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Pubbl. Mar, 1 Giu 2021

Il Consiglio di Stato sul prospective overruling e sui criteri di modulazione degli effetti demolitori delle decisioni di annullamento

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Bellomo Giovanna



Con un recente parere (24 giugno 2020, n. 1233), il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste in vista di una maggiore tutela degli interessi coinvolti e, pertanto, ha disposto che gli effetti dell´annnullamento del piano impugnato valessero dopo 180 giorni. Entro tale termine, le Autorità competenti hanno l´obbligo di attuare gli interventi idonei a mettere in sicurezza l´area paesaggistica interessata.


ENG In a recent opinion (24th June 2020, n. 1233), the Council of State decided to share the appeal proposed by environmental associations, thus it adopted an annulling judgment, clarifying that this decision takes effect after 180 days. Within this period, appropriate authorities have to implement a new zoning plan.

Sommario: 1. Premessa; 2. Il prospective overruling; 3. La modulazione temporale degli effetti delle sentenze di annullamento; 3.1. I rilievi critici;  4. Conclusioni.

1. Premessa

Nel nostro ordinamento la giurisprudenza, a differenza di quanto avviene in altri ordinamenti, non è fonte del diritto.  In particolare negli ordinamenti di Common Law il termine “overruling” indica l'abrogazione di un'interpretazione precedentemente accolta da una corte giudiziaria superiore rispetto a quella che ha pronunciato la decisione, ovvero dalla stessa corte in merito ad una sua anteriore sentenza [1].  Tuttavia il riconoscimento del principio di uguaglianza sostanziale, cristallizzato nell’art. 3 Cost., rispecchia l’esigenza di assicurare parità di trattamento ai cittadini che si trovino in situazioni eguali e, pertanto, la realizzazione di tale principio richiede l’esistenza di un diritto connotato da un sufficiente grado di stabilità, sicché l’evoluzione dell’intero sistema ha determinato, anche nei paesi di Civil Law, la necessità di salvaguardare la funzione nomofilattica.

2. Il prospective overruling

Ciò premesso, in alcuni casi l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, proprio per assicurare il rispetto della certezza del rapporto e, più precisamente, per garantire una tutela piena ed effettiva alle situazioni giuridiche soggettive dedotte in giudizio, ha ammesso la possibilità di derogare all’efficacia retroattiva delle pronunce interpretative. In altre parole tale possibilità, che di fatto recepisce l’istituto del c.d. prospective overulling di matrice nordamericana,  consente di adottare una sentenza interpretativa priva di efficacia retroattiva e dunque valida soltanto per il futuro.

Tuttavia, con riferimento ai limiti di applicabilità di tale istituto, la giurisprudenza  di legittimità ha da sempre ribadito che l’ammissibilità di interventi nomofilattici con efficacia ex nunc  deve essere subordinata alla concomitante presenza di tre presupposti. In particolare la nuova interpretazione deve: 1) riguardare norme processuali; 2) essere imprevedibile, diversa e successiva rispetto ad un’altra interpretazione consolidata nel tempo, “in modo da indurre la parte ad un ragionevole affidamenti sulla perdurante validità dell’indirizzo anteriore[2]; 3) impedire che possa essere esercitato un diritto di azione o di difesa.

L’ambito di operatività dell’overruling, così ricostruito dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ha trovato ampio riscontro anche nella giurisprudenza amministrativa [3].

A riguardo, giova richiamare che, nella citata sentenza n. 13 del 2017, l’Adunanza Plenaria è giunta ad estendere la portata dell’istituto de quo anche alle norme non processuali.  Più specificatamente, nella sentenza indicata, la Plenaria ha ammesso che la regola del prospective overrulling  potesse applicarsi anche ad una decadenza procedimentale dell’Amministrazione (decadenza delle misure cautelari di salvaguardia). E invero, “l’identità con la ratio sottesa alla decadenza processuale e l’inderogabile necessità di tutelare un valore costituzionale, qual è il paesaggio, inducono a ritenere che le Soprintendenze possano legittimamente concludere nel termine di legge di 180 gg. (decorrente dalla pubblicazione della sentenza della Plenaria) i procedimenti di vincolo avviati prima dei correttivi al codice dei beni culturali e mai conclusi, con salvezza delle misure di salvaguardia[4].

Pertanto, con la sentenza poc’anzi indicata, l’Adunanza Plenaria, contrariamente alla giurisprudenza sino ad allora consolidata, ha ritenuto che nel caso di specie vi fossero tutti i presupposti per modificare la portata temporale della pronuncia, sicché ha concluso rinviando l’applicabilità dell’interpretazione ritenuta conforme a diritto a partire dal centottantesimo giorno dalla pubblicazione della decisione.

3. La modulazione temporale degli effetti delle sentenze di annullamento

Ciò chiarito, è opportuno soffermarsi sulla possibilità di modulare gli effetti demolitori delle sentenze di annullamento. Tale tecnica, riconosciuta per la prima volta dal Consiglio di Stato con la sentenza 10 maggio 2011, n. 2755, consente di graduare e calibrare l’effetto caducatorio tipico dell’ annullamento.  Più specificatamente, con la pronuncia testé richiamata, la sezione VI, pur avendo rilevato che la regione Puglia non avesse svolto il necessario procedimento di valutazione ambientale strategica e pur constatando la conseguente illegittimità del relativo piano faunistico, ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni dei ricorrenti e ha pronunciato una sentenza di annullamento, specificando che essa avrebbe prodotto i suoi effetti solo con l’adozione di un nuovo piano. Nel frattempo il piano faunistico, benché illegittimo, avrebbe continuato ad applicarsi proprio per evitare che, nelle more dell’adozione di un nuovo provvedimento programmatorio sostitutivo, gli equilibri ambientali potessero restare privi di protezione, e, più in generale, per assicurare una tutela non solo formale all’interesse fatto valere con la domanda. Questa soluzione, come sottolineato nella pronuncia suddetta, non contrasta con il principio di effettività della tutela, il quale, anzi, imporrebbe “di emettere una sentenza che sia del tutto coerente con le istanze di tutela e di giustizia[5]

Giova sottolineare che, a livello nazionale, non è possibile rinvenire una disposizione che sancisca l’inevitabilità della retroattività degli effetti dell’annullamento di un atto in sede giurisdizionale, ma, al contrario, vi sono diverse disposizioni, quali per esempio gli artt. 121 e 122 cod. proc. amm., che permettono al giudice di esercitare un potere valutativo sulla determinazione dei concreti effetti della propria pronuncia.

Del pari, a livello internazionale, l’art. 264 TFUE, con riferimento ai poteri esercitabili dalla Corte di Giustizia dell'UE sulla legittimità degli atti delle istituzioni europee, in primo luogo stabilisce che, ove il ricorso sia fondato, l’atto impugnato viene dichiarato “nullo e non avvenuto”, e dispone altresì che la Corte di Giustizia, ove lo reputi necessario, può “precisare” gli effetti dell'atto annullato.

Alla luce di quanto finora illustrato, è possibile evidenziare la differenza tra gli istituti finora descritti, così come correttamente spiegato nel recente parere emesso dalla prima sezione del Consiglio di Stato [6].

In particolare, il parere in questione è stato espresso a seguito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, attraverso il quale l’Associazione Italia Nostra, l’Associazione WWF Provincia di Grosseto e la Lega Abolizione Caccia, sezione Toscana hanno impugnato la delibera n. 355 del 18.3.2019 e n. 456 del 1.4.2019, mediante le quali la Regione Toscana aveva approvato il “Piano Specifico di Prevenzione AIB” (Anti Incendio Boschivo) per il comprensorio territoriale delle pinete litoranee di Grosseto e Castiglione della Pescaia (la pineta c.d. del “Tombolo”), area sottoposta a tutela paesaggistica, nonché la delibera di giunta n. 564 del 23.4.2019 di approvazione del “Piano AIB 2019-2021[7].  Le associazioni ricorrenti, in generale, hanno contestato gli atti impugnati nella parte in cui prevedevano tagli per il 70% dei pini e l’80% del sottobosco e, più specificatamente, hanno constatato che per il piano oggetto di contestazione sarebbe stata acquisita la sola autorizzazione VINCA, ma non anche quella paesaggistica.

Ciò chiarito, il Consiglio di Stato, dopo aver delineato i presupposti applicativi di entrambi gli istituti idonei ad incidere sugli effetti di una pronuncia di annullamento, ne ha esplicitamente chiarito la differenza. Ed invero, la possibilità di modulare gli effetti di una sentenza di annullamento non incide sulla stabilità di precedenti giurisprudenziali consolidati, ma permette di individuare il momento a partire dal quale l’atto impugnato, dichiarato illegittimo, cesserà di essere efficace, così permettendo una maggiore ed effettiva tutela dell’interesse protetto dall’ordinamento.  Diversamente l’istituto del prospective overruling consente di derogare al principio della naturale retroattività, consentendo che l’effetto caducatorio della pronuncia avvenga ex nunc.

3.1. I rilievi critici

Tanto premesso, nel parere poc’anzi indicato, il Consiglio di Stato, dopo aver sinteticamente illustrato i rilievi critici mossi da una parte della dottrina [8] avverso la graduazione temporale degli effetti delle sentenze di annullamento, ha ritenuto di non doverli condividere.

Difatti, a fronte del rilievo secondo cui il contenuto tipico dell’azione di annullamento, consistente nell’eliminazione del provvedimento illegittimo dalla realtà giuridica, sarebbe violato dalle decisioni con cui il giudice dispone il mantenimento dell’efficacia dell’atto impugnato nelle more dell’ulteriore esercizio del potere, la prima sezione del Consiglio di Stato ha sostenuto il principio di atipicità delle azioni. Più specificatamente, il Consiglio di Stato ha preferito accogliere l’idea secondo la quale, nell’attuale struttura del processo amministrativo, la tutela della situazione giuridica sostanziale “esige la costruzione di un apparato rimediale idoneo ad assicurare a quest’ultima una protezione adeguata alla sua intrinseca natura[9]. In particolare l’esperibilità di un sistema atipico di azioni “garantisce la soddisfazione di interessi giuridicamente rilevanti mediante strumenti processuali non necessariamente coincidenti con quelli espressamente previsti dalla legge” , sicché, dopo aver delineato il quadro dei mezzi di tutela esperibili nell’attuale sistema di giustizia amministrativa, è stato ulteriormente osservato come “l’atipicità dell’apparato rimediale possa presentare anche una declinazione di tipo contenutistico, nella misura in cui la decisione del giudice esprime una sintesi degli interessi in conflitto non astrattamente predeterminabile dal legislatore” [10].

In secondo luogo si è obiettato che i poteri di modulazione riconosciuti al giudice in sede di annullamento configurerebbero una violazione della riserva di legge prevista dall’art. 113, comma 3 Cost., nella parte in cui affida alla legge il compito di individuare le ipotesi e gli organi competenti ad annullare gli atti della pubblica amministrazione [11]. A fronte di tale contestazione, con il parere in commento, il Consiglio di Stato ha innanzitutto affermato che nessuna norma di diritto sostanziale o processuale espressamente preclude la possibilità di derogare alla portata retroattiva delle pronunce di annullamento; inoltre, al fine di valorizzare l’effetto conformativo delle sentenze pronunciabili,  il combinato disposto dell’art. 30, comma 1 e dell’art. 34, comma 1, lett. c), primo periodo del codice del processo amministrativo consente la proposizione di domande atipiche di condanna, le quali, assieme ad altra azione, possono obbligare l’Amministrazione “all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”.

Una terza censura è stata sollevata in relazione alla pretesa violazione del carattere dispositivo del processo amministrativo, nel senso che il potere del giudice di modulare la richiesta in modo difforme rispetto alla domanda originariamente annullatoria violerebbe il  principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c.  In altre parole non vi sarebbe identità di petitum perché alla richiesta di annullamento seguirebbe una sentenza che accerta l’illegittimità dell’atto impugnato. Anche questo rilievo critico è stato largamente superato dalla giurisprudenza amministrativa, la quale, nel parere in esame non ha mancato di osservare che l’azione di annullamento presuppone che venga accertata l’illegittimità del provvedimento impugnato, sicché la sentenza con cui il giudice ammette provvisoriamente l’efficacia dell’atto o ne esclude la retroattività non può ritenersi in contrasto con il principio sopra menzionato.

4. Conclusioni

Dopo aver illustrato le ragioni sottese all’intervento richiesto, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso diretto all’annullamento giurisdizionale del piano specifico anti incendi boschivi, precisando che nel caso di specie, per offrire una migliore tutela degli interessi fatti valere in giudizio, appare più opportuno “modulare” gli effetti dell’annullamento. Difatti, attesa la posizione giuridica che i ricorrenti hanno voluto proteggere, l’annullamento del piano specifico AIB avrebbe potuto determinare indirettamente un effetto di paralisi dell’azione amministrativa, nella misura in cui avrebbe impedito di realizzare interventi urgenti, necessari a neutralizzare il rischio di incendi boschivi, così conducendo ad un risultato paradossale: l’accoglimento del ricorso proposto dalle associazioni ambientaliste finalizzato ad offrire una maggiore protezione del paesaggio avrebbe potuto (con)causare la distruzione definitiva proprio di quei paesaggi che i ricorrenti aspiravano a tutelare.

Alla luce di tali considerazioni, la prima sezione del Consiglio di Stato, nell’accogliere il ricorso presentato, ha disposto che l’annullamento degli atti dichiarati illegittimi decorra solo dall’approvazione del nuovo piano antincendi da disporsi entro 180 giorni dalla comunicazione del decreto che decide il ricorso e “per garantire la piena tutela degli interessi fatti valere con ricorso e degli interessi pubblici coinvolti, dunque, il piano qui annullato rimane in vigore durante il predetto periodo di 180 giorni. Resta chiaro che le Autorità competenti, in tale lasso temporale, hanno l’obbligo di adottare tutte le misure e le azioni, eventualmente anche in attuazione parziale del piano qui annullato, per mettere in sicurezza il sito nonché per fronteggiare gli interventi improcrastinabili e indifferibili relativi ad aree - soprattutto vicine ad insediamenti antropici - che presentano rischi elevati secondo la prudente e responsabile valutazione delle amministrazioni che certamente non compete a questo Decidente. Decorso il predetto termine, il piano oggetto del ricorso rimane definitivamente annullato”[12].


Note e riferimenti bibliografici

[1] M. CONDORELLI e L. PRESACCO, Overruling e prevedibilità della decisione in Questione Giustizia, 2018, 4; https://www.questionegiustizia.it.

[2] Cassazione S.U., sentenza 11 luglio 2011, n. 15144.

[3] cfr. Consiglio di Stato, sezione III, ordinanza 7 novembre 2917, n. 5138; Consiglio di Stato Ad. plen., sentenza  2 novembre 2015, n. 9. 

[4] In tal senso, Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 3 dicembre 2018, n. 6858.

[5] In termini, Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 10 maggio 2011, n. 2755.  Nel caso di specie il consiglio della Regione Puglia aveva approvato un piano faunistico venatorio per gli anni 2009-2014, successivamente considerato illegittimo perché non aveva tenuto in considerazione le disposizioni contenute nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sulla valutazione ambientale strategica. Il giudice, nel pronunciare l’annullamento, per evitare che la zona restasse priva di un piano faunistico, ha previsto che gli effetti di annullamento non fossero retroattivi, giacché il piano faunistico, benché illegittimo, avrebbe potuto continuare ad applicarsi fino a che la pubblica amministrazione, conformemente a quanto previsto in sentenza, non avesse adottato un nuovo piano faunistico.

[6] Consiglio di Stato, sezione I, parere giugno 2020, n. 1233.

[7] V. CIOCIOLA, L'annullamento con effetti ex tunc dell'atto impugnato quale principio derogabile. Il piano antincendio della Regione Toscana, in Il diritto amministrativo, 2021, 5.

[8] In primis, A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, 927; F.G. SCOCA, Attualità dell’interesse legittimo?, in Dir. proc. amm., 2011, 2, 379.

[9] Consiglio di Stato, sezione I, 24 giugno 2020, n. 1233  afferma che: “la considerazione del moderno schema dei rapporti di diritto pubblico, nel quale il bene della vita inciso dall’esercizio del potere diviene l’elemento costitutivo di una situazione giuridica soggettiva sostanziale, esige la costruzione di un apparato rimediale idoneo ad assicurare a quest’ultima una protezione adeguata alla sua intrinseca natura”.

[10] Consiglio di Stato, sezione I, parere 24 giugno 2020, n. 1233 in cui si afferma che: “l’atipicità dell’apparato rimediale possa presentare anche una declinazione di tipo contenutistico, nella misura in cui la decisione del giudice esprime una sintesi degli interessi in conflitto non astrattamente predeterminabile dal legislatore. Ed in specie, l’estensione dell’oggetto della cognizione al rapporto giuridico controverso, al di là dei confini imposti dal mero scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, può giustificare il riconoscimento di poteri valutativi in ordine alla perduranza degli effetti dell’atto illegittimo, nell’ottica del bilanciamento fra le esigenze di tutela fatte valere dalla parte ricorrente ed i controinteressi generali e particolari rilevanti nel caso concreto”.

[11]A. TRAVI, Accoglimento dell’impugnazione di un provvedimento e “non annullamento” dell’atto illegittimo, in Urbanistica e appalti, fasc. 8/2011, 937.

[12] Consiglio di Stato, sezione I, 24 giugno 2020, n. 1233.