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Pubbl. Ven, 5 Mar 2021

Secondo la Corte di cassazione il consumatore non è sempre la parte debole

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Saverio Patti



Con la pronuncia 8 luglio 2020 n. 14257 , la Corte di cassazione, adita in materia di risarcimento del danno da vacanza rovinata, superando la tradizionale concezione che vede il consumatore quale soggetto ”svantaggiato” della contrattazione, così come previsto dal c.d. dogma consumeristico, ha sancito il ”principio di autoresponsabilità del consumatore”. Mediante la fissazione di tale principio, la Suprema corte ha voluto evitare il diffondersi di abusi di una tutela protezionistica unilaterale, qualora la condotta, intesa in termini commissivi od omissivi, del consumatore contribuisca, in qualsiasi modo, al verificarsi di incresciosi eventi, per i quali si richiede, ad opinione della Corte, ingiustamente un eventuale ristoro.


ENG With judgment n. 14257/2020, Cassation went beyond the traditional concept of the weak consumer and established the ”principle of consumer´ self responsability”. In this way, the Court wants to diminish the abuse of protection, when the consumer´s behaviour contributes to the occurrence of the event.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Le circostanze fattuali da cui trae origine la sentenza; 3. Il superamento del “dogma consumeristico” nella pronuncia della Corte; 4. L’affermazione del principio di autoresponsabilità del consumatore; 5. Conclusioni.

1. Introduzione

La Corte di cassazione, Sez. III Civile, con sentenza emessa in data 8 luglio 2020, n. 14257, di rigetto del ricorso depositato dalla parte ritenutasi lesa e di conseguenziale conferma di quanto già deciso dal Tribunale di Gorizia, assumente funzioni di Giudice d’appello, sancisce un principio innovativo ed alquanto rivoluzionario nel panorama giurisprudenziale italiano, definito di “autoresponsabilità del consumatore”.

Il principio si innesta in materia di tutela risarcitoria per danno da vacanza rovinata1, inteso quale pregiudizio arrecato al turista per non aver potuto godere pienamente del “pacchetto viaggio”, organizzato con il precipuo fine di svago e riposo del partecipante.

In particolare, la Suprema corte, con la citata pronuncia, si esprime negativamente sulla concessione della suddetta tutela risarcitoria al soggetto consumatore, il quale, pur avendo ricevuto dall’agenzia tutte le necessarie informazioni di viaggio nei giorni immediatamente antecedenti la partenza e non anteriormente alla stipulazione del contratto, come previsto dalla Legge, per propria imputabile negligenza, non ne fa uso per annullare il predetto contratto e chiedere la restituzione del corrispettivo debitamente pattuito ed incassato dall’appellata

2. Le circostanze fattuali da cui trae origine la sentenza

La pronuncia in esame trae origine dalle descrivende vicende.

La Signora D.S.M., insieme alla Signora D.P.E., stipulava con l’agenzia J. Viaggi s.r.l. un contratto di viaggio turistico della complessiva durata di nove giorni, di cui cinque in Siria e tre in Giordania. Giunte all’aeroporto di Aleppo, le donne venivano fermate dalla polizia, che, a seguito di un controllo, riscontrava la presenza sul loro passaporto di un timbro giordano, indicativo di un loro precedente ingresso in Israele. Per tale motivo, venivano trattenute dalla polizia siriana per dodici ore. Il predetto evento le obbligava a proseguire il viaggio, interamente a proprie spese, verso Amman, ove, dopo essere state nuovamente fermate dalla polizia del luogo, riuscivano, trascorsi alcuni giorni, a ricongiungersi al resto del gruppo.

Le Signore, tornate in Italia, adivano il competente Giudice di pace, per sentir condannare la J. Viaggi s.r.l. responsabile della violazione degli articoli 87 e 88 del D. Lgs. 206/20052, in quanto, a detta delle ricorrenti, non le informava, in maniera esaustiva e tempestiva, circa le condizioni applicabili ai cittadini Ue in ingresso nel territorio siriano, ed al conseguenziale ristoro di tutti i danni, patrimoniali e non, da vacanza rovinata.

La J. Viaggi s.r.l. si dichiarava esente da qualunque responsabilità attribuitagli, in quanto, a suo dire, aveva consegnato alle ricorrenti, cinque giorni prima della partenza, una nota informativa in merito.

Con sentenza n. 722/2012, il Giudice di pace adito rigettava la domanda delle ricorrenti e compensava le spese di lite, ritenendo che, a fronte dell’inesatto adempimento dell’obbligo informativo dell’agenzia in un momento antecedente alla stipulazione del contratto, le attrici avrebbero potuto chiedere, in maniera legittima, l’annullamento del contratto e la restituzione delle somme versate, oltre il risarcimento del danno.

Rigettata la domanda, la sola Sig.ra D.S.M. ricorreva al Tribunale di Gorizia, nelle vesti di Corte d’appello, che, con sentenza n. 68/2018, confermava la sentenza del Giudice di prime cure.

La predetta decisione induceva l’appellante a proporre ricorso per Cassazione per tre specifici motivi:

- violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.3, in correlazione all’art. 87 Codice del consumo4, per avere il Giudice di secondo grado ritenuto che la consegna dell’opuscolo informativo, sebbene successiva alla stipulazione del contratto ed antecedente alla data di partenza, potesse considerarsi quale adempimento contrattuale;

- violazione dell’art. 2697 c.c.5 e dell’art. 93 Codice del consumo6, per avere il giudice a quo errato nel non condannare la venditrice a rispondere dei danni occorsi all’acquirente, in assenza di prova di inadempimento od inesatto adempimento per causa ad essa non imputabile;

- violazione dell’art. 132 c.p.c.7, per avere il Tribunale di Gorizia, con motivazione apparentemente contraddittoria, da un lato riconosciuto la ricorrenza dell’inadempimento dell’appellata, dall’altro individuato nella trasmissione di informazioni scritte, mediante la consegna dell’opuscolo informativo all’appellante, l’avvenuta ottemperanza della prescrizione di cui all’art. 87 del D. Lgs. 206/2005.

3. Il superamento del “dogma consumeristico” nella pronuncia della Corte

Con sentenza del 8 luglio 2020 n. 14257, la Suprema corte ritiene non fondati i motivi addotti dalla ricorrente, ne rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

La questione sottoposta all’attenzione della Corte è relativa alla violazione di uno specifico obbligo di informazione precontrattuale, di cui avrebbe dovuto essere destinataria la ricorrente, in quanto acquirente/consumatrice di un contratto di viaggio organizzato.

A detta della Corte, l’obbligo informativo del professionista nei confronti del consumatore, considerato, per definizione normativa, soggetto “debole” della contrattazione, sussiste anche nella fase antecedente la conclusione del contratto, poiché, mediante il corretto espletamento di tale obbligo, è possibile lenire le eventuali menomazioni derivanti dall’ignoranza di fatti, la mancata conoscenza dei quali potrebbe indurre il consumatore ad incappare, talvolta, in spiacevoli evenienze.

Il suddetto obbligo si desume dall’art. 87, comma 1, del D. Lgs. 206/2005, secondo cui, nel corso delle trattative o, comunque, nelle fasi antecedenti la conclusione del contratto, l’organizzatore deve (si tratta, infatti, di un obbligo previsto dalla legge) fornire agli acquirenti per iscritto, mediante un apposito opuscolo informativo, le notizie essenziali concernenti il passaporto, il visto e gli obblighi sanitari per il soggiorno. Nel caso in cui il contratto venga a stipularsi in prossimità della partenza, le informazioni possono essere fornite in concomitanza alla firma del contratto.

A detta della Corte, dunque, il legislatore esonera il consumatore dal procurarsi le informazioni necessarie per il corretto e regolare espletamento del viaggio, pur riconoscendo che si tratti di informazioni che l’acquirente possa ben procurarsi in piena autonomia.

Il Tribunale di Gorizia, nonostante avesse verificato il non esatto adempimento da parte della J. Viaggi s.r.l. in merito all’obbligo informativo, non ritiene sussistere il nesso di causalità tra l’inadempimento precontrattuale ed i danni lamentati dalla ricorrente, la quale non adduce nel processo evidenti circostanze che gli impediscano di avere effettiva cognizione delle informazioni ricevute il 5 marzo 2009, dalla cui omissione, anche parziale, sarebbe derivato il diritto all’annullamento contrattuale ed alla restituzione di quanto versato.

In particolare, la Corte di cassazione, nella sentenza di cui in oggetto, così dispone:

«...piuttosto che anteporre formalisticamente il c.d. dogma consumeristico che vuole il consumatore in una situazione di presunzione assoluta di debolezza, sempre e comunque meritevole di protezione, e che ragiona degli obblighi di informazione come di obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico – ritenendo, quindi che l’informazione non pervenuta nella sfera di conoscibilità del consumatore ovvero pervenutagli in forma incompleta o tardiva, quale che fosse la capacità o la possibilità di utilizzare a suo vantaggio le informazioni avute, non è mai immune da conseguenze – il giudice a quo ha privilegiato l’opposta soluzione ispirata evidentemente al principio di autoresponsabilità del consumatore, correggendo le conseguenze che sarebbero derivate dall’applicazione dello strictum ius.” La Suprema corte, dunque, si trova concorde alla soluzione giurisprudenziale prospettata dal Tribunale di Gorizia, che, superando il dogma consumeristico, ha affermato il cosiddetto “principio di autoresponsabilità del consumatore”, ritenendo che la disponibilità dell’informativa, la cui mancata conoscenza è da attribuire esclusivamente alla negligenza della ricorrente, sebbene successiva alla stipula del contratto, ma antecedente alla partenza delle acquirenti, non rasenta un inadempimento contrattuale dell’Agenzia e, quindi, non può conclamarsi quale fonte di pregiudizievoli conseguenze, suscettibili di risarcimento del danno.»

4. L’affermazione del principio di autoresponsabilità del consumatore

Il contratto di viaggio turistico collettivo, rientrante nella più ampia tipologia del contratto di viaggio, si caratterizza per la sussistenza, in capo al proponente, di ben precisi obblighi informativi, sussistenti sin dal momento delle trattative, inerenti al sano e regolare svolgimento dell’intera vacanza.

In particolare, l’art. 87 Codice del consumo prevede che il venditore/proponente, prima della sottoscrizione dell’accordo, deve fornire al consumatore, per iscritto, una sequela di informazioni considerate essenziali ai fini del viaggio, tra cui orari, località di sosta, recapiti di eventuali rappresentanti dell’Agenzia in loco.

I predetti obblighi possono venire assolti mediante la consegna, in un momento antecedente alla stipulazione del contratto, di specifici opuscoli informativi, ex art. 86, che consistono in dossier da cui si evincono, in maniera chiara e concisa, tutte le notizie ritenute fondamentali per una buona riuscita del viaggio e coerenti con il contenuto della tipologia contrattuale prescelta. Qualora, a seguito della consegna del predetto, l’acquirente, che ne prende visione, riscontri una palese ed evidente difformità tra il contenuto dell’opuscolo ed i termini contrattuali, ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, anche in forma specifica.

Nel caso di specie, la ricorrente lamenta la violazione degli obblighi informativi succitati, che, a parere del Tribunale di Gorizia, nelle funzioni di Corte d’appello, risulterebbero adeguatamente assolti dal tour operator attraverso la consegna dell’opuscolo nei giorni immediatamente antecedenti la partenza.

I Giudici di legittimità, in seguito aditi, confermano la pronuncia del giudice a quo e, temperando il c.d. dogma consumeristico, ritengono applicabile, nel caso di specie, il “principio di autoresponsabilità del consumatore”, secondo il quale la sola disponibilità dello scritto informativo, in data successiva alla stipula del contratto ed antecedente alla partenza, la cui mancata conoscenza è imputabile esclusivamente alla condotta negligente della ricorrente, non determina alcuna conseguenza pregiudizievole, suscettibile di una compensazione in via risarcitoria.

A parer della Corte, inoltre, nonostante sia chiaro che la condotta della venditrice sia riprensibile nella parte in cui si limita a fornire all’acquirente le informazioni necessarie solamente nei giorni più prossimi alla partenza, la predetta condotta non viene censurata, in maniera evidente, dalla ricorrente, la quale non ha debitamente dimostrato, con il ricorso, quali siano le conseguenze concrete della lesione incriminata. Inoltre, indipendentemente dal momento effettivo in cui le informazioni sono state cedute alla consumatrice, la condotta tenuta da quest’ultima, che le ha negligentemente non utilizzate, contribuisce indubbiamente al verificarsi della concatenazione degli eventi, tale per cui alcuna conseguenza pregiudiziale sia ritenuta suscettibile di ristoro.

La soluzione prospettata dalla Suprema corte, dunque, che supera l’oramai noto “dogma consumeristico”, che ravvede il consumatore parte “svantaggiata” della contrattazione, induce a considerare nuovi ed alternativi scenari nell’attribuzione della responsabilità da inadempimento contrattuale, evitando, in tal modo, gli eventuali abusi di una tutela protezionistica unilaterale.

5. Conclusioni

In conclusione, la citata pronuncia della Cassazione, partendo dal principio posto a tutela del consumatore, che prevede l’obbligo per il professionista di trasferire al cliente, già in fase precontrattuale, le informazioni necessarie per addivenire ad una decisione maggiormente consapevole nella stipula o meno del contratto definitivo, sancisce una novità nel panorama giurisprudenziale nazionale.

La Corte ha rivelato che, nel caso sottopostogli, il tour operator aveva adempiuto alla consegna, anche se solamente qualche giorno prima dell’effettiva partenza, di informazioni utili ai fini del corretto espletamento del viaggio, ma la tempistica della consegna, sebbene certamente censurabile, non veniva sufficientemente stigmatizzata dal consumatore, il quale non aveva pienamente provato il pregiudizio, che riteneva avesse subito dal negligente comportamento del professionista.

Dunque, la Cassazione ha ritenuto che occorra indubbiamente distinguere tra la lesione formale del diritto del consumatore e la lesione sostanziale dello stesso, in quanto solamente da quest’ultima potrebbe derivarne un pregiudizio meritevole di ristoro, se debitamente provato.

Nel caso di specie, quindi, la Suprema corte, mediante l’applicazione del principio di autoresponsabilità del consumatore, che vede quest’ultimo non sempre soggetto debole della contrattazione, ha affermato che la cessione delle informazioni nei giorni immediatamente antecedenti la partenza, informazioni di cui il cliente non ha preso colpevolmente conoscenza, non induce sempre e comunque alla condanna del professionista per inesatto adempimento, qualora il cliente non dimostri in giudizio l’effettivo pregiudizio subito.


Note e riferimenti bibliografici

1 Riferimento all’art. 47 del Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79, Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005 n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine , contratti di rivendita e di scambio.

2 Riferimento agli artt. 87 e 88 del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo a norma dell’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

3 Riferimento all’art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c., secondo il quale le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

4 Riferimento all’art. 87 Codice del consumo, articolo abrogato dal Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79, secondo il quale il venditore o l’organizzatore del viaggio, nel corso delle trattative e comunque prima della conclusione del contratto, deve fornire per iscritto al consumatore informazioni di carattere generale sulle modalità del servizio offerto, sul prezzo e sugli altri elementi contrattuali.

5 Riferimento all’art. 2697, comma 1, c.c., secondo il quale colui che voglia far valere un diritto in giudizio deve dar prova dei fatti, che ne costituiscono il fondamento.

6 Riferimento all’art. 93, comma 1, Codice del consumo, articolo abrogato dal Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79, secondo il quale, in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, il venditore è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che il mancato od inesatto adempimento è determinato da causa a lui non imputabile.

7 Riferimento all’art. 132, comma 1, c.p.c., nel quale vengono indicati i contenuti necessari della sentenza, quali indicazione del giudice, indicazione delle parti e dei difensori, conclusioni del pubblico ministero e delle parti, dispositivo, data della deliberazione e sottoscrizione del giudice.