Le linee guida dell´Autorità Nazionale Anticorruzione dopo le modifiche intervenute con il d.l. n. 32/2019
Modifica paginaIl presente lavoro si pone l´obiettivo di analizzare l´iter giuridico che ha portato alla modifica dell´assetto originario del d.lgs. n.50/2016, per quanto concerne il potere dell´ANAC di adottare linee guida, ad opera del d.l. n.32/2019. La problematica, in particolare, concerne l´effettiva portata di una riforma tesa a ridimensionare il ruolo delle linee guida, e ciò in ragione del difficile inquadramento giuridico delle stesse e degli effetti per le stazioni appaltanti. La riforma intervenuta nel 2019 sembra voler operare un ritorno al passato, sostituendo un sistema prettamente improntato alla flessibilità (c.d. soft law) con un assetto giuridico incentrato su fonte regolamentare (c.d. hard law).
Sommario: 1. Le linee guida quale esempio paradigmatico del potere regolatorio dell’Autorità nazionale Anticorruzione nel d.lgs. n.50/2016 e l'evoluzione storica: dalle direttive UE 2014 al parere n.855/2016 del Consiglio di Stato; 1.1 Le differenze tra linee guida in punto di sindacato del giudice amministrativo; 1.2 L'intervento del d.lgs. n. 56/2017; 2. Le modifiche intervenute con il d.l. n. 32 del 18 aprile 2019 c.d. Decreto Sblocca Cantieri; 3. La l. di conversione n. 55 del 2019: considerazioni conclusive.
1. Le linee guida quale esempio paradigmatico del potere regolatorio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione nel d.lgs. n. 50/2016 e l'evoluzione storica: dalle direttive UE 2014 al parere n.855/2016 del Consiglio di Stato
È ormai pacificamente riconosciuta l’assegnazione dei tradizionali poteri delle Autorità Amministrative Indipendenti all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ma ciò che ha destato le maggiori perplessità interpretative concerne le nuove funzioni attribuite a tale autorità dal recente codice degli appalti (d.lgs. n. 50 del 2016).
Tale ultimo atto costituisce il risultato, ad oggi, di un percorso evolutivo che ha portato quest' autorità ad assumere il ruolo di "autorità di regolazione" del settore dei contratti pubblici, oltre alla tradizionale veste di autorità di vigilanza.
Per giungere all’emanazione di tale normativa si deve considerare il percorso storico che risale alle direttive comunitarie n. 23, 24 e 25 del 2014 che, in materia di contratti di concessione e appalti pubblici, promuovono la lotta alla corruzione da perseguire attraverso procedure semplici e trasparenti[i], tant’è che la successiva delega n. 11 del 2016 ha imposto al Governo, quale canone cui attenersi nell’attuazione delle direttive, il divieto di "gold plating" [ii], ossia il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive (art. 1 co.1, lett.a), lett.d) cit.).
L'obiettivo cui tendeva il legislatore con la legge delega n. 11 del 2016 era di «conseguire una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni vigenti in materia di contratti pubblici», così come si evince dal disposto dell'art. 1 co. 1 lett. d L. delega, ovvero un «sistema attuativo più snello e flessibile rispetto al modello tradizionale del regolamento unico di esecuzione e attuazione»[iii].
Il parere n. 855 del 1° aprile 2016 del Consiglio di Stato, reso sullo schema del decreto legislativo (Commissione speciale sul Codice degli appalti pubblici), sottolinea come la legge delega ponga principi di portata assolutamente innovativa.
Da evidenziare è la tendenza alla predisposizione di un codice snello rispetto al quale, però, si è realizzato un ampliamento dei documenti attuativi, i quali assumono, in questo senso, una rilevanza importante, tant’è che lo stesso Consiglio di Stato ha sottolineato un «rischio di iper-regolamentazione, nonché di sconfinamento e sovrapposizione derivante dalla molteplicità degli atti attuativi previsti dal decreto legislativo[iv]».
Il decreto attuativo del 2016, per evitare di considerare squilibrato e sproporzionato l’accentramento di poteri, funzioni e competenze in capo all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha predisposto un "sistema di pesi e contrappesi" tra cui, ad esempio, l’istituzione della Cabina di regia, l’impugnabilità di tutti gli atti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, la cogestione di alcune tipologie di linee guida attraverso il potere di proposta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e la decisione finale del Ministro delle infrastrutture, previo parere delle Commissioni parlamentari[v].
A latere di quanto esposto in precedenza in tema di inquadramento sistematico di tale normativa, sin dall’inizio dell’emanazione del codice rimane latente la problematica in tema di ricostruzione dogmatica degli atti adottati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, quale Autorità amministrativa indipendente per antonomasia[vi].
Le linee guida appaiono, alla luce della disamina di cui in seguito, molteplici ed eterogenee tra loro[vii].
In tema di inquadramento di tali atti, secondo una ricostruzione quanto più possibile sistematica, si è espresso in primis il Consiglio di Stato con parere n. 855 del 2016.
Il Consiglio di Stato identifica tre diverse tipologie di linee guida: a) quelle adottate con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti su proposta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e previo parere delle commissioni parlamentari competenti; b) quelle adottate con delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione a carattere vincolante; c) quelle adottate con delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione a carattere non vincolante.
Nel successivo parere n. 782 del 2017 del Consiglio di Stato, poi, si analizzano, invece, sei distinte tipologie.
Di fatto in particolare, i giudici di Palazzo Spada chiariscono che «un ruolo importante è stato assegnato alle linee guida, che nella delega e nello schema iniziale del codice, erano riconducibili, con uno sforzo di ricostruzione esegetiva, a tre tipologie, che sono diventate sei nel testo finale del codice (vedasi, in particolare, art. 83 comma 1; art. 181 comma 4; art. 214 comma 12, codice)». Tali ultime disposizioni espressamente prevedono l'adozione di specifiche linee guida rispettivamente in materia di sistemi di qualificazione e documentazione dei criteri di selezione dei concorrenti, delle modalità di esplicazione dei sistemi di monitoraggio dell'amministrazione aggiudicatrice sull'operatore economico, nonché per assicurare uniforme applicazione ed interpretazione del codice.
L’analisi della natura giuridica di tali atti è inevitabilmente interconnessa con tutta la disamina in tema di natura e poteri delle Autorità amministrative indipendenti[viii].
Il Consiglio di Stato ha innanzitutto precisato, in ragione di una interpretazione letterale e testuale, che la stessa legge delega riconduce le linee guida, di cui all'art. 213 co. 2[ix] d.lgs. n. 50 del 2016, al genere degli atti di indirizzo e li qualifica come strumenti di regolazione flessibile[x].
Con riguardo alle linee guida ministeriali deve farsi riferimento all'art. 24 co. 2 d.lgs. 50 del 2016 in tema di requisiti dei progettisti delle amministrazioni aggiudicatrici e all'art. 111 d.lgs. cit., in materia di direttore dei lavori o di direttore dell’esecuzione. Per quanto concerne le linee guida interministeriali, invece, esempio tipico è all'art. 144 co. 5 d.lgs. cit. in materia di servizi di ristorazione.
Il Consiglio di Stato sottolinea i caratteri di innovatività, generalità e astrattezza delle disposizioni di tali linee guida e di conseguenza, indipendentemente dal nomen iuris e, in base ad un’analisi sostanzialistica della problematica, questi atti devono essere considerati regolamenti ministeriali ai sensi dell’art. 17 co. 3 l. 400 del 1988 con tutta la disciplina ad esse applicabile.
Con riguardo alle linee guida non approvate con decreto ministeriale, invece, il Consiglio di Stato scinde la problematica in relazione alla connotazione vincolante o meno di tali atti.
Per quanto attiene alle linee guida non vincolanti il Consiglio di Stato ritiene che queste non comportino problemi di qualificazione, atteso che rientrano pacificamente negli ordinari atti amministrativi e, quindi, come tali non vincolanti: il riferimento è all'art. 213 co. 2 d.lgs. 50/2016 e all'espressione "strumenti di regolazione flessibile".
Sono qualificabili, quindi, come atti amministrativi a carattere generale, distinguendosi dai regolamenti proprio in ragione dei succitati criteri sostanziali di astrattezza, generalità e innovatività (tipici degli atti normativi, ossia dei regolamenti).
L’atto amministrativo generale rimane applicazione concreta della legge ad una specifica fattispecie, e può considerarsi non astratto perché non è applicabile a casi infiniti, non generale perché i destinatari sono determinabili, e non innovativo perché non detta regole stabili, ma regole propedeutiche ad uno specifico aspetto.
Con riferimento alle linee guida vincolanti, invece, la problematica concerne il loro inquadramento quale regolamento (come le linee guida ministeriali) o come atto amministrativo (in questo caso atto generale, come per le linee guida non vincolanti).
Il punctum crucis della questione concerne la discrasia tra il nomen utilizzato dal legislatore "linee guida" e la portata asseritamente cogente dei contenuti, così come desunta dall'espressione "vincolanti".
Sin dalla previsione nel codice della locuzione “linee guida a carattere vincolante” sono sorte perplessità e criticità, alla luce del fatto che un tale tipo di atto rischia di mettere in crisi il sistema delle fonti[xi], essendo un tipo di atto caratterizzato da elementi di comunanza con regolamenti[xii].
Il Consiglio di Stato ripudia una ricostruzione prospettata in tema che tendeva al riconoscimento alle stesse di una sorta di «natura normativa extraordinem», alla luce di una difficile compatibilità ordinamentale e sistematica. Secondo il Consiglio di Stato è preferibile l’opzione interpretativa che combina la valenza certamente generale dei provvedimenti in questione con la natura del soggetto emanante (ANAC), che si configura a tutti gli effetti come un’Autorità amministrativa indipendente, con funzioni (anche) di regolazione. Pertanto, appare logico ricondurre le linee guida (e gli atti a esse assimilati) dell’ANAC alla categoria degli atti di regolazione delle Autorità indipendenti, che non sono regolamenti, in senso proprio, ma atti amministrativi generali[xiii]e, appunto, di regolazione[xiv].
Il Consiglio di Stato ripudia l’inquadramento sistematico che riconosceva alle linee guida vincolanti la qualificazione di "atti normatici atipici"[xv], alla luce della preoccupazione conservatrice di continuare a mantenere l’assetto tradizionale e, quasi, cristallizzato del sistema delle fonti.
Secondo il Consiglio di Stato, nel parere citato, le linee guida vincolanti approvate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione sono oggi la migliore espressione del c.d. potere di regolazione[xvi].
Tale ricostruzione conferma il disposto della legge delega all’art. 1 lett.t)[xvii] che parla di «strumenti di regolazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante[xviii]» e tale assimilazione consente di assicurare, anche per questi tipi di provvedimenti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, tutte le garanzie procedimentali che si esplicano in: 1) obbligo di sottoporre le delibere di regolazione ad una preventiva fase di consultazione, che garantisce trasparenza e partecipazione ai soggetti interessati e che amplia la fase di istruttoria ai fini di una migliore definizione dell’intervento regolatorio; 2) l’utilizzo di strumenti quali l’analisi di impatto della regolazione (AIR) e la verifica ex post dell’impatto della regolazione (VIR), per gli interventi di impatto significativo (come quanto già previsto per l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ex art. 8 co. 1 d.lgs. n. 163 del 2006; 3) l’adozione di tecniche di codificazione di delibere di regolazione tramite concentrazione in “testi unici integrati” di quelle sulla medesima materia (una buona prassi comune a diverse Autorità amministrative indipendenti), in modo tale da evitare il rischio di proliferazione di fonti che possano ledere la sistematicità e l’organicità dell’ordinamento di settore; 4) esigenze di pubblicità adeguate, come sul sito della stessa autorità e sulla gazzetta ufficiale che, pur non essendo richiesta per le autorità amministrative indipendenti, in questa sede appare opportuna in ragione della <trasversalità della materia dei contratti pubblici e della latitudine dell'ambito applicativo dei provvedimenti de quibus> [xix]; 5) il sostegno consultivo del parere del Consiglio di Stato, pur non essendo obbligatorio, ma che costituisce buona prassi anch’essa; 6) la giustiziabilità delle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione dinanzi al giudice amministrativo.
In realtà, anche, la ricostruzione della qualificazione delle linee guida vincolanti quali atti di regolazione emblematici è stata oggetto di critiche[xx].
Il potere di regolazione, cui l’emanazione delle linee guide vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione appare ricondursi, è potere tipicamente riconosciuto alle Autorità Indipendenti da norme poste a tutela del settore specifico degli interessi protetti dalla singola autorità.
Con riguardo alle linee guida vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, invece, il legislatore non ha delegato a tale organismo la regolamentazione di settori specifici caratterizzati da alto tasso di tecnicismo, ma si è affidata a questa autorità l’attuazione di specifiche discipline che riguardano porzioni di appalti, ossia un settore non propriamente circoscritto.
Avvalora tale tesi l’analisi puramente testuale delle linee guida emanate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, le quali non sono caratterizzate da alto tasso di tecnicismo e che, invece, si caratterizzano per essere atti che regolamentano gli aspetti più vari del sistema degli appalti pubblici.
Sembra che il potere di regolazione riconosciuto all’Autorità Nazionale Anticorruzione sia, in definitiva, molto più ampio del potere di regolazione generalmente riconosciuto alle Autorità Indipendenti, tant’è che l’Autorità Nazionale Anticorruzione interviene ad ampio raggio nei settori più disparati, dettando ab initio regole che la legge non prevede in maniera specifica[xxi].
Coloro che criticano l’accostamento delle linee guida vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ad espressione del potere di regolazione della stessa riconoscono a tali atti una valenza normativa a carattere regolamentare, essendo atti normativi a tutti gli effetti[xxii].
In definitiva, dalle argomentazioni espletate dal Consiglio di Stato si ricava una classificazione delle linee guida, vincolanti o meno, a seconda della capacità delle stesse di integrare la norma che espressamente le richiama. Trattasi di linee guida vincolanti qualora abbiano «valenza integrativa del precetto primario»[xxiii] oppure di linee guida non vincolanti, qualora abbiano «funzione meramente interpretativa dello stesso[xxiv]».
La natura delle linee guida, quindi, si desume in ragione di un criterio formalistico e delle specifiche disposizioni attributive del potere all'ANAC[xxv].
Al di là delle interpretazioni espletate in merito alla qualificazione giuridica di tale tipologia di atti, il decreto attuativo n. 50 del 2016 sembra essersi attenuto al parere del Consiglio di Stato in quanto sembrano eliminati riferimenti espressis verbis all’efficacia vincolante di tali tipi di atti.
1.1 Le differenze tra linee guida in punto di sindacato del giudice amministrativo
La qualificazione delle tre tipologie di linee guida, come evidenziate, ha riflessi, parallelamente, in tema di sindacato del giudice amministrativo sulle stesse.
In tema di linee guida approvate con decreto ministeriale (data la loro concorde qualificazione quali atti normativi), ciò comporta che il provvedimento a valle adottato in contrasto con le stesse risulti illegittimo per violazione di legge, entrando in tale concetto, anche, la violazione del regolamento. In ragione di ciò tale provvedimento a valle del procedimento va impugnato dinanzi al giudice amministrativo nei termini decadenziali prescritti dal c.p.a.
Per le linee guida non vincolanti, invece, il provvedimento a valle, non necessariamente, è atto illegittimo perché la pubblica amministrazione può autonomamente discostarsene, in linea teorica. Nella pratica, infatti, si è individuato motivo di rilevanza, in tema di impugnazione, il discostamento della pubblica amministrazione sotto il profilo di provvedimento illegittimo per eccesso di potere.
In questo caso, però, rileva la mera irragionevolezza del provvedimento della pubblica amministrazione che si discosta dalle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, in quanto non vincolanti a monte.
Il provvedimento a valle della pubblica amministrazione, che si discosta dalle linee guida non vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, è in definitiva valido ed efficace e si potrebbe configurare solo un carattere illegittimo del provvedimento per eccesso di potere, qualora le stazioni appaltanti si discostino dalle linee guida senza un'adeguata motivazione.
Alla luce di talii coordinate ermeneutiche si conferma l'impostazione che qualifica le linee guida non vincolanti quali atti riconducibili alla discussa categoria degli atti di soft law, la quale ricomprende strumenti «basati [...] sulla capacità persuasiva della razionalità delle condotte suggerite, piuttosto che sulla cogenza e sulla stabilità di un sistema dettagliatamente codificato»[xxvi].
In definitiva, non essendo atti vincolanti, le stazioni appaltanti destinatari delle linee guida non vincolanti se ne possono discostare purché con un'adeguata motivazione.
Per le linee guida vincolanti, infine, si ripropone la questione ab origine in tema di qualificazione delle stesse, in ragione del riflesso che tale classificazione ha in merito alle impugnazioni dei provvedimenti a valle dinanzi al giudice amministrativo. Se tali tipologie di linee guida sono considerate atto normativo emergono le stesse considerazioni fatte in merito alle linee guida approvate con decreto ministeriale, avendo le stesse conseguenze in tema di violazione; se le linee guida vincolanti sono, invece, considerate atto amministrativo generale, bisognerebbe considerare il contrasto del provvedimento a valle con la legge a monte che prevede la vincolatività dell’atto amministrativo generale che specifica il disposto della legge.
In sintesi, quindi, la violazione di una linea guida vincolante comporterebbe l'illegittimità dell'atto per violazione di legge, mentre le linee guida non vincolanti possono essere disattese purché in base ad un'adeguata motivazione, altrimenti si rischia la configurazione di un vizio di eccesso di potere.
Una differenza tra le tipologie di linee guida potrebbe evidenziarsi con riferimento al potere di disapplicazione del giudice amministrativo[xxvii].
Il giudice amministrativo tradizionalmente non può disapplicare l’atto amministrativo per due ordini di ragioni.
Un primo ordine di ragioni è di carattere normativo e letterale, in quanto il potere di disapplicazione del giudice amministrativo non esiste. L’unica norma che prevede il potere di disapplicazione è quella concernente il giudice ordinario (rif. artt. 5 e 6 legge di abolizione del contenzioso amministrativo, l.n. 2248/1865 Allegato E, poiché il giudice ordinario applica il provvedimento amministrativo conforme a legge, e a contrario si dice che il giudice ordinario disapplica il provvedimento amministrativo non conforme a legge).
La seconda ragione che spiega il potere di disapplicazione riconosciuto al giudice ordinario ha valore sistematico e logico, nel senso che al giudice amministrativo è logicamente e naturalmente preclusa la disapplicazione, in quanto il giudice ordinario non può annullare il provvedimento amministrativo come il giudice amministrativo: è per questo che è riconosciuto tale potere di carattere processuale e, cioè la disapplicazione del provvedimento contrastante con la legge.
Il giudice ordinario disapplica il provvedimento amministrativo e ciò vuol dire che non ne tiene conto, in quanto emana la sentenza come se il provvedimento amministrativo non esistesse. Il potere di disapplicazione è, infatti, un potere di natura processuale e non sostanziale che attiene al singolo processo (giudizio) e non comporta alcuna caducazione del provvedimento in quanto, se si vuol caducare, quest’ultimo deve essere impugnato innanzi al giudice amministrativo.
Ci si chiede se il giudice amministrativo possa disapplicare i regolamenti rispetto ai quali possono essere considerati equivalenti le linee guida approvate con decreto ministeriale e le linee guida vincolanti se ritenute tali.
In concreto, infatti, potrebbe palesarsi un corto circuito.
Il provvedimento amministrativo impugnato a valle si pone in un determinato rapporto con l’atto normativo a monte. In primis ci si chiede se con riguardo al regolamento possano operano i termini decadenziali tipici dedicati al provvedimento amministrativo. Ciò è da escludere, in quanto il regolamento è atto normativo e il giudice nella gerarchia delle fonti deve verificare se il provvedimento è conforme a legge in ossequio al principio della gerarchia delle fonti e alla prevalenza della legge (fonte primaria) sul regolamento (fonte secondaria). Il giudice amministrativo deve sempre poter valutare il rispetto della gerarchia delle fonti e della legge.
La giurisprudenza proprio in ragione di ciò ritiene che al giudice amministrativo sia consentita la disapplicazione del regolamento contrastante con la legge, al solo fine di ripristinare e rispettare la gerarchia delle fonti[xxviii]. Il problema della disapplicazione del giudice amministrativo è ammesso con riguardo alla giurisdizione esclusiva e diritti soggettivi ed è ammesso con riguardo agli atti normativi, in quanto vige il principio della gerarchia delle fonti ed è in ragione di ciò che il regolamento può essere considerato efficace solo se conforme alla legge superiore.
La disapplicazione presuppone sempre il carattere vincolante[xxix]dell’atto in quanto lo si disinnesca e neutralizza. Se si considerano le linee guida quali atti amministrativi generali, queste non possono essere disapplicate. Ecco perché sembra che sotto questo tipo di argomentazione sia più valida la ricostruzione delle linee guida quali atti normativi.
In considerazione della tripartizione delle linee guida evidenziata in precedenza, in sintesi, certamente possono essere oggetto di disapplicazione quelle approvate con decreto ministeriale, attesa la loro natura regolamentare.
Non potrebbero essere oggetto di disapplicazione, invece, le linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione non vincolanti, essendo pacifica la loro natura amministrativa.
Dubbi permangono sulle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione a carattere vincolante, la cui soluzione dipende dalla teoria che si accoglie sulla loro natura giuridica.
A latere della qualificazione giuridica, le linee guida vincolanti afferiscono ad un potere regolatorio suscettibile di sindacato giurisdizionale, in quanto le scelte regolatorie, pur essendo tecniche, non possono giustificare «un indebolimento del sindacato giurisdizionale che, anzi, in questi casi deve essere particolarmente approfondito, specie sotto il profilo dell'attendibilità, della ragionevolezza e dell'adeguata motivazione, proprio al fine di evitare che l'utilizzo della tecnica possa giustificare una forma di arbitrio nell'esercizio della regolazione»[xxx].
In definitiva, non può non tenersi conto della necessità palesata dagli interpreti per cui si renderebbe necessario «tentare di elaborare una nuova teoria generale delle fonti degli obblighi delle stazioni appaltanti in materia di contratti pubblici nella quale incasellare anche i predetti strumenti di regolazione flessibile»[xxxi], così da evitare che i soggetti interessati in tale materia possano non potersi orientare in maniera cosciente nel tecnicismo e nella "iper-normazione" che caratterizza tale ambito. Il rischio è che, invece di tendere alla semplificazione del sistema, tale normativa abbia creato non poche problematiche in termini di attuazione pratica della stessa, tant’è che sembra necessario comprendere «se il destinatario dell’atto di regolazione possa discostarsi o meno dalle indicazioni ivi contenute e, in caso positivo, di verificare a quali condizioni possa discostarsene e quali siano le conseguenze di un eventuale scostamento»[xxxii].
Sembra doversi ritenere che «l’eliminazione di tutti i riferimenti espressi alla efficacia vincolante delle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione all’interno del decreto attuativo non sia indice della volontà del legislatore di negare radicalmente tale efficacia vincolante, bensì della volontà di rimettere all’interprete il delicato compito di precisarne i limiti, che vanno ricostruiti facendo applicazione del principio secondo il quale l’organo posto al vertice di organizzazione complessa dispone quantomeno di un potere di direttiva nei confronti degli altri organi che fanno parte dell’organizzazione stessa»[xxxiii].
1.2 L'intervento del d.lgs. n. 56 del 2017
Con il d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56, il legislatore ha aderito a quanto suggerito dal Consiglio di Stato al parere n. 855 del 2016 e con il successivo parere n.782 del 2017 e ha disposto che siano adottati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, previa proposta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e previo parere delle competenti commissioni parlamentari, gli atti di regolazione relativi alla qualificazione degli operatori economici negli appalti dei lavori nei settori ordinari (rif. art. 83 co. 2 d.lgs. n. 50 del 2016) e alla qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici (rif. art. 84 co. 2 e 8 d.lgs. n. 50 del 2016).
Altra correzione, attuata dal d.lgs. citato, ha avuto ad oggetto l'inserimento del co. 17 bis all'art. 213 codice appalti, nell'ottica di valorizzare la natura sostanzialmente normativa degli atti di regolazione flessibile, ossia l'applicazione del principio di irretroattività delle norme giuridiche, in quanto "l'ANAC indica negli strumenti di regolazione flessibile, di cui al comma 2 e negli ulteriori atti previsti dal presente codice, la data in cui gli stessi acquistano efficacia, che di regola coincide con il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e che (...) non può comunque essere anteriore al giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana"[xxxiv].
In attuazione delle previsioni legislative, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha già emanato delle linee guida, tra cui: a) linee guida n. 1 del 2016 sui servizi di architettura e di ingegneria; b) linee guida n. 2 del 2016 sull’offerta economicamente più vantaggiosa; c) linee guida n. 3 del 2016 sul responsabile unico del procedimento; d) linee guida n. 4 del 2016 in materia di procedure di affidamenti dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria; e) linee guida n. 5 del 2016 relative ai criteri di scelta dei commissari di gara e all’iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni aggiudicatrici; f) linee guida n. 6 del 2016 sull’indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possono considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80 co. 5 lett. c) del codice; g) linee guida n. 7 del 2017 per l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house.
2. Le modifiche intervenute con il d.l. n. 32 del 18 aprile 2019 c.d. Decreto Sblocca Cantieri.
Con tale decreto si è voluto realizzare una sorta di c.d. "ritorno al passato" per ovviare la problematica della natura giuridica delle linee guida vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, superando il sistema del c.d. "soft law"[xxxv] a favore dell’attuazione di un Regolamento Unico Appalti.
Si tratta di una modifica volta a soddisfare esigenze di maggiore certezza e prevedibilità nelle gare pubbliche evidenziate, soprattutto, dalle critiche mosse dagli operatori economici coinvolti nelle procedure disciplinate dal codice degli appalti[xxxvi].
Il decreto-legge, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici", era già stato approvato dal Governo il 20 marzo 2019 ed è stato nuovamente approvato con modifiche nel Consiglio dei ministri del 18 aprile successivo.
Nel d.l. n.32/2019 è previsto che un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sostituisca le linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione in una serie di materie previste dal codice, da adottare entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge.
Tale decreto conterrà un regolamento unico recante le disposizioni attuative ed esecutive del codice appalti, le medesime linee guida, e i decreti attuativi già adottati in esecuzione del codice appalti.
Dalla stesura definitiva del provvedimento è scomparso il limite di 180 giorni per la validità delle linee guida, ciò in ragione del fatto che tale limite difficilmente sarebbe stato rispettato ai fini dell'adozione dle regolamento unico appalti. Tale riflessione trova riscontro sin dal precedente regolamento unico appalti, il d.p.r. n. 207/2010, adottato 4 anni dopo il codice degli appalti d.lgs. 163 del 2006, in quanto si tratta di un provvedimento la cui procedura di adozione risulta piuttosto complessa.
Le linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione appaiono, alla luce di ciò, superate dal c.d. Decreto Sblocca Cantieri.
Il nuovo art. 216 del codice appalti, modificato dal decreto suddetto, al comma 27-octies, ora prevede che "Nelle more dell’adozione, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettere a) e b) , della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice, le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2, e 150, comma 2, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma".
D’altro canto, invece, il Decreto Sblocca-Cantieri non dispone nulla in materia del potere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di predisporre le linee guida non vincolanti, e ciò allo scopo di garantire «la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche» (art. 213 co. 2 codice appalti). Invariato rimane, quindi, il potere dell'Autorità nazionale anticorruzione di intervenire, tramite l'adozione di linee guida non vincolanti, in ambiti rilevanti della materia dei contratti pubblici.
Nel rendere il proprio parere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge la Corte dei conti evidenzia aspetti positivi di tali modifiche, in particolar modo approva la concentrazione in un unico testo regolamentare di tutte le disposizioni attuative del codice così da garantire maggiore chiarezza e omogeneità delle regole agli operatori e agli interpreti.
La tensione di fondo che continua a palesarsi concerne, da un lato, la necessità di garantire flessibilità e adattamento delle regole al caso concreto e, dall’altro lato, evitare il rischio di generare incertezza[xxxvii] rispetto alla portata prescrittiva o meno delle regole stesse.
Emerge, in sintesi, una esigenza di certezza e stabilità delle situazioni giuridiche coinvolte in tale materia, ed è per tali motivi che si auspica la tempestiva adozione del citato regolamento.
Sul carattere non vincolante delle linee guida così come desunte dalla disposizione generale di cui all’art. 213 co. 2 d.lgs. n.50 del 2016 si è nuovamente espresso il Cons. Stato Sez. Vi sent. n. 7805 del 13.11.2019 la quale ha considerato le Linee Guida n.2 (ossia quelle relative all’offerta economicamente più vantaggiosa) non idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.
Esse, secondo la giurisprudenza amministrativa, «lungi dall’essere regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di regolazione flessibile>, in tal senso conformandosi al parere del Cons. Stato 2016 secondo cui le linee guida non vincolanti <hanno una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti».
3. La l. di conversione n. 55 del 2019: considerazioni conclusive
Con la l. di conversione n. 55 del 2019 si è ulteriormente modificato l’art. 216 co. 27 octies d.lgs.n.50/2016 secondo cui «nelle more dell’adozione di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice, le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni (…) rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento (…) a decorrere dalla entrata in vigore del regolamento cessano di avere efficacia le linee guida di cui all’art. 213 co. 2 vertenti sulle materie indicate (…)».
Da tale disposizione si evince un ridimensionamento delle linee guida non vincolanti a favore dell’adozione di un regolamento unico, cui è connessa la perdita di efficacia delle linee guida di cui all’art. 213 co. 2 d.lgs. n.50 del 2016.
L’art. 216 co. 27 octies cit. non investe la titolarità delle norme del codice dei contratti pubblici il cui contenuto precettivo può essere integrato o attuato dall’ANAC con linee guida vincolanti, tra cui es. sono art. 80 co. 2; art. 110 co. 6 e art. 181 co.4.
Dalla lettura sistematica della norma, quindi, si evince che l’adozione delle linee guida vincolanti è limitata alle residue ipotesi in cui le norme del d.lgs. n.50 del 2016 espressamente rinviino all’apporto attuativo o integrativo dell’ANAC; altresì, resta salva la facoltà di suggerire prassi applicative attraverso strumenti di regolazione flessibile non muniti di efficacia obbligatoria, in specie le linee guida non vincolanti.
In definitiva, quindi, la sostituzione delle linee guida vincolanti con un regolamento unico è intervento circoscritto a determinate materie specificamente indicate all’art. 216 co. 27 octies d.lgs. n.50/2016, non assurgendo a modifiche generalizzate di disciplina.
L’intento del d.l. Sblocca Cantieri tendeva a lasciare intatto il sistema delle linee guida non vincolanti, quali atti di indirizzo cui le stazioni appaltanti avrebbero dovuto uniformarsi pena illegittimità per eccesso di potere dei rispettivi atti di esecuzione delle stesse, e promuoveva la sostituzione delle linee guida vincolanti con un regolamento unico.
In realtà l’intervento è stato attuato in maniera circoscritta a determinati ambiti, lasciando così all’ANAC il potere di intervenire con atti di natura integrativa del precetto sulla base di altre disposizioni dello stesso codice degli appalti.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche non può non evidenziarsi come tale riforma sia stata tradotta in termini poco incisivi.
L'intentio legis era chiaramente di tornare ad un sistema fondato sulla c.d. hard law, e quindi atti regolamentari, in maniera tale da garantire maggiore certezza del diritto agli operatori economici coinvolti nel sistema dei contratti pubblici. D'altro canto, però, la resa in concreto della modifica non risulta efficace in quanto la sostituzione delle linee guida vincolanti con il regolamento unico risulta opzione limitata a determinate ipotesi, lasciando intatte le altre fonti di soft law rinvenibili nel codice.
Sullo sfondo di tali considerazioni si palesa la necessità di contemperare, da un lato, l'esigenza di garantire la certezza del diritto tipica degli atti di hard law e, dall'altro, l'interesse alla flessibilità del sistema assicurato dalle fonti di soft law.
La modifica legislativa realizzata in tal modo ha creato, in realtà, un problema di coordinamento tra le fonti concorrenti in materia che, ancora una volta, spetta ai singoli soggetti coinvolti risolvere.
[i] Sin dalle prime osservazioni M. D'ARIENZO, I poteri di intervento dell'ANAC nella fase precontenziosa: criticità e prospettive alla luce della recente revisione dell'art. 211 del d.lgs. 50 del 2016, in Diritto e processo amministrativo, 2/2018, 550, criticò questo approccio ad un meccanismo di soft law in quanto «potrebbe rivelarsi meno efficace ed efficiente rispetto alle aspettative, soprattutto se confrontato con l'esperienza di altri paesi dell'UE». Tale considerazione si inserisce in una valutazione del contesto ordinamentale interno, ossequioso del rispetto del principio di legalità formale e della gerarchia delle fonti tradizionalmente intesa, a differenza degli ordinamenti sovranazionali maggiormente improntati ad una logica di legalità sostanziale e di atipicità delle fonti.
[ii] Critico in tema di divieto di gold plating M. GNES, Il divieto di "gold plating" nella legge delega sugli appalti pubblici, in www.quotidianogiuridico.it, 23 marzo 2016, secondo cui «la riduzione delle regole e l'ampliamento della discrezionalità dell'amministrazione non costituisce sempre e necessariamente la soluzione per la migliore regolazione della materia, [dovendosi preferire] l'aumento di regole chiare».
[iii] Cfr. M. BALLORIANI, Il nuovo ruolo dell'Anac, in Il nuovo codice degli appalti - Italia oggi, 2016, 45, secondo cui la scelta del legislatore è stata di fare dell'ANAC «il fulcro dell'opzione del Governo in favore di una regolamentazione flessibile in luogo dell'adozione di un regolamento di esecuzione come il previgente d.p.r. 207 del 2010». v. F. GIUFFRE', Le autorità indipendenti nel panorama evolutivo dello Stato di diritto: il caso dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, in federalismi.it, 28 dicembre 2016, secondo cui «la concentrazione di competenze e funzioni (...) costituisce espressione di un disegno razionale, volta ad assicurare una policy del sistema amministrato con caratteristiche di organicità, competenza, partecipazione dei soggetti portatori di interessi qualificati e flessibilità, vale a dire capacità di rapido adattamento della disciplina regolatoria ai mutamenti del contesto di riferimento».
[iv] Ciò secondo N. LONGOBARDI, Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico – istituzionale, Giappichelli editore, Torino, 2004
[v] In tal senso R. GAROFOLI – G. FERRARI, La nuova disciplina dei contratti pubblici dopo il correttivo approvato con d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56, edizione 2017/2018, Nel Diritto editore, che richiamano R. DE NICTOLIS, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. E App. 2016, 5, 543.
[vi] Critico su tale qualificazione N. LONGOBARDI, L'autorità nazionale anticorruzione e la nuova normativa sui contratti pubblici, relazione al Convegno su "Codice 50, atto secondo", organizzato dall'IGI, Roma, 14 giugno 2016, secondo cui la qualifica dell'ANAC quale autorità nazionale anticorruzione è stata data quasi per scontato.
[vii] Cfr. C. CONTESSA, Dalla legge delega al nuovo Codice: opportunità e profili di criticità, 8, in www.giustizia-amministrativa.it, 2016, secondo cui, alla luce di quanto attribuito all’Autorità Nazionale Anticorruzione in termini di compiti e funzioni, ad oggi quest’organismo «viene ad assommare una congerie di compiti, funzioni e facoltà di tale latitudine d farne un unicum nell’ambito del (peraltro già variegato) panorama nazionale delle Autorità amministrative indipendenti». Cfr. E. BUCALO , Autorità indipendenti e soft law, forme, contenuti, limiti e tutele, Giappichelli Editore, 2018, 85, secondo cui, come il riconoscimento alle Autorità di sempre maggiori spazi di autonomia e indipendenza ha dato loro ampia operatività in ambiti riservati alle tradizionali pubbliche amministrazioni, allo stesso modo ciò vale per gli atti che esse adottano, i quali riducono gli spazi di esercizio del potere delle pubbliche amministrazioni stesse, le difficoltà riscontrate nella definizione dei loro caratteri tipici e della loro ricostruzione sistematica si riflette anche sulla loro funzione normativa, il cui dato fondamentale può essere individuato nella eterogeneità. Cfr. altresì SORRENTINO, Il sistema delle fonti nel diritto amministrativo, in Le fonti del diritto amministrativo, Annuario AIPDA 2015, Napoli, 2016, II, il quale critica la tendenza a sostituire la normazione primaria e secondaria (leggi e regolamenti) con generici strumenti di regolazione flessibile (linee guida), per i rischi di "offuscamento del principio di legalità" dell'azione amministrativa; v. MORBIDELLI, Linee guida dell'Anac: comandi o consigli? in dir.amm., 3/2016, 280, il quale sottolinea il ricorso sempre più frequente alle linee guida, caratterizzate da "polisemanticità" e "polimorfismo", in quanto con tale termine non si indica una categoria dogmatica tradizionalmente intesa ma una mera "etichetta di contenitori diversi".
[viii] In realtà la qualificazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione quale Autorità Amministrativa Indipendente è manchevole di espresso riconoscimento, atteso che secondo N. LONGOBARDI, L’Autorità Nazionale Anticorruzione e la nuova normativa sui contratti pubblici, Relazione al Convegno su “Codice 50, atto secondo” organizzato dall’IGI svoltosi a Roma il 14 giugno 2016, il riconoscimento in tal senso è stato dato per scontato; Cfr. M.E. BUCALO, Autorità Indipendenti e soft law, forme, contenuti, limiti e tutele, Giappichelli editore, 2018, 44, le autorità amministrative indipendenti sono un «un fenomeno di difficile definizione a causa della eterogeneità che caratterizza non solo l’istituzione, la nomina, e le funzioni, ma anche le tipologie di atti emessi» nell’esercizio delle potestà loro attribuite.
[ix] Sul punto cfr. M. DELLE FOGLIE, Verso un "nuovo" sistema delle fonti? Il caso delle linee guida ANAC in materia di contratti pubblici, in www.giustiziaamm.it, 6/2016, 7, la quale richiama la Commissione lavori pubblici del Senato (seduta n. 277 del 7 aprile 2016) che in merito all'art. 213 co. 2 codice rilevava "l'opportunità, per un verso, di normare espressamente le diverse tipologie di linee guida e la loro efficacia giuridica (tipizzandola con precisione e specificando gli oggetti su cui debbono o possono intervenire), e per altro verso evidenziava l'opportunità di estendere la fattispecie in ui debbono avere efficacia vincolante, atteso che esse contribuivano ad integrare, unitamente alle disposizioni contenute nel codice dei contratti pubblici, la lex specialis della procedura ad evidenza pubblica".
[x] Secondo F. GIUFFRE’, Le autorità amministrative indipendenti nel panorama evolutivo dello Stato di diritto: il caso dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, in federalismi.it, riv.dir.pubb.it.comp.eu, 28.12.2016, per flessibilità si intende «capacità di rapido adattamento della disciplina regolatoria ai mutamenti del contesto di riferimento».
[xi] Sulla espressione "linee guida vincolanti", E. OLIVITO, In bilico tra gubernaculum e iurisdictio, osservazioni costituzionalmente orientate sull'autorità nazionale anticorruzione e sui suoi poteri regolatori, in costituzionalismo.it, n.3/2018, 49, considera un "azzardato ossimoro giuridico".
[xii] Cfr. V. NERI, Disapplicazione delle linee guida ANAC e rilevanza penale della loro violazione, in Urb. app., n.2/2018, 148, «[…] esistono buoni argomenti per inquadrare le linee guida vincolanti tra gli atti soggettivamente amministrativi e oggettivamente normativi e, per tale via, assimilarli ai regolamenti. Nella consapevolezza che il deficit di democraticità dell’ANAC è certamente elemento ostativo ad una piena equiparazione delle linee guida vincolanti ai regolamenti […]».
[xiii] Secondo C. DEODATO, Le linee guida dell’ANAC: una nuova fonte del diritto?, in www.giustizia-amministrativa.it, le linee guida non vincolanti sono «da valersi quali atti amministrativi generali al pari di circolari contenenti istruzioni operative sull’applicazione della normativa di riferimento».
[xiv] Cfr. N. PARISI– M.L. CHIMENTI., Il ruolo dell’ANAC nella prevenzione della corruzione in materia di appalti pubblici, in dir.comm.int, 2015, n.2, 430, secondo il quale il potere regolatorio si realizza «mediante la posizione in via preventiva di regole di condotta di norma non vincolanti».
[xv] In tema v. MERUSI, I sentieri interrotti della legalità, in quaderni costituzionali 2/2006, 275 e ss., secondo cui a contrapposizione tra regolazione atipica e paralegislativa delle Autorità Amministrative Indipendenti costituisce esempio di c.d. decostruttivismo, ossia di definizione di istituti e di discipline amministrative che non tengono conto del fondamento ontologico necessario rappresentato dal principio di legalità; V. E. MOSTACCIA, La soft law nel sistema delle fonti: uno studio comparato, Padova 2008, 27, con riferimento agli atti di soft law parla di "fonti atipiche".
[xvi] Cfr. La questione circa la natura degli atti delle autorità amministrative indipendenti si intreccia con la diatriba in merito alla natura giuridica dell’autorità stessa, atteso che «lo studio del potere regolamentare delle autorità amministrative indipendenti (…) si intreccia con la lettura che si intenda dare a tale figura amministrativa», in tal senso N. LONGOBARDI, Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico – istituzionale, op. cit., 208. Sulla difficoltà di definire lo stesso potere di regolazione v. N. PARISI - M.L. CHIMENTI, Il ruolo dell'ANAC nella prevenzione della corruzione in materia di appalti pubblici, in Dir.comm.it, 2/2015, 430, secondo cui la funzione di regolazione «può essere descritta come una funzione oggettivamente complessa, contraddistinta dalla confluenza in capo al soggetto regolatore di una pluralità di poteri (...) suggerendo un'interpretazione di tipo sistematico ed operativo del potere regolatorio, può affermarsi che quest'ultimo» si realizzi «mediante la posizione in via preventiva di regole di condotta di norma vincolanti, contenute in atti sia normativi che para - normativi».
[xvii] Tale disposizione riconduce le linee guida al genere degli “atti di indirizzo” e li qualifica come “strumenti di regolazione flessibile”. In tal senso C. DEODATO, Le linee guida dell’ANAC: una nuova fonte del diritto?, www.giustiziaamministrativa.it, n.4/2016, richiama il fenomeno della soft law il quale «postula logicamente (come segnalato, peraltro, dall’uso dell’aggettivo “soft”) l’assenza di vincolatività (viceversa prodotta solo dalla hard law) della regola di cui si tratta […] il cui rispetto viene sostanzialmente rimesso all’adesione volontaria (anche per effetto della moral suasion o dissuasion operata, ad esempio, dalle autorità indipendenti) dei soggetti coinvolti nella sua sfera di operatività».
[xviii] Cfr. L. TORCHIA, La regolazione del mercato dei contratti pubblici, in Riv. Reg., mercati, n. 2/2016, 74: «gli atti definiti dal codice come atti di regolamentazione flessibile a carattere vincolante possono essere ricondotti allora alla categoria degli atti di regolazione delle autorità indipendenti: una categoria di atti ormai sufficientemente definita dalle norme, dall’esperienza, last but not least, dalla giurisprudenza, per poterne trarre alcuni tratti caratteristici, come la sottoposizione a procedure di consultazione, la necessità di analisi di impatto, la sindacabilità».
[xix] In questi termini R. GAROFOLI – G. FERRARI, La nuova disciplina dei contratti pubblici, op. cit., 153.
[xx] V. la critica all'inquadramento delle linee guida vincolanti quali atti di regolazione (rectius amministrativi generali), F. CIONTOLI, Il sindacato del giudice amministrativo sulle linee guida, su pareri del c.d. precontenzioso e sulle raccomandazioni di ANAC, dir. proc. amm., 2/2017, 381 e ss., secondo cui «le linee guida vincolanti sono dei regolamenti e non degli atti di regolazione da essi distinguibili. Esse sono destinate a contenere regole generali e astratte e soprattutto hanno la funzione di disciplinare la materia in oggetto, sostituendosi, già nell'intento originario del legislatore, ad altrettanti atti regolamentari ed assumendo così innegabile funzione innovativa nell'ordinamento». Si veda, anche, R. DE NICTOLIS, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. e app. 5/2016, 513, secondo cui le linee guida vincolanti «in alcune materie, per la generalità e l'astrattezza dei contenuti, assurgono a veri e propri regolamenti in senso sostanziale, anche se non ne hanno il nome».
[xxi].V. sul punto parere Cons. Stato Commissione speciale 3 novembre 2016 n. 2284 secondo cui «è anche profondamente mutato il ruolo delle stesse linee guida delll'ANAC, in un contesto in cui non è più previsto lo strumento del regolamento generale di esecuzione e attuazione del codice, e le linee guida possono, a seconda dei casi, assumere una portata normativa vera e propria, o una portata regolatoria di soft law».
[xxii] Cfr. V. CERULLI IRELLI, I poteri normativi delle Autorità amministrative indipendenti, Cap. IV del volume Astrid a cura di M. D’ALBERTI e A. PAJNO, Arbitri dei mercati, il mulino editore, 2010, secondo cui «gli atti di regolazione delle autorità amministrative indipendenti, a contenuto generale e astratto, cogenti nelle loro disposizioni nei confronti di operatori e utenti del settore di competenza» hanno natura di atti sostanzialmente normativi.
[xxiii] Cfr. parere Cons. di Stato sulle linee guida n.5 recanti "Criteri di scelta dei Commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell'Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle Commissioni giudicatrici".
[xxiv] Si confronti Parere n. 1767/2016 par. 3 Cons. Stato.
[xxv] Si veda sul punto M. RAMAJOLI, Pretesa precettiva e flessibilità delle linee guida ANAC, in F. LIGUORI - S. TUCCILLO (a cura di), Contratti pubblici, trasformazioni e problemi, Editoriale Scientifica, 2017, Napoli, 79 - 92, secondo cui, non essendovi una disciplina generale delle linee guida nel codice, bisogna guardare all'impostazione c.d. "atomistica" dello stesso, ovverosia "gli effetti vincolanti o meno di ciascuna linea guida devono essere ricavati interpretativamente dalle disposizioni specifiche che la prevede".
[xxvi] In questi termini S. VALAGUZZA, La regolazione strategica dell'Autorità nazionale anticorruzione, in Rivista della regolazione dei mercati, 1/2016, 9 e ss.
[xxvii] Cfr. M. SANTISE, Coordinate di diritto amministrativo, IV edizione, Giappichelli editore, 2018, 38.
[xxviii] Riepiloga in modo efficace l’orientamento della giurisprudenza amministrativa sul potere di disapplicazione del regolamento da parte del giudice amministrativo nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità Cons. St., IV, 16 febbraio 2012, n. 812, così concludendo: «l'orientamento ormai prevalente che ammette la disapplicazione dei regolamenti non ritualmente impugnati risulta, in particolare, fondato sul rilievo della natura sostanzialmente normativa del regolamento e sulla necessità, in caso di contrasto tra norme di rango diverso, di garantire il rispetto della gerarchia delle fonti e di accordare, quindi, prevalenza a quella di rango superiore (e cioè alla legge o ad altro atto di normazione primaria). Si è così superata la risalente posizione volta a sopravvalutare il carattere formale dei regolamenti, intesi quali atti amministrativi, privilegiando viceversa la loro natura normativa e il ruolo che essi svolgono nel complessivo quadro normativo nel quale il giudice è chiamato a decidere la controversia».
[xxix] Cfr. Cons. St., V, 10 gennaio 2003, n. 35: «va esclusa [...] la disapplicazione di provvedimenti di provvedimenti amministrativi non ritualmente impugnati che, ancorchè connotati da una valenza generale, risultano privi di valenza normativa»; Cons. St., V, 4 febbraio 2004, n. 367 «nel giudizio amministrativo, la disapplicazione è ammessa nei soli riguardi di atti aventi valenza normativa (come i regolamenti) o nelle controversie di giurisdizione esclusiva, purché, in concreto, afferenti a posizioni di diritto». Anche nella decisione del Cons. St., IV, n. 1124 del 2006 si ricorda che, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità «non è consentita al giudice amministrativo la disapplicazione incidenter tantum di un atto non avente natura normativa».
[xxx] In questi termini sentenza n. 162/2016 VI Sez. Cons. Stato trattando della regolazione delle tariffe della distribuzione del gas da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
[xxxi] In questi termini secondo R. GAROFOLI – G. FERRARI, op. cit., 168. V. sul punto C. DEODATO, Le linee guida dell'ANAC: una nuova fonte del diritto? in giustiziaamm.it, 2016, secondo cui la catalogazione delle fonti di produzione di norme giuridiche «è entrata in conflitto per effetto delle sollecitazioni dell'economia globalizzata, che esige una regolazione più flessibile, veloce e meno formale».
[xxxii] V. op. ult. cit. R. GAROFOLI - G FERRARI.
[xxxiii] ibidem. Cfr. F. FRANCARIO, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici, in Antidoti alla cattiva amministrazione: una sfida per le riforme, 98, Annuario AIPDA 2016 Napoli, Editoriale scientifica, 2017, 112, secondo cui si è costruito un sistema in cui «gli operatori economici e gli aspiranti contraenti delle pubbliche amministrazioni: a) subiscono autoritativamente una normazione, b) che un'autorità amministrativa pone in essere e può continuamente cambiare, c) senza le garanzie tipiche della normazione autoritativa».
[xxxiv] Con riferimento all'art. 213 co. 17 d.lgs. 50 del 2016 si è espresso G.A. Giuffrè, Le "nuove" dimensioni del regolamento, il caso delle linee guida ANAC, federalismi.it, 2/2017, 9, secondo cui «la giurisprudenza ha finito in alcuni casi per attribuire alle indicazioni e ai suggerimenti di rilettura e addirittura di sviluppo del sistema normativo primario proposte dall'ANAC una impropria valenza di interpretazione "ultra legem", con effetto retroattivo anche in "malam partem" per gli operatori economici, con buona pace dei principi di legalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento».
[xxxv] Cfr. M. CLARICH, La funzione di regolazione e le fonti del diritto, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2013, 87. Per l’Autore, gli atti di soft law sono accomunati dal carattere essenzialmente non vincolante delle regole che con essi vengono poste. Contrapponendosi alla c.d. hard law, che designa l’insieme delle fonti del diritto tradizionalmente intese, «la soft law mette in discussione il principio di tipicità delle fonti degli atti amministrativi con valenza regolatoria che costituisce un’esplicazione del principio di legalità»; G. MORBIDELLI, Linee guida dell’Anac: comandi o consigli?, dir.amm., 2016, fasc. 3, 273. Per l’Autore, la categoria della soft law «appartiene a una sorta di nouvelle vague del diritto e […] si caratterizza per l'estrema latitudine di impiego e dunque di significati»; secondo il termine di soft law può essere utilizzato per indicare la “flessibilità” tipica degli atti di regolazione. Ancora E. MOSTACCI, La soft law nel sistema delle fonti: uno studio comparato, Padova, 2008, 1, afferma che con l’espressione soft law non si «allude ad un concetto stabile e ben sedimentato […] al contrario, nell’uso corrente, essa mostra avere un significato a volte vago, altre autonomamente interpretato, senza che sembri rintracciabile un centro di gravità intorno al quale le accezioni del termine convergono in modo coerente». N. FOSTER, EU law, Oxford 2015, 122, ritiene che l’espressione soft law incapsula varie regole di condotta che non sono legalmente vincolanti o giustiziabili, o dove il disattenderle non porta necessariamente ad una certa specifica sanzione. In punto di criticità dell'inquadramento giuridico degli strumenti di soft law v. B. BOSCHETTI, Soft law e normatività: un''analisi comparata, in Rivista della regolazione dei mercati, 2/2016, 32 ss., secondo cui «molti dei tentativi qualificatori della soft law falliscono proprio perchè guardano solo dal limitato angolo visuale del farsi del diritto e non, invece, del suo porsi nella realtà come fatto regolante e canone effettivo di comportamento. In questa dimensione dinamica, troppe le varianti e le variabili perchè si possa pensare di fare della 'soft law' un fenomeno univoco riconducibile a categoria».
[xxxvi] Critico ab initio sulla scelta di sostituire il regolamento governativo con le linee guida ANAC, M. D'ALBERTI, Il propagarsi della corruzione amministrativa, in M. D'ALBERTI (a cura di), Corruzione e pubblica amministrazione, Napoli, 2017, 15 e ss., secondo cui «in realtà, dall'emanazione del codice del 2016 gli appalti sono diminuiti notevolmente e gli operatori, pubblici e privati, trovano molta difficoltà ad applicare le norme». Si confronti, alresì, R. BIN, Il diritto alla sicurezza giuridica come diritto fondamentale, in www.forumcostituzionale.it, 8 settembre 2018, che sulla problematica concernente l'incertezza giuridica dichiara «pensate a quel mondo fantastico di norme tecniche, pareri, linee guida che è prodotto dall'Anac, che pure della trasparenza dovrebbe occuparsi: una mole di prescrizioni che si è abbattuta sugli uffici delle amministrazioni pubbliche, creando panico». Ex multis I. CAVALLINI - M. ORSETTI, I reali effetti del c.d. Sblocca Cantieri sulle linee guida ANAC: un'occasione mancata per il tramonto del sistema di soft law, in Azienditalia 3/2020, 496 e ss.
[xxxvii] Cfr. E. OLIVITO, In bilico tra gubernaculum e iurisdictio, osservazioni costituzionalmente orientate sull’autorità nazionale anticorruzione e sui suoi poteri regolatori, in costituzionalismo.it, n.3/2018, secondo cui con l’approccio del d.lgs. n.50/2016 «all’Anac è stato conferito un potere di regolazione non soltanto pervasivo e privo, sotto alcuni profili, del necessario fondamento, ma soprattutto tale da pregiudicare – paradossalmente e insieme ad un incisivo potere giudicante – le esigenze di certezza giuridica e di tutela giurisdizionale»
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