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Pubbl. Mer, 21 Ott 2015

Impianti di videosorveglianza e trattamento dei dati personali.

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Valeria Lucia


Lapidaria la posizione della Suprema Corte, sentenza n. 17440 del 2 settembre 2015, nel chiarire che “l’installazione di un impianto di videosorveglianza all´interno di un esercizio commerciale, allo scopo di sorvegliare l’accesso degli avventori, costituisce trattamento di dati personali agli effetti del dlgs. n. 196 del 30 giugno 2003 e deve perciò formare oggetto di informativa rivolta ai soggetti che facciano ingresso al locale.”


La massima riportata non lascia spazio ad interpretazioni ulteriori. Per la Corte di Cassazione la presenza di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale deve essere adeguatamente rappresentata agli avventori, configurando la videoripresa di immagini della persona una ipotesi di trattamento di un dato personale.

Occorre preliminarmente focalizzare l’attenzione sulla normativa di riferimento, ossia il dlgs. n. 196 del 2003, meglio conosciuto come Codice Privacy, nel quale vengono puntualmente definiti il concetto di “dati personali” e conseguente “trattamento” dei medesimi.

Secondo l’art. 4, comma 1, lett a) del Codice Privacy, per “trattamento” deve intendersi qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati  anche   senza   l'ausilio   di   strumenti   elettronici, concernenti  la  raccolta,  la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione,  la  diffusione,  la cancellazione e la distruzione di dati, anche se  non  registrati  in una banca di dati”.

E’ la successiva lett. b) a definire il “dato personale”, ossia “qualunque informazione  relativa  a  persona fisica, persona  giuridica,  ente  od  associazione,  identificati  o identificabili,  anche   indirettamente,   mediante   riferimento   a qualsiasi   altra   informazione,   ivi   compreso   un   numero   di identificazione personale”.

In presenza di una ipotesi di trattamento di dati personali, ai sensi del Codice Privacy, è automatico l’obbligo di cui all’art. 13, secondo cui l’interessato deve essere previamente informato, in forma scritta od orale rispetto a “a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati; b) la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati; c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere; d) i soggetti e le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l’ambito di diffusione dei dati medesimi; e) i diritti di cui all’articolo 7; f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentane nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 5 e del responsabile.”

Nonostante la apparente linearità della normativa di riferimento, non poche sono state le posizioni dottrinarie e giurisprudenziali registratesi nel tempo, relativamente alla sussistenza o meno dell’obbligo di informativa tramite videosorveglianza.

Nel caso in esame, il giudice di prime cure si è dimostrato restio a ritenere che la presenza dell’apparecchio di videosorveglianza, stante modalità e finalità del caso di specie, debba essere segnalata, non costituendo la videoripresa in sé considerata una forma di trattamento dei dati personali degli avventori. Ha motivato tale posizione, ritenendo che l’immagine di questi ultimi non possa essere qualificata come dato personale, in assenza di elementi oggettivi che ne consentano la identificazione personale e, inoltre, essendo la videoripresa finalizzata all’esclusivo monitoraggio dell’ingresso del locale ed eseguita con un apparecchio peraltro di non elevata definizione.

La tesi appena esposta è tutt’altro che peregrina, essendosi precedentemente espressa in tal senso la stessa Corte di Cassazione, per cui in presenza di determinati dati fattuali non sussisterebbe l’obbligo di informativa ex art. 13 del Codice Privacy. [così Cass. civ., n. 12997 del 2009]

Come premesso, la recentissima pronuncia in commento stravolge il percorso logico appena descritto, corroborata peraltro da precedenti pronunce, anch’esse favorevoli all’applicabilità dell’obbligo di informativa in relazione alla ripresa di immagini della persona, ritenendole dati personali a prescindere dalle modalità e dalle finalità del caso di specie.

Ex multis, la Corte richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 14346 del 9 agosto 2012, svolgendo una acuta panoramica in merito alle problematiche in punto di fatto e di diritto che la materia inevitabilmente presenta.

L’immagine di una persona, nonostante dottrina discordante, costituisce inequivocabilmente “dato personale” ai sensi del Codice privacy, come più volte confermato dallo stesso Garante per la protezione dei dati personali, nonché con il riferimento espresso di cui all’art. 134 Codice Privacy alle ipotesi di videosorveglianza, per cui il Garante promuove, ai sensi dell'articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, prevedendo specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all'interessato per garantire la liceità e la correttezza anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11.”; impostazione ribadita anche dalla Convenzione n. 108/1981 del Consiglio d'Europa, la direttiva n. 95/46 CE, art. 2, lett. a), nonché il documento di lavoro sulla videosorveglianza WP67/2002, adottato il 25 novembre 2002 dal Gruppo dei Garanti Europei costituito ai sensi dell'art. 29 della citata direttiva.

Oltre all’art. 134 Codice Privacy, la motivazione data dalla Suprema Corte fa riferimento anche all’ambito di applicazione della normativa in esame, definito dall’art. 5, comma 3 secondo cui "il trattamento dei dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione".

E’ questa la logica sposata dalla recentissima pronuncia in commento, per cui l’immagine di una persona è dato personale idoneo a far scattare l’obbligo di informativa di cui all’art. 13 Codice Privacy, ricollegandosi l’immagine immediatamente alla persona. Ulteriore riferimento normativo è anche agli artt. 23 e 24 Codice Privacy, imponendo all’interprete di verificare la sussistenza di ulteriori presupposti di liceità del trattamento, alternativi al consenso dell’interessato, ma, neppure cpn l'ausilio di un eventuale bilanciamento di interessi, può essere scriminato l' utilizzo in assenza del consenso espresso.

Questi i motivi per cui la Corte di Cassazione ha sopito ogni dibattito, per cui costituisce trattamento di dati personali anche la raccolta di dati avente ad oggetto le immagini di persone.