Pubbl. Gio, 13 Mag 2021
Per le Sezioni Unite è ammissibile la trascrizione dell’atto di nascita del figlio adottivo di coppia omosessuale
Modifica paginaLe Sezioni Unite, nella pronuncia n. 9006/2021, statuiscono con fermezza che l´omosessualità degli adottanti costituisce un mero dato di fatto assolutamente ininfluente in sede di valutazione di compatibilità dello status genitoriale, acquisito dalla coppia per effetto del provvedimento estero di adozione piena e legittimante, con i principi dell´ordine pubblico internazionale essendo quest´ultimi volti all´attuazione del preminente interesse del minore a stabilizzarsi nel contesto familiare che meglio garantisca il suo equilibrato ed armonico sviluppo psico-fisico.
Sommario: 1. Le vicende processuali prodromiche alla rimessione della questione alle Sezioni Unite; 2. L’ordine pubblico internazionale quale promotore dell’interesse del minore; 3. Le valutazioni estere di adottabilità del minore nel giudizio di compatibilità con l’ordine pubblico internazionale.
1. Le vicende processuali prodromiche alla rimessione della questione alle Sezioni Unite
Il commento della sentenza n. 9006/2021, pronunciata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, parte dall'esposizione delle vicende fattuali.
Ed invero, nel 2009 negli Stati Uniti d’America i genitori biologici di un minore prestavano il loro consenso all’adozione del di loro figlio ad una coppia, composta da un cittadino americano ed un cittadino italiano naturalizzato statunitense.
Nello stesso anno, la Surrogate's Court dello Stato di New York con apposito provvedimento giurisdizionale conferiva alla coppia omoaffettiva lo status di genitori adottivi adducendo, a fondamento dello stesso, non solo il consenso preventivamente reso dai genitori biologici del minore ma anche l’esito positivo dell’indagine attitudinale effettuata sugli adottanti dalla competente Agenzia Pubblica.
Al rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile italiano, detta coppia impugnava l’atto di diniego innanzi alla Corte d’Appello di Milano, richiedendo il riconoscimento del provvedimento estero di adozione piena e legittimante del figlio minore.
La Corte territoriale accoglieva in toto i motivi adotti dai ricorrenti e le motivazione del giudice statunitense, riconoscendo così la piena validità ed efficacia al provvedimento estero nell’ordinamento giuridico italiano e, di conseguenza, l’attribuzione dello status di genitori adottivi del minore alla coppia omosessuale, in quanto tale effetto perfettamente conforme ai principi dell’ordine pubblico internazionale.
Al contempo, il sindaco del comune presso cui era stata presentata la richiesta di trascrizione, in qualità di Ufficiale di Governo, proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione ove la Sezione Civile, previa valutazione di non manifesta inammissibilità di detto ricorso, rimetteva la questione alle Sezioni Unite atteso la particolare rilevanza socio giuridica.
Dall’ordinanza interlocutoria n. 29071/2019, si evince la sottoposizione all’attenzione delle Sezioni Unite di due questioni di massima importanza che nel presente elaborato saranno oggetto di differente e precisa trattazione.
La prima concerne il contenuto del limite dell’ordine pubblico internazionale, in sede di riconoscimento di un provvedimento estero di adozione piena e legittimante di un minore a favore di una coppia omosessuale.
In altri termini, tale prima questione attiene all’inclusione, o meno, nel cono di luce dell’ordine pubblico internazionale, del divieto di accesso per le coppie omosessuali all’adozione legittimante previsto dall’art. 6 L.184/1983, che consente tale forma di adozione solo alla coppia coniugata, nonché dall’art.1 comma 20 L. 76/2016, che pur introducendo le unioni civili tra persone dello stesso sesso ne esclude l’equiparazione dello status coniugale che ne deriva a quello necessario per l’accesso all’istituto dell’adozione legittimante, oltre all’orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale alle coppie omoaffetive di sesso maschile, che siano ricorsi alla gestazione per altri, è destinabile solo la genitorialità sociale e non un’adozione legittimante [1].
La seconda questione riguarda, invece, la rilevanza probatoria delle valutazioni di adottabilità, compiute dagli organi competenti stranieri e posti dal giudice statunitense alla base dell’emanazione del provvedimento giurisdizionale, nel giudizio italiano di compatibilità con l’ordine pubblico internazionale.
2. L’ordine pubblico internazionale quale promotore dell’interesse del minore
Per meglio comprendere l'iter logico giuridico compiuto dalle Sezioni Unite al fine di delimitare l'ambito di operatività dell’ordine pubblico internazionale, si ritiene opportuna una previa disamina dell’elemento dell’ordine pubblico.
Il concetto di ordine pubblico internazionale nasce nel diritto internazionale privato ed assume la funzione di limite, successivo e negativo, all’operatività della normativa straniera richiamata per effetto dell’applicazione della L.218/1995.
Tale meccanismo opera successivamente in quanto presuppone il normale funzionamento delle norme di conflitto e negativamente perchè, solo in un secondo momento, nega l'efficacia alla normativa straniera richiamata quando la stessa risulti in contrasto con l'ordinamento giuridico interno.
Il modus operandi dell'ordine pubblico internazionale si pone in netta contrapposizione rispetto al funzionamento del limite delle norme ad applicazione necessaria che, invece, operano in via preventiva con accezione positiva, o meglio, finalistica.
Si qualificano, infatti, quale limite preventivo e positivo in quanto bloccano, in via preliminare, il funzionamento della norma richiamata sostituendosi, integralmente, alla stessa al fine di attuare lo scopo e l'oggetto della singola norma, come espressamente sancito nell'art. 17 della L.281/1995.
A differenza dell’art. 16 comma 1, del medesimo testo normativo, il quale statuisce che “la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico” nonché dell’art. 65 il quale prevede che i provvedimenti stranieri hanno effetto in Italia “purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa”.
In altri termini, come espressamente affermato dalle Sezioni Unite[2] nel 2014, l’ordine pubblico internazionale opera come un meccanismo di protezione di interessi essenziali dello Stato ed è posto a “presidio della sovranità dello Stato quale principio supremo dell’ordinamento costituzionale”, finalizzato ad impedire l’ingresso nell’ordimento interno di valori giuridici stranieri che possano porsi in netta contrapposizione con lo stesso.
Orbene, appurato che l’ordine pubblico internazionale opera come una barriera di protezione degli interessi essenziali dello Stato, non si può ignorare come tale funzione assuma di volta in volta un significato differente dovendosi adeguare alla trasformazione dei valori e principi di cui è portavoce.
Dall’operatività dell’ordine pubblico internazionale, infatti, sono state ricavate le sue due caratteristiche essenziali: relatività ed indeterminatezza.
Relatività quale diretta conseguenza dell’intrinseca mutabilità dello spazio e del tempo ed indeterminatezza quale impossibilità di determinazione, certa e definitiva, del suo contenuto.
La giurisprudenza di legittimità, conscia di tali caratteri intrinseci, si è sempre esentata dall’offrire una definizione chiara ed univoca del concetto di ordine pubblico internazionale lasciando invece spazio a formule ampie e generiche.
In diverse pronunce, si legge che “il concetto di ordine pubblico internazionale deve ricomprendere il complesso dei principi, ivi compresi quelli desumibili dalla Costituzione, che formano il cardine della struttura economico sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico, conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia, nonché quelle regole inderogabili e fondamentali immanenti ai più importanti istituti giuridici nazionali”[3].
Inoltre, particolare attenzione si deve prestare al funzionamento del limite dell’ordine pubblico internazionale in sede di riconoscimento degli effetti giuridici derivanti da un provvedimento giurisdizionale straniero.
Infatti, la dottrina ha coniato il concetto di “funzionamento attenuato” per qualificare l’operatività dell’ordine pubblico internazionale con riferimento a provvedimenti e sentenze straniere distinguendolo dal “funzionamento stringente” relegato alle leggi straniere.
Secondo tale teoria, l’ordine pubblico opererebbe in maniera più elastica quando il giudice è chiamato ad accertare, semplicemente, gli effetti che il provvedimento straniero è destinato a produrre.
Sussisterebbe, quindi, una netta e sostanziale differenza tra il recepire l’effetto giuridico già espletato rispetto ad attuarlo in modo primario[4].
La ratio del funzionamento attenuato risiederebbe nella tutela dei diritti quesiti al fine di evitare che la procedura internazionalistica possa travolgere, ed azzerare, situazioni giuridiche soggettive nate e consolidate nell’ordimento giuridico originario.
Orbene, la pronuncia in commento, seppure implicitamente, pone quale punto di partenza proprio il concetto di funzionamento attenuato in quanto la disamina della quaestio viene incentrata sugli effetti che il provvedimento giurisdizionale estero, di cui si chiede il riconoscimento, è destinato a produrre nel nostro ordinamento.
In altri termini, la valutazione del giudice italiano ha ad oggetto gli effetti che l’atto straniero è destinato a produrre e non la conformità della legge estera, giustificatrice dell’emanazione dello stesso atto, al nostro sistema giuridico.
Le Sezioni Unite, accogliendo l’orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, ribadiscono che “il controllo giurisdizionale è incentrato sugli effetti dell’atto” aggiungendo inoltre che “in tema di riconoscimento di atti esteri incidenti su rapporti familiari […] deve escludersi il sindacato sulla correttezza giuridica della soluzione adottata […] non essendo consentito un controllo di tipo contenutistico sul provvedimento di cui si chiede il riconoscimento”[5].
Quindi, l’oggetto del sindacato giurisdizionale verte sulla compatibilità dello status genitoriale, di natura intrinsecamente adottiva, acquisito da una coppia omogenitoriale maschile, con i principi che attualmente colorano l’ordine pubblico internazionale.
In questo preciso frangente la Suprema Corte, ribadendo principi già espressi[6], disegna nuovamente un concetto di ordine pubblico internazionale aperto e universalistico all’interno del quale coesiste non sono la natura di limite, al riconoscimento dei provvedimenti stranieri e all’applicazione di legge straniera, ma anche una natura promozionale volta alla garanzia ed alla tutela dei diritti fondamentali della persona.
Infatti, nella questione oggetto di disamina, si scagliano e si affermano con vitalità i principi fondamentali dell’autodeterminazione e delle scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori, a norma dell’art. 2 Cost. e dell’art. 8 CEDU, nonché il principio del preminente interesse del minore, fossilizzato nella riforma sulla filiazione, oltre al principio di non discriminazione rivolto ad evitare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale del minore, con riferimento al diritto all’identità ed al diritto di crescere nel contesto familiare che meglio garantisca uno sviluppo psico-fisico e relazionale equilibrato.
Tali principi costituiscono le fondamenta dei nuovi modelli genitoriali, svincolati dell’eterosessualità della coppia e precipuamente funzionali alla continuità e stabilità affettiva del minore.
La valutazione di compatibilità, pertanto, svolgendosi all’interno di questi principi direttivi, conduce ad affermare chiaramente che gli effetti derivanti dal riconoscimento del provvedimento estero di adozione consensuale non contrastano con i principi dell’ordine pubblico internazionale “non incidendo l’orientamento sessuale sull’idoneità dell’individuo all’assunzione della responsabilità genitoriale”.
Le Sezioni Unite hanno cura di precisare che la differenza di genere, per le coppie omosessuali di sesso maschile, si eleva a limite solo se il progetto genitoriale si fonda sul ricorso alla gestazione per altri in quanto sussiste il preminente principio della “dignità umana della gestante” oltre alla “legittima finalità di disincentivare il ricorso ad una pratica che l’ordinamento giuridico italiano considera illegittima e passibile di sanzione penale”[7].
Pertanto, ove manchi tale condizione negativa, non può che affermarsi l’inifluenza dell’orientamento sessuale degli adottanti e l’esclusione dell’eterosessualità degli stessi dal nucleo dei principi e valori caratterizzanti l’ordine pubblico internazionale.
In altri termini, come precedentemente statuito dalla Corte Costituzionale[8], l’orientamento omosessuale delle coppie non rappresenta alcun ostacolo o impedimento alla piena valutazione del preminente interesse del minore in quanto assoluta e precipua importanza assume il consenso all’assunzione consapevole della responsabilità genitoriale nonché il bilanciamento tra l’interesse del minore a stabilizzarsi nel nucleo familiare acquisito o di derivazione biologica.
Quindi, unico limite al riconoscimento di un provvedimento estero di adozione piena e legittimante da parte di una coppia omossessuale maschile è, solo ed esclusivamente, il ricorso alla gestione per altri, di talché l’orientamento sessuale degli adottanti costituisce un mero dato di fatto ininfluente in sede di valutazione di compatibilità con i principi dell’ordine pubblico internazionale.
Le suesposte argomentazioni vengono racchiuse nel prezioso principio di diritto, espresso nella pronuncia in commento, a norma del quale “non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”.
3. Le valutazioni estere di adottabilità del minore nel giudizio di compatibilità con l’ordine pubblico internazionale
La Sezione Civile sottopone alle Sezioni Unite un ulteriore questione incentrata sull’importanza, o meno, della valutazione estera di adottabilità in sede di compatibilità con l’ordine pubblico internazionale.
Preliminarmente, si rammenti che il provvedimento estero di adozione è stato emanato sulla scorta non solo del mero consenso prestato dai genitori biologici, bensì sull’esito positivo di un’indagine attitudinale condotta, dalle competenti autorità estere, sulla coppia adottante.
Ed invero, nella pronuncia in commento, si legge esplicitamente che “l’adoption order è un provvedimento giurisdizionale emesso dalla Surrogate Court dello Stato di New York che attribuisce alla parte ricorrente ed all’interveniente lo status di genitore adottivo del minore dopo avere preventivamente acquisito il consenso del birth father e della birth mother e dopo aver valutato l’idoneità della coppia adottante al fine di verificare la conformità del provvediemento da assumere al best interest of the child”.
Inoltre, nel provvedimento si da atto che “un investigation have been ordered and made and the written report of such investigation having been filed with the Court, as required by the Domestic Law”.
Di talchè, le Sezioni Unite avanzano nella trattazione della questione esponendo un importante, e lungimirante, concetto alla stregua del quale le condizioni di adottabilità poste alla base del provvedimento estero potrebbero essere, in astratto, comparabili ai principi dell’ordine pubblico internazionale a determinate condizioni.
In particolare, le determinate condizioni riguarderebbero le modalità di consenso prestato dai genitori biologici.
Infatti, la Corte Costituzionale aveva già affermato che il modello consensualisto dell’adozione non può porsi, a priori, in contrasto con la normativa interna di cui alla L.184/1983 quando effettivamente si possa riscontare “il rispetto d’irrinunziabili garanzie”[9] .
Ed invero, nonostante l’adozione consensuale sia suscettibile di “mascherare illecite cessioni” tale generalizzazione non può elevarsi a criterio d’inconstituzionalità ovvero a criterio giustificatore della negazione al riconoscimento di un’adozione legittimante anche quando la stessa sia in grado di garantire al minore l’acquisizione di un nuovo ed idoneo contesto familiare, previamente accertato dalle competenti autorità.
Nell’esposizione della questione le Sezioni Unite, pur lanciando i suddetti spunti di estremo interesse, concordano, alla luce delle deduzioni ed allegazioni delle parti, per l’irrilevanza delle valutazioni estere di adottabilità nel giudizio di compatibilità del provvedimento straniero di adozione con l’ordine pubblico internazionale.
[1] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 8 maggio 2019 n.12193; massima: “Il riconoscimento della efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d'intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità ex art. 12, 6° comma, L. 40/2004, qualificabile come principio di ordine pubblico in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l'istituto della adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull'interesse del minore, nell'ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici quali l'adozione in casi particolari (art. 44, 4° comma, lett. D, L. n. 184/1983)”.
[2] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 17 luglio 2014 n. 16379 e n. 16380.
[3] Corte di Cassazione, 22 febbraio 2013 n. 4545; Corte di Cassazione, 15 aprile 2015 n. 7613.
[4] Vitta, “Diritto Internazionale Privato”, Torino, 1972, pag. 402 ss. in Turatto Silvia, “L'impugnazione del lodo rituale per contrarietà all'ordine pubblico”, Giappichelli, 2020.
[5] Corte di Cassazione n. 17170/2020, n. 15143/2016, n. 9483/2013.
[6] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16601/2017 e n. 12193/2019.
[7] Corte Costituzionale n. 33/2021.
[8] Corte Costituzionale n. 272/2017.
[9] Corte Costituzionale, n. 536/1989.