• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Lun, 22 Feb 2021
Sottoposto a PEER REVIEW

Le esternalizzazioni dei servizi sociali

Modifica pagina

Gianluigi Pallotta



Il Codice degli Appalti pubblici risponde all’esigenza di tutela della concorrenza di matrice euro-unitaria. Il Codice del Terzo settore deriva dalla volontà del legislatore nazionale di espandere il principio di sussidiarietà orizzontale, funzionale all’implementazione di uno sviluppo sostenibile, equo e solidale. Sia l’uno che l’altro sono oggetto costante di una campagna di comunicazione politica che arricchisce il confronto da un punto di vista quantitativo, al contempo, si rischia di navigare per ideologie preconcette e non per considerazioni frutto di una riflessione meditata. La possibilità di riscontrare antinomie tra i due Codici è più che concreta. Lo scontro tra due sistemi di valori differenti potrebbe determinare contrasti nella giurisprudenza e nella dottrina.


ENG The Public Procurement Code responds to the need for protection of Euro-unit competition. The Third Sector Code derives from the will of the national legislator to expand the principle of horizontal subsidiarity, functional to the implementation of sustainable, fair and supportive development. Both the one and the other are the constant object of a political communication campaign that enriches the comparison from a quantitative point of view, at the same time, one risks navigating for preconceived ideologies and not for considerations resulting from thoughtful reflection. The possibility of finding antinomies between the two Codes is more than concrete. The clash between two different value systems could lead to contrasts in jurisprudence and doctrine.

Sommario: 1. L’intervento dello Stato nell’economia: dallo Stato-imprenditore allo Stato-salvatore; 2. La sintesi del welfare mix come scaturigine conflittuale; 3. I rapporti di forza tra Codice degli appalti pubblici e Codice del Terzo settore; 4. Collocazione sistematica dei servizi sociali; 5. La disciplina dell’impresa sociale nell'economia di mercato; 6. Le modalità di affidamento; 7. Conclusioni.

1. L’intervento dello Stato nell’economia: dallo Stato-imprenditore allo Stato-salvatore

L’espressione "economia sociale di mercato"1 rimanda ai concetti di giustizia sociale e di globalizzazione giusta2.

Nei casi di intervento pubblico inefficiente, uno sviluppo economico sostenibile, spinto da organizzazioni e imprese che operano nel settore del sociale, diviene indispensabile per fornire servizi pubblici, ma anche per creare nuove opportunità di lavoro3.

In questo panorama ampio e variegato, dove si incrociano interessi antitetici, la produzione di beni e servizi pubblici in favore degli utenti diviene un’occasione di ampliamento del mercato del lavoro, garantendo opportunità anche per le categorie svantaggiate.

Così produzione e inserimento lavorativo dei disoccupati-inoccupati divengono elementi interconnessi, nell’idea di realizzare un miglioramento effettivo delle condizioni economiche e sociali, in forza del principio di uguaglianza sostanziale.

Le crescenti disuguaglianze in ambito lavorativo hanno indotto gli enti non profit operanti nel settore dei servizi sociali ad intervenire per cercare di mitigare gli effetti della globalizzazione economica, e in special modo le conseguenze derivanti dall’innovazione tecnologica e dalle migrazioni, che hanno messo in crisi il mercato del lavoro4.

Lo scontro tra la promozione dell’economia sociale, fondata sulla dimensione solidaristica, ed il principio di concorrenza (nel mercato e per il mercato) sembra essere inevitabile5.

La ricerca di un compromesso sulla base del brocardo "in medio stat virtus" appare difficile. Il percorso di mediazione risulta minato dai principi del diritto euro-unitario, incentrati sull’asse portante della concorrenza, che tendono ad incidere sulla Costituzione materiale6 del nostro ordinamento interno.

La libertà di iniziativa economica privata prevista all’art. 41, comma 1, Cost. rimane ancora un formidabile ed insuperabile baluardo, in parte utilizzato dalle teorie (economiche e giuridiche) declinate nella scia del liberismo, che tendono ad ergerlo a dogma in grado di garantire la corretta allocazione delle risorse7.

La libertà di iniziativa economica del singolo implica la libertà di concorrenza ed incide sul rapporto giuridico con altri operatori privati, rientrando nella generale capacità di esplicazione verso i terzi dei diritti costituzionali.

Il principio ordinatore della concorrenza (sul quale si fonda l’«ordoliberismo») non può prescindere da alcune considerazioni di ordine morale, che pure sono esistenti nell’ordinamento giuridico e ben presenti nella Costituzione intesa come sistema di valori8.

Purtuttavia, fuori da ogni tipo di considerazione di ordine spirituale, la seconda globalizzazione9 implica un tendenziale ritorno del ruolo dello Stato nell’economia, quantomeno nella funzione di regolazione10, senza tralasciare il ricorso all’intervento diretto, purché inteso come rimedio straordinario.

Lo Stato ha ridotto la presenza nel mondo della produzione (Stato-imprenditore), prevalentemente attraverso l’erogazione indiretta di servizi, privilegiando il ruolo di Stato-regolatore con funzioni di indirizzo e controllo del mercato, come la disciplina antitrust, finendo con il passare, poi, in momenti di grave crisi economica, al ruolo di Stato-salvatore11

Il tema anzidetto riguarda in special modo la materia degli aiuti di Stato e le crescenti esigenze di far fronte a salvataggi contingenti, soprattutto in relazione al settore bancario: una sorta di trade off tra necessità di intervento pubblico e gestione statale dei rischi di moral hazard.

Queste forme di contrapposizione tra individualismo e solidarietà12 richiedono di essere disciplinate e conciliate attraverso il bilanciamento di interessi, che appaiono contrapposti13, tramite una politica economica che sia in grado di trovare un giusto equilibrio tra un sistema di mercato basato sul profitto ed esigenze sociali14.

2. La sintesi del welfare mix come scaturigine conflittuale

Nel contesto socio-economico attuale la richiesta di servizi è cresciuta in maniera esponenziale, le prestazioni domandate hanno un profilo qualitativo e quantitativo più elevato rispetto a quello di pochi decenni addietro.

A partire dagli anni ‘90 lo Stato erogatore di servizi ha favorito politiche di liberalizzazioni e privatizzazioni che hanno aumentato la presenza di imprese private nelle attività di produzione di servizi pubblici15; nel settore dei servizi sociali le organizzazioni di volontariato hanno avuto uno sviluppo importante.

La riduzione delle risorse dello Stato per l’elargizione di servizi ha comportato una sostanziale deminutio della presenza pubblica16 e, di conseguenza, un corrispondente aumento del ricorso al privato-sociale17.

In linea di massima, si può affermare che la progressiva riduzione della qualità e della quantità dell’erogazione di beni e servizi pubblici in modalità diretta da parte dello Stato abbia ingenerato un consistente arretramento dello stesso in favore di soggetti privati o di istituzioni aventi natura mista (pubblico-privato), anche sperimentando nuove formule organizzative18.

Nel corso del tempo, l’estensione del Terzo settore nei servizi sociali si è fatta maggiormente consistente, al contempo, sono cresciute le problematiche giuridiche connesse alla regolazione del settore stesso.

Nello svolgimento di attività di interesse generale in favore della persona, si è innescata una dinamica di carattere concorrenziale tra organismi non lucrativi (non profit) e organizzazioni di carattere privatistico for profit.

La Riforma del Titolo V della Costituzione ha dato grande impulso alle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi dell’art. 118, comma 4, della Costituzione, che esplicita il principio di sussidiarietà orizzontale19.

Il suddetto caposaldo resta indissolubilmente legato al principio di uguaglianza sostanziale20 , di cui all'art. 3, comma 2, Cost., che recita: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese" e mira alla rimozione di situazioni di ingiustizia: una disuguaglianza sostanziale nel settore dei diritti sociali21.

Analizzando il combinato disposto delle due norme (art. 118 Cost., quarto comma, e art. 3, secondo comma)22, appare chiaro come il fine sia comune e univoco: la necessità di migliorare la qualità dei diritti di cittadinanza23, troppo spesso contaminati dalle esigenze di carattere economico, che limitano fortemente lo sviluppo della persona nella società.

I concetti sopra richiamati appaiono indissolubilmente legati, ed insieme si ergono a strumento di difesa dei diritti inviolabili dell’uomo nell’aggregato sociale, rappresentano il valori essenziali ai quali la Costituzione italiana si ispira e, nel contempo, rappresentano una milestone per il funzionamento del sistema statale.

Sotto il profilo costituzionale, nella materia, assume un’evidente preminenza l’art. 2 Cost., nella misura in cui specifica che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. La norma deve essere letta insieme all’art. 18 Cost.24, nonché all’art. 45 della Costituzione25.

Per converso, la libertà di iniziativa economica privata (ex. art. 41, comma 2, Cost.) deve conformarsi all’utilità sociale.

In forza della legge costituzionale n. 3 del 2001, spetta a tutti i livelli di governo della Repubblica adottare i necessari atti per garantire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”26; in questa maniera si sviluppa il principio di sussidiarietà.

I concetti giuridici sopra richiamati non sono portatori di un semplice favor nei confronti di forme di partecipazione attiva della cittadinanza per lo sviluppo del bene comune, ma implicano una torsione delle norme giuridiche primarie che disciplinano la materia, al fine di raggiungere obiettivi di interesse pubblico.

In altri termini, l’interpretazione può essere effettuata attraverso argomenti concettuali che mirano ad ottenere un’analisi sistematica e costituzionalmente orientata27.

La disciplina del Terzo settore investe norme di diritto speciale e di diritto generale, quindi l’interpretazione della fattispecie concreta deve necessariamente tener conto anche di norme collocate in "codici diversi".

Nella declinazione del principio di sussidiarietà sono sorti una serie di problemi in relazione all’affidamento dei servizi inerenti la persona da parte della P.A., sempre più orientata all’esternalizzazione piuttosto che alla gestione diretta.

Nel caso specifico dei servizi sociali, la P.A. può decidere di procedere attraverso i modelli di autorizzazione e accreditamento, in cui soggetti pubblici e privati operano in un mercato a rete, rimettendo all’utente la possibilità di scelta28, oppure può decidere di esternalizzare il servizio attraverso gli strumenti dell’appalto o della concessione.

L’art. 55, comma 2, Codice del Terzo settore prevede il procedimento di programmazione, che tende “all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”.

L’art. 55, comma 3 del Codice del Terzo settore individua la co-progettazione come “finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2”.

Inoltre, esiste la possibilità di mettere in atto accordi tra organismi del Terzo settore e P.A., ossia le convenzioni indicate nell’art. 56 del CTS29.

Tuttavia, è proprio il rapporto tra norme interne e i principi euro-unitari ad essere potenzialmente conflittuale, poiché il principio ordinatore della concorrenza esplica i propri effetti anche nei confronti delle organizzazioni non profit, che pure possono risultare affidatarie di risorse statali per l’erogazione di servizi socio-assistenziali alla persona30.

Il concetto di impresa31 nell’ambito del diritto euro-unitario si presta ad un’interpretazione estensiva, difatti la veste giuridica data dal diritto interno risulta totalmente irrilevante.

In effetti, la nozione di impresa si forgia su un dato sostanziale: “attività di produzione di beni e servizi suscettibili di essere collocati sul mercato”32.

3. I rapporti di forza tra Codice degli appalti pubblici e Codice del Terzo settore

L’attuale fase di intervento pubblico nell’economia risulta dettata alla necessità di sviluppare un’attività di regolazione33 e controllo efficiente, che sia in grado di stare al passo con i tempi di un'era in cui i mercati si muovono molto velocemente34.

In questo contesto socio-economico globalizzato, appare difficile conciliare i teoremi dell’economia del benessere con le dinamiche di command and control del mercato: esposto a ipotesi di market-failure ed esternalità negative35 che richiedono un necessario intervento.

D’altra parte, la finalità della regolazione è anche quella di creare le condizioni per un’efficiente allocazione delle risorse che sia in grado di ingenerare benessere sociale.

Mentre le amministrazioni pubbliche si sono ritirate dal mondo dell’economia per esigenze di controllo contabile, di converso si è ingenerato un incremento esponenziale delle organizzazioni operanti nel Terzo settore.

Queste ultime vengono regolate da una legislazione tipicamente sociale che tende a scontrarsi con la concorrenza, intesa come principio fondamentale dell’ordinamento europeo.

Generalmente le persone cercano di massimizzare le proprie risorse per ottenere benefici, questi non devono essere considerati obbligatoriamente in termini monetari, ma possono essere costituiti da beni aventi una natura ampia e variegata.

Sempre in linea generale, lo scopo dell’impresa è quello di ottenere un utile (massimo), pertanto, i concetti di altruismo e solidarietà non si prestano (tendenzialmente) all’esercizio dell’attività economica, anzi, risultano d’emblée in contrasto con il concetto stesso di profitto.

La disciplina dell’impresa sociale e la riforma del Terzo settore rappresentano una grande novità in ambito sociale, entrambe hanno avuto un impatto significativo per lo sviluppo del nostro ordinamento costituzionale, civile e amministrativo.

Il contesto normativo di riferimento dà luogo ad un sottosistema che, nel complesso, appare capace di consentire una propria definizione e una certa autonomia alla materia precedentemente impensabile, per qualificarla giuridicamente come «diritto del Terzo settore», ovvero una nuova parte speciale del diritto.

Il rapporto tra norme contenute nel Codice degli appalti pubblici e quelle che disciplinano il Terzo settore appare per natura conflittuale: le intersezioni tra le materie potrebbero comportare una serie di antinomie36, difatti, le due materie sono trasversali. Le norme contenute nel Codice degli appalti pubblici (d.lgs. 50/2016 come modificato dal d.lgs.56/2017 “Decreto correttivo” e dal d.lgs. n. 117/2017) 37 potrebbero espandersi o contrarsi in base alle diverse esigene38.

Tuttavia, il fatto che lo stesso Codice dei contratti pubblici39 derivi la propria presenza nell’ordinamento giuridico italiano dalle Direttive europee in tema di affidamenti (la 24/2014/UE relativa agli appalti nei settori ordinari, nonché la 25/2014/UE relativa gli appalti nei settori speciali: acqua, energia, trasporti e servizi postali), implica un ruolo di primazia nell’ordinamento interno; senza tralasciare l’importanza rilevante della Direttiva 23/2014 UE che disciplina l’“aggiudicazione dei contratti di concessione”.

Il Codice del Terzo settore, quindi, si innesta in un ambiente giuridico complesso40 formato da una serie di norme già operanti (come il Codice degli appalti pubblici) improntato ad un dialogo tra P.A. e organizzazioni del Terzo settore che dovrebbe essere produttivo41.

In un quadro così complesso occorre tener presente la superiorità del diritto euro-unitario, difatti, i problemi interpretativi potrebbero essere risolti con il ricorso all’istituto della disapplicazione42 ad opera dei giudici e dei funzionari dell’amministrazione43.

4. Collocazione sistematica dei servizi sociali

Ripercorrendo la storia degli organismi di carattere assistenziale si può risalire fino all’Alto Medioevo44, quando le prime congreghe religiose iniziarono a fornire servizi di assistenza morale e materiale alle persone bisognose, attraverso il conforto spirituale e le cure mediche. Successivamente si svilupparono anche enti aventi natura laica in grado di esercitare un’intermediazione nei servizi tra Stato e cittadino.

Alla fine dell’Ottocento le opere pie furono valutate come antagoniste del nascente sistema statale, pertanto furono assorbite sic et simpliciter nelle IPAB (Istituzioni Pubblici di Assistenza e Beneficenza).

Nell’era moderna, le organizzazioni non profit hanno acquisito un’organizzazione dal carattere spiccatamente imprenditoriale, caratterizzata da un numero consistente di occupati.

Per altro verso, un’offerta consistente di servizi di utilità sociale45 ha comportato problemi rilevanti in materia di concorrenza46.

Il dibattito sull’argomento è sempre effervescente poiché si presta a visioni divergenti, a volte completamente contrapposte, poiché provenienti da diverse angolazioni culturali e politiche in contrasto tra loro.

La discussione è spesso accesa, in forza dell’alto livello di attenzione che la dottrina e anche l’opinione pubblica ha riservato a questa tipologia di organizzazioni, nonché un certo numero di elaborazioni dottrinarie caratterizzate da una critica aspra, che ha ha visto in questi modelli organizzativi una via di fuga da una serie di regole al fine di eludere i vincoli assunzionali imposti alle amministrazioni locali, oppure un escamotage per approfittare di una normativa fiscale e del lavoro più favorevole rispetto a quella applicata all’impresa tradizionale.

Sulla base di queste premesse, in molti Paesi europei, i policy maker, spinti da un’opinone pubblica attenta a tali problematiche e dalla pressione delle lobbies di categoria, hanno sentito l’esigenza di disciplinare il Terzo settore e, insieme ad esso, l’impresa sociale47.

L’intero Terzo settore ha subito un processo di forte espansione negli ultimi decenni48. All’interno di questo perimetro si muovono diversi organismi: per esempio le cooperative sociali, le organizzazioni di volontariato e le società di mutuo soccorso.

Le diverse organizzazioni mantengono in comune gli obiettivi fondamentali che reggono lo scopo costitutivo delle stesse: la finalità civica-solidaristica del perseguimento dell’utilità sociale.

Le non profit organizations hanno subito uno sviluppo consistente a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso. Insieme all’azione di organismi quali associazioni, fondazioni, cooperative etc., sono cresciute anche le problematiche ad esse connesse.

La crisi del welfare pubblico49 degli ultimi anni si è interconnessa alla crescita del Terzo settore, dunque, i rapporti fra soggetti non profit e pubbliche amministrazioni sono diventati complessi50.

Nell’attuale fase di welfare society, le attività di interesse generale che intendono soddisfare esigenze e bisogni della collettività possono essere promosse da formazioni sociali che richiedono un’attività di incentivazione statale, per raggiunger alti standard di diritti e livelli delle prestazioni erogati in favore dei consociati51.

Nell’ottica europea i Servizi di interesse generale (SIG) sono servizi che le Autorità pubbliche degli Stati membri ritengono di interesse generale, tale qualificazione comporta l’insorgenza di specifici obblighi di servizio pubblico (OSP).

Tale definizione contiene sia le attività economiche che quelle non economiche. I Servizi di Interesse Generale (SIG) comprendono:
• i servizi non economici (SINEG);
• i servizi economici (SIEG).

I servizi di interesse economico generale (SIEG), invece, sono costituiti da quelle attività economiche per le quali la regolazione statale apporta garanzie di qualità, sicurezza, accessibilità economica, parità di trattamento o accesso universale (Articolo 106 TFUE (ex articolo 86 del TCE) • 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione).

La classificazione operata nell’ambito del diritto euro-unitario non corrisponde alla sistematica giuridica di diritto interno.

Nel caso specifico della gestione dei servizi sociali, si tratta di analizzare una dimensione prevalentemente locale (regionale e comunale), sulla base della valorizzazione del concetto di vicinanza dell’ente erogatore in relazione ai cittadini-utenti quali fruitori dei servizi.

Per quanto riguarda la dimensione, invece, dei servizi di carattere previdenziale è demandata allo Stato centrale, mentre la sanità si informa a un sistema misto: regionale ma sottoposta al coordinamento accentrato.

Si può rinviare, invece, a una nozione ristretta di servizi sociali ai sensi dell’art. 128, c. 2, d.lgs. 112/1998:“Tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”.

Questa definizione coincide con quella di interventi e servizi sociali di cui all’art. 1, comma 2, della legge 328/2000.

Tra le molteplici definizioni di servizi sociali, intesi in senso allargato, si può mutuare la descrizione di Erminio Ferrari: “prestazioni sociali la cui previsione legislativa risponde agli obbiettivi di fondo voluti dalla Costituzione in tema di promozione del benessere fisico e psichico della persona”52.

5. La disciplina dell’impresa sociale nell'economia di mercato

Il sintagma "impresa sociale" potrebbe sembrare un ossimoro; in realtà, essa differisce dall’impresa business53, in considerazione della finalità rivolta a creare un valore sociale, piuttosto che un profitto sia per i shareholders che per gli stackeholders, con lo scopo ulteriore di aumentare il livello di coesione sociale.

Sulla base dell’analisi economica, l’impresa sociale può essere profit (massimizzazione relativa del profitto), non profit (ricerca dell’equilibrio economico-finanziario) e low-profit (a bassa redditività).

Dal punto di vista giuridico, invece, la storia dell’impresa sociale nell'ordinamento italiano inizia con il d.lgs. n. 155 del 24 marzo 2006 “Disciplina dell'impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n. 118”.

L’impresa sociale va tenuta distinta dalla società benefit54, la disciplina delle società benefit è contenuta nella legge di stabilità 2016 (l. n. 28-12-2015 n. 208, commi 376-384)55.

La suddetta società si connota per un duplice obiettivo, accanto a quello della distribuzione degli utili coesiste il fine del miglioramento ambientale e sociale.

La normativa relativa alla società benefit concilia legittimità e certezza giuridica a un nuovo modo di fare impresa”56, il summenzionato modello differisce dal sintagma responsabilità sociale d’impresa, concetto già consolidato ma assolutamente differente. La responsabilità sociale di impresa è contenuta nel Libro Verde della Commissione Europea del 2001 (Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese): «...divenire l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale».

La società benefit deve avere un quid pluris rispetto al contratto di società di cui all’art. 2247 c.c.: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”; il modello di business deve essere improntato alla sostenibilità ambientale e sociale, fortemente permeato da standard di condotta improntati a criteri prestabiliti, verificabili e trasparenti. Si utilizza sempre più spesso una griglia di indicatoridi autovalutazione con funzione di Key Performance Indicators (KPI), questa operazione rende immediatamente riscontrabili il rispetto dei principi relativi alla sostenibilità.

La normativa relativa all’impresa sociale non rappresenta, invece, un ente specifico appartenente al Terzo settore, bensì una qualifica attribuita agli enti già individuati nel libro primo del Codice civile57.

Il modello organizzativo dell’impresa sociale è quello tipico, previsto dall’art. 2082 c.c. per l’esercizio dell’attività d’impresa.

Tuttavia, la differenza sostanziale del modello dell’impresa sociale si identifica nella produzione di beni e servizi di utilità sociale e nella mancanza del fine di lucro di carattere soggettivo, essendo vietata la redistribuzione degli utili tra i soci.

La disciplina dell’impresa sociale risulta dettata dal D.lgs. n. 112/2017 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”. Il suddetto decreto si inquadra alla luce del d.lgs. n. 117/2017 “Codice del Terzo settore”58 con il quale il legislatore ha fissato la normativa organica del Terzo settore, all’interno di esso l’impresa sociale conserva una disciplina ad hoc.

La normativa, pertanto, deve essere obbligatoriamente integrata da fonti diverse. All’impresa sociale si applicheranno le norme settoriali relative al Terzo settore e quelle di carattere generale contenute nel Codice civile, nel caso di lacune rilevate nella normativa speciale.

La definizione secondo cui le imprese sociali possono beneficiare di una serie di risorse finanziare provenienti da diversi ambiti non è un’affermazione pleonastica, ma evidenzia una caratteristica fondamentale: la capacità di attrarre investimenti dal settore pubblico (finanziamenti) e da quello privato (donazioni).

Differenze considerevoli si rilevano anche nella disciplina di diritto del lavoro, ed anche in tale campo si denota un trattamento di favore rispetto all’impresa for profit, difatti, l’impresa sociale può beneficiare di un costo del lavoro notevolmente ridotto, potendo usufruire del lavoro volontario, ma generalmente riconoscendo ai propri dipendenti una retribuzione inferiore rispetto a quella elargita dalle aziende pubbliche che erogano servizi identici.

Volendo definire i connotati dell’impresa sociale, si può affermare che essa differisce dalle altre organizzazioni non profit per una spiccata capacità di produzione di beni e/o servizi, nonché una forte autonomia che la rende indipendente dagli enti pubblici sul piano formale, anche se lavora principalmente per la Pubblica Amministrazione.

I due parametri precedentemente sottolineati mettono in risalto la capacità di investimento che i partecipanti all’impresa devono obbligatoriamente conferire nell’azienda.

Alla luce delle predette circostanze, il rischio derivante dall’investimento di capitale59 rappresenta il mainstream delle risorse apportate. Si tratta di una forma di investimento che è principalmente finanziaria, ma che comporta anche la partecipazione personale alle esigenze dell’impresa.

In buona sostanza, l’impresa sociale tende a generare benessere per la collettività, senza effettuare una distribuzione degli utili, oppure cercando di contenere la distribuzione in una dimensione ridotta, come può succedere per le società cooperative.

Un’altra caratteristica tipica è rappresenta da una gestione democratica dell’impresa, la governance non è orientata ad un sistema che sia rappresentativo del capitale investito: si cerca di dare voce alle istanze degli stackeholders per curare gli interessi di questi piuttosto che quelli della proprietà.

Dette società sono in grado di ridurre le disuguaglianze economiche e sociali, che rappresentano un problema di grande attualità, in quanto possono impedire il pieno sviluppo delle capacità della persona60.

Il tema si ricollega all’operatività del criterio meritocratico61 nel sistema, che può risultare inficiato dalle condizioni economiche originarie.

Negli ultimi decenni le differenze economiche si sono accentuate, sia tra Paesi sviluppati, Paesi in via di sviluppo e Paesi meno sviluppati, sia all’interno dei singoli Stati, dove esiste un Nord e un Sud62.

La competizione dei salari tra Paesi diversi e la finanziarizzazione63 - quale effetto della globalizzazione - dell’economia hanno aumentato il potere del capitalismo oligarchico64 nel mondo.

In tale contesto si allarga la forbice dei redditi tra lavoratori subordinati e grandi dirigenti d’azienda.

In questo quadro il compito dell’impresa sociale diventa fondamentale nel ruolo di redistribuzione compensativa  e di riduzione delle disuguaglianze65.

La suddetta impresa riveste un ruolo cruciale nel fornire servizi pubblici a tariffe accessibili; negli ultimi anni, la produzione di beni e servizi erogati dagli enti che fanno parte della Pubblica Amministrazione o dalle aziende pubbliche si sono ridotti notevolmente in seguito alla deminutio del welfare state, fortemente indebolito in seguito alla crisi di bilancio di molti Stati occidentali.

Un profilo ulteriore, altrettanto importante, è quello di conferire alle persone svantaggiate la possibilità di avere servizi e opportunità di lavoro che non appare facile trovare altrove, quindi, l’impresa sociale viene in evidenza come datore di lavoro, oltre che prestatore di servizi.

Sulla scena economico-sociale si stanno affacciando nuove forme di civismo, come per esempio l’economia dello scambio e quella della condivisione66.

L’impresa sociale si radica in questo filone di sviluppo futuro, orientato al benessere della collettività67, inteso in termini non economici tout court.

Appare necessario distinguere, allora, l’impresa sociale dalla responsabilità sociale d’impresa. Quest’ultimo concetto attiene al ruolo etico e sociale dell’attività esercitata dall’azienda, anche se non perfettamente aderente alla scopo per la quale è stata costituita.

Peraltro l’impresa indica un contesto che non può essere valutato esclusivamente in termini finanziari ed economici; esiste, infatti, una dimensione sociale ed ambientale dell’impresa, che si riferisce al benessere e ai bisogni della comunità68.

In altri termini, la corporate social responsibility rappresenta l’altro lato della medaglia in riferimento ai concetti di libera iniziativa economica e autonomia privata.

Pertanto, la performance dell’impresa andrebbe valutata attraverso parametri non convenzionali, che tengano conto della sostenibilità69 intesa come parametro di misurazione: per questa ragione l’impresa sociale gode di forme agevolate di finanziamenti.

La risorsa più importante è costituita dai fondi pubblici stanziati dall’UE con il Programma per l’occupazione e l’innovazione sociale per sostenere lo sviluppo del mercato dell’investimento sociale, con una cifra di 85 milioni di euro nel periodo 2014-2020, fondato su tre assi portanti:

  • la modernizzazione delle politiche sociali e del lavoro: PROGRESS;
  • la mobilità professionale: EURES;
  • l'accesso a microfinanziamenti e all'imprenditoria sociale.

Nell’ambito dell’impresa sociale potrebbe parlarsi di venture philantrophy più che di venture capital.

L’impresa sociale può usufruire anche del finanziamento collettivo (crowdfunding), una forma molto in voga di finanziamenti, soprattutto relativi alle start up nel settore hi-tech attraverso una raccolta sul web70.

Queste tipologie di finanziamenti si ricollegano al concetto di impact investing71. Si tratta della possibilità di realizzare investimenti aventi un impatto sociale, effettuato da investitori attenti ai temi dell’equità sociale, della sostenibilità, insomma alla natura etica dell’operazione finanziaria.

In sintesi, può esser qualificata come una via di mezzo tra l’investimento di tipo tradizionale e la filantropia pura.

La venture philantrophy, invece, attiene alla modalità di contribuzione alle organizzazioni non lucrative, apportando aiuti personali quali forme di supporto all’attività, come per esempio l’apporto in termini di governance, attraverso risorse di management, oppure nell’ambito delle risorse umane. 

La partecipazione alle finalità sociali, in questo caso, non verte tanto sul tema di carattere finanziario, ma piuttosto sull’apporto delle capacità personali nell’ente, svolgendo funzioni di impulso propulsivo, di controllo e di monitoraggio delle attività.

6. Le modalità di affidamento

La Direttiva 2014/24 UE sembra concedere una certa libertà d’azione agli Stati membri, difatti, permette agli stessi “di organizzare la prestazione di servizi sociali obbligatori o di altri servizi, quali i servizi postali, in quanto servizi di interesse economico generale o in quanto servizi non economici di interesse generale ovvero in quanto combinazione di tali servizi” (Considerando n. 6), e “lascia impregiudicata la libertà delle autorità nazionali, regionali e locali di definire, in conformità del diritto dell’Unione, i servizi d’interesse economico generale, il relativo ambito operativo e le caratteristiche del servizio da prestare, comprese le eventuali condizioni relative alla qualità del servizio, al fine di perseguire i loro obiettivi di interesse pubblico” (Considerando 7).

Il nodo gordiano da sciogliere rimane indubbiamente la difficile compatibilità tra principio di concorrenza e principio di solidarietà.

Il fattore critico è rappresentato dal rapporto tra Codice del Terzo settore e Codice degli appalti pubblici, sulla base della difficile contemperazione tra esigenze di mercato e valorizzazione della sussidiarietà orizzontale.

Il parere n. 2052/2018 del Consiglio di Stato rappresenta un vero e proprio coup de foudre nella materia de quo; l’impatto dell’atto indicato potrebbe avere conseguenze critiche per gli operatori del Terzo settore, che rischiano di rimanere risucchiati in un cul de sac, condizionati dalla giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria: “Di regola, dunque, l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa proconcorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario”72

Il nuovo Codice degli appalti include il settore dei servizi sociali: li sottopone ad un regime speciale alleggerito (light regime) che agevola le modalità di esternalizzazione. Tuttavia, il suddetto parere rilasciato dal Consiglio di Stato sembra assumere una valenza tranchant.

Il settore dei servizi sociali, come definiti dall’art. 128 del d.lgs. 112/9873, rimane pervaso dal principio ordinatore della concorrenza che informa il diritto euro-unitario.

Non si tratta, certamente, dell’unico principio applicabile alla materia de quo, comunque il principio solidaristico risulta ben presente, proprio forse dove non ci si aspetterebbe di rintracciarlo: all’interno della Direttiva 24/2014/UE in materia di appalti pubblici74.

La ricerca del contemperamento di esigenze contrapposte potrebbe portare alla necessità di utilizzazione della teoria dei contro-limiti di carattere costituzionale, capaci di bilanciare le norme euro-unitarie frenandone gli effetti nell’ordinamento nazionale75.

La Corte Giust., sent. 19 dicembre 2012, C-159/11, al punto 29, afferma che: “ In terzo luogo, come chiarito dall’avvocato generale ai paragrafi 32-34 delle sue conclusioni, e come risulta dal senso normalmente e abitualmente attribuito all’espressione «a titolo oneroso», un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione in esso prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto”.

La giurisprudenza in ambito euro-unitario e nazionale è focalizzata sulla finalità di evitare l’elusione delle regole di evidenza pubblica a tutela della concorrenza.

In questo fil rouge si inseriscono il suddetto parere del Consiglio di Stato e la Linea guida ANAC76 in materia.

Nel richiamato parere si afferma che rimangono fuori dall’applicazione delle regole del Codice egli appalti pubblici le procedure “ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all’affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma integralmente gratuita”.

Tuttavia, si ribadisce la regola per cui il rimborso delle spese non costituisca parametro idoneo ad escludere l’applicazione delle regole codicistiche a tutela della concorrenza: “soggette al Codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del terzo settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione”77.

In buona sostanza, l’affidamento dei servizi sociali deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, non potendo essere disciplinato dal legislatore nazionale in una modalità che non risulti conforme alle norme euro-unitarie (direttamente applicabili nell’ordinamento giuridico nazionale oppure recepite tramite idoneo atto legislativo).

Per le concessioni di servizi sociali si applicano le indicazioni contenute nella Direttiva 2014/23/UE, ai sensi dell’art. 19, rubricato “Servizi sociali e altri servizi specifici”, che così stabilisce: “Le concessioni per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell’allegato IV che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva sono soggette esclusivamente agli obblighi previsti dall’art. 31, paragrafo 3 e dagli articoli 32, 46 e 47”78.

L’art. 35 del Codice Appalti, rubricato “Soglie di rilevanza comunitaria e metodi di calcolo del valore stimato degli appalti”, stabilisce un «regime alleggerito» :

d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all'allegato IX.

2. Nei settori speciali, le soglie di rilevanza comunitaria sono:

. c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IX”.

Agli appalti di servizi sociali, poi, dovrà applicarsi l’art. 140: (Norme applicabili ai servizi sociali e ad altri servizi specifici dei settori speciali) 1. Gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici di cui all'allegato IX sono aggiudicati in applicazione degli articoli 142, 143, 144, salvo quanto disposto nel presente articolo”.

7. Conclusioni

Su tale disciplina è intervenuto il d.lgs. n. 56/2017 mediante l’inserimento, dei commi da 5-bis79 a 5-nonies, nell’art. 142 del ridetto Codice.

Gli affidamenti di servizi sociali sotto soglia, invece, non saranno, in genere, di alcun interesse per i prestatori di altri Stati membri, a meno che non vi siano indicazioni concrete in senso contrario, come ad esempio il finanziamento dell’Unione per i progetti transfrontalieri”80.

Si pone su un piano avente natura eccezionale il «trasporto sanitario di emergenza e urgenza», come indicato nella recente sentenza del Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2016 n. 361581: “Gli artt. 49 e 56 Trattato UE non ostano ad una normativa nazionale che preveda che la fornitura dei servizi di trasporto sanitario, di urgenza ed emergenza, sia attribuita in via prioritaria e con affidamento diretto, in mancanza di qualsiasi pubblicità, alle associazioni di volontariato convenzionate, purché l'ambito normativo e convenzionale, in cui si svolge l'attività delle associazioni in parola, contribuisca effettivamente alla finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detta disciplina è basata; di conseguenza sono legittimi gli atti con i quali una ASL, sulla base di un Accordo quadro regionale per la regolamentazione dei rapporti tra aziende sanitarie ed ospedaliere e associazioni di volontariato, sottoscrive convenzioni con esse per i trasporti sanitari di urgenza ed emergenza”.82

Per le concessioni di servizi sociali il Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza di Sezione del 19 dicembre 201983, esclude l’applicabilità delle norme del Codice degli appalti pubblici alla concessione di servizi sociali: “L’Anac, ritenendo che “l'esclusione delle concessioni di servizi sociali dall'ambito di applicazione del codice comporterebbe la necessità di rimettere ad atti interni delle stazioni appaltanti l'intera regolazione di elementi fondamentali dell'istituto e, in specie, tutta la disciplina contenuta nella parte III del codice per le concessioni di servizi”, per evitare un vuoto normativo, ha individuato una soluzione in base alla quale “alle concessioni di servizi sociali si applicano le disposizioni indicate all’art. 164 del codice dei contratti pubblici”.

Il Consiglio di Stato così conclude: “Pertanto, il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi (c.d. gold plating) esclude l’applicabilità di una disciplina aggravata introdotta attraverso le linee guida”.


Note e riferimenti bibliografici

1 “I fondamenti di tale modello stanno nella constatazione che il puro liberalismo non è in grado di garantire una soddisfacente equità sociale, ritenuta invece indispensabile proprio perché i singoli individui siano in grado di operare liberamente e in condizioni di pari opportunità; di converso, anche la piena realizzazione dell’individuo non può compiersi se non vengono garantite la libera iniziativa, la libertà di impresa, di mercato e la proprietà privata. È quindi necessario un ruolo ‘regolatore’ dell’autorità statale, i cui confini di intervento sono però problematici da definire con esattezza e, soprattutto, in modo oggettivo. L’intervento dello Stato, infatti, non deve guidare il mercato o interferire con i suoi esiti naturali: deve semplicemente intervenire laddove esso fallisce nella sua funzione sociale.” FUMAGALLI A., voce Economia sociale di mercato in Dizionario di Economia e Finanza, Treccani, 2012.

2 “Il diritto, l’etica e l’economia sono aspetti differenti della medesima scienza: quella che studia la probabilità del verificarsi di certi comportamenti umani.” COMMONS J.R.

3 “Vivere con la dignità di un poeta” è una meravigliosa espressione di Juan Mirò, che può essere attuata anche nell’odierno mercato del lavoro, esplicitando un impegno pratico per la realizzazione della persona all’interno della società. In questa dinamica il Terzo settore offre opportunità di lavoro e di sviluppo alla persona. Questi concetti di raggiungimento degli obiettivi di carattere occupazionale e di sicurezza sociale sono stati rilevati dal Legislatore euro-unitario anche nei settori ordinari previsti dal Codice degli appalti pubblici.

Sul punto si veda TORCHIA L., La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, in Dir. Amm., 2015, p. 293: “L’ordinamento europeo e l’ordinamento italiano diventano, sotto questo profilo, meno distanti, perché la disciplina dei contratti pubblici non è più ispirata soltanto alla tutela della concorrenza, ma è finalizzata anche alla realizzazione degli obiettivi delle politiche pubbliche in materia di ambiente, sicurezza sociale e lavoro”.

4 “Nel corso del 2014, secondo i dati estratti dagli archivi dell’INPS, le cooperative e i consorzi cooperativi hanno attivato più di 1 milione e 800 mila posizioni lavorative, alle quali si aggiungono le 89 mila posizioni attivate dalle imprese controllate, per un totale di 1,9 milioni di lavoratori. ... I dati mostrano altresì la centralità del lavoro femminile (49,3% delle posizioni totali attivate in corso d’anno), la rilevanza del lavoro giovanile (il 30,1% dei lavoratori ha meno di 35 anni) e il ruolo non trascurabile dei lavoratori provenienti da paesi non comunitari (13%).” CARINI, C., FONTANARI, E., Il valore economico e occupazionale dell’economia cooperativa nel 2014, Euricse Working Paper n. 4, luglio 2017, www.euricse.eu/.

5 NAPOLITANO A., Economia sociale di mercato e tutela dei diritti. Servizi essenziali e forme di gestione, Giappichelli, 2019.

6 I valori paneconomici della nuova costituzione materiale hanno determinato non soltanto una diminuzione delle tutele delle posizioni soggettive costituzionali (si pensi al sostanziale disconoscimento del principio costituzionale della stabile occupazione e al consequenziale effetto sul diritto al lavoro), ma hanno altresì corroso in qualche misura le stesse garanzie costituzionali a tutela dei diritti: ne è un esempio l’attenzione sempre crescente della Corte costituzionale agli effetti economici delle proprie sentenze, spinta al punto di “salvare” gli effetti di una disciplina incostituzionale pur di non gravare sui vincoli economici che astringono la normativa finanziaria dello Stato.” MANFRELLOTTI R., Potere economico e costituzione materiale, in Rivista AIC, n. 3/2018, 11/07/2018.

7 ZATTI F., Riflessioni sull’art. 41 Cost.: la libertà di iniziativa economica privata tra progetti di riforma costituzionale, utilità sociale, principio di concorrenza e delegificazione; 

https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0339_zatti.pdf

8 “La funzione originaria della dottrina dei controlimiti è nota e la stessa giurisprudenza ne è perfettamente consapevole. Come si legge in una recente pronuncia della Corte di cassazione, quella dottrina è stata «elaborata da alcune Corti costituzionali interne come difesa della sovranità statale nel caso in cui questa fosse minacciata dal primato comunitario in alcuni valori considerati irrinunciabili dall’ordinamento interno» (Cass. civ., sez. V, 26 settembre 2012, n. 16352). Si tratta, dunque, di un usbergo della statualità. Un usbergo, è bene precisare, benvenuto e indispensabile.” LUCIANI M., I controlimiti e l’eterogenesi dei fini, in Questione Giustizia, 2015 - 1- 15, pag. 89.

9“The bottom line is that the second era of globalization is not ending. It is going through a rest following the Global Financial Crises and the Great Recession and the inevitable political reaction to these events”, BORDO M.D., The second era of globalization is not yet over: An historical perspective, Working Paper 23786, National Bureau of Economic Research, 1050 Massachusetts Avenue,Cambridge, MA 02138, September 2017, pag.13, www.nber.org.

10 […] esistono due caratteristiche peculiari dello Stato, da cui discende la maggior parte delle altre differenze con le organizzazioni economiche: lo Stato è l’unica organizzazione l’appartenenza alla quale sia universale, e lo Stato ha un potere coercitivo non concesso a nessun’altra organizzazione economica”. STIGLITZ J.E., Il ruolo economico dello Stato, Bologna, 1999, pag. 37.

11 NAPOLITANO G., Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali, in Giornale di diritto amministrativo, (11) 1083-1094, 2008.

12 Anche in epoca di Coronavirus il riferimento alla solidarietà è costante. Sul punto si veda STIGLITZ J.E., L'unica via d'uscita è la solidarietà, “Il Piano Marshall esprimeva questo genere di solidarietà globale. La solidarietà crea solidarietà; le divisioni producono divisioni. L’Europa si trova davanti a una scelta difficile. Mi auguro che decida per il meglio”.

13 “C’è poi un’ulteriore linea evolutiva, che si colloca soprattutto sul piano dei doveri, i quali, come si è visto, assumono un ruolo essenziale ai fini della configurazione dell’appartenenza alla comunità statale, consentendo quel minimo d’integrazione necessaria a evitare la disgregazione dell’attuale società pluralistica, multietnica e multiculturale. Il rilievo ha una particolare ricaduta con riguardo ai non cittadini, per i quali il principio di solidarietà può essere utilizzato come strumento di «conversione» dei singoli obblighi giuridici legislativamente fondati in veri e propri «doveri costituzionali solidali»”. TONDI DELLA MURA V., La solidarietà fra etica ed estetica. Tracce per una ricerca, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, n. 4 del 2 luglio 2010, pag. 13.

14 “… Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’ la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi.” EINAUIDI L. 

15 L’intervento pubblico nell’economia, a cura di CAFAGNO M. - MANGANARO F., Firenze University Press, 2016.

16 La presenza dello Stato nell’economia non è costante: aumenta o diminuisce in base all’andamento dei cicli economici. Sul tema si veda: NAPOLITANO G., Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e asseti istituzionali, in Giornale di diritto amministrativo, 2008.

17 TRIMARCHI BANFI F., I servizi pubblici nel diritto comunitario: nozione e principi, in Riv. ital. Dir. pubb. com., 2008, p. 1066.

18 GIGLIONI F., L’accesso al mercato nei servizi di interesse generale. Una prospettiva per considerare liberalizzazioni e servizi pubblici, Milano, 2008.

19 “Tra l’altro, sebbene una parte della dottrina abbia affermato la riferibilità di tale principio al solo Terzo Settore (o non profit), è prevalente la tesi che l’art. 118 u.co. Abbia una portata generale che include anche i soggetti for profit ed è questa la linea che è prevalsa nella legislazione che riconosce a entrambe le categorie in misura crescente un ruolo attivo nel perseguimento di fini generali.” FREGO LUPPI S.A., L’affidamento e la gestione dei servizi di interesse generale, in Pubblica amministrazione e Terzo settore, Confini e potenzialità dei nuovi strumenti di collaborazione e sostegno pubblico a cura di Silvia Pellizzari Andrea Magliari, Università degli Studi di Trento, 2019.

20 ROSSANO C., Eguaglianza, in Dizionario di diritto pubblico diretto da CASSESE S., Milano, Giuffrè, 2006, III, pp. 2150 - 2162.

21 Increasing social distance between the poorest and the richest diminishes social cohesion, which in turn means more collective problems and fewer resources for solving all our other collective problems.” THERBORN G., The killing fields of inequality, Polity Press, 2013.

22 ZAGREBELSKY G., Corte Costituzionale e principio di uguaglianza sostanziale, in Occhiocupo N. (a cura di), La Corte Costituzionale tra norma giuridica e realtà sociale: bilancio di vent’anni di attività, Bologna, Zanichelli, 1978, pp. 103 120.

23 CARAVITA B., Oltre l'eguaglianza formale: un'analisi dell'art. 3 comma 2 della Costituzione, Padova, Cedam, 1984.

24 Art. 18. Costituzione “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale [19, 20, 39, 49]. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.”

25 Art. 45 Costituzione “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.”

26 D’ATENA A., La declinazione verticale e quella orizzontale del principio di sussidiarietà, in AA. VV., Scritti in onore di A. Pace, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012, I, pp. 597 ss.

27 GIANNINI M. S., Stato sociale: una nozione inutile, in Scritti in onore di Costantino Mortati, Volume primo: Diritto costituzionale generale, storia costituzionale e politica costituzionale, Milano, Giuffrè, 1977, pp. 139-165.

28 “La possibilità di effettuare affidamenti ai soggetti del terzo settore in deroga all’applicazione del Codice dei Contratti, introducendo il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali, al fine di consentire agli organismi del privato sociale la piena espressione della propria progettualità”. Delibera ANAC n. 911 del 31 agosto 2016. Nella stessa vengono individuate quattro modalità di attribuzione di servizi sociali che esulano dall’applicazione del Codice degli Appalti pubblici:

a) autorizzazione e accreditamento (art. 11, l. 328/2000);

b) convenzione con le organizzazioni di volontariato di cui alla l. 266/1991 (art. 3, d.p.c.m. 30 marzo 2001);

c) acquisto di servizi e prestazioni (art. 5, d.p.c.m. 30 marzo 2001);

d) affidamento ai soggetti del terzo settore (art. 6, d.p.c.m. 30 marzo 2001).

29 Art. 56 CTS, comma 1: “Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.”

30 Per favorire le aggregazioni che operano nel Terzo settore, il relativo Codice, all’art. 56 (Convenzioni), prevede che: “1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. 2. Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate. 3. L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine, da valutarsi in riferimento alla struttura, all’attività concretamente svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle risorse a disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei volontari. 4. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti, e, ove previsti dalla normativa nazionale o regionale, degli standard organizzativi e strutturali di legge. Devono inoltre prevedere la durata del rapporto convenzionale, il contenuto e le modalità dell’intervento volontario, il numero e l’eventuale qualifica professionale delle persone impegnate nelle attività convenzionate, le modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative di cui all’articolo 18, i rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione del rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, la verifica dei reciproci adempimenti nonché le modalità di rimborso delle spese, nel rispetto del principio dell’effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della convenzione.”

31 “La definizione comunitaria di impresa non si fonda su presupposti soggettivi su elementi oggettivi quali l’offerta di beni e servizi sul mercato, anche quando questa non sia l’attività principale dell’organizzazione. Questa linea interpretativa si è via via affermata nelle pronunce della Corte di Giustizia insieme al corollario della irrilevanza della forma giuridica, ai fini della partecipazione alle gare d’appalto. Infatti, l’estensione delle categorie dei soggetti ammessi alle gare d’appalto si è ottenuta proprio attraverso un’interpretazione sostanziale della nozione di impresa, nel cui alveo sono stati ricondotti altri soggetti che svolgono attività economica sul mercato, indipendentemente dalla struttura organizzativa, dalla finalità di lucro o dalla natura pubblica. Di riflesso, anche la giurisprudenza amministrativa nazionale è andata nella stessa direzione riconoscendo la natura non tassativa dell’elenco dei soggetti ammessi gare d’appalto….Da ultimo, anche con riferimento alle associazioni di volontariato, il Consiglio di Stato ha concluso che ‘non è precluso partecipare agli appalti, ove si consideri che la legge quadro sul volontariato, nell’elencare le entrate di tali associazioni, menziona anche le entrate derivanti da attività commerciali o produttive svolte a latere, con ciò riconoscendo la capacità di svolgere attività di impresa”. PAPI C., Dritto europeo ed affidamenti di servizi in convenzione ad associazioni di volontariato, 2014. www.lineeavcp.it

32 Corte di Giustizia, 11 dicembre 1997, Causa C-55/1996 Job center e 19 febbraio 2002, causa C-309/99.

33 “Il termine 'regolamentazione', come quello speculare 'deregolamentazione', è fortemente polisenso. Spesso vengono usati promiscuamente con 'regolazione' e 'deregolazione', e soprattutto in anni recenti, con regulation e deregulation. AMOROSINO S., Regolamentazione e deregolamentazione, Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani, 1997.

Sul tema si veda: BASSANINI F., Deregolazione, miglior regolazione e competitività del Paese, prefazione a ASTRID, La tela di Penelope. Primo rapporto Astrid sulla qualità della regolazione e la semplificazione burocratica, a cura di Alessandro Natalini e Giulia Tiberi, Il Mulino, Bologna 2010.

34 Il recupero del ruolo dello Stato regolatore andrebbe inserito dunque in una strategia più ampia che guardi in un modo più unitario la “economic regulation” e la “social regulation”.

35 MALOCCHI A., Chi inquina, paga? Tasse ambientali e sussidi dannosi per l’ambiente. Ipotesi di riforma alla luce dei costi esterni delle attività economiche in Italia, Documento di valutazione n. 6, Senato della Repubblica.

36 Crisafulli identifica la solidarietà nella “la chiave di volta dell’intero ordinamento” e “il principio che consente di risolvere dialetticamente tutte le antinomie”. CRISAFULLI V., Lo spirito della Costituzione, in Comitato Nazionale per la celebrazione della promulgazione della Costituzione, Studi per il decennale della Costituzione. Raccolta di scritti sulla Costituzione, I, Milano, 1958, p. 104.

37 CAIA G., I servizi pubblici locali di rilevanza economica (liberalizzazioni, deregolazione ed adeguamento alla disciplina comunitaria), in Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, Napoli, 2010, 515 ss.

38 Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza di Sezione del 19 dicembre 2019, Parene numero 03235/2019. Meglio specificato in seguito.

39 GORI L., Il sistema delle fonti del diritto nel terzo settore, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2018. Disponibile in: http://www.osservatoriosullefonti.it.

40“… oggi anche la teoria delle fonti di Kelsen mostra grossi segni di cedimento, di non riuscire più a spiegare i fenomeni indotti dalla trasformazione degli ordinamenti giuridici e a guidare i comportamenti degli interpreti. Lo dimostra anche lo scarso credito che ha ottenuto la teoria di Dworkin della one right answer: il «giudice Hercules », capace di elaborare un sistema di principi e coniugarlo con tutti i testi normativi vigenti individuando perciò la soluzione giusta e unica a tutti i casi possibili, non ricorda infatti il «demone di Laplace»? Come osserva Tribe in un saggio di diversi anni fa, «the metaphors and intuitions that guide physicists can enrich our comprehension of social and legal issues». In questa prospettiva si colloca la proposta di una rilettura «quantistica» della teoria delle fonti”.

BIN R., Ordine delle norme e disordine dei concetti (e viceversa). Per una teoria quantistica delle fonti del diritto, in Scritti in onore di Lorenza Carlassare a cura di Giuditta Brunelli, Andrea Pugiotto, Paolo Veronesi, cap. I, Il diritto costituzionale come regola e limite al potere, Jovene Editore, 2009.

41 ALBANESE A., Pubblico e privato nell’affidamento dei servizi sociali ai soggetti del terzo settore, in FALCON G., MARCHETTI B. (a cura di), Pubblico e privato nell’organizzazione e nell’azione amministrativa. Problemi e prospettive, Padova, 2013, 43 ss.; BOTTARI C., Dai servizi sanitari ai servizi socio assistenziali, in BOTTARI C., (a cura di), Terzo settore e servizi socio-sanitari: tra gare pubbliche e accreditamento, Torino, 2013, 3 ss.

42 L’espressione “supremazia del diritto comunitario” si deve a CASSESE S., nel testo Diritto amministrativo europeo e diritto amministrativo nazionale: signoria o integrazione? in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 5, 2004, cit., p. 113. L’effetto principale (derivante dalla diretta applicazione dei regolamenti europei e dall’obbligo di trasposizione delle direttive europee in relazione ai mercati e ai relativi sistemi amministrativi dei settori regolati, ma anche la giurisprudenza della CGUE nell’ambito dell’interpretazione giudiziale di verifica delle norme) consiste nell’istituto della disapplicazione delle norme interne che si pongano in contrasto con principi dettati dagli strumenti normativi e giudiziali sopra richiamati.

43 BORZI A., Interpretazione autentica, disapplicazione e giudizio di costituzionalità in una vicenda di contrasto tra diritto interno e ordinamento comunitario. A proposito della sentenza della Corte di Giustizia, 11 novembre 2004, causa C-457/02, Niselli, in www.federalismi.it, 2005.

44 BOVA R., ROSATI D., Il terzo settore e l'impresa sociale. Sostegni e sfide per il welfare state?, Editrice Aspes, 2019.

45 VENTURI P., ZANDONAI F., Imprese ibride. Modelli d'innovazione sociale per rigenerare valore, EGEA, 2016.

46 RIGANO F., La tutela della “corretta” concorrenza fra associazioni non lucrative e imprese, in Giur. Cost., 1994, p. 391.

47 FAZZI L., Costruire l'innovazione nelle imprese sociali e nel terzo settore, Franco Angeli, 2019.

48 BRIGANTI R., La Riforma della disciplina del “Terzo settore” tra sussidiarietà orizzontale e impresa sociale, Notariato 5/2018, p. 1 ss. ; DE CARLI P., Enti del Terzo settore: una nozione innovativa e la necessità di alcune correzioni, Iustitia, 2018, 155 ss.; LOFFREDO F., Gli enti del Terzo settore, Giuffré, 2018.

49 MARTINI S., La crisi del “welfare” pubblico e il “nuovo” Terzo settore: la via tracciata dalla legge delega n. 106/2016, in Osservatorio costituzionale, 2017, 2, p. 22.

50 KRASHINKY M., Stakeholder theories of the non-profit sector: one cut at the Economic Literature, Voluntas, 8:2, 149-161, 1997.

51 RAZZANO G., Lo “statuto” costituzionale dei diritti sociali, Relazione presentata al Convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa” sul tema “I diritti sociali: dal riconoscimento alla garanzia. Il ruolo della giurisprudenza”, Trapani, 8 - 9 giugno 2012, www.gruppodipisa.it/.

52 FERRARI E., I servizi sociali, Milano, 1986, p. 273.

53 L’impresa sociale si differenzia dalle mainstream enterprises e dagli enti che appartengono al sistema economico tradizionale.

54 Sul tema: CORSO S., Le società benefit nell'ordinamento italiano: una nuova “qualifica” tra profit e non-profit, in Nuove leggi civ. comm., n. 5/2016; LENZI D., Le Società benefit, in Giur. Comm., 2016; MARASÀ G., Imprese sociali, altri enti del terzo settore, società benefit, Giappichelli, 2019; PRATAVIERA S., Società benefit e responsabilità degli amministratori, in Riv. Soc. 4/2018.

55 L. n. 28-12-2015 n. 208, comma 376: “Le disposizioni previste dai commi dal presente al comma 382 hanno lo scopo di promuovere la costituzione e favorire la diffusione di società, di seguito denominate «società benefit», che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.”

56 ASSONIME, La disciplina delle società benefit, Circolare n. 19 del 20 giugno 2016.

57 “Una sintesi positiva tra la dimensione imprenditoriale commerciale e quella sociale delle organizzazioni noprofit, superando l’idea che tra le due dimensioni vi sia un sostanziale trade-off”, POLEDRINI S., TORTIA E., L’impresa sociale italiana nella prospettiva economico-manageriale, in Analisi giur. econ., 1/2018, p. 50.

58 D.lgs. n. 117/2017, art. 2 (Principi generali): “È riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali.”

59 MAZZULLO A., Diritto dell'imprenditoria sociale. Dall'impresa sociale all'«impact investing», Giappichelli - Linea Professionale, 2019.

60 “L’economia non è un gioco a somma zero: la crescita subisce le conseguenze della politica economica, e gli interventi che aumentano la disuguaglianza rallentano la crescita, soprattutto nel lungo periodo.” STIGLITZ J.E., Popolo, potere e profitti. Un capitalismo progressista in un'epoca di malcontento, Collana Einaudi Passaggi, 2020.

61 “Il merito è diventato parte integrante del discorso pubblico. In tutti i campi della vita sociale viene evocato come orizzonte di cambiamento o come chiave di volta per qualsiasi progetto di riforma. Con la sua promessa di uguaglianza, l’idea di garantire opportunità lavorative, posizioni di responsabilità e mobilità sociale esclusivamente ai meritevoli, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza, e di penalizzare i non meritevoli, esercita una comprensibile attrazione. In Italia questa attrazione è ancora più forte, perché la mancanza di valorizzazione del merito rappresenta una delle tare storiche che incancrenisce ogni articolazione della vita sociale del paese e svilisce aspirazioni, competenze, passioni e idee.” BOARELLI M., Contro l'ideologia del merito, Laterza, 2019. Sullo stesso tema: BRIGATI R., Il giusto a chi va. Filosofia del merito e della meritocrazia, Il Mulino, 2015. TOGNON G., La democrazia del merito, Salerno Editrice, Roma, 2016.

62 DEATON A., La grande fuga. Salute, ricchezza e origini della disuguaglianza, Il Mulino, 2019.

63 SALENTO A., MASINO G., La fabbrica della crisi. Finanziarizzazione delle imprese e declino del lavoro, Carocci, 2013.

64 STIGLITZ J.E., Popolo, potere e profitti. Un capitalismo progressista in un'epoca di malcontento, Einaudi, 2020; COLLIER P., Il futuro del capitalismo. Fronteggiare le nuove ansie, Laterza, 2020; SOMBART W., Il capitalismo moderno, Ledizioni, 2020.

65 ALACEVICH M., SOCI A., Breve storia della disuguaglianza, Laterza, 2019; COSCI S., MELICIANI V., PALMERIO G., Globalizzazione, innovazione e diseguaglianze. Riflessioni sul ruolo della politica industriale, Cacucci, 2019.

66 “Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un uso pervasivo del termine “condivisione” e dell’espressione “economia della condivisione” o, più spesso, del suo equivalente inglese sharing economy: un’ascesa costante consacrata nel 2015 dal prestigioso Oxford Dictionary, il quale ha accolto sharing economy tra i neologismi, definendolo come “un sistema economico nel quale beni o servizi sono condivisi tra privati, gratuitamente o in cambio di una somma di denaro, tipicamente attraverso internet”.

Questa pervasività nell’uso linguistico dell’espressione condivisione nelle sue diverse declinazioni ha prevedibilmente generato notevole confusione. “Condividere” sembra essere diventato un imperativo ineludibile della rete, ed economia della condivisione un’espressione usata per designare pratiche e comportamenti – online, ma talvolta anche offline – anche molto diversi tra loro per meccanismi di governance, centralizzati o diffusi, e per gli scopi, di profitto o di tipo sociale”.
SMORTO G., Economia della condivisione e antropologia dello scambio. Diritto pubblico comparato ed europeo, 1/2017, 119-140.

67 GIAQUINTA M., HOSNI H., Teoria della scelta sociale e teorema fondamentale dell'economia del benessere. Razionaliltà, coerenza, efficienza ed equità, Scuola Normale Superiore, Pisa, 2015.

68 SACCONI L., (a cura di) Guida critica alla responsabilità sociale d’impresa, Bancaria Editrice, Roma, 2005.

69 JAMALI D, MEZHER T., BITAR H., Corporate social responsibility and the challenge of triple bottom line integration: insights from the Lebanese context, International Journal of Environment and Sustainable Development, 2006.

70 All’interno di questa categoria si distinguono varie forme di crowdfunding: esistono modelli (Donation e Reward) che non contemplano un ritorno economico rispetto all’investimento iniziale, per altri modelli si verifica l’ipotesi opposta: Lending ed Equity Crowdfunding.

71 LATANÉ B., The psychology of social impact, American Psychologist, vol. 36, no. 4, 1981.

72 Consiglio di Stato, Parere n. 2052/2018, Adunanza della Commissione speciale del 26 luglio 2018.

73 D.lgs. 112/98, art. 128. Oggetto e definizioni: “1. Il presente capo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei “servizi sociali”. 2. Ai sensi del presente decreto legislativo, per “servizi sociali” si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”.

74 DIRETTIVA 2014/24/UE del PARLAMENTO EUROPEO e del CONSIGLIO del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE Punto 2: “Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» («strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»), in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici. A tal fine, la normativa sugli appalti adottata ai sensi della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ( 4 ) e della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ( 5 ) dovrebbe essere rivista e aggiornata in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale. È inoltre necessario chiarire alcuni concetti e nozioni di base onde assicurare la certezza del diritto e incorporare alcuni aspetti della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia”.

75 CODINI E., FOSSATI A., FREGO LUPPI S.A., Manuale di diritto dei servizi sociali, Giappichelli, 2019; L' affidamento dei servizi sociali, a cura di Aurora Donato, Giuffrè, 2020.

76 L’ANAC ha richiesto un Parere al CDS per procedere all’aggiornamento della delibera n. 32 del 2016, recante “Linee guida per l’affidamento di servizi ad enti del terzo settore ed alle cooperative sociali”.

77 Nel solco di questa logica che estende l’ambito di applicazione delle norme relative ai contratti pubblici si evidenzia che il concetto stesso di appalto per il diritto euro-unitario risulti più ampio rispetto al diritto nazionale; come previsto nel Codice dei contratti pubblici Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Pubblicato in Gazz. Uff., S.O., 19 aprile 2016, n. 91), art. 1, punto 1, dd): “«contratti» o «contratti pubblici», i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l'acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l'esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti”.

78 “Le concessioni di servizi sociali In relazione alle concessioni di servizi sociali, il D.Lgs. n. 50/2016 - come detto - non reca alcuna previsione. Tuttavia, in conformità a quanto previsto dall’art. 19 dalla Dir. 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (servizi sociali e altri servizi specifici), deve ritenersi che le concessioni per i servizi sociali siano quanto meno soggette agli obblighi previsti dall’art. 31, paragrafo 3, e dagli artt. 32, 46 e 47 della stessa Direttiva, in relazione all’obbligo di rendere nota l’intenzione di aggiudicare la concessione mediante la pubblicazione di un avviso di preinformazione e agli avvisi di aggiudicazione.” MAZZEO L., Gli appalti (e le concessioni) nei servizi sociali: un regime - non troppo “alleggerito” frutto di una “complicata semplificazione”, in Urbanistica e appalti, n. 8-9/2016, pp. 1001 ss.

79 “5-bis. Le disposizioni di cui ai commi da 5-ter a 5-octies, si applicano ai seguenti servizi, come individuati dall'allegato IX, nei settori ordinari: servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; servizi di prestazioni sociali; altri servizi pubblici, sociali e personali, inclusi servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili e altri servizi di organizzazioni associative.”

80 Considerando n. 114 direttiva 24/2014/UE.

81 Sulla stessa linea: Consiglio di Stato, sez. III, sent. 21 novembre 2016, n. 4902.

82 Continuano a fare eccezione le attività di trasporto sanitario per le strutture sanitarie pubbliche alle associazioni di volontariato che soddisfino i requisiti di legge e siano registrate in forza della sentenza della Corte di Giustizia (Quinta Sezione) 11 dicembre 2014 causa C-113/13: “Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che, come quella in discussione nel procedimento principale, prevede che la fornitura dei servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza debba essere attribuita in via prioritaria e con affidamento diretto, in mancanza di qualsiasi pubblicità, alle associazioni di volontariato convenzionate, purché l’ambito normativo e convenzionale in cui si svolge l’attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente alla finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detta disciplina è basata”.

La suddetta interpretazione è stata recepita nel Codice del Terzo settore all’articolo 57 (Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza) “1. I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione. 2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 56”. 

83 “Con nota 14 novembre 2019, prot. n. 0091029, il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha sottoposto al parere del Consiglio di Stato lo schema di Linee Guida recanti “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali”, alla luce delle disposizioni del d.lgs. 50/2016, come modificato dal d.lgs. 56/2017 nonché dal d.lgs. 117/2017.” Consiglio di Stato, parere n. 3235/2019 del 27/12/2019.