Pubbl. Sab, 8 Ago 2015
La flagranza di reato nel diritto processuale penale
Modifica paginaL’arresto in flagranza di reato e l’arresto in quasi flagranza di reato: disciplina codicistica e giurisprudenza.
L’arresto in flagranza di reato è una misura pre-cautelare personale disciplinata dall’art. 382 c.p.p., in ragione del quale: “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza”.
La disposizione codicistica parrebbe in apparente contrasto con l’art. 5 CEDU e 9 Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici, oltre che con gli artt. 13 e 27 della Carta costituzionale, i quali ultimi, rispettivamente, garantiscono la libertà individuale come diritto inviolabile ed il principio della presunzione di non colpevolezza sino a sentenza penale di condanna passata in giudicato.
L’apparente vulnus è sanato, tuttavia, dallo stesso art. 13 Cost., il quale, al comma 3, espressamente prevede: “in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”.
L’art. 13 Cost. sancisce al comma 1 l'inviolabilità assoluta della libertà personale; al co. 2 prevede che forme di "detenzione, di ispezione o perquisizione personale" siano consentite solo nel rispetto della riserva di legge e di giurisdizione; mentre, al comma 3, di cui sopra, prevede che nei "casi eccezionali di necessità ed urgenza" sia possibile derogare alla riserva di giurisdizione, la quale sarà recuperata ex post, in ragione dell’eventuale convalida da parte dell’autorità giurisdizionale della misura pre-cautelare adottata.
Per l'adozione di una misura pre-cautelare personale vi sono dei limiti temporali da rispettare onde evitare che il provvedimento perda tutti i suoi effetti. Difatti, è necessario che una volta operato l'arresto:
- questo venga comunicato entro le successive 24 ore al magistrato del pubblico ministero legittimato;
- il magistrato del pubblico ministero legittimato avrà l'obbligo di darne comunicazione, entro 48 ore dall’arresto, all’organo giurisdizionale competente per l'eventuale convalida;
- l'organo giurisdizionale competente convaliderà l'arresto entro le successive 48 ore ove ne ritenga sussistere i presupposti.
Dovrà, quindi, essere rispettato il limite massimo delle 96 ore imposto dall'art. 13, comma 3, Cost. per l'adozione di una misura pre-cautelare personale.
L’arresto in flagranza di reato è quello operato nei confronti del soggetto “sorpreso nell’atto di commettere un reato”.
Il c.p.p. distingue:
- ex art. 380 c.p.p. “l’arresto obbligatorio in flagranza” per il quale “Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni”;
- ex art. 381 c.p.p. “l’arresto facoltativo in flagranza” per il quale “Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo. Consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni”
I due tipi di arresto in flagranza si distinguono per i limiti di pena edittali, in ragione dei quali operano, e per le singole fattispecie di reato elencate, al comma 2, per entrambe le disposizioni.
Difatti, le due norme (artt. 380 e 381 c.p.p., n.d.r. ), al comma 2, prevedono un elenco di fattispecie tipiche di reato per le quali è previsto, da una parte, l’obbligo di eseguire l’arresto in flagranza e, dall’altra, la facoltà di operare l’arresto.
Al comma 3, invece, sia per l’arresto obbligatorio in flagranza che per l’arresto facoltativo in flagranza, si prevede che per reati procedibili a querela, nel caso in cui questa venga rimessa, l’arrestato dovrà essere posto immediatamente in libertà.
Dall’arresto in flagranza di reato, si distingue l’arresto in quasi flagranza di reato che è quello operato nei confronti di chi, “subito dopo il reato, sia inseguito dalla PG, dalla persona offesa o da altre persone e di chi sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima”.
Un’interessante sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43394, risulta utile per capire il tema della cd. “quasi flagranza”, ex art. 382 c.p.p. comma 1, con la quale viene risolto il contrasto che in giurisprudenza si era delineato tra due orientamenti contrapposti.
Il primo dei due orientamenti - il quale secondo l’ultima Corte non merita condivisione - ravvisa la quasi flagranza anche nel caso in cui non siano rispettati i requisiti, richiesti dall’art. 382 c.p.p., della diretta percezione del commesso delitto e dell’immediatezza dell’inseguimento.
Quest’orientamento ricalcava le orme di una precedente sentenza della Corte di Cassazione, la 44369/2010, in ragione della quale «la nozione di inseguimento del reo, nell’ambito della cosiddetta quasi flagranza del reato, ricomprende l’azione di ricerca immediatamente posta in essere, anche se non subito conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità, sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti».
Secondo il più recente orientamento della Corte, questa interpretazione esulerebbe dalla disciplina codicistica della quasi flagranza. In tal senso, con la sentenza 43394/2014 si è operata una conferma di un precedente orientamento, affermatosi con le sentenze Cass. 19078/2010 e Cass. 34918/2011, in ragione delle quali:
- «non sussiste lo stato di quasi flagranza che rende legittimo l’arresto se l’inseguimento da parte della polizia giudiziaria, che poi culmina con l’arresto, trova causa non già nella diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria ma nella denuncia della persona offesa», Cass. n. 19078/2010;
- «non sussiste la condizione di cosiddetta “quasi-flagranza” qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della P.G. sia stato iniziato per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi», Cass. la n. 34918/2011.
Il primo orientamento, il quale -repetita iuvant- poneva le sue basi sulla Sent. 44369/2010, è stato respinto, in quanto la quasi flagranza si discosterebbe da quella che dovrebbe essere la sua interpretazione codicistica, oltrepassando anche il limite della c.d. interpretazione estensiva dell’art. 382, comma 1, c.p.p. La ragione del rifiuto risiede nel fatto che si mortificherebbe, in tal senso, la necessaria correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso e il successivo intervento di privazione della libertà dell’autore del reato.
In definitiva, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43394, ha risolto il contrasto in favore dell’orientamento apparso prevalente, giustificando il termine «inseguire» con il «correre dietro chi fugge» e il requisito della “immediatezza” con l’espressione «subito dopo il reato», prevedendo, quindi, la necessaria strumentalità tra la diretta percezione della azione delittuosa e la privazione della libertà del reo fuggitivo.
Testualmente: "La coclusione si rinsalda alla luce della ratio legis. La eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria (o al privato) del potere di privare della libertà una persona trova concorrente giustificazione nell’altissima possibilità (e, praticamente, nella certezza) della colpevolezza dell’arrestato. Ebbene, sono proprio la diretta percezione e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedenti all’arresto, che possono suffragare, nel senso indicato, la sicura previsione dell’accertamento giudiziario della colpevolezza. Mentre, in difetto, apprezzamenti e valutazione, fondati sul piano affatto differente degli elementi investigativi assunti (ancorchè prontamente e magari anche in loco) dalla polizia giudiziaria, non offrono analoghe sicurezza e affidabilità di previsione"
Altra distinzione da operare è quella con la flagranza differita, disciplinata dall’art. 8, L. 401/1989, in ragione della quale si prevede che il fermo di polizia scatti entro quarantotto ore (in origine trentasei) dalla verificazione di episodi di violenza, che siano avvenuti durante manifestazioni sportive, nel caso in cui non sia stato possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica. Sarà necessario, dunque, che si proceda all’arresto in flagranza differita grazie all’utilizzo di documentazione video o fotografica o da altri elementi dai quali possa evincersi con evidenza l’eventuale reato commesso nel corso dell’evento.