Pubbl. Mer, 11 Nov 2020
Alcune riflessioni sulle operazioni di conferimento di partecipazioni e scissione non proporzionale asimmetrica
Modifica paginaCon il presente contributo si intende analizzare, a seguito di un inquadramento generale degli istituti giuridici rilevanti, la risposta ad interpello del 6 agosto 2020, n. 248, con cui l’Amministrazione finanziaria, per un verso, si è espressa sulla natura dell’operazione di conferimento di partecipazioni e successiva scissione totale non proporzionale (c.d. “asimmetrica”) delle società coinvolte e, per l’altro, ha confermato il principio in tema di conferimenti c.d. “minusvalenti” già enunciato nella risoluzione del 20 aprile 2012, n. 38, pur ponendosi, in un certo senso, lo stesso in controtendenza rispetto a quanto affermato nella risposta ad interpello dell’8 ottobre 2018, n. 30.
Sommario: 1. Il conferimento di partecipazioni di controllo o di collegamento: profili generali di carattere civilistico e fiscale. – 2. La scissione: profili generali di carattere civilistico e fiscale. – 3. La risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, e considerazioni in merito. – 4. L’allineamento della risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, con le risultanze contenute nella risoluzione del 20 aprile 2012, n. 38: uniformità di veduta rispetto ai conferimenti c.d. “minusvalenti”. – 5. La relazione tra la risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, e la risposta ad istanza di interpello dell’8 ottobre 2018, n. 30. – 6. Osservazioni conclusive.
1. Il conferimento di partecipazioni di controllo o di collegamento: profili generali di carattere civilistico e fiscale
Il conferimento mediante scambio di partecipazioni è un’operazione non definita né disciplinata in modo autonomo dal codice civile e, proprio per tale ragione, verrebbe attratta nell’ambito della disciplina del conferimento di beni in natura nelle società. In generale, il conferimento può essere definito come quella peculiare operazione tramite cui un soggetto (conferente) apporta denaro o un bene in natura ad una società (conferitaria), ricevendo in contropartita azioni o quote di quest’ultima.
Il conferimento di beni in natura deve avvenire integralmente al momento della sottoscrizione, tanto in sede di costituzione della società, quanto in sede di aumento del capitale sociale con la peculiarità che in quest’ultima ipotesi, in ragione del conferimento, la società conferitaria è tenuta a deliberare un aumento di capitale sociale a favore del conferente pari al valore dello stesso.
L’effetto principale del conferimento, che per i beni in natura segue l’apposito iter procedimentale di cui agli artt. 2343 e ss. c.c., è di dare luogo al trasferimento a titolo definitivo del bene conferito alla conferitaria, tuttavia, a differenza di quanto avviene in relazione alla cessione a titolo oneroso, il corrispettivo è dato dall’assegnazione di azioni o quote della conferitaria, le quali non possono eccedere il limite massimo del valore ad esso attribuito dalla stima dell’esperto in funzione di garanzia di integrità del capitale sociale.
Nel caso di conferimento di partecipazioni societarie si viene a delineare l’operazione di scambio di partecipazioni mediante conferimento[1] e, ai fini delle imposte sui redditi, se il soggetto conferente si identifica con una persona fisica, non titolare di reddito di impresa, trova applicazione il regime ordinario del realizzo, di cui all’art. 9 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), che trova ragione d’essere nell’assimilazione di tale operazione alla cessione.
Il regime ordinario, di cui all’art. 9 del TUIR, non deve essere confuso con quello previsto dall’art. 175 del TUIR, anche noto come regime di neutralità “volontaria” (o “contabile”), che si caratterizza per il fatto che l’emersione della plusvalenza tassabile non è automatica, bensì rimessa alla discrezionalità (contabile) dei soggetti coinvolti[2].
L’art. 175, comma 1, del TUIR[3] introduce un regime peculiare di determinazione della plusvalenza da conferimento, nel caso in cui le azioni o le quote, oggetto di conferimento, siano partecipazioni di controllo o di collegamento, ai sensi dell’art. 2359 c.c., e i soggetti interessati dall’operazione siano residenti nel territorio della Repubblica Italiana nell’esercizio di imprese commerciali. In tal caso, la determinazione della plusvalenza tassabile dipende dal comportamento contabile del soggetto conferente e del conferitario.
L’art. 175, comma 1, del TUIR non specifica la natura giuridica dei soggetti che possono applicare tale disciplina, sicché, nel silenzio della legge, si ritiene che il conferente possa essere una società di capitali, una società di persone o un imprenditore individuale; di converso, il soggetto conferitario può essere solo una società di capitali o una società di persone.
Tuttavia, laddove le azioni o le quote scambiate siano tali da consentire l’acquisizione, ovvero l’incremento, in virtù di un obbligo di legge o di un vincolo statutario, del controllo societario, al ricorrere di determinate condizioni, può trovare applicazione il regime del realizzo controllato disciplinato dall’art. 177, comma 2, del TUIR[4]. In base a tale ultima disposizione normativa, le azioni o le quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), c.c. ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo, sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento.
La neutralità fiscale si applica alle partecipazioni ricevute dal conferente, nella misura in cui alle stesse venga attribuito un valore pari alla quota di voci di patrimonio netto contabile formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento[5].
Il regime previsto dall’art. 175, comma 1, del TUIR presenta dei contorni maggiormente delineati rispetto a quello regolato dall’art. 177, comma 2, del TUIR. In effetti, sotto il profilo soggettivo, l’art. 175, comma 1, del TUIR fa riferimento solo ai contribuenti esercenti attività d’impresa, mentre l’art. 177, comma 2, del TUIR allude genericamente ai contribuenti (anche non esercenti attività commerciale). Di converso, sotto il profilo oggettivo, mentre quest’ultima norma annovera tutte le ipotesi di controllo di diritto, anche se derivanti da partecipazioni non qualificabili come di controllo o di collegamento, l’art. 175, comma 1, del TUIR riguarda solo i conferimenti aventi ad oggetto partecipazioni di controllo o di collegamento.
È ben possibile che una medesima fattispecie ricada contemporaneamente nella sfera di operatività dell’art. 175, comma 1, del TUIR e dell’art. 177, comma 2, del TUIR e, qualora dall’applicazione di tali norme emerga una differente determinazione della plusvalenza imponibile, dovrebbe prevalere l’art. 175, comma 1, del TUIR a discapito dell’art. 177, comma 2, del TUIR[6].
2. La scissione: profili generali di carattere civilistico e fiscale
Il codice civile non fornisce una definizione puntuale della scissione, la quale, a livello sistematico è inquadrata nell’ambito delle operazioni straordinarie e, in linea generale, la scissione societaria produce l’effetto di scorporare una parte del patrimonio sociale a favore di un’altra società, già costituita o di nuova costituzione.
A dispetto dell’assenza nell’impianto codicistico di una nozione di scissione[7], l’art. 2506, comma 1, c.c., si limita a stabilire che, tramite la scissione, una società assegna l’intero patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte dello stesso, anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci. Da tale disposizione normativa si evince che la scissione coinvolge i seguenti soggetti: la società scissa, che trasferisce tutto o parte del suo patrimonio, la società o le società beneficiarie del trasferimento ed i soci della scissa, destinatari delle nuove azioni o quote emesse dalla beneficiaria (o dalle beneficiarie).
La scissione si differenzia, in ottica sostanziale, a seconda della quota di patrimonio trasferito, con ciò potendosi delineare la scissione totale (nota anche come scissione “pura” o “integrale”) o parziale (nota anche come “scorporazione”)[8]. La scissione è totale allorquando, tramite il compimento di questa operazione, la società scissa procede all’assegnazione dell’intero patrimonio alla stessa riconducibile ad una pluralità di società beneficiarie, cessando, in tal modo, di esistere, mentre i soci della stessa ottengono in contropartita delle partecipazioni annullate per effetto di tale operazione azioni o quote delle società beneficiarie. Diversamente, la scissione è di tipo parziale quando la società, tramite la stessa, trasferisce solo una parte del proprio patrimonio ad almeno una società beneficiaria e non si estingue, bensì prosegue lo svolgimento della propria attività, sebbene con un patrimonio ridotto, assegnando ai soci della società scissa azioni o quote della beneficiaria[9].
Secondo la dottrina prevalente[10], l’operazione di scissione sarebbe diretta a determinare una mera riorganizzazione dell’attività della società senza modificazione del contratto sociale originario, che sarebbe solo diversamente modellato in base all’emersione di nuove esigenze organizzative, e l’attività verrebbe proseguita, in caso di scissione totale, dalle società beneficiarie o, in caso di scissione parziale, dalla stessa società scissa, oltre che dalla beneficiaria (o dalle beneficiarie).
L’art. 2506, comma 2, c.c. dispone che è consentito un conguaglio in danaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o quote attribuite, nonché, ai sensi del successivo comma 3, si ammette la possibilità che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa[11]. Per un’agevole comprensione di tale ultima disposizione normativa, è opportuno precisare che la scissione, oltre ad essere totale o parziale, può anche essere proporzionale o non proporzionale (c.d. asimmetrica). Nel primo caso, ai soci della società scissa vengono assegnate azioni o quote delle beneficiarie, in relazione alle percentuali di partecipazione di ciascun socio al capitale sociale della società che si scinde, tale per cui i soci della scissa saranno in egual proporzione anche soci della beneficiaria o solo soci della beneficiaria, a seconda si dia luogo ad una scissione parziale ovvero ad una scissione totale. Nel secondo caso, invece, le azioni o le quote delle società beneficiarie sono assegnate ai soci della società scissa senza considerare le percentuali di partecipazione di questi nella scissa, sicché, all’esito dell’operazione, i soci della scissa risulteranno essere anche soci, in caso di scissione parziale, o soltanto soci, in caso di scissione totale, delle società beneficiarie, pur in assenza del rispetto delle partecipazioni originarie da questi detenute nella società scissa[12].
La scissione di carattere non proporzionale asimmetrica, rappresenta uno strumento duttile in grado di consentire la continuazione dell’attività sociale mediante l’attuazione di una forma di riorganizzazione degli assetti societari, al fine di superare criticità che, altrimenti, sarebbero suscettibili di determinare il generarsi di situazioni di impasse a livello societario[13]. Proprio per questa ragione, sempre più frequentemente, nella prassi operativa si ricorre alla scissione non proporzionale asimmetrica nel perseguimento dell’intento di risolvere divergenze di visione sulla gestione della società o per sopperire ad esistenti contrasti, compresi quelli di natura personale, che rischiano di pregiudicare l’esercizio dell’attività di impresa (e.g., si pensi ai dissidi in materia familiare o in sede di ricambio generazionale).
Sul piano fiscale, la scissione, al pari della fusione[14], si configura come un’operazione fiscalmente neutrale per i soci, in quanto si assiste al trasferimento del patrimonio della società scissa alle società beneficiarie in assenza di corrispettivo[15]. In effetti, ai sensi dell’art. 173, comma 1, del TUIR, la scissione totale o parziale di società in altre società preesistenti o di nuova costituzione, non dà luogo al realizzo, né alla distribuzione di plusvalenze e minusvalenze di beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento.
L’art. 173, comma 2, del TUIR dispone che nella determinazione del reddito delle società partecipanti alla scissione, non si tiene conto dell’avanzo o del disavanzo conseguenti al rapporto di cambio di azioni o quote ovvero all’annullamento delle azioni o delle quote.
Si segnala, altresì, che il cambio di partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, salvo tassabilità del conguaglio. A seguito dell’operazione, nel patrimonio dei soci, le partecipazioni della società scissa sono sostituite dalle partecipazioni delle società beneficiarie, ereditandone valore fiscale, anzianità ed ogni altro elemento fiscalmente rilevante.
Salvo il caso di retrodatazione degli effetti della scissione[16], gli effetti fiscali della stessa coincidono con quelli civilistici e, dalla data in cui la scissione è efficace ai fini civili, le situazioni soggettive e relativi obblighi strumentali della società scissa sono trasferiti alle società beneficiarie (in caso di scissione totale), ovvero rimangono alla stessa società scissa in proporzione alle rispettive quote di patrimonio netto contabile trasferite o rimaste (in caso di scissione parziale), salvo si tratti di posizioni soggettive connesse specificamente ad elementi del patrimonio della società scissa.
3. La risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, e considerazioni in merito
Il caso da cui trae origine la risposta ad interpello del 6 agosto 2020, n. 248, riguardava la situazione imprenditoriale di un gruppo esercente attività nel settore immobiliare, gestito da due rami della stessa famiglia, che, in ragione di una differente visione di iniziativa imprenditoriale, avevano deciso di agire autonomamente per evitare eventuali impasse in sede decisionale, causati dalle divergenti vedute di business. Al fine di raggiungere il predetto obiettivo è stato prospettato il compimento delle seguenti operazioni:
- il conferimento da parte delle due società facenti capo ai due rami della famiglia (i.e., la società Alfa e la società Beta) delle partecipazioni al 50 per cento detenute dalle stesse nelle società immobiliari riconducibili al gruppo a favore di una s.r.l. di nuova costituzione, che sarebbe, in tal modo, divenuta proprietaria della totalità delle azioni e il cui capitale sociale sarebbe stato detenuto, a sua volta, da entrambe le società conferenti;
- la successiva scissione totale non proporzionale asimmetrica della società conferitaria a favore di due società beneficiarie di nuova costituzione, ciascuna delle quali sarebbe stata partecipata al 100 per cento dalle società conferenti, che avrebbero provveduto, in tal maniera, a suddividersi le partecipazioni totalitarie nelle varie società immobiliari sottostanti, tenuto conto di un criterio di ripartizione da definire all’atto del compimento del progetto di scissione e senza la previsione di conguagli in denaro.
A differenza della ricostruzione operata dall’istante, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che tali operazioni di conferimento non siano riconducibili nell’ambito dell’art. 177, comma 2, del TUIR, quanto piuttosto nel campo di applicazione dell’art. 175, comma 1, del TUIR, in quanto trattasi di conferimenti di partecipazioni di collegamento, ai sensi dell’art. 2359 c.c., effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di attività commerciale.
Dopo aver appurato che nel caso oggetto di interpello fosse applicabile l’art. 175, comma 1, del TUIR, l’Amministrazione finanziaria ha concordato con la ricostruzione effettuata dall’istante, in base alla quale dall’operazione di conferimento de qua si sarebbe generata una minusvalenza sia in capo alla società Alfa che in capo alla società Beta. Tuttavia, si sarebbe trattata di minusvalenze non deducibili dal reddito imponibile delle società conferenti, poiché la loro formazione sarebbe meramente connessa alla rappresentazione contabile adottata in forza dell’adozione del regime del realizzo controllato, ai sensi dell’art. 175, comma 1, del TUIR.
Non è stato neanche rilevato alcun carattere abusivo nelle operazioni di conferimento delle partecipazioni e successiva scissione non proporzionale, poiché rappresenterebbero delle mere operazioni di riorganizzazione a carattere familiare dell’impresa, finalizzate a consentire alle società dei due rami della famiglia di continuare ad esercitare separatamente ed in base a strategie differenti le proprie attività imprenditoriali. Sembra evidente la recente direzione intrapresa dall’Amministrazione finanziaria, tendente ad un netto favore verso il riassetto imprenditoriale a livello familiare, per consentire l’attuazione di forme di riorganizzazione dei gruppi, anche nell’ipotesi di ricambio generazionale[17].
Del resto, non si dubita che una delle ragioni a fondamento dell’accoglimento dell’istanza si rinvenga nel fatto che l’operazione prospettata dal contribuente non abbia mostrato il conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, altrimenti rilevante ex art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), posto che l’interesse primario perseguito è stato ravvisato in quello diretto alla continuazione dello svolgimento dell’attività, sebbene in maniera separata, per evitare l’emergere di impasse in ambito gestionale e decisionale[18].
In realtà, il nuovo indirizzo di prassi, assume rilievo anche rispetto alla fattispecie della scissione totale non proporzionale asimmetrica. In effetti, tale operazione a carattere straordinario, in passato, è stata considerata operazione elusiva dall’Amministrazione finanziaria al tempo di vigenza dell’art. 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, posto che la stessa, di regola, era finalisticamente preordinata alla creazione di una società “contenitore” per accogliere beni da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni, spostando, in tal modo, la imposizione dai beni di primo grado (i.e., gli immobili) a quelli di secondo grado (i.e., le partecipazioni), con l’effetto ultimo di dare luogo ad un aggiramento delle regole poste dal sistema tributario in ordine al regime impositivo delle plusvalenze[19].
Negli ultimi anni, invece, si segnala che si è assistito ad un mutamento di orientamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, con specifico riferimento alla scissione non proporzionale asimmetrica, in quanto, nell’accoglimento favorevole di diversi interpelli aventi ad oggetto la predetta operazione, è stato rilevato che la stessa, pur avendo delle proprie peculiarità, rispetta la ratio del regime delle scissioni.
A tal riguardo, si rammenta che, nella risposta ad interpello del 12 ottobre 2018, n. 36, l’Agenzia delle Entrate ha espressamene affermato che «l’operazione di scissione non proporzionale asimmetrica che si intende attuare per superare i conflitti fra i soci non comporti il conseguimento di alcun vantaggio fiscale indebito, non ravvisandosi alcun contrasto con la ratio di disposizioni tributarie o con i principi dell’ordinamento tributario»[20]. Difatti, tramite la scissione totale non proporzionale asimmetrica, da un lato, i beni trasferiti alle società beneficiarie resterebbero in regime di impresa ed i relativi valori fiscali non muterebbero rispetto a quelli della società scissa e, dall’altro, i plusvalori latenti andrebbero a concorrere alla formazione del reddito imponibile al momento della cessione dei beni da parte delle beneficiarie della scissione[21].
Dalla lettura della risposta ad interpello n. 36 del 2018 ben si comprende il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate, la quale, al fine di compiere una valutazione idonea a verificare la sussistenza o meno degli estremi di contestazione dell’elusione fiscale, si focalizza sull’individuazione delle ragioni perseguite mediante la realizzazione dell’operazione da cui si può desumere l’eventuale natura indebita del vantaggio fiscale perseguito, anche alla luce dello strumento giuridico adottato dal contribuente, considerando la soluzione, in concreto, adottata con quella che ragionevolmente sarebbe stato opportuno adottare. Non si potrà mai contestare l’elusione fiscale qualora risulti che gli strumenti alternativi siano, nei fatti, di carattere fisiologico e non integrino delle mere costruzioni di puro artificio per beneficiare di indebiti vantaggi fiscali[22].
Se, in generale, vale quanto sopra richiamato, nei singoli casi la verifica sull’elusività o meno dell’operazione non può prescindere dal dato normativo di cui all’art. 10-bis, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente. Pertanto, si è innanzi ad elusione fiscale se si riscontra:
- la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario;
- l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere, che sono inidonee a produrre effetti significativi diversi dai “vantaggi fiscali”;
- l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”.
A conclusioni non dissimili, sempre rispetto alla scissione non proporzionale, è giunta l’Amministrazione finanziaria nel caso oggetto della risposta ad istanza di interpello del 25 marzo 2019, n. 87, riguardante una scissione totale non proporzionale asimmetrica di una società a favore di altre due società di nuova costituzione, attraverso la quale tutte le quote di partecipazione al capitale di ciascuna beneficiaria sono state assegnate, rispettivamente, ad ognuno dei soci della società scissa. Ebbene, in tale situazione, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, di regola, l’operazione di scissione è fiscalmente neutrale e il passaggio del patrimonio della società scissa a una o più società beneficiarie, che non usufruiscono di un sistema di tassazione agevolato, non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa[23]. Di talché, i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali attribuiti alla/e società beneficiaria/e, provvisoriamente latenti, concorreranno alla formazione del reddito imponibile secondo le ordinarie regole vigenti al momento in cui i beni medesimi fuoriusciranno dal regime dei beni relativi all’impresa, ossia quando verranno ceduti a titolo oneroso, diverranno oggetto di risarcimento per la loro perdita o danneggiamento, verranno assegnati ai soci ovvero, infine, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
4. L’allineamento della risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, con le risultanze contenute nella risoluzione del 20 aprile 2012, n. 38: uniformità di veduta rispetto ai conferimenti c.d. “minusvalenti”
La conclusione cui è giunta l’Agenzia delle Entrate nella risposta ad istanza di interpello n. 248 del 2020 si pone perfettamente in linea con le risultanze contenute nella risoluzione del 20 aprile 2012, n. 38, ove è stato rimarcato come, in sostanza, il regime di cui all’art. 177, comma 2, del TUIR fosse assimilabile a quello trasfuso nel vigente art. 175 del TUIR.
Il quesito oggetto di tale risoluzione riguardava la corretta determinazione del reddito dei soggetti conferenti, ai sensi dell’art. 177, comma 2, del TUIR, nel caso di un’operazione di riorganizzazione di un gruppo familiare al fine di garantire il ricambio generazionale. Tale operazione prevedeva il conferimento da parte di tutti i soci delle azioni relative al capitale sociale di una società partecipata di tipo operativo in una holding di famiglia, da costituire nella forma giuridica di una società di capitali, non già sulla base del valore normale delle stesse, ma ad un valore convenzionalmente stabilito tra le parti, assumendo un importo significativamente inferiore anche al patrimonio netto contabile[24].
Giova segnalare, come tra l’altro precisato dallo stesso istante, che gli effetti fiscali dell’operazione di conferimento per ciascuno dei soci avrebbero determinato il sorgere di una minusvalenza, individuata nella differenza fra il valore fiscalmente riconosciuto per ciascun socio ed il valore di conferimento, e tali minusvalenze avrebbero avuto carattere pressoché limitato o nullo per la maggior parte dei soci, salvo che per una categoria di eredi che avrebbero dovuto assumere come costo fiscalmente riconosciuto quello più elevato dichiarato ai fini dell’imposta di successione.
L’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’art. 177, comma 2, del TUIR non introduce un regime di neutralità fiscale delle operazioni di conferimento ivi regolate, quanto piuttosto un mero criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento rilevante ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente (c.d. regime a realizzo controllato)[25]. Pertanto, in base al regime a realizzo controllato, i riflessi reddituali dell’operazione di conferimento in capo al soggetto conferente sarebbero strettamente connessi al comportamento contabile adottato dalla società conferitaria.
Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria ha anche specificato che il mancato riferimento alle minusvalenze nell’art. 177, comma 2, del TUIR avrebbe determinato conseguenze di non poco conto in ottica sostanziale. In questo senso, mentre l’art. 177, comma 2, del TUIR prevedrebbe solo criteri di determinazione delle plusvalenze, le minusvalenze verrebbero determinate secondo i criteri ordinari e, sul piano della loro deducibilità, non sarebbero sufficienti delle mere valutazioni operate dalla conferitaria, essendo necessario che il valore della perizia sia inferiore al valore contabile dell’azienda, ai sensi dell’art. 9 del TUIR[26]. Diretta conseguenza di ciò è che solo la minusvalenza effettivamente realizzata è fiscalmente deducibile, in capo a ciascun conferente, e il realizzo implicherebbe che la stessa sia determinata in base al valore normale, ex art. 9 del TUIR.
Ebbene, con la risposta all’istanza di interpello n. 248 del 2020 viene ribadito il principio secondo cui le minusvalenze meramente connesse alla rappresentazione contabile adottata in ragione del ricorso al regime del realizzo controllato, di cui agli artt. 175, comma 1, e 177, comma 2, del TUIR, non assumono alcuna rilevanza fiscale, non essendo fiscalmente deducibili dalla società conferente. Altrimenti detto, sono deducibili solo le minusvalenze da conferimento emerse laddove il valore normale delle partecipazioni conferite sia inferiore al valore fiscale che le stesse avevano presso il conferente, in ossequio al principio in materia di conferimenti “minusvalenti” già sancito dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 38 del 2012.
5. La relazione tra la risposta ad istanza di interpello del 6 agosto 2020, n. 248, e la risposta ad istanza di interpello dell’8 ottobre 2018, n. 30
Sorge spontaneo compiere un parallelismo con le conclusioni cui è giunta l’Amministrazione finanziaria nella risposta all’istanza di interpello dell’8 ottobre 2018, n. 30, che si pongono in direzione diametralmente opposta rispetto a quelle date nella risposta ad interpello n. 248 del 2020. In tale caso, l’operazione di riorganizzazione si caratterizzava nel prevedere:
- il conferimento da parte dei soci della società Alfa, a favore di una società di nuova costituzione, delle proprie partecipazioni nella citata società Alfa, da compiere ai sensi dell’art. 177, comma 2, del TUIR;
- la successiva scissione parziale non proporzionale asimmetrica della società conferitaria di nuova costituzione a favore di tre società beneficiarie di nuova costituzione, ciascuna delle quali (i.e., società scissa e società beneficiarie) sarebbero state ricondotte ad ognuno dei soci della stessa società conferita. All’esito di tale ultima operazione, ogni socio avrebbe potuto detenere la partecipazione originaria non già direttamente, bensì mediante uno schermo societario rappresentato da una holding unipersonale.
Secondo l’Agenzia delle Entrate si sarebbe generato un indebito vantaggio fiscale individuato nella fruizione tanto della neutralità fiscale “indotta” quanto della neutralità fiscale derivante dall’operazione di scissione parziale della società conferitaria in luogo dell’applicazione del regime realizzativo di cui all’art. 9 del TUIR, che è il regime generale per i soggetti non imprenditori titolari di partecipazioni minoritarie[27]. Da ciò, sarebbe conseguito il necessario assoggettamento a tassazione della plusvalenza realizzata.
L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, evidenziato che l’intera operazione avrebbe carattere fiscalmente abusivo, ai sensi dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, in quanto inidonea a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali indebiti[28]. Quest’ultimi verrebbero conseguiti mediante il compimento di operazioni societarie superflue non coerenti con le normali logiche di mercato e, probabilmente, realizzate allo specifico fine di beneficiare di vantaggi fiscali (i.e., la mancata tassazione della plusvalenza)[29]. In questo senso, è stato ravvisato l’elemento dell’artificiosità, suscettibile di essere neutralizzato solo dal riconoscimento della sussistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali[30].
Rispetto alla risposta n. 30 del 2018, la differente conclusone cui è pervenuta l’Amministrazione finanziaria nella risposta n. 248 del 2020 verrebbe giustificata dal fatto che nelle operazioni di conferimento e successiva scissione totale non proporzionale asimmetrica descritte dal contribuente, non è stato ravvisato l’elemento dell’artificiosità in grado di integrare la sussistenza di una fattispecie abusiva (o elusiva), rilevante ai sensi dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente[31].
6. Osservazioni conclusive
La risposta ad istanza di interpello n. 248 del 2020 assume un grande valore sistematico, in quanto l’Agenzia delle Entrate ha confermato, da un lato, il principio in materia di conferimenti “minusvalenti” in relazione al regime del realizzo controllato, già enunciato nella risoluzione n. 38 del 2012, e, dall’altro, il nuovo indirizzo che, in materia di scissione totale non proporzionale asimmetrica, non ravvisa un’operazione fiscalmente abusiva, sebbene la valutazione sull’elusione fiscale vada compiuta caso per caso.
Non sembra erroneo sostenere, peraltro, che la risposta oggetto di esame si pone in una perfetta linea di continuità con l’orientamento espresso fino ad ora dall’Amministrazione finanziaria tendente a valorizzare, quale fenomeno rilevante, specialmente, nelle operazioni di scissione non proporzionale, la riorganizzazione imprenditoriale della struttura organizzativa del gruppo a livello familiare tanto nel caso di divergenza nelle scelte gestionali in materia di business quanto in quello di ricambio generazionale.
Pertanto, non si può che leggere in termini positivi la nuova posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria con riferimento alle operazioni straordinarie complesse di conferimento di partecipazioni e scissioni asimmetriche, posto che, a differenza del passato, non si assiste più ad una mera contestazione in termini di elusione fiscale di tali operazioni senza indagine alcuna sulle motivazioni che hanno spinto i contribuenti a realizzarle. Al contrario, qualora l’Agenzia delle Entrate ritenga, a seguito dell’espletamento delle dovute indagini, che assurga a ragione d’essere dell’operazione un interesse meritevole di tutela, quale può essere l’esigenza di dare luogo ad una forma di riorganizzazione organizzativa del gruppo, viene meno la contestazione dell’elusione fiscale.
[1] Per un approfondimento sul tema si rinvia a P. CEPPELLINI, R. LUGANO, Il conferimento di partecipazioni di minoranza: aspetti applicativi e profili abusivi, in Corr. Trib., 2020, IV, pagg. 341 e ss..
[2] Sul punto, G. CORASANITI, Gli scambi di partecipazioni e i principi contabili internazionali, in Dir. Prat. Trib., 2010, II, pag. 10289, che afferma che il quantum da assoggettare al prelievo fiscale è dato dalla differenza tra il costo fiscale che i beni conferiti hanno presso il conferente ed il maggiore tra il valore attribuito alle partecipazioni ricevute nelle scritture contabili del soggetto conferente ed il valore attribuito alle partecipazioni conferite nelle scritture contabili del soggetto conferitario.
[3] A mero titolo di completezza, si specifica che l’art. 175, comma 2, del TUIR statuisce che non si applica il regime delineato dal comma 1 della norma de qua ed il valore del realizzo è delineato in base all’art. 9 del TUIR nel caso di conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento privi dei requisiti per l’esenzione in regime di participation exemption, di cui all’art. 87 del TUIR, se le partecipazioni ricevute non sono anch’esse prive dei predetti requisiti senza considerare, in ogni caso, quello previsto dall’art. 87, comma 1, lett. a), del TUIR. Pertanto, qualora le partecipazioni conferite, all’atto del conferimento, siano prive dei requisiti pex e quelle date in cambio al conferente, al contrario, li possiedano, quest’ultimo sarebbe tenuto a determinare la relativa plusvalenza da assoggettare a tassazione tenuto conto, quale valore di realizzo, del valore normale ai sensi dell’art. 9 TUIR.
[4] A mero titolo di completezza, si precisa che l’art. 177, comma 1, del TUIR dispone che la permuta, mediante la quale uno dei soggetti indicati dall’art. 73, comma 1, lett. a) e b), del TUIR, acquista o integra una partecipazione di controllo, ex art. 2359, comma 1, n. 1), c.c., ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo in un altro soggetto indicato nelle medesime lett. a) e b), attribuendo ai soci di quest’ultimo proprie azioni, non dà luogo a componenti positivi o negativi del reddito imponibile a condizione che il costo delle azioni o quote date in permuta sia attribuito alle azioni o quote ricevute in cambio. L’eventuale conguaglio in denaro concorre a formare il reddito del percipiente ferma restando, allorché ne ricorrano le condizioni, il regime di esenzione (totale) di cui all’art. 87 e quello (parziale) di cui agli artt. 58 e 68, comma 3, del TUIR.
[5] In questi termini, M. PELLECCHIA, Le operazioni straordinarie, in Manuale di diritto tributario, a cura di G. Melis, Torino, 2019, pag. 716.
[6] G. ANDREANI, A. TUBELLI, Chiarimenti dell’Assonime sullo scambio di partecipazioni mediante conferimento, in Corr. Trib., 2010, XXXVII, pagg. 3031 e ss..
[7] G. FARNETI, G. SAVIOLI, Le operazioni di gestione straordinaria: aggiornato all’OIC 4 (fusioni e scissioni), l’OIC 5 (liquidazione) e con la legge finanziaria 2008, Milano, 2008, pag. 337, che precisano che il codice civile si limita a stabilire solo le modalità di svolgimento della scissione.
[8] Tali nozioni sono espressione dell’elaborazione dell’istituto effettuata da A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2011, pag. 1073.
[9] Si registra l’opinione C. DI BITONTO, La c.d. “scissione negativa” (reale) è inammissibile, in Società, 2014, VI, pag. 661, che sostiene che un’altra differenza tra scissione parziale e scissione totale è che la «prima forma può avere luogo anche a favore di una sola società; mentre la seconda forma richiede necessariamente una pluralità di società beneficiarie, perché altrimenti non si avrebbe altro che una fusione per incorporazione ovvero una trasformazione, a seconda che la “pseudo-beneficiaria” sia preesistente (o meno)».
[10] Si rinvia, ex multis, a R. PEROTTA, L. BERTOLI, Le operazioni straordinarie Conferimento d’azienda e di partecipazioni, fusione e scissione, Milano, 2015, pagg. 715e 716, che affermano che la scissione non determina, sotto il profilo giuridico, una modifica del contratto sociale, il quale, perciò, proseguirebbe nelle beneficiarie e nella scissa laddove venga posta in essere una scissione parziale.
[11] Si specifica, a titolo di completezza, che l’art. 2506, comma 3, c.c. dispone che la società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività. Infine, il comma successivo, statuisce che la partecipazione alla scissione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.
[12] G. ALBANO, Scissione non proporzionale asimmetrica: allocazione delle riserve di rivalutazione e profili, in Il fisco, 2020, XX, pagg. 1933 e ss..
[13] Si veda A. GRAZIANI, G. MINERVINI, U. BELVISO, Manuale di diritto commerciale, Padova 2004, pag. 375, che definiscono la scissione non proporzionale come “scissione in senso soggettivo”, in quanto, tramite questa operazione straordinaria senza il rispetto del criterio della proporzionalità in sede di assegnazione delle azioni o delle quote alla società scissa, non si intende solo procedere ad una forma di disaggregazione del patrimonio sociale, ma anche di ridefinizione degli assetti proprietari dell’impresa.
[14] P. PACITTO, Fusioni, scissioni e scambi di partecipazione, in Imposta sul reddito delle società (IRES), a cura di F. Tesauro, Bologna 2007, pag. 856, che sostiene che, in ambito fiscale, la disciplina della scissione presenta notevoli affinità, sia di problemi che di soluzioni, con la fusione.
[15] F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario. 2 – Parte speciale, Milano, 2016, pag. 218, che precisa che la sostituzione delle partecipazioni sociali non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze o di ricavi, salva l’assoggettamento a tassazione del conguaglio.
[16] La retrodatazione della scissione si ha, ai sensi dell’art. 173, comma 11, del TUIR, quando l’atto di scissione prevede che tale operazione abbia effetti retroattivi ai fini fiscali al fine di semplificare gli adempimenti contabili e fiscali connessi all’operazione, evitando che per la società scissa assuma valore di autonomo periodo d’imposta l’intervallo intercorrente tra l’inizio del periodo d’imposta in cui avviene la scissione e la data in cui ha effetto la scissione ai fini civilistici. La retrodatazione degli effetti fiscali della scissione è ammessa soltanto per le scissioni totali con beneficiarie preesistenti, a condizione che le beneficiarie e la società scissa chiudano l’esercizio alla stessa data, mentre non sarebbe ammessa per le scissioni parziali (cfr. Agenzia delle Entrate, risoluzione del 1° agosto 2002, n. 255). Di converso, la postdatazione degli effetti della scissione risulterebbe essere sempre ammessa per le operazioni di scissione sia totale che parziale, salvo l’ipotesi di scissioni effettuate mediante la costituzione di nuove società. Per un approfondimento sul tema si rinvia a D. STEVANATO, Scissione societaria ed agevolazione «Tremonti-bis» sui nuovi investimenti, in Corr. Trib., 2002, XXXIX, pagg. 3566 e ss.; G. SALVI, Fusioni e scissioni: nuovi limiti per il riporto delle perdite fiscali, in Prat. Cont., 2006, X, pagg. 50 e ss..
[17] Sul punto si rinvia a R. LANCIA, Regime di realizzo controllato applicabile anche in caso di azioni proprie, in Ius in Itinere, 2020, pagg. 2 e 3, che sostiene che «il nuovo indirizzo di prassi (…) vede, dunque, con “favore” il ricambio generazionale, che consente a ciascun socio di assumere nuove strategie e di migliorare la gestione di governance aziendale, non ravvisando in simili fattispecie, pur sempre da valutare caso per caso, gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto stante l’assenza di un indebito vantaggio fiscale».
[18] Per conclusioni simili, anche se riferite a diverse risposte ad istanze di interpello, si veda E. FERRARA, Scissione per riorganizzazione d’azienda e passaggio generazionale: profili di (non) elusività, in Il fisco, 2019, pag. 4111.
[19] Sul punto, si rinvia ad Agenzia delle Entrate, risoluzione 6 luglio 2001, n. 114.
[20] Cfr. Agenzia delle Entrate, risposta 12 ottobre 2018, n. 36, pag. 6.
[21] Si rinvia a G. ALBANO, La linea interpretativa del Fisco sui profili anti-abuso delle scissioni, in Il fisco, 2019, IV, pagg., 307 e ss.; L. GAIANI, Elusività delle operazioni straordinarie realizzate isolatamente o tra loro concatenate, in Il fisco, 2019, XI, pagg. 1007 e ss.; G. SALVI, Scissioni e abuso del diritto: recenti orientamenti di prassi, in Amm. Fin., 2019, II, pagg. 15 e ss.)
[22] P. CEPPELLINI, R. LUGANO, Risparmio d’imposta sospetto se la soluzione è artificiosa, in Il Sole 24Ore, pubblicato in data 20 novembre 2018.
[23] Si veda Agenzia delle Entrate, risposta 25 marzo 2019, n. 87, pagg. 7 e 8.
[24] Agenzia delle Entrate, risoluzione 20 aprile 2012, n. 38, pag. 3.
[25] Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 38 del 2012, cit., pagg. 6.
[26] Cfr. Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 38 del 2012, cit., pagg. 8 e 9.
[27] Agenzia delle Entrate, risposta 8 ottobre 2018, n. 30, pag. 8.
[28] A conclusioni non dissimili giunge anche L. MIELE, I princìpi generali desumibili dalle pronunce dell’Agenzia delle entrate sull’abuso, in Corr. Trib., 2019, I, pag. 77, che afferma espressamente che «(…) Il suddetto vantaggio fiscale indebito risulta, altresì, essenziale perché la sequenza di operazioni che si intendono porre in essere non appare diretta al soddisfacimento di un interesse economico diverso da quello del perseguimento del vantaggio fiscale stesso».
[29] Sul punto si veda A. GARCEA La scissione delle holding e l’abuso del diritto, in Corr. Trib., 2018, XXXXIV, pagg. 3386 e ss..
[30] Dallo studio n. 56-2016/T del Consiglio Nazionale del Notariato si evince che, nel caso di scissione ed altre operazioni straordinarie caratterizzate da profili similari, possono configurare “valide ragioni extrafiscali” le seguenti motivazioni:
- Ottimizzazione della gestione - Gestione separata dei rami di azienda: la prima “valida ragione” potrebbe essere rinvenuta nella migliore riorganizzazione aziendale, finalizzata alla gestione separata dei rami di cui si compone l’azienda mediante la loro distinta assegnazione ai singoli soci senza un conguaglio in danaro;
- Dissidi tra i soci: la seconda ricorrerebbe nella opportunità/ necessità di rimediare gli insanabili dissidi tra i soci;
- Responsabilità: l’operazione risulterebbe giustificabile anche in relazione alla diversa assunzione di profili di responsabilità tra i soci;
- Nuove acquisizioni: evitare la confusione patrimoniale in vista di nuove acquisizioni relative solo a uno dei rami esercitati;
- Nuove esposizioni debitorie: evitare la concorrenza dei creditori propri di un ramo di azienda rispetto a quelli che intratterranno rapporti commerciali con la stessa società in relazione ad una diversa attività condotta mediante l’esercizio di un altro distinto ramo d’azienda;
- Controllo societario: necessità di assicurare il controllo di una società al fine della ottimizzazione della gestione;
- Ricambio generazionale: necessità di assicurare il ricambio generazionale. In particolare, nella scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione (anche parziale) di quote della scissa e/o della beneficiaria oppure dalla donazione delle quote a propri familiari;
- Subentro nella titolarità delle partecipazioni: necessità di assicurare il subentro nella titolarità delle partecipazioni e nella successiva gestione della società. Il caso riguarderebbe le operazioni di scissione/trasformazione seguite da cessione delle relative quote che ne rappresenterebbe la valida ragione extrafiscale non marginale giustificatrice;
- Attività sociale: ragioni connesse al migliore conseguimento dell’oggetto sociale.
[31] In analogia, E. ZANETTI, Conferimento di partecipazioni seguito da scissione asimmetrica non sempre abusivo, in Eutekne, 7 agosto 2020.