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Pubbl. Mar, 16 Giu 2020
Sottoposto a PEER REVIEW

Il criterio dell´harm test nell´accesso civico generalizzato

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Vincenzo Visone
Dottore di ricercaUniversità degli Studi di Napoli Parthenope



L’introduzione e lo sviluppo del sistema del Freedom of information Act, di ispirazione statunitense, nel nostro ordinamento ha avuto un grande impatto, quantomeno culturale, nell’organizzazione amministrativa dei pubblici uffici. In questo scritto, si analizzeranno diversi punti critici dell’accesso civico generalizzato, mediante l’approfondimento della sua natura giuridica e della incontrovertibile importanza della corretta applicazione del criterio dell´harm test. A tal fine sarà esaminata una sentenza del TAR Campania che ben compendia alcune problematiche dell´accesso civico generalizzato. Inoltre, sarà dedicata giusta attenzione anche agli aspetti processuali della disciplina FOIA.


ENG The introduction and development of the US-inspired system of the Freedom of information Act in our legal system has had a great, at least cultural, impact on the administrative organization of public offices. In this paper, several critical points of generalized civic access will be analyzed, through an in-depth analysis of the legal nature of generalized access and the incontrovertible importance of the correct application of the harm test criterion. For this reason, a judgment of the Campania TAR will be examined, which well summarizes some problems of generalized civic access. In addition, further analysis will also be implemented to the procedural aspects of the FOIA discipline.

Sommario: 1. Introduzione; 2. La sentenza del TAR Campania Napoli n. 2486/2019; 3. Harm test e public interest test: la scelta di campo del legislatore italiano: 3.1. La concretezza del danno e il buon andamento quale ultronea “eccezione relativa” al FOIA; 4. Incerta natura dell’interesse civico a conoscere e “funzionalizzazione” dell’accesso civico generalizzato; 5. Conclusioni.

1. Introduzione

Il presente studio affronta, senza pretesa di esaustività, diverse problematiche contrassegnanti l’ambito di applicazione dell’accesso civico generalizzato[1], introdotto con il d.lgs. 97/2016, integrativo del d.lgs. 33/13, il quale aveva disciplinato, a sua volta, l’accesso civico semplice[2].

Piuttosto che coltivare il dibattito, vivace e poliforme, dell’interazione tra civico semplice e generalizzato (i quali condividono - come detto - una medesima base normativa), posti in combinato con l’accesso documentale[3], antesignano degli obiettivi di trasparenza dell’agere pubblico[4], la esponenda riflessione si intratterrà su talune linee interpretative dell’accesso civico generalizzato, attenzionando il meccanismo operativo del Freedom of Information Act domestico.  

Il FOIA è dapprima un’esperienza pratica e culturale di politica amministrativa, da valutare nell’empiria e rispetto alla proficua applicazione di detto inedito schema d’accesso, che impone di “scegliere, in altri termini, se continuare a combattere contro i mulini a vento, contestando una riforma necessaria, oppure rompere gli indugi, issare le vele e tentare di guidare il sistema amministrativo italiano verso approdi migliori. E mai come in questo caso il viaggio conterà più della destinazione”[5].

Dottrina e giurisprudenza dibattono vivacemente, in una sorta di “zibaldone dei pensieri”[6], sui temi afferenti il FOIA, tra cui, per segnalarne i più discussi, si annoverano: la natura giuridica dell’accesso civico generalizzato[7], lo studio comparato di codesto istituto[8], l’asserita sovrapposizione dei sistemi di accesso ai documenti riconosciuti dall’ordinamento[9], le perplessità giusprocessualistiche[10] sulla sicura destinazione nell’ambito della liturgia di cui all’art. 116 c.p.a. delle controversie in tema di civico generalizzato e la mancata considerazione, nell’ordito normativo, dell’ipotesi - usitata nel facere della P.A.- del silenzio dei pubblici uffici[11].

In specie, risulta decisivo scandagliare il criterio dell’harm test, o diversamente detto del “pregiudizio concreto”, parametro guida della P.A. nella valutazione della consistenza (e prima ancora della sussistenza) della lesione attuale e concreta di uno degli interessi - pubblici e/o privati - di cui all’art. 5 bis del d.lgs. 33/13.

A tal fine, si analizzerà una pronuncia del TAR Campania Napoli, la sentenza n. 2486/2019, di cui si condivide innanzitutto l’esegesi dell’harm test.

Tale arresto pretorio ha offerto una rappresentazione della differenza sostanziale e non soltanto formale tra accesso documentale e civico generalizzato[12]; in via ulteriore, ha delineato una compiuta prospettazione del paradigma costituzionale del buon andamento, inteso quale ulteriore limite all’interesse a conoscere, rilevabile, in questi termini, nel caso in cui l’istanza civica dovesse impegnare la P.A. a tal punto da comprometterne l’efficienza.

La presente indagine ha, pertanto, l’obiettivo di porre in luce il cruciale profilo dei limiti all’accesso civico[13], mediante l’approfondimento del criterio del pregiudizio concreto, da leggersi in via estensiva, al fine di corroborare l’aspirazione civica promossa dall’implementazione del sistema FOIA, postulante l’abbondono definitivo della cultura del segreto[14] e del brocardo “quod Princeps non vult alicui pandi…vel quod Princeps mandat secreto teneri…”[15].

2. La sentenza del TAR Campania Napoli n. 2486/2019

Il TAR Campania-Napoli, con la sentenza n. 2486 del 2019, si è espresso su di un ricorso esperito da parte di un cittadino, avente ad oggetto gli atti di reiezione del Comune relativamente alla richiesta di accesso documentale, formulata ai sensi degli artt. 22 e ss. della l. 241/90, e all’ulteriore istanza di accesso civico generalizzato.

In specie, gli atti[16] richiesti alla P.A. resistente erano strumentali alla preparazione documentale dell’appello ad una sentenza del medesimo TAR Campania che si era espresso precedentemente, con segno negativo, su di un ricorso esperito dallo stesso ricorrente per altri e diversi provvedimenti di cui era stato destinatario.

Ambedue le istanze erano comunemente motivate con dovizia[17] sulla propedeuticità dei documenti chiesti alla P.A. (-e non ottenuti-) rispetto all’appello proponendo presso il Consiglio di Stato.

Trascurandosi i dettagli, giacché esorbitanti da codesto studio, della vicenda processuale precedente, è d’uopo sottolineare che il ricorrente aveva fatto richiesta al Comune di ampia documentazione per verificare l’attualità di ipotesi di incoerenza manifesta, disparità di trattamento e contraddittorietà dei provvedimenti adottati dal medesimo Ente comunale, così da riscontrare se la P.A. resistente avesse ossequiato il principio di par condicio cvium oppure avesse illegittimamente operato in eccesso di potere.

Codesta statuizione giudiziale sconfessa anche una lettura superficiale dei due istituti che differirebbero per una maggiore profondità dell’accesso documentale e di una maggiore estensività dell’accesso civico generalizzato[18], in ossequio ad una definizione piuttosto superficiale resa dalle linee guida ANAC[19].

Nel caso di specie, l’accesso documentale ha palesato limiti, rispetto alla volontà conoscitiva del ricorrente, parzialmente guadati mediante la fruizione dell’alternativo strumento del civico generalizzato.

Pertanto, si assume prodromica l’esigenza di soffermarsi sulle ragioni dell’insufficienza del primo strumento e del successo -parziale- del secondo.

Dopo una rappresentazione diacronica ed esaustiva dell’istituto dell’accesso documentale[20], dei presupposti di cui esso consta[21],  il TAR si intrattiene sui limiti posti dall’art. 24 della l. 241/90 all’accesso documentale[22], la cui analisi chiarisce la differente ontologia dei due istituti d’accesso, classico e civico generalizzato, oltre a spiegare il diniego, per parte qua, al gravame proposto dal ricorrente, confermandosi la legittimità del provvedimento di reiezione del Comune[23].

L’eccessiva ampiezza della petizione documentale del civis aveva trasposto il sistema dell’accesso documentale all’interno del perimetro del controllo diffuso dell’operato della P.A., obiettivo estraneo, per l’appunto, all’istituto dell’accesso classico[24].

In base alla regola iuris dell’accesso documentale, ove non sia contestato l’interesse giuridicamente  rilevante del soggetto correlato ad un atto della P.A.,  indi constatata la titolarità dell’istante di un interesse diretto, concreto e attuale, la richiesta di ostensione potrebbe essere rigettata a causa dell’eccessiva estensione dell’oggetto della medesima[25], giacché si entrerebbe in un sistema di controllo diffuso di cui è latore ed interprete, invece, l’accesso civico generalizzato.

Nella medesima vicenda processuale, come anticipato, il G.A. si è ritrovato a dover delibare anche sull’assentibilità dell’istanza civica, avente il medesimo oggetto, ma rispondente a diversi parametri di giudizio procedimentale[26] e a differenti criteri di esame giusprocessualistico.

In tal caso, l’istanza civica superava la prova determinante dell’harm test, non sussistendo alcuna lesione di uno dei controinteressi di cui all’art. 5 bis del d.lgs. 33/13. Tale istanza, infatti, era volta ad un controllo generalizzato dell’operato del Comune, motivata dalla velleità di verificare la congruenza del facere dell’Ente Comunale all’assioma della par condicio civium, e per tal motivo asseverata ex iudice giacché rientrante nella logica posta alla base della novella normativa di cui al FOIA[27].

Il TAR Campania, rispetto alla delicata problematica degli interessi limite all’accesso civico generalizzato, ha rilevato a priori che “dal dato normativo (art. 5-bis, co. 1 e 2) emerge che il criterio individuato dal legislatore per la valutazione delle esclusioni dall'accesso generalizzato è quello del solo pregiudizio (harm test), mentre resta escluso, contrariamente alle altre esperienze FOIA, la previsione espressa di un test dell'interesse pubblico (the public interest test), cioè la possibilità di effettuare, ai fini della decisione finale sull'istanza di accesso, un bilanciamento tra la tutela da assicurare all'interesse da proteggere dalla disclosure e la tutela dell'interesse pubblico alla diffusione della informazione, per cui se il secondo dovesse risultare prevalente si procederebbe comunque alla diffusione” [28].

E’ sicuramente condivisa, da chi scrive, la lettura interpretativa del test del pregiudizio concreto  integrato con l’additivo criterio del public interest test, così spiegata: “nonostante la scelta esplicita operata dal legislatore italiano, con riguardo all'accesso generalizzato, per il solo criterio del "pregiudizio concreto", deve ritenersi che la scelta finale dell'amministrazione sull'istanza di accesso generalizzato non deve tenere conto solo del "pregiudizio concreto" ma anche dell'interesse alla divulgazione che fonda la richiesta dell'istante. L'amministrazione nell'esercizio dell'attività discrezionale (attività che esercita quando è chiamata a decidere se dare in ostensione i documenti e in che termini, al fine di proteggere gli interessi pubblici e privati previsti) è chiamata, infatti, non solo a considerare e verificare la serietà e la probabilità del danno all'interesse-limite, ma anche a contemperarlo con l'interesse alla conoscenza del richiedente. In caso di pregiudizio concreto a uno degli interessi pubblici e privati, infatti, ciò dovrebbe rappresentare solo una condizione necessaria, ma non sufficiente, per negare l'ostensione. Sul punto va richiamata la giurisprudenza del Supremo consesso della giustizia amministrativa secondo cui "la P.A. intimata dovrà in concreto valutare, se i limiti ivi enunciati siano da ritenere in concreto sussistenti, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, a garanzia degli interessi ivi previsti e non potrà non tener conto, nella suddetta valutazione, anche le peculiarità della posizione legittimante del richiedente" (Cons. Stato, sez. IV, 12 agosto 2016, n. 3631)”[29].

La parzialità dell’accoglimento, da altro punto di vista, è spiegata dal TAR sulla scorta di una necessaria cooperazione procedimentalizzata[30], al fine di meglio individuare i documenti chiesti dal ricorrente[31], così da contemperare sia il buon andamento della funzione amministrativa e lo speculare interesse a conoscere del cittadino[32].

E’ desumibile dall’obiter che, allorquando la P.A. volesse opporre legittimamente, come impedimento all’accesso civico - per matrice massiva dell’istanza-, l’ulteriore limite del buon andamento, quest’ultimo andrebbe circostanziato e concepito restrittivamente.

Il dialogo endo-procedimentale civis-P.A., d’altro canto, è istituto in grado di dissolvere la crisi di detta relazione, cagionata dalla rispondenza a bisogni ed esigenze contrapposte dei diversi attori: la proficua fruizione del dialogo procedimentale, sussunto all’assioma della leale collaborazione, potrebbe assurgere a viatico e salomonica soluzione in caso di contrasti tra le richieste di ostensione del cittadino e difficoltà (o inadeguatezza) degli uffici pubblici all’evasione positiva-o comunque legittima- di detta istanza civica.

Sul punto, il TAR così si è espresso:

“… il Collegio ritiene che quella formulata dal ricorrente non possa considerarsi istanza massiva tale da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell'amministrazione…. il diniego opposto -motivato con riferimento alla compromissione del buon andamento della Pubblica Amministrazione, per il carico di lavoro ragionevolmente ed ordinariamente esigibile dagli uffici - non può ritenersi tout court fondato. Il buon andamento della Pubblica Amministrazione rappresenta - in qualunque forma di accesso – un valore cogente e non recessivo, la cui sussistenza, tuttavia, non può essere genericamente affermata bensì adeguatamente dimostrata da parte dell'amministrazione che nega l'accesso… Il dialogo endoprocedimentale impone che qualora la trattazione dell'istanza di accesso civico generalizzato sia suscettibile di arrecare un pregiudizio serio ed immediato al buon funzionamento della pubblica amministrazione, quest'ultima "prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l'oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità". [33]

L’assioma del buon andamento, in codesta veste, è interpretato in maniera particolarmente stringente, giacché se in potenza ostativo all’asseverazione della pretesa civica, esso, per poter essere blandito legittimamente e con coerenza sistemica dalla P.A., deve essere spiegato e provato, onde evitare strumentalizzazioni di detto paradigma costituzionale che possano, nella loro eventuale raccolta di accoliti esegetici, divenire ostacolo per la piena satisfattività degli obiettivi di trasparenza perseguiti dall’esperienza del Freedom of Information Act.

3. Harm test e public interest test: la scelta di campo del legislatore italiano

L’opzione normativa perseguita dal nostro ordinamento, rispetto alla problematica della eventuale, oltre che statisticamente probabile, composizione e risoluzione dei conflitti fra diversi e opposti interessi all’ostensione di dati-documenti e/o informazioni della P.A., è stata quella del “pregiudizio concreto”, rinunciandosi all’ulteriore e aggiuntivo criterio del public interest test[34].

Da tale constatazione è possibile desumere spunti sia di carattere formale, nonché, mediante la verifica dell’esegesi di cui si è resa autrice la giurisprudenza amministrativa sul punto, comprendere se codesta dicotomia è stata tematizzata e se è stato rispettato precipuamente l’indirizzo normativo del d.lgs. 97/2016.

Il criterio dell’harm test, considerato strictu sensu, non impone alcun tipo di bilanciamento[35] all’amministrazione deputata alla valutazione dell’istanza civica, piuttosto sono diversificate le risultanze a cui doversi attenere per la P.A.

Unica eccezione all’affermata assenza di operazioni di bilanciamento tra interessi nella dinamica dell’harm test potrebbe ravvisarsi nel caso di contrasto con l’interesse-limite della privacy[36], governato dai criteri di fruizione dei dati personali[37], di pertinenza, non eccedenza, proporzionalità e adeguatezza implicanti un bilanciamento[38] tra ostensione del dato personale e danno paventabile per la sfera giuridica del soggetto[39].

Nel caso di difetto di interessi-limite, di carattere relativo ovvero assoluto, l’amministrazione sarà vincolata all’ostensione della documentazione richiesta, mentre, di contraltare, in caso di sussistenza di interessi-limite dovrà adempiere ad un’attività di indubbia discrezionalità, sul cui segno è opportuno intrattenersi.

Qualora fosse attuale un limite assoluto, così come individuato dal 3° comma dell’art. 5 bis, l’accesso sarebbe negato a fortiori.

Specularmente, la P.A., in tema di eccezioni relative, deve individuare l’interesse specifico leso, verificare il nesso eziologico tra il danno paventato e l’accesso, riscontrare ulteriormente che non sia un danno astratto, bensì concreto, attuale e sostanziale[40], non emendabile mercé gli strumenti dell’oscuramento e del differimento e pertanto motivare adeguatamente il ravvisato pregiudizio[41].

Codeste attività si compendiano in una serie concatenata di accertamenti tecnici[42] e valutazioni di discrezionalità tecnica[43], non ricadenti nella sfera politico-amministrativa[44].

E’ lapalissiano ribadire che nell’eventualità la P.A. ravvisasse un pregiudizio ad un interesse-limite, pubblico o privato, avente i crismi della concretezza, il diritto a conoscere del cittadino sarebbe sacrificato, senza alcun onere di ponderazione per l’amministrazione tra i contrapposti e antitetici interessi.

Di contraltare, il public interest test, quale addizione al criterio dell’harm test, coarta la P.A. a porre in essere un’ulteriore valutazione[45]:  dopo aver esperito le attività di discrezionalità tecnica di cui sopra si è detto, la medesima sarebbe deputata ad un bilanciamento, da farsi per proporzionalità[46] e ragionevolezza, sulla scorta di un giudizio di prevalenza che potrebbe premiare il diritto a conoscere, giacché accordata tutela preferenziale, nel caso contingente e previo detto bilanciamento[47], all’assioma della trasparenza.

Parte della giurisprudenza[48] e parimenti una fazione della letteratura amministrativistica[49]  hanno sostenuto che, nonostante non sia esplicitato normativamente, sia consustanziale all’impianto FOIA l’onere in capo alla P.A. di operare un ulteriore public interest test.

Tale asserzione è sostenuta mercé diversi riferimenti, quali le linee guida diramate dall’Anac, la parallela e più risalente attuazione del Regolamento (CE) n.1049 del 2001[50], contemplante il public interest test per alcune fattispecie[51], nonché attraverso la medesima ratio legis del FOIA.

Da tale combinato disposto, dette correnti giurisprudenziali e dottrinarie[52] hanno avanzato un’interpretazione tesa all’estensione della valutazione rimessa alla P.A., rispetto a richieste di accesso generalizzato, financo a ricomprendere, in un bilanciamento tra interessi confliggenti, la commisurazione del danno per il right to know[53].

Il rappresentato indirizzo, in cui la P.A. è assunta quale arbitro tra l’interesse civico alla conoscenza e i controinteressi pubblico-privati, potrebbe essere riverbero della tradizionale abitudine, divenuta prassi consolidata, degli operatori giuridici ad eseguire un bilanciamento nel campo di cogenza dell’accesso documentale di cui all’art. 24 della l. 241/90[54], seppur tale ponderazione, in sede di accesso civico, è esperita sulla scorta del controllo diffuso dell’azione amministrativa[55].

Indipendentemente dai perché, si pone ancoraggio a tale iter ermeneutico, informato da un esplicito favor per le ragioni della trasparenza amministrativa.

Pur volendo concedere giusta gratificazione al rappresentato indirizzo esegetico, di cui è latrice anche la sentenza esaminata[56], è comunque doveroso assumere dalla littera legis uno spunto oggettivo, riguardante la scelta in favore del solo harm test.

La mera citazione del test del pregiudizio concreto permette all’interprete, più recalcitrante a massimizzare la forza cognitiva del cittadino, di arrestarsi alla sola ponderazione della sussistenza del pregiudizio concreto. Sotto tale profilo, si esprime biasimo per la scelta del solo harm test, non congrua all’impellente esigenza di colmare un gap culturale del nostrano retaggio giuridico, per certi versi riottoso al riconoscimento del valore intrinseco dell’open data[57].

A conferma di quanto affermato, si riscontrano dinieghi ad istanze civiche, sulla scorta di un mero riferimento ai limiti normativi del 5 bis comma 1 e 2, contegno defatigatorio e lontano dallo stesso disegno di legge, censurato in una serie di pronunce del G.A.[58]

Oltre ad incidere sull’operatività del FOIA, tale deprecabile prassi amministrativa offre argomenti agli scettici della trasparenza re-attiva, improntata sull’accessibilità, a cui andrebbe preferita la versione pro-attiva, fondata sulla disponibilità e di talché sugli obblighi di pubblicazione prescritti ex lege[59]. In quest’ottica, però, si trascurano il carattere deontico e dirigista[60] e l’ipertrofia normativa di cui consta l’accesso civico semplice, lasciando non pochi dubbi sull’utilitas di codesto profluvio di trasparenza pro-attiva.

3.1. La concretezza del danno e il buon andamento quale ultronea “eccezione relativa” al FOIA

Uno dei pericula per le ambizioni del FOIA è rappresentato da un’eventuale lettura distorta dell’harm test: sottraendo a tale apprezzamento ascritto alla P.A. il crisma della concretezza[61], si pone la stura a forme di limitazione dell’accesso civico incardinate sul pregiudizio astratto o proto-astratto[62].

A fronte del “prontuario” normativo, le applicazioni dell’harm test e le valutazioni provvedimentali della P.A. si sono attestate, talvolta, su posizioni negazioniste l’accesso civico generalizzato, fondate sulla mera sussistenza di un generico pregiudizio ad un interesse limite.

Potenziali correttivi a tale dissertato sviamento della ratio legis del FOIA potrebbero ritrovarsi in un’attività di monitoraggio più solerte dell’ANAC, nonché in un austero sindacato giurisdizionale della valutazione del pregiudizio operata dalla P.A.

 In tal senso, al G.A. è dato rivisitare, in melius per l’istante, la valutazione della concretezza del pregiudizio ed ordinare l’esibizione dei documenti.

Di tal guisa, in via processuale è possibile ottenere la riforma del rigetto illegittimo della P.A., fondato sulla base di un pregiudizio astratto, ed in combinato la condanna all’ostensione per la medesima, attesa la atipicità del rito di cui all’art.116 c.p.a.[63], preordinato all’accertamento del diritto all’accesso, piuttosto che alla mera demolizione e cassazione dell’atto di diniego illegittimo[64].

Esemplificativa la sentenza del TAR Campania di cui si è fatta discettazione, allorquando deliba, in senso negativo per l’Ente Comunale, l’insussistenza della violazione del limite della buona fede[65] del civis e del dovere di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, sostenuti dal Comune resistente in relazione all’asserito carattere massivo della richiesta di ostensione presentata dal ricorrente[66].

In tesi, il buon andamento della P.A., quale regola di condotta degli uffici pubblici e assioma di pregio costituzionale, può elevarsi a limite ulteriore e cumulato a quanto prescritto dall’art. 5 bis comma 1 e 2, essendo l’abuso di diritto[67], in tal caso del diritto di accesso civico[68], sempre censurabile[69], indipendentemente dalla sussistenza di un riferimento espresso legislativo; la P.A. ha, comunque, l’obbligo di definire come e in che termini si realizza tale abuso del diritto a conoscere del cittadino, lesivo di detto prisma costituzionale.

In tema è utile tener presente che la clausola di invarianza economica e la concomitante implementazione del FOIA, senza un effettivo supporto economico per le P.A. né di aggiornamento formativo del personale per le inedite pratiche di accesso civico, incide effettivamente sulla plausibile difficoltà istruttoria alla celere e compiuta risposta della P.A. Quest’ultima, dal suo canto, ha l’onere di  evitare l’assunzione di un contegno renitente, trincerandosi dietro astratte impossibilità di soddisfazione dell’interesse a conoscere del cittadino, accampando apodittiche giustificazioni a supporto della negata ostensione degli atti e/o informazioni di cui si è fatta richiesta.

In sostanza, il buon andamento e l’abuso del diritto debbono essere puntualmente provati, giacché, di converso, il limite del buon andamento si sottrarrebbe al criterio del pregiudizio concreto a cui anch’esso è sottoposto[70].

4. Incerta natura dell’interesse civico a conoscere e “funzionalizzazione” dell’accesso civico generalizzato

Uno degli aspetti decisivi ai fini non solo del dibattito dottrinario, bensì anche per la piena estrinsecazione della riforma del Freedom of Information Act, è l’identificazione della natura giudica dell’interesse a conoscere sotteso all’istanza di accesso civico.

E’ opportuno, pertanto, soffermarsi sulla tesi della funzionalizzazione dell’istanza di accesso generalizzato all’interesse maior della trasparenza amministrativa[71], talvolta individuato nella partecipazione al dibattito pubblico[72], oppure in un diritto politico di conoscenza del cittadino, in finalità anticorruttive[73] ovvero come un diritto soggettivo a conoscere[74], riprendendo, in tale declinazione, la musa ispiratrice del parallelo americano[75].

Sin da subito, è d’uopo biasimare tale prospettazione esegetica[76], attraverso cui s’intende, consapevolmente o inconsciamente, ridurre in via drastica la portata effettuale dell’accesso civico generalizzato, sulla scorta di un’esegesi che si pone ben al di là del confine segnato dalla legge, oltre che mortificante le ragioni storiche e civiche poste a sostegno dell’introduzione nel nostro ordinamento di uno strumento d’accesso di così ampio raggio[77].

Il busillis da sviscerare pone l’obbligo di trattare cumulativamente e sinotticamente i due profili, ovverosia il discernimento della substantia[78] soggettiva dell’istanza di accesso civico e la funzionalizzazione della medesima.

La combinazione tematica offerta si dispiega in prima facie sull’esame, quale prius-logico giuridico, degli argomenti della funzionalizzazione, al contempo confutandone i presupposti nonché gli approdi, ed in via successiva sull’ontologia dell’istanza civica.

Come ictu oculi evincibile dalle prescrizioni normative del d.lgs. 97/2016, l’istanza d’accesso civico non abbisogna di alcuna motivazione[79]; è concesso a chiunque richiedere informazioni, dati e/o documenti nella disponibilità della P.A., fatti salvi i limiti di cui si è detto, e che le amministrazioni debbono provvedere espressamente alle istanze di cui sono destinatarie.

Orbene, da tale dinamica, è possibile trarre logiche conseguenze, quale ad esempio la facoltà, in potenza, del cittadino di porre in essere richieste di ostensione per fini, anche non esplicitati, puramente egoistici o personali, del tutto svincolati dalle finalità poliedriche del FOIA[80].

La tesi della funzionalizzazione nega tale ampiezza all’accesso civico: inteso in siffatta versione, esso è reputato situazione giuridica tutelabile solo in caso di esclusiva corrispondenza tra gli aneliti conoscitivi del civis e le finalità della trasparenza[81], strutturalmente polisemica[82] in virtù dei molteplici obiettivi perseguiti[83].

Si è così posta in essere una commutazione dell’accesso civico generalizzato: la pretesa funzionalizzazione dell’istanza civica esclude la generale facoltà di conoscere ex parte civis, circoscrivendo il campo della conoscibilità dell’agere pubblico a coloro i quali detengono interessi qualificati, di rilievo sociale e giornalistico.

Il biasimo da rivolgere a tale filone interpretativo riposa sulla circostanza che la disciplina normativa FOIA non richiede   un interesse qualificato e differenziato in capo all’istante e nell’altrettanta assenza di un limite di legge a coltivare richieste alla P.A. sostenute da scopi non riconducibili agli obiettivi di deterrenza della corruzione o di partecipazione al dibattito pubblico[84].

Al di là della dissertazione su dove porre l’accento tra le ragioni del FOIA, la pretesa funzionalizzazione dell’istanza a conoscere, come correttamente rilevato in dottrina[85], riporta alla mente la teoria dell’interesse occasionalmente protetto[86],  giacché reputa meritevoli di asseverazione solo istanze in un certo senso “virtuose” per la loro ascrivibilità agli scopi della trasparenza[87].

Il misunderstanding di tale elucubrazione giurisprudenziale è l’aver considerato le finalità dell’accesso civico quali ulteriori limiti dello stesso, aggiungendo le medesime, in via interpretativa, al catalogo delle eccezioni assolute e relative di cui all’art. 5 bis[88];  in tal senso, s’intende approfondire sotto due diversi profili tale contestata prospettazione.

In primis, l’ulteriore filtro imposto alle istanze di accesso civico generalizzato appare una marchiana fallacia dell’applicazione del criterio del public interest test.

Secondo la teoria della funzionalizzazione[89], il test dell’interesse pubblico patisce non solo un arretramento procedimentale bensì anche un’interversione logica[90]: la P.A. sarebbe deputata a porre in essere un sindacato volto a stabilire la meritevolezza dell’istanza, superabile soltanto se la medesima è congrua allo spirito della trasparenza, agli obiettivi diversificati della stessa, dovendosi cassare le istanze non funzionali a scopi pubblici perché non guadano il test del pubblico interesse.

Il criterio del public interest test da complementare addizione all’harm test addiviene ad un quid ben differente, ovverosia, a massifica - a tratti indefinita- limitazione all’accesso civico. Piuttosto che come ulteriore garanzia dell’interesse a conoscere, esso è concepito come filtro arbitrario posto in capo alle amministrazioni, aventi plena signoria nello statuire sulla congruenza tra fine privato e finalità pubblicistiche.

In via ulteriore, la pretesa funzionalizzazione assume una posizione di indiscutibile contraddittorietà con la struttura ex lege conferita all’accesso civico[91].

Il superamento di un public interest test così malamente inteso obbligherebbe l’istante a motivare la propria richiesta di ostensione, laddove la prescrizione normativa non impone codesto onere[92].

Nel caso della sentenza del TAR Campania esaminata,  il ricorrente aveva debitamente motivato la propria istanza, giacché abbinata ad una richiesta di accesso documentale; in tale fattispecie, la motivazione ha assunto un peso specifico non in ordine all’ammissibilità dell’istanza, bensì in ragione di una ponderazione tra accesso e contro-interessi, resa attuale dall’adozione del criterio del public interest test, nella sua veste originaria ed “esegeticamente non contaminata” dalla teoria della funzionalizzazione.

E’ da segnalare la posizione assunta recentemente dal Consiglio di Stato, in sede plenaria, che ha espressamente bannato codesta tesi[93], di cui si è fatta menzione, si spera, solo come dato storico giurisprudenziale, non più riproponibile sulla scorta del decisum nomifilattico del Consiglio di Stato.

Non può non commentarsi con soddisfazione tale puntualizzazione interpretativa in relazione alla disquisizione sulla natura dell’istanza di accesso civico generalizzato.

La controversia non è de lana caprina, giacché una definizione precipua di tale situazione giuridica subiettiva permetterebbe di concedere una più marcata vigoria alla pretesa civica del cittadino a conoscere[94].

Si riporta, in merito, la lucida constatazione  del Prof. Gardini secondo cui “l’accesso civico possiede di riflesso una natura ambigua, in quanto simultaneamente ascrivibile ai diritti individuali di libertà e ai metodi di lotta all’illegalità”, e seppur criticando la teoria della funzionalizzazione, atteso il difetto di un precipuo conforto costituzionale, rileva che l’accesso civico potrebbe assumere i connotati di una “creatura ermafrodita sospesa tra il diritto soggettivo e la funzione, di cui mostra entrambi i caratteri genetici” [95].

In sintesi, tale quaestio è rappresentata come un dilemma definitorio difficilmente risolvibile in mancanza di un esplicito appiglio costituzionale che faccia della trasparenza, comunque la si voglia intendere, un assioma di pari dignità ad altri diritti ineludibili del domestico asset assiologico.

In questo scritto, si propone un inquadramento sistematico della natura giuridica dell’accesso civico generalizzato, seppur ancora dialogicamente aperto in virtù della relativa “giovinezza” del dibattito.

Non s’intende ridimensionare l’impellenza della polemica[96], sulla scorta di una effettiva ed oramai consolidata equipollenza, in termini di tutelabilità[97], tra interessi e diritti[98].

Il distinguo tra detti archetipi[99], infatti, serba ancora una fervente vitalità in ragione della “confidenza” con il pubblico potere e con l’attività discrezionale della P.A. degli interessi legittimi[100], sconosciuta ai diritti soggettivi.

Tanto premesso, si opta per un’innovativa considerazione dell’istanza civica quale “interesse legittimo fondamentale”[101],  instillato nel nostro ordinamento attraverso l’introduzione del FOIA.

Codesta felice definizione, condivisa per la pregevole pregnanza semantica, è stata utilizzata recentemente in ambito sanitario[102] e mutatis mutandis anche con riguardo all’accesso civico generalizzato[103].

Recentissima dottrina, si è espressa non solo favorevolmente a riguardo della categoria dell’interesse legittimo fondamentale, ma in termini di imprescindibilità di codesta nozione, sostenendo che “deve essere riconosciuto che nell’ordinamento costituzionale italiano un diritto inviolabile assume frequentemente la consistenza e la forma di un interesse legittimo, quale dimensione che presuppone l’esistenza dell’attribuzione di un potere pubblico, sorto ed organizzato per bilanciare, e contemperare l’interesse sotteso ad un bene della vita, pur di rango costituzionale, con gli interessi  pubblici e altri interessi privati. L’interesse legittimo, quale sintesi tra interesse pubblico e privato, diviene così la regola della Costituzione dei diritti, ossia la dimensione paradossalmente naturale di un diritto fondamentale nella forma di Stato italiana, posto che soltanto rispetto ai valori della relatività e costituzionale, di cui il potere si fa portatore, è possibile comprendere il nucleo essenziale di un diritto fondamentale, al di fuori della solitudine e dell’astrattezza di esso.”[104]

Natura dell’interesse a conoscere quale interesse legittimo fondamentale, di cui si può comprimere[105] una parte permanendone indegradabile il core[106], è la chiave di lettura che assicura e sterilizza dai rischi di riproposizione, di inaugurata riviviscenza e di diabolica perseveranza della teoria della funzionalizzazione; di tal guisa, si giustifica anche la combinata trattazione.

Non può convivere l’attribuzione “fondamentale” nell’interesse civico, se ad esso si impone una coartata funzionalizzazione, riportando in auge una versione dell’interesse occasionalmente protetto che ex se non assume, probabilmente, neanche i connotati sostanziali di una posizione autonoma e distinta dall’interesse pubblico, attesa la accessorietà strutturale di cui consta[107].

Oltre alle quivi denunziate contraddizioni in termini, informanti la asserita funzionalizzazione dell’istanza civica, risulta incolmabile lo iato tra ciò che è stimato imprescindibile per la realizzazione di una consapevole coscienza politica del cittadino e una forma di ostracismo amministrativo non avente alcun conforto normativo né, come si è rilevato, sistemico.

Allorquando si acclama l’attribuzione di “fondamentale”[108] per l’istanza di accesso generalizzato, non è specularmente data facoltà di operarne una funzionalizzazione di sorta, in ragione del paradossale  riverbero paventabile: apprestare una tutela occasionale ad un interesse legittimo avente, almeno nel suo core, un prisma di intangibilità[109], è un’incontrovertibile quanto inaccettabile antinomia logica e giuridica.

5. Conclusioni

Il presente studio ha avuto quale anelito la proposizione di una riflessione ad ampio raggio, focalizzata sul sistema FOIA, introdotto in Italia nel 2016, trascurandosi volutamente i rapporti di parallelismo normativo e giurisdizionale[110] tuttora sussistenti con l’accesso civico semplice e l’accesso documentale[111], definito anche classico[112].

Tale velleità, poi confluita in atto, si spiega per il carattere assolutamente inedito dell’accesso civico generalizzato, il quale ha rappresentato un oggettivo capovolgimento del rapporto tra ostendibilità e riservatezza dell’azione pubblica, conferendo al cittadino un poderoso strumento di conoscenza sulla scorta del solo stato civico del medesimo.

I limiti posti dalla legge all’accessibilità a documenti e/o informazioni detenuti dalla P.A. del chiunque sono individuati in categorie, indi, per definizione, soffrono di una ineludibile genericità[113].

Non contestandosi a priori tale opzione normativa, attesa la palmare difficoltà di adozione di un approccio tassativo e analitico delle eccezioni, risulta consequenziale la marcata responsabilità del momento interpretativo, il cui corretto o fallace assolvimento condiziona il grado di effettività dell’inedita regolamentazione FOIA.

La severità del sindacato a cui sono demandate le P.A., in merito all’assentibilità di un’istanza civica, è elemento determinante per porre giusto ossequio al criterio dell’harm test: ove non si riscontrino i presupposti di causalità, di effettività del danno, la concretezza della lesione paventata ad uno degli interessi limite non sussiste sicché l’accesso deve, in perifrastica passiva, esser concesso all’istante.

Chiarita la decisività della corretta esplicazione dell’esame del pregiudizio concreto, merita approfondimento l’ipotesi di fruizione dell’ulteriore criterio del public interest test, complementare ed integrativo dell’harm test.

Codesta eventualità non gode di una precipua base normativa, rifacendosi ai principi di ragionevolezza e proporzionalità[114] e al modus operandi della P.A., chiamata ad una valutazione complessiva ed omnicomprensiva dell’intero arco di interessi in gioco.

L’introduzione, per tale sillogismo, di un cumulato criterio di giudizio, ultima guardiania dell’interesse a conoscere, imporrebbe un bilanciamento da compiersi tra situazioni giuridiche antitetiche e da risolversi in base ad un crisma di prevalenza[115], attribuita alternativamente alla trasparenza[116] oppure all’esigenza di protezione di altro e opposto interesse[117].

Seppur apprezzabile da un punto di vista valoristico, tale ermeneusi esorta ad alcune osservazioni prognostiche in punto processualistico.

Il criterio dell’harm test si fonda sulla stima del danno concreto ad uno degli interessi-limite, motivato con acribia dalla P.A. affinché il cittadino-istante possa essere compiutamente reso edotto dei motivi fondanti la reiezione all’istanza civica presentata.

In tale solco, l’eventuale vaglio giudiziario, potrebbe ravvisare, anche sotto l’egida di un sindacato debole[118], un vizio di eccesso di potere, oltre ad un’ipotesi di violazione di legge per difetto di motivazione, tale da permettere al Giudice amministrativo di condannare la P.A. all’esibizione dei documenti, dati e/o informazioni oggetto dell’istanza, avendo in via previa accertato l’illegittimità del rigetto della stessa.

Seppur l’humus sul quale si staglia codesto sindacato giurisdizionale, spinto nei meandri della discrezionalità tecnica[119],  è argomento storicamente delicato, in siffatta prospettiva, il G.A. avrebbe facoltà di assicurare il raggiungimento del bene della vita al ricorrente, attraverso la condanna all’ostensione di quanto in via amministrativa negato dalla P.A..

Sulla epistemologia delle facoltà di cognizione del G.A. rispetto al crinale della discrezionalità tecnica, le recenti affermazioni del Presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, sono lampante dimostrazione di quanto il giudizio di legittimità abbia ampliato la propria capacità di cognizione, in quanto “la discrezionalità tecnica o attiene al fatto o alla discrezionalità amministrativa. In entrambi i casi pertiene al giudizio di legittimità, soprattutto alla luce della giurisprudenza europea e all’introduzione dei test di proporzionalità e adeguatezza nel sindacato giurisdizionale. Il giudice, se non conosce precisamente il fatto, non è un giudice, perché egli si pronuncia su un “caso”, di cui il fatto è elemento consustanziale”[120].

Orbene, l’aggiuntivo criterio del public interest test imporrebbe un bilanciamento per prevalenza a cui sarebbe titolata la P.A., indi l’esperimento di un’attività di discrezionalità amministrativa.

 In tal caso, potrebbe escludersi ex se la facoltà di condanna all’ostensione dei documenti, in cagione dell’invalicabilità del confine del merito amministrativo[121], concesso al G.A. solo nei casi di cui all’art. 134 del c.p.a., tra i quali non è annoverata la materia dell’accesso.

Benché una visione aggiornata dell’intera vicenda processuale amministrativa suggerisca al G.A. di utilizzare fundutus gli strumenti di cognizione, cassatori e conformativi, il limen della discrezionalità amministrativa[122] permane un confine inviolabile affinché sia fatto salvo il sacro principio di separazione dei poteri[123]. Sul punto, ancora il Presidente Patroni Griffi riferisce che “il merito amministrativo non coincide con la discrezionalità tecnica, a meno di voler sottrarre alla giustiziabilità aree rilevanti di intermediazione pubblica. Il merito è proprio la scelta effettuata in concreto, ma “correttamente”: il che vuol dire, non solo scelta conforme ai canoni di logicità, ragionevolezza e completezza di istruttoria, ma anche una scelta che, attraverso la consapevole comparazione tra le ipotesi possibili, sia la migliore nella situazione data. Oggi merito insindacabile significa solo che il giudice non può, soggettivamente, sostituire la propria scelta a quella dell’amministrazione; ma la scelta effettuata, sotto il profilo oggettivo, è sindacabile sul piano della legittimità e non appartiene al merito”[124].

In via ulteriore, la particolarità del giudizio avente ad oggetto l’accesso civico[125] non si evidenzia solo rispetto alla potestà concessa al giudicante di ordinare l’esibizione dei documenti, bensì pone una discussione sull’opportunità di aderire ad un crisma di atipicità delle azioni[126], da sussumere ad un principio generale di atipicità della tutela[127], posto che la liturgia processuale di cui all’art. 116 c.p.a. si palesa per certi versi non del tutto esaustiva rispetto alle diverse eventualità pronosticabili in tema di FOIA[128].

Al netto della blandita meditazione in punto processualistico, un focus non epidermico è da fissare sul monitoraggio dell’approccio delle amministrazioni rispetto al vaglio delle istanze di accesso civico generalizzato[129] mediante un penetrante esame della concretezza del pregiudizio patito, in potenza, dagli interessi-limite di cui all’art. 5 bis.

La connaturata ampiezza concettuale dei limiti del FOIA, nel caso di espansione indiscriminata degli stessi, mediante l’arbitrarietà della esegesi della nozione di pregiudizio concreto, esautorerebbe in toto il sistema FOIA. Quest’ultimo, d’altronde, postula una forza conoscitiva del civis “ontologicamente invadente” nei confronti della P.A., non passibile di essere smentita in sostanza e nei fatti.

La vis cognitiva concessa al cittadino dall’accesso generalizzato, in caso di distorsione dell’harm test, potrebbe ridursi ad uno spazio così marginale da rendere vano il tentativo di saltum culturale e civico del nostro ordinamento affinché finalmente si concretizzi la risalente visione onirica di una Pubblica Amministrazione “casa di vetro”[130].

Dall’esperimento di un corretto harm test, si dispiega il trapasso verso la salvaguardia del Freedom of Information Act e del successo dello stesso, ribadendo che esso ha importato, nella relazione pubblico- privato, una rivoluzione copernicana: ha posto le basi per la formazione di una coscienza politica e partecipativa agli affari della res publica.

Resta inteso, ovviamente, che il solo strumento FOIA, pur sapientemente maneggiato, non può essere l’unico atout speso dalla nostra democrazia per attualizzare gli aneliti di coinvolgimento del cittadino nell’organizzazione dello Stato e di schiarimento dell’azione pubblica.

La sentenza del TAR Campania 2486/2019, assunta come caso di studio, ha affrontato diversi profili “sensibili” della materia del contendere interessante il FOIA, sopraggiungendo a degli approdi di cui si condivide pienamente il tenore concettuale, tanto da poter ritenere codesto arresto pretorio una sorte di “vademecum” per l’applicazione costituzionalmente orientata della disciplina normativa della trasparenza.

In conclusione, non può tacersi che l’illuminato approccio del TAR Campania, ispirato all’integrazione del criterio dell’harm test,  è la via maestra affinché si custodisca il core di un interesse civico a conoscere, assurto, non per azzardo di commento, all’altare del “fondamentale”,  atteso che “il riconoscimento della categoria degli interessi legittimi fondamentali e della giurisdizione amministrativa sui diritti inviolabili, presuppone anche il riconoscimento di un’Amministrazione, non più nemico naturale ma sempre più, in un ordinamento complesso, potenziale garante dei diritti fondamentali e della loro attuazione”[131].

Risulta imprescindibile, quindi, per dar seguito al progetto di una effettiva mutatio libelli del rapporto cittadino-Pubblica amministrazione[132], là dove il privato possa addivenire ad una cognizione esaustiva dell’azione pubblica, che non si apporti alcuna forma di dimensionamento del FOIA, giacché, di converso, l’agognata svolta civico-culturale potrebbe patire un macroscopico e irrimediabile “pregiudizio concreto”.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Si vedano, tra i tanti, i primi contributi della dottrina di commento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato, da approfondire con attenzione per il carattere prognostico del giudizio degli autori: S. Foà, La nuova trasparenza amministrativa, in Diritto amministrativo, 2017, fasc. 1  pag. 65 – 99; E. Carloni,  Se questo è un FOIA, in Astrid, n.4/2016; D. U. Galetta, Accesso civico e trasparenza della Pubblica Amministrazione alla luce delle (previste) modifiche alle disposizioni del Decreto Legislativo n. 33/2013, in Federalismi.it, n.5/2016; M. Savino, Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, in Giorn. Di dir. Amm., n.5/2016; A. Porporato, Il “nuovo” accesso civico “generalizzato” introdotto dal  d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 attuativo della riforma Madia e i modelli di riferimento, in Federalismi.it n. 12/2017.

[2] Rispetto al carattere prevalente della trasparenza pro-attiva, a discapito di quella re-attiva, si segnala il contributo di E. Carloni, Il nuovo diritto di accesso generalizzato e la persistente centralità degli obblighi di pubblicazione, in Dir. Amm., fasc. 4/2016, pag. 579.

[3] Come sommo riferimento, nonostante la vastità della letteratura giuridica in tema di accesso documentale, si veda A.  Romano, L’accesso ai documenti amministrativi, in A. Romano(a cura di), L’azione amministrativa, Torino; Giappichelli, 2016, 910 ss. Tra i contributi in ambito di accesso classico più risalenti, da leggere con ancora più attenzione all’indomani della rivoluzione FOIA, si segnalano A. Petrina Antonio, Procedimento amministrativo e diritto di accesso. precedenti giurisprudenziali e valutazioni dottrinarie, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1992, fasc. 22  pag. 2348 – 2368; P. Hamel, Segreto procedimentale e diritto d' accesso agli atti ed alle informazioni della P.A.,  in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1990, fasc. 18  pag. 1889 – 1893; E. Sessa,  Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Rivista Amministrativa della Repubblica Italiana, 1990, fasc. 11  pag. 1552 – 1559; S. Piraino, La trasparenza dell' azione amministrativa: diafanità di un concetto, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1991, fasc. 3-4  pag. 263 – 265; E. Cannada-Bartoli Eugenio,  Brevi note sull'accesso ai documenti amministrativi, (Nota a TAR LO 27 novembre 1991, n. 905), in Il Foro amministrativo, 1991, fasc. 10  pag. 2655 – 2658; F. Patroni Griffi, Un contributo alla trasparenza dell' azione amministrativa: partecipazione procedimentale e accesso agli atti (legge 7 agosto 1990, n. 241), in Diritto processuale amministrativo, 1992, fasc. 1  pag. 56 – 72; F. Portoghese, Principio di partecipazione e diritto di accesso alla luce delle l. 8 giugno 1990 n. 142 e 7 agosto 1990 n. 241, in Il Foro amministrativo, 1993, fasc. 5  pag. 1180 – 1197.

[4] Per una compiuta ricostruzione delle diverse forme d’accesso, rispondenti a finalità disparate e pertanto non sovrapponibili tra loro, si veda il contributo di F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione retorica, in Federalismi.it, n. 10/2019

[5] Così M. Savino, Il FOIA italiano e i suoi critici: per un dibattito scientifico meno platonico, in Dir. Amm., fasc. 3/2019. L’A. invita gli studiosi a focalizzarsi sull’esperienza del FOIA, piuttosto che dibattere su aspetti di carattere meramente formale dello stesso.

[6] Locuzione di G. Gardini, Il paradosso della trasparenza in Italia: l’arte di rendere oscure le cose semplici, in Federalismi.it, n. 1/2017, p.2.

[7] Pregevole, per la ricostruzione sistematica in esso contenuta, il recente saggio di A. Moliterni, La natura giuridica dell’accesso civico generalizzato nel sistema di trasparenza nei confronti dei pubblici poteri, in Dir. Amm., fasc.3/2019, pag. 577.

[8] Si segnalano, per una lettura in chiave comparatistica dell’istituto FOIA, diversi contributi: M. Magri, La trasparenza “oltre il FOIA”. Attualità e limiti del modello statunitense, in Il Foia Italiano: vincitori e vinti, (a cura di) G. Gardini- M. Magri, Maggioli, 2019; E. F. Cerasaro, Il bilanciamento tra trasparenza e privacy. Il Regolamento UE 679/2016 (GDPR), (a cura di) A. Corrado, in Conoscere per partecipare: la strada tracciata dalla trasparenza amministrativa, Napoli, 2018; C. Tommasi, Le prospettive del nuovo diritto di accesso civico generalizzato, in Federalismi.it, n. 5/2018.

[9] Si cfr. S. Villamena, Il c.d. FOIA (o accesso civico 2016) ed il suo coordinamento con istituti consimili, in Federalismi.it, n.23/2016.

[10] Per una riflessione squisitamente di rito sull’accesso complessivamente considerato, si veda V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in Federalismi.it, n. 11/2018.

[11] Si cfr. A. Corrado, Il silenzio dell'amministrazione sull'istanza di accesso civico generalizzato, in Federalismi.it, n.5/2017.

[12] In dottrina si segnala il contributo di A. Amodio, Il principio di trasparenza e il procedimento amministrativo: dal diritto di accesso documentale al diritto di accesso civico, in Amministrativamente, n. 1-2/2018.

[13] In via preliminare, si segnala l’esaustivo contributo di M . Lipari, Il diritto di accesso e la sua frammentazione dalla legge n. 241/1990 all’accesso civico: il problema delle esclusioni e delle limitazioni oggettive, in Federalismi.it, n. 17/2019.

[14] In merito alla vetusta propensione al segreto, come anacronistica regola di condotta della P.A., si vedano i risalenti apporti in dottrina: G. Paleologo, Segreto e pubblicità nella pubblica amministrazione, in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1978, fasc. 1  pag. 3 – 83; A. Meloncelli Achille, La circolazione della conoscenza nel diritto pubblico, in Il Foro amministrativo, 1984, fasc. 9-10  pag. 2008 – 2016; D. Resta, Segreto e trasparenza nell' attività della pubblica amministrazione: una difficile ma possibile coesistenza, in I Tribunali amministrativi regionali, 1989, fasc. 7-8  pag. 219 – 230; Id, Problemi attuali: segreto e trasparenza nell' attività della pubblica amministrazione, in Economia pubblica, 1990, fasc. 1-2  pag. 79 – 83; S. Girella Stefano,  Il segreto d' ufficio nell' evoluzione normativa disciplinare, in I Tribunali amministrativi regionali, 1991, fasc. 5-6  pag. 243 – 251; F. Rocco, Note in tema di segreto di stato e di accesso ai documenti amministrativi, in Diritto e società, 1992, fasc. 1  pag. 179 – 186. In ambito monografico, si vedano G. Arena, Il segreto amministrativo. Profili storici e sistematici, I, Padova, Cedam, 1984; ID., Il segreto amministrativo. Profili teorici, II, Padova, Cedam, 1984; L. Acquarone, Il segreto di ufficio, Milano, 1965.

[15] Cfr. P. Farinacius, Praxis et theoricae criminalis, pars IV, MDCXXXI, 46, Quaestio CXIII, n. 215, citato in G. Arena, Il segreto amministrativo, cit.

[16] In specie, era così circostanziato  l’oggetto delle istanze: " - tutte le licenze commerciali di qualunque natura rilasciate nel comune di Serrara Fontana; - dei certificati di agibilità di dette attività commerciali (alberghi, ristoranti, negozi, ecc.); - delle domande di condono non ancora evase ovvero a cui non è stata ancora concessa la sanatoria in relazione ad immobili in cui vengono esercitate attività commerciali per le quali è stata rilasciata licenza di commercio; - di tutte le continuità d'uso rilasciate per immobili sottoposti a pratica di condono non ancora esaminata e concessa visto che il T.A.R. non l'ha riconosciuta come equipollente del necessario requisito dell'agibilità".

[17] E’ d’uopo precisare che l’accesso civico non prescrive alcun onere motivazionale dell’istanza, esperito nel caso che occupa dal ricorrente per aver combinato l’istanza civica con l’ulteriore e cumulata istanza documentale. La circostanza che la richiesta di accesso civico non presupponga la motivazione a sostegno è conseguenza della considerazione dell’attribuzione a “chiunque” della conoscenza di tutti i dati e/o informazioni in possesso della P.A. Si veda, sull’interesse a conoscere del quisque de populo, il contributo di V. Torano, Il diritto di accesso come azione popolare, in Diritto amministrativo, 2013, fasc. 4  pag. 789 – 840. Si segnala, inoltre,  il saggio di B. Ponti, La trasparenza amministrativa ed i suoi strumenti: dalla pubblicità all’accesso generalizzato: dalla pubblicità all’accesso generalizzato, in (a cura di B. Ponti) Nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni, Maggioli, 2016, il quale pone un accento sulla determinante differente di dizione normativa sussistente tra accesso civico semplice e generalizzato: per il primo, la normativa affermava che l’istanza “non deve essere motivata”, mentre per il secondo così recita “non richiede motivazione”. L’Autore ne trae un determinante effetto così eloquentemente illustrato: “il legislatore del 2013 aveva tradotto la assiologica impossibilità di una motivazione della richiesta, in un positivo divieto della stessa…. La nuova disciplina stabilisce che la presenza di una motivazione non costituisce requisito necessario ai fini della procedibilità della richiesta di accesso…”. Tale puntuazione è il preludio ad una conclusione dell’A. qui condivisa: ove mai fosse necessaria valutare la lesività dei controlimiti, l’Amministrazione potrebbe vagliare, per bilanciamento, anche i motivi dell’istanza, i quali, in tal veste, avrebbero un peso non accessorio per la decisione della P.A. sull’ostensione dei documenti petiti.

[18] Sulle potenzialità dell’accesso civico, si vedano le due sentenze del Tar Campania- Napoli, sez. VI, 13 dicembre 2016, n. 5299 e sez. VI, 22 dicembre 2017, n. 6028, mediante le quali il TAR ha dapprima confermato la legittimità della reiezione alla richiesta di accesso documentale, la quale, riproposta in termini “civici”, ha trovato precipuo accoglimento mercé il secondo arresto pretorio.

[19] Linea Guida Anac n. 1309 del 2016: “Dunque, l’accesso agli atti di cui alla l. 241/90 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi. Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni”.

[20] Si veda il punto n. 1 della sentenza in commento.

[21] Si veda il punto n. 2 della sentenza in commento.

[22] Si riporta parte del punto 3: “I limiti all'accesso documentale: istanze preordinate al controllo generalizzato. L'art. 24, della L. n. 241 del 1990 prevede gli interessi pubblici e privati che devono essere tutelati in caso di istanza di  accesso documentale e che necessariamente devono essere considerati e bilanciati in sede di decisione. Il co. 3 del medesimo articolo dispone, inoltre, che non possono essere ammesse istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni, intendendosi con ciò che l'istituto dell'accesso ai documenti (contrariamente a ciò che consente la disciplina in tema di accesso civico, di cui si dirà a breve) non è preordinato a soddisfare, in senso lato, l'interesse al buon andamento dell'attività amministrativa, ovvero ad assicurare un regime di trasparenza finalizzato a consentire "il controllo" sull'efficienza o sull'efficacia dell'azione amministrativa”.

[23] Si veda, con riguardo ai limiti strutturali dell’accesso documentale, E. De Carlo, Limiti al diritto d'accesso. l'attuale quadro normativo esclude l'esercizio attraverso l'acquisizione di una indefinita serie di documenti riguardanti l'intera attività gestionale svolta dalla pubblica amministrazione, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2007, fasc. 1 pag. 72 – 85. L’A. commentando gli aggiornamenti legislativi intervenuti concernenti l’accesso classico, segnala come le nuove disposizioni  normative, recependo l'orientamento formatosi in giurisprudenza sul previgente testo della l. 241/1990, escludano che il diritto di accesso possa essere esercitato attraverso l'acquisizione di una indefinita serie di documenti riguardanti l'intera attività gestionale svolta dalla p.a. Ricorda, sulla base dell'attuale punto di elaborazione della giurisprudenza amministrativa, che la domanda d'accesso agli atti amministrativi deve rispettare alcuni principi fondamentali, quali avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile, riferirsi a specifici documenti, essere finalizzata alla tutela di uno specifico interesse giuridico di cui il richiedente è portatore, non costituire uno strumento di controllo generalizzato dell'operato della p.a. e non essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo.

[24] In dettaglio, nel punto n. 3 così si esprime il TAR Campania- Napoli: “La posizione legittimante, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo, deve essere però giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa. Proprio di recente il supremo consesso della Giustizia Amministrativa ha ulteriormente chiarito che, pur rientrando la valorizzazione del principio della massima ostensione nell'ambito del nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadini e potere pubblico, improntato a trasparenza e accessibilità dei dati e delle informazioni, ciò non vuol dire che esso possa estendersi fino al punto da legittimare un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'amministrazione”.

[25] Così conclude il Tar Campania sulla legittimità della reiezione della P.A. alla richiesta di accesso documentale: “Alla luce dei principi sopra richiamati, l'istanza di accesso documentale formulata dal ricorrente deve essere respinta in quanto soggiace al limite di cui all'art. 24 co. 3 poiché preordinata ad un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione, avendo richiesto il ricorrente di avere copia di "tutte le licenze commerciali di qualunque natura rilasciate nel comune di Serrara Fontana; dei certificati di agibilità di dette attività commerciali (alberghi, ristoranti, negozi, ecc.); delle domande di condono non ancora evase ovvero a cui non è stata ancora concessa la sanatoria in relazione ad immobili in cui vengono esercitate attività commerciali per le quali è stata rilasciata licenza di commercio; di tutte le continuità d'uso rilasciate per immobili sottoposti a pratica di condono non ancora esaminata e concessa".

[26] Si veda il punto 6 della sentenza in commento.

[27] E’ ampio il ventaglio di obiettivi perseguiti dalla trasparenza amministrativa, tra cui si annoverano il contrasto alla corruzione, la partecipazione democratica e il diritto a conoscere, sia in veste finalistica che strumentale, del cittadino. In merito alle diverse forme assiologiche delle trasparenza si segnalano, tra i tanti, diversi contributi: D.U. Galetta, Trasparenza e contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione: verso un moderno panottico di Bentham?, in Diritto e società, 2017, 1, pp. 43-68; A. Pajno,  Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, in Giustizia civile, 2015, 2, pp. 213-246; G. Terracciano,  La trasparenza amministrativa da valore funzionale alla democrazia partecipativa a mero (utile?) strumento di contrasto della corruzione, in Amministrativamente, 2014, 11-12, pp. 10; R. Perna, Right to access and the European principle of transparency: is Italy lagging behind?, in Federalismi.it, n. 4/2017; D.U. Galetta, La trasparenza, per un nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione: un'analisi storico-evolutiva, in una prospettiva di diritto comparato ed europeo, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2016, 5, pp. 1019-1065.

[28] Punto 8 della sentenza.

[29] Punto 8 della sentenza.

[30] Pronuncia significativa, in tema di “dialogo cooperativo”, è la sentenza T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 19 febbraio 2018, la quale, in merito così si è espressa: “(esso è) valore immanente alle previsioni della legge istitutiva del FOIA e della finalità di condividere con la collettività il patrimonio di informazioni della pubblica amministrazione”.

[31] Il tema dell’istanza massiva e della contestuale necessità di valutare, per la P.A., la possibilità di individuazione precipua delle informazioni richieste, anche attraverso l’implementazione di un’interazione col cittadino, è stata affrontata in dottrina in diversi contributi. Tra i tanti si segnalano S. Vaccari, Decisioni amministrative e interessi pubblici sensibili: le nuove regole sulla trasparenza, in Istituzioni del federalismo 4/2017; M. De Rosa-B. Neri, Profili procedimentali dell'accesso generalizzato, in Diritto amministrativo, 4/2019; F. Muzj, Brevi note sul diritto di accesso civico generalizzato, in GiustAmm.it, n. 6/2018.

[32] La Circolare Foia n. 2/2017 del Dipartimento della funzione pubblica ha puntualmente evidenziato che la ragionevolezza della richiesta va valutata tenendo conto dei seguenti criteri: - l’eventuale attività di elaborazione che l’amministrazione dovrebbe svolgere per rendere disponibili i dati e i documenti richiesti; - le risorse interne che occorrerebbe impiegare per soddisfare la richiesta; -la rilevanza dell’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare, L’irragionevolezza della richiesta è manifesta solo quando è evidente che un’accurata trattazione della stessa comporterebbe per l’amministrazione un onere tale da compromettere il buon andamento della sua azione. Il carattere palese del pregiudizio serio e immediato al buon funzionamento dell’amministrazione va motivato in relazione ai criteri sopra indicati.

[33]  Punto 21 della sentenza. Adesivamente anche T.A.R. Firenze, n. 133/2019.

[34] Nel contributo di M. Savino, Il Foia italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, cit., l’A. spiega in maniera diafana la differenza fra i due criteri: “Le tecniche più diffuse sono il "test del danno" e il "test dell'interesse pubblico". La prima (harm test) richiede che l'amministrazione valuti se l'accesso possa danneggiare uno degli interessi-limite in modo "specifico, concreto e diretto" (natura del danno), nonché "ragionevolmente prevedibile" o "non meramente ipotetico" (probabilità del danno), secondo le formule più in voga nei FOIA. La seconda tecnica - public interest test - esige di considerare, in aggiunta, anche il danno che il diniego di accesso comporterebbe per l'interesse pubblico alla conoscenza delle informazioni: solo quando il primo (danno all'interesse-limite) è ritenuto più serio e probabile del secondo (danno all'interesse conoscitivo della collettività) l'accesso può essere negato. Benché quest'ultimo test, previsto da circa metà dei FOIA esistenti, assicuri una più robusta salvaguardia del principio di trasparenza, il decreto in commento opta per l'altra soluzione (harm test). Ciò nondimeno, il carattere fondamentale del diritto in questione impone comunque all'amministrazione di intendere restrittivamente le eccezioni in esame e di rispettare il canone della proporzionalità, adottando decisioni che arrechino all'interesse conoscitivo del richiedente il minimo pregiudizio possibile. In altri termini, ogni qual volta venga in rilievo uno degli interessi-limite indicati dai primi due commi dell'art. 5 bis, l'amministrazione è chiamata non solo a verificare la serietà e probabilità del danno a quell'interesse, ma anche a contemperarlo con l'interesse del richiedente (che può quindi avere convenienza a esplicitarlo in sede di proposizione dell'istanza), con conseguente esercizio di un potere discrezionale”.

[35] Cfr. M. Savino, The Right to Open Public Administrations in Europe emerging Legal standards, Sigma Paper n. 46., cit., p. 22-24.

[36] Cfr. G. Bernabei, Privacy e trasparenza amministrativa: un equilibrio possibile?, in Foia Italia: vincitori e vinti. Un bilancio a due anni dalla riforma, (a cura di) G. Gardini e M. Magri, Roma, 2019.

[37] Sul rapporto tra i propositi della trasparenza e la legittima ostensione e/o fruizione dei dati personali si rimanda a M. D’Arienzo, Diritto alla trasparenza e tutela dei dati personali nel d.lg. n. 33/2013, con particolare riferimento alla disciplina dell’accesso civico, in Dir. proc. amm., fasc.1/2015. L’A., commentando la disciplina degli obblighi di pubblicazione trasparenza di cui al d.lg. n. 33/2013 denunzia che una delle criticità della pubblicità senza accorgimenti di bilanciamento con la tutela della riservatezza: ossia, la oggettiva difficoltà di conciliare la pretesa supremazia “ex lege” dell’interesse alla trasparenza sugli altri interessi e, in particolare, con il sistema di poteri e garanzie a tutela della riservatezza dei soggetti a cui i dati si riferiscono. Pertanto, con dovizia di argomenti ripercorre diacronicamente l’evoluzione della trasparenza della P.A., affermando al contempo l’onere e il dovere di ricercare una soluzione di compromesso tra privacy e trasparenza, “per la ovvia considerazione che, se è vero che la trasparenza deve essere perseguita al contempo, tuttavia, la dignità dell’individuo non può essere travolta”.

[38] Si cfr. C. Deodato, La difficile convivenza dell'accesso civico generalizzato (FOIA) con la tutela della privacy: un conflitto insanabile?, pubblicato il 20 dicembre 2017, in www.giustizia-amministrativa.it.

[39] Non si condividono le stigmatizzate affermazioni di un’invasione di campo nel campo della privacy dell’accesso civico espresse da autorevole dottrina, atteso che nei meandri dell’ordito FOIA la tutela della privacy è oggetto di precipua tutela da parte del Garante dei dati personali. In senso contrario, D.U. Galetta, Accesso (civico) generalizzato ed esigenze di tutela dei dati personali ad un anno dall’entrata in vigore del Decreto Foia: la trasparenza de “la vita degli altri”?, in Federalismi.it, n.10/18.

[40] Si veda in tal senso B. Ponti, Rafforzare la libertà di ricercare le informazioni e rendere più chiare (e nette) le indicazioni per le amministrazioni: indicazioni per la valorizzazione del criterio del “pregiudizio concreto”, in ASTRID Rassegna, n. 21/2016, p.2, in cui afferma che:  “... è solo in relazione alle modalità di applicazione del “test” del pregiudizio concreto che si definiscono i confini di quanto è oggetto di disclosure rispetto a quanto è oggetto di rifiuto. In questo senso, appare sconsigliabile l’uso del termine  “bilanciamento”  con  riferimento  all’operazione  di  valutazione  che l’amministrazione deve compiere nell’applicazione del test pregiudizio concreto. Infatti, l’operazione non consiste nel confrontare (e quindi bilanciare) l’interesse all’accesso (alla disclosure) con l’interesse alla riservatezza (pubblica o privata) che venga in questione. L’operazione consiste invece nella (sola) valutazione circa l’esistenza del pregiudizio concreto,  in  assenza  del  quale  si  determina  comunque  l’accessibilità  di  quanto  richiesto (regola/eccezione).  Per altro, la concreta praticabilità di un confronto (da cui deriverebbe l’esigenza  di bilanciamento) tra l’interesse alla disclosure e l’interesse alla riservatezza è resa logicamente impossibile dalla irrilevanza della situazione soggettiva e dei motivi del richiedente”.

[41] Cfr. Tar Abruzzo, sez. I, 22 novembre 2018, n. 347; Tar Campania, sez. VI, 22 dicembre 2017, n. 6028; Tar Lazio, sez. II-bis, 19 giugno 2018, n. 6875; Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546.

[42] Nel caso di mero accertamento tecnico della P.A., la fattispecie normativa prevede che la P.A. sia tenuta all’acclaramento della sussistenza di un presupposto tecnico-scientifico, che la legge “pone a fondamento inderogabile della sua azione”, l’esito della relativa operazione “essendo certo ed inopinabile”, consistendo in un’attività vincolata. Così in G. Clemente di San Luca, Lezioni di diritto amministrativo per il corso di base, Edit. Scient., Napoli, 2012, pp.389 ss.

[43] In caso di discrezionalità tecnica, la fattispecie normativa assegna alla P.A. uno spazio di scelta nell’acclaramento della sussistenza dei presupposti tecnico-scientifici; tale paradigma normativo, in ipotesi di discrezionalità tecnica, è stata così eloquentemente definito: “al verificarsi di dati presupposti tecnico-scientifici che in punto di fatto sono di controversia accertabilità, l’autorità deve emanare il provvedimento stabilito dalla legge; lo spazio discrezionale che la legge lascia alla P.A. concerne soltanto la verifica della effettiva sussistenza dei presupposti tecnico-scientifici di opinabile rilevabilità e non il contenuto del provvedimento”. Così in G. Clemente di San Luca, Lezioni di diritto amministrativo per il corso di base, cit., pp. 418-423, nonché ID., Approfondimenti di diritto amministrativo per il corso specialistico, Edit. Scient., Napoli, 2012, pp. 265-283 e 286-292.  Per storicità e per importanza, nonostante siano risalenti nel tempo, si rinvia anche ai contributi di C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Giuffrè. Milano, 1985; D. De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Cedam, Padova, 1995.

[44] Cfr. C. Tommasi, Criteri di bilanciamento e discrezionalità amministrativa nell’accesso civico generalizzato, in Foia Italia: vincitori e vinti. Un bilancio a due anni dalla riforma, (a cura di) G. Gardini e M. Magri, Roma, 2019.

[45] Ancora M. Savino, Il FOIA italiano e i suoi critici: per un dibattito scientifico meno  platonico, op. cit., opera un distinguo tra i due criteri: “In base al primo schema (harm test) — per il quale, come detto, il legislatore italiano ha optato — l'amministrazione deve soddisfare l'interesse conoscitivo del richiedente quando l'accesso ai dati e documenti richiesti e la loro conseguente diffusione (nel modello FOIA, vige la presunzione di pubblicità delle informazioni rilasciate) non arrechi un danno agli interessi pubblici o privati protetti dalle eccezioni . Viceversa, quando l'ostensione/pubblicità possa compromettere uno di quegli interessi, arrecando loro un pregiudizio «concreto» — ovvero, secondo i più analitici parametri europei, un pregiudizio “concreto, specifico e serio” (natura del danno), “ragionevolmente prevedibile” o “non meramente ipotetico” (probabilità del danno) e direttamente correlato all'ostensione/divulgazione (nesso di causalità)— il diritto di accesso recede”.

[46] Nonostante non siano recenti, permangono assoluti punti di riferimento, in tema di proporzionalità dell’azione della Pubblica amministrazione, i contributi monografici di D. U. Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998; A. Sandulli, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, 1998. Più di recente si rimanda a D. U. Galetta, Principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli, (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017 (II ED.), p. 149 ss.

[47] E’ ben diversa codesta circostanza, circostanziata al caso concreto e rimessa alla valutazione circostanziata e discrezionale della P.A., rispetto al principio affermato dal Dipartimento della funzione pubblica, mercé la circolare n.2/2017, Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA); secondo tale Circolare, vi sarebbero alcune “implicazioni di carattere generale” che deriverebbero “dal carattere fondamentale del diritto di accesso generalizzato e dal principio di pubblicità e conoscibilità delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni”, sulla scorta di “un principio di tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo”, giacché “nei sistemi FOIA, il diritto di accesso va applicato tenendo conto della tutela preferenziale dell’interesse a conoscere. Pertanto, nei casi di dubbio circa l’applicabilità di una eccezione, le amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare”. Si contesta tale assunzione assiologica, aprioristica e a tratti superficiale rispetto alla complessità di un fenomeno abbisognante, invece, di decisioni evidentemente contingenti e aderenti alle peculiarità del singolo bilanciamento a cui è chiamata la P.A. tra accesso civico e interessi-limite.

[48] Cfr. Tar Lazio, sez. III, 21 marzo 2017, n. 3742; Tar Abruzzo, sez. I, 22 novembre 2018, n. 347; Tar Lazio, sez. II-bis, 5 febbraio 2019, n. 1458; Tar Puglia, sez. III, 11 febbraio 2019, n. 242; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2019, n. 1817; Tar Campania, sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5901;Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546.

[49] Si cfr. A. Corrado, Il giudice amministrativo e l'“effettività” della trasparenza amministrativa, in (a cura di) G. Gardini e M. Magri, cit.; M. Filice, I limiti all'accesso civico generalizzato: l'applicazione delle eccezioni alla luce del modello Foia, in Dir. amm., fasc.4/2019.

[50] Si cfr. I. Piazza, Diritto d’accesso e triloghi: un passo verso la trasparenza del processo legislativo europeo, in Giornale di diritto amministrativo, n. 4, 2018, pp. 485 ss.

[51]In specie, per le sole eccezioni previste dall’art. 4, paragrafo 2 e 3, del Regolamento (CE), n. 1049/2001, il test del pregiudizio è affiancato dal public interest test. In merito alla distinzione delle eccezioni assolute e relative in ambito europeo, si rimanda a G. Locchi, Il principio di trasparenza in Europa nei suoi risvolti in termini di Governance amministrativa e di comunicazione istituzionale dell’Unione, in Amministrazione In Cammino, 2011, p. 19. Sul versante giurisprudenziale, Corte di giustizia, 1 luglio 2018, Cause riunite C-39/05 P e C-52/05 P., Regno di Svezia e Turco c. Consiglio dell’Unione europea; Corte di Giustizia, 17 ottobre 2013, causa C. 280/2011, Consiglio dell’Unione europea c. Access info Europe; Corte di giustizia, 1 luglio 2008, cause riunite C-39/05 P e C-52/05 P, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio dell’unione europea.

[52] Si vedano ancora S. Foà, La nuova trasparenza amministrativa, op. cit.; B.G. Mattarella e M. Savino, L'Italia e gli altri sistemi Foia: convergence at last?, in Id. (a cura di), L'accesso dei cittadini. Esperienze di informazione amministrativa a confronto, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, 21 ss.; A. Corrado (a cura di), Conoscere per partecipare: la strada tracciata dalla trasparenza amministrativa, op. cit., 177 ss.; A. Moliterni, La via italiana al “FOIA”: bilancio e prospettive, in Giornale di diritto amministrativo, n. 1/2019, 26 ss.

[53] Si cfr. parere del Consiglio di Stato n. 515/2016 cit., p. 77 che così si è espresso: “Il passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere (from need to right to know, nella definizione inglese F.O.I.A) rappresenta per l’ordinamento nazionale una sorta di rivoluzione copernicana, potendosi davvero evocare la nota immagine, cara a Filippo Turati, della Pubblica Amministrazione trasparente come una ‘casa di vetro’”.

[54] L'accesso procedimentale, come afferma l'art. 24, comma 3, l. n. 241/1990, non può servire a svolgere un “controllo generalizzato sull'operato delle pubbliche amministrazioni”. Al contrario, la finalità dichiarata dell'accesso civico generalizzato è consentire al cittadino di valutare se le informazioni richieste possano servire ad alimentare un dibattito consapevole intorno ai processi decisionali pubblici, e a promuovere una maggiore accountability delle amministrazioni. Distinti i differenti scopi  dei due istituti, nell'accesso procedimentale il bene conoscenza non ha un rilievo autonomo ma è strumentale rispetto a un secondo interesse di cui si chiede la tutela, per cui non sarà garantito. All'opposto, nell'accesso civico generalizzato la conoscenza è garantita in via autonoma e non in maniera servente rispetto a un altro interesse. Cfr. G. Gardini, Il Codice della trasparenza: un primo passo verso il diritto all'informazione?, in Giorn. dir. amm., 2014, n. 3-4, 875 ss.; A. Corrado (a cura di), Conoscere per partecipare: la strada tracciata dalla trasparenza amministrativa, cit., 185 ss.

[55] Per un panoramica esaustiva delle diverse estrinsecazioni del bilanciamento tra trasparenza e protezione dei dati personali (uno degli interessi limiti di maggior rilievo), di cui all'accesso procedimentale, agli obblighi di pubblicazione e dall'accesso civico generalizzato, si vedano E. Carloni e M. Falcone, L'equilibrio necessario, in Diritto pubblico,3/2017, pp. 723-778.; E. D'Alterio, Protezione dei dati personali e accesso amministrativo: alla ricerca dell'“ordine segreto, in Giornale di diritto amministrativo, 2019, p. 9 ss.

[56] Sulla medesima lunghezza d’onda si veda anche il recente arresto del Tar Lazio, sez. III, 1° agosto 2019, n. 10202.

[57] La disclosure amministrativa è stata una tematica sviluppata ampiamente dalla dottrina, pertanto, qui si richiamano ex multis, senza alcuna pretesa di esaustività i più recenti approdi, G. Carullo, "Open Data" e partecipazione democratica, in Istituzioni del Federalismo, 2019, 3, pp. 685-70; E. D'Orlando, G. Orsoni, Nuove prospettive dell’amministrazione digitale: "Open Data" e algoritmi, in Istituzioni del Federalismo, 2019, 3, pp. 593-617; D.U. Galetta, "Open Government", "Open Data" e azione amministrativa, in Istituzioni del Federalismo, 2019, 3, pp. 663-683;  M. Lanna, Règlement général sur la protection des données et "Open Data": enjeux et perspectives, in Istituzioni del Federalismo, 2019, 3, pp. 701-714;  F. Sciacchitano, Disciplina e utilizzo degli "Open Data" in Italia, in La rivista di diritto dei media, 2018, 1, pp. 34; F. Costantino, Lampi. Nuove frontiere delle decisioni amministrative tra "open" e "big data", in Diritto amministrativo, 2017, 4, pp. 799-836; F. Di Mascio, Miti e realtà degli "open data" all'italiana, in Giornale di diritto amministrativo, 2017, 3, pp. 399-406; G. Modesti,  "Open data" e "privacy" - La creazione di un programma aziendale per governare il processo di gestione dei dati, in Quaderni amministrativi, 2016, 2-3, pp. 12-36; V. Pagnanelli, Accesso, accessibilità, "Open Data". Il modello italiano di "Open Data" pubblico nel contesto europeo, in Giornale di storia costituzionale, 2016, 31, pp. 205-215; G. Armao, Considerazioni su amministrazione aperta e protezione dei dati personali, in Amministrativamente, 2015, 3-4, pp. 8

[58] TAR Piemonte, sez. II, 24 luglio 2017, n. 886; TAR Liguria, Sez. I, 13 novembre 2017, n. 826.

[59] Cfr. E. Carloni, Il nuovo diritto di accesso generalizzato e la persistente centralità degli obblighi di pubblicazione, cit., pag. 579; E. Carloni- G. Pettinari, Obblighi di pubblicazione e affirmative disclosure. La trasparenza oltre la libertà di informazione, in Foia Italia: vincitori e vinti. Un bilancio a due anni dalla riforma, (a cura di) G. Gardini e M. Magri, cit..

[60] Dello stesso avviso G. Gardini, L'incerta natura della trasparenza amministrativa,  cit., p. 35, il quale parla di strategia “dirigista e insoddisfacente” rispetto agli obblighi di pubblicazione.

[61] L'amministrazione, pertanto, deve fornire prove a sostegno del fatto che, nel caso concreto, il danno è prevedibile e non meramente ipotetico. Cfr. Tar Piemonte, sez. II, 24 luglio 2017, n. 886; Tar Liguria, sez. I, 13 novembre 2017, n. 826; Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 12 marzo 2018, n. 303. Nella giurisprudenza europea, cfr. Tribunale di primo grado, 7 febbraio 2002, T-21/00, Kuijer/Consiglio; Id., 8 novembre 2007, T-194/04, Bavarian Lager/Commissione; Corte di giustizia Ue, 26 gennaio 2010, C-362/08, Hilfsfonds/Commissione.

[62] Le Linee guida ANAC n. 1309/2016 (§ 5.2) hanno suggerito alcuni criteri. Anzitutto, l'amministrazione deve operare una identificazione del pregiudizio, ovvero individuare e qualificare il danno specifico che il rilascio causerebbe all'interesse protetto dall'eccezione. Tale verifica deve essere effettuata in relazione al momento e al contesto in cui l'informazione viene rilasciata, non in termini assoluti e atemporali. In secondo luogo, l'amministrazione deve valutare la probabilità che il danno si verifichi in base alle circostanze concrete e con modalità convincenti. In altri termini, per applicare un'eccezione relativa, il rischio di un detrimento deve essere più che una possibilità astratta, dovendo trattarsi di un pregiudizio prevedibile e non meramente ipotetico. L'amministrazione, infine, deve dimostrare che esiste una relazione causale diretta tra la divulgazione e il danno che deriverebbe per l'interesse protetto.

[63] F. Caringella- M. Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, Roma, DIKE, 2016.

[64] Sui poteri di cognizione del Giudice amministrativo, anche nel caso fosse sussistente uno spazio di esercizio di discrezionalità della P.A., mediante un rigoroso sindacato sul versante dell’eccesso di potere nonché su quello della proporzionalità. Si veda, ex multis, F. Trimarchi Banfi, Canone di proporzione e test di proporzionalità nel diritto amministrativo, in Dir. proc. amm., 2016, p. 361 ss.

[65] Cfr. A. Corrado, Il limite alle pretese del titolare di un diritto legato alla buona fede, in Guida dir., n.4, 13 gennaio 2018.

[66] Emblematica la pronuncia del T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 1951, la quale ha sottolineato che l’istituto dell’accesso civico non può prestarsi ad essere “utilizzato in maniera disfunzionale rispetto alla predetta finalità (ovverosia di partecipazione al c.d. dibattito pubblico) e non può essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento dell’amministrazione”. Si vedano anche le pronunce, dello stesso segno, T.A.R. Venezia, n. 607 del 29 giugno 2017 e T.A.R. Lombardia- Milano, n. 669 del 9 marzo 2018).

[67] La giurisprudenza si è preoccupata di definire con dovizia la nozione di abuso del diritto, il quale si configura sulla scorta della compresenza di tre elementi: “la titolarità  di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; l’esercizio concreto del diritto in modo irrispettoso della cornice attributiva, ma censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico od extra-giuridico; la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare ed il sacrificio cui è costretta la controparte”. Si vedano le pronunce del Tribunale Reggio Emilia, sez. II, 16 giugno 2015, n. 964, nonché Consiglio di Stato, sez. V, 7 febbraio 2012, n. 656.

[68] Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 8 marzo 2017, n. 205.

[69] Si veda C. Salvi, Abuso del diritto (dir. civ.), in Enc. Giur. Treccani, 1988, pag.3,  rilevava che “ .. il divieto dell’abuso, per la sua stessa strutturazione tecnica, può implicare infatti un controllo sulla condotta attuativa di una regola formale data e non la modificazione del contenuto della regola medesima. >>, atteso che la tematica dell’abuso << si riferisce non all’eventuale imposizione di regole di condotta ulteriori rispetto a quelle poste dalle parti o dalla legge; ma al controllo sulle modalità di svolgimento della condotta, oltre l’osservanza formale della “regola”, comunque posta”. In giurisprudenza, il concetto di “limite modale” per l’enucleazione della figura dell’abuso del diritto è chiaramente affermato da Cons. St. a.p. 23 marzo 2011, n. 3: “Viene così in rilievo una condotta che, pur formalmente conforme al paradigma normativo, disattende il limite modale che impone al titolare di ogni situazione soggettiva di non azionarla con strumenti, sostanziali e processuali, che infliggano all'interlocutore un sacrificio non comparativamente giustificato dal perseguimento di un lecito e ragionevole interesse.”.

[70] Di incontrovertibile utilità è la recente Circolare DFP n. 1 del 2019 sull'Attuazione delle norme sull'accesso civico generalizzato (c.d. FOIA) che, tra le altre cose, contribuisce a chiarire la portata di tale limite e a precisare meglio i casi in cui un'istanza può essere considerata massiva, irragionevole o eccessivamente onerosa proprio facendo riferimento al principio di buon andamento dell'azione amministrativa.

[71] Cfr. B.G. Mattarella, Lezioni di diritto amministrativo, Giappichelli Editore, Torino, 2018, pag. 92. Secondo l’A. “La trasparenza amministrativa può essere intesa e declinata in diversi modi. Vi sono varie possibilità in ordine: all’oggetto della trasparenza, che può essere costituito dalle informazioni, dai dati o dai documenti che racchiudano le une e gli altri; alle eccezioni, perché i casi di segreto e di esclusione dell’accesso possono essere più o meno numerosi; ai soggetti titolari del diritto, che può essere riconosciuto a tutti i cittadini o solo a chi vi abbia un particolare interesse; agli obblighi delle amministrazioni, a cui può essere richiesto di informare i cittadini di propria iniziativa, magari con forme di pubblicazione, o solo di rispondere alle richieste di accesso; ai profili organizzativi, che possono contemplare per  esempio l’uso di strumenti telematici. Si può dire comunque che in molte esperienze, compresa quella italiana, vi sono due modelli fondamentali: quello, più prudente, dell’accesso individuale dei soli interessati ai documenti che li riguardino; e quello, più deciso, della trasparenza totale di tutte le informazioni in possesso delle amministrazioni, a favore di tutti i cittadini”. 

[72] Si veda, in merito, G. Carullo, "Open Data" e partecipazione democratica, in Istituzioni del Federalismo, 2019, 3, pp. 685-700; F. Manes Rossi, N. Aversano, Partecipazione democratica: quale ruolo per la trasparenza? Un'analisi dei siti "web" dei comuni italiani in Azienda pubblica, 2015, fasc. 2, pagg. 121-135; G. Terracciano, La trasparenza amministrativa da valore funzionale alla democrazia partecipativa a mero (utile?) strumento di contrasto della corruzione, cit.; M. Vacirca, Il diritto d'accesso come presupposto essenziale della libertà d'espressione (Nota a Corte eur. Dir. Uomo Grande camera 8 novembre 2016 (Magyar Helsinki Bizottság c. Ungheria), in Giornale di diritto amministrativo, 2017, fasc. 6  pag. 755 – 768; F. Patroni Griffi Filippo, Autonomie locali e nuove forme di democrazia: ovvero, del recupero della partecipazione, in Diritto e società, 2017, fasc. 2  pag. 157 – 175; G. Terracciano, Transparence et légitimité de l'action publique: la confiance par le contrôle et l'évaluation? - la trasparenza e la legittimità dell'azione pubblica: la fiducia nel monitoraggio e nella valutazione?, in Amministrativ@mente, 2014, fasc. 1  pag. 8;  G. Mancosu, La trasparence administrative en italie face au dèfi de l'open data - la trasparenza amministrativa in italia di fronte alla sconfitta dell'"open data", in Federalismi.it, 2013, fasc. 15  pag. 17; F. Battini, La funzione di controllo e l'etica della trasparenza, in Giornale di diritto amministrativo, 2009, fasc. 3  pag. 321 – 327. Risalente nel tempo e immutato per pregio e capacità prognostica, si veda ancora G. Arena, Trasparenza amministrativa e democrazia, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1992, fasc. 97-98  pag. 25 – 38.

[73] Nella visuale della trasparenza come strumento di deterrenza alla corruzione si cfr. D.U. Galetta: Trasparenza e contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione: verso un moderno panottico di Bentham?, cit.; G. D'Urgolo, Trasparenza e prevenzione della corruzione nella p.a.: la recente introduzione del "Freedom Act of Information" (foia) nell'ordinamento italiano, in GiustAmm.it, 2017, fasc. 3  pag. 14; A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, in Giustizia civile, 2015, fasc. 2  pag. 213 – 246.

[74] Sul progressivo riconoscimento della libertà di accesso alle informazioni amministrative come diritto fondamentale della persona, H.J. Blanke e R. Perlingeiro, Essentials of the Right of Access to Public Information: An Introduction, in H.J. Blanke e R. Perlingeiro (eds.), The Right of Access to Public Information, Berlin, 2018, p. 1 ss.; M. McDonagh, The Right to Information in International Human Rights Law, in Human Rights Law Review, 2013, Vol. 13(1), p. 25 ss.; R. Peled e Y. Rabin, The Constitutional Right to Information, in Columbia Human Rights Law Review, 2011, vol. 42, 357 ss.; M. Savino, The Right to Open Public Administrations in Europe: Emerging Legal Standards, Paris, Oecd-Sigma, 2010, p. 6 ss.; P. Birkinshaw, Freedom of information and openness: fundamental human rights?, in Administrative Law Review, 2006, vol. 58, 177 ss.

[75] E’ opportuno segnalare una discussione critica in essere nell’ordinamento americano riguardo al sistema FOIA, così come preordinato in quell’ordinamento. La posizione di compendio degli elementi deficitari e critici del diritto della persona ad ottenere informazioni dalla P.A. è quella di D. Pozen, Freedom of Information Beyond the Freedom of Information Act, in Univ. Penn. L. Rev., 2017, pp. 1097 ss. In tema, volgendo lo sguardo al nostro ordinamento si veda il già citato contributo di M. Magri, La trasparenza “oltre il FOIA”. Attualità e limiti del modello statunitense, in (a cura di) G. Gardini e M. Magri, cit..

[76] L’apripista di tale proposta tendente alla funzionalizzazione dell’istanza civica è stato il TAR Lazio, sez. II-bis, 2 luglio 2018, n. 7326, punto 11.5., con una pronuncia del 2 luglio 2018, il quale ha delibato l’inammissibilità  di una richiesta di accesso civico generalizzato a documenti riguardanti l'acquisizione di un bene al patrimonio comunale in conseguenza dell'inottemperanza ad un ordine di demolizione in base all'argomento delle finalità improprie: “per quanto la legge non richieda l'esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell'introduzione dell'istituto”. Il virgolettato è tratto dal punto 11.5 della sentenza citata.

[77] Latrici della tesi della funzionalizzazione dell’istanza di accesso civico generalizzato sono le pronunce del TAR Lazio, sez. I, 23 luglio 2018, n. 8302-8303, TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 22 novembre 2018, n. 347, TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 6 marzo 2019, n. 2019; TAR Lazio, sez. I-quater, 28 marzo 2019, n. 4122.

[78] Codesto lemma è da intendersi nell’accezione tardo medioevale: “nel pensiero medievale, l’impiego del termine latino substantia, segnala il prevalere della concezione della s. come ‘realtà che sottostà, che soggiace’, secondo un’accezione vicina al significato del termine greco ὐποκείμενον, che equivale, propriamente, a sostrato o soggetto (➔) e designa la realtà stabile e costante cui ineriscono gli attributi”, in Enc. Treccani, Dizionario di filosofia 2009.

[79] Oltre a non essere richiesta alcuna legittimazione soggettiva del richiedente, l’istanza di accesso civico “non richiede motivazione” (art. 5 comma 3, d.lgs. n. 33/2013).

[80] Si veda lo stesso TAR Lazio (sez. II-bis, 19 giugno 2018, n. 6875), secondo cui “escludere che il privato, portatore di un autonomo ed ulteriore interesse rispetto alla dichiarata finalità della disposizione, non confliggente con la stessa, possa agire al fine di ottenere l'ostensione di un documento detenuto dalla pubblica amministrazione significherebbe violare l'applicazione della norma, introducendo limitazioni non consentite dalla legge”.

[81] Sulla pluralità di finalità e di istituti riconducibili alla trasparenza ammnistrativa, C. Hood - D. Heald (eds.), Transparency: The Key to Better Governance?, Oxford, 2006. Riguardo alla riflessione dottrinaria domestica si veda G. Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, in (a cura di) F. Merloni, La trasparenza amministrativa, Milano, 2008, p. 26.

[82] Emblematica la locuzione di “antibiotico a largo spettro” utilizzata da E. Carloni, L'amministrazione aperta. Regole strumenti limiti dell'open government, Rimini, 2014, p. 33; sottolinea la polisemia della nozione di trasparenza, da ultimo, A. Simonati, La ricerca in materia di trasparenza amministrativa: stato dell'arte e prospettive future, in Dir. amm., 2018, p. 311 ss.. Si veda anche A. Moliterni, La trasparenza amministrativa: recenti tendenze e prospettive future, in Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche, Numero speciale su “I principi nell'esperienza giuridica” (Atti del Convegno della Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza - Roma, 14-15 Novembre 2014), 2014, p. 475 ss.

[83] Si veda C. Colapietro, La terza generazione della trasparenza amministrativa, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019, p. 5

[84] Si segnalano comunque pronunce che rigettano espressamente la logica della funzionalizzazione, quali TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 28 novembre 2018, n. 325, che così si esprime: “Da questo punto di vista, il disposto letterale dell'art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33 del 2013 è chiaro nel separare i due piani, in quanto lo scopo di favorire le forme di controllo non è altro che la ragione per cui il legislatore conferisce un diritto così ampio a tutti i cittadini. Si tratta di una tecnica legislativa, tipica dell'ordinamento sovranazionale, secondo cui la motivazione delle disposizioni contenute negli atti aventi valore di legge sono formalmente inserite nello stesso corpo normativo di riferimento”. Sulla medesima lunghezza d’onda, Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019, n. 5502-5503, § 7, ove si denega esplicitamente la tesi della funzionalizzazione.

[85] G. Gardini, L’incerta natura della trasparenza amministrativa, cit.

[86] F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 91-92.

[87] E’ riscontrabile una similitudine tra l’accesso civico generalizzato, così funzionalizzato, e il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali e provinciali ex art. 10 t.u.e.l. Quest’ultimo è stato definito “espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, e in quanto tale direttamente funzionale non ad un interesse personale del consigliere, ma alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito”. Così Cons. Stato, V, 20 ottobre 2005, n. 5897. Dello stesso avviso la pronuncia del Cons. Stato, V, 2 settembre 2005, n. 4471 in cui si discorse, in relazione al diritto d’accesso di cui all’art. 10 t.u.e.l., quale “diritto soggettivo pubblico soggettivizzato”. In dottrina, si veda L. Vandelli, Il sistema delle autonomie locali, VII ed., Bologna, il Mulino, 2018, p. 154.

[88] Sulla genericità dei limiti, come così disciplinati dall’art. 5 bis del d.lgs. 33/13, si veda C. Cudia, Pubblicità e diritto alla conoscibilità, in B. Ponti (a cura di), op. cit., Rimini, 2016, p. 105.

[89] Si cfr. anche A. Berti, Note critiche sulla "funzionalizzazione" dell'accesso civico generalizzato, 11 maggio 2018, in www.giustizia-amministrativa.it.

[90] Molto ampia, in questa prospettiva, è ad esempio la sentenza del Consiglio di Stato n. 1546/2019 che ha valorizzato l'importanza dell'accesso civico per assicurare una partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica” facendo anche riferimento al principio di sussidiarietà di cui all'art. 118 Cost.

[91] Si conviene con A. Moliterni, La natura giuridica dell’accesso civico generalizzato nel sistema di trasparenza nei confronti dei pubblici poteri, cit., il quale così riferisce: “D’altronde, se il legislatore avesse voluto limitare il diritto di accesso subordinando all’attribuzione di un così penetrante potere di valutazione da parte dell’amministrazione lo avrebbe fare in maniera espressa e attraverso indicazioni normative certamente più chiare ed univoche”.

[92] Ibidem, “(il legislatore) avrebbe dovuto attribuire al cittadino il diritto di dimostrare- in sede procedimentale e poi in sede processuale- la compatibilità della propria esigenza conoscitiva con le finalità di rilievo pubblico sancite dal legislatore: circostanza che appare chiaramente incompatibile con l’espressione esclusione, ai sensi dell’art. 5, comma 3, di un dovere di motivare l’istanza di accesso civico”.

[93] Cons. Stato, Ad. Plenaria 2 aprile 2020, n. 10: “Non si deve confondere …. la ratio dell’istituto con l’interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare ad un giudizio di meritevolezza, per quanto …. certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede”.

[94] In merito si concorda con S. Vaccari, Decisioni amministrative e interessi pubblici sensibili: le nuove regole sulla trasparenza, op.cit, che  ha affermato “… la natura di “diritto fondamentale” della nuova pretesa all’informazione consentirebbe di ricavare, come corollari (o, forse meglio, criteri) interpretativi a supporto del bilanciamento discrezionale del funzionario, almeno due principi-regole: 1) il principio di tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo e 2) il criterio di minor aggravio possibile dell’esercizio del diritto fondamentale di accesso civico”

[95] G. Gardini, L’incerta natura della trasparenza amministrativa, in (a cura di) G. Gardini e M. Magri, cit.

[96] Contrariamente a quanto sostenuto da autorevole dottrina, per altri versi e aspetti qui ripresa e apprezzata, secondo cui “Il secondo equivoco riguarda la tendenza a sopravvalutare la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo. Posto che una decisione su una richiesta di accesso civico generalizzato può avere natura più o meno vincolata o discrezionale a seconda dei casi, quella distinzione tende a perdere rilievo anche sul piano applicativo, in quanto di per sé non aiuta né a definire correttamente l'iter logico che l'amministrazione deve compiere nel valutare le richieste, né a identificare l'estensione dei poteri spettanti al giudice”. Così M. Savino, Il FOIA italiano e i suoi critici: per un dibattito scientifico meno platonico, op.cit..

[97] L’indefettibile distinguo tra tutela apprestata ad una posizione giuridica e la natura nonché i connotati della medesima è stata in tempo risalente eloquentemente così spiegata: “Posta al centro del sistema la Pubblica Amministrazione e raffigurata la situazione giuridica individuale quasi un pianeta che ruoti intorno a quella, detta situazione appare come un diritto subiettivo nei momenti in cui è totalmente illuminata, e come interesse legittimo nei momenti in cui fra essa e la Pubblica Amministrazione s’interpone un concreto interesse pubblico che spetta alla Pubblica Amministrazione di discrezionalmente definire…..un diritto soggettivo, determinato in base ai caratteri di un’utilità specifica riconosciuta e garantita come tale a un soggetto, sussiste se e fin tanto che a un altro soggetto, in questo caso la Pubblica Amministrazione, non sia accordato il potere di sacrificarlo o limitarlo in vista di un concreto interesse pubblico….”. G. Miele, Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall’interesse nella giustizia amministrativa, in Il Foro Amministrativo, 1940, pubblicato anche in Scritti Giuridici, Milano, 1987.

[98] Non è dato, comunque, nonostante l’anelito astratto di equiparazione per parimenti dignità costituzionale di diritti ed interessi non rilevare che, nei meandri di tale dicotomia, sussistano ancora delle differenze, sussumibili in parte alla diversa caratterizzazione sostanziale e per altro verso al diverso paradigma giusprocessualistico a cui sono ascritte. In tal senso si cfr. diversi contributi di dottrina:  M. Marco, L'interesse legittimo: profili di teoria generale (a proposito di una recente monografia di Franco Gaetano Scoca), (Relazione al Convegno su Le situazioni soggettive in diritto amministrativo, Catania 22 settembre 2017), in Diritto e processo amministrativo, 2017, fasc. 4  pag. 1639 – 1659; S. Foà, Interesse legittimo "disomogeneo" rispetto al diritto soggettivo: ragionevole il termine decadenziale per l'azione risarcitoria, (Nota a C. Cost. 4 maggio 2017, n. 94), in Responsabilità civile e previdenza, 2017, fasc. 5  pag. 1583 – 1595; G. Urbano Graziana, Il principio di eguaglianza tra interesse legittimo e diritto soggettivo. riflessioni a margine della sentenza della corte costituzionale n. 94 del 2017 (Incontro di studio sulla sentenza della Corte Costituzionale 4 maggio 2017 n. 94, Foggia, 12 giugno 2017 e 14 settembre 2017), in GiustAmm.it, 2017, fasc. 9  pag. 5; F.F. Pagano, Il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale e il termine di decadenza per proporre l'azione autonoma di condanna nel processo amministrativo (nota a Corte cost. n. 94 del 2017)- (Nota a C. Cost. 4 maggio 2017, n. 94) in Osservatorio costituzionale, 2017, fasc. 2  pag. 12; A. Pioggia, Per una "ridrammatizzazione" della questione dell'interesse legittimo (Relazione all'Incontro di studio "Individuo e potere", Firenze, 27 novembre 2015), in Diritto Pubblico, 2016, fasc. 3S  pag. 113 – 131; G. Greco, Potere e situazioni giuridiche soggettive. in Diritto Pubblico, 2016 fasc. 3S, pp. 97 – 112.

[99] Come descritto con felice sintesi da L. Mazzorolli, nel convegno di Siena del 2009 sulla giustizia amministrativa, che ritrova in  Ricordo di Leopoldo Mazzarolli,  in Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, (a cura di) F. Francario- M. A. Sandulli, Editoriale Scientifica, 2017, “l’interesse legittimo emerge come figura a sé, proprio là dove non vi può essere un diritto cioè dove sussista ed operi un potere pubblico”; e che “se si finisce con il configurare la tutela dell’interesse legittimo al pari di quella del diritto soggettivo si dovrebbe arrivare coerentemente a sostenere l’unificazione della tutela giurisdizionale”; giungendo a concludere che “se si vuole salvare la giurisdizione amministrativa bisogna individuare un terreno che renda ragione del suo salvataggio.

[100] Si cfr. V. Lopilato, Manuale di diritto amministrativo, Giappichelli Editore, 2020, pag. 218. L’A. così si esprime: “In definitiva, l’interesse legittimo è una situazione giuridica sostanziale di vantaggio e dinamica che si correla ad un bene della vita e che si confronta costantemente con il potere pubblico che rappresenta anch’esso una situazione giuridica dinamica finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico il quale a sua volta, si riferisce a beni o utilità pubbliche”. Sulla dinamicità e in relazione agli aspetti d’evoluzione dell’interesse legittimo, si segnala anche M. D’Arienzo, Trasferibilità dell'interesse legittimo, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017.

[101] Si riporta, per l’eloquenza del verbo e per la concorde opinione di chi scrive, una riflessione di M. Savino, Il FOIA italiano e i suoi critici: per un dibattito scientifico meno platonico, op.cit.: “Il primo (equivoco) riguarda la asserita incompatibilità tra il carattere fondamentale di una libertà e l'interesse legittimo. La rilevanza costituzionale di una pretesa è “neutra” rispetto all'ulteriore distinzione, propria della cultura giuspubblicistica italiana, tra diritto soggettivo e interesse legittimo: una libertà fondamentale può tradursi, sul piano legislativo, nell'uno o nell'altro schema secondo che l'obbligo di comportamento dell'amministrazione cui corrisponde la pretesa del singolo sia vincolato in tutti i suoi aspetti da un precetto normativo o, per converso, consista nel corretto esercizio di una attività di contemperamento tra l'interesse sotteso a quella pretesa ed eventuali altri interessi, pubblici o privati, concorrenti. Pertanto, la discussione sulla conformazione legislativa dell'accesso generalizzato non può portare a rimettere in discussione la caratura fondamentale della libertà in questione.

[102] M. Mazzamuto, La discrezionalità come criterio di riparto della giurisdizione e gli interessi legittimi fondamentali, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020  

[103] A. Corrado, L’accesso civico e i poteri del giudice amministrativo: alla ricerca di una azione in materia di accesso generalizzato, in Federalismi.it, n. 10/2020.

[104] N. Pignatelli, I diritti inviolabili nel riparto di giurisdizione: la resistenza di un “falso” costituzionale, in Federalismi.it, n. 12/2020, cit. pag. 191.

[105] In tal senso, antonomastico il contributo sulla comprimibilità parziale anche di un diritto fondamentale, di N. Bobbio, Sul fondamento dei diritti dell’uomo, 1965, ora in Id., L’età dei diritti, Torino, 1990, 11. L’A. evidenziava che “sono ben pochi i diritti ritenuti fondamentali che non vengano in concorrenza con altri diritti”, limitandosi ad esemplificare tra i diritti “privilegiati”, cioè insuscettibili di bilanciamento, il solo “diritto a non essere resi schiavi e a non essere torturati”,

[106] Si riporta l’illuminante dissertazione in merito di M. Mazzamuto, op. cit, che in tema di diritti fondamentali fa notare che “la nostra giurisprudenza costituzionale, meritoriamente, ha tuttavia aperto nel tempo la strada a diverse fattispecie, a cominciare dal diritto alla salute, nelle quali, attraverso la tecnica del core del diritto, si individua una sfera di intangibilità. Vi sarebbe una parte, per così dire, più esterna del diritto suscettibile di bilanciamento ed una parte più interna, appunto il core, che non tollera menomazioni, tanto da consentire persino la diretta applicazione della norma costituzionale, a prescindere da ogni interpositio legislatoris.”

[107] Se la soddisfazione di un interesse dipende dalla soddisfazione, prevista e tutelata, di un altro interesse, “non c’è che riconoscere che il secondo interesse è giuridicamente tutelato e che il primo non lo è affatto”. Così F.G. Scoca, op. cit., pp. 91-92.

[108] Altro esempio di in interesse legittimo fondamentale (plurisoggettivo) si ritrova nell’ambito della tutela della libertà religiosa e specificatamente del diritto costituzionale ad un edificio di culto, la quale assume i connotati dell’interesse legittimo fondamentale (plurisoggettivo) innanzi all’esercizio dei poteri pubblicistici di zonizzazione localizzazione e autorizzazione alla realizzazione di un immobile destinato al culto, destinata alla competenza del Giudice amministrativo. Si veda in tal senso N. Pignatelli, La dimensione fisica della libertà religiosa: il diritto costituzionale ad un edificio di culto, in Federalismi.it, 2015, 1 ss.

[109] Si richiama, per il carattere fondamentale ascritto all’interesse legittimo alla conoscenza civica, che in questa sede si sta sostenendo, i contributi della dottrina che, ex multis, possono essere di  riferimento in tema di irriducibilità delle libertà (o diritti) fondamentali al diritto soggettivo: G. Amato, Individuo e autorità nella disciplina della libertà personale, Milano, 1967, p. 3 ss., M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1970, p. 525 ss., e A. Barbera, Art. 2, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione. Principi fondamentali, Bologna, 1975, p. 69 ss.

[110] Cfr. cfr. G. Tropea, Forme di tutela giurisdizionale dei diritti d’accesso: bulimia dei regimi, riduzione delle garanzie?, in Il Processo, fasc. 1/2019.

[111] Con riguardo alla diversa tematica dell’accesso documentale e alla relativa facoltà di cognizione del cittadino, si rimanda al contributo di A. Romano Tassone, A chi serve il diritto d’accesso? (riflessioni su modalità d’esercizio del diritto d’accesso nella legge 241/1990), in Dir. amm., 1995, 315 ss.

[112] Per una visione esaustiva della normativa ante accesso civico semplice (2013) e accesso civico genralizzato (2016), si rimanda ex multis a M. A. Sandulli, Accesso alle notizie e ai documenti amministrativi, in Enc. Dir., Agg. IV, Milano, 2000.

[113] Sulla intrinseca difficoltà di tipizzazione delle esclusioni delle ipotesi accesso, alternativa alla tecnica della fruizione di genus per categoria, si rimanda per completezza di esposizione e approfondimento dell’ordito normativo in merito, al contributo di M. Lipari, Il diritto di accesso e la sua frammentazione dalla legge n. 241/1990 all’accesso civico: il problema delle esclusioni e delle limitazioni oggettive, in Federalismi.it, n.17/2919.

[114] Sulla nozione, anche in veste comparata, di proporzionalità amministrativa, si cfr. il recentissimo contributo di D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell’Unione Europea), in www.giustizia-amministrativa.it.

[115] Per fini comparativi, si tenga presente,  a titolo esemplificativo, la sentenza  del Tribunale UE, sez. II, T-798/17, De Masi e Varoufakis c. BCE, 19 marzo 2019, punto 65, in cui,  a proposito di una eccezione alla quale si applica il test dell'interesse pubblico, si è delibato che il regime “è fondato su una ponderazione degli interessi che si contrappongono in una data situazione, ossia, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall'altro, quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione”, cosicché la decisione “dipende dallo stabilire quale debba essere l'interesse prevalente nel caso di specie”.

[116] Per comprendere la vasta area concettuale di cui consta la nozione di trasparenza, anche ai fini di un corretto bilanciamento con altro interesse contrapposto, si veda A. Simonati, La ricerca in materia di trasparenza amministrativa: stato dell’arte  e prospettive future, cit. Si riporta l’eloquente affermazione di premessa allo scritto dell’A.: “la polisemia del concetto giuridico di trasparenza costituisce oggi il punto di partenza necessario per qualsiasi riflessione incentrata su questa nozione”.

[117]  Per una ricognizione sull’eventuale bilanciamento tra riservatezza e accesso civico, si veda E. Carloni-M. Falcone, L’equilibrio necessario. Principi e modelli di bilanciamento e privacy, op. cit.

[118] In merito, il Cons. di Stato, nonostante la granitica considerazione del sindacato debole quale ius receptum rispetto a valutazioni tecniche complesse, ha espresso ottimismo rispetto alla possibile utilizzazione di facoltà d’indagine processuali con cui affrancarsi dal prisma del controllo debole. Si veda in tal senso Cons. di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2002, n. 4001, in Riv. Corte Conti, 2002, 4, 289.

[119] Rispetto al rapporto discrezionalità tecnica e giudizio amministrativo, fatte le debite proporzioni con la valutazione tecnica del pregiudizio concreto, si rimanda F.G. Scoca,  Giudice amministrativo ed esigenze del mercato, Relazione tenuta al Consiglio di Stato il 5 ottobre 2007, in www.giustizia-amministrativa.it., secondo cui “il processo deve necessariamente rispondere all’esigenza che la decisione tenga conto di tutto ciò che è stato introdotto nel giudizio, iusta alligata et probata partium, per cui non basta affermare che la tesi posta a fondamento del provvedimento dell’AGCM risulta convincente, ma occorre spingersi fino a verificare che essa è la più convincente, tra quelle presenti in giudizio”, cit. pag. 9. Riflessione di ampio orizzonte, in tema non solo di discrezionalità tecnica, ma anche della costituzionalità del potere esercito dalle Autorità indipendenti, in un climax di elevata discrezionalità tecnica, si veda F.G Scoca- F. Degni, Autorità amministrative indipendenti e sindacato giurisdizionale: il complesso rapporto tra esercizio del potere ed effettività della tutela, in GiustAmm.it.

[120] Il processo, luogo della tutela dei diritti anche e soprattutto nell’emergenza. Dialogando con il Presidente Patroni Griffi sulla giustizia amministrativa, intervista al Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi. Le domande sono state elaborate da Beniamino Caravita, Marcello Collevecchio, Annalisa D’Urbano, Diana-Urania Galetta, Maria Alessandra Sandulli, in Federalismi.it, n. 14/2020.

[121] Si veda F. Liguori, Il sindacato di merito nel giudizio di legittimità, in Diritto e processo amministrativo, 2019, 1, pp. 1-23

[122] In merito si vedano gli scritti di S. Torricelli (a cura di), Eccesso di potere e altre tecniche di sindacato sulla discrezionalità. Sistemi giuridici a confronto, Torino, 2018.

[123] Artt. 31, comma 3, e 34, comma 2, c.p.a.

[124] Il processo, luogo della tutela dei diritti anche e soprattutto nell’emergenza. Dialogando con il Presidente Patroni Griffi sulla giustizia amministrativa, cit.

[125] Per i profili processuali in ambito di accesso ai documenti, si cfr. V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, op. cit.

[126] Si cfr. G. Gargano,  Rapporto tra azioni e tecniche di tutela: verso una azione unica ed atipica?, in Diritto e processo amministrativo, 2016, 1, pp. 213-270; P. Carpentieri, Azione di adempimento e discrezionalità tecnica (alla luce del codice del processo amministrativo), in Il Diritto processuale amministrativo, 2013, 2, pp. 385-427; R. Giovagnoli, Effettività della tutela e atipicità delle azioni nel processo amministrativo, in GiustAmm.it, 2013, 9, pp. 11.

[127] Si riporta, per pertinenza, parte della recente pronuncia del Cons. Stato, sez. VI, 25 febbraio 2019, n. 1321: “L’enfasi sulla strumentalità delle regole del processo rispetto alle ragioni della giustizia sostanziale ed il necessario riscontro di adeguatezza tra il mezzo di tutela e la posizione sostanziale segnano il passaggio dal principio di atipicità dell’azione, al principio di atipicità delle forme di tutela. Se l’effettività della tutela giurisdizionale è la capacità del processo di far conseguire i medesimi risultati garantiti dalla sfera sostanziale, l’interesse legittimo abbisogna della predisposizione dei rimedi idonei a garantire il conseguimento dell’utilità “primaria” specificatamente oggetto dell’aspettativa riconosciuta dall’ordinamento. È compito precipuo della giustizia amministrativa approntare i mezzi che consentono di ridurre la distanza che spesso si annida tra l’efficacia delle regole e l’effettività delle tutele. La tutela piena, del resto, risponde anche ad un obiettivo di efficienza complessiva del sistema, dal momento che lo sviluppo economico e sociale del Paese passa anche attraverso una risposta rapida e “conclusiva” delle ragioni di contrasto tra le Amministrazioni ed i cittadini”.

[128] Sulla facoltà di fruire, in caso di inerzia della P.A., del rito di cui all’art. 117 c.p.a. allorché attualizzatasi un’ipotesi di silenzio-inadempimento si rimanda sul punto cfr. F. Lombardi, L’inerzia della p.a. a fronte di richieste di accesso civico. Un nuovo rito per il silenzio inadempimento?, in Istituzioni del federalismo, n. 3/2019; A. Corrado, Il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di accesso civico generalizzato: quale possibile tutela processuale, cit..  

[129] Sullo studio della materiale ed empirica estrinsecazione del sistema FOIA, si segnalano vari contributi: A. Moliterni, La via italiana al “FOIA”: bilancio e prospettive,  cit..; F. Di Mascio, L'attuazione delle norme sulla trasparenza, in Giorn. dir. amm., Speciali digitali, 2018, p. 11; M. De Rosa, B. Neri, Profili procedimentali dell'accesso generalizzato, in Diritto Amministrativo, fasc.4, 1 dicembre 2019, pag. 793; I. Piazza, L'organizzazione dell'accesso generalizzato: dal sistema di governance all'attuazione amministrativa, in Diritto Amministrativo, fasc.3, 1 Settembre 2019, pag. 645.

[130] “Dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro”, così F. Turati, Atti del Parlamento italiano, Camera dei Deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908. L’aspirazione di Filippo Turati è incontrovertibilmente attuale con l’implementazione del FOIA nel nostro ordinamento. In senso critico, rispetto ad un eccesso di trasparenza, si cfr. E. Carloni, La “casa di vetro” e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Dir. pubbl., 2009, 806.

[131] N. Pignatelli, I diritti inviolabili nel riparto di giurisdizione: la resistenza di un “falso” costituzionale, cit., pag. 191.

[132] Cfr. D. U. Galetta, La trasparenza, per un nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione: un'analisi storico-evolutiva, in una prospettiva di diritto comparato ed europeo, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, cit.