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Pubbl. Mar, 7 Dic 2021

La Cassazione sui limiti al sopravvitto per i detenuti in regime di 41-bis o.p.

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Editoriale a cura di Andrea De Lia



La Cassazione, con la sentenza n. 33917 del 13 settembre 2021, è intervenuta sui limiti di acquisto del sopravvitto per i detenuti in regime di ”carcere duro” compiendo un ulteriore passo nel percorso che tende all´informazione del sistema ai principi cardine della materia.


ENG The supreme Court, with the sentence n. 33917 of the 13th September 2021, rules on the limits on the purchase of consumer goods for people sentenced to ”hard prison”.

Con la sentenza Cass., Sez. I, 13 settembre 2021, n. 33917 (Pres. Tardio – Rel. Guerra – P.M. Pedicini, conf.) la suprema Corte ha scrutinato il ricorso del Ministero della Giustizia, spiegato avverso l’ordinanza del Tribunale dell’Aquila che aveva confermato la decisione assunta dal Magistrato di Sorveglianza che, a sua volta, aveva accolto l’istanza di una detenuta in regime di 41-bis o.p. volta all’autorizzazione ad acquistare, come sopravvitto, gli stessi generi alimentari previsti per i detenuti comuni e a cucinare anche al di fuori delle ristrette fasce orarie di cui alla Circolare 12 novembre 2018.

La Cassazione, dunque, ha accolto il ricorso, rendendo, tuttavia, delle statuizioni assai interessanti per le prospettive dei detenuti in regime di “carcere duro”. In particolare, la suprema Corte, nel richiamare la sentenza Corte cost., 26 settembre 2018, n. 186, relativa al divieto di cottura di cibi, ha rilevato, in generale, che le limitazioni all’acquisto di beni e agli orari di cottura delle vivande debbono essere informati al principio di proporzionalità rispetto alle esigenze che vi sottendono, rappresentate dalla tutela dell’ordine e della sicurezza e, in particolare, dal contrasto del rischio che i detenuti condannati per particolari reati mantengano rapporti all’esterno con consorterie criminali.

Con la conseguenza che – ha proseguito la Cassazione – la magistratura di sorveglianza è chiamata a verificare, caso per caso, se le limitazioni imposte siano strettamente strumentali al perseguimento di suddette finalità, poiché altrimenti esse si rivelerebbero un surplus sanzionatorio inammissibile, perché contrario alla finalità rieducativa della pena e al divieto di trattamenti contrari al senso di umanità.

La Corte, dunque, ha affermato che alcune limitazioni, relative all’acquisto di determinati beni (come ad esempio lo scatolame), non sono di per sé irragionevoli (essendo però necessaria una giustificazione che tenga conto della specifica pericolosità del singolo detenuto), né tali sono, in automatico, i vincoli orari per la cottura dei cibi, purché sia dimostrato che essi siano necessari a garantire ordine e sicurezza e la corretta e razionale organizzazione degli ambienti carcerari.

Quel che di nuovo si esprime nella pronuncia è che sbarramenti all’acquisto del sopravvitto dei beni indicati nelle apposite liste non possono essere giustificati per evitare forme di “supremazia” da parte dei detenuti in regime 41-bis o.p. rispetto agli altri, tanto per via del più stringente limite di spesa imposto ai primi, quanto per via del fatto che l’elenco dei beni acquistabili non include generi di lusso o particolarmente costosi.

Massima: In tema di regime penitenziario differenziato ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen., è illegittima la disposizione dell'amministrazione penitenziaria che, nell’individuazione dei generi alimentari acquistabili al sopravvitto, vieti l’acquisto di quelli compresi nel “modello 72” dei detenuti ordinari, in quanto la previsione di un regime differenziato, quanto ai beni alimentari acquistabili, è ingiustificata e si risolve in un irragionevole “surplus” di afflittività del regime carcerario differenziato.


Note e riferimenti bibliografici