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Pubbl. Gio, 6 Ago 2020

Donazione rimuneratoria: il motivo come elemento essenziale del contratto

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Diego Rosini



Panoramica della disciplina in tema di donazione rimuneratoria, nelle sue diverse articolazioni di “donazione per riconoscenza”, “donazione per i meriti del donatario” e “donazione per speciale rimunerazione”. Analisi delle specificità rispetto alla donazione tipica, delle differenze rispetto all’obbligazione naturale e dei rapporti con la donazione indiretta.


Sommario: 1. La donazione in generale; 2. Donazione rimuneratoria; 3. Donazione rimuneratoria ed obbligazione naturale; 4. Disciplina generale della donazione rimuneratoria; 5. Disciplina speciale della donazione rimuneratoria; 6. Donazione indiretta.

1. La donazione in generale

Ai sensi dell'art. 769 c.c. la donazione è: "quel contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un proprio diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione". 

Il primo aspetto che emerge dal tale definizione è la sua natura contrattuale; affinché si perfezioni, quindi, è necessario il consenso delle parti: non è sufficiente la sola volontà del donante di arricchire l'altra parte senza alcun corrispettivo, ma è altresì necessaria l'accettazione da parte del beneficiario.

Lo spirito di liberalità e l'altrui arricchimento sono gli elementi fondamentali della donazione.

Il primo elemento, definito anche "animus donandi", individua la causa del contratto e consiste nella volontà disinteressata del donante di arricchire il donatario, con conseguente suo impoverimento.

Il secondo elemento, ossia l'incremento patrimoniale del donatario, può avvenire in vari modi: mediante il trasferimento in suo favore di un diritto proprio, come la proprietà di una cosa (se il trasferimento ha ad oggetto un diritto reale, la donazione viene definita reale); attraverso la rinunzia ad un diritto verso il donatario (se riguarda un diritto di credito, la donazione viene definita liberatoria); assumendo nei confronti di costui un'obbligazione (donazione obbligatoria).

È necessario, inoltre, che all'impoverimento patrimoniale del donante corrisponda l'arricchimento del donatario.

Occorre specificare che sussiste una netta differenza tra la donazione liberatoria e la rinuncia vera e propria: in primis con riguardo alla natura giuridica dell'atto (il primo è un contratto mentre il secondo è un negozio giuridico unilaterale), in secundis con riguardo alla causa (nel primo caso si tratta della volontà di avvantaggiare il destinatario dell’atto, mentre nel secondo si tratta della mera volontà di abdicare ad un proprio diritto, risultando irrilevante l'eventuale vantaggio per il terzo).

Inoltre, a differenza della rinuncia, la donazione liberatoria necessità della forma solenne: essa, ai sensi dell’art. 782 c.c., deve essere redatta per atto pubblico, alla presenza di due testimoni, indipendentemente dal fatto che abbia ad oggetto beni immobili o beni mobili. Se ha ad oggetto beni mobili, nell'atto pubblico occorre specificarne il valore.

La ragione per la quale il legislatore ha richiesto una forma così forte per la donazione è evidente: si vuole richiamare l’attenzione sia del donante che del donatario sulla rilevanza dell'operazione che stanno per effettuare: il primo, infatti, si spoglia di un proprio diritto senza alcun corrispettivo (in senso giuridico), mentre il secondo, con l'accettazione, assume degli obblighi ben precisi nei confronti del donante, posto che la legge prevede a suo carico il sorgere degli obblighi alimentari.

2. Donazione rimuneratoria

Si è detto che lo spirito di liberalità rappresenta la causa del contratto, che, in quanto tale, non va confuso con il motivo della donazione: si può donare per carità cristiana, per vanità, perché si spera in un futuro beneficio, etc.. In tutti questi casi il motivo è irrilevante: qualunque esso sia, la disciplina del contratto sarà la medesima.

Un'eccezione al riguardo è costituita dalla donazione rimuneratoria. 

Si tratta, ai sensi dell'art.770 c.c., della "liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale remunerazione". Essa consiste in un'attribuzione gratuita, compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere ad alcun obbligo giuridico, morale o sociale, e volta a compensare i servizi resi dal donatario.

Siamo, pertanto, di fronte ad una donazione con motivo tipico: un motivo che, però, si configura come elemento essenziale del contratto, con la conseguenza che, se non è presente, la donazione non potrà qualificarsi come rimuneratoria, e non potranno quindi applicarsi le norme speciali previste per tale istituto. Naturalmente, trattandosi in ogni caso di un motivo, non è necessario che esso risulti dall'atto, ma può desumersi anche da circostanze estranee. 

Sebbene si tratti di tre ipotesi distinte (liberalità fatta per riconoscenza, in considerazione dei meriti del donatario, per speciale remunerazione), la dottrina è concorde nel ritenere che esse costituiscono mere articolazioni di un'unica fattispecie unitaria.[1]

La "liberalità fatta per riconoscenza" consiste nella donazione fatta per un sentimento di particolare gratitudine verso il donatario o un membro della sua famiglia. Mentre è pacifico che ciò possa essere giustificato da un comportamento precedente del donatario, è dubbio se esso possa derivare dalla promessa di un fatto favorevole per il donante.[2]

La "liberalità in considerazione dei meriti del donatario" consiste invece nella donazione fatta per un senso di ammirazione per le qualità personali o per l'attività svolta dal donatario, che non devono aver arrecato un vantaggio diretto al donante (altrimenti si ricadrebbe nelle altre due ipotesi).

La "liberalità per speciale remunerazione", infine, è quella donazione effettuata per ricompensare il donatario per un servizio resogli: essa è definita "speciale" in quanto spontanea e non dettata dall'adempimento di usi, consuetudini o obblighi.[3] A differenza della liberalità fatta per riconoscenza, essa può derivare anche da un servizio reso successivamente, a condizione che manchi il sinallagma tra le due prestazioni.

Il termine “liberalità” deve essere inteso come “atto spontaneo”, in quanto, come già sottolineato, si richiede che nessuna norma, uso o costume sociale obblighi il donante (o faccia sì che si senta obbligato) a compiere il suo gesto. È la stessa legge, infatti, a specificare che non costituisce donazione la liberalità che si è soliti fare in occasione di servizi o, comunque, in conformità agli usi: a titolo di esempio, la mancia data al cameriere di un ristorante non può certo costituire una donazione.

Come ha più volte affermato la giurisprudenza,[4] affinché si possa parlare di donazione rimuneratoria, occorre che l'attribuzione patrimoniale venga effettuata come segno tangibile di "speciale" apprezzamento dei servizi in precedenza ricevuti, che ad essa non venga riconnessa una funzione di corrispettivo, e che il donante proceda spontaneamente, sapendo di non esservi tenuto né per legge, né in adempimento di un'obbligazione naturale o di un uso del costume.

In quest'ottica non è stata ritenuta donazione remuneratoria quella disposta da una signora che aveva riconosciuto di essere debitrice di una somma pecuniaria nei confronti della nipote a titolo di gratitudine e compenso per l'assistenza, la cura e l'amministrazione ricevute per un considerevole periodo, in quanto era evidente un intento risarcitorio.[5]

3. Donazione rimuneratoria ed obbligazione naturale

La donazione rimuneratoria, per la sua natura, va tenuta distinta dall'obbligazione naturale, disciplinata dall'art.2034 c.c.. 

Quest'ultima, infatti, richiede, per la sua sussistenza, una duplice indagine: innanzitutto è necessario accertare se ricorra un dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente nella società; in secondo luogo, tale dovere deve essere stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità ed adeguatezza, in relazione a tutte le circostanze del caso. 

La Suprema Corte ha confermato questo principio, ribadendo che, "la presenza di un debito di riconoscenza nei confronti di un terzo non è di per sé sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all'articolo 2034 c.c., essendo al tal fine necessario anche il requisito della proporzionalità".[6] È infatti affermazione costante della Cassazione[7] che l'articolo 2034 c.c. distingua le obbligazioni naturali in due categorie, prevedendo, al secondo comma, fattispecie tipiche di obbligazioni naturali (casi, cioè, esplicitamente contemplati dalla legge di atti socialmente e moralmente leciti, che non assurgono però a vincoli giuridici e sono quindi sforniti di azione, quali l'adempimento della disposizione fiduciaria e il pagamento del debito prescritto e del debito di gioco) e, al primo comma, con disposizione molto più ampia, l'esecuzione spontanea di un dovere morale (o di coscienza) o sociale.

Come è stato affermato in dottrina,[8] inoltre, nell'obbligazione naturale si manifesta un vero e proprio "animus solvendi", mentre nella donazione rimuneratoria è richiesto un "animus donandi"

4. Disciplina generale della donazione rimuneratoria

Alla donazione rimuneratoria si applicano le norme dettate per la donazione tipica, più alcune norme di carattere speciale.

Per quanto riguarda le norme a carattere generale, si ricorda innanzitutto il già citato art.782 c.c. che prevede la forma dell’atto pubblico, alla presenza di due testimoni.

Si applicano, poi, le norme in tema di causa, oggetto, capacità giuridica (sia del donante che del donatario), e rappresentanza.

Inoltre, essa è soggetta alla disciplina sulla riduzione in caso di lesione di legittima, posto che l'art.555 c.c. parla genericamente di "donazioni", senza operare alcuna distinzione tra donazione tipica e donazione remuneratoria. Il principio è stato sovente ribadito dalla giurisprudenza, che ha stabilito che: "La donazione remuneratoria, che è un atto di liberalità caratterizzato dagli scopi di riconoscenza e di apprezzamento dei meriti individuati dall'art. 770 cod. civ., in quanto donazione vera e propria, è assoggettata alla disciplina della reintegrazione di quanto spetta ai legittimari e, di conseguenza, all'azione di riduzione".[9]

Infine, alla donazione rimuneratoria si applica il medesimo regine tributario previsto per la donazione tipica, ossia quello stabilito dal D. Lgs. N.386/1990 (Imposta sulle successioni e donazioni).

5. Disciplina speciale della donazione rimuneratoria

Per quanto riguarda le norme di carattere speciale, si tratta degli artt. 437 c.c., 797, n.3, c.c. e 805 c.c..

L’art. 437 c.c. riguarda l'obbligo degli alimenti: nella donazione tipica, infatti, il donatario è tenuto all’obbligo di prestare gli alimenti al donante, nel caso in cui questi versi in una situazione di precarietà (art.438 c.c.); nella donazione remuneratoria, invece, il donatario ne è esonerato.

L'art. 797, n.3, c.c. riguarda la garanzia per evizione: nella donazione tipica di base il donante non è tenuto alla garanzia per l’evizione della cosa donata; nella donazione rimuneratoria, invece, egli vi è tenuto, ma fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell'entità della prestazione ricevuta dal donante.

L’art.805 c.c. riguarda l’irrevocabilità della donazione: a differenza che nella donazione tipica, infatti, le donazioni rimuneratorie sono irrevocabili sia per ingratitudine che per sopravvenienza dei figli.

6. Donazione indiretta

La donazione indiretta è un contratto a causa onerosa, posto in essere per raggiungere una finalità ulteriore e diversa consistente nell'arricchimento, per mero spirito di liberalità, del contraente che riceve la prestazione di maggior valore: si tratta di una liberalità realizzata ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall'art. 782 c.c., indi per cui, per la sua validità, non è richiesta la forma dell'atto pubblico, ma è sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzarne lo scopo. L'art. 809 c.c., infatti, nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c., non richiama l'art.782 c.c..

Essa differisce, poi, dal negozio simulato in cui il contratto apparente non corrisponde alla volontà delle parti, le quali intendono, invece, stipulare un contratto gratuito: ne consegue che ad essa non si applicano i limiti alla prova testimoniale, in materia di contratti e simulazione, che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo. Il principio è stato affermato recentemente dalla Suprema Corte, confermando la sentenza gravata che aveva ritenuto provata l'esistenza di donazioni indirette sulla base di prove presuntive.[10]

Quid iuris, però, quando la donazione indiretta è caratterizzata dalla combinazione di una donazione rimuneratoria ed una datio in solutum? La soluzione è determinante, poiché, come detto in precedenza, la donazione rimuneratoria richiede, per la sua validità, l'atto pubblico.

Anche in questo caso la giurisprudenza richiama la disciplina generale in tema di donazione tipica: si avrà donazione rimuneratoria, soggetta alla forma solenne dell'atto pubblico, se l'intero negozio è dominato da uno spirito di liberalità in modo che la prestazione onerosa assuma funzione del tutto secondaria e subordinata; si avrà invece un semplice negozio a titolo oneroso, non abbisognevole della forma solenne, nel caso in cui l'attribuzione patrimoniale sia determinata da un fine di corrispettività che si riveli assorbente rispetto all'animus donandi.[11]

La giurisprudenza, infatti, ha affermato[12] che nell'ipotesi di atto di liberalità che, oltre ad essere determinato da ragioni di riconoscenza o da meriti particolari del donatario oppure dall'intenzione di remunerare un servizio specifico (nonostante il donante non vi sia obbligato per legge, né tenuto per l'uso o il costume sociale), sia diretto al soddisfacimento di prestazioni ricevute, non si concretizzano due negozi distinti (da identificarsi rispettivamente in una datio in solutum, proporzionale al valore normale dei servizi resi da colui che assume la veste di donatario, e in una donazione avente ad oggetto l'eccedenza rispetto al valore indicato), ma un unico negozio, caratterizzato da un concorso di motivi di natura in parte onerosa ed in parte gratuita, e la cui regolamentazione obbedisce al criterio della prevalenza, dimodoché ricorre la donazione rimuneratoria quando risulti la prevalenza dell'animus donandi, mentre integra un semplice negozio a titolo oneroso quando il fine remuneratorio assorba l'animus donandi.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Torrente, La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, pag.299; Capozzi, Successioni e donazioni, Tomo 2, pag.1586; Gardani Contursi-Lisi, Delle donazioni, in Comm. cod. civ., pagg. 68 ss.

[2] Cfr. Cass. 17.11.1999 n.12769 e Cass. 24.10.2002 n.14981, le quali richiamano la sola ipotesi di sentimento di gratitudine e riconoscenza sorto per un precedente comportamento del donatario.

[3] Balbi, La donazione, in Tratt. dir. civ.

[4] Ex multis cfr. Cass. Civ. sentenza n.1933/70; n.3229/69; n.371/69; n.2720/67; n. 2421/74.

[5] Cfr. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5119 del 03/03/2009.

[6] Cfr. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 19578 del 30/09/2016.

[7] Cfr. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n.1007 del 12/02/1980.

[8] Biondi, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. it.

[9] Cfr. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 20387 del 24/07/2008.

[10] Cfr. Cass. Civ. Sez. 2 -, Ordinanza n. 19400 del 18/07/2019.

[11] Cfr. Cass. Civ. sentenza 371/69; Cass. Civ, sentenza n.3229/69.

[12] Ex multis Cass. Civ. sentenze n. 2421/71, n. 1789/76, n.1545/81.