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Pubbl. Mar, 11 Ago 2015

“Omicidio stradale”, analisi della fattispecie tra pro e contro

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Ilaria Leccese


Dopo aver incassato il sì del Senato, e nelle more dell’approvazione da parte della Camera, il ddl che introduce il reato di omicidio stradale è oggetto di ampie diatribe tra coloro che ne auspicano l’immediata implementazione nel sistema ordinamentale e quanti, invece, auspicano l’introduzione di misure alternative.


L’acceso dibattito tra sostenitori e detrattori, e la rituale sequela di emendamenti, non ha inflitto la paventata battuta d’arresto al ddl recante le Norme penali sull'omicidio stradale (essenzializzazione del molto più esteso titolo del provvedimento "Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonchè disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274").  Il testo ha, infatti, ottenuto l’approvazione al Senato, lo scorso 10 Giugno 2015 con 163 voti favorevoli , 2 contrari e 65 astenuti. Spetterà alla Camera suggellarne  la definitiva introduzione nel sistema penale.

La disciplina attuale

Attualmente, l’omicidio stradale rientra tra le ipotesi di omicidio colposo di cui all’art 589 c.p, il cui secondo comma sanziona con la reclusione da 2 a 7 anni chiunque cagioni la morte di qualcuno violando le norme del codice della strada. La pena va dai 3 ai 10 anni in caso di stato d’ebbrezza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ed è aumentata fino al triplo se ci sono più vittime, fino ad un massimo di 15 anni di reclusione.

Il problema dell’attuale disciplina nasce dalla considerazione che la condotta di colui che, dopo aver assunto droghe o alcol, si mette alla guida del proprio automezzo susciti un maggiore allarme sociale commisurato alla sua gravità e pericolosità, rispetto ad altri casi di omicidio colposo.

Ciò ha portato una parte della magistratura ad inquadrare tale fattispecie nel “dolo eventuale”, piuttosto che nello schema generale della colpa. 

Si parla di dolo eventuale quando l’agente non vuole cagionare l’evento, né è sicuro di cagionarlo, ma si rappresenta questa possibilità come eventuale conseguenza della sua condotta e, nonostante tale rappresentazione, la pone ugualmente in essere. Quindi sembra un esempio calzante quello del conducente che, consapevole dell’alterazione del suo stato psicofisico a causa dell’assunzione di alcool o droghe, si sia rappresentato la possibilità di cagionare un sinistro stradale e, conseguentemente, la morte di una persona e, nonostante ciò, abbia accettato tale rischio, mettendosi alla guida del proprio automezzo.

Tuttavia, questa soluzione di origine giurisprudenziale, oltre ad aver trovato applicazione solo sporadicamente, non può rappresentare una soluzione al problema dell’omicidio stradale, senza un riscontro dal punto di vista legislativo. Da qui la previsione dell’omicidio stradale come autonoma fattispecie criminosa, slegata sia dall’omicidio colposo che da quello volontario. I tentativi di inquadrare l’elemento soggettivo negli schemi tradizionali di dolo o colpa non hanno portato a risultati convincenti e questo porta a pensare che l’omicidio stradale sia da configurarsi come un tertium genus, a metà tra omicidio colposo e omicidio volontario, connotato da un grado di “oggettività” della responsabilità, dal momento che l’assunzione di droga o alcol da parte del conducente viene valutato come elemento sufficiente per configurare la fattispecie di omicidio stradale.

La nuova fattispecie delittuosa

E’ argomento dibattuto da anni, quello dell’introduzione di un’autonoma fattispecie criminosa per l’omicidio stradale e, adesso, dunque, la questione potrebbe giungere presto ad un epilogo.

Il ddl disciplina la novellazione del nostro codice penale, con l’introduzione di due nuove fattispecie di reato, l’omicidio stradale e le lesioni stradali, prevedendo un apparato sanzionatorio piuttosto aspro. La pena massima per chi, mettendosi alla guida in stato di ebbrezza ovvero sotto l’effetto di stupefacenti, cagioni la morte di più persone e si dia alla fuga è di 18 anni di reclusione. Se, invece, la vittima è una sola il massimo edittale è di 12 anni di reclusione, che diventano 18 in caso di omissione di soccorso.  Rischia, invece, dai 7 ai 10 anni di reclusione il conducente in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro, che  cagioni la morte di una persona.
La stessa pena si applica in caso di omicidio stradale commesso da chi  proceda ad una velocità pari al doppio del massimo consentito e comunque superiore a 70 km orari in un centro urbano, ovvero non rispetti il semaforo rosso o la segnaletica di attraversamento pedonale.
La riforma prevede anche il ritiro della patente come pena accessoria.

Il reato di omicidio stradale soluzione efficace o placebo?

Alla luce di quanto appena visto, in molti si domandano se la novellazione del codice penale sia davvero un intervento necessario oppure rappresenti semplicemente il risultato di un’onda emotiva che, generata da associazioni di parenti delle vittime della strada e cavalcata sapientemente dai nostri politici, stia portando a una sorta di duplicazione di qualcosa che è già disciplinato dall’ordinamento, con il solo obiettivo di estinguere la sete di giustizia di coloro che, dopo aver perso un familiare a seguito di un omicidio stradale, hanno visto comminare ai colpevoli pene irrisorie. L’inasprimento sanzionatorio, infatti, sarebbe ugualmente possibile da parte della magistratura, operando nell’ambito dei massimi edittali di cui all’art 589 c.p.
Tuttavia, le differenze strutturali che distinguono l’omicidio stradale dall’omicidio colposo, rendono necessario un intervento che non può essere solo di carattere interpretativo, ma richiede il  supporto del legislatore.
Un altro problema dell’attuale disciplina è che l’omicidio colposo non rientra tra le fattispecie delittuose previste dal comma 2 dell’art 380 c.p.p, per le quali è previsto l’arresto in flagranza, mentre il reato di omicidio stradale vi rientrerebbe, sulla base di quanto stabilito dal ddl. Anche questa è una novità importante che ha due risvolti positivi: da un lato sarà possibile accertare lo stato di ebbrezza o l’assunzione di droghe nell’immediatezza del fatto, facendo in modo che i risultati delle analisi siano più veritieri; dall’altro lato, l’arresto in flagranza del conducente, servirà a calmare l’impatto emotivo che un episodio grave come l’omicidio stradale suscita nell’opinione pubblica.
Infine, il risultato auspicato dal legislatore, nonché dai fautori di questa riforma, è quello di ottenere un effetto deterrente adeguato alla pericolosità della condotta di chi si mette al volante nonostante la diminuzione delle sue facoltà psicofisiche dovuta all’assunzione di droghe o alcol, ma se la normativa sull’omicidio stradale sarà in grado di centrare questo obiettivo o avrà solo un effetto placebo, potranno dircelo soltanto i numeri,  una volta entrata in vigore nel nostro ordinamento.