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Pubbl. Lun, 29 Mag 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Il principio di precisione nella formazione e nell´interpretazione della legge penale

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Giuseppe Mainas


Stabilito che il principio di precisione è un corollario imprescindibile del principio di legalità, occorre fare chiarezza riguardo le note pronunce giurisprudenziali che hanno delimitato la tematica ”de qua” con particolare rifermento al disastro innominato ed al disastro ambientale.


Sommario: 1. Premessa; 2. Il fondamento giuridico del principio di precisione; 3. Prima questione: principio di precisione ed elementi elastici della fattispecie; 4. Rapporto con il principio di precisone; 5. Il disastro innominato; 5. Il disastro innominato; 6. Disastro ambientale; 7. Corte Cassazione 7941/2014 e 32170/2014 (caso Eternit e amianto).

1. Premessa

Il principio di precisione è il principio che, rivolto al legislatore, gli impone di costruire e definire il fatto di reato, il precetto, la fattispecie penale con un tasso di puntualità descrittiva, appunto di precisione, idoneo a ridurre entro limiti accettabili lo spazio della discrezionalità giudiziale in sede applicativa.

Il principio di precisione sarebbe quindi un corollario del principio di legalità e si aggiungerebbe, integrandolo, al principio di riserva di legge, tendendo a presidiare lo stesso bene giuridico del favor libertatis.

Tuttavia la libertà personale è presidiata dal

  • principio di riserva di legge: individuando i soggetti abilitati ad intervenire in ambito penale e riducendo il rischio di arbitri del potere esecutivo;
  • principio di precisione: definendo le modalità e le tecniche di redazione del precetto penale e riducendo il rischio di arbitri del potere giudiziario;
  • Il principio di determinatezza: è il principio che, rivolto al legislatore, gli impone di prevedere come reato soltanto un fatto empiricamente e quindi processualmente afferrabile dimostrabile.

La lesione di questo principio è stata ad esempio dedotta con riguardo alla questione di costituzionalità del reato di plagio e del reato di stalking. L'art. 612 bis sarebbe infatti, secondo alcuni, configgente con il principio di determinatezza, soprattutto nella parte in cui, nel descrivere il fatto di atti persecutori, fa riferimento a stati d’animo e stati d’ansia, che costituiscono un elemento inafferrabile e processualmente non dimostrabile.

  • Il principio di tassatività: è il principio che rivolto principalmente al giudice, ma in realtà anche al legislatore, gli vieta di sussumere nella fattispecie astratta casi non contemplati. Il principio di tassatività costituirebbe la traduzione costituzionale del divieto di analogia art. 14 disp. att. c.c.

2. Il fondamento giuridico del principio di precisione

La giurisprudenza costituzionale, pur in assenza di una testuale enunciazione all'interno della Costituzione, ritiene che il principio di precisione sia un principio di rango costituzionale.

Il principio di precisione non è enunciato infatti a livello costituzionale ma a livello sub costituzionale. Tuttavia, pur essendo pacifico il rango costituzionale del principio in esame, la dottrina è divisa nell’individuare il suo fondamento:

A) alcuni nell'art. 25 Cost.: il principio di legalità e il principio di riserva di legge sarebbero inutiliter dati se non affiancati dal principio di precisione.

Se l’esigenza sottesa al principio di legalità e di riserva di legge è quella di garantire la libertà personale, affidando soltanto alla legge il monopolio della criminalizzazione, questa esigenza rimarrebbe disattesa se al legislatore non si imponesse anche di descrivere il fatto di reato con una certa puntualità, atteso che in assenza di questa puntualità sarebbe non più il legislatore ma il giudice a stabilire il fatto di reato.

B) altri nell'art. 24 Cost.: non ci sarebbe più pienezza del diritto processuale alla difesa se il legislatore non avesse l’obbligo di descrivere con puntualità ciò che è reato.

In assenza di una puntuale descrizione degli elementi costitutivi del reato, il soggetto accusato, il quale si difende dimostrando che uno o più degli elementi costitutivi difettano nel caso di specie, non saprebbe come difendersi, non rivenendo nella descrizione normativa del reato una puntuale descrizione degli elementi costitutivi la cui mancanza deve dimostrare.

C) altri ancora nell'art. 112 Cost.: il principio di precisione rinviene la sua base costituzionale nel principio di obbligatorietà dell’azione penale, atteso che il P.M. ha, si, l’obbligo si esercitare l’azione penale e il giudice quello di controllare l’osservanza dell’obbligo di esercizio dell’azione penale in sede di archiviazione, ma questo meccanismo funziona se la norma incriminatrice descrive puntualmente ciò che è reato.

3. Prima questione: principio di precisione ed elementi elastici della fattispecie

Quando si esamina il principio di precisione ci interroga sulla sua intensità, sulla sua consistenza, ci si chiede cioè quanto deve essere precisa la descrizione della fattispecie di reato da parte del legislatore affinchè essa non incorra in una censura di incostituzionalità.

Quando la descrizione normativa della fattispecie di reato è coerente con il principio di precisione? Quanta precisione ci deve essere nella descrizione del fatto di reato?

La questione la si esamina verificando la coerenza con detto principio di alcune tecniche diffuse di descrizione della fattispecie di reato. La tecnica consistente nell’utilizzo di:

  • Elementi rigidi: elementi il cui accertamento non passa per alcuna valutazione opinabile, discrezionale da parte del giudice ma soltanto per una mera presa d’atto.

Sono elementi rigidi gli:

  • Elementi descrittivi di tipo naturalistico – numerico;
  • Elementi descrittivi di tipo giuridico, che si configurano quando la norma incriminatrice richiama altre norme giuridiche, proprie di altri rami dell’ordinamento, e dal contenuto puntuale. Es. norme penali che richiamano la nozione di proprietà

Gli elementi rigidi non pongono nessun problema di coerenza con il principio di precisione.

  • Elementi elastici: cioè elementi non astrattamente tipizzati a priori dal legislatore e che esprimono una realtà temporale o quantitativa non puntuale (es. gravità del danno art. 133 c.p.) oppure elementi normativi extragiuridici (es. atti osceni) il cui esatto riscontro processuale passa per una inevitabile valutazione del giudice.

Gli elementi elastici pongono invece problemi di coerenza con il principio di precisione.

Nell’ambito del dibattito riguardante la coerenza del principio di precisione con gli elementi estatici si colloca un più specifico dibattito riguardante una tipologia ulteriore, ma che parte della categoria degli elementi elastici, e cioè quella delle cd. clausole di illiceità speciale, che si configurano quando il legislatore, con espressioni vaghe (arbitrariamente, senza motivo ecc.), esclude l’illiceità, e quindi la rilevanza penale della condotta, allorchè, pur in assenza delle tipizzate cause di giustificazioni o scriminanti, ritiene che non possa esigersi dall’autore del fatto una condotta difforme da quella in concreto tenuto.

Quindi le clausole di illiceità speciale sono clausole con cui il legislatore, ricorrendo tuttavia a forme elastiche, tipizza ipotesi di inesigibilità della condotta difforme da quella in concreto tenuta (Es. art. 14, co. 5 ter, D.lgs 286/1998, il quale prevede l’ipotesi dello straniero che senza giustificato motivo non ottempera l’ordine del Questore non perché ricorre una causa scriminante ma perché ricorrono ipotesi non puntualmente descritte dal legislatore, che si limita ad indicare la formula dell’assenza di giustificato motivo, ipotesi che rendono inesigibili l’osservanza).

4. Rapporto con il principio di precisone

Ora, ci si è chiesti se questi elementi elastici e polisensi siano coerenti con il principio di precisione. Su questo tema c’è un orientamento giurisprudenziale, soprattutto della Corte Cost., abbastanza consolidato, che ha chiarito a quali condizioni l’utilizzo di un elemento non preciso, polisenso ed elastico non comporta un vunuls del principio di precisione.

L’orientamento giurisprudenziale costituzionale è ricostruibile in virtù di tre importanti arresti giurisprudenziali:

  1. Sent. n. 5/2004: art. 14, comma 5 ter del d.lgs. 286/98;
  2. Sent. n. 327/2008: disastro innominato;
  3. Sent. n. 127/2014: stalking;

In tutte e tre le pronunce:

  • Il problema è sempre lo stesso e cioè quando con il principio di precisione sia coerente l’utilizzazione di elementi elastici;
  • Le coordinate interpretative adottate dalla Corte Cost. per la risoluzione del problema sono identiche.

Il ragionamento della Corte Costituzionale verte sui seguenti punti:

  • La Consulta muove dall’assunto secondo cui il principio di precisione risponde a due fondamentali esigenze (rinvenibile soprattutto nell'arresto numero 327 del 2008):

1) Il favor libertatis: il principio assicura la prevedibilità, cioè che il potenziale destinatario del precetto penale possa orientare le sue condotte preventivamente calcolando le conseguenze penali della stessa;

2) Evitare che ci sia un’incriminazione ex post per mano del giudice: il che può verificarsi quando le maglie descrittive delle fattispecie siano così ampie da lasciare spazio all’arbitrio del potere giudiziario, in sede applicativa.

  • Chiarite le esigenze sottese al principio, la Corte afferma che il legislatore ha bisogno di ricorrere all’utilizzo di elementi elastici perché non è in grado di tipizzare a priori tutti gli elementi costitutivi del reato per una pluralità di ragioni.

5. Il disastro innominato

La Corte ha affrontato il problema della coerenza con il principio di precisione dell’art. 434 c.p., che disciplina il disastro innominato.

L’articolo si colloca dopo una serie di disastri tipici tipizzati (frana, inondazione, naufragio ecc.), prevedendo che integri reato anche il fatto che causa un altro disastro, a condizione che determini pericolo per l’incolumità pubblica.

La Corte evidenzia:

  • da un lato che sicuramente l’espressione "altro disastro" è intrinsecamente elastica;
  • dall’altro che il legislatore ha bisogno di ricorrere ad espressioni elastiche.

Il legislatore infatti con una norma di chiusura dei reati contro l’incolumità pubblica, ha voluto evitare vuoti di tutela penale a fronte di una non tipizzabilità ex ante di tutte le ipotesi di disastro nella realtà materiale determinabili.

Ma questa necessità di ricorso all’elemento elastico è ancora una volta compatibile con il principio di precisione?

La Corte Costituzionale, nel condurre questa verifica, traccia le coordinate. Tre sono i passaggi fondamentali:

I) Enunciazione in negativo: occorre evitare di condurre questo riscontro di costituzionalità, di coerenza con il principio di precisione, soffermandosi sul solo vocabolo della norma incriminatrice che si connota per la sua elasticità.

Si sostiene cioè che se la verifica di costituzionalità si conducesse accertando che sia conforme al principio di precisione il termine “senza giustificato motivo, disastro” la verifica sarebbe sempre negativa, le norme quindi sarebbero sempre incostituzionali per contrasto con il principio di precisione.

Il problema non è verificare se il singolo elemento sia preciso o meno ma capire se la fattispecie incriminatrice, che contiene quell’elemento elastico, nella sua interezza considerata risponda o meno al principio di precisione.

II) Enunciazioni in positivooccorre condurre la verifica di costituzionalità guardando

  1. alla ratio sottesa alla incriminazione interamente considerata, e quindi del bene giuridico presidiato e della finalità perseguita dalla incriminazione;
  2. al più ampio contesto normativo nel quale la stessa fattispecie incriminatrice si inserisce
  3. quando, alla luce della finalità perseguita con incriminazione e alla luce della più ampio contesto normativa nel quale la norma incriminatrice è inclusa, è consentito al giudice sulla base di un’interpretazione controllabile, colmare quel deficit di precisione, che connota il singolo elemento, il problema di precisione non si pone.

Quando cioè le finalità dell’incriminazione e il più ampio contesto normativo forniscono al giudice elementi oggettivamente controllabili, idonei a superare la non precisione del singolo dato descrittivo, il principio di precisione non incontra alcun ostacolo.

Queste coordinate vengono applicate dalla Corte Costituzione:

1. Sent. n. 5/2004 con riferimento all’art. 14, comma 5 ter, del d.lgs. 286/98
È la sentenza sicuramente più importante perché individua per prima le coordinate ermeneutiche;

2. Sent. n. 327/2008 con riferimento all’art. 434 c.p. disastro innominato
È sicuramente la più attuale, sentenza che consente di accennare al disastro ambientale.

Secondo alcuni l’art. 434 c.p. presenta alcuni "deficit”, poichè la norma:

  • Non tipizza la condotta, ma utilizza solo un termine elastico “cagiona” (ma ci si chiede con quali modalità deve essere cagionato il disastro?);
  • Non tipizza l’evento, perché prevede che il reato consiste nel fatto di chi cagiona altro disastro senza che siano indicate le connotazioni strutturali del disastro integrante l’evento consumativo del reato;
  • Non è puntuale la condizione, che il legislatore richieda sussista perché appunto il reato possa venire in considerazione, e cioè che dal reato derivi un pericolo per l’incolumità pubblica.

Tuttavia l’analisi si è appuntata sulla coerenza con il principio di precisione dell’art. 434 c.p. nella parte in cui richiede quale evento consumativo del reato che la condotta abbia cagionato un altro disastro.

La Corte Costituzionale tuttavia ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità prospettatagli.

Il percorso ermeneutico della Corte si basava nel verificare la coerenza con il principio di precisione dell’altro disastro nel seguente ordine:

  1. occorre non soffermare l’attenzione isolatamente sull’elemento altro disastro, perché se così di operasse senza dubbio si concluderebbe per l’incostituzionalità della norma;
  2. occorre invece guardare all’intera fattispecie, avendo riguardo alle finalità dell’incriminazione ed al più ampio contesto normativo nel quale l’art. 434 c.p. si colloca. Questi elementi offrono al giudice dati oggettivamente controllabili utilizzando i quali è possibile colmare l’apparente imprecisione del singolo elemento.

Qual è la finalità dell’incriminazione? La finalità dell’incriminazione va individuata, tenendo conto che l’art. 434 c.p. si colloca tra i reati che presidiano il bene dell’incolumità pubblica, un bene che richiede per tanto una tutela rafforzata. Il legislatore, considerando il bene tutelato dell’incolumità pubblica, non ha voluto lasciare vuoti di tutela.

Qual è il contesto normativo? Il più ampio contesto normativo nel quale si inserisce l’art. 434 c.p. è dato da tutte le altre norme che precedono il 434 c.p. e che tipizzano gli altri disastri.

Questo più ampio contesto normativo è composto da norme che incriminano disastri tra loro differenti, ma che tuttavia presentano una omogeneità strutturale, che caratterizzano tutti i disastri tipici, ancorchè ciascuno abbia talune peculiarità autonome.

I dati comuni, l’omogeneità strutturale dei disastri tipici, sono due:

  1. Profilo dimensionale: la Corte sostiene, osservando il più ampio contesto normativo, che gli art. 431 ss c.p. tipizzano disastri diversi ma questi sono accumunati da un medesimo profilo dimensionale, consistente nella circostanza che si tratta di fatti distruttivi di proporzioni  straordinarie, non necessariamente immani ma quasi sempre immani, atti a produrre effetti dannosi, gravi ed estesi. Straordinarietà con riferimento al profilo dimensionale del disastro.
  2. Piano della proiezione offensiva: si tratta inoltre di fatti idonei a mettere in pericolo la vita e l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone.

La Corte, quindi, concluse sulla base di questo percorso interpretativo oggettivamente controllabile che il giudice può e deve colmare quella apparante imprecisione dell’art. 434 c.p., perché se è vero che il legislatore ivi non definisce il disastro è anche vero che un disastro non può non consistere in un fatto, diverso dai disastri tipici, ma che rispetto ad essi presenta gli stessi connotati strutturali, sotto il profilo dimensionale e sul piano della proiezione offensiva.

6. Disastro ambientale

In quegli anni tuttavia era già al vaglio della giurisprudenza la questione relativa perseguibilità penale dei fatti di disastro ambientale ed era già intervenuta la Corte Cost. con la sentenza Porto Marghera del 2006.

La Corte Costituzione (sent. "Porto Marghera" 4675/2006), non essendoci nell’ordinamento la tipizzazione del reato di disastro ambientale, ha sostenuto che il disastro ambientale dovesse ricondursi nell’art. 434 c.p., aggiungendo che per disastro ambientale si intende la contaminazione dei suoli, delle acque o dell’aria con sostanze pericolose per l’incolumità pubblica, anche, non con un'unica e straordinaria condotta, ma con più condotta reiterate, progressive e diluite nel tempo.

In molti casi di disastro ambientali, portati al vaglio dei giudici, le contaminazioni non erano l’effetto di un’unica condotta di carattere straordinario ma di condotte quotidiane diluite nel tempo reiterate (Es. diffusione delle polveri di amianto in giorni o anni).

Ampia parte della dottrina ha tuttavia criticato l’impostazione de quo, sostenendone l’incoerenza con i principi affermati nella sent. n. 347/2008 sempre dalla Corte Cost.

La dottrina ha osservato che ciò che salva dalla incoerenza con i principio di precisione l’art. 434 c.p. è la possibilità di colmare il suo deficit attingendo alla omogeneità strutturale degli altri disastri tipici (profilo dimensionale e piano della proiezione offensiva).

Viceversa la riconduzione del disastro ambientale nell’art. 434 c.p. rischia di ampliare la portata applicativa della norma oltre i limiti tracciati dalla Corte Costituzionale 372/2008, in quanto il disastro ambientale, almeno nell’elaborazione giurisprudenziale, si ha anche quando la contaminazione è il risultato, non di un unico fatto straordinario, ma anche di condotte reiterate e persistenti nel tempo.

7. Corte Cassazione 7941/2014 e 32170/2014 (caso Eternit e amianto)

Proprio per ovviare a queste critiche dottrinarie si è sviluppata una propensione a tipizzare il disastro ambientale.

Oggi il disastro ambientale non è più da ricondurre all’art. 434 c.p. ma è tipizzato dall’art. 452 quater c.p., come inserito dalla legge sugli illeciti ambientali, che introduce la fattispecie al di fuori dei reati contro l’incolumità pubblica ma in un apposito titolo dei reati contro l’ambiente.

L’art. 452 quater c.p. richiede tre ipotesi alternative perché il disastro ambientale possa dirsi integrato:

  1. Alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema;
  2. Quando l’alterazione dell’ecosistema non è irreversibile ma la sua riparazione ed eliminazione è particolarmente onerosa e realizzabile con provvedimenti eccezionali;
  3. Offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione dell’ecosistema o l’estensione dei suoi effetti o per il numero di persone danneggiate.

Ciò che è stato osservato è che la norma, nel pretendere alternativamente queste ipotesi, ha rotto il legame con il passato, quando il disastro ambientale ricondotto nell’art. 434 c.p. richiedeva l’offesa, sub specie di danno o di esposizione al pericolo, dell’incolumità pubblica.

Oggi invece l’offesa all’incolumità pubblica è una delle ipotesi alternativamente descritte di integrazione del disastro ambientale, potendo lo stesso essere integrato anche in ipotesi di alterazione dell’ecosistema non irreversibile ma rimediabile con grandi costi senza che alla stessa alterazione si accompagni l’offesa all’incolumità pubblica.

Ciò deriverebbe dal fatto che l'art. 452 quater c.p. si colloca (al di fuori dei reati contro l’incolumità pubblica) tra i reati contro l’ambiente tra i reati, incriminando i quali, si intende presidiare il bene dell’equilibrio dell’ecosistema, dell’ambiente.

 

Note e riferimenti bibliografici

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