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Pubbl. Mar, 20 Ott 2015
Sottoposto a PEER REVIEW

La costituzione del trust a favore dei disabili e degli altri soggetti deboli

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Emilia Senatore


Quante volte ci siamo domandati come possiamo tutelare al meglio il nostro patrimonio? Non restando chiusi nel nostro sistema giuridico, ma utilizzando un istituto d´oltralpe è possibile tutelare e destinare la nostra disponibilità patrimoniale per diverse finalità, anche in funzione dei soggetti più deboli, i quali necessitano di una maggiore protezione giuridica.


È più facile che un povero cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco comparatista comprenda il sistema della trascrizione![1], così conclude Gazzoni all’interno di una delle sue maggiori opere, sottolineando le difficoltà che incontra un trust al momento della sua trascrizione.

Il trust è un istituto giuridico tipico degli ordinamenti di origine anglosassone, il quale, data la sua duttilità e flessibilità, è stato recepito anche all’interno degli ordinamenti di tradizione romanistica. Tuttavia, se pur tale istituto trova la sua piena legittimazione giuridica nella “Convenzione dell’Aja del 1 luglio del 1985 sulla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento” avvenuta con la legge del 16 ottobre 1989 n. 364, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1992 [2], sussistono ancora dei problemi circa il suo perfetto riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico [3].

Molti cultori del diritto si approcciano al trust con diffidenza, in quanto tale istituto è considerato uno strumento fraudolento, creato solo per eludere le norme giuridiche. In realtà, il problema non è il trust, ma i professionisti che lo utilizzano in modo improprio, come d’ altronde potrebbe accadere usando in modo improprio un qualsiasi altro istituito giuridico tipico.

Esso determina un vincolo di destinazione al patrimonio conferito, che lo pone al riparo dalle possibili pretese dei creditori personali e degli eredi del disponente come del trustee.

Dunque, l’accordo fiduciario (assistito dall'opponibilità ai terzi) e la destinazione funzionale (o l’investitura) impressa ad un diritto sono i fondamenti imprescindibili dell’istituto. Il trust ha la funzione di creare una segregazione patrimoniale [4] garantendo una maggiore tutela del patrimonio o degli stessi interessi a carattere patrimoniale.

Sostanzialmente, è la segregazione patrimoniale che permette ad un soggetto di soddisfare esigenze ed interessi economici non altrimenti realizzabili con altri istituti di diritto interno [5].

Infatti, parte della dottrina mette in luce come una delle funzioni - se non proprio quella principale - del trust, è quella di trasmettere il patrimonio a determinati soggetti. Il ricorso al trust, pertanto, deve ritenersi ammissibile quando il fine (lecito) concretamente perseguito non può realizzarsi mediante uno degli istituti disciplinati dall'ordinamento giuridico; di contro, si considera vietato, e quindi illecito, se il trust viola norme inderogabili. Queste ipotesi di contrasto sono disciplinate dall'art. 13 della Convenzione stessa, secondo cui è nullo il trust che si pone in contrasto con principi cardine dell'ordinamento giuridico nazionale [6].

Tra le diverse costituzioni di un trust, vi è il trust in favore dei soggetti deboli.

Il quadro delle misure a protezione dei soggetti deboli si compone, oggi, di strumenti diversi per presupposti, modalità operative ed effetti.

Costituendo un trust in favore dei disabili, i ruoli dei soggetti possono combinarsi in maniera differente e, sicuramente, in modo più flessibile. Esso permette di vincolare determinati beni affinché le utilità da essi traibili siano destinate all’esclusivo interesse della persona debole, secondo il programma e le indicazioni fissate dal disponente nell’atto istitutivo. Dà la possibilità di tutelare anche i genitori disponenti come gli altri eventuali figli, realizzando una vera e propria pianificazione a tutela della famiglia nel suo complesso.

I vantaggi di scegliere un trust, rispetto ai metodi tradizionali previsti dal nostro codice civile, sono molteplici [7].

In primo luogo, occorre notare che il trust non consiste in una attribuzione diretta di un bene al beneficiario (al pari di quanto normalmente accade, ad esempio, con un lascito testamentario o con una donazione).

Ciò comporta la possibilità di ricorrere ad un procedimento più semplice rispetto all’attivazione di una misura codicistica che preveda il ricorso all’autorità giudiziaria. La mera stipula di un atto istitutivo permetterebbe ai genitori, o a soggetti che volessero provvedere alla tutela di una persona in difficoltà, di prevedere un’attribuzione di beni di cui sia beneficiario il disabile ed amministratore una persona di fiducia perfettamente capace. Nell’atto di trust, i disponenti potrebbero dettare le regole per la successione e la sostituzione del trustee, veicolando la scelta ugualmente su una persona di loro fiducia. Tale potere si configura in maniera diversa se il trustee è un tutore o un amministratore di sostegno; si ha, inoltre, l’opportunità della pianificazione familiare, con una composizione dei vari interessi coinvolti.

Esso permette di risolvere il problema della gestione di un patrimonio, la cui destinazione sia a vantaggio di un soggetto disabile, ma senza poter attribuire a lui la titolarità e l’amministrazione dei beni interessati.

È possibile che il disponente si riservi di nominare successivamente, nel corso della durata del trust, con atto autentico o testamento, ulteriori beneficiari o di modificarli: scegliendo tale ipotesi, egli avrebbe la possibilità di monitorare nel tempo i comportamenti e le situazioni relative ai soggetti che intende effettivamente beneficiare.

Un altro beneficio derivante dalla scelta della costituzione di un trust, anziché la scelta di attuare una misura di tipica di protezione, è che l’istituto angloamericano garantisce la possibilità di designare i beneficiari del reddito (ad esempio, il soggetto disabile) e beneficiari finali (ad esempio, gli altri eventuali coeredi, i fratelli ecc.), favorendo in momenti differenti diversi soggetti.

Può, tuttavia, talvolta capitare che il disponente nomini sé stesso beneficiario qualora sia in grado di intendere e di volere ed in vista della propria futura - eventuale - incapacità, o, ancora, che designi sé stesso quale trustee. Rispetto alla designazione di cui all’art. 408 cod. civ., l’istituzione di un trust permette di destinare beni contando sull’operatività del vincolo e la segregazione patrimoniale. Inoltre, la disciplina italiana di tutela dell’incapace è basata sul sistema dell’autorizzazione "atto per atto", manca, quindi, una visione complessiva e programmatica della gestione; questo, invece, è l’aspetto peculiare del trust che si caratterizza anche per la presenza di un soggetto deputato ad attuarla.

Vi è anche la possibilità che l’istituzione del trust si configuri come atto inter vivos con effetti post mortem, nel quale l’evento della morte (dei disponenti) si inserisce come termine di efficacia dell’attribuzione. Il ricorso al trust, considerando le diverse scansioni temporali e che si tratta di un atto di autonomia privata attraverso il quale si può tener conto delle diverse esigenze del soggetto debole, permette ai genitori di provvedere per il "dopo di noi", per quando non potranno più assistere personalmente il loro congiunto, anche nei momenti più pratici della vita quotidiana: la residenzialità del disabile, l’organizzazione della sua vita di relazione, la destinazione delle risorse economiche in suo favore.

Un altro elemento importante che caratterizza il trust in favore del disabile è, certamente, il costo di istituzione e di gestione che sarà sicuramente più contenuto, soprattutto se lo si confronta con l’ulteriore possibilità di istituire un soggetto autonomo, ad esempio, come una fondazione fiduciaria nell’interesse del beneficiario.

Infine, i beni conferiti in trust sono individuati e non riguardano necessariamente tutto il patrimonio del disponente: ciò consente di mantenere eventualmente nella sua personale disponibilità altri beni che gli garantiscano una autonoma gestione della sua vita quotidiana. Non è da escludere la convivenza con altri strumenti già previsti dallo strumentario codicistico, per esempio la possibilità per il disponente di conferire la nuda proprietà di un bene, riservandosene l’usufrutto.

Tuttavia, possono collegarsi alla costituzione di un trust in funzione di tutela dei soggetti deboli anche situazioni svantaggiose [8].

Innanzitutto, bisogna tener conto dell’art. 15 della Convenzione de L’Aja che espressamente stabilisce l’inderogabilità delle normative in materia di protezione di minori e degli incapaci; gli elementi, pertanto, che determinano un disfavore sono, in primo luogo, la perdita del diritto da parte del disponente, non compensata da un immediato e corrispondente arricchimento del beneficiario.

L’aspetto pratico che risalta di più, per chi voglia procedere all’istituzione di un trust in favore di un proprio congiunto, è la perdita della titolarità del diritto del disponente che, nell’immediato, viene attribuito non al soggetto beneficiario ma ad un "terzo" (il trustee) amministratore. Per quanto riguarda le norme dettate dal codice civile la possibilità di attribuire beni per il periodo successivo alla morte si realizza attraverso il testamento. Anche se si tratta di un atto revocabile usque ad supremum vitae exitum (art. 587 cod. civ.) l’attribuzione della titolarità dei beni agli eredi è immediata, cosa che invece non avviene nel trust in quanto il disponente esce subito di scena dopo l’istituzione del trust e la titolarità dei beni spetta al trustee.

Tuttavia è necessario considerare che il trustee è scelto in base ad un rapporto fiduciario tra persone nelle quali il disponente può riporre non solo la massima fiducia, ma che fornisce garanzia di essere al riparo da possibili azioni esecutive di creditori. Può essere scelto come trustee lo stesso disponente o un congiunto stretto. Inoltre, i disponenti possono riservarsi la possibilità di poter nominare dei guardiani, i quali hanno diritto di veto sull’operato del trustee o di sua sostituzione. I trustee possono essere nominati nel numero di due o più, con necessità di compiere congiuntamente tutti gli atti di straordinaria amministrazione, per garantire - insieme a quello del guardiano - anche un reciproco controllo e una maggiore ponderazione delle scelte. Ancora, nell’atto istitutivo può prevedersi che, previa autorizzazione del giudice tutelare del competente Tribunale, il beneficiario abbia facoltà di porre anticipatamente fine al trust, per ottenere eventualmente e direttamente i beni; si tratta di principio da tempo affermato nella legge inglese , che ha rilevanza anche, dal punto di vista dei diritti successori.

In secondo luogo, un altro elemento che desta problemi per la costituzione di un trust per i soggetti deboli è la tutela della legittima[9].

Uno dei problemi più discussi è sicuramente quello della quota indisponibile, in quanto nell’oggetto del trasferimento al trustee o lo stesso oggetto del trasferimento, può consistere nei beni che fanno parte della legittima.

Qui si pone un problema di protezione sia dei soggetti diversi dal soggetto debole, che abbiano diritto a succedere al disponente, sia di tutela della sfera giuridica dello stesso beneficiario disabile, eventualmente leso dal trasferimento al trustee dei beni amministrati in suo favore e dei quali durante il trust percepisca le utilità.

È evidente che si tratta di problemi che l’istituzione di un trust pone ogni qual volta si crea e che si consiglia di prevenire con una attenta formulazione dell’atto istitutivo; tuttavia, essi, assumono una connotazione particolare nel caso di trust in favore di soggetti deboli.

Per quanto riguarda il problema della tutela del soggetto diverso da quello debole si conviene che la destinazione di somme, ad esempio, da parte dei genitori disponenti al figlio disabile potrebbe essere considerata non come donazione - soggetta a riduzione - animata da spirito di liberalità, ma quale adempimento dell’obbligo di mantenimento e di assistenza. Nei confronti dei fratelli eventualmente lesi da queste attribuzioni potrebbe, altresì, profilarsi un’anticipazione dell’obbligo di prestazione degli alimenti ai quali questi sarebbero tenuti alla morte dei genitori. La devoluzione dei beni al trust comporterebbe non un ostacolo definitivo all’attribuzione di beni a questi soggetti, ma solo un differimento nel tempo, in quanto questi ultimi potrebbero essere contemplati nell’atto istitutivo quali beneficiari finali.

Quanto alla posizione del beneficiario-disabile, egli è titolare del diritto alla percezione delle utilità e delle rendite derivanti dai beni gestiti dal trustee. Per quanto concerne i possibili profili di lesione della legittima a lui spettante, anche egli può vantare il diritto di conseguire materialmente la titolarità dei beni corrispondenti alla quota a lui attribuita tenendo presente che l’art. 549 cod. civ. stabilisce il divieto di imporre pesi o condizioni sulla quota legittima. Quindi, anche il beneficiario-disabile può esercitare l’azione di riduzione.

Al beneficiario che si riconoscere la facoltà di esercitare l’azione di riduzione, si aggiunge la possibilità di considerare il disposto dell’art. 551 cod. civ.. In base a tale articolo il beneficiario-disabile potrebbe, considerando il trust in suo favore come legato in sostituzione di legittima, scegliere di conseguire le rendite, così perdendo il diritto a chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del suddetto legato sia inferiore alla legittima e rinunciando in sostanza all’acquisto della qualità di erede e all’esercizio dell’azione di riduzione.

Si è detto, inoltre, che nell’atto istitutivo può prevedersi la facoltà per il beneficiario (del reddito, non anche i beneficiari finali), previa autorizzazione del giudice tutelare del competente tribunale, di porre anticipatamente fine al trust, per ottenere eventualmente e direttamente i beni.

In linea di principio, i diritti dei legittimari non possono essere lesi con la costituzione dei trust. Se questo è un dato di partenza di solare evidenza si conclude che il trust è utilizzabile ai fini successori solo per la parte residua del patrimonio ovvero per la “disponibile”[10]. Il trust successorio lesivo della legittima non è nullo ma inefficace nei limiti delle disposizioni pregiudizievoli e nei confronti del legittimario pretermesso una volta esperita l’azione di riduzione.

In ultimo, the least but not the last, sorge il problema delle autorizzazioni.

Quando ci si sofferma sullo studio di tale problema, si fa riferimento al compimento di atti di straordinaria amministrazione nell’ambito della gestione di un trust avente come beneficiario un minore o un incapace: è necessario per il trustee richiedere sempre le autorizzazioni prescritte dagli artt. 320 c.c., 374 c.c. e 747 c.p.c.?

In teoria, ove la soluzione del trust sia stata l’unica scelta per provvedere a tutelare soggetti deboli, le regole sulla protezione degli incapaci previste dal nostro ordinamento non verranno in considerazione. Tuttavia, si discute sull’applicazione analogica, in relazione all’identità di ratio, dei diversi provvedimenti; soprattutto, dovrà riflettersi se le norme imperative in materia di protezione degli incapaci, cui fa riferimento la norma convenzionale (art. 15 Conv.), siano da identificarsi con quelle relative al regime autorizzatorio.

Il punto centrale, oggetto della riflessione è se, considerato il generale riconoscimento della necessità del rispetto del regime autorizzatorio, l’autorizzazione di volta in volta possa essere evitata con una precisa scelta del disponente nell’atto istitutivo. Sulla base del combinato disposto degli artt.169  e 356  cod. civ., in materia di fondo patrimoniale e donazione o disposizione testamentaria a favore di minore, si prevede nella sostanza di effettuare una liberalità in favore di un incapace "disponendo altrimenti" rispetto alle autorizzazioni previste dagli artt. 374 e 375 cod. civ.

Se il parametro di riferimento per valutare la natura precettiva ed inderogabile della complessa disciplina in materia di tutela è, appunto, la protezione degli incapaci, dovrà considerarsi valida la possibilità del disponente di poter definire nell’atto istitutivo i poteri del trustee con riferimento ad atti particolarmente incidenti sul patrimonio destinato al beneficiario, quali quelli di straordinaria amministrazione, senza, invece, dover appesantire la gestione ordinaria. In effetti, l’amministrazione del trustee, sebbene legittimata da una titolarità piena, non può essere, per sua stessa natura, che vincolata.

Accedendo all’idea che non è necessario di volta in volta un controllo giudiziario ex art 374-375 c.c., potrebbe, tuttavia, considerarsi necessario per il disponente introdurre un quarto soggetto: il guardiano, che come sappiamo ha il compito di vigilare sulla corretta esecuzione da parte del trustee della volontà del disponente, ovvero, della realizzazione del deed of trust, e di essere sempre interpellato dal trustee prima del compimento di determinati atti.

Ovviamente sussistono differenze tra l’autorizzazione giudiziaria e il semplice consenso preventivo del guardiano.

Il consenso del guardiano si può iscrivere entro i confini dell’art. 1379 cod. civ., che regola un divieto di alienazione di natura convenzionale (applicabile all’atto istitutivo di trust ex art. 1324 cod. civ.) e, dunque, obbligatoria, con la conseguenza che la mancata concessione del consenso del guardiano ed il compimento dell’atto da parte del trustee in assenza della suddetta autorizzazione legittimerà il beneficiario ad agire contro il trustee solo in via risarcitoria. L’atto del trustee compiuto senza le necessarie autorizzazioni giudiziali sarà, invece, annullabile, su istanza del beneficiario, ex art. 322 cod. civ.

Va da sé che nel trust per la tutela dei soggetti deboli, la prospettiva del trustee è sempre quella della centralità della persona umana e delle sue aspirazioni. Egli dovrà rispondere ad un’impellenza di protezione, che va ben oltre il patrimonio e gli interessi economici del soggetto debole, ma dovrà, piuttosto, avere riguardo alla dimensione affettiva, emotiva e sociale di quest’ultimo.

Nella designazione del trustee assumono, pertanto, rilevanza le relazioni parentali, ma anche il vicinato, quali conoscenze e frequentazioni che il beneficiario ha coltivato nel tempo, relazioni fondate normalmente su un tessuto di solidarietà, affetto, ascolto e pazienza. Ciò che nel trust per i soggetti deboli viene messo in luce in modo incalzante, è il contatto sociale che percepisce il disponente, quale strumento per la misura della professionalità, dell’affidabilità e della moralità del trustee che, una volta deceduto il disponente stesso, usualmente genitore o parente del soggetto da assistere, si occuperà del soggetto non autonomo e delle sue esigenze particolari. Trustee può essere, anche, un organo collegiale formato da avvocato e medico di famiglia che hanno assistito il figlio privo di autonomia.

Le diverse misure di protezione create dal legislatore al fine di tutelare i soggetti deboli non riescono a piegarsi effettivamente a quelle che sono le esigenze di tali soggetti.

Alla luce della disciplina del 2004, l’interdizione e l’inabilitazione vengono oggi sostituite/affiancate dalla possibilità di un ricorso all’amministrazione di sostegno.

La riforma del 2004 crea la figura di un procuratore/vicario, il quale è chiamato, non a sostituire al 100% la persona con deficit di autonomia, ma bensì accompagnarla nel compimento di quegli atti che lui stesso non riesce a compiere, sia che si tratti di natura patrimoniale o non patrimoniale (pensiamo ad esempio ad una persona anziana affetta da una grave patologia tale non permettergli più di andare a prendere la pensione, la figlia potrebbe essere nominata amministratore di sostegno e soddisfare quest’ attività). Diversamente da quanto avviene nell’interdizione o inabilitazione che “ tolgono”, per definizione,  poteri e diritti, l’AdS, viceversa, “dà” poteri, permettendo al giudice, all’interno del decreto, di definire ciò che l’ amministratore deve o non deve fare[11]. Tuttavia quest’ istituto, seppur innovativo, non è decollato, anzi molte sono le pronunce giurisprudenziali dei giudici tutelari che autorizzano l’attivazione di un trust da parte di un amministratore di sostegno nell’interesse del beneficiario della procedura dell’AdS, un trust nel quale i beni sono vincolati per la tutela del soggetto debole. Si crea, così, un rapporto dinamico tra trust e amministrazione di sostegno, che permette la realizzazione di una protezione evolutiva dei Soggetti deboli, protezione che è pronta a piegare istituti, come ad esempio il trust, che forse fino a qualche anno erano pensati per realizzare altri tipi di operazioni[12].

L’ esigenza odierna è quella di provvedere all’ assistenza di persone con disabilità, ed in particolare sono i genitori che avvertono la maggiore necessità di provvedere per il “DOPO di NOI”. La domanda, che spesso assilla quest' ultimi in funzione di tutela della loro prole, è che ne sarà di mio figlio quando noi non ci saremo più? In questa dimensione si incardina la proposta di legge n. 352 dell’On. Ileana Argentin presentata alla Camera dei Deputati l’11/07/2013. Tale proposta di legge prende atto di questa situazione drammatica e pone al centro la tutela della famiglia (in Italia il sostegno familiare è pari al 68,2%), cercando di pre-organizzare la soluzione più adatta al caso di specie. Soluzioni che vanno dalla casa famiglia, al progressivo ingresso in comunità, all’assistenza nella propria abitazione o il Trust [13]!

Il trust è un negozio che si plasma, di volta in volta, in relazione alle diverse esigenze giuridiche, alle svariate situazioni sociali. La mozione dell’On. Argentin chiede al governo di “trovare risorse finanziarie ed approvare un sistema di protezione sociale e di cura per le persone con grave disabilità, nonché assumere iniziative per disciplinare, anche nel nostro ordinamento, per coloro che ne facciano richiesta, l’istituzione di Fondi di Sostegno “Trust”, offrendo, in tal senso, una struttura blindata esclusivamente diretta a garantire tutta l’assistenza necessaria e la migliore qualità della vita anche attraverso la tutela del patrimonio familiare che si vuole destinare per la costruzione del fondo”.

Attraverso tale ricostruzione, si comprende la grande versatilità del trust, la capacità di modellarsi su ogni tipo di situazione e soddisfare le esigenze più disparate, in quanto alla base della sua realizzazione c’è un programma da attuare. Il tutto ben "protetto" dall' effetto della segregazione patrimoniale che pone i beni in trust in una solida cassaforte giuridica[14], inattaccabile da qualsiasi tipo di azione creditoria del disponente e del trustee. Utilizzando un’espressione metaforica potremmo affermare che il trust riversa nel sartoriale, permette di confezionare in ogni circostanza un abito su misura, perfetto, per ogni occasione d’uso.

In conclusione, si può citare un’affermazione dell’On. Prof. Lupoi nella sua opera “Lettera ad un notaio conoscitore di trust”, che così conclude: “il tema è stato ampiamente e brillantemente dibattuto in dottrina, la quale si è cimentata in scritti tanto interessanti sotto il profilo tecnico, quanto divertenti da leggere per il pungente linguaggio utilizzato. Non ho né la competenza né l’ardire di entrare in un dibattito tanto alto, posso però notare che la giurisprudenza ormai pressoché uniforme e costante, ritiene tutt’altro che insuperabili le obiezioni superate da Gazzoni[15].

 

Note e riferimenti bibliografici

Altri articoli in tema di trust pubblicati su CamminoDiritto.it:

[1] F. Gazzoni, Il cammello, la cruna dell’ago e la trascrizione del trust, 02/05/2003.

[2] Vincenzo Bancone, Il trust, dalla Convenzione dell’ Aja al Draft Common Frame of Reference, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, Roma, p. 165.

[3] I problemi relativi al riconoscimento del trust sono collegati a tre norme giuridiche che sono alla base del nostro ordinamento giuridico:

  • Principio del numerus clausus dei diritti reali,
  • Principio di tassatività degli atti sottoposti a trascrizione,
  • Principio di responsabilità patrimoniale ex art.2740 c.c..

[4]A. Luminoso, Contratto fiduciario, Trust ed Atti di destinazione ex art 2645 ter del c.c., Riv. Notariato, fasc 5, 2008, p.993.

[5] Maurizio Lupoi, Istituzioni del diritto dei Trust e degli affidamenti fiduciari, Trento, CEDAM, 2011

[6] Salvatore Patti, Trust, quota di riserva e causa concreta, in Fam. Succ. Pers., 2011, fasc 7, p. 526.

[7] Amalia Chiara Di Landro, La protezione dei soggetti deboli tra misure di protezione, atti di destinazione e trust, in Trust e Attività Fiduciarie, fasc 5, 2009.

[8] Amalia Chiara Di Landro, La protezione dei soggetti deboli, op. cit.,  in Trust e Attività Fiduciarie, fasc 5, 2009.

[9] Amalia Chiara Di Landro, La protezione dei soggetti deboli, op. cit.,  in Trust e Attività Fiduciarie, fasc 5, 2009  Cfr Roberto Calvo, La tutela dei beneficiari nel Trust Interno, in Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.1, 1998, pag. 33.

[10] S. Leuzzi, I trust successori,op. cit., in Famiglia e Successioni, Giuffrè Editori, p.28.

[11] A. Santuari, “Trust e Amministrazione di sostegno” in Quaderni di Rivista al Notariato e Attività Fiduciarie, IPSOA, 2015.

[12] Trust e “Dopo di Noi”, Il trust in Italia- Associazione- , in Trusts ed attività Fiduciarie, IPSOA, 2013

[13] F. R. Lupoi, “ La proposta di legge sul “DOPO DI NOI” per le persone con grave disabilità, in Attività Fiduciarie, 2013, IPSOA. 

[14] Marco Salvatore, Introduzione all’ istituto del Trust,, Commissioni normative a tutela dei patrimoni, Milano, 2006.

[15] M. Lupoi, “ Lettera ad un notaio conoscitore di trust”, Riv. Notariato, 2001, I, 1159