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Pubbl. Lun, 19 Ott 2015

Art. 348 bis e 348 ter. L´inammissibilità dell´ appello. Rilievi critici e spunti di riflessione.

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Eva Aurilia


L´appello può essere dichiarato inammissibile con ordinanza non reclamabile. Recente giurisprudenza ne ha riconosciuto la ricorribilità in Corte di Cassazione.


La ratio legis e il suo tradimento.

Con D.L. 22 giugno 2012 n. 83 – cosiddetta Legge Pinto – convertito in l. 11 agosto 2012, n. 143, vengono introdotte nel nostro ordinamento le norme di cui all’articolo 348 bis e 348 ter rubricate, rispettivamente, “inammissibilità dell’appello” e “pronuncia sull’inammissibilità dell’appello”.

Si tratta di una novità legislativa che porta con sè l’obiettivo di alleviare il carico delle Corti d’Appello, anche in considerazione del fatto che il nuovo art. 2, co. 2 bis della “Legge Pinto - introdotto dalla medesima L. di riforma 7.8.2012, n. 134, dispone che il giudizio di appello deve avere una durata massima di due anni. Si è ritenuto che tale obiettivo potesse essere raggiunto mediante la previsione di questo nuovo meccanismo “filtro” che imporrebbe al Giudice di compiere una valutazione prognostica circa la ragionevole probabilità che l’appello venga accolto. Qualora l’Organo giudicante ritenga non sussistente detta probabilità, procede dichiarando inammissibile l’appello con il provvedimento di cui all’articolo 348 ter, ossia con ordinanza succintamente motivata e non reclamabile. La valutazione che la nuova norma impone al Giudice, affinchè l’obiettivo che l’ha giustificata possa essere realmente perseguito, se non già raggiunto, è del tutto singolare, in quanto non gli consentirebbe di procedere ad una valutazione nel merito della controversia.

Questo il primo comma dell’art. 348 bis: “ Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l´inammissibilità o l´improcedibilità dell´appello, l´impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”. Si tratta, in realtà, di un meccanismo che solo apparentemente potrebbe condurre ad uno snellimento del procedimento di secondo grado. Vediamo perché.                      

I casi in cui “deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello” non risultano oggetto di una specifica norma di legge, nel senso che, prima della introduzione della norma di cui all’articolo 348 bis, non esistevano casi in cui l’inammissibilità potesse essere dichiarata con ordinanza. Solo un caso risultava a noi noto, quello dell’articolo 348, 2 comma, a tenor del quale: “Se l´appellante non compare alla prima udienza, benché si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all´appellante. Se anche alla nuova udienza l´appellante non compare, l´appello è dichiarato improcedibile anche d´ufficio”. In tutti gli altri casi non è specificato il provvedimento che il Giudice deve adottare, per cui, non vi è dubbio che lo stesso decida con sentenza. Senza analizzare i singoli casi, individuati dal Codice, per i quali il Giudice procede alla dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’appello con sentenza, si può sicuramente dire che si tratta di ipotesi (es. l’impugnazione fuori termine, che dà luogo ad inammissibilità; l’inappellabilità della sentenza, per espressa esclusione del rimedio per quel tipo di pronuncia; l’acquiescenza alla sentenza, che determina l’improponibilità), nelle quali al Giudice non è consentito procedere ad una valutazione nel merito dei motivi di appello, essendogli ciò precluso “dalla ricorrenza di uno sbarramento che opera alla stregua di questione pregiudiziale” (cit. Luigi Di Lalla, Sui limiti esterni della inammissibilità dell’appello). In senso contrario, invece, l’ordinanza di inammissibilità prevista dall’art 348 bis, scaturisce da una valutazione sulla probabile infondatezza dei motivi di appello. Non è difficile, con ciò, affermare che tale pronuncia impone al Giudice di compiere un’analisi proprio sul merito dei motivi, che si traduce in un’analisi nel merito della controversia.

Questa è la ragione per la quale la dottrina non si è mostrata entusiasta di fronte alla nuova disciplina, in quanto, paradossalmente, le Corti, per giungere ad una decisione, prima della trattazione, ed in prima udienza, dovranno egualmente procedere ad una cognizione della controversia.

Ambito di applicazione.

I presupposti per la pronuncia dell´ordinanza in commento sono due:

  1. che ci si trovi al di fuori dei casi in cui l´inammissibilità e l´improcedibilità dell´appello deve essere dichiarata con sentenza.
  2. che l´impugnazione non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta;

Del primo si è già detto. Per quanto concerne il secondo, si è detto che l’ordinanza deve essere resa prima della trattazione, e dunque all’esito dell’udienza di cui all’art. 350 c.p.c.. Tale udienza è quella nella quale il Giudice d´appello assume i provvedimenti sulla sospensione dell´efficacia esecutiva - o dell´esecuzione - della sentenza di primo grado. Parrebbe dunque che il nuovo art. 348 bis costituisca un inutile doppione dal punto di vista della deflazione del giudizio di gravame, alla luce dei recentemente modificati artt. 351 e 352 che consentono al giudice, in sede di pronuncia sull´inibitoria e anche in ogni altro caso, di decidere l´appello con sentenza concisamente motivata nelle forme dell´art. 281 sexies. Con la differenza, di non poco momento, che la sentenza pronunciata ai sensi dell´art. 281 sexies sostituisce, di regola, la sentenza impugnata e può essere sia di accoglimento che di rigetto; laddove l´ordinanza di inammissibilità lascia in vita la sentenza di primo grado, che diventa ricorribile dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ci si trova, dunque, in una situazione nella quale, l’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis, ove pronunciata, non è reclamabile, ma resta ricorribile in Cassazione la sentenza di primo grado.

I criteri che devono guidare il Giudice.

Dispone l’articolo 348 ter che: “all´udienza di cui all´articolo 350 il Giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l´appello, a norma dell´articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi”. La norma fa riferimento agli elementi di fatto riportati negli atti di causa e ai precedenti conformi. Nessuna perplessità suscita il primo criterio, al quanto scontato. Il riferimento ai precedenti, impone, invece, che il Giudice, alla luce dei fatti di causa, vada a conoscere di precedenti pronunce, uniformi, su casi analoghi e valutare la “ragionevole probabilità” circa l’accoglimento dell’appello. Si possono, però, prospettare casi sui quali non esistono pronunce uniformi, ovvero casi completamente nuovi, sui quali non esistono affatto pronunce e che rischiano di essere liquidati con un’ordinanza di inammissibilità. Ciò avallato dal fatto che la “ragionevole probabilità” è necessariamente un criterio che richiede la discrezionalità del giudice. Per cui o il Giudice procede ad una cognizione piena della manifesta infondatezza dell’appello, e, in tal caso, non ha ragione d’esistere l’ordinanza di cui all’art. 348 bis, oppure questo rischia di essere deciso con ordinanza ex art. 348 bis.

I casi di esclusione.

Il secondo comma dell’art.348 bis prevede che l’ordinanza di cui al primo comma non può essere pronunciata se:

  1. l´appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all´articolo 70, primo comma (giudizio in cui è obbligatorio un rappresentante del Pubblico Ministero);
  2. l´appello è proposto a norma dell´articolo 702 quater (procedimento sommario di cognizione).

L´inammissibilità, inoltre, non può essere pronunciata nel caso in cui sia stata proposta impugnazione incidentale e, per quest’ultima, non ricorrano i presupposti per la dichiarazione di inammissibilità. In tal caso, secondo quanto dispone l´art. 348 ter, entrambe le impugnazioni devono essere trattate nel merito. È sufficiente, dunque, che sia ammissibile l´appello incidentale perché debba essere decisa anche l´impugnazione principale, benché non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta. Ciò, in linea di massima, per evitare che le impugnazioni vengano scisse e trattate separatamente.

Le riflessioni giurisprudenziali. I casi di ricorribilità in Cassazione dell’ordinanza ex art. 348 bis.

Tra i problemi interpretativi che il “filtro” in appello solleva, uno di essi ha riguardato la possibilità che anche l’ordinanza pronunciata ex art.348 bis potesse essere ricorsa in Cassazione. Le due pronunce giurisprudenziali che vengono in rilievo non sono unanimi.

Il caso che, per primo, è stato sottoposto alla Corte di Cassazione è il seguente.

La Corte d’Appello pronunciava ordinanza ex art. 348 bis per ragioni di rito, ed in particolare, per la “genericità dei motivi di appello”. Tale è la censura che può essere fatta valere ex art.342 (caso di inammissibilità pura) e che, conduce il giudice a dichiarare con sentenza la inammissibilità dell’appello. Per tale motivo la Corte ha ritenuto che si trattasse di sentenza ex art. 342 resa, tuttavia, nelle forme dell’ordinanza ex art. 348 bis e che per tanto fosse, proprio come la prima, ricorribile in Cassazione, in virtù del principio che vuole che prevalga la sostanza sulla forma dell’atto. In caso contrario, è vero che il soccombente avrebbe potuto ricorrere in Cassazione la sentenza di primo grado, ma soltanto per vizi propri. Si sarebbe negato, quindi, allo stesso, di far valere un “error in procedendo” (Ord. N. 7273 del 24 marzo 2014). Il ragionamento che ha condotto la Corte a tale decisione è il seguente: il diritto processuale di azione ha una sua autonoma rilevanza, per cui, il provvedimento che lo viola e che non è impugnabile, è da considerarsi sentenza in senso sostanziale, soggetta a ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111,7 Cost. Solo così si spiegherebbe la decisione della Corte che ha qualificato come “sentenza in senso sostanziale” un provvedimento che non ha inciso su diritti soggettivi ma soltanto sulla possibilità che si potesse svolgere un pieno giudizio di Appello, (Claudio Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2015). Proprio sullo stesso presupposto, ma partendo dall’assunto che il diritto processuale di azione non abbia autonoma rilevanza, la S.C. ha, successivamente, negato la ricorribilità in Cassazione dell’ordinanza ex art. 348 bis. Secondo questa ulteriore pronuncia ( Ord. N. 8940 del 19 aprile 2014), mancherebbe il carattere di decisorietà al provvedimento in questione – che consentirebbe, invece, il ricorso straordinario in Cassazione – proprio perché non incide sui diritti soggettivi. Tale argomentazione della Corte è, a onor del vero, in linea con le esigenze deflattive che hanno giustificato l’introduzione della norma di cui all’art.348 bis nel nostro ordinamento, ma non dà contezza del fatto che in ipotesi come quelle prospettate in entrambi i casi, il “filtro di inammissibilità” non si rende necessario. Si tratta, infatti, di casi sussumibili nella fattispecie classica della inammissibilità pura, che richiede che la decisione venga resa con sentenza, avverso la quale risultano esperibili gli ordinari mezzi di impugnazione. Inoltre, laddove l’appello sia realmente inammissibile, non si comprende la ratio di lasciare al ricorrente la possibilità di ricorrere in Cassazione la sentenza di primo grado laddove nelle ipotesi di inammissibilità pura, la decisione del grado di appello resa con sentenza, determina il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Termini per la proposizione del ricorso in Cassazione avverso la sentenza di primo grado.

L’appellante, nei cui confronti sia stata pronunciata ordinanza ex art. 348 bis, potrà proporre ricorso in Cassazione avverso la sentenza di primo grado entro 60 giorni dalla notificazione dell’ordinanza o dalla sua comunicazione, se anteriore.

Tuttavia, se le ragioni di fatto poste a fondamento della sentenza di primo grado, poi oggetto di gravame, sono le stesse che hanno condotto all’adozione dell’ordinanza ex art. 348 bis, il ricorrente non potrà proporre ricorso in Cassazione per il motivo di cui all’art.360 n.5 (vizio di motivazione), in quanto opera il meccanismo della doppia conforme.