p.8.
[54] Cfr. F. Pizzetti, “A rischio le libertà…”, op. cit., in Agendadigitale.eu, 23 marzo 2020, p.2; S.Prisco, F.Abbondante, I diritti al tempo del coronavirus. Un dialogo, in Federalismi.it, 2020, p.6 e Cfr.: C. Tripodina, La Costituzione, op.cit., in Costituzionalismo.it, (1), 2020, p. 82.
[55] C. Schmitt, Teologia politica, op.cit, p. 33.