Pubbl. Mar, 2 Giu 2020
Il delitto omissivo improprio di epidemia colposa, in bilico tra tipicità del fatto e pericolo di overruling
Modifica paginaIl contributo trae spunto dalle notizie riportate dagli organi di stampa in merito all´avvio di indagini preliminari nei confronti degli operatori sanitari ed i vertici degli enti ospedalieri in ordine ad eventuali condotte omissive che avrebbero causato un´epidemia colposa.
Sommario: 1) Introduzione; 2) La riscoperta del delitto di epidemia di fronte alla sfida del Covid – 19; 3) Il delitto di epidemia colposa in forma omissiva impropria; 4) Conclusioni.
1) Introduzione
“Aveva sognato, durante la malattia, che tutto il mondo era condannato a essere vittima di un’epidemia letale spaventosa, inaudita e mai vista, che avanzava verso l’Europa dalle profondità dell’Asia.".
Le profetiche parole scritte da Dostoevskij nelle pagine finali di “Delitto e castigo” rendono perfettamente l’idea sul grave clima di incertezza e di paura che ormai da mesi avvolge la vita quotidiana.
Tutti campi dell’azione umana, compreso il diritto, sono ormai avviluppati dalla cappa del coronavirus, con profonde ripercussioni su tutte le strutture sociali innalzate dall’uomo.
Per quanto riguarda il diritto penale, da settimane ormai la stampa riporta notizie relative all’apertura di diverse indagini in ordine ad episodi di epidemia colposa, relativi alla diffusione del Covid. -19 all’interno delle strutture ospedaliere e delle R.S.A.
L’apertura di questi fascicoli, in molti casi, sembrerebbe per epidemia colposa nelle forme del reato omissivo improprio, impongono una profonda riflessione non solo sulla struttura del delitto di epidemia colposa in sé, ma anche su istituti fondamentali del diritto penale, quali il reato omissivo ed il nesso di causalità, che nei prossimi mesi saranno sottoposti ad un vero e proprio banco di prova.
Inoltre, nella formulazione delle accuse a carico degli indagati, non potrà non tenersi conto dello stato delle conoscenze scientifiche sul Covid-19 al momento in cui i fatti si sono verificati.
2) La riscoperta del delitto di epidemia di fronte alla sfida del Covid – 19
La pandemia di Covid – 19 ha regalato una seconda giovinezza al delitto di epidemia colposa ex artt. 438 e 452 cp.
Con il d.l. n 19/2020, il Legislatore ha indicato l’art. 452 cp come norma applicabile nei confronti di chiunque abbia violato la quarantena domiciliare, in quanto positivo al Covid-19, secondo le disposizioni degli artt. 1 co 1 lett. e) e 4 co 6 d.l. n. 19/2020
Più precisamente, l’art. 4 co 6 d.l. n. 19/2020 prevede che “Salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452 del codice penale o comunque più' grave reato, la violazione della misura di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e), e' punita ai sensi dell'articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie”.
Inoltre, è oramai notizia di pubblico dominio che diverse Procure della Repubblica hanno avviato dei procedimento penali per il delitto epidemia colposa, relazione all’elevato numero di decessi registrato in diverse residenze sanitarie assistenziali.
Al vaglio degli inquirenti, inoltre, vi sono anche gli episodi di diffusione del virus all’interno dei nosocomi, come per esempio nel caso degli ospedali di Codogno[1] e di Alzano Lombardo o del Pio Albergo Trivulzio.
La recente emergenza epidemiologica, la prima vera epidemia che l’Italia si trova a dover affrontare da quella di “influenza spagnola” del 1920, costituisce oggi il banco di prova per l’art. 452 cp, che fino ad oggi ha avuto una sporadica applicazione, per lo più limitati a processi per focolai di salmonella, conclusisi il più delle volte con pronunce assolutorie[2].
I problemi interpretativi in ordine all’applicazione dell’art. 452 cp, afferiscono non solo la sussunzione di singoli episodi concreti nel delitto di epidemia colposa, ma anche la tenuta di altri istituti fondamentali del diritto penale, quali per esempio il nesso di causalità ed il reato omissivo improprio colposo.
Analogamente, non vi anche chi esclude possibili implicazioni in tema di responsabilità delle persone giuridiche ai sensi del d.lgs n. 231/2001.
È pur vero che gli artt. 438 e 452 cp non rientrano nell’elenco dei reati presupposto sancito dagli artt. 24 e ss d.lgs n,. 231/2001, ma è altrettanto vero che un’omessa o insufficiente adozione delle cautele antiepidemiche, da cui ne derivi la malattia o il decesso dei lavoratori contagiati dal Covid 19, potrebbe condurre ad imputazione a carico per l’ente per i reati di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.), commessi con violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro[3] ai sensi dell’art. 25 septies d.lgs n. 231/2001.
Tuttavia, il centro gravitazionale di tutte le problematiche sopraesposte, è certamente la configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva impropria ai sensi dell’art. 40 cpv.
2) Il delitto omissivo improprio di epidemia colposa, questioni problematiche.
Il delitto di epidemia è previsto dal codice penale sia in forma dolosa (art. 438 cp) che colposa (art. 452 cp)[4].
Fattispecie sconosciuta al Codice Zanardelli, l’introduzione del delitto di epidemia è stata dettata del progresso scientifico del primo trentennio del XX secolo, con conseguente incremento della possibilità di produrre colture di germi patogeni, al fine di provocare e diffondere epidemie[5].
Il delitto di epidemia è inserito nel Libro II, Titolo VI – “Delitti contro l’incolumità pubblica”,Capo II, “Dei delitti di comune pericolo mediante frode”.
Il bene giuridico protetto è quello della salute pubblica[6], definito dalla dottrina come il «complesso delle condizioni, garantite dall’ordine giuridico, necessarie per la sicurezza della vita, dell’integrità personale e della sanità, come beni di tutti e di ciascuno, indipendentemente dal loro riferimento a determinate persone[7]>>
L’epidemia descritta dal codice non si riferisce a qualsiasi malattia infettiva o contagiosa, bensì a solo a quella suscettibile di diffondersi tra la popolazione in misura tale da aggredire, in maniera incontrollato, un numero indeterminato di persone, in un dato territorio e in un periodo di tempo limitato (come per es. per la peste, il colera o il vaiolo)[8].
Il significato di epidemia è stato specificato anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui l’evento tipico previsto dagli artt. 438 e 452 cp consiste in una <<malattia contagiosa che, per la sua spiccata diffusività, si presenta in grado di infettare, nel medesimo tempo e nello stesso luogo, una moltitudine di destinatari, recando con sé, in ragione della capacità di ulteriore espansione e di agevole propagazione, il pericolo di contaminare una porzione ancor più vasta di popolazione[9]>>
Sul piano dell’elemento oggettivo, il delitto di epidemia ha natura di reato di evento, il quale, però, può configurarsi in pari tempo sia di danno che di pericolo[10].
La giurisprudenza ritiene necessario, da un lato, la presenza di un evento di danno, consistente nella concreta manifestazione in un certo numero di persone di una patologia etiologicamente connessa alla condotta del soggetto attivo, dall’altro, un evento di pericolo costituito dalla possibilità che il morbo si propaghi ad altri soggetti in ragione della capacità degli agenti patogeni di trasmettere ad altri soggetti senza l’intervento dell’autore del reato[11].
Gli elementi costitutivi della condotta materiale ex artt. 438 e 452 cp sono la rapidità e l’incontrollabilità della diffusione del diffondersi del morbo su di un determinato territorio nonché la sua capacità di colpire un numero indeterminato di persone[12][13].
La condotta di reato si realizza mediante <<la diffusione di germi patogeni>>, espressione quanto mai ampia, che include ogni essere o elemento idoneo a cagionare o trasmettere una malattia e, quindi, ovviamente, anche un virus, oltre ai bacilli e ai protozoi[14].
In particolare, la giurisprudenza di merito ha sottolineato che la diffusione epidemica deve riguardare un numero ampio e non ristretto di persone[15] dovendosi altresì rivolgere ad un contesto territoriale ampio e non limitato ad un solo edificio o ad un singolo plesso[16], con contestuale insussistenza del reato in tutti i casi in cui il contagio della malattia sia avvenuto nei confronti di persona determinata e l’eventuale ulteriore trasmissione della malattia non possa ascriversi direttamente al primo agente[17].
Con riferimento alla posizione del primo agente, un risalente indirizzo della giurisprudenza di merito ritiene che la diffusione dei germi possa avvenire solo esclusivamente da parte di colui che ne abbia il possesso, per es. animali da laboratorio, mentre sarebbe da escludersi che la persona affetta da una malattia contagiosa ne abbia il possesso[18].
Di opposto indirizzo è però la recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui “non persuade l’assunto secondo cui non possa parlarsi di diffusione rilevante per la fattispecie di epidemia se non vi sia possesso di germi patogeni in capo all’untore segnato da separazione fisica tra l’oggetto, quel che vien diffuso, e il soggetto, ossia chi diffonde. La norma non impone questa relazione di alterità e non esclude che una diffusione possa aversi pur quando l'agente sia esso stesso il vettore dei germi patogeni”[19].
Quanto alle modalità di realizzazione della condotta criminosa, è ancora oggi discusso se il delitto di epidemia sia un reato a forma vincolata oppure se lo stesso, possa essere commesso anche in forma omissiva impropria.
Una parte della dottrina, infatti, ritiene che la condotta descritta dagli artt. 438 e 452 cp configuri un illecito causalmente orientato ma a mezzo vincolato, dal momento che la natura dell’evento imporrebbe pur sempre all’agente di avvalersi di “germi patogeni” (non di altre sostanze tossiche, ad esempio quelle radioattive), mentre sarebbero irrilevanti le modalità concrete con cui si procura la diffusione dei medesimi.[20]
Tale tesi, tuttavia, è stata avversata dalla Cassazione, che ha evidenziato che gli artt. 438 e 452 cp si fondano su uno schema eziologico vincolato dal momento che il Legislatore ha previsto un dato percorso causale a cui è subordinata la punibilità della condotta.
Ne consegue che qualora l’epidemia si realizzi seguito di un diverso percorso causale, la condotta difetterà di tipicità[21].
Ed invero, nel delitto di epidemia, il Legislatore non si è limitato a descrivere l’evento di reato ma ne anche descritto il percorso causale[22], il quale, si esplica nella diffusione, doloso o colposa, di germi patogeni di cui l’agente si in possesso.
Pertanto, all’esito dei principi giurisprudenziali esposti, può ragionevolmente concludersi che gli art. 438 e 452 cp delineano una condotta commissiva a forma vincolata “di per sé incompatibile con il disposto dell'art. 40, co 2, cp., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera, ovvero a quelle la cui realizzazione prescinde dalla necessità che la condotta presenti determinati requisiti modali”[23][24].
Ne discende che la clausola di equivalenza di cui all’art. 40 co 2 cp., e quindi la responsabilità omissiva dell’agente, risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia, con la necessaria conseguenza che il delitto di epidemia dolosa di cui all’art. 438 cp o quello di epidemia colposa ex art 452 cp, non potrà mai essere integrato nelle forme del reato omissivo.
Il dibattito esposto, tuttavia, non può dirsi assolutamente terminato, dal momento che lo stesso, a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19 potrebbe trovare un nuovo vigore.
In particolare, almeno a quanto appreso dalla lettura degli organi di stampa, sembrerebbe che diverse Procure della Repubblica stiano investigato per ipotetiche diffusioni colpose, avvenute in forma omissiva impropria, all’interno delle RSA e delle strutture nosocomiali.
Al vaglio degli inquirenti vi sarebbero, in particolar modo, episodi di omessa o ritardata esecuzione dei test diagnostici per valutare la positività al Covid-19, con conseguente ritardo nell’adozione delle misure precauzionali necessarie per evitare la diffusione un agente patogeno di grande potenzialità diffusiva, esponendo così a pericolo sia il personale medico che i degenti.
Inoltre, oggetto di attenzione sarebbe anche la condotta dei vertici sanitari che avrebbero omesso l’adozione delle misure necessarie per evitare la diffusione del Covid-19 all’interno dei locali del nosocomio.
Benché le condotte astrattamente imputabili agli operatori sanitari ed soggetti apicali delle strutture ospedaliere siano ontologicamente diverse, le stesse sembrerebbero accumunate da diversi elementi, oltre a sostanziarsi in una condotta colposa in forma omissiva impropria.
Gli indagati, infatti, in quanto titolari di una posizione di garanzia, avrebbero omesso di attivare i poteri loro attribuiti per evitare di cagionare un evento che avevano l’obbligo di impedire, e cioè la diffusione di agenti patogeni contagiosi pericolosi per l’altrui salute.
Come noto, il reato omissivo improprio si sostanza nella condotta di chi contravvenga all’obbligo di impedire il verificarsi di un evento lesivo.
La clausola generale prevista dall’art. 40 cpv si innesta sulle norme di parte speciale che prevedono ipotesi di reato commissivo e che siano suscettibili di conversione in corrispondenti ipotesi omissive.
L’art. 40 co 2 cp stabilendo una regola di equivalenza tra << il non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire>> ed il <<cagionarlo>>, dà luogo ad un fenomeno di estensione della punibilità[25].
Tuttavia, la sfera di operatività della clausola di equiparazione è limitata alle sole fattispecie commissive “convertibili” in fattispecie omissive improprie e cioè ai reati commissivi di evento causalmente orientati..
I reati causalmente orientati o anche reati causali puri sono reati di evento, la cui carica di disvalore si concentra nella produzione del risultato lesivo, mentre appaiono indifferenti le specifiche modalità comportamentali che innescano il processo causale[26].
Viceversa, l’art. 40 cpv non potrà operare rispetto ai reati a forma vincolata, e cioè quelle fattispecie di reato per cui la legge descriva le modalità di realizzazione della condotta criminosa..
I suesposti principi consentono di esaminare con sguardo critico le ipotesi investigative di epidemia colposa.
In primo luogo, la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria escludono che la configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva impropria, dal momento che il combinato degli artt. 438 e 452 cp delinea una struttura normativa di un reato a forma vincolata, di per sé incompatibile con lo schema del reato omissivo improprio.
Il Legislatore, infatti, nel descrivere il delitto di epidemia “ha previsto anche il percorso causale con la conseguenza che il medesimo evento realizzato a seguito di un diverso percorso difetta di tipicità[27]”
Il delitto di epidemia, infatti, non è realizzabile attraverso qualsiasi modalità di azione che cagioni l’evento di reato (come per es. nell’omicidio) bensì mediante un preciso schema eziologico che ne presuppone la sua causazione mediante la diffusione di germi.
Da ciò ne consegue che la struttura stessa del delitto di epidemia colposa, e cioè la diffusione di agenti patogeni da parte di chi ne abbia il possesso, esclude non solo la formulazione di ipotesi criminose in chiave omissiva impropria, ma anche possibili profili di responsabilità a carico di chi, affetto da una malattia infettiva, sia accusato di aver scatenato un’epidemia colposa.
Tuttavia, come anche insegnato dalla Corte Costituzionale, gli orientamenti espressi dalla Cassazione, ancorché a Sezioni Unite, nonostante le loro aspirazioni di stabilità, hanno pur sempre un’efficacia non cogente bensì persuasiva[28].
Ed invero, contrariamente ad una disposizione di legge, le decisioni del Giudice Nomofilattico possono essere disattese in qualunque tempo e da qualunque Giudice sul territorio della Repubblica Italiana, purché debitamente motivate[29].
Ne consegue, che anche nel caso dell’epidemia colposa, si potrebbe assistere ad un tentativo di overruling da parte della giurisprudenza, con conseguente condanna degli imputati.
La possibilità di un mutamento giurisprudenziale non è certo peregrina, dal momento che, in altre occasioni, la giurisprudenza ha dato dimostrazione di poter superare le obiezioni in ordine alla convertibilità dei reati a forma vincolati in reati omissivi impropri.
Sul punto si richiama la giurisprudenza di legittimità in ordine alla cd truffa per silentium..
La Cassazione, infatti, ha sancito che il delitto di truffa, ritenuto dalla dottrina maggioritaria come un classico esempio di reato a forma vincolata, possa essere realizzato anche mediante un comportamento inerte come il silenzio.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha finito per svalutare progressivamente il ruolo della condotta, orientandosi sempre più verso una configurazione dell’art. 640 cp come un reato causalmente orientato.
Ed invero, non sarebbe rilevante la definizione di artifizi o raggiri, quanto l’idoneità di quelle condotte a produrre l’effetto di induzione in errore della vittima (cd idoneità in concreto, nell’ottica di una “disamina causalmente orientata della truffa”)[30].
Il baricentro della condotta penalmente rilevante si sposterebbe pertanto, dal fatto all’effetto, con conseguente svalutazione della condotta, rendendo così idonea la causazione dell’induzione in errore anche mediante comportamenti neutri come il silenzio.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione è giunta ritenere i concetti di artifizi o raggiri come condotte strutturalmente variegate e contenutisticamente aperte, non soggette ad alcun vincolo di tipicità: cosicché, non è lecito, ma anche rispettoso del dato normativo, sussumere il silenzio nella condotta di truffa, qualora lo stesso abbia idoneità ingannatrice[31].
Orbene , alla luce delle suesposte considerazioni, non si può, e non si deve, escludere un tentativo di overruling in ordine all’applicazione del 40 cpv rispetto al delitto ex art. 452 cp, dal momento che lo stesso art. 438 cp, nel descrivere la condotta criminosa utilizza una terminologia lessicale quanto mai ampia: “mediante la diffusione i germi”.
Il Legislatore, infatti, non utilizza certo termini precisi o inequivocabili nel delineare il delitto di epidemia, né descrive precisamente le modalità di realizzazione di reato come nel caso di altri reati a forma vincolata.
Si pensi per es. ai delitti in materia di dichiarazione dei redditi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5 d.lgs n. 74/2000, lì dove, la precisa descrizione delle modalità di realizzazione in forma commissiva esclude inequivocabilmente una contestazione a carico del contribuente ai sensi dell’art. 40 cpv.
Viceversa, nel caso dell’art. 452 cp, la descrizione della condotta sembrerebbe alquanto slegata da precise modalità di realizzazione, dovendo forse rilevare l’idoneità causale dell’azione contestata al reo, in qualunque forma essa avvenga, alla determinazione dell’epidemia.
Tuttavia, anche volendo ammettere in astratto una contestazione in forma omissiva, altri ostacoli residuerebbero in ordine al riconoscimento della responsabilità penale degli imputati, e cioè il riconoscimento di una posizione di garanzia e la sussistenza di un nesso causale tra la condotta e l’evento, da valutarsi alla luce delle SSUU Franzese[32], senza che siano intervenuta alcuna causa indipendente idonea ad elidere il nesso causale ex art. 41 co 2 cp.
In ordine alla posizione di garanzia, è infatti necessario verificare che il garante possieda dei poteri giuridici e fattuali effettivi ed idonei ad evitare il cagionarsi dell’evento che si ha l’obbligo di impedire.
Inoltre, sul piano della valutazione dell’elemento soggettivo, si dovrà anche tener conto delle conoscenze scientifiche, purtroppo ancora scarse, in ordine alle infezioni da Covid-19, specialmente con riferimento agli episodi verificatisi tra il 21 febbraio (data di individuazione del cd paziente 1) ed il 9 marzo 2020 (proclamazione del “lockdown” in Italia).
Ed invero, nel giudizio di rimproverabilità dell’evento, con riferimento al contegno tenuto dagli operatori sanitari e dei vertici di struttura, dovrà necessariamente tenersi conto delle migliori conoscenze mediche disponibili al tempo di commissione del presunto reato, tenendo anche conto che nel mese di febbraio regnava ancora molta indecisione nel mondo scientifico in ordine alla pericolosità o meno del coronavirus.
Come suggerito da alcuni[33], il giudicante, con un certo sforzo, dovrà porsi nella stessa condizione di chi, ha dovuto gestire un positivo al Covid-19 in un periodo del 2020 in cui il coronavirus era ancora classificata come la “polmonite di Wuhan”[34] e cioè un’oscura malattia infettiva confinata nel cuore dell’Asia.
Tali difetti di conoscenza influiranno sicuramente sulla configurazione ab origine dell’elemento soggettivo necessario per l’integrazione del delitto di epidemia colposa, dal momento che per l’integrazione dello stesso è necessario che “l’elemento psicologico nel reato colposo di epidemia (…) consiste nel diffondere per negligenza, imperizia o inosservanza di disposizioni, germi che l’agente conosce come patogeni, senza intenzioni di cagionare un’epidemia.”[35]
4) Conclusione
I principi di diritto sanciti dalla Corte di Cassazione dovrebbero far ragionevolmente escludere un mutamento del Giudice Nomofilattico sulla non compatibilità dell’art. 40 cpv rispetto al delitto di epidemia, con conseguente esclusione di una sua contestazione in forma omissiva impropria.
Tuttavia, il mutato quadro storico-sociale potrebbe produrre un’influenza sulle decisioni dei magistrati, i quali, saranno chiamati a verificare i fatti loro esposti sotto la rigida lente di istituti giuridici di secolare tradizione, chiamati ora a confrontarsi con un nuovo avversario: la pandemia.
[1] Sul punto si veda PANATTONI “La responsabilità penale dell’operatore sanitario per il reato di epidemia colposa. Il “caso Codogno”,in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4., il quale, specialmente al paragrafo 3), dello scritto offre una disamina esaustiva della vicenda, anche da un punto di vista giuridico
[2] FAVA, “Il reato di epidemia colposa ai tempi del Corinavirus” in www.salvisiuribus.it
[3] Sul punto si segnala LORENZON “Impatto del Covid – 19 sulla compliance aziendale: spunti in tema di responsabilità ex D.lgs n. 231/2001” in www.iusintinere.it
[4] Con riferimento all’elemento soggettivo, la fattispecie dolosa non comporta particolari difficoltà, essendo infatti sufficiente applicare i criteri degli art. 42 e 43 cp.
Viceversa, con riferimento alla fattispecie colposa, l’evento richiesto per l’integrazione del reato, non voluto dall’agente, dovrà essersi verificato a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, da parte del contagiato, dovendo trattarsi concretamente di evento prevedibile ed evitabile mediante la condotta alternativa lecita non tenuta.
[5] Sul punto si veda la Relazione del Guardasigilli al Codice Penale.
[6]Cass. Pen. Sez. I 26.10.2012 n. 4878 in CED, << Il titolare del bene protetto dall’art. 438 cp è esclusivamente lo Stato e deve escludersi che possa rivestire la qualità di persona offesa di tali reati un’associazione privata>>.
Sul punto si veda anche PANATTONI “La responsabilità penale dell’operatore sanitario per il reato di epidemia colposa. Il “caso Codogno”,in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4.
[7] V. V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, VI, Torino, 1983, p. 243. Sulle varie concezioni dell’incolumità pubblica v. A. GARGANI, Incolumità pubblica (delitti contro la), in Enc. Dir., Annali, VIII, 2015, pp. 575-576; S. ARDIZZONE, voce Incolumità pubblica (delitti e contravvenzioni contro la), cit., § 3; nella manualistica, A. CADOPPI – P. VENEZIANI, Elementi di diritto penale. Parte speciale, Padova, 2010, pp. 167-170.
[8] Manzini, Trattato, VI, 398; Antolisei, Manuale, cit p. 539, nonché Cass. Civ. SSUU n. 576, 11.01.2008
[9] In questi termini, Cass. Pen., Sez. I, n. 48014 del 30/10/2019, la quale ha chiarito che per tale ragione <<le forme di contagio per contatto fisico tra agente e vittima, sebbene di per sé non estranee alla nozione di «diffusione di agenti patogeni» di cui all’art. 438 cod. pen., non costituiscono, di regola, antecedenti causali di detto fenomeno>> : in applicazione del principio, la Corte ha escluso che integrasse gli estremi del delitto in parola la condotta dell’imputato che aveva consapevolmente trasmesso il virus dell’HIV, da cui era affetto, ad una trentina di donne con le quali avuto rapporti sessuali non protetti nel corso di un periodo di nove anni, rilevando come il numero cospicuo, ma non ingente, delle stesse e l’ampiezza dell’arco temporale in cui si era verificato il contagio, unitamente al numero altrettanto cospicuo di donne che, pur congiuntesi senza protezione con l’imputato, non era rimasto infettato, deponesse per il difetto della connotazione fondamentale del fenomeno epidemico della facile trasmissibilità della malattia ad un numero potenzialmente sempre più elevato di persone.
[10] PANATTONI “La responsabilità penale dell’operatore sanitario per il reato di epidemia colposa. Il “caso Codogno”,in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4
[11] Gip. Trento, 12.07.2002, n. 3940; in dottrina Fiandaca – Musco, Manuale di diritto penale. Parte Speciale Vol. I, V ed 2012, p. 537; Corbetta, I delitti contro l’incolumità pubblica. Tomo II. I delitti di comune pericolo mediante frode, in Marinucci – Dolcini (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale, Cedam, 2014, p. 16 e 67.
[12] Cass. Pen. Sez.I, 26.11.2019 n. 48014, con nota di Giordano, “Contagio da HIV: non è epidemia se il numero delle persone contagiate è cospicuo ma non ingente”, in Quotidiano Giuridico; nonché nota di Lazzeri, “Prova della causalità individuale e configurabilità del delitto di epidemia in caso di contagi plurimi da HIV tramite rapporti sessuali non protetti” in www.sistemapenale.it
[13] Tribunale Trento, 16.07.2004 in Riv. Pen. 2004, 1231
[14] V. CERRA, voce Epidemia, cit. Per la distinzione tra le tre categorie v. V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, cit., p. 397, sub nota 2.
[15] Gip Savona, 6.02.2008, in Riv. Pen. 08, 6, 671, secondo cui il reato di cui all’art. 438 cp deve escludersi qualora l’insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell’ambito di un ristretto numero di persone che siano state infettate dal germe della salmonella; sul punto si veda anche Trib. Bolzano 20.06.1978, G. mer. 79, 945 che escluso la configurabilità del reato qualora lo sviluppo della malattia si esaurisca nell’ambito dell’ente ospedaliero.
[16] Trib. Roma Sez. III, 22.03.1982, n. 3358, 870063, che ha escluso l’epidemia in ipotesi di morte di sedici neonati presso il nido di una clinica privata.
[17] GRIMALDI, Covid-19: la tutela penale del contagi, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4.
[18] Trib. Bolzano 13.03.1979, G. mer. 79, 945.
[19] Cass. Pen. Sez.I, 26.11.2019 n. 48014 con nota di Lazzeri, “Prova della causalità individuale e configurabilità del delitto di epidemia in caso di contagi plurimi da HIV tramite rapporti sessuali non protetti” in www.sistemapenale.it
In dottrina si veda Manzini, Trattato di diritto penale, 1935, p. 318, laddove si fa riferimento alla «intrusione d’un ammorbato in una pubblica riunione», ed è poi sviluppata da Id., Trattato di diritto penale, 1983, p. 396, quando si puntualizza che «lo stesso malato può rendersi diffusore di germi patogeni mescolandosi dolosamente o colposamente alla popolazione immune, come nel caso del lebbroso che dissimuli il suo stato o che evada da un luogo di isolamento.
[20] Manzini, Trattato di Diritto penale italiano, Vol. VI, 1983, p. 396.
[21] Cass. Pen. Sez. IV, 28.02.2018 n.9133 con nota di Felicioni, “Un'interessante pronuncia della cassazione su epidemia, avvelenamento e adulterazione di acque destinate all'alimentazione” in www.dirittopenalecontemporaneo.it
[22] Cass- Pen. Sez. IV, 26.01.2011, n. 2597 con nota di Scarcella, “Violazione della regola cautelare innocua se è incerto il decorso causale.” in Quotidiano Giuridico.
[23] Cass. Pen. Sez. IV, 28.02.2018 n.9133.
[24] ARDIZZONE, Digesto delle Discipline Penalistiche, Torino, voce Epidemia, 251.
[25] FIANDACA-MUSCO, “Manuale di diritto penale” Parte Generale, V ed. 2012, p.626.
[26] FIANDACA-MUSCO, “Manuale di diritto penale” Parte Generale, V ed. 2012, p.626.
[27] Cass. Pen. Sez. IV, 12/12/2017, n. 9133.
[28] Corte Cost., 12/10/2012, n. 230.
[29] Ibidem.
[30] R. GAROFOLI, “Manuale di diritto penale – Parte generale”, Ed 2015, p. 544
[31] Cass. Pen. Sez. Fer, 27/11/2012, n. 46034;Cass. Pen. Sez. II, 10/02/2006, n. 10231; Cass. Pen. Sez. VI, 13/05/1998 n. 5779.
[32] Sul punto si ripercorrono brevemente gli insegnamenti delle Sezioni Unite n. 30328/2002, Imp. Franzese, secondo cui l’individuazione del nesso causale è basato su un giudizio controfattuale articolato sulla logica del sillogismo aristotelico “se a allora b”.
Il nesso causale tra fatto ed evento può dirsi affermato quando,all’esito di un giudizio contro fattuale condotto sulla base di una massima di esperienza o di una legge scientifica, la condotta umana costituisca l’antecedente logico necessario per l’accadimento dell’evento, sulla base del criterio della contidio sine qua non.
Tuttavia, la conferma dell’ipotesi accusatoria non potrà essere automaticamente dedotta dal coefficiente probabilistico espresso dalla sussunzione del fatto concreto sotto le leggi di copertura scientifica, siano esse universali o statistiche.
I risultati del giudizio probabilistico dovranno essere necessariamente confrontati con i fatti concreti e con le evidenze e le risultanze dell’istruttoria processuale.
La penale responsabilità dell’imputato potrà quindi dirsi affermata ogni qualvolta il ragionamento probatorio induca ad escludere, oltre ogni ragionevole dubbio, la presenza di fattori causali alternativi rispetto alla condotta dell’imputato.
In caso contrario, qualora il ragionamento probatorio sia affetto da dubbi, incertezze, irragionevolezze, insufficienze, l’ipotesi accusatoria non potrà trovare conferma, dovendo invece assolversi l’imputato, quantomeno ai sensi dell’art. 530 co II cpp.
33] PANATTONI “La responsabilità penale dell’operatore sanitario per il reato di epidemia colposa. Il “caso Codogno”,in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4
[34] Si tenga presente che il morbo da Covid-19 è stato chiamato “polmonite di Wuhan” fino all’intervento dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) dell’11 febbraio 2020. Sul punto si veda SHEN DINGLI, “Così la Cina sta vincendo la partita del Coronavirus” in Limes n.3/2020.
[35] Trib. Bolzano, 2.03.1979, GM 79, 945