E-commerce e contratti telematici: la rimodulazione della contrattazione codicistica
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Alessandra Foderini
La contrattazione telematica ricomprende l´insieme degli eterogenei fenomeni negoziali accomunati dall´utilizzo dello spazio virtuale di Internet quale strumento peculiare di comunicazione della volontà dei contraenti, di formazione e conclusione del contratto. Il contratto telematico, iniziatosi a sviluppare sull´onda lunga della dilatazione spaziale degli scambi e frutto della vocazione universale e a-territoriale della rete internet, ha rimodulato la contrattazione codicistica e modificato il concetto stesso di teoria generale del contratto. Il presente contributo si propone di analizzare tutti i profili peculiari dei contratti telematici, andando ad analizzare anche gli agenti software e gli Smart contracts come massima evoluzione dell´e-commerce e della contrattazione telematica.
Sommario: 1. Profili introduttivi: origine, linee evolutive e approdi del commercio elettronico e della contrattualistica telematica; 2. Tratti distintivi e ambito di applicazione della disciplina in materia di contratti telematici; 3. Asimmetrie informative e obblighi di informazione; 4. Il procedimento di formazione del contratto telematico: le diverse modulazioni del contratto concluso tramite scambio di e-mail e il contratto on line «point and click»; 5. La sottoscrizione on line delle clausole vessatorie tra disciplina codicistica e nullità di protezione; 6. Lo jus poenitendi come rimedio europeo volto alla tutela del cyber consumatore; 7. La disciplina della responsabilità del provider nell’attività di mere conduit, caching e hosting e la responsabilità per il trattamento dei dati personali; 8. Un breve sguardo alla disciplina dell’e-commerce e della contrattazione telematica in prospettiva comparata internazionale: Stati Uniti d’America e Unione europea a confronto; 9. Sull’onda lunga della contrattazione telematica: gli agenti software, questioni in tema di Smart Contracts e la nuova modellazione degli schemi tradizionali del diritto privato.
1. Profili introduttivi: origine, linee evolutive e approdi del commercio elettronico e della contrattualistica telematica
La contrattazione telematica ricomprende l’insieme degli eterogenei fenomeni negoziali accomunati dall’utilizzo dello spazio virtuale di internet quale strumento peculiare di comunicazione della volontà dei contraenti, di formazione e conclusione del contratto.
Tradizionalmente, con il termine telematica viene indicato il metodo tecnologico di trasmissione del pensiero a distanza mediante l’impiego di un linguaggio computerizzato che veicola informazioni automatizzate[1].
L’indagine del contesto storico-economico creato dalla rivoluzione informatica e telematica costituisce il punto di partenza per uno studio delle nuove regole giuridiche della contrattazione telematica. Scienza, società, diritto ed economia sono, infatti, sistemi permeabili e correlati tra loro. La continua evoluzione delle tecnologie di comunicazione, si riflette, difatti, incessantemente sulle regole della contrattazione[2].
In particolare, il contratto telematico ha iniziato a svilupparsi sull’onda lunga della dilatazione spaziale degli scambi, frutto della vocazione universale e a-territoriale della rete internet[3], quale strumento di comunicazione capace di incidere sulla circolazione delle merci e sulle modalità della stessa contrattazione. La diffusione della rete internet, difatti, ha messo in crisi le norme dirette a regolare la commercializzazione di beni e servizi, favorendo un’evoluzione dei mercati verso assetti più dinamici, efficienti e concorrenziali, comportando l’adattamento delle strategie commerciali al nuovo contesto economico e giuridico. L’espandersi della rete internet ha dato vita ad un autentico mercato globale telematico, il più delle volte autonomo e distinto rispetto a quello tradizionale, caratterizzato da una notevole rapidità delle transazioni commerciali.
È proprio sull’onda di tale contesto economico e sulla spinta europea alla liberalizzazione dei mercati che si è sviluppato l’e-commerce e si è progressivamente affermato il contratto telematico.
Tuttavia, prima di continuare nell’analisi di tale istituto, è opportuno fare una precisazione di ordine terminologico, in particolare, con il termine spazio virtuale si intende descrivere la realtà generata da internet: una realtà immateriale, con proprie regole sensoriali e spazio-temporali[4]. Una realtà nuova, praticata dal c.d. homo digitalis, dove i tradizionali elementi temporali e spaziali caratteristici del mondo reale perdono le loro peculiarità e il loro significato, una nuova realtà contraddistinta dalla distanza interpersonale e della contrattazione caratterizzata dalla assenza fisica delle parti. Il bene oggetto del contratto, difatti, si dematerializza, diventa codice informatico, suscettibile di fruizione simultanea e di massa da parte di un numero illimitato di utilizzatori: è il fenomeno della dematerializzazione dell’oggetto del contratto che concorre con la dematerializzazione del luogo e delle forme a delineare i tratti distintivi della contrattazione virtuale[5]. Si tratta di una realtà virtuale, che consente di offrire e acquistare beni al di là di ogni limitazione territoriale.
Proprio a fronte dell’avvento di tale realtà virtuale, parte della dottrina ha parlato di morte del contratto[6]. Tuttavia, su tale scia, un’altra parte della dottrina, sensibile all’eco della tematica del declino del contratto - così come tradizionalmente concepito – ha postulato, piuttosto, un’idea di evoluzione e di modulazione dello stesso[7]. Sul punto, è stato, infatti, osservato che «l’avvento della società post-industriale non reclama, come reclamò l’avvento dell’era industriale, profonde riforme legislative: il quadro del diritto codificato resta immutato. Ma resta immutato perché sono gli altri, non già le leggi, gli strumenti mediante i quali si attuano le trasformazioni giuridiche. Il principale strumento di innovazione giuridica è il contratto»[8]. Sul punto, infatti, la dottrina, osservando il contratto da una prospettiva funzionale, ha sottolineato come lo stesso deve essere inteso come strumento giuridico per la realizzazione di nuovi rapporti, derivanti dalla sintesi delle dichiarazioni di volontà delle parti[9]. Il voluto, in altre parole, si trasforma in regola[10]. Viene affermato, difatti, che il giurista ha il dovere di tradurre, o di provare a tradurre, nella tela delle proprie categorie e del proprio linguaggio le diverse modulazioni dei rapporti economici, sociali e giuridici scaturenti dallo stesso evolversi della società[11].
Da tale assunto ne deriva indubbiamente la centralità del contratto e una nuova declinazione e adattamento dello stesso, quale istituto permeabile alle modellazioni e all’evoluzione della società in senso telematico, informatico e globale.
Da un punto di vista normativo, il contratto telematico costituisce una sottospecie dei contratti a conclusione informatica, ossia di quei contratti stipulati mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche ed anzi di questi ultimi ne costituisce la più importante evoluzione tecnologica e giuridica[12].
In particolare, il contratto telematico si è formato inizialmente ricalcando lo schema della contrattazione a distanza, quale attività commerciale caratterizzata dalla mancata presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente, contraddistinta dall’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto stesso[13]. Tuttavia, a seguito dell’espandersi della rete internet, alla globalizzazione dei commerci e alla seguente modulazione della contrattazione, la disciplina della contrattazione telematica è fuoriuscita da suddetto schema normativo, diventando, in tal modo, il contratto telematico uno strumento nuovo rispetto al contratto concluso a distanza. Ad oggi, infatti, la contrattazione a distanza rappresenta il genus della species del contratto telematico[14].
La disciplina del contratto telematico si presenta frastagliata e articolata, tanto che la normativa in materia di commercio elettronico si caratterizza per l’esistenza di più livelli di normazione. Lo spazio virtuale, difatti, è soggetto alle norme costituzionali, legislative e regolamentari interne, comunitarie e internazionali[15]. Non solo, le fonti dell’e-commerce e del contratto telematico sono molteplici e comprendono gli accordi internazionali, i contratti, la nuova lex mercatoria, la lex informatica e la soft law delle regole autodisciplinari e dei codici di condotta[16].
In particolare, il riconoscimento formale del contratto telematico nell’ordinamento italiano si presenta stratiforme, difatti, la disciplina del commercio elettronico era inizialmente delineata nelle disposizioni del d.lgs. n.114/1998 (detto anche decreto Bersani), relativo alla riforma della disciplina del commercio, che all’art. 21 prevede espressamente la disciplina relativa al commercio elettronico, nonché nella circ. n. 3487/C del 1.06.2000 del Ministero dell’Industria, nella l. n. 388/2000, nella circolare del Ministero dell’Industria 10.04.2001 n. 379, nonché nel d.lgs. n. 185/1999 (trasfuso poi nel codice del consumo) per quanto riguarda la tutela del consumatore[17].
Tuttavia, il pieno riconoscimento della contrattazione telematica e del commercio elettronico nell’ordinamento italiano è avvenuto per tramite della promulgazione del d.lgs. n. 70/2003, in attuazione della direttiva 2000/31/CE[18].
Tale direttiva è stata adottata dal legislatore europeo al fine del dover assicurare omogeneità tra le condizioni istituzionali e regolamentari dei Paesi membri dell’Unione Europea, al fine di rafforzare nel settore del commercio telematico la competitività dell’industria comunitaria e proporre una cornice che contenga una normativa minima, ma inderogabile, da porre a protezione della persona-consumatore. Il legislatore europeo era, difatti, ben consapevole che per garantire la certezza del diritto e accresce la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico, visto quale strumento privilegiato per favorire l'aumento delle contrattazioni transfrontaliera all'interno del mercato unico europeo, occorreva «stabilire un quadro generale chiaro per taluni aspetti giuridici del commercio elettronico nel mercato interno»[19]. Lo scopo di tale direttiva è, infatti, proprio quello di «garantire un elevato livello di integrazione giuridica comunitaria al fine di instaurare un vero e proprio spazio senza frontiere interne per i servizi della società dell'informazione»[20].
Tuttavia, la dottrina sottolinea che la direttiva 2000/31/CE non contiene una disciplina esaustiva in tema di contratti informatici, bensì una serie di principi con valenza soprattutto programmatica, emergendo in tal modo la frammentarietà dei risultati dell’azione comunitaria[21]. Il quadro normativo, difatti, viene compenetrato e completato dal ricorso a delle disposizioni già previste da strumenti normativi preesistenti (pur se non disciplinanti direttamente il commercio elettronico), tra quest’ultimi ex multis e a titolo meramente esemplificativo, è opportuno evidenziare la disciplina della contrattazione a distanza richiamata dallo stesso d.lgs. n. 70/2003, la disciplina in materia di tutela del consumatore (c.d. contraente debole) e la disciplina relativa alla tutela della privacy[22].
2. Tratti distintivi e ambito di applicazione della disciplina in materia di contratti telematici
Non sussiste una definizione normativa di e-commerce[23]. La stessa direttiva 2000/31/CE, infatti, ne presuppone una nozione fattuale ed economica, ma non ne detta una definizione ad hoc. La rubrica della direttiva 2000/31/CE, difatti, volendone indicare in forma sintetica il contenuto, la qualifica: “Direttiva sul commercio elettronico”. In particolare, il considerando n. 18 descrive “i servizi della società d’informazione” come «quei servizi che abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (on line)»[24].
Il prefisso e. è la contrazione grafica dell’aggettivo electronic, al quale sono stati fatti precedere i sostantivi relativi alle varie attività economiche della c.d. old economy o off line economy, allorché nel mondo anglofobo ci si voleva riferire alle medesime attività tradizionali, svolti tuttavia per mezzo di strumenti informatici e telematici (soprattutto via Internet) [25].
In linea generale, all’interno del genus della contrattazione dematerializzata si distinguono: 1) i contratti informatici: contratti a forma informatica – oppure forma e procedimento formativo informatico – non a distanza, ma inter praesentes[26]; 2) i contratti telematici: contratti a forma telematica – oppure forma e procedimento formativo telematico – inter absentes; 3) i contratti virtuali in senso ampio: contratti telematici stipulatiti utilizzando le specifiche tecnologie di comunicazione basate su Internet; 4) i contratti virtuali in senso stretto: contratti telematici al pubblico e asimmetrici, stipulati utilizzando le piattaforme elettroniche basate sul word wide web di Internet e conclusi mediante pressione del tasto negoziale virtuale; 4) i contratti digitali: contratti – informatici o telematici – stipulati mediante utilizzo della firma digitale, senza ricorrere a supporti cartacei (paperless contract); 5) i contratti cibernetici: contratti – informatici o telematici – in cui l’elaboratore elettronico mediante i c.d. «agenti software» interferisce, autonomamente, nella fase di formazione del contratto[27].
Parte della dottrina, nel tentativo di dare una definizione di contratto telematico, delinea lo stesso come «quel contratto concluso grazie alla trasmissione di dati informatizzati, ossia quegli accordi aventi rilievo giuridico stipulati tra soggetti che impiegano computers (o altri strumenti telematici) tra loro collegati e che siano dunque distanti (contratto inter absentes), la cui interfaccia diretta è rappresentata proprio dallo strumento informatico utilizzato»[28].
In particolare, il contratto telematico, oggetto della presente trattazione, rientra nella più ampia categoria dei contratti a distanza, difatti, il sistema telematico consente di concludere il contratto senza che le parti siano contemporaneamente presente nello stesso luogo. Si tratta di un contratto inter absentes. Inoltre, lo stesso è dotato della peculiarità di adottarsi precipuamente nell’ambito del commercio elettronico e di perfezionarsi, sotto il profilo formale, mediante strumenti telematici, pur ricorrendo per l’elaborazione del contenuto negoziale a schemi tipici o atipici[29].
Segnatamente, come sopra enucleato, è possibile suddividere – da un punto di vista della forma e del procedimento di formazione – il contratto telematico in: contratto virtuale in senso ampio e contratto virtuale in senso stretto. In particolare, il contratto virtuale in senso ampio si identifica nel contratto telematico concluso utilizzando la tecnologia e-mail o mediante dispositivi telematici similari (comunque basati su servizi internet) aventi l’unica funzione di trasmissione del messaggio a contenuto negoziale; mentre il contratto virtuale in senso stretto, consistente nel contratto telematico concluso, utilizzando lo spazio word wide web (www) di internet, mediante pressione del c.d. “tasto negoziale virtuale”[30].
Tuttavia, mentre il contratto virtuale in senso ampio non presenta particolari peculiarità rispetto ai contratti conclusi con l'utilizzo degli strumenti ordinari, eccezion fattasi per le problematiche relative alla forma, sulle quale si tornerà in seguito, il contratto virtuale in senso stretto concluso mediante pressione del tasto negoziale virtuale, può essere considerato «il modello negoziale elettivo per il settore del commercio elettronico»[31], in ragione della particolare importanza rivestita dallo strumento tecnologico nel procedimento di formazione del contratto. Il contratto virtuale in senso stretto, difatti, si caratterizza per l'assenza di trattative tra le parti, per la predisposizione unilaterale delle condizioni generali, per l'offerta al pubblico indistinto. Lo stesso, difatti, è un contratto asimmetrico, sinallagmatico di do ut des, a struttura bilaterale ed a titolo oneroso[32].
Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione della contrattazione telematica, l’art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 70/2003, secondo la tecnica normativa anglosassone ormai consueta, contiene un elenco di definizioni tra le quali capeggia quella di “servizi della società dell'informazione” indicati come «le attività economiche svolte in linea – online – nonché, i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b) della legge 21 giugno 1986, n. 317 e successive modificazioni». Codesta ultima normativa, oggetto del richiamo, prevede poi che per “servizio” si intenda «qualsiasi servizio della società dell'informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, e a richiesta individuale di un destinatario di servizi»[33].
Da un punto di vista oggettivo di applicazione della disciplina, l’ampiezza dell’art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 70/2003 comporta la possibilità di ricondurre alla disciplina del commercio elettronico e del contratto telematico una pluralità di fattispecie negoziali eterogenee.
Al riguardo, infatti, va sottolineato che la norma in commento non delinea uno schema contrattuale unitario, lasciando piuttosto ampi margini per tradurre tale disciplina in forme contrattuali assai diverse. Il legislatore ha, infatti, preferito definire l’ambito di applicazione della normativa per esclusione, prevedendo espressamente le fattispecie escluse dall’operatività della normativa in questione[34]. Non si ricomprendono nella nozione di servizio della società dell’informazione, in particolare, i servizi «non forniti a distanza», come nelle ipotesi in cui si utilizzi una tecnica potenzialmente a distanza, ma con la presenza fisica dell’utente, sono parimenti esclusi dall’ambito di applicazione i servizi «non forniti per via elettronica». Non sono poi ricomprese, espressamente, nell’ambito della disciplina in questione, le disposizioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa o di sistemi di pagamento e le competenze di controllo e delle autorità indipendenti di settore[35].
In linea generale, è possibile affermare che l’operazione negoziale oggetto del contratto telematico può essere costituita sia da schemi negoziali tipici che atipici[36]. Di certo, il tipo contrattuale connaturale dell’e-commerce è la compravendita, difatti, quest’ultima resta tale anche se conclusa con mezzi telematici, in quanto questi incidono prevalentemente sulle modalità di comunicazione e non sul contenuto degli atti[37]. Tuttavia, nulla esclude la possibilità di concludere telematicamente anche fattispecie negoziali come: il trasporto, la spedizione, il noleggio.
Tuttavia, le modalità principali di scambi on line individuate dagli studiosi della materia sono quattro: 1) la «posta elettronica» (messaggi «one to one»), usualmente gratuita o a costi limitati, che può essere utilizzata tanto per rapporti negoziali quanto per meri rapporti sociali o di cortesia; 2) l’«inserzione» telematica, cioè i c.dd. messaggi «one to many», a volte a titolo oneroso, che consentono all’inserzionista di formulare una richiesta che potrà essere esaudita con adesioni specifiche; 3) il «forum», i «newsgroup» e le «chat», generalmente caratterizzati dalla gratuità, che sono utilizzati per lo scambio di notizie e solo in rari casi per rapporti negoziali; 4) infine, l’accesso al sito attraverso la navigazione web che rappresenta la tipologia più diffusa, tuttavia, tale tecnica generalmente non è gratuita e richiede a carico del «venditore» un costo sia per l’allestimento del sito sia per i contenuti a carattere commerciale[38].
Inoltre, sempre dal punto di vista oggettivo di applicazione della disciplina è possibile distinguere il commercio elettronico in commercio elettronico indiretto (che può essere concluso off line ma eseguito on line, oppure concluso on line ed eseguito off line) ove le ordinazioni hanno ad oggetto beni materiali che vengono recapitati in modo tradizionale e commercio elettronico diretto, ove ordinazioni, pagamenti ed esecuzione della prestazione del fornitore avvengono on line[39]. In quest’ultima ipotesi, e cioè nel caso del commercio elettronico diretto, non soltanto l’accordo ma anche l’esecuzione dello stesso avviene telematicamente, mediante atti di trasmissione di beni immateriali (generalmente un servizio), i quali possono essere distribuiti direttamente attraverso internet, senza che sia necessario ricorrere al canale distributivo off line di tipo tradizionale[40]. Nell’ipotesi di commercio elettronico indiretto, invece, è soltanto l’accordo ad essere raggiunto telematicamente[41]. Tale ultima ipotesi si configura in presenza di contratti telematici attuati mediante atti di trasferimento di beni materiali la cui consegna richiede, per necessità o per volontà dell’acquirente, l’invio mediante mezzi di trasporto tradizionali.
Per quanto riguarda, invece, il profilo soggettivo di applicazione della disciplina, la normativa di riferimento assume una diversa declinazione in base allo status dei contraenti (ed in particolare dell’offerente e dell’oblato). Già sul finire degli anni ’90 del secolo scorso, difatti, si era prospettata la necessità di una conversione metodologica che affiancasse all’attenzione agli atti una centralità degli status soggettivi giuridicamente rilevanti[42].
In particolare, da un punto di vista soggettivo di applicazione, si evidenzia che, originariamente, le tipologie di commercio elettronico erano solo due e cioè: a) business to business (B2B con acronimo): rapporti tra soggetti professionisti, ossia tra soggetti (persone giuridiche o fisiche) che agiscono nell’ambito della loro attività professionale[43]; e quella b) business to consumer (B2C con acronimo): rapporti di commercializzazione di beni e servizi tra professionisti e consumatori finali, intendendosi per tali i soggetti che agiscono «per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta»[44].
Alla luce della definizione data dalla dir. 2000/31/CE, nel commercio elettronico possono però distinguersi almeno altre sei partizioni; ovvero, oltre le prime due già menzionate: c) consumer to business (C2B con acronimo), quando il consumatore instaura un rapporto commerciale con un imprenditore e quest’ultimo si avvale della prestazione effettuata dal primo; d) consumer to consumer o person to person (C2C o P2P con acronimo), che comprende tutte le ipotesi di scambio di prodotto o di servizi effettuati direttamente tra privati (c.d. peer to peer), tra consumatore e consumatore, ovvero intermediate da apposite figure professionali; e) business to public administration/governement (B2Pa o B2Go con acronimo), ovvero le contrattazioni che riguardano le imprese con le pubbliche amministrazioni nonché le vendite effettuate da quest’ultime; f) administration to community o public administration to citizen (Pa2C o Go2C con acronimo), che attiene ai rapporti tra l’amministrazione ed i cittadini e rappresenta il servizio mediante il quale il cittadino può accedere, attraverso la rete, ai servizi erogati dagli Enti pubblici; g) industry to industry, che concerne i rapporti tra imprese strutturate attraverso marketplace e/o sistemi EDI[45].
Tuttavia, parte della dottrina afferma che non è possibile ricomprendere nella disciplina applicabile al commercio elettronico l'ipotesi di commercio person to person. In particolare, tale dottrina evidenzia che con il termine «commercio elettronico» deve intendersi, in senso proprio, solo un’attività di tipo professionale, dato che il «commerciante» non è un soggetto che compie «meri» atti di compravendita, ma colui che li inquadra all’interno dello svolgimento di una attività abituale e non occasionale finalizzata a trarne profitto[46]. In particolare, viene sottolineato che la principale normativa sul commercio nel diritto interno è contenuta nel d.lgs. n. 114/1998, dalla quale si possono trarre i seguenti caratteri comuni: a) lo svolgimento dell’attività di commercio deve essere professionale ossia non occasionale; b) il commercio prevede l’acquisto di prodotti (e/o di servizi); c) l’acquisto deve avvenire in nome e per conto proprio; d) l’acquisto è finalizzato alla successiva rivendita[47]. Da tale assunto, ne deriverebbe che «non essendo presenti questi caratteri, non si può, pertanto, parlare (in senso proprio) di commercio (né, tantomeno, di commercio elettronico) nell’ipotesi di commercio person to person, poiché manca lo svolgimento professionale di un’attività di acquisto per la rivendita. Secondo tale orientamento, dunque l’ipotesi di commercio person to person, in quanto di natura meramente occasionale, non rientra nell’àmbito del d.lgs. n. 70/2003[48].
In particolare, sempre sul versante dell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina, l’art. 2 del. d.lgs. n. 70/2003 enuclea una serie di definizione e segnatamente quelle di: prestatore; prestatore stabilito; destinatario del servizio; consumatore.
Tuttavia, le figure di prestatore, di prestatore stabilito e destinatario del servizio, a differenza della figura di consumatore, non pongono particolari dubbi interpretativi. È, difatti, prestatore «la persona fisica o giuridica che presenta un servizio della società dell'informazione» (art. 2, comma 1, lett b) del d.lgs. n. 70/2003); è prestatore stabilito «il prestatore che esercita effettivamente un'attività economica mediante una stabile organizzazione per un tempo indeterminato. La presenza e l'uso dei mezzi tecnici e delle tecnologie necessarie per prestare un servizio non costituiscono di per sé uno stabilimento del prestatore» (art. 2, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 70/2003) [49]; è destinatario del servizio «il soggetto che, a scopi professionali non, utilizza un servizio della società dell'informazione, in particolare per ricercare o rendere accessibili informazioni» (art. 2, comma 1, lett. d) del d.lgs. 70/2003).
È opportuno, invece, soffermarsi sulla definizione di consumatore contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 70/2003 che ricalca quella contenuta nell’art. 3 cod. cons., quale «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta». Circa l’individuazione della figura del consumatore, la concezione ad oggi prevalente ripudia la lettura soggettivistica volta ad individuare restrittivamente il consumatore in colui che non riveste la qualificazione di imprenditore o di professionista ed accoglie invece la lettura oggettivistica incentrata sullo scopo negoziale in concreto dell’operazione, ancorando, in tal modo, la nozione di consumatore alla natura di atto di consumo del contratto stipulato[50].
Tuttavia, a dispetto della formulazione letterale dell’art. art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 70/2003, la categoria dei consumatori non è omogena, difatti, nel tempo, si sono susseguiti tentativi di estendere tale categoria a soggetti che, pur non agendo per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, presentino tratti di debolezza rispetto al professionista/imprenditore.
In particolare, rispetto alla possibilità di considerare consumatore chi agisce per scopi “promiscui” o chi conclude i c.d. “contratti in vista” o di riconoscere titolari della tutela anche i c.d. imprenditori deboli, si sono presentate le medesime questioni sollevate in tutta la disciplina consumeristica.
In merito, in primo luogo, alla questione dell’applicabilità o meno della disciplina consumeristica ai contratti c.d. misti (ovverosia i contratti stipulati da un soggetto per soddisfare esigenze al contempo di carattere personale e professionale) occorre fare riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia europea per la quale, facendo leva sul concetto di “estraneità” alla professione, la qualifica di consumatore andrebbe esclusa in caso di contratti con finalità miste, a meno che: il nesso fra contratto e attività professionale risulti marginale rispetto all’intero contesto dell’operazione; non abbia tenuto comportamenti dubbiosi circa la sua attività non professionale[51]. Sulla base di tale interpretazione, parte della dottrina ritenere che non possa parlarsi di consumatore nel caso di contratto promiscuo o misto[52], mentre altra parte della dottrina ritiene comunque necessaria la lettura oggettivistica incentrata sullo scopo preminente e in concreto dell’operazione negoziale[53]. Per quanto riguardo, invece, l’applicabilità della disciplina alla persona fisica che conclude i c.d. “contratti in vista” della professione: secondo parte della dottrina tali contratti sarebbero qualificabili come atti di consumo, in quanto il legislatore perché ricorra la figura del professionista, richiederebbe espressamente l’attualità dello svolgimento della professione e tale assunto, secondo tale parte della dottrina, sarebbe avvalorato dal dato testuale ed in particolare dall’utilizzo del participio passato “svolta” all’interno dell’art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 70/2003; mentre altra parte della dottrina perviene a conclusioni opposte, escludendo dal novero degli atti del consumatore tali atti, affermando che il dato teleologico deve prevalere su quello cronologico[54].
Circa, invece, la questione riguardante la possibilità di estendere la tutela riconosciuta al consumatore all’imprenditore c.d. debole e in particolar modo agli enti no profit e alle associazioni, una parte della dottrina sostiene che, nonostante il dato testuale della norma che non ricomprende in sé le persone giuridiche, evidenzia che «non v’è ragione di non considerare consumatore un ente non economico che agisca per fini non istituzionali, ossia estranei all’attività imprenditoriale o professionale […] non si può scartare a priori l’ipotesi di acquisti per scopi estranei all’esercizio dell’attività professionale»[55]. Tuttavia, sul punto la Corte di Giustizia CE ha chiarito che deve essere inclusa nella nozione di consumatore unicamente le persone fisiche e che tale norma avendo carattere eccezionale non è suscettibile di estensione analogica[56]. Inoltre, sul punto è intervenuta anche la Corte costituzionale, sancendo che nella scelta del legislatore di limitare la tutela alle persone fisiche non è in ogni modo configurabile una violazione dell’art. 3 Cost., poiché tale violazione sarebbe configurabile solo laddove il legislatore sottoponga situazioni uguali a trattamento diverso e non quando situazioni differenti siano disciplinate in modo diseguale[57]. In tal caso non è, dunque, ravvisabile alcuna illegittimità costituzionale proprio perché la persona fisica è un soggetto ontologicamente eterogeno rispetto ad altri operatori economici caratterizzati da una struttura associativa o dallo svolgimento di attività imprenditoriale. Quel che è certo è che il dettato dell’art. nell’art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 70/2003 non ricomprende in sé anche le persone giuridiche.
Al cospetto di questo ruolo della posizione soggettiva di consumatore, attorno alla quale si polarizza una ricca disciplina che è ormai assunta al rango di autonoma branca del diritto, quasi in negativo si ricava una nozione di professionista, protagonista dell’area business to business, ma anche più in generale di non consumatore, attore degli scambi telematici tra eguali[58]. Si tratta di aree nelle quali lo status di non consumatore rileva soprattutto in via negativa, per escludere, per un verso, l’applicazione della disciplina di protezione destinata esclusivamente allo stesso. Lo status dei soggetti coinvolti nell’operazione negoziale, difatti, non è indifferente a fini disciplinari: in particolare ai contratti B2C sarà applicabile la disciplina di cui agli artt. 33 e ss. del codice del consumo in materia di clausole abusive, la disciplina di in materia di nullità di protezione, nonché la disciplina dello ius poenitendi, mentre ai contratti B2B sarà applicabile ex multis la disciplina di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., in materia di clausole vessatoria[59].
L’attenzione ai soggetti è dunque imprescindibile nell’inquadramento di qualunque fenomeno giuridico e, in particolare, nel commercio elettronico, la dicotomia B2C – B2B è idonea a cogliere, in sintesi, il ruolo centrale che lo status delle parti riveste nella contrattazione telematica e la conseguente disciplina applicabile.
In definitiva, dunque, l’e-commerce può essere definito come qualunque forma di fornitura di prodotti e/o servizi, a titolo oneroso, tra un’impresa e un’altra impresa ed un consumatore finale, realizzata mediante strumenti informatici e telematici[60].
3. Asimmetrie informative e obblighi di informazione
L’equilibrio, sia economico che normativo, del contratto rappresenta uno dei profili di maggiore interesse, in sede teorico-ricostruttiva, nonché di preminente attenzione del legislatore come della giurisprudenza, del rapporto tra autonomia negoziale e limiti imposti dall’ordinamento alla stessa. Si è passati, difatti, dalla tendenziale irrilevanza dell’equilibrio del contratto e quindi dalla consequenziale insindacabilità dello stesso in sede giurisdizionale, risultanti dalla disciplina del codice civile del 1942, alla centralità dell’equilibrio prevista dalla disciplina consumeristica.
I contratti dei consumatori sono, difatti, oggetto di una disciplina garantista del legislatore, sulla base della presupposta asimmetria informativa tra il professionista (c.d. “parte forte”) e il consumatore (c.d. “parte debole”) [61]. A fronte di tali asimmetrie informative, gli obblighi di informazione, nei contratti dei consumatori, investono non solo la fase precedente la conclusione del contratto, ma anche il perfezionamento dell’accordo e la successiva esecuzione del contratto. La disciplina consumeristica, difatti, è incentrata attorno alla fase di formazione del consenso, attraverso la predisposizione di una serie di obblighi informativi che hanno lo scopo di consentire il formarsi in capo al contraente del c.d. consenso informato. L’intento del legislatore, difatti, è quello di fare in modo che, attraverso l’offerta di informazioni dettagliate, il consumatore possa essere messo in grado di valutare le caratteristiche del contratto e le qualità del bene o del servizio che si accinge ad acquistare[62].
Tuttavia, con particolare riguardo alle operazioni negoziali svolte per via telematica, l’asimmetria informativa non è meramente ancorata allo squilibrio informativo tipico della predisposizione unilaterale delle condizioni generali, ma allo squilibrio di conoscenza delle regole di formazione dell’accordo, atteso che il professionista, non solo predispone il regolamento, ma è anche autore del procedimento formativo[63]. In particolare, diverse sono le asimmetrie informative in capo al consumatore, e più in generale a chiunque entri in contatto con gli operatori del commercio elettronico e segnatamente: le «asimmetrie informative» legate al processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni (carenze informative, incapacità di elaborazione) per le quali l’ordinamento prevede il richiamo ai vizi della volontà; 2) le «asimmetrie valutative strutturali» legate alla complessità dei beni o dei servizi e quindi alla difficoltà di elaborare strutture cognitive idonee alla valutazione razionale dell’offerta in tempi e modi economicamente convenienti e psicologicamente soddisfacenti; 3) le «asimmetrie valutative temporali» legate alla possibilità di valutare le conseguenze dell’offerta solo dopo un certo tempo dalla conclusione del contratto; 4) le «asimmetrie di potere contrattuale» legate alle condizioni generali di contratto che spesso impediscono o rendono molto onerosa la transizione verso altre offerte di mercato (c.d. fidelizzazione del cliente)[64].
Per supplire a tale asimmetria informativa è stato predisposto dal legislatore un articolato sistema di tutele, basato sulla previsione di puntuali obblighi informativi che gravano sul professionista.
Tuttavia, è opportuno sottolineare che il panorama normativo dei contratti telematici è maggiormente definito e garantista laddove una delle parti sia qualificabile come consumatore. In materia consumeristica, difatti, la disciplina degli obblighi informativi segue un approccio più sostanzialistico rispetto a quello più formalistico delineato negli artt. 1341 e 1342 c.c. per i contratti B2B[65].
Per quanto riguarda i contratti B2B, difatti, l’art. 1341, comma 1, c.c. stabilisce che le condizioni generali sono efficaci nei confronti del contraente non predisponente se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o le avrebbe potute conoscere usando l’ordinaria diligenza. Da tale assunto ne deriva che nei contratti B2B l’effettiva conoscenza del regolamento contrattuale è sostituita dalla mera conoscibilità dello stesso[66]. La buona fede e la correttezza codicistica (artt. 1337 e 1338 c.c.), difatti, tutelano la legittima aspettativa che le trattative si svolgano lealmente e correttamente su un piano di parità[67], mentre l’obbligo informativo nei contratti B2C assume una peculiare modulazione, in quanto la legge impone in capo all’imprenditore o al professionista una informazione attiva o, meglio una «contrattualizzazione dell’informazione»[68], volta a favorire il formarsi del c.d. consenso informato in capo al contraente debole.
In particolare, nei contratto B2C assume un peculiare rilievo il principio generale di informazione riconosciuto dall’art. 5, comma 3, codice del consumo, ove si prescrive l’obbligo di fornire al consumatore informazioni adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile «tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore», così da porre il consumatore nella condizione di determinarsi in modo consapevole e informato alla conclusione del contratto.
In particolare, la chiarezza informativa deve essere riferita alle modalità esteriori con cui l’informazione o la clausola si palesa al consumatore e, dunque, in relazione alla leggibilità e riconoscibilità di quest’ultima. La comprensibilità deve essere, invece, intesa con riferimento al contenuto dell’informazione o clausola, che deve essere idoneo a rendere effettivamente edotto il consumatore circa le conseguenze giuridiche delle sue scelte.
Tuttavia, il regime degli obblighi informativi gravanti sul prestatore di servizi della società dell’informazione nei confronti dei consumatori telematici risulta scandito dalla lettura combinata dei due sistemi normativi costituiti dal codice del consumo e dal d.lgs. n. 70/2003, i quali si pongono in un rapporto di complementarità funzionale sul piano applicativo ed esegetico[69]. La conferma testuale di tale compenetrazione delle due discipline si trae dal disposto dell’ultimo comma dell’art. 51 del codice del consumo, a tenore del quale gli obblighi informativi ivi previsti a carico del professionista devono essere integrati con quelli stabiliti dall’art. 12 («informazioni dirette alla conclusione del contratto») del d.lgs. n. 70/2003.
Da tale assunto ne deriva che nella contrattazione telematica tra professionista e consumatore troverà applicazione quanto previsto per i contratti conclusi a distanza dagli artt. 49 e 51 ss. cod. cons. Il nuovo art. 49 del codice del consumo (come novellato dal d.lgs. n. 21/2014), infatti, individua una serie di informazioni, che il professionista è tenuto a fornire al consumatore in maniera chiara e comprensibile, relative, in particolare, al diritto di recesso, all’identità del professionista, alle caratteristiche dei beni e dei servizi venduti, all’esigenza alla garanzia legale di conformità dei beni[70]. L’art. 51 cod. cons., invece, dettando esplicite disposizioni per i contratti telematici, introduce una serie di requisiti formali tra i quali si segnala, inter alia, l’obbligo di comunicazione da parte del professionista le caratteristiche principali dei beni o servizi, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto[71].
Per quanto concerne, invece, la disciplina esplicitamente dedicata nella contrattazione telematica agli obblighi informativi, la normativa di riferimento è contenuta nell’art. 7 ss. del d.lgs. n. 70/2003.
In particolare, l’art. 7 del d.lgs. 70/2003 enuclea un nucleo minimo essenziale di informazioni generali obbligatorie, concernenti il fornitore, allo scopo di identificare correttamente lo stesso. Tali informazioni devono essere fornite a prescindere dal fatto che il destinatario sia qualificabile o meno come consumatore. In particolare, l’art. 7 del d.lgs. n. 70/2003 sancisce che il prestatore, in aggiunta gli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, deve rendere facilmente accessibili in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle Autorità competenti diverse informazioni tra le quali: il nome, la denominazione o la ragione sociale, il dominio o la sede legale, gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l'indirizzo di posta elettronica, il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA o al registro delle imprese, gli elementi di individualizzazione, il numero della partita IVA, indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi forniti, indicazione delle attività consentite al consumatore al destinatario[72].
In particolare, da un punto di vista tecnico, i requisiti da rispettare sono quelli dell’accessibilità facile, diretta e permanente delle informazioni. Segnatamente, l’accessibilità alle informazioni dovrà essere: “facile”, così da poter garantire che qualunque utente possa accedere alle stesse; “diretta”, difatti, il prestatore non potrà rinviare per relationem ad informazioni pubblicate o rese disponibili altrove, ovvero utilizzare link, ma dovrà consentire all’utente di conoscere in un unico contesto le informazioni tramite lo stesso sito nel quale è promosso e reso accessibile il bene o il servizio; “permanente”, difatti, le informazioni dovranno essere rese disponibili non solo in modo stabile dal prestatore, ma spetterà allo stesso provvedere al loro tempestivo aggiornamento[73].
L’art. 8 d.lgs. n. 70/2003, prevede che le comunicazioni commerciali, se costituiscono di per sé un’attività economica on line – che nel linguaggio del legislatore è denominata «servizio della società dell’informazione» – o ne rappresentano parte integrante, devono contenere, sin dal primo invio, in modo chiaro ed inequivocabilmente, una specifica informativa, ulteriore rispetto a quella imposta dal ricorso a tecniche di comunicazione negoziale a distanza o dal tipo contrattuale prescelto e, dunque, collegata soltanto alle esigenze sollevate dalla comunicazione on line. Tale informazione è diretta ad evidenziare: la natura di comunicazione commerciale del messaggio pubblicitario; l'identità della persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione commerciale; l’eventuale natura di offerta promozionale, come nel caso di sconti, premi, omaggi, e le relative condizioni di accesso; l'eventuale natura di concorsi o di giochi proporzionali, se consentiti, e dei relativi condizioni di partecipazione[74].
L’art. 9 d.lgs. n. 70/2003, invece, sancisce che le comunicazioni commerciali non sollecitate, trasmesse da un prestatore della società dell’informazione tramite tale forma di comunicazione a distanza, devono essere identificate come tali, in modo chiaro ed inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le riceve e contenere l’indicazione che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tali comunicazioni; mentre è onere del prestatore dare prova del carattere sollecitato delle comunicazioni commerciali.
L’art. 10 d.lgs. n. 70/2003, inoltre, delinea l’uso delle comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate prevedendo che l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o nessuno parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi. In particolare, dalla lettera dell'articolo in commento emerge che tale disposizione è applicabile in due casi distinti di impiego di comunicazioni commerciali fornite da chi esercita una professione regolamentata: le comunicazioni commerciali che sono parte di un servizio della società dell'informazione e le comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione[75].
Per quanto concerne, in particolare, la fase precontrattuale occorre partire dal presupposto che nell’e-commerce la fase delle trattative precedente alla formazione dell’accordo contrattuale – ampiamente disciplinata dal d.lgs. n. 70/2003 che affianca alla buona fede e alla correttezza codicistica (artt. 1337 e 1338 c.c.) svariate prescrizioni in tema obblighi informativi, volti a favorire un equilibrio informativo tra le parti contraenti – è maggiormente rilevante e incidente nei contratti tra professionisti, mentre risulta essere estremamente ridotta o assente nei contratti conclusi tra professionista e consumatore. Nei contratti B2C, difatti, normalmente si ricorre allo schema del contratto per adesione. In particolare, nel commercio elettronico, si tende a sovrapporre la tradizionale fase delle trattative all’attività promozionale, che è svolta dall’impresa sul web attraverso links e banners o via e-mail[76]. Il prestatore di servizi della società dell’informazione, difatti, o attraverso proposte contrattuali inviate tramite e-mail ad un singolo soggetto o a una pluralità, oppure usualmente immettendo sul proprio sito telematico i propri «cataloghi» elettronici, consente all’utente semplicemente di decidere o meno se essi siano di proprio interesse e, in tale evenienza, cosa acquistare[77].
Proprio allo scopo di consentire il formarsi del c.d. consenso informato, l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 70/2003 stabilisce che, salvo diversi accordi tra le parti che non siano consumatori, oltre agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi nonché a quelli stabiliti dall’art. 3 del d.lgs. n. 185/1999, il prestatore di servizio della società d’informazione deve fornire, in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell’inoltro dell’ordine da parte del destinatario del servizio, informazioni relative: alle fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto, al modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso; ai mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore; agli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica; alle lingue e a disposizione per concludere il contratto oltre l’italiano; all’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie[78].
Per quanto riguarda l’ambito applicativo soggettivo, detto obbligo informativo si riferisce indifferente ai contratti con i consumatori (c.d. B2C) e ai contratti tra imprenditori (c.d. B2B). Tuttavia, nel primo caso – contratti B2C – l’obbligo informativo è inderogabile, mentre nel secondo caso – contratti B2B – le parti posso accordarsi diversamente. Da tale assunto ne deriva che l’art. 12 d.lgs. n. 70/2003 attribuisce rilievo centrale alla tutela dello status di consumatore attraverso l’inciso «salvo diverso accordo tra parti che non siano consumatori», volto a connotare di carattere imperativo la disciplina da esso recata esclusivamente per l’area B2C[79].
Ne deriva che tali obblighi informativi non solo devono essere forniti prima dell’inoltro dell’ordine da parte del destinatario del servizio (art. 51 cod. cons.)[80], ma sono anche, per i contratti conclusi tra imprenditori e consumatori, inderogabili (e quindi immodificabili e irrinunciabili; e ogni patto contrario è nullo ai sensi dell’art. 143 cod. cons.), mentre sono derogabili, previo accordo, se le parti non sono consumatori (limitazione dell’ambito soggettivo di applicazione)[81].
Tuttavia, per quanto riguarda l’ambito applicativo oggettivo, detti obblighi informativi, di cui all’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 70/2003 si riferiscono ai contratti telematici perfezionatesi attraverso ordini, rectius dichiarazioni negoziali, inoltrati mediante strumenti telematici destinati alla contrattazione di massa, fatta eccezione, quindi, per i contratti conclusi mediante una negoziazione individualizzata, con scambio di messaggi di posta elettronica o altre comunicazioni individuali equivalenti[82]. In relazione a quest’ultima circostanza, è stato osservato che per effetto del richiamo dettato dall’art. 52, comma 5, del codice del consumo l’obbligo di fornire tali le informazioni di cui all’art. 12 dovrebbe ritenersi sussistente anche quando la conclusione del contratto con il consumatore avvenga attraverso la modalità dello scambio di messaggi di posta elettronica[83].
La ratio della norma è quella di assicurare maggiore tutela laddove manchi un canale di comunicazione individuale come in relazione ai contratti telematici conclusi in massa mediante piattaforma tecnologica di commercio elettronico basata su world wide web.
Inoltre, sempre al fine di tutela maggiormente il contraente telematico, la disposizione di cui all’art. 12, primo comma., lett. c), d.lgs. n. 70/2003 prescrive l’obbligo di fornire informazioni «sui mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore». Sul punto, la dottrina sottolinea che tale disposizione non si limiterebbe a sancire un semplice obbligo informativo ma, in termini più radicali, imporrebbe al professionista di predisporre strumenti idonei per rilevare e correggere quegli errori nella manifestazione della volontà che certamente possono qualificarsi come “ostativi”[84]. Sul punto, parte della dottrina sottolinea che si tratta di «una considerazione (e, prima ancora, una previsione) certamente opportuna perché la predisposizione di una tutela di fatto, ex ante rispetto agli errori nella dichiarazione o nella sua trasmissione –potrà sopperire alla pratica inapplicabilità al commercio elettronico della tradizionale tutela giuridica ex post dell’annullamento, la quale ruota attorno al requisito della riconoscibilità, ex art. 1431 c.c., dell’errore, certamente di difficile ricorrenza, o quanto meno di ardua prova, nella contrattazione telematica»[85].
Infine, l’art. 12, comma 3, d.lgs. n. 70/2003 prevede che le clausole e le condizioni generali del contratto proposte al destinatario devono essere messe a sua disposizione in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione. Sul punto la dottrina sottolinea che il legislatore abbandonando l’idea che tali clausole e condizioni generali debbano essere disponibili in forma scritta, ha eliminato il problema della necessità o meno del requisito della firma digitale (o elettronica avanzata) per l’equipollenza alla forma scritta[86]. Problema oggi, comunque superato dall’efficacia formale estesa alle firme elettroniche deboli. La disciplina dell’art. 12 del d.lgs. n. 70/2003 rappresenterebbe dunque il contenuto minimo essenziale di ogni contratto telematico, sia esso concluso con un consumatore o con un soggetto diverso dal consumatore.
Analizzando il piano rimediale, premesso il ruolo assai rilevante dell’apparato sanzionatorio pubblico (c.d. pubblic enforcement) rimesso all’autorità Garante della concorrenza del Mercato a norma dell’art. 66 cod. cons. e l’attività sanzionatoria dell’AGCM, con specifico riferimento alla repressione delle pratiche commerciali scorrette perpetrate dai professionisti in relazione alla presentazione di offerte d’acquisto di prodotti o servizi tramite i propri siti web[87], deve rilevarsi come la disciplina non contempli, invece, una disciplina di tutela a carattere generale per le ipotesi di violazione di tali obblighi di informazione ma si limiti ad introdurre alcune misure specifiche quale, ad esempio, in caso di mancata informazione sul regime del diritto di recesso, il prolungamento del termine per il pentimento (art. 52, comma 2, cod. cons.)[88].
In presenza di un vuoto di disciplina nell’intervento comunitario e del silenzio sul punto da parte del legislatore italiano, la dottrina si è interrogata sulla natura e sulle conseguenze della violazione degli obblighi di informazione da parte del professionista (sempre fermo restando il diritto al recesso nei casi in cui sia previsto a favore del consumatore), prospettando vari orientamenti che spaziano dalla responsabilità precontrattuale, alla responsabilità contrattuale, alla inefficacia delle clausole relativamente alle quali l’informazione è stata carente, sino alla invalidità del contratto concluso. Tuttavia, l'orientamento oggi prevalente afferma che gli obblighi legali di informazione costituiscono delle regole di condotta destinate ad orientare il contegno del professionista nel corso del rapporto, la loro violazione deve essere qualificata come inadempimento ossia come vicenda propria del rapporto contrattuale. In particolare, sono diversi i rimedi declinati dalla dottrina circa la violazione degli obblighi di informazione da parte del professionista e segnatamente: 1) la richiesta di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale del fornitore (sulla base della collocazione logico-temporale degli obblighi di informazione nella fase delle trattative, riconducendoli in tal modo alla disciplina prevista dal codice civile per la trattativa ordinaria e quindi all’ambito di applicazione dell’art. 1337 c.c.)[89]; 2) l’annullamento del contratto per vizi della volontà (sulla base della collocazione degli obblighi di informazione nella fase della formazione della volontà del contraente e, quindi, propone che il contraente non adeguatamente informato venga considerato in errore e quindi possa chiedere il rimedio previsto in via generale per i vizi della volontà ossia l’annullamento del contratto)[90]; 3) la nullità relativa del contratto successivamente concluso (facendo leva sul carattere inderogabile degli obblighi di informazione precontrattuale, connessi alla funzione di tutela del mercato e di protezione del consumatore)[91]; 4) nullità del contratto (facendo leva sul carattere inderogabile degli obblighi informativi, la cui mancanza determinerebbe la nullità del contratto per mancanza di accordo ovvero per indeterminatezza dell'oggetto, ex art. 1346 e 1418, comma 2, c.c.)[92]. Tuttavia, l'orientamento oggi prevalente afferma che gli obblighi legali di informazione costituiscono delle regole di condotta destinate ad orientare il contegno del professionista nel corso del rapporto, la loro violazione deve essere qualificata come inadempimento ossia come vicenda propria del rapporto contrattuale sicché la sanzione più adeguata viene individuata nella risoluzione del contratto[93].
In definitiva, la violazione degli obblighi di informazione dovrebbe essere trattata come la violazione di qualsiasi altro dovere di comportamento anche quando si verifichi nella fase delle trattative o durante lo svolgimento del procedimento di formazione del contratto e anche allorché tale violazione consista non nell’interruzione ingiustificata delle une o dell’altro, ma in un comportamento che determina la conclusione di un contratto pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto. In caso di violazione degli obblighi precontrattuali di informazione, il consumatore gode di un’alternativa: può domandare la risoluzione del contratto ed il connesso risarcimento del danno, ma sarà tenuto alla restituzione di quanto abbia eventualmente ricevuto da controparte in esecuzione del contratto oppure può richiedere il solo risarcimento del danno, trattenendo quindi le prestazioni già eseguite, il cui valore verrà defalcato nella commisurazione del risarcimento all’interesse positivo.
Tuttavia, il quadro rimediale si chiude con la norma dell’art. 21, d.lgs. n. 70/2003 in tema di sanzioni. In base a tale disposizione, la violazione degli obblighi informativi inderogabili (ai sensi degli artt. 7, 8, 9, 10 e, in parte, 12) è sanzionata, in via amministrativa, con sanzioni pecuniarie da 103 euro a 10.000 euro e nei casi di particolare gravità o di recidiva l’importo sia minimo che massimo risulta raddoppiato.
4. Il procedimento di formazione del contratto telematico: le diverse modulazioni del contratto concluso tramite scambio di e-mail e il contratto on line «point and click»
Preliminarmente all’esame del problema delle forme e del procedimento di formazione dei contratti telematici, sembra opportuno effettuare una breve introduzione ricognitiva del complesso tema delle forme del contratto in generale.
È opportuno sottolineare, difatti, che nell’ordinamento italiano vige il principio della libertà della forma, potendo il consenso delle parti essere manifestato con qualsiasi mezzo idoneo [94]. Tuttavia, a seguito dell’avvento della stagione consumeristica, tale tendenza è stata modificata, essendo stata individuata nella forma scritta lo strumento volto a tutelare più efficacemente il consumatore. La forma, difatti, è un elemento essenziale del contratto, tuttavia, nella disciplina consumeristica, ad essa viene attribuita una funzione inedita, di cui immediatamente percepibile è la dimensione protettiva nei confronti della parte debole. Circostanza, questa, che è valsa a definire la nuova tendenza “neoformalismo di protezione”[95].
Il legislatore, difatti, come in tutte le discipline caratterizzata da uno squilibrio informativo tra le parti, adotta una tecnica che intreccia l'informazione e la forma, al fine di garantire che quanto previsto nella fase precontrattuale o nelle trattative sia rispettato. I vincoli di forma previsti dalle normative a tutela del consumatore, difatti, sono strettamente collegati agli obblighi di informazione. La forma assume il ruolo sia di strumento di documentazione delle informazioni rilevanti per favorire il compimento di scelte consapevoli da parte del consumatore, secondo un modello anticipatorio di tutela del contraente debole, sia di strumento volto a consentire al consumatore la conoscenza immediata del contenuto di un contratto che egli non ha contribuito a predisporre[96].
Da qui il duplice significato attribuibile al neoformalismo: «la forma viene utilizzata dal legislatore europeo come strumento di controllo del regolamento contrattuale in un’ottica che è, insieme, conformativa del mercato […] e protettiva […] della parte debole»[97].
Le norme, difatti, che riguardano la formazione dei contratti telematici hanno dovuto riconciliare le finalità promozionali con alcuni valori, come la tutela del consumatore, quella dei dati personali e il rispetto dei diritti fondamentali, che altrimenti rischierebbero di essere travolti dalla rapidità con la quale la tecnologia consente uno scambio di consensi[98].
Il tema della formazione del contratto, difatti, ha conosciuto con l’avvento dell’e-commerce e della contrattazione telematica una nuova modulazione. Ove, le questioni di maggiore interesse sono quelle della nascita del vincolo, anche in relazione al tempo e al luogo, nonché la problematica più generale relativa all’esistenza di un potere in capo ai privati di introdurre meccanismi di formazione del contratto differenti rispetto a quelli tipicamente delineati dalla legge.
In primo luogo, è importante rilevare come la contrattazione on line possa perfezionarsi attraverso due principali sistemi: 1) con lo scambio di manifestazioni di volontà attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione, quali e-mail, forum, newsgroup (contratti «a comunicazione diretta») che garantiscono un dialogo effettivo tra le parti contraenti; 2) accedendo al sito di un e-shop, attraverso la sottoscrizione di form, cioè tramite la pressione virtuale del tasto negoziale «accetto» (contratti «a comunicazione indiretta»), ove il consenso si esprime semplicemente attraverso il click (c.dd. contratti point and click)[99].
Tuttavia, per analizzare compiutamente il procedimento di formazione e conclusione del contratto occorre ricordare in primo luogo che i siti di e-commerce sono delle vetrine virtuali in cui sono messe in esposizione via web le merci acquistabili on line (ma anche off line), ponendosi, dunque, la conseguente problematica se ricorra lo schema dell’offerta al pubblico o dell’invito a proporre[100]. Queste due modalità di formazione del contratto, difatti, pur rappresentando categorie tra loro molto simili, si differenziano in quanto, nella prima ipotesi, sussistono tutti gli elementi costitutivi della proposta formale indirizzata ad una pluralità di destinatari, nella seconda ipotesi, invece, il proponente invita una pluralità di possibili acquirenti a formulare loro stessi una proposta[101].
Sul punto la dottrina afferma che, nel caso in cui il sito web contenga tutti gli elementi essenziali della proposta contrattuale, lo schema adoperato sarà quello dell’«offerta al pubblico» (espressamente disciplinata dall’art. 1336 c.c.), ipotesi alla quale resta applicabile la regola generale che richiede la ricezione dell’accettazione da parte del proponente (1326 c.c.)[102]. Questo schema, in particolare, ricorre nel caso in cui i siti web presentino al loro interno cataloghi elettronici che riportino beni o servizi posti in vendita e dei quali vengano indicate le caratteristiche principali che l’utente potrà acquistare riempiendo un form elettronico ed inviandolo al proponente. Inoltre, allorché l’offerta al pubblico tramite web viene inoltrata a un numero indeterminato di soggetti destinatari, la stessa offerta è ritenuta dalla dottrina una proposta contrattuale in incertam personam[103].
Ne deriva che nel caso in cui il programma negoziale sia stato unilateralmente predisposto dal solo offerente, senza che alla controparte sia stato lasciato alcun margine di trattativa, viene in rilievo la fattispecie del contratto per adesione ed il relativo contratto si perfezionerà con l’accettazione dell’interessato. Sorgendo in capo al prestatore del servizio della società dell’informazione una responsabilità contrattuale, nel momento in cui l’utente inoltrerà il proprio ordine virtuale attraverso il sito web [104].
In particolare, la dottrina maggioritaria ritiene che il contratto concluso tramite «tasto negoziale» (sistema «point and click») rientri nella fattispecie codicistica dell’offerta al pubblico (1336 c.c.)[105].
Nell’ipotesi, invece, di offerta incompleta, la proposta, invece, dovrà considerarsi un semplice «invito ad offrire», generando soltanto una responsabilità precontrattuale in capo all’imprenditore che offra i suoi prodotti e servizi on line, in quanto si impegnerà contrattualmente nei confronti del suo utente solo successivamente, nel momento in cui confermerà (di solito tramite comunicazione via e-mail) l’ordine ricevuto[106]. Il contratto, quindi, si concluderà nel momento in cui l’acquirente avrà notizia dell’accettazione della sua proposta da parte del venditore[107]. In tale contesto, viene ritenuto che l’annuncio commerciale, in apposito sito web destinato alla negoziazione e accessibile a tutti, costituisca un invito ad offrire e che richieda quindi una proposta del consumatore e un’accettazione, o conferma dell’ordine, da parte dell’operatore telematico[108].
Fatta tale premessa, tornando segnatamente ai procedimenti di perfezionamento dell’accordo, l’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 70/2003 afferma che «le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica»[109]. Sul punto la dottrina sottolinea che tale norma ha la funzione di segnalare che le particolarità tecniche di sistemi informatici di comunicazione a distanza non sono tali da imporre una riscrittura delle consuete procedure di conclusione del contratto né esigono la predisposizione di procedure ad hoc[110]. Sicché il luogo, il tempo, in generale le modalità della fase di conclusione del contratto sono quelle disciplinate dalla normativa del codice civile, ancorché riadattate, in sede interpretativa, alla luce delle specificità dello strumento telematico, soprattutto in relazione alla estrema celerità, immediatezza, simultaneità dei contratti conclusi con meccanismi telematici[111].
Tuttavia, è possibile intravedere una prima modulazione degli strumenti codicistici già nell’art. 13 d.lgs. n. 70/2003 che stabilisce a carico del prestatore di servizi l'obbligo di inviare, senza giustificato ritardo e per via telematica, al destinatario l'avviso di ricevimento contenente una serie di informazioni. La norma aggiunge che la ricevuta deve contenere: un riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio, l'indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna, dei tributi applicabili[112].
In particolare, tale «ricevuta dell'ordine del destinatario» funge anche da conferma del proponente e, pertanto, quale obbligo informativo post-negoziale rappresenta un obbligo accessorio e successivo al perfezionamento dell’accordo, perché l'eventuale inadempimento non interferisce con il perfezionamento del contratto, il quale ha luogo indipendentemente dall'osservanza di esso[113]. Sul punto, la dottrina sottolinea che la comunicazione con la quale il prestatore accusa la ricevuta dell’ordine assolve la funzione di riepilogare all’utente Internet i termini dell’affare, in chiave anche di migliorare la ponderazione del contenuto dell’affare anche in vista dell’esercizio del diritto di recesso[114].
Per quanto riguarda l’ambito applicativo oggettivo, detto obbligo si riferisce ai contratti telematici perfezionatisi attraverso ordini e dichiarazioni negoziali, inoltrate mediante strumenti telematici destinati alla contrattazione telematica di massa, fatta eccezione, quindi, per i contratti conclusi esclusivamente mediante posta elettronica o comunicazioni individuali equivalenti[115].
La ratio della norma è, quindi, quella di assicurare maggior tutela laddove manchi un canale di comunicazione individuale, come nel caso dei contratti telematici conclusi in massa mediante piattaforma tecnologica di commercio elettronica basata su world wide web di Internet.
Per quanto riguarda l’ambito applicativo soggettivo, detto obbligo si riferisce indifferentemente ai contratti conclusi con i consumatori (c.d. B2C) e ai contratti tra imprenditori (c.d. B2B): tuttavia, nel primo caso – contratti B2C – l'obbligo è inderogabile, mentre nel secondo caso – contratti B2B – le parti possono accordarsi diversamente. La regola stabilita in commento è quindi derogabile esclusivamente se nessuna delle parti riveste lo status di consumatore.
Tuttavia, all’inoltro dell’ordine per via telematica e all’obbligo dell’invio della ricevuta, fa da corollario l’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 70/2003 che statuisce, analogamente all’art. 1335 c.c., una presunzione di conoscenza dell’ordine e della ricevuta quando le parti cui sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi.
Passiamo ora ad analizzare nello specifico le diverse modulazioni del procedimento di formazione e di conclusione del contratto «a comunicazione diretta» e segnatamente tramite invio e-mail e quelli «a comunicazione indiretta» e nello specifico tramite point and click.
Per quanto concerne i contratti «a comunicazione diretta», il contratto si concluderà secondo gli schemi tipici del nostro codice civile: si avrà cioè una proposta espressa da una parte a cui dovrà seguire un’accettazione conforme dell’altra parte (art. 1326 c.c.)[116]. In particolare, la dottrina sottolinea che, qualora lo scambio di proposta e accettazione risulti veicolato da messaggi di posta elettronica, il contratto risulterà concluso nel momento in cui l’accettazione giungerà all’indirizzo e-mail del proponente[117]. Da tale assunto ne deriva dunque che, con il meccanismo di conclusione per posta elettronica la struttura di formazione del contratto assume i connotati tipici del modello codicistico dei contratti conclusi tra persone distanti, con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 1335 c.c.
In particolare, l’art. 1335 c.c., regola la c.d. «presunzione di conoscenza», in base alla quale la proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta ad una determinata persona, si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario – segnatamente all’indirizzo di posta elettronica del destinatario –, se questi non prova di non averne avuto di fatto conoscenza[118]. Prova che può essere vinta non limitandosi a dimostrare di non averne avuto di fatto conoscenza ma solo con la prova a carico del destinatario che questi sia stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di aver ricevuto notizia della comunicazione[119].
D’altronde, la corrispondenza elettronica e quella cartacea, l’indirizzo reale e quello virtuale sono equiparati a tutti gli effetti dal legislatore prima nell’art. 14, comma 1, d.p.r. n. 445/2000 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) e poi nell’art. 45, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale), così come modificato e integrato dal d.lgs. n. 159/2006. In particolare, l’art. 45 d.lgs. n. 82/2005 precisa che «il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore». Tuttavia, sul punto, parte della dottrina sottolinea che, tale ultima norma citata, disciplina la sola fase della trasmissione del documento, e «non contiene una presunzione di conoscenza del contenuto del documento, ma una equiparazione, dal punto di vista giuridico, di un accadimento del mondo virtuale o informatico – la trasmissione e la ricezione di una e-mail – ad un avvenimento del mondo fenomenico e cioè l’invio o l’indirizzamento e la ricezione all’indirizzo fisico della dichiarazione o dell’atto»[120].
Ne consegue che l’art. 45 d.lgs. n. 82/2005 regolata esclusivamente l’inoltro in via telematica del documento informatico, la cui conoscenza resterà disciplinata da codice civile (art. 1335) [121].
Vige, pertanto, per la contrattazione via e-mail la presunzione «di conoscenza», o più correttamente «di conoscibilità»[122]. Ciò trova conferma anche nello stesso art. 11, comma 1, dir. 2000/31/CE secondo cui «l’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti cui sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi[123]».
Il legislatore italiano, al pari di quello europeo, dunque delinea nei contratti telematici stipulativi via e-mail e più in generale nei contratti «a comunicazione diretta» una presunzione relativa di conoscibilità nel momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario.
Il contratto stipulato tramite scambio di dichiarazioni per e-mail, pertanto, si perfeziona allorquando un’accettazione conforme alla proposta giunga al destinatario (nell’apposito contenitore dei messaggi messo a disposizione dell’utente dal provider), facendo sempre salva la dimostrazione in capo al destinatario di essere stato nell’inconsapevole impossibilità di averne notizia[124].
Inoltre, nell’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 70 del 2003, rubricato «Inoltro dell’ordine», specifica che «l’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi». Da tale assunto ne deriva quindi che l’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti non già quando le parti ne avranno effettivamente conoscenza, ma quando le stesse si troveranno nella possibilità di averne notizia, ossia allorquando la comunicazione giungerà all’indirizzo telematico (c.d. domicilio informatico e virtuale) del destinatario[125].
Tuttavia, sul punto parte della dottrina sottolinea che l’applicazione dell’art. 1335 c.c. alla fattispecie dei contratti on line conclusi tramite e-mail «comporta, per ogni titolare di un indirizzo e-mail, l’obbligo di un periodico controllo della posta in arrivo perché, mentre al mittente sarà sufficiente dimostrare l’invio dell’e-mail, il destinatario invece si vedrà gravato dell’onere di superare la menzionata presunzione dimostrando di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di avere notizia della stessa e-mail»[126]. Non solo, emerge l’onere del consumatore che entri in un contratto on line di controllare sollecitamente il contenuto della propria casella di posta elettronica, in quanto dal rispetto o meno degli obblighi informativi in capo al mittente decorre un differente termine per il recesso e segnatamente: sette giorni dal ricevimento della merce, in ipotesi di fornitura di beni e dalla data di ricezione dell’informazione, nel caso di contratti di prestazioni di servizi; sessanta giorni, nel caso non siano stati assolti gli obblighi informativi[127].
In riferimento, invece, al luogo di conclusione del contratto telematico tramite e-mail, si sono susseguiti diversi orientamenti, difatti, una prima teoria sostiene che il contratto si concluda nel luogo in cui il proponete scarica la posta elettronica contenete l’accettazione dell’oblato, una seconda teoria considera quale luogo di conclusione del contratto quello in cui si trova il server del provider contenente la casella postale del proponente[128]. Tuttavia, la tesi oggi maggioritaria afferma oggi che il luogo di conclusione del contratto deve essere individuato presso la sede dell’impresa ovvero dove viene svolta l’attività professionale del destinatario dell’accettazione, indipendentemente da dove si trovi il computer o il sito utilizzato[129].
Tuttavia, parte della dottrina afferma che è di scarsa rilevanza il luogo della conclusione del contratto, poiché ai fine della competenza, per i contratti B2C, il foro facoltativo di cui all’art. 20 c.p.c. non opera per i contratti telematici dei consumatori, essendo previsto dalla legislazione di tutela del consumatore il foro speciale inderogabile della residenza o del domicilio di questi[130].
Per quanto concerne la possibilità di revoca della proposta, la stessa potrà essere revocata fino a quando il destinatario non abbia inviato l’accettazione al provider del proponente. Per quanto riguarda, invece, la revoca dell’accettazione, proprio come accade nella contrattazione tradizionale, è possibile fin quando l’accettazione non giunga all’indirizzo di posta elettronica del proponente. Tuttavia, l’art. 1328, comma 2, c.c. condiziona l’efficacia della revoca dell’accettazione alla circostanza che essa giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione stessa. Tuttavia, sul punto, parte della dottrina sottolinea che, stante l’annullamento del lasso temporale intercorrente tra l’invio ed il ricevimento del messaggio, tipico dei contratti telematici, appare ben difficile ipotizzare un’efficace revoca dell’accettazione, a meno che non si riesca a dimostrare che il proponente abbia prima conosciuto la revoca e poi l’accettazione[131].
Per quanto riguarda, invece, la fase della conclusione dei contratti «a comunicazione indiretta»[132], il d.lgs. n. 70 del 2003 detta una particolare disciplina prevedendo che il destinatario di un bene o di un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica e che il titolare del sito web di e-commerce debba, senza ritardo, e per via telematica accusare di aver ricevuto l’ordine dell’utente riepilogando le condizioni generali e particolari applicabili al contratto.
Il titolare del sito di e-commerce dovrà, quindi, predisporre la sua offerta on line in modo da consentire all’utente di avere piena consapevolezza del suo acquisto, sia nella fase precontrattuale (con i doveri di informazione previsti nell’art. 12 d.lgs. n. 70/2003) sia nella fase successiva all’inoltro dell’ordine (secondo l’art. 13 d.lgs. n. 70/2003).
In particolare, il contratto telematico si concluderà mediante il c.d. «tasto negoziale virtuale» o «point and click», cioè tramite il puntamento del mouse sul tasto «virtuale» di accettazione e la conseguente pressione sullo stesso mouse o direttamente sulla tastiera del computer[133].
È opportuno segnalare che, la conclusione del contratto tramite la digitazione del tasto negoziale virtuale ha creato in dottrina e giurisprudenza diversi dubbi interpretativi circa la possibilità che il point and click possa essere considerato alla stregua di un’accettazione espressa[134]. Tuttavia, la pressione del c.d. tasto virtuale, quale modalità necessaria per la manifestazione della volontà negoziale prescelta dal proponente ai sensi del l’art. 1326, comma 4, c.c. è ritenuta dalla dottrina maggioritaria idonea e sufficiente per manifestare il consenso contrattuale[135]. In particolare, parte della dottrina sostiene che l’art. 1326, comma 4, c.c. ammettendo che il proponente possa prescrivere modalità e forme procedimentali determinate dell’adesione dell’oblato, ammette l’idoneità impegnativa della volontà della condotta della parte contraente a concludere un contratto tramite point and click[136].
Il sistema delineato dagli artt. 1326 ss. c.c., dunque, è ricostruibile nel senso che colui che prende l’iniziativa della conclusione del contratto tra assenti ha un duplice potere: «quello di dettare il futuro regolamento giuridico, ovviamente in modo non vincolante per il destinatario (e si tratta di potere ad esercizio necessario, altrimenti non si avrebbe proposta[…]) e quello (eventuale) di dettare, con efficacia vincolante per il destinatario, la procedura per la conclusione del contratto. La funzione della proposta è, infatti, quella di autorizzare l’oblato a vincolare il proponente attraverso un proprio atto di volontà (accettazione) e dunque non sorprende che nell’ampliare la sfera giuridica dell’oblato il proponente possa porre dei limiti e delle modalità di esercizio di codesto nuovo potere attribuito all’oblato»[137]. Tuttavia, anche codesta attività di predisposizione delle modalità di espressione della accettazione negoziale incontra un limite nella meritevolezza degli interessi perseguiti, ricavabile facendo applicazione estensiva dell’art. 1322 c.c.[138]
Il proponente potrà dunque richiedere all’oblato di conformarsi, nella conclusione del contratto, ad un procedimento che sia finalizzato al perseguimento di interessi meritevoli di tutela, tuttavia, la predisposizione del procedimento di accettazione da parte dell’offerente dovrà dunque restare funzionale alle esigenze di rapidità e standardizzazione che caratterizzano l’e-commerce e che garantiscono vantaggi anche al consumatore.
Il fenomeno della conclusione del contratto tramite point and click ha poi trovato una copertura normativa esplicita, difatti, l’art. 51, comma 2, cod. cons. introdotto dal d.lgs. n. 21/2014 in attuazione dell’art. 8, comma 2, della direttiva 2011/83/UE, ha riconosciuto espressamente la validità del contratto concluso tramite il c.d. «tasto negoziale virtuale», prevedendo tuttavia che il professionista debba garantire la consapevolezza, in capo al consumatore ed al momento di inoltrare l’ordine, che l'ordine stesso implica l'obbligo di pagare ed imponendo che «se l’inoltro dell'ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell'ordine implica l'obbligo di pagare il professionista». Se tale prescrizione non sono rispettate, e dunque se il consumatore non è messo nella condizione di comprendere che da una fase informativa sul bene o servizio offerti sta passando la conclusione del contratto, la norma prevede che il consumatore non sei vincolato dal contratto o dell'ordine.
Tale disciplina completa quella prevista dall’art. 12 d.lgs. n. 70/2003 sul commercio elettronico, che impone al predisponente il sito internet di fornire informazioni sui «mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore», così implicitamente imponendo al professionista di predisporre idonei strumenti di revisione dell’ordine prima dell'invio e di correzione di eventuali errori nella manifestazione della volontà.
Per quanto concerne il momento della conclusione dei contratti «a comunicazione indiretta», vi sono diversi orientamenti e segnatamente: un orientamento afferma che il contratto si conclude quando gli impulsi elettronici si incontrano nei due videoterminali, o meglio al momento dell’accettazione dell’oblato[139]; un altro, invece, sottolinea che essendo il contratto concluso tramite point and click qualificabile come offerta al pubblico, ex art. 1336 cc., ne deriva che il vincolo si perfeziona quando il prestatore ha conoscenza dell’inoltro dell’ordine che ha la funzione di accettazione[140]; un altro orientamento, invece, afferma che il contratto si conclude con l’inizio dell’esecuzione della prestazione che si realizza con la spendita telematica della moneta[141]. Tale ultima dottrina, difatti, evidenzia che «l’invio dei numeri identificativi della carta di credito risulta sufficiente ad integrare l’inizio dell’esecuzione di cui all’art. 1327 c.c., sia sulla base dell’assunto dell’efficacia solutoria di tale strumento di pagamento, sia tenendo conto del fatto che tali forme di pagamento si concretizzano in un forte «indizio» di definitività del consenso del consumatore»[142]. Sul punto viene osservato che, il comportamento dell'acquirente, difatti, non si limiterebbe all'accettazione dell'offerta, ma con la digitazione del numero della carta di credito e la sua trasmissione la fattispecie procedimentale si connoterebbe come immediato adempimento di una delle prestazioni contrattuali[143]. Secondo tale ultima dottrina, la digitazione del numero della carta di credito assumerebbe la natura di volontà impegnativa e, avrebbe efficacia reale, perché assimilata all’atto solutorio e configurerebbe una accettazione per esecuzione, dove la trasmissione telematica dell’atto varrebbe come pronto avviso ex art. 1327, comma 2, c.c. Tuttavia, in senso critico è stato osservato che la fattispecie di formazione del contratto telematico, richiede per espressa previsione normativa un atto dichiarativo (trasmissione dell’ordine) che si aggiunge all’atto solutorio, in ciò divergendo dalla fattispecie di cui all’art. 1327 c.c. che richiede esclusivamente l’atto solutorio[144].
Per quanto riguarda il luogo di conclusione del contratto, invece, si sono riproposte tutte le problematiche, già analizzate, inerenti il contratto tramite e-mail, ove la tesi oggi maggioritaria afferma che il luogo di conclusione del contratto deve essere individuato presso la sede dell’impresa ovvero dove viene svolta l’attività professionale del destinatario dell’accettazione, indipendentemente da dove si trovi il computer o il sito utilizzato[145].
Da tale analisi del procedimento di formazione del contratto telematico ne deriva che l’utilizzo delle tecnologie digitali a supporto della contrattazione ha portato modifiche al significato ideologico del consenso espresso dall’incontro delle volontà. Le formalità e i procedimenti, difatti, hanno rimpiazzato quello che la dottrina ha chiamato «il modello umano» di formazione del contratto[146]. La sfida, pertanto, per gli ordinamenti giuridici è quella di individuare un punto di equilibrio tra l’esigenza che lo scambio non divenga completamente “disumano” e la necessità di favorire il ricorso alla tecnologia per migliorare la possibilità di scambio a distanza di beni e servizi.
5. La sottoscrizione on line delle clausole vessatorie tra disciplina codicistica e nullità di protezione
Se è vero che la disciplina della conoscibilità delle condizioni generali del contratto e delle clausole vessatorie permane e non subisce modifiche, è il caso di verificare se essa sia in qualche misura idonea ad affrontare le sfide derivanti dall’avvento dell’era digitale e a proteggere il cyber cliente.
Ci si soffermerà in questa sede, in termini di disciplina giuridica applicabile, sull’art. 33 ss. cod. cons. (a tutela del consumatore) e sull’art. 1341 cc. (a tutela del soggetto contraente sia esso qualificabile come consumatore o meno). In particolare, l’art. 1341 c.c. dispone che le condizioni generali di contratto, per essere efficaci nei confronti dell’acquirente, e segnatamente del contraente on line, dovranno essere portate a conoscenza dell’altra parte, prima dell’accettazione, attraverso la compilazione del form on line.
La questione assume particolare rilevanza, come sottolinea un’attenta dottrina, in quanto l’e-commerce è oggetto di una disciplina di origine comunitaria, recepita nel d.lgs. n. 70 del 2003, «frammentaria ed asistematica, ma soprattutto non idonea a cogliere segnatamente le peculiarità della forma elettronica, in quanto in gran parte ancorata ai principi dettati per il negozio giuridico tradizionale»[147]. L’art. 12, comma 3, d.gs. n. 70/2003, difatti, si limita a prevedere l’obbligo in capo al prestatore di mettere a disposizione dei contraenti informatici le condizioni generali di contratto in modo da permetterne «la memorizzazione e la riproduzione», senza, però, disciplinare le modalità con le quali tali condizioni generali debbano essere manifestate al contraente on line.
Partendo da tale assunto, ne consegue necessariamente una interpretazione orientata della disciplina civilistica, derivandone che le condizioni generali di contratto pubblicate all’interno di un sito web di e-commerce, dovranno essere redatte in conformità sia delle disposizioni di cui all’art. 1341 c.c. sia della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 70 del 2003.
Le tradizionali problematiche concernenti la contrattazione, così come tradizionalmente concepita, difatti, risultano ancora maggiormente enfatizzate nella piattaforma tecnologica del commercio elettronico, sia per la velocità delle transazioni, sia perché l’aderente a prescindere dello status rivestito dallo stesso si trova in una condizione di debolezza, essendo normalmente privo del potere di incidere su un negozio che risulta unilateralmente predisposto[148].
In primo luogo, occorre stabilire come e quando le condizioni generali di contratto on line[149] siano conosciute o conoscibili dal contraente telematico e quindi efficaci nei confronti di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1341, comma 1, c.c.
Alla stregua dell’orientamento prevalente formatosi in ordine alla conoscibilità delle condizioni generali contenute nel contratto, tale presupposto si ritiene assolto qualora il predisponente abbia posto in essere un’attività idonea a consentire al destinatario di conoscere il testo contrattuale con l’impiego dell’ordinaria diligenza, in relazione sia all’operazione economica posta in essere sia alle capacità conoscitive di un contraente medio[150].
In riferimento segnatamente alla contrattazione on line parte della dottrina afferma che le condizioni generali di contratto on line risultano efficaci nel caso in cui risultino direttamente riportate nel testo contrattuale on line e accessibili tramite apposita pagina web[151]. Tuttavia, un’altra parte della dottrina replica che tali condizioni generali di contratto risultano efficaci anche nel caso in cui siano conoscibili per relationem, sia in altre sezioni del sito che in altre pagine web.[152]
Tuttavia, la disciplina delle condizioni generali del contratto subirà una diversa declinazione nell’ipotesi in cui si tratti di clausole vessatorie. In deroga al principio di libertà di forma, infatti, il legislatore ha fatto discendere l’efficacia di tali clausole stesse dalla specifica approvazione per iscritto del contraente.
Occorre dunque verificare se la disciplina delle clausole vessatorie sia idonea ad affrontare le sfide derivanti dall’avvento dell’era digitale e a tutelare efficacemente il contraente on line[153].
La vera problematica riguarda segnatamente se risulta assimilabile ad una vera e propria sottoscrizione, quale quella richiesta dall’art. 1341, comma 2, c.c., il riempimento di una web form, contente diciture del tipo «accetto» o simili[154].
In particolare, data la peculiarità dell’area della contrattazione telematica, si pone il quesito di come potrà ritenersi adempiuto il requisito della specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie, previsto dall’art. 1341, comma 2, c.c.
In primo luogo, occorre richiamare la disciplina della la dir. 1999/93/CE sulle firme elettroniche che all’art. 5, § 2, stabilisce il principio secondo il quale è vietato disconoscere negli ordinamenti nazionali il valore del documento elettronico solo perché sottoscritto con firma elettronica non qualificata. Da tale disciplina europea ne deriva che al documento informatico, elettronicamente sottoscritto, non possa essere negata rilevanza giuridica, né ammissibilità in un giudizio come mezzo di prova[155].
Tuttavia, recentemente il legislatore italiano ha innovato la disciplina concernente le firme elettroniche[156]. In particolare, l’art. 21, comma 2, cod. amm. dig., dispone che esclusivamente: «il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 20, comma 3, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. L’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria». Ai sensi dell’art. 21, comma 1, cod. amm. dig. il documento informatico, cui è apposta una mera firma elettronica c.d. semplice, sul piano probatorio sarà, invece, solo «liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità» e non potrà più considerarsi ex lege costituente scrittura privata, salva comunque la possibilità di un «libero convincimento» del giudice sulla fondatezza del «credito» desumibile anche dal complesso delle prove offerte in giudizio.
Da tale disciplina sopra illustrata, ne deriva che è possibile, per legge, sottoscrivere con firma elettronica «semplice» un documento informatico, che pur essendo ontologicamente scritto, non sarà tuttavia ritenuto scrittura ai fini probatori[157].
È opportuno soffermarsi sulla possibilità di qualificare un «doppio click» da parte dell’utente on line quale modalità sufficiente ad ottemperare quanto disposto ex art. 1341, comma 2, c.c. Tuttavia, sul punto la dottrina maggioritaria ha risposto negando tale possibilità e ritenendo, invece, necessario che l’accettazione delle clausole vessatorie contenute nei contratti telematici avvenisse mediante firma elettronica, segnatamente, digitale[158].
Tuttavia, il quadro normativo inerente concernente la firma digitale risulta ancora più variegato, anche a seguito delle recenti modifiche normative avvenute sul punto[159]. Tuttavia, ai fini che qui rilevano sarà sufficiente ricordare che il codice dell’amministrazione digitale, distingue fra forme telematiche tipiche, costituite dalle firme elettroniche e dalla firma digitale alle quali viene attribuita equipollenza ipso iure alla forma scritta (cfr. art. 20, comma 2 ed art. 21, comma 2 bis, d.lgs. n. 82/2005) e forme telematiche atipiche integrate da ogni altra firma elettronica debole (alla quale viene attribuita equipollenza formale da verificarsi – ad opera del giudice – caso per caso, considerate le caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, immodificabilità; – cfr. art. 20, comma 1bis, d.lgs. n. 82/2005) o comunque ogni altra forma elettronica, non rientrante nella species della firma elettronica ( e tra le quali ben può annidarsi il tasto negoziale virtuale)[160].
In particolare, sul punto la dottrina afferma che, se i documenti informatici risultano sottoscritti con firma elettronica qualificata e con firma digitale, soddisfando il requisito della forma scritta ad substantiam, è possibile ritenere che le clausole vessatorie contenute in un contratto telematico siano efficaci se sottoscritte dall’aderente con una di tali due firme elettroniche[161]. Tuttavia, sempre lo stesso orientamento dottrinale afferma che, sotto il profilo dell’efficacia sostanziale, anche la firma elettronica avanzata (art. 1, comma 1, lett. q bis), cod amm. dig.), pur non essendo basata su un certificato qualificato, tuttavia, in quanto risulta essere idonea a consentire l’identificazione del firmatario del documento informatico e a garantire la connessione tra il documento ed il suo firmatario, soddisfa il requisito della forma scritta ad substantiam nei casi rientranti nell’art. 1350, comma 1, n. 13, c.c.[162] Inoltre, sempre secondo tale parte di dottrina, anche la firma elettronica semplice (ai sensi dell’art. 21, comma 1, c. amm. dig.), può soddisfare il requisito della forma scritta, qualora possieda, in concreto, «caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità», derivandone che, sempre che tali caratteristiche siano soddisfatte, anche una firma elettronica «non avanzata» può essere idonea all’approvazione di clausole vessatorie on line[163].
Da tale assunto ne deriva che, le modalità tecniche di sottoscrizione che caratterizzano le negoziazioni concluse mediante Internet sono, pertanto, difficilmente compatibili con la disciplina consumeristica dettata dagli artt. 33 e 34 cod. cons.
Proprio al fine di meglio comprendere l’effettivo impatto sulla disciplina consumeristica, è opportuno soffermarsi sulla nullità di protezione, quale rimedio posto a presidio a tutela del consumatore e volto a reagire all’introduzione di clausole abusive[164]. In generale l’art. 36, comma 1, cod. cons. afferma che «le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto», mentre, il comma 3 della medesima norma specifica poi che «la nullità opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice».
In particolare, l'art. 33, comma 1, cod. cons. definisce vessatorie le clausole che «malgrado la buona fede determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto»[165]. Tali clausole richiedono un apprezzamento da parte del giudice il quale dovrà valutarne la vessatorietà in rapporto al significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
L'art. 33, comma 2, cod. cons. contiene, invece, un'elencazione di clausole (c.d. lista grigia) la cui vessatorietà è presunta fino a prova contraria. Laddove in un contratto sia inserita una di queste clausole, il consumatore non sarà, dunque, gravato da particolari oneri probatori, potendo far valere la vessatorietà della stessa allegandone semplicemente l'appartenenza alla suddetta elencazione. Viceversa, spetterà al professionista dimostrare che la clausola non ha carattere vessatorio. In particolare, il legislatore ha previsto che la presunzione relativa di vessatorietà può essere superata in due modi, ovvero: provando che la clausola riproduce il contenuto di disposizioni legislative o di una delle altre fonti indicate all'art. 34, comma 3, cod. cons. oppure che la stessa è stata oggetto di trattativa individuale. Tuttavia, ad escludere la vessatorietà in tal caso non basta la mera adesione formale (come la sottoscrizione, a parte, sufficiente ai sensi l'art. 1341, comma 2, c.c.), ma occorre una trattativa individuale, dovendosi intendere con ciò che al consumatore deve essere stato consentito di intervenire nella formulazione della clausola.
L’art. 36, comma 2, cod. cons., invece, enuclea una serie di clausole (c.d. lista nera) che si presumono iuris et de iure vessatorie e, dunque, non ammettono prova contraria.
Tuttavia, al di là delle specifiche indicazioni di legge in ordine alla vessatorietà di determinate clausole, è opportuno ritenere che le clausole vessatorie costituiscono una categoria aperta con la conseguenza che il consumatore potrà comunque ai fini dell’applicazione della tutela consumeristica, provare che una clausola non legislativamente tipizzata produca in concreto un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e sia contraria alla buona fede oggettiva[166].
La nullità di protezione - quale strumento delineato dal legislatore comunitario volto a reagire all’introduzioni di tali clausole nel contratto - è una forma di invalidità che ha costretto la dottrina alla correzione e all’integrazione delle caratteristiche tradizionalmente riconosciute alla figura della nullità, poiché ne dismette i consueti caratteri dell’assolutezza della legittimazione ad agire e dell’inefficacia totale del contratto. La nullità di protezione è, difatti, una forma di nullità relativa e parziale, poiché è azionabile soltanto dal consumatore e rilevabile d’ufficio dal giudice, ma soltanto nell’interesse di quest’ultimo ed è inoltre destinata a rendere inefficace esclusivamente la parte del regolamento contrattuale o la singola clausola contra legem[167]. Trattasi dunque di una nullità necessariamente parziale, nel senso che essa colpisce la clausola o le clausole censurate, ma, per volontà della legge, non può travolgere l’intero contratto, a prescindere da ogni indagine sulla essenzialità delle clausole secondo la volontà delle parti, indagine richiesta invece, secondo la regola generale in tema di nullità parziale, dall’art. 1419, comma 1, c.c. (secondo cui la nullità delle singole clausole importa la nullità dell’intero contratto «se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità»). Il legislatore, dunque, in deroga alla regola generale di cui all’art. 1419, comma 1, c.c. ha introdotto una nullità necessariamente parziale, che investe esclusivamente la singola clausola ed è un rimedio per correggere e riequilibrare il contratto nell’interesse del consumatore[168].
Si può dunque sostenere che quando il legislatore pone in essere un’ipotesi di nullità di protezione è come se elevasse il contrente debole ad arbiter delle sorti del contratto, in modo che lo stesso possa scegliere se far valere tale nullità o confermare la validità del negozio nello stato in cui è sorto (ovvero viziato).
Circa l’interesse tutelato nella nullità di protezione, a ben vedere, lo stesso è di natura “superindividuale” ed in particolare coincide con la tutela di valori costituzionalmente rilevanti, come il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) o l’uguaglianza tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.). In altri termini, i principi costituzionali coinvolti dalle discipline di protezione (solidarietà, efficienza del mercato, tutela del risparmio, uguaglianza sostanziale tra i contraenti) elevano la protezione del singolo contraente-consumatore, a parametro oggettivo di valutazione della validità dell’atto.
Pertanto, dall’applicazione di tale disciplina ai conclusi telematicamente con i consumatori con la modalità point and click, il problema principale riguarderebbe l’inapplicabilità dell’art. 34, comma 4, c. cons., il quale prevede l’esclusione della vessatorietà di clausole od elementi di clausola, in ragione della avvenuta negoziazione attiva delle stesse con il consumatore[169].
Inoltre, si porrebbe un’ulteriore problematica e segnatamente inerente l’art. 35 c. cons., il quale prevede il divieto di clausole oscure. In particolare, tale problematica si porrebbe nel caso in cui le clausole non siano contenute nella pagina web contenente il testo contrattuale, ma quest’ultimo operi un rinvio ad altre pagine attraverso un link. In tal caso, parte della dottrina afferma che si dovrebbe procedere a verificare se le modalità del rinvio effettuato consentano di soddisfare le esigenze di certezza e chiarezza poste a fondamento della disciplina consumeristica e allorché la valutazione si concluda in maniera negativa, la clausola dovrà essere espulsa dal testo contrattuale, conseguente alla nullità della stessa ai sensi dell’art. 36 c. cons. Pertanto, nei «contratti on line, potrà accadere che il contratto si perfezionerà attraverso il sistema del point and click e le clausole vessatorie ex art. 1341, comma 2, c.c. saranno efficaci solo se rese specificamente approvabili con la firma elettronica semplice dotata di «caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità», ma nei contratti con i consumatori persino l’utilizzo di una qualificata o digitale potrebbe rilevarsi inidonea a dimostrare l’avvenuta trattativa ai fini della approvazione delle clausole vessatorie»[170].
6. Lo jus poenitendi come rimedio europeo volto alla tutela del cyber consumatore
Il d.lgs. n. 70/2003 non detta una regola specifica in materia di recesso nella contrattazione telematica, limitandosi ad imporre all’art. 13 d.lgs. n. 70/2003 al fornitore l'obbligo di informare il consumatore circa la possibilità di recedere dal contratto, contestualmente all’emissione della ricevuta di avvenuto ordine.
Tuttavia, nel momento in cui si riconduce il contratto concluso per via telematica alla disciplina della contrattazione a distanza, è a quest'ultima disciplina che occorre far riferimento, riconoscendo in tal modo al consumatore ex artt. 52-59 cod. cons. il diritto di recedere dal contratto quale diritto di ripensamento[171].
Il particolare il recesso di pentimento è uno strumento di autotutela che permette al consumatore di “abbandonare il contratto” in un tempo breve successivo alla conclusione di quest’ultimo, al fine di valutare l’effettiva convenienza dell’affare[172]. Tale strumento è, infatti, predisposto dal diritto privato comunitario per ovviare alla velocità degli scambi ed è volto a favorire scelte contrattuali ponderate, in un contesto negoziale in cui, peraltro, al consumatore è ritagliato il ruolo di semplice aderente ad un contratto predisposto dal professionista.
È opportuno evidenziare che la figura di recesso di pentimento si discosta nell’ordinamento italiano del recesso convenzionale di cui all’art. 1373 c.c. e segnatamente perché: è di fonte legale ed è attivabile anche in presenza di un inizio di esecuzione; è una forma di recesso ad nutum, ossia senza obbligo di motivazione; è esperibile senza costi per il consumatore, salvo ovviamente il rimborso delle spese affrontate da controparte[173].
In particolare, le caratteristiche del recesso di pentimento inducono a ritenere: che non si tratti di un rimedio in senso tecnico giacché il suo esercizio non presuppone un interesse violato o inattuato e soprattutto non poggia su di un presupposto di fatto sul quale può concentrarsi il successivo apprezzamento di legittimità del giudice; che si tratti piuttosto di uno strumento di autotutela funzionalmente preordinato ad offrire al consumatore un breve lasso di tempo successivo alla conclusione del contratto per valutare l'opportunità e la convenienza dell' affare appena concluso ed effettuare eventualmente un ripensamento tramite la facoltà di sciogliere il contratto; che si tratti, infine, di un contrappeso del rischio di scelte contrattuali del consumatore non pienamente consapevoli, che è, a sua volta, inserito in un più ampio meccanismo di tutela volto a garantire l’effettività della tutela contrattuale della parte c.d. debole.
Da tale breve quadro descrittivo, emerge che il recesso c.d. di pentimento di estrazione europea rappresenti un’evoluzione della tradizionale figura codicistica del recesso.
Le caratteristiche del recesso del consumatore sono dunque: la piena discrezionalità nel suo esercizio senza doverne specificare il motivo, la gratuità (salvo il rimborso delle spese effettuate da controparte) e l’irrinunciabilità. Ove l’unico limite è il divieto di abuso del diritto, a sua volta espressione del principio di buona fede oggettiva inteso quale obbligo di salvaguardia dell’altrui posizione patrimoniale.
La dottrina nel tentativo di inquadrare il recesso di pentimento ha fatto leva sulla dicotomia consenso esterno-consento interno: il primo è la formula di sintesi che disegna le regole procedurali che conducono al perfezionamento del contratto tramite il compimento di atti formali che l'ordinamento assume come segni esterni del raggiungimento dell'accordo; mentre il secondo attiene alle regole poste a salvaguardia la consapevolezza e della libertà di scelta del consumatore, talvolta svincolare il raggiungimento del consenso esterno. In particolare, nel diritto contrattuale di origine comunitaria, il consenso interno viene tutelato principalmente (ma non solo) dallo ius poenitendi e sembra che nel diritto comunitario, a differenza del diritto comune, le due componenti del consenso si intreccino e si completino[174]. Il contratto, difatti, è concluso soltanto nel momento in cui il consenso esterno e il consenso interno si combinano e pertanto il recesso di pentimento finisce per essere incluso nel procedimento di conclusione del contratto.
Inoltre, è opportuno sottolineare, in linea generale, che la disciplina consumeristica adotta una tecnica che intreccia anche i doveri di informazione e il diritto di recesso, prevedendo che alla mancanza o al ritardo con cui viene fornita l’informazione si accompagna sempre un allungamento del termine per l’esercizio del diritto di recesso del consumatore, proprio al fine di garantire il consumatore, quale parte debole della trattativa consumeristica. Proprio a fronte di tali peculiarità, il recesso e le modalità del suo esercizio sono oggetto di obblighi di informazione a carattere imperativo che, se violati, determinano un prolungamento del termine per recedere[175].
Parte della dottrina afferma circa il recesso di pentimento che «non pare si tratti propriamente di un potere unilaterale di risoluzione di un contratto già perfezionato in ogni punto e perfettamente efficace […] bensì di una dichiarazione di pentimento che impedisce il perfezionamento del negozio»[176].
Nello specifico contesto della contrattazione telematica, questa particolare forma di recesso è giustificata dalle modalità con cui viene concluso il contratto telematico e dalle peculiari forme di contrattazione e adesione proprie dell’e-commerce, ove il consumatore non contribuisce a formare il contratto, ma aderisce allo stesso [177].
Tuttavia, secondo una parte della dottrina, il diritto di recesso nella negoziazione on line assume una funzione radicalmente diversa rispetto a quella classica di protezione del consumatore[178]. Tale dottrina, infatti, sottolinea che l'utente di internet è, generalmente, un consumatore informato che, tramite la rete, opera un attento confronto delle offerte e dei prodotti, derivandone che, lo jus poenitendi deve essere intenso nella contrattazione telematica quale elemento del procedimento di formazione del vincolo contrattuale e non quale fase ed esso esterna[179]. In particolare, secondo tale orientamento dottrinale il diritto di recesso nell’e-commerce è connotato da una diversa funzione rispetto al recesso consumeristico e segnatamente sarebbe contraddistinto dalla peculiare caratteristica di consentire la selezione nel mercato tra le diverse offerte on line, attuando in tal modo una continua ridistribuzione della domanda a vantaggio degli operatori maggiormente competitivi[180].
In primo luogo, si evidenzia che l’esercizio dallo ius poenitendi è svincolato da qualsiasi presupposto ed è riconosciuto a prescindere dalle modalità in cui il contratto è stato concluso.
Fatta tale premessa descrittiva, al fine di delineare i tratti principali del diritto di recesso di matrice europea, passiamo ora ad analizzare le diverse modulazioni che tale diritto assume nei contratti telematici e più in generale nel commercio elettronico. Ovviamente tale disciplina troverà applicazione segnatamente quando l’acquirente on line rivestirà lo status di consumatore, altrimenti il diritto di recesso seguirà la disciplina modulata dal codice civile ex art. 1373 c.c.
In particolare, come è stato evidenziato nei paragrafi precedenti la contrattazione telematica rappresenta un’evoluzione della disciplina comunitaria della contrattazione a distanza, derivandone che troverà applicazione per la disciplina dello ius poenitendi ex artt. 52-59 cod. cons.
Di certo, la fenomenologia del diritto di recesso è assai variegata nel diritto italiano di origine europea, tuttavia, per quanto concerne la contrattazione telematica, l’art. 52 cod. cos. attribuisce al consumatore la facoltà di recedere dal contratto concluso a distanza entro quattordici giorni[181], che divengono dodici mesi ove il professionista non abbia fornito le informazioni relative al diritto di recesso medesimo, ma rimangono salve ex art. 59 cod. cons. le eccezioni a tale facoltà[182]. Tuttavia, il diritto di recesso entro quattordici giorni lavorativi subirà una diversa modulazione di decorrenza in base alla singola tipologia contrattuale conclusa, sul punto a titolo meramente esemplificativo si evidenzia che: nel caso di contratti di servizi, il termine per esercitare il diritto di recesso decorrerà dal giorno della conclusione del contratto; nell’ipotesi di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore o il terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico dei beni; nel caso di beni multipli, ordinati dal consumatore mediante un solo ordine e consegnati separatamente, dal giorno in cui il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato il consumatore, acquisisce il possesso fisico dell'ultimo bene; nel caso di consegna del bene costituito da lotti o pezzi multipli, dal giorno in cui il consumatore un terzo, diverso dal vettore e designato del consumatore, acquisisce il possesso fisico dell'ultimo lotto o pezzo; nell’ipotesi di contratti per la consegna però periodica di beni durante un determinato periodo di tempo, dal giorno in cui il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico del primo bene[183].
A mente dell'articolo 53 cod. cons., qualora il professionista non abbia soddisfatto gli obblighi di informazione, il periodo di recesso termina dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, come determinato a norma dell'art. 52 cod. cons. Se il professionista fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso entro dodici mesi dalla data di cui all’art. 52, comma 2, cod. cons., il periodo di recesso termina quattordici giorni dopo quello in cui il consumatore riceve le informazioni.
La disciplina della contrattazione telematica, difatti, è particolarmente incentrata sugli obblighi informativi, obblighi che devono essere forniti dal professionista, pena il prolungamento degli stessi termini del periodo utile per recedere dal rapporto contrattuale. Inoltre, è opportuno rilevare che l’onere della prova relativo all’adempimento degli obblighi di informazione incombe sul professionista (art. 29, comma 10, cod. cons.).
In particolare, la dottrina sottolinea che l'operatore commerciale su Internet debba fornire le informazioni circa il diritto di recesso sulla stessa pagina dell'offerta telematica, nella stessa home page, non potendo in alcun modo soddisfare tale diritto informativo attraverso la tecnica ipertestuale del link[184].
Tuttavia, particolare rilevanza assume la disciplina contenuta nell'art. 49 cod. cons. ove viene stabilito che tutte le informazioni di cui al comma 1 formano parte integrante del contratto e non possono essere modificate se non con l'accordo espresso delle parti[185]. Sul punto parte della dottrina evidenzia che tale regola può essere invocata nella ricerca di possibili soluzioni a due ordini di problemi[186]. Il primo problema concerne l'ipotesi di difformità tra le informazioni precontrattuali fornite dal professionista e le clausole del contratto poi consegnate al consumatore e sul punto viene evidenziato che il problema si potrebbe risolvere nel senso della prevalenza delle informazioni precontrattuali sulle clausole del contratto, a meno che la modifica non sia stata espressamente pattuita[187]. Il secondo problema riguarda, invece, la mancata informazione precontrattuale. Sul punto tale orientamento dottrinale afferma che, fermo restando che alcune omissioni sono direttamente sanzionate dalla norma consumeristiche, come accade per gli obblighi di informazione sul diritto di recesso (art. 53 cod. cons.) o per alcuni specifici obblighi informativi la cui violazione comporta l’inefficacia della singola clausola (art. 49, comma 6, cod. cons.), per le altre omissioni saranno invece applicabili i rimedi generali del risarcimento e della risoluzione[188].
Inoltre, l’art. 49 cod. cons. stabilisce che nel caso di utilizzazione di tecniche consente una comunicazione individuale, le informazioni sopra descritte possono essere fornite, ove il consumatore lo richieda, in lingua italiana.
Passiamo ora ad analizzare le modalità di recesso e, segnatamente, l’art. 54 cod. cons. sancisce che, in generale, la possibilità per il consumatore di recedere tramite l’utilizzazione del modulo unico europeo prestampato di recesso di cui all’allegato I, parte B, ovvero mediante la presentazione di una qualsiasi altra dichiarazione esplicita della sua volontà di recedere dal contratto. In particolare, il professionista può offrire al consumatore l’opzioni di compilare e inviate elettronicamente il modulo di recesso-tipo riportato all’allegato I, parte B, o qualsiasi altra dichiarazione esplicita sul suo sito web[189]. Inoltre, tali casi grava sul professionista l’onere di comunicare, senza indugio, al consumatore una conferma di ricevimento, su supporto durevole, del diritto di recesso. Tuttavia, l’incombenza della prova relativa all’esercizio del diritto di decesso, invece, è in capo al consumatore (art. 54, comma 4, cod. cons.).
Tale previsione ha suscitato un particolare interesse in dottrina, non soltanto perché tende ad agevolare il consumatore nell'esercizio di un diritto fondamentale e irrinunciabile, ma anche in quanto denota come l'intervento del legislatore comunitario sia stato concepito con l'intento di promuovere, anzitutto, il commercio elettronico, accrescendo il livello di armonizzazione delle discipline nazionali.
L’effetto del recesso, pertanto, sarà quello sia di far cessare le obbligazioni delle parti, sia di perfezionare l’accordo nel caso in cui l’offerta sia stata fatta dal consumatore ed abbia carattere vincolante.
Per quanto riguarda, invece, le obbligazioni che dicendo dall'esercizio del recesso, le stesse sono delineate per il professionista all'art. 56 cod. cons., ove in particolare, quest’ultimo è tenuto a restituire non oltre 14 giorni dall'informazione dell’avvenuto recesso tutti i pagamenti ricevuti, incluse le spese di consegna, a meno che il consumatore non abbia scelto un tipo di consegna diverso da quello meno costoso che gli era stato offerto. In particolare, il suddetto rimborso dovrà essere luogo dovrà avere luogo tramite gli stessi mezzi di pagamento utilizzati dal consumatore, salva la sua diversa volontà e l'assenza di costi a suo carico. Tuttavia, il professionista, meno che non abbia proposto di riprendersi beni compravenduti, può rifiutarsi di rimborsare il consumatore finché questi non li abbia restituiti o non abbia fornito la prova di averli già spediti.
Per quanto concerne le obbligazioni discendenti dall’esercizio del diritto di recesso, queste, invece, risultano disciplinate dall’art. 57 cod. cons., secondo cui il consumatore stesso è responsabile in caso di recesso della sola diminuzione di valore dei beni compravenduti derivante dal loro uso non limitato dall’ordinaria verifica della natura, dalle caratteristiche e del funzionamento, a meno che il professionista non abbia omesso l’informazione sul diritto recesso. Da tale disciplina risulta evidente che il consumatore non potrà abusare del diritto di recesso, esercitandolo dopo aver manipolato i beni al di là di quanto necessario per verificarne la natura, le caratteristiche ed il funzionamento. In ogni caso, se il professionista non ha proposto di riprendersi i beni compravenduti, il consumatore dovrà inviarli o consegnarli senza ritardo e, in ogni caso, non oltre 14 giorni dall’informazione dell'avvenuto recesso. In tal caso il consumatore sarà tenuto a sostenere i costi di spedizione e di consegna, salvo il volontario accollo da parte del professionista o la sua omessa informazione circa la spettanza di tali costi.
In ogni caso è opportuno sottolineare che l’esercizio del diritto di recesso nella contrattazione conclusa telematicamente non comporta alcuna responsabilità per il consumatore, così come delineato dall’art. 57, comma 5, cod. cons.
Da tale breve analisi ne deriva segnatamente che il recesso pentimento delineato dalla disciplina europea si mostra maggiormente modellabile, rispetto al recesso codicistico, all’area del commercio elettronico e alla contrattazione telematica, perché volto a favorire scelte contrattuali ponderate, in un contesto negoziale in cui al consumatore è ritagliato il ruolo di semplice aderente ad un contratto predisposto dal professionista.
7. La disciplina della responsabilità del provider nell’attività di mere conduit, caching e hosting e la responsabilità per il trattamento dei dati personali
Per quanto concerne l’esegesi nel sistema del commercio elettronico della disciplina della responsabilità e dei singoli rimedi, nell’ambito del Capo secondo, intitolato “Principi”, della direttiva 2000/31/CE, vi è una Sezione, la quarta (artt. 12-15), dedicata alla “Responsabilità dei prestatori intermediari”[190].
Tuttavia, nonostante la direttiva dedichi ai prestatori intermediari il titolo della sezione in questione, non consta una definizione ad hoc degli stessi. La dottrina maggioritaria, così attraverso un’interpretazione ricostruttiva, tende a ricondurre le attività descritte negli artt. 12 ss. della direttiva 2000/31/CE alla figura nota come provider[191].
Dal punto di vista normativo interno, il legislatore italiano recependo la direttiva 2000/31/CE, ha tradotto tale disciplina negli artt. 14-17 del d.lgs. n. 70/2003.
Ove, in particolare, gli artt. 14, 15 e 16 d.lgs. n. 70/2003 trattano rispettivamente: dei servizi forniti dal prestatore intermediario, consistenti nel semplice trasporto (o mere conduit); della memorizzazione temporanea (detta caching); della memorizzazione (non temporanea, ma duratura, detta hosting) di informazioni fornite da un destinatario del servizio (cliente)[192].
È opportuno sottolineare che la disciplina della responsabilità dei prestatori intermediari è caratterizzata da un connotato compromissorio, derivante, in particolare, dal dover compenetrare le opposte istanze e, segnatamente, quelle dei prestatori intermediari, che non ritengono di poter o dover valutare il contenuto delle informazioni che veicolo o trattano, specie sotto il profilo della liceità e dannosità per i terzi e l’esigenza di evitare che le reti telematiche possano sfuggite al controllo autoritativo[193].
Tale carattere compromissorio, infatti, è messo in evidenza dallo stesso art. 17 d.lgs. n. 70/2003 che delinea in capo al prestatore intermediario una responsabilità civile per omissione, ovvero un modello di addebito che si fonda sul riconoscimento normativo di doveri di intervento e di cooperazione, piuttosto che di mera adesione[194].
Prima di procedere nella trattazione, occorre sottolineare che gli artt. 14-17 d.lgs. n. 70/2003 sono inerenti la responsabilità extracontrattuale del provider verso i terzi danneggiati da condotte che siano poste in essere dai propri clienti, anche grazie agli strumenti telematici ed informatici messi loro a disposizione, difatti, suddetta disciplina non delinea la responsabilità del provider verso il cliente, che in ogni caso è riconducibile all’area della responsabilità contrattuale[195].
Fatte tali premesse, passiamo ora all’analisi in dettaglio degli artt. 14-17 d.lgs. n. 70/2003.
In particolare, l’art. 14 d.lgs. n. 70/2003 disciplina la responsabilità dei prestatori intermediari con riferimento all’attività di semplice trasporto sancendo che il prestatore non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: non origini la trasmissione, non scelga il destinatario della trasmissione e non selezioni né modifichi le informazioni.
Tale disciplina delinea il confine, oltre il quale, il provider non esercita un semplice trasporto di informazioni, ma si rende compartecipe all’attività del proprio cliente e viene considerato insieme a questi, fornitore delle informazioni medesime[196]. Se, infatti, sono rispettate tali condizioni, l’eventuale illecito commesso dal cliente perde ogni rapporto di suitas con il provider.
Tuttavia, a norma dell’art. 14, comma 3. d.lgs. n. 70/2003 il provider assume una posizione di garanzia in ordine all’impedimento dell'evento nel momento in cui l'autorità giudiziaria o quella amministrativa di vigilanza esigono, in via d’urgenza, che impedisca o ponga fine alle violazioni commesse[197].
Sul punto, un filone dottrinale sottolinea che, poiché la norma non specifica la natura delle sanzioni a cui è sottoposto il provider che non ottemperi all'ordine giudiziario amministrativo, pur rimanendo impregiudicata l’applicabilità di sanzioni di tipo amministrativo o contravvenzionale, lo stesso dovrà rispondere per non aver impedito un fatto altrui alla stregua del medesimo piano di responsabilità dell'autore dell'illecito[198]. In particolare, poiché il fornitore delle informazioni può commettere illeciti rilevanti sia penalmente che civilmente, ne deriverà che la responsabilità per mancato impedimento la responsabilità si declinerà in maniera differente secondo le regole proprie di ciascun differente piano di responsabilità. Conseguendone che in caso di illeciti penali, l’eventuale responsabilità penale del provider richiederà il medesimo coefficiente psicologico del fornitore delle informazioni, mentre in caso di illeciti civili, visto l’art. 2043 c.c. ne deriverà che sarà sufficiente il requisito minimo richiesto dalla norma cardine della responsabilità aquiliana e dunque la colpa[199].
Per quanto concerne i successivi artt. 15 e 16 d.lgs. n. 70/2003, il legislatore utilizza una disciplina simmetrica a quella dell’art. 14 d.lgs. n. 70/2003.
In particolare, l’art. 15 d.lgs. n. 70/2003 disciplina la responsabilità dei prestatori con riferimento alla memorizzazione temporanea, detta caching. Ove viene previsto che il prestatore non sarà considerato responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea delle informazioni, effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che egli: non modifichi le informazioni; si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni; indichi tali informazioni in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; non interferisca con l’uso lecito delle tecnologie ampiamente riconosciute ed utilizzate nel settore per ottenere dati sull’impiego delle stesse informazioni; agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato o per disabilitarne l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell’accesso.
Viene, quindi, ipotizzata una limitazione di responsabilità che riguarda principalmente gli Access provider, cioè coloro che consentono agli utenti di collegarsi alla rete telematica[200].
L'art. 16 si occupa, invece, del c.d. hosting. Si tratta dell’attività in cui l'ingerenza del provider è massima. In tal caso vi è, infatti, una pregnante compartecipazione del provider con il proprio cliente nell’eventuale illecito. Compartecipazione che, tuttavia, si avrà solo nel caso di consapevolezza da parte dell'intermediario dell'illiceità delle attività o dell'informazione ospitata[201].
Il prestatore, difatti, non verrà considerato responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che egli: non sia effettivamente al corrente del fatto che l’attività o l’informazione sia illecita; per quanto attiene alle azioni risarcitorie, non sia al corrente dei fatti o di circostanze che rendano manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione; non appena al corrente di tali fatti, su comunicazione delle Autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso[202].
È opportuno sottolineare che, in tutti i casi previsti dagli artt. 14, 15 e 16 d.lgs. n. 70/2003, l’Autorità giudiziaria o quella amministrativa competente possono esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio della propria attività, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.
L’art. 17 d.lgs. n. 70/2003, rubricato “Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza”, delinea, invece, una disciplina comune a tutte le norme sulla responsabilità degli intermediari.
In particolare, viene sancito il principio dell’assenza di un generale obbligo di sorveglianza da parte degli intermediari sulle attività degli utenti che utilizzano i loro servizi.
Tuttavia, il secondo comma regola invece i rapporti tra il provider e l’autorità giudiziaria o amministrativa, prevedendo dettagliati obblighi di informazione e cooperazione. Il provider, infatti, ha il dovere di comunicare, senza alcun indugio, alle competenti autorità presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell'informazione, di cui abbia conoscenza al fine di individuare e prevenire attività illecite.
Tuttavia, il provider può essere chiamato a rispondere ex art. 17, comma 3, d.lgs. n. 70/2003 nel caso in cui richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzione di vigilanza, non abbia agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l’accesso non abbia provveduto ad informare l’autorità competente.
In linea generale, dunque, è possibile configurare tre diverse ipotesi di responsabilità del provider nel caso in cui svolga: 1) un semplice servizio di trasmissione delle informazioni fornite dall’interessato, soltanto, qualora egli abbia modificato, manipolato o selezionato le stesse. In caso contrario egli è un meno nuncius e, quindi, non risponde dell’eventuale illecita delle informazioni, anche se le autorità giudiziaria o quella amministrativa di vigilanza possono impedirgli, in ogni caso, la cessazione della loro trasmissione; 2) un servizio di memorizzazione temporaneo, se ha modificato o manipolato le informazione o se, nonostante la comunicazione del provvedimento di rimozione emanato da un’autorità giudiziaria amministrativa a causa dell’eventuale carattere illecito delle stesse, non le ha immediatamente cancellate o comunque non ne ha impedito l'accesso da parte di terzi; 3) un'attività di memorizzazione permanente, oltre alle due ipotesi elencate nel punto 2, se, appreso il carattere illecito delle informazioni non ha provveduto a cancellarlo o comunque ad impedirne l'accesso[203].
Così ricostruita la disciplina della responsabilità del provider introdotta dal d.lgs. n. 70/2003, bisogna trattare ora della responsabilità per danni cagionati per l'effetto del trattamento dei dati personali e, in particolare, occorre fare riferimento all'art. 82 del Reg. (UE) 679/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (c.d. GDPR), relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati.
In particolare, il primo paragrafo dell'art. 82 del Reg. 679/2016 stabilisce che chiunque subisca un danno materiale o immateriale causato da una violazione delle disposizioni del GDPR ha il diritto di ottenere il risarcimento dal titolare del trattamento e/o dal responsabile del trattamento.
Il secondo paragrafo dell'art. 82 del Reg. (UE) 679/2016 specifica poi l’ambito della responsabilità per il trattamento dei dati personali e stabilisce che il titolare del trattamento risponde per il danno cagionato dal suo trattamento che violi il presente regolamento, mentre il responsabile del trattamento risponde per il danno causato dal trattamento solo se non ha adempiuto gli obblighi del presente regolamento specificatamente diretti ai responsabili del trattamento o ha agito in modo difforme o contrario rispetto alle legittime istruzioni del titolare del trattamento. Tuttavia, occorre sottolineare che, in caso di pluralità di soggetti coinvolti nel medesimo trattamento e responsabili per eventuale danno causato dallo stesso, il quarto e il quinto paragrafo dell'art. 82 del Reg. (UE) 679/2016 prevedono che al fine di garantire il risarcimento effettivo dell' interessato, ognuno di essi sia responsabile in solido per l'intero ammontare del danno, fermo restando il diritto di esperire un’azione di regresso nei confronti degli altri corresponsabili per ottenere la parte del risarcimento corrispondente alla loro parte di responsabilità per il danno.
In ogni caso, come stabilito dal terzo paragrafo dell'art. 82 del Reg. (UE) 679/2016 il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento è esonerato dalla responsabilità se dimostra che l'evento dannoso non gli è in alcun modo imputabile.
Volendo trarre qualche prospettiva conclusiva, di certo è possibile affermare che il provider, nell’ambito dell’e-commerce non può essere considerato un mero organizzatore di uno strumento tecnico, ma debba assumere un ruolo di filtro volto a tutelare e compenetrare i diritti dei cyber utenti e le esigenze di un mercato elettronico e globale.
8. Un breve sguardo alla disciplina dell’e-commerce e della contrattazione telematica in prospettiva comparata internazionale: Stati Uniti d’America e Unione europea a confronto
Per meglio comprendere le diverse modulazioni e declinazioni che la contrattazione telematica ha delineato rispetto alla disciplina della contrattazione, così come tradizionalmente concepita, è opportuno volgere lo sguardo oltre Oceano e, in particolare, al paese considerato nativo dell’e-commerce: Stati Uniti d’America[204].
In questa sede ci si soffermerà in un primo momento sul contratto concluso tramite point and click, sulla disciplina delineata dal documento titolato Click-through Agreements: Strategies for avoiding disputes on Validity of Assent e sulla disciplina statuita dai Principles of the Law Contracts (ALI Principles), per poi volgere uno sguardo in una prospettiva di confronto con la disciplina modulata dall’Unione europea.
In primo luogo, è opportuno sottolineare che anche negli Stati Uniti d’America è stato messo in evidenza che i click wrap contracts non sono altro che contratti standard sotto una nuova veste, ove le peculiari modalità di contrattazione rendono ancora più evidenti i problemi di equità e di manifestazione del consenso, soprattutto perché in tali contratti si assiste ad un costante utilizzo di clausole vessatorie[205].
Da un punto di vista teorico, la dottrina definisce «click wrap agreement» o «point and click agreement» o «click wrap agreement» gli accordi in forma elettronica predisposti unilateralmente e conclusi mediante la semplice pressione di icone, di bottoni elettronici o tramite la digitazione di parole o frasi[206].
Nell’ordinamento giuridico degli Stati Uniti d’America, l’accordo telematico concluso attraverso «point and click» conosce forti limitazioni di ordine giurisprudenziale. In sintesi, si può rilevare che l’efficacia dell’accordo telematico concluso attraverso «point and click» è condizionato: 1) all’inesistenza di un precedente accordo tra le parti, non essendo sufficiente un semplice comportamento concludente a modifiche un accordo preesistente[207]; 2) alla conoscibilità delle condizioni generali di licenza e alla possibilità di recesso[208]; 3) all’adesione consapevole e ragionata alle condizioni generali. Se, infatti, le condizioni generali a cui si presta adesione contengono clausole vessatorie «the ordinary manifestation of assent implicit in a signature or acceptance of a document is insufficient because the assent is not reasoned and knowing».
Tuttavia, nonostante le problematiche sottese alla contrattazione on line e, in particolare, al contratto telematico concluso attraverso «point and click», la giurisprudenza statunitense si è mostra propensa a interpretare in senso evolutivo la teoria classica di conclusione del contratto, difatti, è giunta a considerare efficacemente conclusi i contratti mediante la tecnica click-wrap o browser-wrap. In alcune sentenze, difatti, i giudici statunitensi hanno disapplicato le norme dell’UCC in tema di condizioni generali del contratto e hanno considerata valida l’accettazione manifestata nell’ambito di browserwrap contract e cioè, quella tecnica di conclusione del contratto ove sono prestate sul sito web le condizioni contrattuali e vi è l’indicazione che porre in essere alcune azioni, tra le quali continuare a navigare sul sito o scaricare alcuni contenuti, equivale all’accettazione delle condizioni contrattuali, senza la necessità di una ulteriore manifestazione del consenso[209].
Ciò che si nota dall’analisi della giurisprudenza statunitense è che, in alcuni, casi le Corti hanno dichiarato vincolate le parti in un contratto concluso mediante la tecnica browserwrap, che è la tecnica che maggiormente si discosta dal principio generale consacrato nel Resteatment Second of Contract § 69, secondo cui il silenzio non può essere considerato come una forma di accettazione tranne che in casi rari ed eccezionali[210].
A fronte delle numerose controversie sorte negli Stati Uniti d’America inerenti proprio la conclusione di un contratto tramite «point and click», l’American Bar Associantion (ABA) attraverso la sottocommissione di electronic-commerce della sezione business law ha elaborato un documento dal titolo Click-through Agreements: Strategies for avoiding disputes on Validity of Assent avente ad oggetto le strategie da osservare affinchè il consenso manifestato attraverso accordi conclusi tramite <<point and click>> sia valido [211] . In particolare, detti principi sono articolati in diversi gruppi: 1) facoltà di esaminare i termini dell’accordo prima dell’invio dell’accettazione mediante pressione del tasto negoziale virtuale; 2) modalità di comunicazione dei termini dell’accordo; 3) modalità di accettazione e diniego dei termini dell’accordo, relative conseguenze e facoltà di correzione degli errori; 4) obbligo di conservazione delle registrazioni informatiche concernenti la conclusione dell’accordo telematico [212] .
Il primo gruppo di principi è volto ad assicurare effettivamente all’oblato la facoltà di esaminare i termini dell’accordo prima dell’invio dell’accettazione mediante pressione del tasto negoziale virtuale. In base ad essi, infatti, viene stabilito che la comunicazione dei termini dell’accordo deve necessariamente prevedere l'accesso all'area di accettazione mediante pressione del tasto negoziale virtuale. Inoltre, l'accesso ai beni e servizi offerti deve essere precluso - attraverso un’opportuna programmazione informatica della piattaforma di commercio elettronico - al destinatario della proposta, in difetto di accettazione, mediante pressione del tasto negoziale virtuale. Infine, è previsto che la piattaforma tecnologica utilizzata deve assicurare al destinatario della proposta modalità di facile consultazione dei termini dell'accordo e facoltà di accesso continuato ai termini predetti fino al perfezionamento dell'accordo.
Il secondo gruppo di principi, invece, sono atti ad assicurare effettivamente all’oblato modalità trasparenti di comunicazione dei termini dell’accordo prima dell’avvio dell’accettazione mediante pressione del tasto negoziale virtuale. In particolare, è previsto che: il formato e il contenuto dei termini dell’accordo deve essere conforme alle norme vigenti, con particolare riferimento alle modalità di comunicazione, chiarezza del linguaggio, leggibilità del formato utilizzato; le informazioni fornite dal proponente devono essere coerenti tra loro, evitando l'utilizzo di termini negoziali ambigui e contraddittori.
Per quanto concerne il terzo gruppo, sono enucleati dei principi atti ad assicurare effettivamente all’oblato modalità trasparenti di accettazione e diniego dei termini dell'accordo e le relative conseguenze. In base ad essi all'utilizzatore deve essere proposta chiaramente l'alternativa tra accettazione e diniego dell’accordo e i termini utilizzati per indicare l'accettazione dell'oblato e il rifiuto dei termini dell'accordo non devono essere ambigui. Inoltre, il procedimento di accettazione e rifiuto dei termini dell’accordo deve essere chiaro ed inequivoco, come pure le conseguenze dell’accettazione e del rifiuto. In particolare, in caso di accettazione, l'accettante deve essere messo nelle condizioni di poter fruire dei beni e servizi offerti senza dover aderire a condizioni aggiuntive, mentre in caso di rifiuto, deve essere precluso al destinatario della proposta l'accesso ai beni e ai servizi oggetto dell'offerta. Inoltre, all’utilizzatore, successivamente all'atto di accettazione o di rifiuto, il proponente deve comunicare l'avvenuto o il mancato perfezionamento dell’accordo. Infine, deve essere assicurato effettivamente all’oblato la facoltà di correggere eventuali errori, facoltà che deve concretizzarsi nella predisposizione sintetica, anteriormente la comunicazione dell'accettazione, degli elementi essenziali dell’ordine per una opportuna verifica.
Consideriamo, in ultimo, l'ultimo gruppo di principi atti a dare attuazione all'obbligo di conservazione delle registrazioni informatiche concernenti la conclusione dell'accordo telematico. Viene stabilito, infatti, che occorre conservare accurata registrazione del contenuto, del formato del contratto e delle relative modalità procedimentali di conclusione, tenendo conto anche della normativa a tutela dei dati personali. Inoltre, deve essere reso effettivo, anche con modalità telematiche, il diritto all'accettazione a conservare copia dei termini dell'accordo per la durata prevista dalla normativa vigente.
Tuttavia, accanto al Click-through Agreements: Strategies for avoiding disputes on Validity of Assent, l’American Law Institut ha elaborato i Principles of the Law Software Contracts (ALI Principles)[213].
In particolare, negli ALI Principles viene affrontato il problema delle clausole predisposte unilateralmente che possono essere “pericolose” per l’acquirente dei beni digitali on line. Inoltre, gli ALI Principles introducono una serie di regole tese ad incentivare una completa e chiara dislocazione delle condizioni contrattuali prima della conclusione del contratto stesso.
Gli ALI Principles, difatti, introducono una serie di regole tese a tutelare l’acquirente professionista o consumatore, stabilendo che le clausole contenute in condizioni generali di contratto che non sono state oggetto di negoziazione non possono essere fatte valere, a meno che, le condizioni generali di contratto non siano facilmente accessibile elettronicamente prima della conclusione del contratto e che tali clausole siano agevolmente comprensibili[214]. Inoltre, l’acquirente del bene digitale deve anche poter conservare e riprodurre, in qualsiasi momento, le condizioni generali di contratto. In ultimo, gli ALI Principles prevedono che l'acquisto può essere completato dopo che l’acquirente (professionista o consumatore) abbia signifyied lo standard form[215].
In particolare, l'obiettivo di tali principi è quello di incentivare i venditori ad adottare regole certe, trasparenti, a mettere a disposizione dei compratori le condizioni contrattuali prima della conclusione del contratto, consentendo da un lato all’acquirente on line di poter comparare le condizioni contrattuali tra i diversi fornitori prima di concludere il contratto e di effettuare il pagamento e dall’altro non consentendo la conclusione mediante la tecnica del browserwrap. Gli ALI Principles rappresentano, dunque, una declinazione del principio generale di correttezza nei rapporti commerciali. Tuttavia, è opportuno sottolineare che gli ALI Principles non hanno natura vincolante.
La breve analisi condotta ha dimostrato che negli Stati Uniti d’America vi è una tendenza di discostarsi dei principi elaborati dalle Corti in tema di contratti on line e di introdurre una normativa ad hoc per tali tipologie di contratti, senza però fare riferimento alla protezione dei consumatori, difatti, tale normativa è generalmente riferibile agli acquirenti on line.
Da tale assunto ne deriva che gli ALI Principles delineano una diversa modulazione di disciplina rispetto all’assetto di principi normativi disegnati dalla disciplina europea.
Da un punto soggettivo di applicazione, difatti, la situazione di disparità di potere contrattuale negli ALI Principles non riguarda – a differenza della disciplina europea – solamente i rapporti intercorrenti tra consumatore e professionista, ma più in generale tutti gli utenti del commercio elettronico. Gli ALI Principles, difatti, sono generalmente preordinati a garantire il corretto funzionamento del mercato on line.
Un ulteriore elemento di differenziazione riguarda l’ambito oggettivo di applicazione, difatti, gli ALI Principles si applicano solo ai software contracts[216], mentre la direttiva europea ha un ambito di applicazione più esteso ricomprendendo tutti i contratti telematici sia conclusi on line che off line di beni digitali e non.
La prospettiva statunitense ed europea, quindi, sembrano declinare in modo differente la disciplina dell’e-commerce e della contrattazione telematica e segnatamente: quella europea prevede una disciplina applicabile ai contratti tra professionisti e consumatori e concernente gli acquisti sia on line che off line; quella statunitense, invece, tende a garantire il corretto funzionamento degli acquisti on line di software a prescindere dallo status soggettivo dei contraenti.
Tuttavia, una parte della dottrina sottolinea che le due discipline, qui in esame, tendono ad avvicinarsi quando si parla di clausole che si presumono vessatorie[217]. Tale dottrina, infatti, afferma che la disciplina europea, accanto la definizione generale di clausola abusiva, individua un elenco esemplificativo ma non esaustivo di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria (c.d. lista grigia), gli ALI Principles, tuttavia, pur non avendo una lista c.d. grigia, in realtà, al pari della disciplina europea, individuano una serie di clausole che sono identificate come “sospette” e che non possono considerarsi vincolanti[218].
Inoltre, gli ALI Principles individuano una serie di clausole che dovrebbero essere considerate obbligatorie e quindi non derogabili con l'accordo tra le parti: come ad esempio le clausole che riguardano la garanzia obbligatoria in caso di difetti palesi e occulti nei contratti software; mentre la disciplina europea delinea il problema della inderogabilità della garanzia non in riferimento alle clausole vessatorie, ma in relazione alla garanzia nella vendita e alla conformità del bene venduto[219].
Inoltre, un’altra differenziazione tra le due discipline in esame riguarda la valutazione della vessatorietà di una clausola, difatti, mentre la disciplina europea richiama la natura dei beni dei servizi per cui il contratto è stato concluso ed anche tutte le altre circostanze che attengono alla conclusione del contratto e alle altre clausole; tale profilo risulta assente della disciplina statunitense[220].
Tuttavia, è ravvisabile un elemento di convergenza tra la disciplina europea e statunitense nel profilo che riguarda la comprensibilità e la chiarezza delle clausole, difatti, entrambe le discipline delineano che le clausole devono essere redatte in modo chiaro, intelligibile e devono essere rese in modo ragionevolmente comprensibile[221]. Inoltre, un altro dato che accomuna la disciplina statunitense ed europea, è quello concernete la dislocazione delle condizioni contrattuali prima della conclusione del contratto[222].
Alla luce della breve analisi effettuata è possibile intravedere il diverso approccio delle due discipline relativamente alla contrattazione telematica e all’e-commerce. Da un lato, infatti, la disciplina degli Stati Uniti d’America è pensata per garantire segnatamente il funzionamento del mercato on line di software, non sortendo differenza nell’applicazione della relativa disciplina lo status rivestito dal contraente telematico. Mentre, la disciplina europea delinea una tutela maggiormente garantista in base allo status rivestito del contraente telematico e segnatamente se lo stesso riveste la qualifica di consumatore. Lasciando, tuttavia, in tal modo un vuoto normativo nel settore dei contratti on line tra imprese e piccole e medie imprese, dove potrebbero presentarsi le medesime problematiche emerse nei contratti tra professionisti e consumatori[223].
9. Sull’onda lunga della contrattazione telematica: gli agenti software, questioni in tema di Smart Contracts e la nuova modellazione degli schemi tradizionali del diritto privato
La contrattazione telematica ricomprende, dunque, l’insieme degli eterogenei fenomeni negoziali accomunati dall’utilizzo dello spazio virtuale di Internet quale strumento peculiare di comunicazione della volontà dei contraenti, di formazione e conclusione del contratto. Tuttavia, dalla smaterializzazione dello spazio, dalla dilatazione spaziale degli scambi, frutto della vocazione universale e a-territoriale della rete Internet ne deriva evidentemente una modellazione dei tradizionali schemi contrattuali.
A ben vedere, non si tratta di un fenomeno prettamente concernete il diffondersi della globalizzazione e del cyber commercio, infatti, nel corso del tempo la stessa disciplina della formazione del contratto ha subito numerose modulazioni.
Lo stesso principio consensualistico, difatti, che permeava l’intera disciplina della formazione del contratto nel codice del commercio e che era ignorato sia dal diritto romano che dal diritto germanico, si era affermato lentamente nell’epoca intermedia per influenza del diritto canonico e della prassi commerciale. I giuristi dell’epoca di mezzo, difatti, legati alla tradizione del diritto romano per cui per creare un vincolo obbligatorio non era sufficiente l’accordo delle parti, ma occorreva, oltre al consenso, un elemento integrativo variabile a seconda delle diverse categorie dei contratti, si limitarono ad ampliare il numero delle eccezioni che già nel diritto romano si erano apportate alla regola. In particolate, si limitarono ad introdurre il riconoscimento della forza obbligatoria ai patti quando questi avessero avuto carattere commerciale o fossero giurati ovvero fossero intervenuti nel corso di un giudizio[224].
Il principio secondo cui era sufficiente il consenso per dar vita alla convenzione obbligatoria era stato accolto dalla scuola naturale ed in seguito introdotto nel codice civile francese e negli altri codici del secolo XIX[225].
In particolare, in Italia la disciplina della conclusione del contratto e l’integrale accoglimento del principio consensualistico hanno trovato la loro sede naturale nel codice del commercio del 1882. Gli affari commerciali, difatti, che fino a quel tempo si erano conclusi principalmente fra presenti nelle fiere e nei mercati, già alla fine dell'Ottocento si perfezionavano fra persone lontane attraverso l'uso della posta o degli strumenti di comunicazione telegrafi del tempo. Tanto che il legislatore del codice di commercio dell'epoca aveva avvertito l'opportunità di disciplinare il procedimento di formazione del contratto e specificatamente l'istituto della negoziazione a distanza.
L’iter evolutivo dell’e-commerce, difatti, prende le mosse dalle prime forme di scambi automatizzati – tuttora largamente diffusi e caratterizzati dall’introduzione di moneta in una macchina distributrice di merci – ed è passato per una fase intermedia che ha visto affiancarsi a quegli scambi il diffondersi velocemente degli acquisti attraverso le reti televisive[226]. A tali acquisti, con l’avvento della rete Internet si sono ora affiancati gli acquisti telematici effettuati dal proprio domicilio, per l’appunto mediante la rete Internet.
In tale contesto di continua evoluzione non può che non farsi riferimento agli agenti software e agli Smart Contracts come massima evoluzione dell’e-commerce e della contrattazione telematica[227].
Il tema dei soggetti agenti nell’e-commerce, difatti, sembrerebbe potersi ampliare in riferimenti agli agenti software, menzionati anche nella convenzione UNCITRAL del 23 novembre 2005, che da un lato ne riconosce l’idoneità ad operare per la conclusione automatica di contratti e, dall’altro, ne imputa l’agire, sulla base del principio di autoresponsabilità, alla persona fisica nel cui interesse essi vengono fatti operare.
In particolare, con il termine “agenti software” o “agente informatici” o “agenti elettronici” ci si riferisce a quei programmi informatici capaci di azione autonoma in ambienti complessi e connotati dal duplice requisito della mobilità nella rete e della capacità di apprendimento[228].
Si tratta di temi ancora inesplorati dai giuristi che hanno tuttavia già generato uno stimolante dibattito dottrinale. Ove le problematiche principali concernono soprattutto la soggettività, la responsabilità di tali automi e la conseguente problematica del risarcimento dell’eventuale danno causato dagli stessi.
Sul punto vi sono orientamenti contrastanti, difatti, c’è chi auspica l’introduzione di una disciplina giuridica ad hoc per tale fenomeno, chi propone di dotare tali automi di una soggettività giuridica, seppure sui generis, chi invece, mette in guardia dall’ambiguità che l’“antropomorfizzazione” di tali agenti può ingenerare[229].
Di particolare rilevanza si mostra la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017, poiché lo stesso Parlamento ha vagliato, da un lato, la possibilità di dotare detti automi di una propria soggettività giuridica e, dall’altro, nel caso di automi particolarmente sofisticati, di considerare li stessi come persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno causato[230]. Tuttavia, un filone dottrinale, particolarmente attento alla tematica, afferma che, forse, sarebbe più praticabile ed efficiente che l’allocazione del rischio economico del danno extracontrattuale o anche contrattuale causato dall’automa gravi sul patrimonio del soggetto giuridico che si è avvalso dell’automa[231].
Inoltre, merita una breve analisi anche lo Smart Contract, poiché tale strumento segna, forse, la fuga dal concetto stesso di iuris vinculum[232].
In particolare, il c.d. “decreto semplificazioni” del 2019, all’art. 8 ter definisce Smart contract un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Lo smart contract soddisfa il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate.
Segnatamente, circa l’utilizzo di tale innovativa modalità di contrattazione è stato evidenziato da un filone dottrinale che i vantaggi connessi allo Smart Contract sono rappresentati sia dall’innumerevole quantità di variabili che un programma informatico può includere, determinando in tal modo la possibilità di neutralizzare il rischio delle sopravvenienze, sia dall’inevitabilità dell'effetto al verificarsi di una condizione che è proprio il meccanismo informatico[233]. Tuttavia, sul punto è stato replicato che lo Smart Contract, dovendo prevedere tutto e comprendere istruzioni per ogni evenienza fattuale, comporterebbe il trionfo del contratto non etero integrabile[234]. Inoltre, lo Smart Contract «promettono di rimuovere dalle transazioni commerciali la stessa possibilità di inadempimento, perché lo scambio avverrebbe solo e quando le due prestazioni siano contestualmente eseguite, segnerebbe di fatto, una fuga dal concesso stesso di obbligazione quale iuris vinculum con il quale si programma e impegna per il futuro e facendo spostare il pendolo storico dalla stessa promessa di fare o dare, al fare o dare contestualmente»[235]. «L’avvento dell’informatica non può trasformare il giurista da interprete a mero contabile del diritto»[236].
Tali scenari comporterebbero una inevitabile modulazione degli schemi del diritto privato, così come tradizionalmente conosciuto.
Di certo, infatti, la tecnologia ha avuto storicamente e, in ogni ordinamento giuridico, un'influenza sul contratto e sulle varie dimensioni della contrattazione. È discutibile quale area abbia subito il maggior impatto, ma è certo che la formazione del vincolo contrattuale ha risentito, e continua tutt'ora a risentire, intensamente dei cambiamenti procedurali e di sostanza imposti o favoriti dall’uso dei nuovi sistemi informatici. Rispetto al passato, l'avvento delle tecnologie digitali porta con sé un elemento di diversificazione ulteriore perché, oltre alla virtuale eliminazione della distanza e della dimensione temporale del momento di scambio dei consensi, la tecnologia è divenuta essa stessa contenuto contrattuale incidendo significativamente anche sulla fase dell'esecuzione[237].
La tecnologia, difatti, come strumento di facilitazione dello scambio di dichiarazioni, ha prodotto di volta in volta modifiche all’interazione tra le parti e il diritto, attingendo sempre alla tradizione giuridica, ha offerto risposte alle nuove questioni. Non si può negare, tuttavia, che più la tecnologia ha semplificato e reso rapide la formazione del contratto, più il consenso, come elemento cardine dell’autonomia privata, ha perso il significato originario a scapito del formalismo. Le procedure a base tecnologica sono diventati simboli del consenso e, per mezzo di finzioni giuridiche, sono state accettate come sostitutive delle tradizioni forme umanizzate di comunicazione.
Il contratto deve essere inteso come strumento giuridico per la realizzazione di nuovi rapporti, derivanti dalla sintesi delle dichiarazioni di volontà delle parti[238].
L’e-commerce e la contrattazione telematica hanno, difatti, modificato il concetto di teoria generale del contratto, basti pensare al recesso pentimento quale mezzo volto a contrastare la velocità degli scambi e a favorire la corretta informazione, alla stessa nulla di protezione come strumento volto alla tutela del contenuto minimo del contratto e a reagire all’introduzione di clausole vessatorie, al procedimento di formazione del contratto on line e segnatamente al contratto concluso on line con modalità «point and click», alle tecniche di risoluzione delle controversie on line.
Ne deriva che l’era telematica non ha comportato la morte del contratto, ma una nuova vivificazione dello stesso, difatti, come è stato attentamente osservato «solo il Codice Civile – capace di attraversare con eccezionale vitalità, nonostante le ferite, le crisi istituzionali e l’indebolimento della Costituzione – mostra quella ricchezza di valori originari e quella straordinaria energia della durata indispensabile per reagire al tecnicismo dei fenomeni globali e alla crisi dell’unità territoriale»[239].
[1] Per questa definizione FROSINI V., voce “Telematica e informatica giuridica”, in Enciclopedia del Diritto, Milano, Vol. XLIV, 1992, cit. 60.
[2] Per un’analisi puntuale della rivoluzione informatica e telematica sia dal punto di vista scientifico che giuridico V. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010.
[3] Internet nasce come ARPANet tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 – precisamente nel 1969 – grazie agli studi dell’ARPA (Advanced Reseaech Project Agency) finanziati dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti interessato a realizzare un flessibile strumento di comunicazione adatto a garantire il collegamento tra strutture militari anche in caso di interruzione delle principali comunicazioni. Tuttavia, nel corso di un ventennio la stessa rete perde la originale connotazione di strumento elitario di comunicazione utilizzato prevalentemente dalle autorità militari e dalle più avanzate scientifiche del mondo per divenire negli anni ‘90 strumento elettivo alla portata del vasto pubblico di consumatori del mercato globale. Cfr. sul punto TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 7 ss.
[4] Il termine spazio virtuale deve la propria fortuna al romanzo di GIBSON W., Neuromante, New York, 1984 che per descrivere la percezione dello spazio virtuale utilizza queste evocative parole: «Lui battè sé stesso sulla tastiera penetrandovi e trovò uno spazio azzurro infinito dov’erano allineate delle sfere dai colori in codice appese ad una griglia a maglie strette di pallida luce fluorescente azzurra. Nel non spazio della matrice, l’interno del costrutto di certi dati possedeva illimitate dimensioni soggettive» Cfr. op. ult. cit., 65.
[5] Così TOSI E., Il contratto virtuale con i consumatori, in Studium Iuris, 2/2014, cit., 150.
[6] Così GILMONE G., The Death of Contract, Ohio, 1974.
[7] Sul punto cfr. GALGANO F., Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 1/2000, cit., 196. L’autore osserva, inoltre, che «un tempo i contratti assolvevano solo la funzione di far circolare le cose; oggi servono anche per produrle, per creare i prodotti».
[8] Così GALGANO F., Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 1/2000, cit., 197.
[9] Così RODOTÀ S., Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 2004, ristampa integrata, cit., 77. Il quale sottolinea che la volontà delle parti finisce per essere fonte, non esclusiva, del regolamento contrattuale con cui le parti decidono di costituire e disciplinare i propri rapporti giuridici.
[10] Cfr. BIANCA C.M. Diritto civile, 3, Il contratto, cit., 6, il quale ricorda che la concezione del contratto elaborata in contrapposizione alle teorie soggettive, che fanno leva sul dogma della volontà, porta ad enfatizzare il momento oggettivo del contratto, visto come «autoregolamento», come «disposizione», come «regola», che le parti pongono in essere tramite l’accordo.
[11] Così IRTI N., Il diritto della transazione, in Riv. dir. priv., 1997, cit., 11 ss.
[12] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit. 1138.
[13] Per un’analisi puntuale della normativa sui contratti a distanza cfr. direttiva 11/83/UE la quale all’art. 2, n. 7 [(ora art. 45, lett. g) cod. cons.] intende per: «“contratto a distanza”: qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso».
[14] Così VIGNUDELLI L., Contrattazione telematica e intermediazione finanziaria, Torino, 2009, 1.
[15] Nel quadro internazional-privatistico, a titolo meramente esemplificativo, tra i vari interventi legislativi relativi al commercio elettronico si citano le Uniform Rules of Conduct for Interchange of Trade Data by Teletrasmission (UNCID) adottate dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC) dal 1987; queste pur se prive di efficacia precettiva, sono stato spunto per numerosi modelli a livello nazionale e regionale di interchange agreement, dotati di effetti vincolati per le parti contraenti. Si sottolinea, ulteriormente, che lo scambio elettronico di beni, informazioni, dati e servizi è stato oggetto di studi presso la Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale (UNCITRAL) fin dal 1984 e ha predisposto fina dal 1996 un testo di legge modello sul commercio elettronico; successivamente, tra il 1997 e il 1997, l’UNCITRAL con particolare riferimento alla disciplina della firma elettronica o digitale della certificazione, ha prima pubblicato il Planning of Future Work on Electronic Commerce: Digital Signature, Certification Authorities and Related Iussues, nonché il Draft Uniform Rules on Electronic signature, per poi far approvare dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 2205, la «Convenzione sull’uso di comunicazioni elettroniche nei contratti internazionali». Inoltre, l’UNIDROIT ha pubblicato nel 1995 una raccolta organica intitolata «Principi dei contratti commerciali internazionali», successivamente rinnovata nel 2004. Si ricorda, ulteriormente, che risulta applicabile in materia di commercio elettronico: la Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 18 giugno 1989, ratificata con legge n. 975/1984; la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili del giorno 11 aprile 1980, ratificata con l. n. 765/1985; la Convenzione dell’Aja del 1955 sulla vendita internazionale di beni mobili. Tuttavia, deve essere sempre tenuto presente che tali convenzioni godono di un limitato ambito di applicazione poiché non vi hanno aderito, tra gli altri, gli stati Uniti. Per un’analisi puntuale, nel quadro internazional-privatistico, dei vari interventi legislativi cfr. PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 17 ss.; DELFINI F., Il commercio elettronico, in PICOZZA E.-GABRIELLI E. (a cura di), Trattato di diritto dell’economia, vol. I, Padova, 2004, 7 ss.
[16] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 27. In particolare, autorevole dottrina definisce la nuova lex mercatoria il «diritto creato dal ceto imprenditoriale, senza la mediazione del potere legislativo degli stati e formato da regole destinate a disciplinare in modo uniforme, al di là delle unità politiche degli stati i rapporti commerciali che si instaurano entro l’unità economica dei mercati» V. GALGANO F., Diritto civile e commerciale, I, Padova, 1999, cit., 89. Per un riconoscimento giurisprudenziale interno della lex mercatoria si veda Cass. sent. n. 722/1982. La lex informatica viene, invece, definita come un insieme di regole tecniche che veicolano scelte giuridiche, applicabile ad ogni tipo di relazione, anche alla disciplina del commercio elettronico. Cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 35. Come è stato osservato, «la lex mercatoria è stata richiamata sovente dai giuristi che si sono occupati della legge applicabile ad Internet, i quali hanno voluto ricostruire in termini di analogia con la lex mercatoria il processo di formazione del diritto applicabile su Internet, con riferimento, in particolare all’autoregolazione. È opportuno precisare che mentre la lex informatica, intesa come un insieme di regole tecniche che veicolano scelte giuridiche, si applicherebbe ad ogni tipo di relazione, la lex mercatoria è, invece, diritto della classe dei mercanti, applicabile ai rapporti fra imprese» così FINOCCHIARO G., Lex mercatoria e commercio elettronico. Il diritto applicabile ai contratti conclusi su Internet, in RICCIUTO V.-ZORZI N. (a cura di), Il contratto telematico, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ., diretto da GALGANO F., Padova, 2002, cit., 50.
[17] Così IASELLI M.-CORONA F., Il commercio elettronico, in CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R. (a cura di), Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, 1723.
[18] Tuttavia, si sottolinea che lo stesso art. 3, comma 1, d.lgs. n. 70/2003 lascia intendere che, la disciplina nazionale precedente applicabile al commercio elettronico vada ad integrare le norme del nuovo provvedimento.
[19] Cfr. Preambolo n. 7 dir. 2000/31/CE.
[20] Cfr. Preambolo n. 3 dir. 2000/31/CE.
[21] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit. 1040.
[22] Fare i e-commerce significa, difatti, adeguare il proprio operare un insieme di disposizioni giuridiche e consuetudinarie eterogenee, tra le quali: il diritto d'autore e il diritto industriale; le normative relative al documento elettronico; le leggi di tutela del consumatore; le clausole vessatorie e/o abusive; la disciplina relativa alla tutela della privacy; gli adempimenti di cui al d.lgs. n. 114/1998 (riforma del commercio); i contratti con istituti bancari; le fatturazione elettroniche; le spedizioni di prodotti digitalizzati, etc. Inoltre, nella normativa in materia di commercio elettronico sono ricompresi gli atti internazionali di natura convenzionale quale gli accordi tra soggetti a rilevanza pubblica che hanno predisposto negli anni modelli di riferimento per gli operatori (ad esempio la legge modello proposta dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale) che si caratterizzano per la loro non vincolatività per i singoli cittadini e per le imprese dei singoli Stati e che (fatta salva l’ipotesi che tali convenzioni non sono state recepite da una fonte normativa interna) hanno la portata di regole integrative suppletive atte a delineare taluni principi che, per prassi, si applica al settore considerato. La disciplina positiva direttamente applicabile in materia di commercio elettronico è certamente anche quella dettata dal legislatore europeo (ex art. 153 ss. Tratt. Amsterdam) che, già dagli anni ’90 del ventesimo secolo, si è occupato di trattamento di dati personali, di telecomunicazioni, di equità negoziale e tutela del consumatore. Sul punto cfr. BATTELLI E., op. ult. cit., 1038 ss.; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 17 ss.
[23] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit. 1.
[24] Tuttavia, tale direttiva e segnatamente al considerando n. 18 afferma che tali attività possono consiste, in particolare ex multis: nella vendita in linea di merci; non sono contemplate attività come la consegna delle merci in quanto tale o la prestazione di servi in linea; non sempre si tratta di servizi che portano a stipulare contratti in linea, ma anche di servizi non remunerati dal loro destinatario, nella misura in cui costituiscono un’attività economica, come l'offerta di informazioni o comunicazioni commerciali in linea o la fornitura di strumenti per la ricerca, l'accesso e il reperimento di dati; la radiodiffusione televisiva, ai sensi della Direttiva 89/552/CEE, e la radiodiffusione sonora non sono servizi della società di informazione perché non sono prestati a richiesta individuare; i servizi trasmessi “da punto a punto”, quali servizi video a richiesta o l'invito di comunicazioni commerciali per posta elettronica, sono invece servizi della società di informazione […]”. Cfr. considerando 18 della direttiva 2000/31/CE.
[25] Tuttavia, parte della dottrina sottolinea che è preferisce l'espressione “commercio telematico” «dato che lo strumento immediato di trasmissione delle informazioni e delle rispettive volontà delle parti è la telematica, ed è la dimensione telematica a rappresentare lo “spazio” tecnologico entro cui si attuano i rapporti intersoggettivi di commercio; l’elettronica rappresenta piuttosto la sottostante tecnologia di gestione delle forze elettriche che si utilizzano nell'informatica e nella telematica». Così PICA G., Commercio telematico, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg. II, Torino, 2003, cit., 269 ss. Per lo stesso orientamento e la preferibilità della locuzione di commercio elettronico v. DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 3 s.
[26] Nell’ambito di tale categoria è, poi, possibile distinguere tra i contratti «ad oggetto informatico» (o contratti di informatica) nei quali i prodotti informatici sono l’oggetto del contratto, dai contratti «conclusi a mezzo di strumenti informatici». In particolare, l’espressione contratti «ad oggetto informatico» identifica quei contratti che hanno ad oggetto beni (hardware o software) o servizi informatici e che possono essere conclusi tanto off line, quanto on line. A differenza di questi ultimi, per i quali non è necessaria la trasmissione telematica a mezzo internet, potendo benissimo utilizzarsi strumenti di comunicazione off line, in quelli «conclusi a mezzo di strumenti informatici» le manifestazioni di volontà vengono veicolate per necessità o per volontà delle parti tramite canali telematici.
I contratti «conclusi a mezzo di strumenti informatici» si distinguono, poi, a seconda se la conclusione dell’accordo avvenga all’interno di una comunità ristretta (c.d. «chiusa»), perché caratterizzata dalla conoscenza reciproca dei soggetti che vi prendono parte, oppure, nel contesto di un vastissimo pubblico, mediante una rete di telecomunicazione c.d. «aperta» e come tale accessibile a tutti tra soggetti che non si conoscono e che si incontrano telematicamente. Nel primo caso si è nell’alveo del c.d. commercio elettronico di «tipo convenzionale», che ha luogo fra imprenditori e società commerciali, spesso all’interno di settori limitati, fra un ristretto numero di imprese partners, tramite reti chiuse di tipo proprietario. Alla seconda tipologia si fa invece riferimento quando si parla di commercio elettronico tramite internet, prevalentemente, fra imprese e consumatori (senza tuttavia escludere altri tipi di rapporti): esso si esplica in un mercato aperto, di dimensione globale, con un numero illimitato di partners. Cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1045 s.
[27] Per un approfondimento sul punto cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 39; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 31; BIANCA C.M., Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, 304 ss.; BRAVO F., Contrattazione telematica e contrattazione cibernetica, Milano, 2007, 168 ss. Per un’analisi puntuale delle varie classificazioni elaborate dalla dottrina cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 38 ss.
[28] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1046. Tuttavia, una definizione, anche se non vincolante, ma in qualche modo statuale, ci è stata consegnata nel documento elaborato dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato in data 30 luglio 1998, intitolato “Linee di politica industriale per il Commercio Elettronico”, ove viene enucleato che il commercio elettronico consiste «nello svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività diverse quali: la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica; la distribuzione online di contenuti digitali; l'effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa, gli appalti pubblici per via elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle Pubbliche Amministrazioni».
[29] Così PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 17 ss., cit., 32.
[30] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1138.
[31] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 1138. Tale dottrina, sul punto sottolinea che il contratto telematico in senso stretto è per lo più un contratto d’impresa (pur non essendo normativamente riservato all’imprenditore), dato che per strutturare piattaforme efficienti occorrono cospicui investimenti che generalmente possono essere affrontati soltanto da strutture organizzate in forma d’impresa.
[32] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 1138.
[33] Inoltre, tale norma precisa che «ai fini della presente definizione si intende: per “servizio a distanza” un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti; per “servizio per via elettronica” un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzatura elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale e di memorizzazione di dati e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici; per “servizio a richiesta individuale di un destinatario di servizi” un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale».
[34] Cfr. art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 70/2003, ove vengono indicate le fattispecie sottratte alla disciplina in esame.
[35] Cfr. art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 70/2003.
[36] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1138. Il vacuum juris prodotta da una carenza di una normativa completa e uniforme produce l’incessante diffusione nell’ambiente economico-telematico di innovativi contratti complessi e atipici rispetto alle tradizionali fattispecie contrattuali. Tra i molti e a titolo meramente esemplificativo, è opportuno evidenziare: i contratti bennering, di sponsorizzazione o diffusione pubblicitaria online, ai contratti di locazione di spazio web, di hosting, di housing, di sviluppo e di gestione del sito web, i contratti di realizzazione di e-marketplaces). Sul punto cfr. PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 29 ss.
[37] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1037.
[38] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1043.
[39] Cfr. Comunicazione del 16 aprile 1997 della Commissione delle comunità europee al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, intitolata “Una iniziativa europea in materia di commercio elettronico”.
[40] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1037, cit., 1046.
[41] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1046.
[42] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 8.
[43] In particolare, sul punto, la dottrina sottolinea che è possibile estendere la disciplina della contrattazione telematica al settore business to business (B2B) proprio a fronte della definizione di destinatari del servizio, prevedendo la stessa anche l'ipotesi di riferimento del servizio all’attività professionale o imprenditoriale svolta, cfr. FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 432.
Inoltre, occorre ricordare che sempre per quanto concerne la categoria business to business, «esistono siti commerciali che non fanno capo a una sola impresa ma si riferiscono a una pluralità di imprenditori. In quest’ultimo caso si parla di c.dd. «portali» e in taluni casi di veri e propri «e-marketplace». A loro volta, tali luoghi di interazione e/o di intermediazione commerciale telematica business to business possono essere di tipo orizzontale o verticale, a seconda che siano impiegati da gruppi di imprenditori afferenti al medesimo anello di una catena produttiva o siano utilizzati da imprenditori che gestiscono diversi livelli del ciclo di produzione e/o distribuzione» cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1042.
[44] Sembra opportuno ricordare che l’art. 3 del codice del consumo delinea: per consumatore esclusivamente la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta; per professionista, la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che opera nell’ambito della propria attività imprenditoriale o professionale. In particolare, per quanto concerne la categoria business to business si sottolinea che tali rapporti sono regolati da accordi quadro, bi o plurilaterali, in quanto tali soggetti, di solito, hanno già rapporti commerciali in essere tra di loro.
[45] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1044.
[46] BATTELLI E., op. ult. cit., 1044.
[47] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1045.
[48] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 432.
[49] In particolare, la definizione di prestatore stabilito è funzionale all'applicazione della c.d. «clausola del mercato interno», per la quale: 1) l’attività del prestatore è sottoposta, salvo specifiche deroghe, alle norme del paese di stabilimento ed i servizi da questo erogati nel rispetto di esse possono liberamente circolare negli altri Stati; 2) il controllo dei servizi della società dell’informazione deve essere effettuato nello Stato membro di stabilimento del prestatore. Cfr. art. 3 del d.lgs. n. 70/2003. Tuttavia, all'applicazione della c.d. «clausola del mercato interno» può trovare un primo ostacolo nella materia del commercio elettronico, nella stessa definizione di prestatore stabili ove si evidenzia che «la presenza e l'uso dei mezzi tecnici e delle tecnologie necessarie per prestare un servizio non costituiscono di per sé uno stabilimento del prestatore». Inoltre, si ricorda, a titolo meramente esemplificativo, che l'applicazione della c.d. «clausola del mercato interno» non trova applicazione in alcuni settori di attività specifici: diritti d’autore, emissione di moneta elettronica, pubblicità degli organismi di investimento collettivo in valori immobiliari, attività assicurativa nei vari rami. Inoltre, gli Stati possono derogare la libera circolazione di un determinato servizio della società dell’informazione proveniente da un altro Stato membro a fronte di specifiche esigenze di: ordine pubblico, tutela della salute pubblica, pubblica sicurezza, ovvero di tutela dei consumatori. Per un’analisi delle specifiche deroghe cfr. artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 70/2003. Dall’altro all’art. 6 del d.lgs. n. 70/2003 si stabilisce il principio della assenza di autorizzazione preventiva, il c.d. «diritto al sito», in cui si fa espresso divieto di subordinare l’attività di un prestatore di servizi della società dell’informazione ad «autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto equivalente». In tal modo si garantisce il diritto soggettivo di utilizzare internet allo scopo di fornire i servizi della società dell’informazione, senza restrizioni dovute ad autorizzazioni con cui verrebbe altrimenti ad essere limitato l’accesso alle attività relative ai servizi del commercio elettronico.
Quindi, sulla base del mutuo riconoscimento delle norme nazionali di recepimento, viene a configurarsi un quadro di regolamentazione reciproca entro il quale i prestatori sono sottoposti alle norme del solo Stato membro dove sono stabiliti. Per un’analisi sul punto cfr. FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, 433 ss.
[50] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 527; OPPO G., Note sulla contrattazione d’impresa, in Riv. dir. civ, I, 1995, 669. Per un’analisi circa i vari orientamenti dottrinali cfr. CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1098 s.
[51] Cfr. Corte di Giustizia 20.1.2005, causa C-464/01. Per un’analisi circa l’applicabilità della disciplina del contratto telematico ai contratti c.d. misti e un approfondimento circa il relativo dibattito dottrinale v. CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 1100 s. Ove si sottolinea che, sotto il profilo probatorio, spetta al soggetto che fa valere lo status di consumatore, al fine di avvalersi della relativa disciplina, dimostrare che, nel contratto misto, l’uso professionale ha un ruolo meramente marginale, mentre la parte avversa avrà il diritto di fornire la prova contraria.
[52] Così CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R., Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, cit., 1847.
[53] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 163 ss.
[54] Per un’analisi sulle varie tesi dottrinali cfr. CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1099 s.
[55] Così, MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 529 il quale sottolinea che tale condotta potrebbe sollecitare condotte di interposizione simulatoria con le quali una persona fisica acquista formalmente a suo nome e per suo conto, ma in realtà si rende tramite dell’acquisto dell’ente. Il quale, inoltre, evidenzia come la dir. 15/2302/UE in materia di pacchetti turistici e servizi turistici collegati che, nel considerando n.7 riconosce la qualifica di consumatore anche a «rappresentanti di piccole imprese o liberi professionisti che prenotano viaggi legati alla loro attività commerciale o professionale tramite gli stessi canali usati dai consumatori», v. MAZZAMUTO, op. ult. cit., 163 s.; per lo stesso orientamento v. PLAIA, Nozione di consumatore, dinamismo concorrenziale ed integrazione comunitaria del parametro di costituzionalità, in Foro it., I, 2003, 340 s. Per la tesi opposta cfr. CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R., Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, 1847; ALESSI R., La disciplina generale del contratto, Torino, 2015, 113.
[56] Cfr. Corte di Giustizia 22.11.2001, causa C-541-1996.
[57] Cfr. Corte cost. sent. n. 469/2002.
[58] Per un’analisi approfondita sulla figura di consumatore cfr. fra tutti SCIAPINELLO C., La nozione di “professionista” nel commercio elettronico, in Giurisprudenza italiana, 8-9/2019.
[59] Parte della dottrina sottolinea che «legislatore ha prestato scarsa attenzione alla disciplina relativa agli operatori commerciali e/o professionali nell’ambito del c.d. commercio elettronico B2B, presupponendo forse che essi godessero tutti di una sufficiente forza contrattuale e fossero comunque più consapevoli e attenti nella regolamentazione dei loro interessi, consentendo così che le loro transazioni commerciali telematiche avvenissero in maniera più libera ed autonoma; al contrario, nei rapporti negoziali on line conclusi con i consumatori tutta la normativa appare molto articolata e protesa verso una tutela del cyber-consumatore». Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1042.
[60] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1047.
[61] Sugli obblighi di informazione a tutela del consumatore cfr. ALESSI, Doveri di informazione, in CASTRONOVO-MAZZAMUTO (a cura di), Manuale di diritto europeo, Milano, 2007, 391 ss. Per un approfondimento, invece, sulla debolezza dell’impresa (c.d. “terzo contratto”) la quale si annida, a differenza che per il consumatore, nella dipendenza economica della stessa nei confronti di una o più imprese, cfr. LABELLA E., Tutela della microimpresa e “terzo contratto”, in Europa dir. Priv., 2015. 857 ss.
[62] Circa gli aspetti peculiari degli obblighi di informazione nella disciplina consumeristica cfr. BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, 594 ss.
[63] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 3.
[64] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 894 s.
[65] Per un approfondimento sul punto cfr. CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 895 ss.
[66] Cfr. sul punto CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 895; ZATTI P., Lineamenti di diritto privato, Padova, 2011, 418.
[67] Cfr. Cass. sent. n. 6526/2012.
[68] Così BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, cit. 594.
[69] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 385.
[70] Per un’analisi approfondita di tutti gli obblighi informativi in capo al professionista cfr. nel dettaglio art. 49 cod. cons. In particolare, la garanzia di conformità nella disciplina consumeristica assume una diversa declinazione e in particolare, essa si sostanzia nel riconoscimento al consumatore della facoltà di domandare al venditore in via stragiudiziale due diversi due diverse classi di rimedi: la riparazione o la sostituzione del bene e la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. Le due classi di rimedi sono ordinate secondo un sistema gerarchico che impone al consumatore di richiedere: 1) dapprima il ripristino, senza spese, della conformità mediante la riparazione o la sostituzione, a sua scelta, sempre che il rimedio richiesto non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all'altro e purché l'attività di ripristinatoria venga effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e senza inconvenienti; 2) in seconda battuta la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ma solo se la riparazione o la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose o non sono state effettuate entro un termine congruo o ancora abbiano arrecato notevoli inconvenienti.
[71] Con riferimento ai contratti a distanza l’art. 51 cod. cons. introduce una serie di requisiti formali, dettando esplicitamente disposizioni per i contratti telematici, in particolare: 1. Per quanto riguarda i contratti a distanza il professionista fornisce o mette a disposizione del consumatore le informazioni di cui all’articolo 49, comma 1, in modo appropriato al mezzo di comunicazione a distanza impiegato in un linguaggio semplice e comprensibile. Nella misura in cui dette informazioni sono presentate su un supporto durevole, esse devono essere leggibili. 2. Se un contratto a distanza che deve essere concluso con mezzi elettronici impone al consumatore l’obbligo di pagare, il professionista gli comunica in modo chiaro ed evidente le informazioni di cui all’articolo 49, comma 1, lettere a), e), q) ed r), direttamente prima che il consumatore inoltri l’ordine. Il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare. Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista. Se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine. 3. I siti di commercio elettronico indicano in modo chiaro e leggibile, al più tardi all’inizio del processo di ordinazione, se si applicano restrizioni relative alla consegna e quali mezzi di pagamento sono accettati. 4. Se il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni, il professionista fornisce, su quel mezzo in particolare e prima della conclusione del contratto, almeno le informazioni precontrattuali riguardanti le caratteristiche principali dei beni o servizi, l’identità del professionista, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto, conformemente all’articolo 49, comma 1, lettere a), b), e), h) e q). Le altre informazioni di cui all’articolo 49, comma 1, sono fornite dal professionista in un modo appropriato conformemente al comma 1 del presente articolo. […] 7. Il professionista fornisce al consumatore la conferma del contratto concluso su un mezzo durevole, entro un termine ragionevole dopo la conclusione del contratto a distanza e al più tardi al momento della consegna dei beni oppure prima che l’esecuzione del servizio abbia inizio. Tale conferma comprende: a) tutte le informazioni di cui all’articolo 49, comma 1, a meno che il professionista non abbia già fornito l’informazione al consumatore su un mezzo durevole prima della conclusione del contratto a distanza; e b) se del caso, la conferma del previo consenso espresso e dell’accettazione del consumatore conformemente all’articolo 59, lettera o). […] 9. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni relative alla conclusione di contratti elettronici e all’inoltro di ordini per via elettronica conformemente agli articoli 12, commi 2 e 3, e 13 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, e successive modificazioni.
[72] Per un’analisi completa delle informazioni che il prestatore devo fornire cfr. art. 7 del d.lgs. n. 70/2003. Ex multis, l’art. 7, lett. c), l’obbligo per il prestatore di indicare i riferimenti che permettono di contattarlo rapidamente e di comunicare con lui direttamente ed efficacemente, fra i quali l’indirizzo di posta elettronica. Riguardo a questa norma si è pronunciata la Corte di Giustizia CE, con sentenza del 16.10.2008, in cui ha chiarito l’esatta interpretazione del dettato normativo, che richiede di fornire i riferimenti “utili” ai suddetti fini. In particolare, la Corte ha esplicitato che «il prestatore di servizi è tenuto a fornire ai destinatari del servizio, sin da prima di qualsiasi stipulazione di contratto con questi ultimi, oltre al suo indirizzo di posta elettronica, altre informazioni che consentano una presa di contatto rapida nonché una comunicazione diretta ed efficace. Tali informazioni non debbono obbligatoriamente corrispondere ad un numero di telefono. Esse possono consistere in una maschera di richiesta di informazioni elettronica, tramite la quale i destinatari del servizio possono rivolgersi in Internet al prestatore di servizi e alla quale quest’ultimo risponde per posta elettronica, fatte salve situazioni in cui un destinatario del servizio, che, dopo la presa di contatto per via elettronica con il prestatore di servizi, si trovi privato dell’accesso alla rete elettronica, chieda a quest’ultimo l’accesso ad una via di comunicazione non elettronica».
[73] Sul punto cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1049 s.
[74] Per un approfondimento sul punto v. FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, 466 ss.
[75] Per un approfondimento sul punto v. FINOCCHIARO G.-DELFINI F., op. ult. cit., 478 ss.
[76] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1050.
[77] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1050.
[78] Tali informazioni, dettate dall’art. 12, comma 1, d.lgs. 70/2003, si aggiungono a quelle previste dal codice del consumo in materia di contratti a distanza.
[79] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 385.
[80] Ai sensi dell’art. 51, comma 2, c. cons.: «Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista. Se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine».
[81] Sul punto fra molti cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 293 ss.
[82] Cfr. art. 12, comma 2, d.lgs. n. 70/2003.
[83] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 386.
[84] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1140; FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, 385.
[85] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 385; sul punto cfr. anche CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1140.
[86] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 297; FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, cit., 439.
[87] L’ambito della disciplina dei messaggi pubblicitari diffusi nella rete Internet, il diritto ad una chiara ed esaustiva informazione costituisce un elemento fondamentale per la protezione del contraente telematico, idoneo a delineare una tutela rispetto alle conseguenze di frettolosi acquisti di beni e servizi ed a proteggere il contraente dalle possibili alterazioni delle sue scelte di natura economica, determinate dalla capacità di persuasione peculiari delle tecniche pubblicitarie.
Tenuto conto degli sviluppi normativi in materia, è interessante rilevare come il quadro dei principi e dei criteri direttivi definiti dalla direttiva 2000/31/CE, quale normativa di settore relativa al commercio elettronico, venga a porsi in un rapporto di specialità rispetto al più recente sistema di regole stabilite dalla direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori. Ne consegue, rapportando il rilievo alla normativa nazionale di recepimento delle direttive indicate, che le prescrizioni degli artt. 18 ss. del codice del consumo dovranno trovare applicazione rispetto a qualsivoglia forma di messaggio pubblicitario diffuso anche attraverso i canali comunicativi telematici.
Nel contesto nazionale, assume una particolare rilevanza il ruolo di public enforcement riconosciuto dal legislatore nazionale in capo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato al fine di garantire l’osservanza delle disposizioni sulle pratiche commerciali sleali nell’interesse dei consumatori, interessati a soddisfare le proprie esigenze di consumo attraverso gli strumenti tecnologici del commercio elettronico. Proprio in questo settore, si è concentrata negli ultimi anni l’attività sanzionatoria dell’AGCM, con specifico riferimento alla repressione delle pratiche commerciali scorrette perpetrate dai professionisti in relazione alla presentazione di offerte d’acquisto di prodotti o servizi tramite i propri siti web.
Considerata la peculiarità dello strumento tecnologico attraverso cui viene diffuso il messaggio pubblicitario, l’art. 27, comma 6., cod. cons. prevede inoltre che l’AGCM, nell’attività di valutazione circa la qualificazione di una pratica commerciale, debba richiedere il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, parere obbligatorio ma non vincolate. Rispetto a questo intrecciarsi di competenze, può così verificarsi che in merito alla medesima pratica commerciale scorretta intervengano più autorità, ciascuna nel proprio ambito di competenza, determinando talora il sorgere di questioni interpretative e di coordinamento istituzionale. Sul punto cfr. l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze dell’11.5.2012, nn. 11-16, ha esaminato il rapporto tra l’AGCM e le altre autorità indipendenti in relazione a procedimenti aventi come finalità la tutela dei consumatori. In particolare, attraverso tali pronunce è stato indagato il problema del rapporto tra la disciplina generale in materia di pratiche commerciali scorrette contenuta nel codice del consumo e le normative di settore che disciplinano pratiche analoghe.
[88] La disciplina del diritto di recesso sarà trattata in modo specifico nel par. 6.
[89] Sulla responsabilità precontrattuale nascente dalla violazione degli obblighi informativi facenti capo alle parti, si veda, CUFFARO V., La responsabilità precontrattuale nella contrattazione telematica, in RICCIUTO V.- ZORZI N. (a cura di), Il contratto telematico, cit., p. 215 ss.; MANTOVANI M., Vizi incompleti del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, p. 135 ss.; CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1140; con riguardo alla giurisprudenza v. Cass., 29 settembre 2005, n. 19024.
[90] Sul punto cfr. VISINTINI G., La reticenza nella formazione del contratto, Padova, 1972, 105 s.; con riguardo alla giurisprudenza v. Cass. n. 16663/2008.
[91] Sul tema cfr. MAZZAMUTO S.-PLAIA A., I rimedi del diritto privato europeo, Torino, 2012; con riguardo alla giurisprudenza v. Cass. n. 5917/1999.
[92] Sul Punto cfr. SCALISI V, Contratto e regolamento nel piano di azione delle nullità di protezione, in SIRENA P. (a cura di), Il diritto europeo dei contratti d'impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato (Atti del convegno di Studi di Siena, 22-24 settembre 2004), Milano, 2006, 462.
[93] Per tale orientamento cfr. ROPPO V., La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero l’ambaradam dei rimedi contrattuali), in Contr. Impr., 2006, 896 s.; MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 227; con riguardo alla giurisprudenza si vedano le fondamentali sentenze gemelle delle Sezioni unite della Suprema Corte 19 dicembre 2007, n. 26724 e n. 26725.
[94] Cfr. ex multis BIANCA C.M., Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, 282; ROPPO V., Il contratto, Bologna, 1977, 88; MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 239.
[95] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 238.
[96] Così MAZZAMUTO S., op. ult. cit., 241.
[97] Così MAZZAMUTO S., op. ult. cit., 239.
[98] In tal senso ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 41.
[99] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1054.
[100] Per un’analisi approfondita sul punto cfr. fra tutti BENEDETTI A. M., Autonomia privata procedimentale e formazione del contratto virtuale: annotazioni sull’art. 13 del d.lgs. 70/2003, in Diritto dell’internet, 1/2006.
[101] Sul punto cfr. CASSANO G., Commercio elettronico e tutela del consumatore, in CENDON P. (a cura di), Il diritto privato oggi, Milano, 2003, 190 ss.
[102] Così RICCIUTO V.-ZORZI N., Il contratto telematico, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia (a cura di) GALGANO F., vol. XXVII, Padova, 2002, 106 ss.; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 44; DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 90; BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1063; CASSANO G., Commercio elettronico e tutela del consumatore, in CENDON P. (a cura di) , Il diritto privato oggi., Milano, 2003, 190. Tuttavia, quest’ultimo sottolinea che anche un’offerta completa dei suoi elementi essenziali può ritenersi un invito a proporre, quando in tal senso depongono le circostanze e gli usi. Sul punto tale dottrina sottolinea che l’incontro telematico di domanda e offerta in Internet, non definito in precisi contorni territoriali e aperto, quindi, ad imprevedibili sviluppi, tenda alla configurazione dell’offerta come semplice invito ad offrire, per adattarsi meglio alla potenziale illimitatezza della domanda. Tuttavia, ciò potrebbe comportare la precaria tutela del contraente debole.
[103] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1064.
[104] Cfr. fra tutti CASSANO G., Commercio elettronico e tutela del consumatore, in CENDON P. (a cura di) , Il diritto privato oggi., Milano, 2003, 191.Tuttavia, la dottrina afferma che anche nel caso di comunicazioni a distanza realizzate in ambiente world wide web, «è possibile riscontrare strumenti interattivi di comunicazione molto avanzati in grado di permettere al consumatore di dialogare e negoziare il contenuto dell’accordo con l’imprenditore offerente, andando ben oltre una semplice scelta, peraltro normalmente imposta, tra aderire o rifiutare la proposta pubblicizzata mediante website. In queste ipotesi, la manifestazione di volontà del cliente-consumatore non è espressa sempre e solamente con un click di adesione tramite «tasto negoziale virtuale» (c.d. «point and click») ad un contratto rigidamente determinato in tutti i suoi contenuti, dato che sono disponibili in alcuni siti c.dd. forms con apposite righe di testo utilizzabili per effettuare scelte tra diverse opzioni, più o meno modificabili, nonché per immettere stringhe testuali in forma libera. Vero è che una sempre maggiore scelta concessa al consumatore non è trattativa, ma vero è pure che utilizzando in maniera opportuna gli elementi di input di un modulo o formulario (form) presente sulle pagine web di un sito commerciale, è possibile consentire al consumatore non già una mera adesione ma una opzione tra un numero più o meno vasto di possibili contenuti in relazione a ciascuna clausola o, addirittura, ad «elementi di clausola». BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1065 s.
[105] Sul punto cfr. BATTELLI E., op. ult. cit., 1063 ss.; CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1143.
[106] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1064; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 44. Cfr. anche Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale del 1980.
[107] Così CASSANO G., Commercio elettronico e tutela del consumatore, in CENDON P. (a cura di), Il diritto privato oggi., Milano, 2003, cit., 191.
[108] BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1064.
[109] Sul punto CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1143 afferma che tale norma non trova una corrispondenza nella direttiva.
[110] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 218. Il quale sottolinea che il ricorso alle tecniche e agli strumenti dell’informatica per svolgere attività negoziali sollecita un’apposita regolamentazione soltanto sul versante degli obblighi di informazione e del diritto di recesso di pentimento, poiché è su tale piano che il legislatore ha inteso scongiurare l’abuso di potere contrattuale da parte del professionista, reputando che le tecniche di comunicazione a distanza basate sull’informatica incidano soprattutto sulla capacità del consumatore di determinarsi consapevolmente a concludere il contratto, piuttosto che presentare insidie in sede di perfezionamento dell’accordo.
[111] Così RICCIUTO V., Il contratto telematico e i pagamenti elettronici, l’esperienza italiana e spagnola a confronto, Milano, 2004, cit., 13.
[112] Sul punto MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 218 sottolinea che una tale previsione induce a domandarsi se «l’innovazione di una condotta ulteriore rispetto alle consuete cadenze delle fasi immediatamente precedenti e immediatamente successive alla formazione del consenso valga a modificare il procedimento di conclusione del contratto informatico, introducendo una peculiare modalità di perfezionamento dell’accordo, destinata quindi a smentire o, per lo meno, a ridimensionare la fedeltà ai modelli codicistici proclamata al comma 1, oppure ad indurre un primo ed inderogabile – per lo meno nei rapporti negoziali tra consumatori e professionisti – atto di esecuzione del contratto, che consiste nell’adempimento dell’obbligo legale di documentazione dell’accordo appena concluso e dei suoi contenuti essenziali».
[113] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 294; BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, 1054. CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1143. Si sottolinea che la direttiva 2000/31/CE ha, infatti, rinunciato, rispetto al testo formulato nella proposta di direttiva del 23 luglio 1999, alla finalità di uniformare le regole sul procedimento di conclusione del contratto.
È opportuno sottolineare che dalla lettura dell’art. 13 d.lgs. n. 70/2003 una parte della dottrina ha affermato che alle indicazioni contenute nel sito Internet, all'ordine del consumatore, alla ricevuta dell'ordine da parte del professionista viene assegnato un significato a priori definitivo, ora di proposta al pubblico, ora di invitato ad offrire. Cfr. RICCIUTO V.-ZORZI N., Il contratto telematico, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da GALGANO F., vol. XXVII, Padova, 2002, 69. Un’altra parte della dottrina, invece, ha affermato che agli strumenti dell’informatica deve essere assegnato un significato valutabile caso per caso. La stessa dottrina, infatti, sottolinea che nulla esclude che nonostante la completezza delle informazioni il professionista inserisca una dichiarazione espressa che l'offerta di beni e servizi contenuti il sito non costituisce una proposta contrattuale ovvero che il professionista stesso si riserva la facoltà di accettare l'ordine di acquisto del consumatore. In tal caso si realizzerebbe un invito ad offrire e l'ordine del consumatore assumerebbe i contorni di una proposta, mentre la ricevuta dell'ordine da parte professionista potrebbe rappresentare l'accettazione. Cfr. BRAVO F., Contrattazione telematica e contrattazione cibernetica, Milano, 2007, 351 ss. Un’altra parte della dottrina sottolinea, invece, nel qualificare la ricevuta dell'ordine da parte del professionista non risulta affatto decisiva la natura dell’atto, poiché in tal modo si priverebbe la comunicazione del carattere negoziale. Tale dottrina, infatti, a conferma dell’inesistenza di uno specifico procedimento di conclusione del contratto informatico suggerisce alcune fattispecie di conclusione dell’accordo, riconducibili a schermi codicistici e segnatamente: 1) lo scambio di proposta ed accettazione per posta elettronica secondo il modello dell’art. 1326 c.c.: a tale fattispecie non si applica il dovere di accusare ricevuta dell'ordine del consumatore; 2) l’accettazione mediante pressione del tasto virtuale world wide web di internet; 3) la conclusione per inizio esecuzione tramite invio del numero della carta di credito, secondo lo schema dell’art. 1327 c.c.; 4) l'offerta al pubblico su world wide web di internet cui fa seguito l'accettazione del consumatore mediante l'ordine di acquisto, in conformità dell’art. 1336 c.c.; 5) l'invito a proporre sul world wide web di internet, che impone il successivo scambio della proposta del consumatore e dell’accettazione del professionista. Cfr. MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 220.
[114] In tal senso CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit., 1143. In particolare, tale dottrina, sottolinea che, a ben vedere, detta funzione pare essere presente solo nel caso di commercio elettronico indiretto in cui sussiste un certo iato temporale tra la conclusione dell'accordo e l'esecuzione della prestazione. In caso di commercio elettronico diretto, invece, in cui la conferma dell'ordine risulta coeva all'esecuzione della prestazione la accusa della ricevuta e l'ordine non sortisce alcun effetto.
[115] TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 295. Sul punto FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, 442 s. delinea che tale previsione è frutto di un errore di trasposizione nell’ordinamento interno dell’art. 11, comma 3, dir. 2000/31/CE nell’ordinamento interno. Viene, difatti, sottolineato che la formulazione dell’art. 11. Comma 3, dir. 2000/31/CE era il seguente: «Il paragrafo 1, primo trattino, ed il paragrafo 2 non sono applicabili ai contratti conclusi esclusivamente mediante scambio di messaggi di posta elettronica o comunicazioni individuali equivalenti». Con ciò si escludeva l’applicazione, in caso di negoziazione individualizzata, da un lato, dell’obbligo di inoltrare ricevuta e, dall’altro, di quanto previsto in una diversa norma, non riprodotta nell’art. 13 dal legislatore italiano: quella di cui al § 2 dell’art. 11 della direttiva, secondo cui «2. Gli Stati membri provvedono affinché, salvo diverso accordo tra le parti diverse da consumatori, il prestatore metta a disposizione del destinatario del servizio strumenti tecnici adeguati, efficaci ed accessibili tali da permettere a quest’ultimo di individuare e correggere errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine».
[116] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1142.
[117] Si veda TOMMASI E., I contratti del commercio elettronico, in CASSANO G. (a cura di), Commercio elettronico e tutela del consumatore, Milano, 2003, 268.
[118] Così PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 46. Sul punto anche la Corte di cassazione, ha affermato nella sent. n. 3061/1990 che l’art. 1335 c.c. trova applicazione indipendentemente dal mezzo di trasmissione contrattuale utilizzato dalle parti.
[119] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014., 1056. Il quale sottolinea che rientra nell’esercizio dell’autonomia delle parti procedere bilateralmente o unilateralmente alla predisposizione dell’indirizzo e-mail rilevante ai sensi dell’art. 1335 c.c. Sul punto cfr. anche CAVALLONI A., Il contratto telematico, in CASSANO A.-VACIAGO G.-SCORZA G. (a cura di), Diritto dell’internet, Lavis, 2012, 170 ss.
[120] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1059.
[121] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1059.
[122] Cfr. BIANCA C.M., Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, cit., 220.
[123] Tale presunzione di conoscibilità è rintracciabile anche nei «Principi del vigente diritto comunitario dei contratti» (Acquis communautaire) e precisamente nell’art. 1:302, rubricato «Comunicazione elettronica», si stabilisce che: «Una comunicazione trasmessa attraverso mezzi elettronici giunge a destinazione se e nel momento in cui la persona cui è indirizzata sia posta in condizione di accedere ai suoi contenuti. Nei rapporti fra professionisti e consumatori, questa norma è inderogabile».
[124] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1057. la corrispondenza elettronica è equiparata a tutti gli effetti a quella cartacea in quanto anche l’indirizzo elettronico possiede tutti i requisiti che sono normalmente considerati necessari dalla giurisprudenza per individuare l’indirizzo idoneo a far scattare la presunzione relativa. Con riguardo alla giurisprudenza si veda Cass. 3908/1992.
[125] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1058; BUFFONE G.-DE GIOVANNI C.-NATALI A. N., Il contratto, Tomo II, Lavis, 2013, 1578.
[126] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1059.
[127] Sulla diversa modulazione dei termini per esercitare il diritto di recesso si tornerà nello specifico nel par. 6.
[128] In tal senso IASELLI M.-CORONA F., Il commercio elettronico, in CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R. (a cura di), Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, 1773. Per un’analisi sulle varie teorie prospettate cfr. cfr. BRAVO F., «Domain names» e luogo di conclusione dei contratti telematici, in I contratti, 4/2004; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 50.
[129] PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 50.
[130] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 92.
[131] Così DELFINI F., op. ult. cit., 93; PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 51 s.; BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1060. Lo stesso, infatti, sottolinea che sussistono dubbi circa anche l’applicabilità dell’art. 1328, comma 1, c.c. al contratto telematico, poiché la norma dispone che se l’accettante ha intrapreso in buona fede l’esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto ad un indennizzo per le spese e le perdite subite per l’intrapresa esecuzione del contratto.
[132] Per un approfondimento sul contratto concluso tramite point and click cfr. DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 38 ss.
[133] Cfr. Considerando n. 17 dir. 2002/58/CE secondo il quale il consenso di un utente (a prescindere che quest’ultimo sia una persona fisica o giuridica) «può essere fornito secondo qualsiasi modalità appropriata che consenta all’utente di esprimere liberamente e in conoscenza di causa i suoi desideri specifici, compresa la selezione di un’apposita casella nel caso di un sito internet».
Tuttavia, è opportuno sottolineare che in linea generale i siti di commercio on line ammettono alla contrattazione solo utenti precedentemente identificati, registrati mediante la creazione di un account personale con attribuzione di una apposita «ID utente» e «password», che attraverso un semplice click esprimono la propria adesione al regolamento contrattuale disciplinante le relazioni commerciali negoziabili tramite il medesimo sito web. Cfr. sul punto BACCIARDI E., Contratti telematici e diritto di recesso, in I contratti, 4/2010, 390.
[134] Sul punto BIANCA C.M. I contratti digitali, in Studium Iuris, 1998, 1035 ss. esclude l’applicazione dell’art. 1326, affermando che velocità di trasmissione degli impulsi elettronici fa coincidere, concretamente, il momento dell’arrivo dell’accettazione con il suo invio. Per lo stesso orientamento CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1141, tale dottrina, infatti, afferma che il contratto telematico concluso mediante pressione del tasto virtuale non integrerebbe le caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità richieste dal codice. Tale dottrina, infatti, ritiene che il documento informatico sottoscritto con tasto virtuale possa offrire prova dei fatti rappresentati ai sensi dell’art. 2712 c.c. Una parte della dottrina, invece, sostiene che la conclusione contrattuale tramite point and click sia inidonea a configurare «una forma di accettazione espressa». Cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, 1062.
[135] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 39; BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1062; FINOCCHIARO G.-DELFINI F., Diritto dell’informatica, Milanofiori Assago, 2014, 383. Tale ultima dottrina, sul punto, sottolinea che la predisposizione delle modalità di espressione dell’accettazione negoziale incontra un limite nella meritevolezza degli interessi perseguiti.
[136] In tal senso tramite FINOCCHIARO G.-DELFINI F., op. ult. cit., 383.
[137] Così FINOCCHIARO G.-DELFINI F., op. ult. cit., 443.
[138] In tal senso tramite FINOCCHIARO G.-DELFINI F., op. ult. cit., 443.
[139] Così PASQUINO T., La vendita attraverso reti telematiche: profili civilistici, in Dir. Inf., 1990, 2, 697-710.
[140] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit., 1144. In particolare, tale dottrina sottolinea che l’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 70/2003 non contiene alcuna differenza di rilievo rispetto alla regola generale di cui all’art. 1335 c.c., derivandone dunque che l’ordine (ma anche la ricevuta) si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi.
[141] In tal senso DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020 90 ss.; BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, 1062; CAVALLONI A., Il contratto telematico, in CASSANO A.-VACIAGO G.-SCORZA G. (a cura di), Diritto dell’internet, Lavis, 2012, 172. Sul punto CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1141 sottolinea che, in realtà l’inoltro dell’ordine di acquisto giunge a notizia del venditore sempre successivamente all’invio dei numeri della carta di credito (esecuzione) da parte dell’acquirente proprio in forza della logica dell’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 70/2003. Per un’analisi dettagliata circa le carte elettroniche di pagamento e la disciplina della moneta elettronica, anche in prospettiva comparata cfr. PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 127.
[142] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1062. Per lo stesso orientamento cfr. FRATERNALE A., I contratti a distanza, Milano, 2002, cit., 28.
[143] Per un’analisi sul punto cfr. FRATERNALE A., op. ult. cit., 28 ss.
[144] Cfr. CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1144.
[145] Così PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 50.
[146] In tal senso ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 63.
[147] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1068 s.
[148] ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 79 s.
[149] Sul punto occorre sottolineare che ai fini della qualificazione della clausola come condizione generale di contratto, la dottrina sottolinea che ciò che conta non è la predisposizione unilaterale della parte, ma lo stabile utilizzo della clausola da parte del predisponente per regolare la propria contrattazione. Cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1071.
[150] Cfr. fra tutti. ALESSI R., La disciplina generale del contratto, Torino, 2015, 262 ss.; BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, 571.
[151] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1071. Il quale sottolinea che in tal modo il predisponente avrebbe assolto il proprio onere e verserebbe in colpa grave l’aderente che omettesse di prenderne visione.
[152] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 83; TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 282. Tuttavia, sul punto un’altra parte della dottrina sottolinea che una clausola di rinvio ai contenuti di altre sezioni del sito, anche ove esse siano esattamente individuate, comporta pur sempre un grave vulnus in termini di chiarezza e trasparenza nella presentazione delle condizioni generali. «L’operatore, difatti, potrebbe successivamente modificare le condizioni contrattuali aliunde reperibili, ma è evidente che il regolamento negoziale applicabile al singolo contratto è quello esposto sul sito al momento della conclusione, onde le eventuali nuove pattuizioni si applicheranno solo ai contratti formati successivamente alla loro pubblicazione on line». Cfr. BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1072.
[153] Per un’analisi sulle clausole vessatorie cfr. RICCIUTO V.-ZORZI N., Il contratto telematico, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da GALGANO F., vol. XXVII, Padova, 2002, 182 ss.
[154] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1074. In particolare, la Corte di Cassazione, ha affermato il principio per cui, anche se non è stato usato un «modulo», ovvero uno stampato da accettare in blocco riempiendo gli spazi bianchi, anche la riproduzione di un documento informatico o «file», predisposto dal professionista e destinato ad essere utilizzato per un numero indeterminato di rapporti, costituisce uso di «formulario». Cfr. Cass. sent. n. 6314/2006.
[155] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1075.
[156] In particolare, circa la stratificazione normativa in tema di documento informatico, firma digitale e firme elettroniche cfr. DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 42 ss.
[157] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1075. In particolare, è opportuno in ambito giurisprudenziale evidenziare una recente sentenza secondo la quale: ai fini della validità di una clausola vessatoria contenuta in un modulo contrattuale on line occorre la specifica sottoscrizione della stessa, da assolversi con l’impiego della firma digitale da parte dell’aderente. In particolare, nel caso di specie il semplice click dell’utente sul modulo on line è stato ritenuto sufficiente per ritenere validamente concluso il contratto on line, ma non quando tale modulo contenga una clausola vessatoria, in quanto tale tecnica non integra la forma scritta necessaria per approvare una tale clausola ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c.. Cfr. Tribunale Catanzaro, 30 aprile 2012 riportata da Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 83.
[158] Per tale orientamento BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1079. In senso contrario ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 81.
[159] Per un’analisi circa la stratificazione normativa in tema di documento informatico, firma digitale e firme elettroniche cfr. DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 42 ss.
[160] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit., 1140.
[161] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1076.
[162] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1076 s.
[163] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1077. Il quale sottolinea che l’utilizzazione congiunta di username e password rappresenta una tipologia di firma elettronica semplice, consentendo in tal modo soltanto «l’identificazione dell’utente che accede ad una determinata risorsa informatica, ma non anche di associare i dati informatici relativi all’autore, cioè i dati “validanti” ai dati elettronici “da validare”».
[164] Sul punto cfr. MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 257 ss.; BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, 602 ss.; CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1106.
[165] Per un’analisi sull’equilibrio normativo e le clausole abusive nei contratti con i consumatori cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, 278 ss.; ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, 72 ss.
[166] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit., 1103.
[167] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 257.
[168] Al riguardo occorre rilevare che la nullità di protezione è strutturalmente parziale e pone, pertanto, il problema se l'accertamento del vizio determini automaticamente la caducazione della clausola ovvero se ne sia possibile una integrazione giudiziale. La Corte europea di Giustizia in più occasioni ha stabilito che l'eventuale integrazione rimane possibile soltanto laddove il contratto privo della clausola caducata non possa assolvere la propria funzione. Cfr. fra le molte CEG 14.06.2012, causa C-618/10; CEG 21.01.2015, causa C-482/13.
[169] Così BATTELLI E., Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 4/2014, cit., 1079.
[170] Così BATTELLI E., op. ult. cit., 1080.
[171] Per un’analisi circa lo jus poenitendi cfr. RICCIUTO V.-ZORZI N., Il contratto telematico, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da GALGANO F., vol. XXVII, Padova, 2002, 163 ss.
[172] Per un’analisi approfondita sul diritto di recesso cfr. BACCIARDI E., Il nuovo statuto del diritto di ripensamento tra efficienza del mercato e razionalità (limitata) dei consumatori, in Pluris, 7/05/2018; BACCIARDI E., Contratti telematici e diritto di recesso, in I contratti, 4/2010.
[173] In tal senso MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 247. Per un’analisi sulle diverse modulazioni e sui tratti caratteristici del recesso codicistico cfr. ex multis BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, 657 ss; CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, 1087 ss.
[174] Così BESSONE M., Istituzioni di diritto privato, Torino, 2012, 590; MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 249.
[175] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 248.
[176] Così MENGONI L., Autonomia privata e Costituzione, in Banca, Borsa e titoli di credito, 1997, cit., 15.
[177] Così PADOVINI F., I contratti di credito ai consumatori. Il recesso e l’estinzione del rapporto, in Banca borsa tit. cred., 2011, I, 700.
[178] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., Manuale di diritto civile, Roma, 2018, cit., 1140.
[179] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 1140.
[180] Così CARINGELLA F.-BUFFONI L., op. ult. cit., 1140.
[181] Per proporre un breve sguardo in prospettiva comparta si segnala che anche la disciplina tedesca e francese in recepimento della direttiva 2011/83/CE hanno previsto un termine di 14 giorni per l’esercitare il diritto di recesso. Cfr. sul punto in linea generale sul recepimento della direttiva nei diversi paesi europei MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 23 ss.
[182] Cfr. art. 59 cod. cons., in questa sede ex multis fra le varie eccezioni riportate, si segnala che il diritto di recesso è escluso per: la fornitura di registrazione audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna; la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con la sua accettazione del fatto che in tale caso avrebbe perso il diritto di recesso; la fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati; la fornitura dei beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente; la fornitura di beni che dopo la consegna risultano, per la loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni; i contratti conclusi in occasione di un’asta pubblicitaria.
[183] Cfr. art. 52, cod. cons.
[184] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 291.
[185] Sul punto MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 211 afferma che la regola di per sé non è nuova perché già vigente nei contratti di multiproprietà.
[186] Così CUFFARO V., Nuovi diritti per i consumatori: note a margine del d.lgs. 21 febbraio 2014 n. 21, in Corr. Giur., 2014, 748; MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 211.
[187] Così MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, cit., 211.
[188] Così MAZZAMUTO S., op. ult. cit., 211.
[189] Si evidenzia che anche la disciplina francese prevede in caso di contrattazione telematica l’obbligo di comunicare al consumatore un modello di formulario-tipo per recedere dal contratto. In linea generale, difatti, la disciplina francese ricalca quanto previsto dalla disciplina italiana di recepimento.
[190] Sul punto PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 77 sottolinea che il legislatore europeo ha delineato la disciplina della responsabilità sei prestatori intermediari porgendo lo sguardo oltre Oceano e segnatamente alle rules elaborate dalle Corti statunitensi.
[191] Così CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R., Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, 1773; DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 118.
[192] Le norme sono strutturate in modo rispettivamente simmetrico, difatti, si enunciano le condizioni per l’esercizio della responsabilità del prestatore intermediario, condizioni che sono via via più gravose quando l’intermediazione del prestatore, nel flusso di informazioni, diviene più penetrante e dunque nel passaggio dal mere conduit all’hosting.
[193] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 121.
[194] Così DELFINI F., op. ult. cit., 121. Il quale sottolinea che tale disciplina è il frutto di un mutamento di approccio da parte del legislatore, il quale è passato dalla repressione di condotte attive ad una repressione anche di condotte omissive pregiudizievoli per i beni protetti. Tuttavia, è opportuno segnale il diverso approccio
[195] Così DELFINI F., op. ult. cit., 118.
[196] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 130.
[197] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 131.
[198] Così DELFINI F., op. ult. cit., 130.
[199] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 131 s.
[200] Così CASSANO G.-CATRICALÀ A.-CLARIZIA R., Concorrenza, mercato e diritto dei consumatori, Milano, 2018, cit., 1774.
[201] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 134.
[202] È opportuno segnalare sul punto la sentenza CGUE, 3 ottobre 2019, Eva Glawischning-Piesczek c. Facebook Ireland Limited, C-18/18. Tale sentenza, infatti, si occupa segnatamente proprio della responsabilità ex artt. 14 e 15 direttiva 2000/31/CE dei social network, connessa ai servizi hosting da loro effettuati. In particolare, il caso riguarda un utente di Facebook che aveva condiviso un articolo di un giornale austriaco - che riportava il sostegno di un partito al mantenimento di un reddito minimo per rifugiati allegando una foto di una deputata di quel partito - corredandolo di espressioni ingiuriose nei confronti della Parlamentare. In particolare, in tale occasione, nonostante la Corte ha ritenuto non configurabile la responsabilità dell’host provider proprio in forza di un obbligo di sorveglianza, ha ordinato allo stesso tempo di rimuovere non solo tali informazioni, ma anche le informazioni a contenuto equivalente. La Corte in tale occasione ha effettuato un bilanciamento tra l’esigenza effettiva di tutela del danneggiato e quella del provider che può invocare l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza.
[203] Così PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, cit., 82.
[204] Per la delineazione degli Stati Uniti d’America come luogo nativo dell’e-commerce cfr. PACILEO P., Contratti on line e pagamenti elettronici, Diritto interno, normativa comunitaria e modelli comparati, Torino, 2010, 305.
[205] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, 90.
[206] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 234. Il quale sottolinea che nel caso Spech v. Netscape Communications Corp., 150, F. Supp. 2nd 585 (S.D.N.Y, 2001) è stata espressamente riconosciuta la vincolatività giuridica della pressione del tasto negoziale virtuale.
[207] Cfr. Arizona Retail System v. The Software Link, 831 F. Supp. 759 (D. Ariz. 1993).
[208] Cfr. Pro CD v. Zeidenberg, 86 F.3rd 1447 (7th Cir. 1996)
[209] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 91. La stessa sottolinea che la giurisprudenza giustifica la vincolatività del contratto concluso mediante la tecnica browserwrap perché è una soluzione diversa porterebbe a risultati ingiusti o comporterebbe l’ingiustificato arricchimento di una delle parti.
Tale dottrina, tuttavia, sul punto sottolinea che la giurisprudenza non è uniforme e le Corti sono divise circa la conclusione del contratto nell’ipotesi broserwrap terms. Cfr. Specht vs Netscape Communication Corporation.
[210] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 91.
[211] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 235.
[212] Per un’analisi approfondita sul punto cfr. TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 235 ss.
[213] Per un’analisi sul punto cfr. ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 91 ss.
[214] In tal senso ADDANTE A., op. ult. cit., 92.
[215] Così ADDANTE A., op. ult. cit., 92.
[216] In tal senso ADDANTE A., op. ult. cit., 93.
[217] Così ADDANTE A., op. ult. cit.., 94.
[218] Così ADDANTE A., op. ult. cit., 94. Tale dottrina riporta tra tali clausole “sospette” le clausole che possono limitare l’accesso ai contratti di pubblico dominio e il trasferimento delle copie.
[219] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 94.
[220] Così ADDANTE A., op. ult. cit., 94.
[221] Così ADDANTE A., op. ult. cit., 95.
[222] Così ADDANTE A., op. ult. cit., 95.
[223] Per un approfondimento, sulla debolezza dell’impresa (c.d. “terzo contratto”) la quale si annida, a differenza che per il consumatore, nella dipendenza economica della stessa nei confronti di una o più imprese, cfr. LABELLA E., Tutela della microimpresa e “terzo contratto”, in Europa dir. Priv., 2015. 857 ss.; MAZZAMUTO S., Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 180 ss.
[224] Così RICCIUTO V.-ZORZI N., Il contratto telematico, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da GALGANO F., vol. XXVII, Padova, 2002, cit., 75.
[225] Nel diritto giustinianeo il semplice accordo delle parti costituiva la convenzione o patto nudo da cui non sorgeva alcun vincolo obbligatorio ed alcun tipo di azione. Per un’approfondita analisi sull’evolversi del principio consensualistico cfr. RICCIUTO V.-ZORZI N., op. ult. cit., 75 ss.
[226] Inoltre, meno nota, ma altrettanto diffusa è la vendita di beni in grandi magazzini attraverso il Videotel, ossia attraverso un sistema automatico, appositamente predisposto dall'impresa distributrice, collegato ad un video e ad un cavo telefonico, il quale consente all'utente di ricevere in qualunque momento informazioni di immagini relative ai beni in vendita nei vari centri commerciali ad esso collegati, anche diversi rispetto a quello in cui si trova all’acquirente, ed eventualmente di ordinarne l'acquisto. Sugli acquisti per via telematica in generale cfr. BIANCA C.M. I contratti digitali, in Studium Iuris, 1998, 1035 ss.
[227] Per un’analisi approfondita sulla contrattazione cibernetica e gli agenti software cfr. Così BRAVO F., Contrattazione telematica e contrattazione cibernetica, Milano, 2007, 170. Il quale propone un’attenta definizione di cibernetica e, in particolare, definisce la cibernetica «come la scienza che, basandosi sullo studio delle analogie tra le funzioni del cervello animali, specialmente umano, e i principi di funzionamento delle macchine, ha lo scopo di realizzare apparecchiature automatiche e strumenti elettronici capaci di riprodurre le predette funzioni, ovvero di comportarsi in maniera simile al modello animale o umano di riferimento, utilizzando particolari tecniche di trasmissione dei segnali di comando e di controllo in sistemi meccanici, in circuiti elettrici e/o in sistemi elettronici»[227], così BRAVO F., op. ult. cit., 180. Per un’analisi circa gli Smart Contracts cfr. DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 25 ss.
[228] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, 25 ss.
[229] Per un’analisi dei vari orientamenti cfr. FINOCCHIARO G., La conclusione del contratto telematico mediante i “software agents”: un falso problema giuridico?, in Contratto e impresa, 2/2002, 500 ss. Verso l’individuazione di uno status giuridico a tali automi si è mosso anche il Parlamento europeo, come è possibile leggere nella Risoluzione del 16 febbraio 2017; contro l’idea dell’attribuzione di una soggettività giuridica agli automi DELFINI F., Il commercio elettronico, in PICOZZA E.-GABRIELLI E. (a cura di), Trattato di diritto dell’economia, vol. I, Padova, 2004.
[230] Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017.
[231]Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 13.
[232] Così DELFINI F., op. ult. cit., 29.
[233] Così DI SABATO D., Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contratto e impresa, 2017, cit., 398
[234] Così DELFINI F., Forma digitale, contratto e commercio elettronico, Milano, 2020, cit., 28.
[235] Così DELFINI F., op. ult. cit., 29 s.
[236] Così DELFINI F., op. ult. cit.., 30.
[237] Così ADDANTE A., Tutela del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milanofiori Assago, 2016, cit., 40.
[238] Così RODOTÀ S., Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 2004, ristampa integrata, cit., 77. Il quale sottolinea che la volontà delle parti finisce per essere fonte, non esclusiva, del regolamento contrattuale con cui le parti decidono di costituire e disciplinare i propri rapporti giuridici.
[239] Così TOSI E., Contratti informatici, telematici e virtuali, Nuove forme e procedimenti formativi, Milano, 2010, cit., 32.
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