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Pubbl. Mer, 16 Set 2015

Il mobbing: brevi riflessioni su un fenomeno europeo e non solo.

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Alessandra Inchingolo


Excursus legislativo e disciplina normativa del mobbing, con particolare attenzione all´inquadramento normativo anche in altri paesi europei.


Il mobbing è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede, se si considera che rappresenta una stortura o, se vogliamo, un deterioramento del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore, o tra lavoratori (in caso di mobbing orizzontale).

La Legge Regionale del Lazio n° 16/02 definisce ed elenca in maniera efficace gli atti e i comportamenti che sono da considerare mobbing. 

Secondo tale Legge il mobbing si caratterizza per la presenza di comportamenti discriminatori o vessatori duraturi che interessano i lavoratori dipendenti pubblici e privati da parte del datore di lavoro o da soggetti posti in posizione sovraordinata ovvero da altri colleghi, e che si caratterizzano come una vera e propria forma di persecuzione psicologica o di violenza morale.

La prima normativa sul mobbing si è avuta in Svezia con la direttiva AFS 1993/17 del 21/09/1993 riguardante le misure contro ogni forma di ‘persecuzione psicologica’ negli ambienti di lavoro. Infatti per la prima volta si parla dei concetti di Mobbing e Bossing in un provvedimento a carattere normativo.

A seguire la Norvegia che con l’art. 12 della L. 4171994 parla di “molestie e comportamenti sconvenienti ai quali il lavoratore non deve essere sottoposto”.

In Belgio con la legge 11/06/2002 è stato previsto l’obbligo di inserire la figura del “Consigliere per la prevenzione”che abbia specifiche competenze psico-sociali riferite all’ambiente di lavoro. Inoltre ha previsto l’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del gobbe la prova che la molestia sul lavoro non è avvenuta. E da alcuni anni, su imput delle organizzazioni sindacali è stata costituita una commissione paritetica (datori di lavoro-sindacati) che si occupi di fornire ai lavoratori vittime di mobbing assistenza fuori dall’attività lavorativa.

In Francia la normativa del 17/01/2002 prevede anche una specifica figura di reato relativa al mobbing, con l’art. 222-33-2, sanzionando il fatto di chi perseguita con condotte ripetute e continuative aventi ad oggetto la degradazione delle condizioni di lavoro, finalizzati a ledere i suoi diritti e la sua dignità, alterare la sua salute fisica e mentale o di compromettere il suo avvenire professionale.

Il Consiglio dei Ministri spagnolo, il 14/11/2008 ha approvato il progetto di Riforma del codice penale inserendo il mobbing e l’intimidazione psicologica tra le nuove modalità di criminalità.

In Italia oggi si parla di molestie sul lavoro nella disciplina, di rango legislativo e di derivazione comunitaria, antidiscriminatoria. Si tratta dei decreti legislativi 215 e 216 del 2003.

Tanto è vero che sono considerate alla stregua di discriminazioni, anche le molestie e quei comportamenti indesiderati, perpetrati in ragione della razza, della lingua del sesso, finalizzati a ledere la dignità di una persona o di creare un clima intimidatorio, umiliante e offensivo . D’altronde, l’equiparazione della molestia alla discriminazione permette l’applicazione del regime probatorio agevolato e sanzionatorio previsto dalla disciplina antidiscriminazione.

E’ opportuno,  in materia di diritto antidiscriminatorio e di mobbing ricordare il Decreto legisislativo 11 aprile 2006, n.198 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, gli articoli 25 (Discriminazione diretta e indiretta) e  26 (Molestie e molestie sessuali).

Sicuramente è un tema di indubbio carattere giuslavoristico. Dunque il problema che si pone è sicuramente quello di definire i profili dell’illecito, oltre ai danni risarcibili, ma anche una regolamentazione legislativa che ne disciplini la prevenzione e la repressione, influendo in maniera diretta sulla disciplina del rapporto di lavoro. A distanza di tempo, nonostante il mobbing abbia assunto varie declinazioni, multisfaccettandosi in diverse connotazioni, quali il mobbing rosa, lo straining, il mobbing strategico (quello finalizzato al demansionamento e ad ottenere le dimissioni sul lavoro) o quello non intenzionale (causato dal ‘brutto carattere del datore di lavoro) ha portato di contro ad un sempre minore riconoscimento dei casi veri e propri di Mobbing e la conseguente accettazione diffusa dei comportamenti erronei.

In Scandinavia, si è già visto, vi è una diversa sensibilità rispetto all’Italia nei confronti di un fenomeno che peraltro è in crescita esponenziale.

Infatti, in questo Paese è considerato mobbing anche un accrescimento del tono di voce da parte del datore di lavoro, tale differenza emerge anche dalle pratiche di prevenzione e monitoraggio, poiché in Nord Europa esistono sportelli antimobbing e corsi di preparazione  rivolti ai dirigenti e ai datori di lavoro.

Tuttavia, in Italia per quanto le proposte di legge si sforzino di offrire una definizione di mobbing, risultano essere di fatto estremamente insufficienti sul punto. Portando così ad utilizzare una terminologia "impropria", aliena a quella giuridica, dove trovano posto, ad esempio, gli "atti ed i comportamenti ostili", oppure la "violenza e persecuzione psicologica", nozioni che, sono assenti dal lessico giuridico e di scarso contenuto concreto.

Purtroppo c’è un’alta alea di indeterminatezza concettuale che vede affiancarsi la natura psico-fisica del fenomeno mobbing a quella materiale ed economica delle sue conseguenze, che rende incerta la tutela offerta.

Senza tralasciare la considerazione inevitabile che il rischio maggiore che si corre quando si prevede accanto ad una tutela risarcitoria anche una tutela penalistica, dunque di maggior rigore, è di una strumentalizzazione indiscriminata di un istituto che nella sua reale portata e nella sua connotazione provoca diversi danni, sia sotto il profilo salutistico che sotto il profilo psico-sociale e lavorativo.